28 minute read
Fronte orientale
Il 7 giugno i tedeschi attaccarono, fra Montdidier e Compiègne, con un bombardamento di potenza inaudita: furono sparati 750.000 proiettili all’iprite, al fosgene e alla difenilcloroarsina, per un totale di 15.000 tonnellate di gas e, alle 4.30 del mattino, entrò in azione la fanteria che avanzò per più di 8 chilometri facendo 8.000 prigionieri. L’ultima offensiva tedesca scattò il 14 luglio ma, ad inizio agosto, lo slancio tedesco su tutto il fronte cessò proprio mentre quasi un milione di soldati americani erano giunti in Francia a dar manforte agli Alleati. Le truppe tedesche erano ad un soffio dalla vittoria ma, esauste e dissanguate dalle enormi perdite, smisero di avanzare e, anzi, cominciarono lentamente a indietreggiare, in una lenta ritirata che terminò solo l’11 novembre 191841 .
Fronte orientale
Advertisement
Il fronte orientale, aperto nell’agosto 1914 con l’invasione russa della Prussia orientale, fu uno dei principali teatri di guerra della prima guerra mondiale. Su questo fronte si scontrarono da una parte Germania, Austria-Ungheria e truppe ottomane di supporto, a cui, nel 1915, si affiancò la Bulgaria, l’Impero russo e, per breve tempo, anche la Romania. Contrariamente a quanto accadde sul fronte occidentale, su quello orientale la guerra di manovra non finì mai completamente, la guerra di posizione si alternava alle manovre a livello operativo. Questo fu dovuto anche alla conformazione geografica del territorio di combattimento: le foreste della Lituania, le vaste pianure e acquitrini di Polonia, Ucraina e Russia, si rivelarono troppo ampie per poter essere colmate di uomini e armi. Nell’inverno 1916-17 le divisioni tedesche occupavano settori larghi 20-30 chilometri, nelle Fiandre la stessa porzione di territorio poteva essere riempita con ben otto divisioni. Ambedue i comandanti degli schieramenti si resero conto di non avere le risorse necessarie a difendere i loro settori come i loro omologhi ad occidente, per cui la tattica dell’ordine aperto e lo sfruttamento degli ampi territori permisero, ad entrambe le parti, operazioni manovrate molto distanti dalle limitate avanzate ad occidente.
41 Giorno ufficiale della resa incondizionata
Nonostante la superiorità nelle tattiche e negli armamenti delle potenze centrali, la Russia, avvantaggiata dal suo enorme potenziale umano, non fu mai completamente sconfitta sul campo. La sconfitta della Russia avvenne solamente a seguito delle rivolte interne scaturite dal malcontento generalizzato della popolazione, che sfociarono nella rivoluzione che destituì lo zar Nicola II e mise al potere un governo provvisorio, sostituito a seguito della rivoluzione d’ottobre42, da una repubblica socialista sovietica che, il 3 marzo 1918, firmò il trattato di Brest-Litovsk con le potenze centrali e che di fatto fece uscire la Russia dal conflitto.
Si aprono le ostilità
Il 14 agosto 1914 le forze tedesche erano già ad 80 chilometri da Varsavia all’inseguimento dei russi in ritirata, ma lo zar Nicola credeva ancora di poter vincere la guerra e di vincerla rapidamente tanto che le truppe zariste furono fatte avanzare a tutta velocità direttamente su Vienna e Berlino.
Il 17 due armate russe, una comandata dal generale Rennenkampf e l’altra dal generale Samsonov, cominciarono ad avanzare nella Prussia orientale. A contrastarle trovarono il 1º corpo d’armata tedesco comandato dal generale François, che si scontrò a Stallupönen con Samsonov, facendo 3000 prigionieri prima di ritirarsi su posizioni meglio difendibili. In ossequio ai piani e alle richieste degli Alleati, le armate zariste attaccarono improvvisamente sia nella Prussia orientale sia in direzione Vienna, cercando di sorprendere gli imperi nemici conseguendo una rapida vittoria.
L’invasione della Prussia
Il 19 agosto Rennenkampf si scontrò a Gumbinnen col grosso dell’8° armata di Prittwitz. Due giorni dopo lo stesso comandante tedesco fu informato che la 2ª armata russa, agli ordini di Samsonov ,aveva attraversato la frontiera meridio-
42 Novembre per in calendario Giuliano seguito in Russia fino al 1918
nale della Prussia orientale ed era fronteggiata da sole tre divisioni. Il comandante in capo delle forze tedesche in Prussia orientale, generale Maximilian von Prittwitz, preso dal panico, comunicò a François della necessità di ritirarsi fino alla Vistola, lasciando così sguarnita l’intera Prussia orientale, dubitando anche di poter resistere sulla linea della Vistola. Per scongiurare la possibilità di essere incalzati durante la ritirata, il colonnello Max Hoffmann sottolineò che era necessario sferrare un’offensiva vittoriosa
prima di poter ripiegare senza essere continuamente minacciati dalle preponderanti forze russe.
