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VICENDE STORICHE DELL'ESERCITO ITALIANO
La Nascita
A Torino il I 8 febbraio I 861 si inaugurò il primo Parlamento del l ' Italia unita. [I regno d'Italia, che non comprendeva ancora il Veneto e lo Stato pontificio, dovette affrontare immediatamente una serie di problemi finalizzati a risolvere principalmente aspetti organizzativi. In tale contesto, uno dei primi provvedimenti adottati fu quello che sancì l'unitarietà dell'Esercito.
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A seguito della legge 17 marzo 1861 che proclamava Vittorio Emanuele re d'Italia, l'Esercito Nazionale assunse la denominazione di Esercito Italiano (Nota ministeriale 4 maggio 1861 ).
NOTA
N. 76 - 4 MAGGIO 1861
Vista la Legge in data 17 marzo 1861, colla quale S. M ha assunto il titolo di Re d'Italia, il sottoscritto rende noto a tutte le Autorità, Corpi ed Uffici militari che d'ora in poi il Regio Esercito dovrà prendere il nome di Esercito Italiano, rimanendo abolita l'antica denominazione di Armata Sarda.
Tutte le relative iscrizioni ed intestazioni, che d'ora in avanti occorra di fare o di rinnovare, saranno modificate in questo senso.
Il Ministro della Guerra
M FANTI
La presente inserzione serve di partecipazione Ufficiale.
L'atto affidava all'Esercito l 'appellativo di "Italiano" e gli assegnava il compito di portare a compimento l'opera intrapresa dai Padri nel Risorgimento nazional~ Nel "nuovo" Esercito, confluirono tutti gli eserciti degli Stati preunitari e dell'esercito meridional e garibaldino. Intessuto sull'intelaiatura dell'Armata Sarda che annoverava nei propri ranghi Corpi ricchi di ant iche e gloriose tradizioni, già distintisi su molti campi di battaglia e nelle due prime campagne per l 'indipendenza, assorbì le forze della Le ga Militare degli Stati dell'Italia Centrale, d el Corpo dei Volontari gariba ldini , delle forze militari del R egno delle due Sicilie, mentre le formazioni volontarie del)' Esercito Meridionale furono in massima parte disciolte.
L'Ese rcito Italiano n el XX secolo
L'Ese rcito , formato in base all ' ordinamento s ancito con decre t o del 2 4 gennaio 1861 , dopo aver s uperato sostanz iali problemi d ' ord in e organizzativo e morale , riu scì a dotarsi di un acc e ttabile li ve ll o di fun z ionamento e d i un discreto grado di coes ione.
Geniale artefice della riorganizzazione fu il Generale Manfredo Fanti , promotore del citato decreto, c h e sa n z io n ava:
- il Corpo di Stato Maggiore, ordinato s u 210 ufficiali (10 colonnelli, 20 tenenti colonnelli , 28 maggiori , 90 cap it an i e 60 tenenti);
- l 'ord inam ento de ll ' Arma dei Carabi n ieri Reali , su 13 legioni territoriali ed 1 allievi ;
- l a cost it u z ione, pe r l ' A rm a di Fanteria, in aggiunta alle preesistent i 28 brigate , della brigata " Granatieri di Napoli" (5 ° e 6 ° Reggimento "Granatieri di Napoli " ) e di 5 brigate di fanteria:
" Umbri a " (53 ° e 54° R eggimento Fanteria) , "Marche" (55 ° e 56°) , "Abruzzo" (57 ° e 58° ), "Cal abria" (59 ° e 60° ) e "S i cilÌa" (6 1° e 62° ). Il reggi m ento granatieri e qu ello di fanteria furono ordinati s u tre battaglioni , c i ascuno s u se i compagnie . I battaglioni b ersag li eri salirono a 36 , dal XVIII al XXXVI;
- la s uddivi s ion e in s pecia lit à dell'Arma di Cavalleria: 4 reggimenti di cava lle ri a pesante ("Nizza", " Pi e monte Reale ", "Savoi a" e " G e n ova"), 6 reggimenti di cavall eggeri ("Sal u zzo" , " M onferrato ", "Lodi" , "Al essa ndri a", "Lucca", "Usseri di P iace n za"), 6 reggimenti di lan c i eri ("Novara", "Aos t a", " Milan o", " Monte be llo", "Firenze", "Vittorio Emanu e l e") ed un reggimento "Guide". I reggimenti furono ordinati s u 6 squadroni attivi e d un deposito; un nuov o o rdinamento p e r l ' Arma d'Artiglieria: 6 co m andi terr itoriali, 20 comandi loca li , 18 direzioni di stabilimento , 1 reg gime nto operai (4 compagnie m aes tran ze , 4 co mpagnie artificieri, 1 compagnia armaioli, 1 co mpagnia d e p os ito); 2°, 3 ° e 4 ° regg im e nto da piazza; 5°, 6 ° , 7 ° e 8 ° reggimento artiglieria da campagna ; 9° reggimento pontieri;
- l'ordinamento dell'Arma del Genio, su 10 direzioni territoriali e 2 reggimenti zappatori (ciascuno su 3 battaglioni di 6 compagnie zappatori ed I deposito);
- per il Corpo del Treno d'Armata, un ordinamento su 3 reggimenti (ciascuno su 8 compagnie attive ed 1 deposito);
- per il Corpo di Amministrazione, un'articolazione su 7 compagnie infermieri, 4 compagnie di sussistenza, I compag ni a ordinanze.
Il regio decreto modificò anche l'ordinamento dei comandi. L'Esercito fu ripartito in 6 corpi d'armata: il I dislocato a Torino, con la 2a Divisione a Torino, la 10a a Piacenza, e l' 11a ad Alessandria, il II a Milano con la 3a Divisione a Milano, la 6a a Brescia e la 9a a Cremona, il III a Parma con la 5a Divisione a Piacenza, 1'8a a Parma, e la 12a a Modena, il IV a Bologna con la 4a Divisione a Bologna, la 7a a Forlì e la 13a ad Ancona, il V a Firenze, con la la Divisione a Firenze e la 15a a Terni, il VI a Napoli, con la 14a Divisione a Napoli, la 16a a Salerno e la 17a a Chieti. Ogni corpo d'armata disponeva di una brigata di cavalleria (su 2 reggimenti, 1 di lancieri e 1 di cava ll eggeri), di 1 compagnia zappatori, di 1 distaccamento del Corpo di Amministrazione, di 1 reparto del treno e di 1 s qu adrone guide .
Le divisioni di fanteria erano tutte s u 2 brigate (ciascuna su 2 reggimenti), 2 battaglioni bersagl ieri e 3 batterie d'artiglieria da campagna.
Non inquadrate nei corpi d'armata, vi erano ancora:
- la divisione di riserva di cavalleria su 2 brigate, ciascuna su 2 reggimenti di cava ll eria pesante e 2 batterie a cavallo;
- la riserva ge n era le d'artiglieria su 10 batterie da campagna.
Per adeguare alle nuove esigenze ope rati ve il "Corpo di Stato Maggiore" - discendente dal "Corpo di Stato Maggiore Generale" fondato nel 1796 - fu istituito un Ufficio Superiore del Corpo di S. M. (dal quale dipendevano la Segreteria, le Scuole e l'Ufficio Tecnico - Topografico), un Comitato cons ulti vo di Stato Maggiore, una Scuola di Applicazio ne di Stato Maggiore per la formazione del personal e del Corpo, che sarà sostituita, dopo la campagna del 1866, dalla Scuola Superiore di Guerra.
