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5 - 6 Luglio L’assegno in bianco della Germania
sconfiggerla con le armi ed esigere, anziché territori, un forte indennizzo. Francesco Giuseppe era invece titubante: temeva che l’attacco austriaco avrebbe coinvolto altre potenze, in particolare la Russia, la quale si sarebbe sentita costretta, in nome del panslavismo, ad accorrere in aiuto della Serbia. Altrettanto esitante era il Primo ministro ungherese Istvàn Tisza che vedeva nella guerra solo una pericolosa avventura dall’esito incerto. Dall’altra parte lo Zar Nicola II prometteva, tramite il fratello Alessandro, a Pietro I di Serbia non solo che la Russia avrebbe aiutato la Serbia stessa, ma anche che gli alleati della Russia sarebbero intervenuti in soccorso, sebbene Pietro I si mostrasse sempre contrario alla risoluzione armata.
5 - 6 Luglio L’assegno in bianco della Germania
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Dopo la morte dell’arciduca la situazione diplomatica tra Vienna e Belgrado si fece sempre più tesa finché l’errata convinzione che Francia e Russia avrebbero esitato ad entrare in guerra in difesa la Serbia, condusse parte dei vertici di Germania e Austria-Ungheria a considerare seriamente, ai primi di luglio, la possibilità di punire e umiliare subito Belgrado. Il 5 luglio Leopold Berchtold, incontrò a Berlino, il sottosegretario agli esteri tedesco. Durante l’incontro si parlò espressamente di guerra, di eliminare la Serbia dalla carta geografica e di dividerne le spoglie tra Austria – Ungheria, Impero Ottomano e Italia.
Nel frattempo a Potsdam, Ladislaus von Szögyény-Marich von MagyarSzögyén und Szolgaegyháza14, capo sezione presso il Ministero degli Esteri, consegnò a Guglielmo II una serie di documenti riservati. Il primo era un cartiglio proveniente direttamente dalle segreteria del Primo Ministro Ungherese, István Tisza,15 scritto prima del 28 giugno, dal contenuto moderato ma a cui qualcuno aveva aggiunto una postilla in cui si esprimeva la necessità di annientare la Serbia. Il secondo era una lettera di Francesco Ferdi-
nando in cui si esprimeva la speranza che l’eliminazione della Serbia avrebbe
14 Vienna, 12 novembre 1841 – Csòr 11 giugno 1916 15 Pest 22 aprile 1861 – Budapest 31 ottobre 1918
dato il via a un lungo periodo di pace. Durante la prima parte dell’incontro, Guglielmo II non si sbilanciò ma subito dopo, su pressione dell’ambasciatore austriaco, dichiarò che non si doveva rimandare un’azione militare contro la Serbia aggiungendo che anche se la Russia fosse ostile e che, se si fosse arrivati ad una guerra fra Austria e Russia, la Germania si sarebbe schierata al fianco dell’alleato e che, inoltre, la Russia non era pronta ad una guerra e avrebbe esitato molto prima di ricorrere alle armi ed era proprio questo il motivo per cui bisognava agire subito. Il giorno seguente, il 6 giugno 1914, la cancelleria tedesca spedì un telegramma al governo Austro – Ungarico, in cui si diceva che l’Austria doveva battere rapidamente la Serbia in modo da mettere l’Europa di fronte al fatto compiuto e che l’esercito tedesco sarebbe stato pronto ad aiutare l’alleato. Questo fu il “cosiddetto assegno in bianco” del governo tedesco nei confronti di quello Austro - Ungarico. Ottenuto il consenso, anzi l’incitamento, della Germania ad attaccare la Serbia, il 7 luglio si riunirono gli otto membri del gabinetto di guerra austro-ungarico per esaminare la proposta di aiuto avanzata dal Kaiser Guglielmo II. Berchtold, che presiedeva la riunione, propose di attaccare immediatamente la Serbia, senza neppure dichiarare guerra, in modo da mettere l’Europa davanti al fatto compiuto. Fra i componenti dell’esecutivo, l’orientamento prevalente era favorevole ad un intervento militare e a un ridimensionamento territoriale della Serbia, che sarebbe stata posta sotto controllo diretto dell’Austria. L’unico a protestare fu István Tisza che, il giorno successivo, inviò una lettera all’imperatore precisando che un intervento contro la Serbia avrebbe provocato una guerra mondiale e che avrebbe spinto non solo la Russia e i suoi alleati ma anche la Romania a schierarsi contro l’Austria. Secondo Tisza, Vienna avrebbe dovuto invece preparare un elenco di richieste accettabili che, se non fossero state soddisfatte dalla Serbia, avrebbero portato ad un ultimatum. Tisza aveva potere di veto e si mantenne sulla sua posizione per una settimana. Poi, nel timore che la Germania potesse abbandonare l’Austria, accettò l’idea intermedia di un ultimatum subito e si sarebbe passati alle armi solo in caso di rifiuto.