Hoffmann voleva che Prittwitz impiegasse le sue truppe contro una delle due armate russe, ma al comandante tedesco era ormai venuta meno la volontà di combattere e il 22 agosto fu destituito, e fu allora che von Moltke richiamò il sessantasettenne generale Paul von Hindenburg, ormai in pensione, e gli affidò le armate orientali, assegnandogli come stato maggiore il vincitore di Liegi, generale Erich Ludendorff.
Questa fu la prova che i tedeschi avevano sbagliato i loro calcoli: la macchina bellica russa era tutt’altro che lenta e bisognava combattere con la massima intensità anche a oriente prima di poter riportare una decisiva vittoria tattica ad occidente. Giunto ad oriente Ludendorff capì che Hoffmann aveva già impostato le basi per una vittoria, ma le due armate russe erano ormai penetrate in profondità nella provincia e minacciavano la capitale Königsberg.
Il contrattacco tedesco
Il 26 agosto le truppe zariste entrarono a Rastenburg e il giorno seguente iniziarono i combattimenti intorno ai laghi Masuri, nei pressi dei villaggi di Frögenau e di Tannenberg. Ludendorff ebbe un cedimento, tanto che propose di far ritirare François e di sospendere i piani di accerchiamento delle truppe di Samsonov ideati da Hoffmann.
Hindenburg decise comunque di continuare il piano avviato dal colonnello Hoffmann e i combattimenti continuarono.
La mattina del 28 agosto Ludendorff ordinò a François di arrestare l’avanzata e
inviare le sue truppe a rinforzo in un settore indebolito del fronte, ma questi disobbedì agli ordini continuando ad incalzare i russi. Fu proprio per questa disobbedienza che consentì a Ludendorff di ottenere, nei giorni seguenti, una schiacciante vittoria. Il 30 l’armata di Samsonov era ormai sconfitta, decine di migliaia di soldati russi erano in rotta, dopo 28 giorni di grandi sconvolgimenti la Prussia orientale tornava interamente nelle mani della Germania. I russi lasciarono oltre 30.000
morti sul campo, tra di loro lo stesso generale Samsonov. Dopo aver lasciato Neidenburg a seguire da vicino le operazioni, Samsonov finì per essere travolto dal caos della ritirata: incapace di fare qualsiasi cosa, il 28, si diresse a cavallo verso sud smarrendosi nelle foreste; scesa l’oscurità si ritirò in disparte e senza che nessuno degli uomini si accorse della sua mancanza e, piuttosto che sopravvivere al disastro, si uccise con un colpo alla testa. Nel frattempo i tedeschi catturarono circa 125.000 prigionieri, 500 cannoni e diverse migliaia di cavalli. Ludendorff, su suggerimento di Hoffmann, vergò il dispaccio al Kaiser datandolo invece che da Frögenau, da Tannenberg, il luogo dove cinque secoli prima i cavalieri teutonici erano stati massacrati da soverchianti forze slave e lituane. Ma l’effetto Tannenberg fu sminuito dal fatto che sul fronte meridionale, in Galizia, la bilancia cominciava a pendere a sfavore delle potenze centrali. La battaglia, che passò alla storia con il nome di battaglia di Tannenberg, fu definita dal generale e storico Edmund Ironside come:
” La più grave delle sconfitte subite da tutti i contendenti durante la guerra.
“43
La battaglia di Tannenberg non fu, come molti hanno sostenuto, una seconda Canne44ben pianificata. L’obiettivo iniziale della battaglia era quello di arrestare l’invasione, non quella di circondare l’esercito russo. L’idea di un duplice accerchiamento fu concepita solo in un secondo tempo e realizzabile per la persistente passività di Rennenkampf.
43 Gilbert, p. 70 44 Vittoria del generale cartaginese Annibale che accerchiò, il 2 agosto 216 a.C., con una manovra ben studiata i Romani
L’attacco alla Galizia
Nei settori a sud-est del fronte, gli austriaci non ebbero altrettanto successo, anche perché furono costretti ad affrontare forze preponderanti. L’offensiva della 1° e della 4° armate austriache in Polonia aveva in un primo tempo realizzato qualche progresso, ma questo esiguo vantaggio fu ben presto completamente annullato dalla 3ª e dall’8ª armata russe che attaccarono il fianco destro austria-
co coperto dalle deboli 2ª e 3ª armata. Il 18 agosto, quando penetrò nella Galizia austriaca, il generale russo Aleksej Brusilov aveva al comando trentacinque divisioni di fanteria che da subito impegnarono, molto duramente, le truppe di Francesco Giuseppe peraltro già duramente impegnate in Serbia. Mentre i tedeschi venivano fermati dai francesi sulla Marna abbandonando così
ogni velleità di una rapida vittoria, gli austriaci si battevano per non essere ricacciati dai russi oltre la frontiera della Galizia.
