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La pace e la memoria - I cimiteri di guerra

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BIBLIOGRAFIA

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La pace e la memoria - I cimiteri di guerra

Al termine del conflitto in tutta Europa, su ogni campo di battaglia e in ogni città e paese sorsero monumenti commemorativi come a Vimy, a Thiepval, a Douaumont oppure a Redipuglia e, parallelamente, si alternarono in tutti i campi di battaglia cerimonie e commemorazioni. Nell’autunno 1920 il capo della Commissione imperiale per le tombe di guerra britanniche scelse cinque spoglie tra i caduti senza nome sul fronte occidentale, uno solo dei quali venne selezionato dal tenente colonnello Henry Williams per essere inumato a Londra e dare a centinaia di migliaia di persone un luogo dove ricordare e pregare i propri cari dispersi in battaglia. La salma fu scortata per tutto il nord della Francia, poi il feretro salpò per la Gran Bretagna a bordo del cacciatorpediniere Verdun e l’11 novembre 1920 ebbe luogo a Londra la solenne cerimonia funebre del “Milite Ignoto”. Una dopo l’altra le tombe del Milite Ignoto vennero inaugurate in tutti i paesi partecipanti al conflitto appena concluso. I tedeschi ne eressero una a Tannenberg nel 1927 e una al Neue Wache di Berlino nel 1931, a Parigi venne posizionata la tomba del Milite Ignoto alla base dell’Arco di Trionfo, in Italia vene creata una commissione apposita che affidò a Maria Bergamas, madre di unl volontario irredento disperso in combattimento, la scelta di una salma tra undici bare, tante quante le battaglie dell’Isonzo, di soldati non identificati caduti sui vari fronti di battaglia. La bara prescelta fu deposta in un carro ferroviario che sfilò in tutta Italia, a velocità ridotta e nelle stazioni a passo d’uomo, fino a Roma, dove il 4 novembre 1921 fu accolta da una grande folla che , in questo modo, rese omaggio a tutti i caduti rappresentati da questa salma ignota. La bara del Milite Ignoto fu prima deposta nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri e poi, negli anni trenta, traslata al Vittoriano facendolo così diventare l’altare della patria. Su tutti i campi di battaglia nacquero cimiteri di guerra gestiti dalle commissioni di guerra dei diversi paesi, che diventarono meta di pellegrinaggio per chi era alla ricerca di un proprio caro o per commemorare un commilitone. Non passò anno senza che si celebrasse qualche cerimonia o si inaugurasse un

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monumento. Le cerimonie conobbero una stasi solo durante il secondo conflitto

mondiale ma poi ripresero regolarmente. La leva di massa spostò una significativa percentuale di popolazione in varie zone europee e non solo; l’evoluzione tecnologica determinata dalla meccanizzazione e dall’industria introdusse elementi innovativi o comunque rinnovati come mitragliatrici, pezzi d’artiglieria, aeroplani, sommergibili e gas mortali, che comunque non evitarono alla guerra di diventare una distruttiva guerra di trincea e di logoramento. Come risultato le perdite umane furono più alte che in qualsiasi altro conflitto combattuto fino ad allora: solo per fornire qualche esempio, non tornarono alle proprie case circa 2 milioni di tedeschi e 1.300.000 francesi, 720.000 britannici, 61.000 canadesi, 60.000 australiani, 18.000 neozelandesi, 300.000 romeni e, limitandosi al teatro europeo, 2.000 cinesi, a dimostrazione della portata globale della guerra, molte di queste morti si registrarono in un ristretto arco temporale e alterarono l’immagine della società: è il caso della Francia, che ebbe la metà dei morti nei primi diciassette mesi di guerra. Diventò normale vedere orfani e vedove e i feriti che, quando non afflitti da stress, ansia o dolore fisico, dovevano fare i conti con una società non del tutto accogliente, specialmente nel caso dei feriti al volto. Sia le potenze sconfitte che quelle vincitrici andarono incontro a rivoluzioni o forti tensioni sociali.

La morte diventò un problema troppo grande per non essere preso in considerazione. La risposta fu la costruzione dei memoriali per celebrare gloria, eroismo e, appunto, i caduti. Il trattato di Versailles affidò la custodia e la manutenzione dei cimiteri di guerra ai paesi dove questi avevano sede, ma in generale venne lasciata libertà ai paesi di provenienza dei caduti di progettare e costruire i cimiteri a loro piacimento. A volte i morti venivano radunati da varie parti del fronte per fare dei grandi cimiteri, mentre in altre occasioni sorsero costruzioni più piccole e sobrie. I problemi vennero alla luce non tanto per le nazioni dell’Europa continentale, quanto piuttosto per l’Impero britannico e gli USA. I primi tentarono, senza successo, di riportare in Patria i caduti, mentre i secondi riuscirono a rimpatriare il 70% dei soldati caduti al fronte.