Ad un riordinamento totale furono sottoposte anche le scuo le di reclutamento e formazione che comprendevano:
- l'Accademia Militare, per la formazione degli ufficial i di Artiglieria e Genio;
- la Scuola Militare di Fanteria (da l I 865 anche di Cavalleria), per la for mazio ne degli ufficiali delle due Armi;
- la Scuola di Applicazione di Artiglieria e Genio, per gli ufficiali inferiori provenienti dall'Accademia;
- la Scuola Normale di Fanteria, per abilitare ufficiali suba lterni e militari di truppa alle funzioni di istruttore;
- tre collegi militari (per trasformazione della Reale Accademia Militare borbonica, del Li ceo Militare di Firenze e della Scuola Militare di Parma), per preparare i giovani all'ammissione all' Accademia e alla Scuola Militare.
La formazione dei quadri era una problematica c he il Fanti ed i suo i successo ri cercaro no di affrontare con il riordinam ento delle scuole di reclutamento e di formazione. Inoltre, per migliorare ed aggiornare la preparazione dei quadri, alla Ri vista Militare, fondata dai fratelli Mezzacapo nel 1856 , si unirono il Giornale di Artiglieria (1861) ed il Giornale del Genio (1863). Questi ultimi , dal 18 74, daranno vita ad un unico periodico: il Giornale d'Artiglie ria e del Genio.
In questo periodo furono posti in esse re anche una serie di pro vvedime nti finalizzati ad unificare e ad ammodernare gli armamenti: per la fanteria fu adottato il fucile rigato mod. 1860 calibro 17.5 e per l'artiglieria da campagna furono allestite 750 bocche da fu oco ri gate in bronzo. Dal 1864, tuttavia, per l 'esigenza di ridurre le s pese militari a causa del dissestato bilancio statale, il processo di consolidamento dell'esercito subì un rallentamento, con conseguente ridu zione della chiamata alle armi.
Mentre si succ edeva no le varie riforme ordinative e s i rinnovavano armi e materiali, l'Esercito diventava sempre più protagonista della crescita della Nazione.
I Primi Impieghi
Campagna contro il brigantaggio
Il primo impiego dell'Esercito Italiano avvenne sul territorio nazionale, nelle regioni centro - meridionali, dove nel giro di pochi anni dilagò il fenomeno del brigantaggio, la cui vicenda ebbe inizio nell'ottobre del 1860 e si concluse nel 1867 anche se, pur con carattere di saltuarietà, le operazioni di repressione, denominate "azioni militari per l'ordine pubblico", durarono sino al 1870.
Per fronteggiare oltre 30.000 "briganti", che lottavano con forme di vera e propria guerriglia, furono impiegati, con forza ridotta, 34 reggimenti di fanteria, 19 battaglioni bersaglieri e 4 reggimenti di cavalleria, organizzati in presidi e colonne mobili formate da reparti misti (fanteria, bersaglieri, squadroni di cavalleria, carabinieri, guardie nazionali). Le forze regolari, che arrivarono a superare la cifra di 90.000 uomini (circa la metà del personale alle armi), furono poste alle dipendenze di un apposito Comando Generale per la soppressione del brigantaggio.
Terza guerra di indipendenza e presa di Roma
Nel contesto della politica estera italiana, invece i problemi più importanti riguardarono l'annessione del Veneto e di Roma.
Per quanto attiene al Veneto, nel 1866 , le circostanze internazionali e l'alleanza con la Prussia (in caso di guerra contro l 'Austria il trattato prevedeva che il Veneto sa rebbe stato assegnato alt ' Italia) consentirono di affrontare la questione con la Terza Guerra d'Indipendenza.
La guerra, inizialmente tra Austria e Prussia (16 g iugno 1866) e quindi tra Italia ed Austria ( 19 giugno), ebbe un rapido svolgimento .
La definizione de l piano operativo rappresentò il problema maggiore. Le posizioni costituite dal Quadrilatero consentivano due sole direzioni di attacco: dal Mincio oppure dal basso Po.
L'Esercito Italiano si schierò, quindi, su l Mincio, con 3 corpi d'armata su 12 divisioni al comando di La Marmora, e sul Po , con 8 divisioni al comando di Cialdini.
Le forze italiane comprendevano complessivamente 220.000 uomini con 452 cannoni, ai quali s i aggiunsero i 38.000 volontari di Garibaldi con il compito di operare un'azione diversiva in Trentino.
Il 23 giugno iniziarono le operazioni, con un s usseguirsi di scontri epici ma sfortunati.
L'armistizio di Cormons, il 12 agosto, bloccò tutte le operazioni, compresa la promettente avanzata su Trento di Garibaldi, arrestata per ordine superiore già dal giorno 9. Con la pace di Praga tra Austria e Prussia fu sanzionato il passaggio del Veneto all'Italia, tramite Napoleone III, e il riconoscimento del lo Stato italiano da parte dell'Austria.
Quattro anni dopo , in un quadro internazionale caratterizzato prevalentemente dalla caduta dell'impero napoleonico, furono individuati i presupposti ideali per la conquista di Roma. Il Ministero della Guerra iniziò dal mese di agosto del 1870 i preparativi chiamando alle armi ulteriori quattro classi e dislocando lungo il confine dello Stato pontificio il "Corpo d'Osservazione dell'Italia Centrale", al Comando del Generale Raffaele Cadorna, costituito dal IV Corpo d'Armata (50.000 uomini). Il 12 settembre, dopo l'insuccesso di un tentativo di accordo con Pio IX , le truppe superarono il confine. Cadorna fece avanzare le sue tre divisioni a cavaliere della Cassia e dopo quattro giorni giunse in prossimità di Roma. L'assalto iniziò il 20, investendo il settore che va da Porta S. Giovanni
1866 - TERZA GUERRA D'INDIPENDENZA ESERCITO ITALIANO D'OPERAZIONI
ARMATA DEL MINCIO
I Corpo d'Armata:
} 3 Divisione (Brigate "Pisa" e "Forlì")
2• Divisione (Brigate " Aosta" e "Siena " )
3 3 Divisione (Brigate "Granatieri di Sardegna" e "Granatieri di Lombardia")
53 Divisione (Brigate "Brescia" e " Valtellina") Riserva
II Corpo d'Armata: 43 Divisione (Brigate "Regina" e "Ravenna " )
63 Divisione (Brigate "Acqui" e '·Livorno" )
103 Divisione (Brigate '·Umbria" e " Abruzzi")
19" Divisione (Brigate '° Calabria" e '·Palermo") Reggimenti "Lancieri di Novara" e ' ussari di Piacenza" lii Corpo d'Armata:
7 3 Divisione (Brigate "Re" e ' "Ferrara")
83 Divisione (Brigate "Piemonte e Cagliari")
93 Divisione (Brigate " Pistoia e Alpi")
16" Divisione ( Bri gata "Parma" e Brigata "Mista") Brigata di Cavalleria
Trunne a disposizione: Divisione di Cavalleria di Linea (su due brigate e brigata artiglieria a cavallo)
ARMATA DEL PO
11 a Divisione (Brigate "Pinerolo" e "Modena")
12 • Divisione (Brigate "Casale" e "Como")
13 3 Divisione (Brigate"Savona" e "Bologna")
143 Divisione (Brigate "Reggio" e "Marche")
15" Divisione (Brigate "Pavia" e "Sicilia")
173 Divisione (Brigate ''Granatieri di Napoli" e' 'Granatieri di Toscana")
18" Divisione (Brigate"Cremona'' e "Bergamo")
203 Divisione (Brigata "Ancona" e Brigata "Mista") Riserva d'Artiglieria al Pincio. Dopo quattro ore di combattime nto i soldati italiani entrarono da Porta Pia e dalla breccia adiacente (Porta Salaria). Il 21 gennaio 1871 Roma diventò la capitale d'Italia.