Il 10, mentre i francesi iniziarono ad inseguire i tedeschi che ripiegavano dalla Marna verso Krasnik, nella Polonia russa a un passo dal confine, i russi sconfissero gli austriaci penetrati in forze nel loro territorio. Più a sud, in un’altra offensiva russa nella Galizia austriaca, Conrad fu costretto a far ritirare le proprie truppe quasi fino alle porte di Cracovia, allora in territorio austro-ungarico. Così scrisse il 13 settembre il filosofo Ludwig Wittgenstein, volontario inquadrato nelle file austro-ungariche spedite sul fronte orientale:
“ Oggi, alle prime ore del mattino, abbiamo abbandonato la nave con tutto il carico [...] i russi ci stanno alle calcagna. Ho assistito a scene atroci. Non chiudo occhio da trenta ore, sono debolissimo e non c’è da sperare in nessun aiuto esterno “45
Mentre gli austriaci erano in grosse difficoltà, i tedeschi dopo Tannenberg continuarono lentamente ad avanzare nelle provincie polacche annesse alla Russia dal 1700, grazie al contributo strategico di Hoffmann e dall’azione coordinata di
45 dal diario di Ludwig Wittgenstein - Gilbert, p. 104
Hindenburg e Ludendorff: mano a mano che i tedeschi penetravano in Polonia i russi schiacciavano gli austriaci in Galizia. In Polonia la popolazione locale iniziò a perseguitare e infierire contro i residenti ebrei che pure vivevano in quelle zone da secoli: botteghe, case, sinagoghe vennero saccheggiate, e quasi ogni giorno venivano impiccati o linciati ebrei accusati di parteggiare per i tedeschi, il fatto che 250.000 ebrei prestassero servizio per l’esercito russo non bastava a vincere i pregiudizi. Migliaia di ebrei furono costretti ad abbandonare le proprie case e rifugiarsi all’interno del territorio russo, lontani dal fanatismo che imperversava nelle zone di guerra. Quanto stava accadendo costrinse i tedeschi ad accorrere in aiuto dell’alleato; il grosso delle forze dislocate in Prussia orientale fu raggruppato in una nuova 9ª armata e spedito nell’angolo sud-occidentale della Polonia, da dove, in collegamento con una nuova offensiva austriaca, cominciò ad avanzare verso Varsavia.
Ma i russi, dopo aver mobilitato il loro enorme potenziale umano e raggruppato le loro forze, sferrarono un violento contrattacco che respinse il tentativo austro-tedesco di invadere la Slesia in forze.
Rapidi capovolgimenti di fronte
Il granduca Nicola costituì un’enorme falange di sette armate - tre schierate centralmente e due per parte a proteggere i fianchi. Un’altra armata, la 10°, aveva invaso l’estremità più a est della Prussia orientale e stava impegnando le deboli forze tedesche schierate in quel settore. Gli Alleati speravano che il “rullo compressore” russo iniziasse la sua poderosa avanzata. In Prussia Hindenburg, Ludendorff e Hoffmann misero a punto un piano basato su un sistema di linee ferroviarie che avrebbero consentito alle forze tedesche di spostarsi rapidamente lungo il fronte. Ritirandosi davanti ai russi, la 9° armata riuscì a rallentare l’avanzata nemica distruggendo sistematicamente le già scarse linee di comunicazione esistenti in Polonia.
Raggiunta la propria frontiera con largo anticipo sui russi, l’11 novembre, con il fianco sinistro protetto dalla Vistola, la 9° armata sferrò un poderoso attacco
verso sud-est contro il punto di congiunzione tra la 1° e la 2° armata russa che proteggevano il fianco destro delle forze. Dopo aver separato le due armate, Ludendorff spinse il cuneo a fondo costringendo la prima armata a ripiegare su Varsavia e riuscendo quasi ad infliggere una seconda Tannenberg alla 2ª armata. Essa venne praticamente circondata nei pressi di Łódź prima che la 5ª armata giungesse in loro soccorso. I tedeschi rischiarono di subire la stessa sorte che avrebbero dovuto infliggere ai russi ma riuscirono ad aprirsi un varco e a ricongiungersi col grosso delle forze. Nel giro di una settimana altri quattro corpi d’armata tedeschi arrivarono da occidente dopo che l’attacco di Ypres si era concluso con un fallimento; anche se aveva ormai perso l’occasione per sfruttare il successo, Ludendorff riuscì ad utilizzare le nuove forze per ricacciare ancora più indietro i russi che furono costretti a ripiegare sulla linea dei fiumi Bzura e Ravka, davanti a Varsavia. Gli insuccessi subiti, la mancanza di rifornimenti e scorte indussero lo zar Nicola a sospendere i combattimenti ancora in corso nei pressi di Cracovia e a ripiegare su linee trincerate invernali, predisposte lungo i fiumi Nida e Dunajec, lasciando in mano nemica la “striscia” polacca. Entrambi gli schieramenti, ad est, giunsero ad un punto morto con le forze attestate in solide linee trincerate. Sul fronte meridionale i russi penetrarono in breve tempo nella Slesia austriaca e, per la seconda volta, in Ungheria. Il 26 novembre Conrad propose di istituire, per le minoranze etniche dell’impero, la legge marziale in Boemia, Moravia e Slesia per prevenire insurrezioni in seguito all’apparente debolezza dell’impero austriaco, ma la proposta fu respinta da Francesco Giuseppe. Con un contrattacco a Limanowa gli austriaci ricacciarono i russi dai Carpazi e dalla città di Bartfeld, in Ungheria, allontanando le minacce che volevano la Polonia austriaca sull’orlo di cedere.
