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Campo di prigionia di Changi

Campo di prigionia di Changi

Il Campo era diviso in tre parti: ufficiali, due zone per i soldati, ospedale. L’area ufficiali era suddivisa in tre sottogruppi: inglese; australiano, con gli italiani; olandese. I marinai italiani furono dapprima messi con gli americani e, successivamente, furono aggregati agli australiani. I militari di truppa furono adibiti alla costruzione di un aeroporto e ai lavori di scarico delle navi che giungevano in porto. Il 24 settembre 1944, per la prima volta, al personale italiano fu concesso di inviare una cartolina di 24 parole a casa. Il 22 ottobre avvenne un banale incidente: un ufficiale italiano non si era prontamente alzato in presenza di un ufficiale giapponese; tutti gli ufficiali italiani furono giudicati rei di insubordinazione e inviati nella prigione di Changi. Nel marzo 1945 giunse una nave ospedale della Croce Rossa Internazionale che scaricò viveri, vestiario e medicinali; fu autorizzata la distribuzione di un solo pacco viveri da 9 libbre (circa 4 chilogrammi) per prigioniero: Nello stesso periodo fu autorizzato l’invio di una seconda cartolina. Man mano che la situazione militare andava peggiorando si ebbe una forte recrudescenza di maltrattamenti e una notevole riduzione della razione viveri.

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Anche in Malesia si ebbero problemi di identificazione dei prigionieri italiani e dei collaboratori, poiché alla resa della Germania i giapponesi avevano internato i collaborazionisti italiani a Pasir Panjang.(172) Il 7 settembre cominciò

(172) I tedeschi avevano suddiviso i collaboratori fra personale tecnico da mantenere sui sommergibili e altro personale da rinviare in Europa. Questi ultimi, con tutti gli ufficiali, furono imbarcati sulle navi Burgenland e Weserland, che furono intercettate da navi americane al largo del Brasile e si autoaffondarono. Gli americani si disinteressarono dei naufraghi che, dopo notevoli peripezie, raggiunsero la costa brasiliana, non senza aver avuto perdite (tra i quali qualche italiano). Il personale italiano, dopo una breve sosta in un campo brasiliano, raggiunse gli USA, dove fu imprigionato nei campi di Monticello (Arkansas) e Hereford (Texas); alcuni, che rifiutarono di collaborare, furono trasferiti alle Hawaii. I tecnici furono impiegati a bordo e a terra. Cinque imbarcati sul Giuliani perirono nell’affondamento, mentre altri due rimasero feriti. I prigionieri negli Stati Uniti rientrarono, in parte, con il trasporto americano Marine Tiger che, partito dalla California, via Panama, giunse a Napoli il 27 febbraio 1946.

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