Fatti d'anne: Custoza (24 giugno) - Borgoforte (6-18 luglio) - Darzo (IO luglio) - Gligenti (15-19 luglio)Bezzecca (21 luglio) - Primolano (22 luglio)- Borgo e Levico (23 luglio)- Vigolo (25 luglio)- Versa (26 luglio).
LA PRIMA CAMPAGNA COLONIALE - ABISSINIA
Nel XIX secolo l'espansione coloniale ebbe in tutta Europa un ampio sviluppo. Anche l'Italia, dove negli anni ottanta a livello governativo fu data notevole rilevanza alla pol itica estera, si accinse ad affrontare il problema "Africa". l i rafforzamento della Triplice Allea nza ed i buoni rapporti con l'Inghilterra crearono i p resupposti per soddisfare le esigenze sorte dal crescente sviluppo demo grafico, industriale ed economico, che si pensava di soddisfa re con l'espansione extraeuropea. A seguito delle contestazioni sorte per il possedimento della Baia di Assab, sul Mar Rosso , ottenuta uffi cialmente dall'Italia nel 1882 da una compagnia di navigazione nazionale, e del massacro per opera di indigeni dancali di due colonne italiane, la prima nel giugno 1881 e la seconda nel1' otto bre 1884, il governo ritenne indispensabile occupare anche l ' entroterra per garantire gli attesi vantaggi commerciali.
11 17 gennaio 1885 partì da Napo li, al comando del Colonnello Saletta, un Corpo di Spedizione, composto d a un battaglione di bersaglieri e da reparti di artiglieria e del genio, pe r un totale di circa 800 uomini. Il 5 febbraio sbarcò a Massaua, a nord di Assab, dando inizio ad una lun ga v icenda coloniale dalla quale I'Tta l ia ottenne prevalentemente delusioni.
L'ostilità del Negus Giovanni IV, imperatore d'Abissinia, le reazioni del governatore dell'Hamasen, ras Alula, che diede inizio all'offesa con l'attacco del presidio di Saati (gennaio 1887), vitto rio samente respinto, e l'eccidio di Dogali, dove la colonna del Tenente Co lonnello De Cristoforis fu praticamente sterminata, furono i primi tragici eventi.
Dopo quest'ultimo grave insuccesso, in Italia il governo cadde. Francesco Crispi, salito al potere, diede inizio ad una politica più energica ed aumentò il bilancio per le spese militari.
Il Generale Saletta tornò a Massaua con alcuni battaglioni, seguiti a novembre da una più grande spediz ione (2 brigate e 4 batterie d'artiglieria), al comando del Generale Asinari di San Marzano. Si fronteggiarono 120.000 abissini e 18.000 italiani, senza combattere, nella piana di Sabarguma, finché il Negus Giovanni si ritirò improvvisamente. Il grosso della spedizione allora rimpatriò, lasciando comando militare e governo della colonia all'esperto Generale Baldissera.
L'episodio diede inizio al consolidamento e consentì nuove penetrazioni. Fu potenziato il contingente nazionale, istituita la milizia locale inquandrandola con ufficiali e sottufficiali italiani, sistemata la dislocazione delle truppe; furono aperte strade, costruite fortificazioni, migliorati alcuni servizi pubblici. Fu promossa l'edilizia, curata l 'igiene e l'istruzione, mentre con provvida e sagace politica, operando tra Abissini e Mahadisti, fu conquistato il favore delle popolazioni. In tal modo il protettorato italiano poté estendersi al Beni Amer, all' Aussa e, dopo la morte del Negus Giovanni, spingersi fino a Cheren, Asmara e alla linea Mareb-Belesa.
La vittoria di Agordat contro i Dervisci nel dicembre 1893 rianimò i più. Crispi, ritornato al potere, lasciò fare al Generale Barati eri che attaccò Cassala ( 17 luglio 1894) con 2. 500 uomini e batté i Mahdisti.
A seguito della ribel I ione nell 'Acchelé-Gu zai, Baratieri occupò le terre oltre il Mareb, fino ad Adua. Quest'occupazione indu sse il Mangascià ad intraprendere una controffensiva, ma i battaglioni "Toselli", "Galliano" e "Hidalgò" la stroncaro no e, passati all'inseguimento, conseguirono la definitiva vittoria a Senafé, il 15 genna io 1895. Fu allora una corsa in avanti alla conquista del Tigré, incoraggiata dagli entusiasmi della Madrepatria: Adua temporaneamente perduta fu rioccupata, reparti furono spinti nell 'Enderà, a Macallé, ad Amba Alagi.
Menelik e i suoi capi si riarmarono e nella seconda metà del 1895 si ebbero g li scontri di Amba Alagi, (7 dicembre 1895) con la resistenza eroica ed il cosciente sacrificio del maggiore Toselli, e di Macallé (7 dicembre 1895-22 gennaio 1896) dove l'ostinata difesa di un pugno d'uomini affrontò soverchianti forze avversarie.
Dopo il combattimento di Amba Alagi, il governo comprese quali fossero le difficoltà presenti in Africa, ed inviò ingenti rinforzi, che giunsero a Massaua dal 25 dicembre ·I 895.
Baratieri riprese l'iniziativa e all'alba del 1° marzo 1896 il Corpo di spedizione mosse dal campo di Saurià con tre colonne in prima schiera: da s ini stra Brigata Indigeni ("Albertone"), I Brigata (''Arimondi "), colonna di riserva ("Ellena"). L'avanguardia della colonna "A lbertone", superando la posizione sulla quale avrebbe dovuto sostare, avanzò, seguita dal rimanente della colonna, giungendo sulle alture sovrastanti la conca di Adua, a contatto con il campo abissino. La colonna, assalita da forze soverchianti, fu sopraffatta. Le altre colonne, assa lite anch'esse, una dopo l 'altra, ne condivisero la sorte.
Vi furono gravissime perdite: i caduti furono 260 Ufficiali e 3.892 uomini di truppa nazionali, mentre non furono mai accertate le perdite tra gli ascari.
Il 4 marzo sbarcò a Massaua il Generale Baldissera, che riorganizzò il Corpo di Spedizione. Come prima azione sconfisse, tra il 2 ed il 3 aprile, i Dervisci dinanzi a Cassala ed a Tucruf, elim inando ogni pericolo di ulteriori azioni belliche.
Successivamente, concentrò le due divisioni a Senafé e il 3 maggio le fece marciare verso Adigrat. Di fronte all'imponente schieramento di forze, g li Abissini si ritirarono e il 4 maggio la piazza di Adigrat, difesa dal Maggiore Prestinari, fu liberata dall'assedio. In seguito, per ordine del governo, l'occupazione fu limitata a nord della linea dei fiumi Mareb-Belesa-Muna, che rimase quale confine definitivo della Colonia Eritrea con l'Impero Abissino.
GLI ORDINAMENTI ALLA FINE DELL'800
Le carenze dell'Esercito Italiano che erano emerse nel corso della Terza Guerra d'Indipendenza, suscitarono un desiderio di rinnovamento che consentì di migliorare tutti i settori.
Il problema più complesso fu quello legato all'ordinamento globale dell'Esercito. Grazie alla gestione del Generale Ricotti, che resse il Ministero della Guerra dal 1870 al 1876, l'Esercito raggiunse un solido assetto, che rimarrà sostanzialmente invariato nelle sue linee generali fino alla Prima Guerra Mondiale.
Furono sanciti: l'obbligo generale di tutti i cittadini al servizio militare, la creazione di un esercito di 2a linea con l'istituzione di Unità di Milizia Mobile, la creazione della Milizia Territoriale e la riduzione progressiva della durata della leva, da 5 a 4 ed infine 3 anni, per tutte le armi, eccettuata la Cavalleria che mantenne la ferma di cinque anni.