Con l’inverno alle porte e le temperatura in rapida discesa il fronte si immobilizzò sulle queste posizioni. Il 1º dicembre in Russia vennero mobilitati gli studenti che, se da una parte, andavano ad ingrossare le file dell’esercito, dall’altra, spalancava le porte dell’esercito agli agitatori bolscevichi che si annidavano tra gli stessi studenti.
Il secondo anno di guerra
A oriente ,come ad occidente il problema principale fu quello di trovare una soluzione allo stallo del fronte e i tedeschi furono i primi a cercare di escogitare una soluzione. Il 31 gennaio i tedeschi sperimentarono a Bolimów i gas lacrimogeni ma il loro effetto andò a vuoto in conseguenza del freddo. Sul fronte orientale i combattimenti continuavano con dimensioni gigantesche. Il 22 febbraio quando i tedeschi espugnarono Przasnysz fecero prigionieri 10.000 russi, per poi lasciarne oltre 5.000 appena tre giorni dopo quando la città fu riconquistata dai russi. Il 22 aprile, ad occidente, sferrarono ad Ypres una nuova offensiva con l’impiego della nuova arma chimica. Questo primo attacco fu di natura sperimentale, non tattica, infatti, inizialmente, i tedeschi non avevano preso nemmeno in considerazione di entrare a Ypres così le riserve di granate a gas erano troppo limitate per sfruttarne il successo. Gli Alleati, di tutta risposta contrattaccarono frettolosamente: i francesi tra Lens e Arras e i britannici sul crinale di Aubers. Le controffensive alleate si infranse-
ro penosamente contro le difese tedesche e ciò convinse Falkenhayn46 che il fronte avrebbe potuto tranquillamente reggere. Ad est venivano invece messi in opera i piani di attacco contro la Polonia russa.
Le offensive tedesche
Lo scopo di Falkenhayn era quello di alleggerire la pressione sul fronte austriaco e allo stesso tempo ridurre le capacità offensive della Russia. Per fare questo Conrad propose, e Falkenhayn accettò, un piano per sfondare al centro dello schieramento russo nel settore del fiume Dunajec, tra l’alto corso della Vistola e i Carpazi, punto in cui erano presenti pochi ostacoli naturali. L’operazione fu affidata ad August von Mackensen, il cui capo di stato maggiore e “cervello guida” era Hans von Seeckt, l’uomo che, dopo la guerra, avrebbe ricostruito l’esercito tedesco.
46 Generale e capo dello stato maggiore tedesco (Graudenz, 1861 – Potsdam, 1922)
Al comando dell’11ª armata tedesca e alla 4ª armata austro-ungarica, il duo Mackensen-Seeckt preparò il piano di sfondamento contro i russi a Gorlice, in Galizia, che si risolse nella più grande vittoria tedesca della guerra. Lungo un fronte di 40 chilometri, presidiato da sei divisioni russe, i tedeschi concentrarono in gran segreto quattordici divisioni e 1.500 pezzi d’artiglieria; dopo un breve ma intenso cannoneggiamento, il 2 maggio 1915 l’11ª armata aprì una breccia nella linea russa ma, anziché piegare di lato e avvolgere sui fianchi i russi, l’armata continuò ad avanzare in profondità nelle retrovie nemiche.
In dodici giorni le truppe attaccanti si spinsero avanti di quasi 130 chilometri, sfondando la nuova linea difensiva sul fiume San. Non più tardi del 22 giugno, mentre i tedeschi avanzarono fino a Przemysl e Lemberg riuscendo a spezzare il fronte russo in due tronconi, la Russia aveva perduto l’intera Galizia e 400.000 uomini erano stati fatti prigionieri. Ma le enormi risorse umane disponibili in Russia permisero in breve tempo di rimpiazzare le 400.000 perdite, per cui Falkenhayn cedette alle richieste di von Seeckt di continuare l’offensiva, seppur con obiettivi limitati, ma impose un cambiamento di rotta.
Invece di continuare verso est, von Mackensen dovette dirigere le sue truppe verso nord risalendo l’ampio territorio tra il Bug e la Vistola ove era schierato il grosso delle truppe russe. Congiuntamente a questa manovra, Hindenburg ricevette l’ordine di attaccare dalla Prussia orientale verso sud-est, oltre il Narew, in direzione del Bug circondando Varsavia. Ludendorff respinse il piano perché temeva che la manovra avrebbe sì schiacciato le ali dell’esercito russo, ma non avrebbe chiuso la direttrice di ritirata delle forze russe; propose quindi una manovra a tenaglia di più ampio raggio, in direzione Vilna e Minsk per intrappolare, aggirandolo, l’esercito russo.
Falkenhayn la respinse temendo che richiedesse una maggior quantità di truppe e un maggior impegno. I risultati dettero ragione a Ludendorff; il granduca riuscì a districare le sue truppe dal saliente di Varsavia prima che la tenaglia tedesca potesse chiudersi.