Con i dominion che reclamavano monumenti separati da quelli del Regno Unito, la necessità sempre più forte di onorare il grande numero di soldati caduti al fronte occidentale, e l’urgenza politica di costruire memoriali nei luoghi del teatro del Medio Oriente per rinforzare le pretese britanniche su quei territori, l’Imperial War Graves Commission (IWGC) pianificò dodici memoriali con annesso un cimitero e un monumento, ognuno dedicato a uno specifico dominion. Tuttavia, quando il governo francese espresse dei dubbi sulla fattibilità del progetto, considerato troppo ambizioso, i numeri vennero dimezzati. I cimiteri dell’IWGC sono caratterizzati da un muro perimetrale costruito solitamente attorno un monumento centrale o una croce del sacrificio, attorniata da erba e fiori a simulare un giardino all’inglese. Sebbene vi siano differenze dovute all’architetto costruttore, il tipico cimitero britannico segue uno stile classico, con piccole modifiche variabili da dominion a dominion, e con costruzioni dall’elevato contenuto simbolico.

Inizialmente le tombe erano contrassegnate da una croce in legno, ma dopo alcune critiche vennero rimpiazzate da semplici pietre di Portland, tutte identiche salvo per un simbolo religioso, un breve epitaffio, il nome, il reggimento e la data di morte del soldato. Per tutti gli anni venti l’opinione pubblica parlò molto dei cimiteri di guerra. Vi furono preoccupazioni riguardo agli oggetti lasciati dai parenti vicino alle tombe, che rompevano l’uniformità del complesso cimiteriale, mentre altri non gradirono l’eccessiva ingerenza dell’IWGC e criticarono la poca libertà che si dava ai familiari di personalizzare le tombe. Nel 1919 in Francia il governo decise di riunire e seppellire i caduti in speciali cimiteri creati ad hoc, vietando altresì il rimpatrio delle salme, i tradizionalisti cattolici esultarono, ma già nel 1920 il governo cambiò idea e vennero trasferiti nei luoghi di nascita o di residenza circa 300.000 corpi. I cimiteri francesi usano croci cattoliche per tutte le tombe tranne che per quelle dei caduti cinesi o islamici, e in genere sono più grandi di quelli britannici. Più austeri e semplici sono i cimiteri tedeschi, costruiti attorno a prati privi di fiori o altre decorazioni. Spesso le tombe in ardesia si sviluppano negli heldenhaine, i “boschi degli eroi” con querce e dolmen. L’ultima ondata di cimiteri venne completata dopo l’avvento del nazismo, che

ordinò la costruzione delle Totenburgen, le “fortezze dei morti” che servivano sia da cimitero che da memoriale, in alcuni casi ampliando i cimiteri già esistenti, il cui tema ricorrente era il paesaggio naturalistico tedesco, abbellito da elementi modernisti a sottolineare le capacità degli artisti tedeschi. In Italia il governo fascista di Benito Mussolini volle posizionare i cimiteri nei luoghi chiave della guerra e nelle zone di confine dei territori rivendicati. Secondo il codice dell’ordinamento militare italiano cimiteri, ossari e sacrari di guerra costituiscono insieme i “sepolcreti”, e sono, normalmente, patrimonio dello Stato. Ad essi sono equiparati il sacrario di Monte Zurrone di Roccaraso, il monumento sacrario dei Cinquantuno martiri di Leonessa, l’Ara pacis mundi di Medea, il sacrario nazionale “Mater Captivorum” di Melle e il tempio sacrario di Terranegra con il tempio nazionale dell’Internato ignoto. Di tutte queste opere si occupa il Commissario generale per le onoranze ai Caduti in guerra, istituito nel 1951 e alle dirette dipendenze del ministro della difesa.

Nell’Europa orientale, la Romania adibì a “cimiteri di guerra degli eroi” cimiteri già esistenti o ne costruì di nuovi nelle parti alte delle città o, ancora, nei campi di battaglia della guerra. In Russia invece il cimitero della fratellanza cittadina di Mosca venne riempito, oltre che con i morti della prima guerra mondiale, con quelli della guerra civile e con gli assassinati dalla polizia segreta; venne infine chiuso nel 1925 e trasformato in un parco per ordine dei bolscevichi. In seguito Stalin ordinò la distruzione delle chiese ortodosse e con esse scomparvero tutti i cimiteri di guerra rimasti.99

99 Fonti Documentario: “Il milite ignoto” e “L'architettura della memoria in Italia. Cimiteri, monumenti e città.”

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