Le innovazioni più significative di quel periodo furono: la costituzione dei distretti militari (con compiti logistici, addestrativi ed amministrativi) e del Corpo de gl i Alpini (1872), il nuovo "status" per i veterinari, i commissari d'intendenza ed i contabili, categorie rimaste fino ad allora in uno stato intermedio fra il civile ed il militare, assimilati al Corpo degli ufficiali medici.
Per quanto attiene agli armamenti, il periodo ricottiano fu molto proficuo. Furono, infatti, organizzate 60 batterie con bocche da fuoco rigate da 75, in bronzo a retrocarica; vennero ordinate in Germania 400 bocche da fuoco da 87 in acciaio e si acquisirono 300.000 fucili Vetterli calibro 10,5.
La struttura dell'esercito a fine '800 comprendeva: 7 corpi d'armata, 16 divisioni, 80 reggimenti di fanteria, IO reggimenti bersaglieri, 7 battaglioni alpini, 20 reggimenti di cavalleria, 14 reggimenti di artiglieria, 2 reggimenti del genio. In totale 223.000 uomini, destinati a divenire in caso di guerra 750.000 con i richiamati di la e 2a categoria della Milizia Mobile.
L'ESERCITO ALL'INIZIO DEL XX SECOLO
Tra gli ultimi decenni del 1800 ed i primi anni del secolo successivo, l'Esercito rafforzò la struttura organica e rinnovò la dottrina e gli armamenti. In un contesto caratterizzato da forti costrizion i economiche e dall'insufficiente svi luppo industriale del Paes e, l'Es ercito, in particolare per l'impegno profuso e per le capacità dei quadri e della truppa, raggiunse ugualmente concreti progressi.
ln merito agli aspetti ordinativi, il primo grande risultato fu realizzato grazie al Ministro della Guerra Generale Mezzacapo, che ordinò lo strumento militare su 1O corpi d'armata. Un'ulteriore e più significativa trasformazione fu ottenuta dal ministro Generale Ferrere ( 1881 - 1884) , che aumentò fino a 12 i corpi d'armata, a 25 le divisioni ed a 12 i reggimenti bersaglieri. Creò inoltre sei comandi di reggimento alpini, costituì 2 nuovi reggimenti di cavalleria e potenziò anche l'Artiglieria e i l Genio. Istituì, nel 1882, anche la carica di Capo di Stato Maggiore, ricoperta per primo dal Generale Enrico Cosenz. Nello stesso periodo fu dato un nuovo assetto anche alla Milizia Mobile, di forza pa ri alla metà dell 'Esercito Permanente, e alla Milizia Territoriale, ordinata su 320 battaglioni di fanteria, 20 di alpini (72 compagnie), 100 compagnie di artiglieria e 20 del genio.
I ministri successivi (Bertolé Viale, Mocenni e Pelloux) completarono l'opera del Ferrere, d ando all'Esercito l'intelaiatura, salvo alcuni successivi incrementi di forza, con la quale verrà affrontata la Grande Guerra.
Per rendere il reclutamento più aderente alle condizioni sociali e politiche del tempo, nel 1907 fu incrementato il contingente di I a categoria, riducendo le esenzioni per motivi di famiglia, e ven nero aumentate le riserve con il personale di 2a categoria. Con la legge 30 giugno 191 O, la ferma per tutti gli iscritti alla la categoria fu ridotta a due anni. ·
TI Generale Spingardi, Ministro della Guerra dall'aprile 1909 al marzo 1914, completò, con una serie di provvedimenti legislativi, le riforme iniziate dal Generale Ricotti. Vennero così costituiti quattro comandi designati d'armata, tre comandi di divisione di cavalleria, l'Ispettorato Generale dell'Artiglieria e l'Ispettorato Generale del Genio. L'Ispettorato degli Alpini divenne Ispettorato delle Truppe da Montagna ed i tre comandi di gruppo alpino mutarono la denominazione in comandi di brigata alpina. Con le stesse leggi ebbero riconoscimento legale la Commissione Suprema Mista per la Difesa dello Stato e il Consiglio dell'Esercito.
Ad ogni reggimento di fanteria e ad ogni battaglione alpino fu assegnato un "Nucleo di milizia mobile", per la formazione delle unità di milizia all'atto della mobilitazione. I depositi dei reggimenti di fanteria e i "magazzini" di mobilitazione dei battaglioni alpini ebbero il compito, già del distretto militare, di costituire le unità di milizia territoriale, mentre ai distretti rimase quello dei reclutamenti. Furono creati 12 battaglioni bersaglieri ciclisti, un reggimento e 4 battaglioni alpini, 5 reggimenti di cavalleria, 12 reggimenti di artiglieria da campagna, un reggimento e 9 nuove batterie di artiglieria da montagna, 2 batterie a cavallo, 2 reggimenti d'artiglieria pesante campale, 4 reggimenti di artiglieria da fortezza, un reggimento genio (trasformando la brigata ferrovieri), e un battaglione specialisti del genio, che ebbe un ruolo fondamentale nella nascita dell'Aeronautica Militare. Per quanto riguarda gli armamenti é necessario evidenziare che, nonostante le ristrettezze economiche, nel periodo in esame furono compiuti notevoli progressi.
Il Ministero della Guerra aveva incaricato, nel 1888, una commissione per realizzare un nuovo fucile. La sinergia tra la fabbrica d'armi di Torino e il laboratorio pirotecnico di Bologna consentì di realizzare il fucile mod. 189 l, fornito in dotazione dal 5 marzo 1892. Successivamente, nel giugno 1893, fu adottato il moschetto per cavalleria e, alla fine del 1907, il moschetto per le truppe speciali.
Notevoli perfezionamenti furono effettuati anche alla pistola: dai modelli a tamburo mod. 1874 (calibro l 0,35 mm) e mod. 1889 (calibro 10,35 mm) si giunse alla pistola mod. 1910 "Glisenti" (calibro 9 mm) con canna e otturatore rinculanti.
Nei primi anni del '900, in Italia furono sperimentate alcune mitragliatrici. Al termine delle sperimentazioni, fu adottata la mitragliatrice pesante "Maxim" mod. 906, assegnata in dotazione, nel 1907, a 11 O sezioni (220 armi).
Per privilegiare l'industria nazionale, fu sperimentata la mitragliatrice "Perino", che fu prodotta in 150 esemplari presso la fabbrica d'armi di Temi, ma, a causa di alcuni difetti di funzionamento, le armi vennero assegnate, come armamento secondario, alle fortificazioni. Nel 1910 iniziarono le sperimentazioni della mitragliatrice "Fiat-Revelli", inventata dal Capitano Revelli e prodotta dalla Fiat. Era a raffreddamento ad acqua e presentava molte analogie con il sistema automatico della pistola mod. 910. Da quest'arma derivò la mitragliatrice "Fiat" mod. 1914. Nel frattempo era stata adottata una mitragliatrice "Maxim" alleggerita, il mod. 1911, con la quale l'Esercito affrontò la I a G. M .. Le armi fomite furono però soltanto 609, contro le 920 ordinate e pagate.
Nell'arco di tempo tra il 1875 ed il 1900, furono adottate e prodotte artiglierie dette "d'assedio" o da "piazza", con affusti impiegabili per diverse bocche da fuoco.
Il numero delle nuove artiglieri e era estremamente esiguo, pertanto durante la 1a G. M. furono impiegate le vecchie bocche da fuoco, anche se ormai ufficialmente radiate dai parchi.