La Bulgaria in guerra
Il 5 agosto i germanici erano entrati a Varsavia, sottratta per la prima volta alla Russia dal 1815.
Fu un grande successo per gli Imperi centrali che ora puntavano alla Finlandia. Cominciò quindi, in modo clandestino, il reclutamento di circa 2000 finnici da schierare contro le truppe russe e, nonostante il pressante controllo delle forze di polizia russe, nove mesi dopo i finlandesi entrarono in azione sul fronte orientale.
Il 17 agosto cadde Kovno; in quel momento i prigionieri di guerra russi nei campi tedeschi erano 726.694: altri 699.254 erano in mano austriaca, per un totale di 1 milione, 425 mila e 848 prigionieri. Le condizioni all’interno dei campi erano spesso estremamente penose, nella primavera e nell’estate 1915 il tifo flagellava i campi di Gardelegen e di Wittenberg. Ma i disagi si moltiplicavano anche nella popolazione che iniziò un lento esodo mettendo in difficoltà i mezzi diretti al fronte, costretti a fermarsi e compiere azioni di retroguardia solo per frapporre un po’ di spazio tra loro e quella massa di uomini.
A metà agosto i tedeschi avevano fatto 750.000 prigionieri e occupato l’intera Polonia, così Falkenhayn decise di sospendere le operazioni su vasta scala sul fronte orientale.
Concordata l’entrata in guerra della Bulgaria, il comandante supremo dell’esercito tedesco decise che era ora di appoggiare l’attacco congiunto austrobulgaro contro la Serbia e allo stesso tempo trasferire nuove truppe ad occidente per contenere la prevista offensiva francese di settembre nello Champagne, giustificata anche dalle continue disfatte dei russi, cui si aggiunse il 20 agosto la resa di 90.000 uomini della fortezza di Novogeorgievsk. Mackensen fu inviato in Serbia e Ludendorff ebbe il consenso ad attuare
l’operazione verso Vilna, ma senza ulteriori oltre alle truppe già a sua disposizione.
La grande ritirata dell’esercito russo
Ludendorff iniziò la sua offensiva il 9 settembre, quando i due grandi cunei, formati dall’armata dall’8ª armata di Otto von Below, subentrato a François e della 10ª armata di Hermann von Eichhorn, si aprirono un varco nelle linee russe l’una a est verso Dvinsk e l’altra a sud-est verso Vilna.
I russi furono ricacciati indietro fino ai pressi di Minsk, ma l’esiguità delle forze tedesche contrapposta al sempre maggiore concentramento russo, imposero a Ludendorff di sospendere l’offensiva. Il successo dell’operazione dimostrò la grossa possibilità di vittoria di un attacco sferrato in forze alla Russia, annientandone la potenza militare con un minore impiego di truppe.
Ma la cauta strategia di Falkenhayn si sarebbe dimostrata azzardata, ritardando di due anni l’uscita di scena della Russia, mentre si sarebbe potuta liquidare con un maggior impegno consentendo quindi di concentrare le truppe ad occidente ben prima di quando effettivamente avvenne. Alla fine di settembre, dopo una lunga serie di attacchi tedeschi atti ad accerchiare ed isolare i russi in ritirata, l’arretramento si arrestò definitivamente lungo una linea dritta che correva da Riga sul Baltico, a Czernowitz sulla frontiera con la Romania. Le forze russe aveva pagato un prezzo rovinoso e gli Alleati fecero ben poco per ripagare il sacrificio che la Russia fece nel 1914 durante le prime fasi della guerra.
Parallelamente alla ritirata dei soldati, anche la popolazione civile scappava dalle zone di guerra fatto che moltiplicava il caos e le difficoltà nelle retrovie. Migliaia e migliaia di rifugiati si dirigevano, per necessità e paura, ad est visto che la tattica della terra bruciata47 messa in atto dalle truppe russe in ritirata, oltre che danneggiare i tedeschi, colpiva anche la popolazione russa e polacca.
47 Classica tattica russa usata con successo in occasione di tutte le invasioni da occidente
Il terzo anno di guerra
“ La distruzione della macchina bellica russa è fuori questione “48 (Conrad von Hötzendorf)49 Come nell’anno precedente l’inverno bloccò le operazione sul fronte orientale, limitandole a piccole azioni di pattugliamento e a scontri occasionali. Gli Imperi centrali controllavano il territorio conquistavano ma i problemi nacquero, più che al fronte, all’interno degli stessi paesi occupanti. L’Austria-Ungheria assunse nei confronti delle minoranze, presenti al suo interno, un atteggiamento autoritario, ad esempio, a gennaio, il tedesco fu proclamato lingua ufficiale della Boemia e nelle strade di Praga la polizia metteva mano al manganello ogni qual volta sentiva parlare ceco. A Vienna i militari erano ben consapevoli dei grossi problemi che la guerra creava soprattutto perché l’esercito russo, nonostante i rovesci subiti, continuava a battersi con tenacia nei Carpazi. Sollevati dalla conclusione delle operazioni degli Alleati a Gallipoli, i turchi trasferirono contro i britannici in Mesopotamia 36.000 soldati. Ma sul fronte del Caucaso il comandante russo Nikolaj Nikolaevič, nonostante il freddo intenso che provocò sintomi di assideramento a circa 2000 uomini, costrinse i turchi ad arretrare fino a Erzurum. Le truppe zariste fecero 5000 prigionieri, continuando ad incalzare i turchi verso ovest, sicuramente erano vittorie in terre remote, ma servirono a risollevare il morale ai russi.
