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23 - 27 luglio Le reazioni all’ultimatum austriaco

23 - 27 luglio Le reazioni all’ultimatum austriaco

Quando il testo dell’ultimatum Austriaco venne reso noto ci furono varie reazioni tra i vari governi. A Londra il primo ministro lo definì “il documento più duro che uno Stato abbia mai indirizzato ad un altro Stato” e ingenuamente chiese il sostegno tedesco per un rinvio dei termini proponendo che Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia facessero da mediatori della crisi.

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Un’azione analoga fu intrapresa dal ministro degli esteri russo Sergej Dmitrievic Sazonov il cui ambasciatore a Vienna ricevette, il 24 luglio, l’assicurazione da Berchtold che l’Austria-Ungheria non si proponeva “alcuna acquisizione territoriale”.

Come i governi di Vienna e Berlino avevano calcolato, la Francia non poté reagire adeguatamente all’ultimatum. Il presidente Poincaré e il Primo ministro, nonché ministro degli esteri, René Viviani erano infatti ancora in navigazione nel viaggio di ritorno da San Pietroburgo. Nel frattempo Pietro I di Serbia aveva abbicato in favore di suo figlio Aleksandar Karađorđević il quale ricevuta la corona si recò all’ambasciata russa a Belgrado ad esprimere la sua disperazione per l’ultimatum, al quale egli non vedi possibilità di aderire interamente per uno Stato che abbia un minimo di dignità In previsione del precipitare degli eventi, Berchtold fece comunicare, la sera del 24 luglio, al ministro degli esteri britannico Edward Grey che la nota austriaca non costituiva un ultimatum vero e proprio e che, in caso di insoddisfazione dell’Austria-Ungheria alla risposta serba, ci sarebbe stata la rottura delle relazioni diplomatiche e l’inizio dei preparativi militari. Venuta a conoscenza delle intenzioni dilatorie di Berchtold, la Germania si mosse e richiamò l’ambasciatore austriaco Szogyeny - March a Berlino. Questi, tornato a Vienna il 25, riferì a Berchtold che, di fronte a un rifiuto dell’ultimatum della Serbia, la Germania si aspettava l’immediata dichiarazione

1943

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