Ai primi del Novecento, in mancanza di materiali italiani, fu acquistato il materiale "Krupp" da 75 mm con affusto a deformazione, fabbricato poi su licenza in Italia. Questo materiale, denominato 75/27 mod. 906, fu assegnato anche alle batterie a cavallo con la denominazione 75/27 mod. 1912. Dopo pochi anni fu declassato e sostituito dal materiale da mm 75 "Déport", dalle prestazioni superiori, che verrà prodotto in Italia con la denominazione 7 5/27 mod. 19 I 1. Con progetto italiano fu prodotto, invece, il materiale a deformazione da montagna, denominato 65/ 17.
Quando i pontieri passarono dall'Artiglieria al Genio, nel contesto delle riforme del Ricotti, avevano ancora in dotazione equipaggi da ponte mod. 1860 e "Birago". Nel 1881 gli equipaggi da ponte furono riordinati, unificandone la composizione. Un equipaggio consentiva la costruzione di un ponte di barche con 10 impalcate, lungo 133 m, oppure un ponte su cavalletti di 7 impalcate, lungo 47,60 m, oppure un ponte misto lungo 150 m. Studi effettuati nel 1910, consentirono di acquisire la barca in lamiera lunga 7,50 me di definire la composizione delle sezioni da ponte per fanteria e cavalleria e del ponte d'equipaggio.
Il Genio Ferrovieri sperimentò nel 1877-1880 locomotive stradali, poi tipi di ponti "Eiffel" e nel 1891 assunse l'esercizio della linea ferroviaria Torino - Torre Pell ice. Fra iI I 894 e il 1900 furono adottati piani caricatori scomponibili, un ponte metallico scomponibile di 18 metri e materiale per ponte "Eiffel", con il quale era possibile costruire ponti di lunghe zza variabile da 3 fino a 45 m. Nel 1902 furono acquistate e impiegate le prime autovetture da 24 HP.
Il Genio Telegrafisti ebbe in dotazione materiale telegrafico e telefonico che subiva continui perfezionamenti. Nel 1906, durante le grandi manovre, furono sperimentate staz ioni radiotelegrafiche. Le compagnie disponevano di un parco telegrafico, che era trasportato, in alcuni casi, da carri a quattro ruote ed in altri da carri a due ruote. Nel contempo vennero costituite anche stazioni telegrafiche per cavalleria. Per i collegamenti mediante stazioni ottiche erano impiegati gli apparecchi "Faini" ad occultazione di luce.
Il problema dell'organizzazione difensiva fu concretamente affrontato a segu ito della constatazione che l'Austria-Ungheria stava potenziando la difesa della frontiera orientale e nord-orientale (costruzione di fortificazioni e di strade, ampliamento di staz ioni ferroviarie, ecc.). Il programma avviato nel dicembre 1908 prevedeva dei lavori lungo la frontiera in corrispondenza del saliente trentino e della linea del Tagliamento (teste di ponte di Codroipo e di Latisana e opere a cupola sul margine dell'anfiteatro morenico di San Daniele).
L'evolu z ione della dottrina d'impiego fu aderente alle esigenze del momento. Nel 1885 comparvero le Norme generali per i 'impiego delle tre armi nel combattimento, dovute al Generale Cosenz, complesso di direttive basate sull'esperienza e sullo studio delle passate campagne. Le norme rimasero in vigore a lungo, sost ituite nel 1913 dalle Norme generali d ' impiego delle Grandi Unità e dalle Norme di combattimento, entrambe curate dal Generale Pollio.
La Prima Guerra Mondiale
Il fronte italiano
Il piano operativo, predisposto dal Generale Cadoma, in previsione di un intervento militare, prevedeva un'operazione difensiva sul fronte trentino ed una offensiva a fondo sul fronte giulio in direzione di Lubiana e Zagabria ed eventuali offensive concorrenti dal Cadore e dalla Carnia.
Di conseguenza l'Esercito che, a radunata effettuata ( 13 giugno 1915), contava 569 battag li oni, 173 squadroni e 512 batterie, fu schierato per due quinti a sba rramento dei 560 km di frontiera intercorrenti tra lo Stelvio e M. Canin, per due quinti sul fronte giulio (70 km) mentre un quinto fu tenuto in riserva. Il piano operativo austro-ungarico prevedeva semplicemente di resis te re sulle ottime posizioni difensive del confine per logorare, con il minore sforzo possibile, le forze italiane.
Le forze austro-ungariche schierarono alla fronte italiana 234 battaglioni, 21 squadroni, 155 batterie e l 'Alpen Korps bavarese, dislocato nel Trentino. Numericamente inferiori, avevano il gran vantaggio di combattere da posizioni naturalmente forti e compiutamente organizzate a difesa con opere di fortificazione permanente e lavori campali.
Q u ando l 'Italia entrò in guerra, nel secondo anno del conflitto (24 maggio 1915) a fianco dell'Intesa, il quadro internazionale era notevolmente cambiato rispetto all'anno precedente, rendendo inattuabile il piano di Cadorna. Gli austriaci, grazie ai success i ottenuti in Russia, furono in grado di ritirare da quel fronte alcune divisioni, subito schierate in Italia.
Senza il sostegno indiretto degli Alleati, le operazioni iniziali italiane ebbero lo scopo più modesto di occupare buone posizioni di partenza, idonee ad agevolare gli ulteriori sviluppi del piano operativo.
Le operazioni iniziali furono, comunque, caratterizzate da inefficaci azioni offensive per il raggiungimento di importanti obiettivi. ll Generale Cadoma, allora, si limitò ad obiettivi strategicamente più modesti (Trentino meridionale, Val Sugana e riva destra dell'Isonzo), proponendosi per il momento l 'e liminazione delle teste di ponte a Gorizia ed a Tolmino.
Il 23 giugno ebbe inizio la la battaglia dell'Isonzo che si protrasse, violenta e accanita, per quindici giorni consecutivi, senza ottenere l'auspicato risultato. 11 tributo pagato fu di 15.000 perdite, il 6% delle forze impegnate.
Le posizioni austriache s i rivelarono estremamente robuste e, anche sul fronte italiano come già da mesi in Francia e nelle Fiandre, la guerra divenne di posizione, con l'unico scopo di logorare le forze contrapposte, e il teatro delle operazioni furono le aspre alture dolomitiche, dove le condizioni delle trincee e delle fortezze erano anche più drammatiche di quelle dell'Europa nord-occidentale.
TI 18 luglio, la battaglia, su richiesta russa , riprese su tutta la fronte dell'Isonzo. Gli obiettivi erano rappresentati dalla conca di Plezzo, dalle teste di ponte di Tolmino e di Gorizia e dal Carso. L'offensiva, a causa anche del poco proficuo fuoco delle artiglierie (carenza ed inadeguatezza delle munizioni e dei pezzi), consentì di ottenere risultati limitat i a ll a conquista della conca di Plezzo e del Rombon e all'ampliamento della posizione del Monte Nero.
Ancora per richiesta degli alleati, il 21 ottobre il Cadorna mandò la 2a e la 3a Armata all 'attacco, rispettivamente, di Tolmino - Gorizia e del Sal) Michele, mentre la la e la 4a furono impegnate dal 18 ottobre a contrastare iI trasferimento di forze e mezzi avversari nella zona dei combattimenti. La 3a battaglia dell'Isonzo si concluse il 4 novembre e, nonostante una breve occupazione del Sabotino, le postazioni austriache rimasero inviolate. Solo la I a Armata in Trentino riuscì ad avanzare in Val Lagarina e Val Giuducarie. TI prezzo: 10.633 morti, 44.290 feriti e 11.985 dispersi italiani, contro gli 8.228 morti, 26.418 feriti e 70.201 dispersi austriaci. Alle vite dei soldati si aggiunga l'immane sforzo logistico, molto superiore alle più pessimistiche previsioni dell'anteguerra, soprattutto per fronteggiare l'enorme consumo di munizioni.