Alla fine di febbraio del 1916 Falkenhayn, sul fronte occidentale, iniziò la sua offensiva a Verdun con l’intenzione di dissanguare l’esercito francese. Intendeva usare l’artiglieria per uccidere quanti più soldati francesi possibile, spingendo così la Francia a rinunciare all’alleanza con la Gran Bretagna e a cercare una pace separata. Subito i comandi francesi fecero pressioni alla Russia affinché sferrasse un attacco di alleggerimento in modo da dirottare le forze tedesche verso est. I russi
48 Gilbert, p. 277 49 capo di Stato Maggiore dell'esercito austroungarico, acceso sostenitore della guerra contro la Serbia e dell'alleanza con la Germania, nel 1916 fu lo stratega della fallimentare Strafexpedition
quindi attaccarono presso il lago Naroch ma dovettero ritirarsi perdendo, per congelamento, all’incirca 12.000 uomini. Il 14 aprile terminò la battaglia e il generale Brusilov50 presentò il piano di una grande offensiva da sferrare in maggio: aveva cominciato a studiare i dettagli del piano mentre i britannici si preparavano per la campagna di luglio sulla Somme.
Se le truppe fossero davvero in grado di lanciare una nuova grande offensiva è una questione ancora aperta51, il 10 aprile, giorno della Pasqua ortodossa, sul fronte austriaco si erano verificati episodi di tregua spontanea e, in quel giorno di solenni celebrazioni, i soldati di quattro reggimenti russi avevano attraversato le linee austriache per fraternizzare con il nemico. Gli austriaci ne fecero prigionieri oltre un centinaio e così, il 18 aprile, Brusilov si vide costretto a emettere ordini durissimi contro le fraternizzazioni.
L’offensiva di Brusilov
A maggio gli austriaci sferrarono una massiccia offensiva contro le posizioni italiane in Trentino, e anche l’Italia si appellò allo zar per diminuire la pressione sul proprio settore52 . I comandi russi sapevano che non era possibile sferrare nuovi attacchi per assistere gli italiani, vista la situazione di truppe e materiali, che andavano radunati e preparati per una prossima decisiva offensiva da compiersi durante la stagione estiva.
Solamente il generale Brusilov reagì positivamente alla richiesta, Brusilov stava organizzando di attaccare in luglio ma, poiché sul fronte italiano si combatteva aspramente, anticipò l’azione a giugno per cercare di allentare la pressione sull’Italia costringendo agli austriaci di trasferire truppe da ovest ad est. Il generale Aleksej Evert, comandante del gruppo d’armate ovest, era invece favorevole ad una strategia difensiva, in opposizione alla strategia di Brusilov,
50 Generale russo (Tbilisi 1853 – Mosca 1926) 51 Numerosi storici russi dicono di sì, altri sono propensi a credere che le truppe non fossero capaci di muoversi 52 Situazione verificatasi di continuo durante la guerra che in effetti per molti storici si può riassumere in un assedio delle potenze centrali
ma lo zar appoggiò i piani del nuovo arrivato, e vennero delineati gli obbiettivi dell’offensiva, le città di Leopoli e Kovel’ perse l’anno precedente. L’offensiva iniziò con un potente tiro d’artiglieria, condotto da 1938 pezzi su un fronte di circa 350 km, dalle paludi di Pripjat’ fino alla Bucovina; poche ore di bombardamento bastarono per mandare in nel caos le difese austriache. Il 12 giugno Brusilov annunciò che in otto giorni aveva catturato 2992 ufficiali austriaci e 190.000 soldati, 216 cannoni pesanti, 645 mitragliatrici e 196 obici. Un terzo delle truppe austriache che avevano contrastato l’avanzata erano state fatte prigioniere. Cinque giorni dopo i russi erano a Czernowitz, la città più orientale dell’Austria-Ungheria. La veloce avanzata russa però allungò le linee di rifornimento, costringendo il rallentamento delle truppe in avanzata, e solo l’intervento dello zar, comandante supremo dell’esercito e la cui parola era legge, costrinse gli altri generali ad inviare rinforzi a Brusilov.
Ma le pessime condizioni del sistema ferroviario russo rallentarono l’arrivo dei rinforzi e la possibilità di impiegare notevoli forze d’artiglieria e nuove truppe. Alla fine di luglio la città di Brody, alla frontiera della Galizia, cadde in mano dei russi che, nelle due settimane precedenti, avevano catturato altri 40.000 austriaci. Ma anche le perdite russe non erano lievi e, Hindenburg e Ludendorff assunsero, nell’ultima settimana di luglio la difesa dell’ampio settore austriaco. Vennero formati battaglioni misti austro-tedeschi e furono richiesti aiuti perfino ai turchi.