Dal 10 novembre al 2 dicembre si svolse, ancora sul fronte giulio, la 4a battaglia dell'Isonzo. Mirata anche a proteggere la ritirata serba nei Balcani, conseguì, a costo di enormi sacrifici in termini di vite umane e di mezzi, l'unico risultato significativo della conquista di una parte del Podgora.
Continuarono, per tutto l'inverno, piccoli ed improduttivi scontri in Trentino e sull'Isonzo, mentre la nazione impegnava il comparto del lavoro, in particolare quello industriale, per far fronte alle pressanti esigenze di munizioni di artiglieria, di armi e di materiali vari.
Le operazion i italiane ripresero in primavera, contestualmente all'offensiva tedesca di Verdun. La Sa battaglia dell'Isonzo cominciò l' 11 marzo 1916 e terminò il 19, senza modificare la situazione. L'Austria ne approfittò, quindi, per scatenare nel Trentino la "spedizione punitiva" (15 - 24 maggio), per obbligare l'Italia a concludere una pace separata. Una forza di penetrazione sfondò le linee italiane in Trentino, ma l'eroica resistenza della la Armata sul Pasubio, a Passo Buole e nel1' Altipiano di Asiago impedì l'invasione della pianura vice ntina. Passate alla controffensiva il 14 giugno, le forze italiane riuscirono a riconsolidarsi sulle primitive posizioni.
Nello stesso anno seguirono altri episodi rilevanti. Dal 6 agosto al 16 settembre vi fu la 6a battaglia dell'Isonzo, durante la quale fu scatenata l'offensiva dal Sabotino al Podgora. La battaglia costò perdite assai gravi, ma il sacrificio venne, questa volta, compensato dalla conquista di posizioni ritenute inespugnabili: il Calvario, il M. San Michele, il Sabotino e Gorizia (9 agosto).
Seguirono, nel breve giro di due mesi, dal 14 settembre al 4 novembre, tre consecutive battag lie , 7a, 8a e 9a battaglia dell'Isonzo, che ebbero lo scopo di logorare sempre più l'esercito austroungarico e tendevano alla conquista di posizioni idonee ad aggirare da sud le alture orientali di Goriz ia e da nord I'Hermada.
Terminava così iI 1916 senza che si fosse giunti a risultati decisivi, rimandati al 1917, anno nel quale, secondo quanto convenuto nella 2a Conferenza di Chantilly del novembre 1916, si sarebbero dovute sviluppare violente offensive contemporanee su tutti i fronti dell'intesa. li 30 ottobre, 1'8a Armata occupò, con le proprie avanguardie, Vittorio Veneto, la 12a Armata superò la stretta di Quero verso Feltre, la 1Oa varcò il Monticano in direzione di Sacile.
Nel maggio 1917, infatti, mentre era ancora in corso in Francia la grande offensiva di primavera , il Comando Supremo italiano decise di appoggiarla indirettamente, attaccando lungo tutto il fronte isontino. L'azione si sviluppò dal 12 al 28 maggio (10a battaglia dell'Isonzo) e portò alla conquista del M. Kuk e di Vodice.
Successivamente, dal 10 al 29 giugno, l'Esercito Italiano condusse un'operazione d'attacco nel settore degli Altipiani, la battaglia dell'Ortigara, conclusa senza alcun risultato positivo e con il passivo di gravissime perdite (26.000 uomini), specie nelle truppe alpine.
Subito dopo, allo scopo di migliorare l'andamento delle posizioni sulla sinistra dell'Isonzo, fu decisa un 'azione offensiva ( 11 a battaglia dell 'Isonzo) che avrebbe dovuto conseguire l 'occupazione dell'Altipiano della Bainsizza e dell'Altopiano di Comen. L'offensiva, simultanea nei due settori, durò complessivamente dal 17 al 31 agosto, ma conseguì modesti risultati.
Fu, questa, l 'u ltima battaglia offensiva dell'Esercito Italiano sul fronte isontino: le perdite italian e erano state veramente spaventose: 40.000 morti, 108.000 feriti e 18.500 dispersi.
L'Esercito Italiano subiva un crescente logoramento ed i reparti, demoralizzati, stavano perdendo la speranza di poter conseguire la vittoria.
Il 25 agosto 1917, quando l' 11 a battaglia sul l ' lson zo era ancora in pieno svolgimento, il Comando austriaco decise di far appello alla Germania (dal 28 agosto 1916 l'Italia aveva dichiarato guerra anche alla Germania) ed i due eserciti costituirono la 14 3 Armata, con sette divisioni tedesche ed otto austriache, orientata a penetrare lo schieramento italiano nel punto ritenuto più debole: tra Ple zzo e Tolmino.
Il Generale Cadorna, ritenendo che i preparativi austro-tedeschi mirassero ad un'azione di ampia portata, ordinò alle armate 2a e 3a di assumere un atteggiamento difensivo.
11 24 ottobre, alle 2 di notte, con una violenta preparazione di artiglieria iniziò l'attacco austro-tedesco. Quattro divisioni italiane furono in breve tempo investite da dieci divisioni nemiche.
All'alba, la 12a Divisione tedesca, proveniente da Tolmino, sfondò la linea italiana e, costeggiando la valle dell'Isonzo , raggiunse, alle ore 15 , Caporetto. La profonda penetrazione nella pianura veneta travolse la 2a Armata. Al seguito di questa Divisione, il Corpo Alpino tedesco nella giornata conquistò la parte orientale del Kolovrat, caposaldo della difesa di seconda linea italiana.
Il movimento delle prime due unità germaniche fu immediatamente seguito da altre 5 divis ioni. Alla sera del 24 ottobre era stata già aggirata la destra della la e 2a linea di difesa, da Tolmino a Kolovrat, e superato il centro della 3a linea a Caporetto.
L'indomani gli austro-tedeschi diedero ampia respiro alla loro manovra: oltrepassarono l'Isonzo e raggiunsero il Matajùr puntando su Cormons e Cividale.
Superate, nella giornata del 26, quasi tutte le posizioni difensive montane, la 14a Armata sboccò in pianura, mentre la 1Oa, a nord, raggiunse la valle del Fella e il Gruppo di Armate Boroevic ini ziò l'offensiva sul Carso.
Alle ore 2 del 27 ottobre il Comando Supremo italiano ordinò il ripiegamento generale.
Fu scelta, quale prima linea di resistenza, il Tagliamento; ma presto si constatò la necessità di ritirarsi sino al Piave , dove gli austro-tedeschi non riuscirono a superare la linea difensiva italiana. L'offensiva si spe n se definitivamente alla fine dell'anno.
La rotta di Caporetto costò all'Esercito Italiano la perdita del Friuli, della Carnia, del Cadore, di 300.000 uomini, di 3.000 pezzi di artiglieria e di tutti i magazzini di materiale bellico dislocati tra l'Isonzo ed il Piave.
11 Generale Cadoma fu sostituito il 9 novembre dal Generale Armando Diaz, la 2a Armata fu sciolta ed i suoi comandanti messi sotto inchiesta. In Italia si accesero grandi polemiche mai spente sulle cause della sconfitta, ma Caporetto rappresentò per l'Esercito Italiano un episodio doloroso, al quale tuttavia - da solo e rapidamente - seppe porre rimedio.
Conclusa la battaglia d'arresto sul Piave, mentre il Paese intero, con il contributo di materiale bellico americano, sosteneva, con un grande sforzo produttivo, il Comando Supremo nell'opera di totale riorganizzazione dello strumento militare, l'Esercito Italiano non rimase inattivo. Poiché la linea di resistenza all'estremità orientale dell'Altopiano dei Sette Comuni dopo la battaglia di Natale era in una situazione precaria, fu organizzata una azione offensiva dal 28 al 30 gennaio, vittoriosamente conclusa con la riconquista della linea M. Valbella - Col del Rosso - Pizzo Razea. Analoga rettifica della linea di contatto fu compiuta nel maggio, Cima Zigolon e quasi tutta la cresta del Monticelli ritornarono in mani italiane. Con questa "battaglia dei tre monti" ebbe veramente inizio la ripresa italiana.
Nel marzo, infatti, in concomitanza alla grande offensiva tedesca in Francia, 4 divisioni francesi su 6 e 2 britanniche su 5 furono ritirate dal fronte italiano, mentre un Corpo d'Armata italiano (il II) venne inviato in Francia.
Per ostacolare la riorganizzazione dei paesi dell'Intesa, gli Imperi Centrali intrapresero le ultime grandi offensive. Tra la primavera e l'estate del 1918, i tedeschi si spinsero fino alla Marna, da dove furono respinti con il contrattacco alleato. Intanto, il 15 giugno, gli austriaci attaccarono con 60 divisioni le difese italiane. Dopo un'imponente preparazione d'artiglieria, investirono le postazioni dalla Val d'Astice all'Adriatico. Superato il Piave, gli austriaci raggiunsero il Montello e costituirono due teste di ponte verso Treviso e San Donà, a sei chilometri oltre il fiume, mentre sugli altipiani erano respinti con decisione. L'attacco, in particolare, non ottenne i risultati previsti grazie al fuoco di contropreparazione dell'artiglieria italiana.
TI 16, l'esercito austro-ungarico sferrò nuovi attacchi sul Piave, intesi ad allargare le teste di ponte. L'urto fu però contrastato efficacemente dalla reazione italiana. All'indomani, un attacco austriaco riuscì ad avere ragione della difesa ed a congiungere le due teste di ponte. Ma la sera del 17 ogni pressione era cessata sul Grappa, gli attacchi sul Montello furono contenuti ed il fronte sul Piave saldamente difeso.
Fino al 15 luglio l'Esercito Italiano sfruttò il successo con una serie di azioni locali, che consentirono di ristabilire il possesso su tutti i settori occupati nei precedenti giorni.
La battaglia del Piave, o "del solstizio", che si concludeva con la perdita di 150.000 Austriaci e di quasi 100.000 italiani (tra morti, feriti e prigionieri), fu la prima gran vittoria dell ' Intesa ad opera dell'Italia.
A metà luglio i tedeschi avevano perduto l'iniziativa sul teatro di guerra francese e le offensive alleate costringevano l'esercito germanico ad effettuare successive ritirate. Fra il 16 e il 19 settembre l'Armata d'Oriente, della quale faceva parte la 35a Divisione italiana, fece crollare il fronte tedesco-bulgaro nei Balcani (battaglia di Dobropolie) e il 29 settembre fu concluso l'armistizio fra gli Alleati e la Bulgaria.
Il Comando italiano decise che fosse giunto il momento di una grande offensiva e pianificò la rottura del fronte avversario in corrispondenza delle due armate austriache (Sa e 6a) del Piave, agendo a cavaliere della direttrice di Vittorio Veneto. Separate le due armate, le forze italiane, puntando su Feltre, avrebbero aggirato le truppe austriache attestate sul Grappa e avrebbero dato sviluppo alla manovra dirigendosi sia per la Val Sugana su Trento , sia verso il Cadore. La manovra, a causa della piena del Piave, iniziò il 24 ottobre.
La 4a Armata diede inizio alla battaglia che si protrasse fino il giorno 27. Nella notte fra il 26 ed il 27, 1'8a, la 12a e la 10a Armata gettarono i ponti sul Piave e passarono il fiume. L'imminenza dell'attacco costrinse il Comando della 6a Armata austro-ungarica ad ordinare, il giorno 28, la ritirata sul Monticano.
Nella serata dello stesso giorno si presentava al Comando Supremo italiano il Generale austriaco Weber per trattare la resa. Durante le trattative le operazioni continuarono ed il 31, sotto la pressione della 4a Armata, caddero le truppe austriache del Grappa. La 12a Armata si diresse su Feltre. L'8a sboccò nella valle del Piave, mentre la lOa, affiancata dalla 3a, raggiunse la Livenza e reparti di cavalleria il Tagliamento. La 6a Armata, lungo la Val Sugana, mosse verso Trento - Egna. Il 3 novembre la la Armata entrò a Trento, tutte le altre armate raggiunsero i rispettivi obiettivi e, mentre la cavalleria si spingeva fino a Palmanova, Udine, Stazione per la Carnia e Gradisca, un apposito distaccamento sbarcò a Trieste. La sera del 3 novembre fu finalmente concluso l'armistizio di Villa Giusti. Alle ore 15 del 4 novembre 1918, furono sospese le ostilità su tutto il fronte italiano.
1915-18 PRIMA GUERRA MONDIALE
GRANDI UNITÀ MOBILITATE
Comandi di Armata
Comandi di Corpo d'armata (di cui l d'assalto)
Comandi di Divi sione di fanteria
Comandi di Di vis ione bersaglieri
Comandi di Divisione d'assalto
Comandi di Divisione cavalleria
Comandi di Brigata (di fanteria, granatieri e bersaglieri)
Comandi alpini
(I) Comprese le 2 Armate comandate da Lord Cavan (la I Oa) e dal Generale Graziani (francese) la 12a. Queste 2 Annate erano costituite rispettivamente: da Grandi Unità italiane e francesi. Altre Grandi Unità alleate si trovavano nella 6a Armata italiana (la 24a Divisione di fanteria francese e la 48a Divisione di fanteria britannica).
(2) Di cui 2 Divisioni alpine. Nel numero delle Divisioni non sono comprese quelle alleate (23a e 24a francesi; 7a, 23a e 48a britanniche; 6a cecos lovacca); sono invece comprese quelle italiane dislocate su altre fronti (francese, albanese, macedone): in totale 6, per cui alla fronte italiana erano 53.
Gli altri fronti
L'Esercito italiano operò con i propri uomini non solo nel fronte trentino e giulio, ma inviò unità combattenti anche in Albania, sul fronte orientale e su quello francese.
ln Albania, infatti, nella situazione di caos creatasi subito dopo lo scoppio della guerra, l 'Italia, per impedire che la sponda orientale del canale d'Otranto cadesse in mano di una grande Potenza, aveva occupato (29 dicembre 1914) Valona.
Gli austro-tedeschi iniziarono l '8 ottobre del 1915 una offensiva a fondo contro i serbi, i qual i furono costretti a cercare scampo verso i porti albanesi. L' Italia si assunse il compito di proteggerne la ritirata e l'imbarco dei resti dell 'ese rcito. Fu così costituito un Corpo d'occupazione dell' Albania, su tre brigate, una delle quali doveva portarsi a Durazzo, mentre le altre due avrebbero garantito il possesso di Valona. La Brigata "Savona" raggiunse Durazzo, dove si sistemò a difesa per proteggere l'imbarco dei serbi, ultimato il 9 febbraio 1916, e dal 23 al 26 febbraio anche la brigata stessa si imbarcò sotto la protezione di unità della flotta, per rientrare in Italia.
Rimase in possesso italiano la baia di Valona e le forze italiane in Albania furono gradualmente rinforzate, raggiungendo la consistenza di un Corpo d'Armata che prese contatto con il Corpo di spedizione interalleato di Salonicco (Armata d'Oriente), spintosi verso occidente, costituendo così un fronte continuo dall'Adriatico ali 'Egeo.