Ai primi di settembre Brusilov raggiunse le pendici dei Carpazi, ma lì si arrestò per le evidenti difficoltà geografiche e, soprattutto, per l’arrivo di nuove truppe tedesche da Verdun che arrestarono la ritirata austriaca e inflissero gravi perdite ai russi. L’offensiva volgeva al termine, questa raggiunse comunque l’obiettivo principale di distogliere importanti forze tedesche dal settore di Verdun e, soprattutto, di costringere gli austro-ungarici a levare truppe dal settore italiano.
Problemi interni, sia tra le truppe sia tra gli ufficiali, e carenze di materiali stavano falcidiando le forze russe che, dalla fine dell’offensiva di Brusilov, non furono più capaci di sferrare offensive contro gli Imperi centrali.
Stravolgimenti a oriente
A partire dal 1º febbraio 1917, il Kaiser Guglielmo II ordinò la guerra sottomarina indiscriminata per convincere la Gran Bretagna a sedersi al tavolo delle trattative e cercare una pace. Intanto i rapporti diplomatici tra Germania e Stati Uniti d’America andavano deteriorandosi velocemente a causa
dell’affondamento di navi statunitensi e dei Paesi neutrali da parte degli UBoot, così, il 6 aprile, il presidente Woodrow Wilson dichiarò guerra alla Germania.
L’esercito francese era in subbuglio, diserzioni di massa, ammutinamenti e frequenti proteste contro i comandi, rei di una strategia che non teneva conto delle enormi perdite, fecero vacillare l’assetto dell’esercito al fronte. Il generale francese, Joseph Joffre, dichiarò che l’esercito francese era ancora in grado di sopportare ancora una grande battaglia ma ,che in seguito, il suo sforzo sarebbe diminuito progressivamente a causa della mancanza di uomini. Il peso della guerra cadde quindi sulle spalle dei britannici, i quali avrebbero dovuto aspettare almeno un anno per usufruire concretamente dell’appoggio statunitense. I problemi per l’Intesa non finirono qui: la temporanea panne della macchina bellica francese fu accompagnata anche dal crollo, prima parziale e poi totale, della Russia, che neppure l’entrata in guerra degli Stati Uniti poté compensare per molti mesi, e dallo sfondamento austro-tedesco in Italia che quasi fece uscire di scena l’esercito di Luigi Cadorna.
Rivoluzione in Russia
Le enormi perdite della Russia, dovute ai difetti del suo apparato bellico ma che comunque avevano evitato molti sacrifici agli Alleati, aveva minato alle fondamenta la resistenza morale e fisica del suo esercito. Al fronte molti ufficiali russi
non riuscivano più a mantenere la disciplina. Il 17 febbraio diversi squadroni di cavalleria di prima linea ricevettero munizioni e l’ordine di portarsi nelle retrovie senza ricevere ragguagli sull’obiettivo. Uno dei cavalleggeri, Georgij Žukov, ricordò:
“ Ben presto tutto fu chiaro. Da dietro l’angolo di una via sbucarono i manifestanti con le bandiere rosse. [...] Un “cavalleggero alto” tenne un discorso agli uomini in cui affermò che il popolo russo vuole farla finita con la carneficina di questa guerra imperialista; vuole la pace, la terra e la libertà. [...] Non ci fu bisogno di ordini, i soldati gridarono e applaudirono mischiandosi ai dimostranti “ (Georgij Žukov)53
Su tutto il fronte i bolscevichi incitavano gli uomini a rifiutarsi di combattere e a partecipare ai comitati dei soldati per sostenere e diffondere le idee rivoluzionarie. Dal fronte le agitazioni si trasmisero alle città e alla capitale. A Pietrogrado54 il 3 marzo scoppiò un violento sciopero negli stabilimenti Putilov, la principale fabbrica di armamenti e munizioni per l’esercito. L’8 marzo gli operai in sciopero erano circa 90.000, il 10 marzo a Pietrogrado fu proclamata la legge marziale e, lo stesso giorno, il potere della Duma fu messo in discussione dal Soviet cittadino del principe menscevico Cereteli. Il 12, a Pietrogrado, 17.000 soldati si unirono alla folla che protestava contro lo zar e, alle 11 del mattino, fu dato alle fiamme il tribunale sulla prospettiva Litejnyj e le stazioni di polizia: era cominciata la prima rivoluzione russa. Lo zar fu costretto ad abdicare il 15 marzo 1917 e un governo provvisorio di tendenze moderate si mise alla guida del paese, ma senza successo. A maggio gli succedette un altro governo, di tendenze più socialiste capeggiato da Kerensky che nonostante le sempre maggiori richieste di pace non ritirò le truppe dal fronte, anzi, con Brusilov succeduto a Alexeiev in qualità di comandante supremo, le forze russe conseguirono successi iniziali contro gli austriaci a Stanislau ma dovettero arrestarsi e, non appena la resistenza nemica si irrigidì, crollarono subito sotto i successivi contrattacchi nemici. All’inizio di agosto i russi furono cacciati dalla Galizia e dalla Bucovina, e soltanto considerazioni politiche impedirono agli austro-tedeschi di penetrare in Russia. Dopo la partenza di Hindenburg e Ludendorff, il comando del fronte orientale passò a Hoffmann, che, contemperando strategia militare e politica, paralizzò le forze russe rendendo disponibili truppe tedesche sul fronte occidentale e in minima parte sul fronte italiano. In settembre i tedeschi colsero
53 Gilbert, p. 381 54 Oggi San Pietroburgo
un’occasione propizia per sperimentare nuovi metodi di bombardamento d’artiglieria e, con un attacco a sorpresa guidato da Oskar von Hutier, i tedeschi conquistarono Riga senza quasi incontrare resistenza. Il 3 novembre arrivò a Pietrogrado la notizia che le truppe russe sul Baltico avevano gettato le armi e fraternizzato con i tedeschi: i soldati non obbedivano più al governo di Kerensky. La scintilla scoppiò il 7 novembre del calendario gregoriano corrispondente al 25 ottobre del calendario giuliano in uso al tempo nell'impero russo, quando, poco dopo le 22, l’incrociatore Aurora alla fonda nella Neva annunciò che avrebbe fatto fuoco sul palazzo d’Inverno e sparò alcuni colpi a salve per dimostrare che non scherzava. All’una di notte il palazzo era occupato dai bolscevichi, Lenin fu eletto presidente del consiglio dei commissari del popolo e governava la capitale russa. Il loquace governo di Kerensky fu spazzato via, i bolscevichi imposero al popolo russo un regime comunista e in dicembre conclusero un armistizio con la Germania.
La pace di Brest-Litovsk
Gli Imperi centrali erano euforici. In Italia gli austriaci si trovavano nelle vicinanze di Venezia e i tedeschi si apprestavano a trasferire 42 divisioni, più di mezzo milione di uomini, dal fronte orientale a quello occidentale. I russi avevano deposto le armi e il 1º dicembre una commissione bolscevica lasciò Pietrogrado per attraversare le linee tedesche a Dvinsk diretta verso la fortezza di Brest-Litovsk dove una delegazione di tedeschi, austriaci, bulgari e turchi li attendeva per intavolare le trattative di pace. Il 15 dicembre i negoziatori di Brest-Litovsk annunciarono la fine dei combattimenti su tutto il fronte orientale: la Russia non era più una potenza belligerante. Il 22 iniziarono quindi i negoziati per un trattato di pace, le truppe russe non avevano però finito di combattere, ora si dovevano scontrare con le forze indipendentiste dei vari paesi sotto il dominio russo e contro le forze lealiste, i cosiddetti “Bianchi”, era iniziata la guerra civile. Le trattative di pace furono complicate, a Lenin serviva tranquillità lungo il
fronte per fronteggiare le minacce interne e, allo stesso tempo, gli Imperi centrali reclamavano condizioni di resa durissime. I tedeschi si rendevano conto che
l’integrità territoriale della Russia si stava velocemente disgregando, così si permisero di richiedere condizioni ancor più dure dopo che il 21 febbraio i bolscevichi accettarono le prime richieste. Il 24 febbraio dopo una tempestosa discussione il comitato centrale accettò senza condizioni le richieste dei tedeschi.
La Russia esce dal conflitto
Mentre il trattato si delineava, le truppe tedesche iniziarono ad avanzare ad est occupando Borisov, Dorpat e Narva sul Baltico, il 2 marzo l’esercito tedesco entrò a Kiev, mentre più a nord parevano decisi ad entrare a Pietrogrado. In due settimane, senza quasi incontrare resistenza, i tedeschi catturarono 63.000 soldati russi, 2600 pezzi d’artiglieria e 5000 mitragliatrici, armi molto utili per la campagna ad occidente. Alle 17 del 3 marzo il trattato di pace venne firmato, i russi rinunciavano a tutte le pretese sulle provincie baltiche, sulla Polonia, la Russia Bianca, la Finlandia, la Bessarabia, l’Ucraina e il Caucaso perdendo così un terzo della popolazione dell’anteguerra, un terzo delle terre arabili e nove decimi delle miniere di carbone. Dovettero inoltre cedere tutte le basi del Baltico, eccetto Kronštadt, le navi da guerra del Mar Nero di stanza a Odessa e a Nikolajev dovettero essere disarmate e 630.000 prigionieri austriaci furono liberati. La guerra ad oriente era finita, la Russia non era più in guerra: il conflitto su due fronti, fin dal 1914 incubo per la Germania e l’Austria-Ungheria, non esisteva più. La Germania trasferì così tutto il potenziale a occidente, compreso tutto l’armamentario conquistato durante l’avanzata in Russia precedente la firma del trattato, avanzata che aveva lo scopo di mettere pressione al governo bolscevico e indurlo a firmare.
Il 21 marzo Ludendorff sferrò una grande offensiva ad occidente che, in caso di successo, avrebbe consentito alla Germania di vincere la guerra. Ludendorff sferrò una serie di tre offensive per cercare di spezzare la resistenza Alleata.