Tentativi austriaci contro le posizioni italiane nella seconda metà del 1917 furono respinti e nel maggio 1918, un 'azione di reparti italiani e francesi riuscì a rendere più sicuri gli itinerari, mentre il 6 luglio 1918 fu lanciato un attacco di quattro colonne italiane, appoggiate dai francesi, contro le due ali della Malakastra: l 'attacco riuscì e reparti di cavalleria italiana raggiunsero il campo d 'aviazione di Fieri e tutte le truppe poterono avanzare occupando Berat e raggiungendo la piana del Semeni.
Alla fine di settembre, in sistema con l'offensiva dell'Armata d'Oriente, il Corpo d'Armata italiano riprese l'avanzata, occupando il 14 ottobre Durazzo, Tirana il 15, Scutari il 31 ed infine Dulcigno ed Antivari il 3 novembre.
Altro fronte, che vide protagonisti gli Italiani, fu quello ove operò l'Armata d'Oriente, costituita alla fine del 1915, dove , su pressione degli alleati, l 'Ita lia inviò la 35a Di visione in Macedonia, che si schierò il 25 agosto su di un fronte di 48 Km. Ad ottobre fu rinforzata con una terza brigata e, successivamente, raggiunse la consistenza di un Corpo d'Armata.
La Divisione partecipò nel settembre dello stesso anno ad una azione controffensiva e venne, successivamente, trasferita nel settore di Monastir dove, con l'azione della Brigata "Cagliari" attraverso i monti Baba, aprì il 16 novembre la via di MQnastir alle truppe franco-serbe.
All'inizio del 1918 la 35a Divisione passò nel settore della Cerna, dove si trovò a fronteggiare non più i Bulgari, ma i Tedeschi. Dopo otto attacchi tedeschi in due mesi vi fu, nel maggio, un tentativo offensivo interalleato, che non riuscì e i soli Italiani vi persero circa 3.000 uomini.
Il 15 settembre l'Armata d'Oriente prese l'offensiva e sfondò il fronte avversario in corrispondenza del massiccio di Dobropolie. La 35a Divisione il 29 attaccò la posizione di Sop, dove caddero in mano italiana 8.000 Bulgari con 11 cannoni.
Ma lo sforzo più importante operato dalle unità italiane sui fronti esteri si ebbe in Francia, dove già operavano le Truppe Ausiliarie Italiane in Francia (T. A. I. F.), agli ordini di un Generale Ispettore, costituite da oltre 60.000 uomini, da adibire come lavoratori nelle sistemazioni difensi ve. Nell'aprile 1918, infatti, l'Italia inviò in Francia anche un Corpo d'Armata (il II) su due divisioni di fanteria, un raggruppamento di artiglieria, un gruppo squadroni di cavalleria e unità dei servizi.
Le divisioni vennero inviate in linea ad ovest di Verdun, e tra I' 11 e il 19 giugno il Corpo d'Armata si schierò ad occidente di Reims , su un fronte di 12 chilometri, a cavallo dell' Ardre e quindi a sbarramento della più diretta via di penetrazione su Epernay.
Tra la fine di giugno ed i primi di luglio si ebbero i primi scont ri con i Tedeschi nella zona della "Montagna di Bligny".
[I 15 luglio i tedeschi sferrarono la loro ultima offensiva, e ad Ovest di Reims attaccarono fra Vrigny e Jaulgonne, investendo il II Corpo i taliano e il V francese. Dopo due giorni di cruenti combattimenti, le truppe italiane riuscirono ad arrestare sulle seconde linee l 'attacco germanico. Il 21, il Comando tedesco ordinava alle sue truppe, che più ad occidente avevano varcato la Marna, di ripiegare facendo perno sul settore dell ' Ardre, dove pertanto i combattimenti con le truppe italiane proseguirono fino a l 24.
Al termine dell'azione, il Corpo aveva perso oltre 9.000 uomini.
Ad agosto, ripristinate le perdite con altri 22.000 uomini circa, il II Corpo venne inviato nelle Argonne, ma in settembre tornò alle dipendenze della Sa Armata francese, per prendere parte all'offensiva contro il saliente di Laon. Si schierò nel settore dell'Aisne, ad est di Soissons. Il 26 settembre ini ziò l' offensiva alleata ed il Corpo italiano vi partecipò alle dipendenze, successivamente, delle armate francesi Sa, 1Oa e 3a.
Conquistata la posizione dello Chemin des Dames , raggi unta e superata l 'Ai lette, le truppe italiane raggiungero il 14 ottobre le paludi di Sissonne.
Il 4 novembre, data che segnava la fine della guerra contro l'Austria, il II Corpo riprese l'avanzata contro i tedeschi, e 1'11 novembre raggiunse la Mosa, dove si consolidò fino al momento in cui cessarono le ostilità. Nei combattimenti in terra di Francia, gli Italiani contarono 15.000 perdite.
Le Campagne Coloniali Del Xx Secolo
Somalia
Con ampie attese di una pacifica espansione politico-commerciale in Africa Orientale, ebbe inizio nel 1885, subito dopo lo sbarco di Massaua, un 'opera di penetrazione che attraverso accordi commerciali, trattative, compromessi, doveva condurre l'Italia all'occupazione del Benadir e dell'entroterra somalo.
Nel dicembre 1903 fu formato il "Corpo delle Guardie del Benadir", che diede inizio alla conquista militare del paese. Il nuovo possedimento fu denominato "Somalia Italiana". Per la sua difesa furono istituiti il "Regio Corpo Truppe Coloniali della Somalia Italiana", composto da indigeni al comando di ufficiali dell'Esercito, e il "Co rpo di Polizia della Somalia Italiana", anch'esso costituito con indigeni agli ordini di ufficiali e sottufficiali dei carabinieri.
Nel 1925 il governo autorizzò l 'occupaz ione dei territori della Somalia Settentrionale per sottrarli ai sultani locali e per provvedere ad una nuova organizzazione dei possedimenti.
L'occupazione del Sultanato fu effettuata senza incontrare particolari difficoltà, mentre in Migiurtinia si dovettero affrontare le tribù insorte in massa. La ribellione richiese una dura campagna di guerra che costò gravi perdite, ma consentì alle valorose truppe somale sotto il comando italiano di penetrare nel territorio interno della Migiurtinia e di raggiungere il confine con il Somaliland inglese.
La guerra italo-turca
La necessità dell'Italia di espandersi e di compensare le annessioni francese nel Marocco e tedesca nel Congo, le turbolenze nei Balcani, la propizia situazione internazionale diedero lo spunto al Governo per muovere alla conquista della Libia, che si trovava sotto il dominio della Turchia. Il 5 ottobre 1911, la squadra navale sbarcava a Tripoli, dopo un bombardamento iniziato il 3 e concluso con lo sbarco e l'occupazione della città da parte di 1. 700 marinai al comando del Capitano di Vascello Cagni. La componente dell'Esercito, agli ordin i del Generale Caneva, era di livello Corpo d'Armata, formato da un totale di circa 34.000 uomini, con 6.300 quadrupedi, 48 cannoni da campagna, 24 cannoni da montagna.
Entro il 21 ottobre le unità italiane si insediarono in quasi tutti i centri più importanti sco nfiggendo le poche forze dislocate: il 18 ottobre fu occupata Derna, il 20 fu conquistata Bengasi, dopo un attacco condotto in forza, ed il 21 Homs.
Meno facile si presentò la conquista dell'entroterra. La comunanza religiosa fece insorgere decine di migliaia di arabi e beduini, provocando il crollo delle illusioni per una rapida conquista. Il contingente dovette essere rinforzato fino a raggiungere una forza di circa 55.000 uomini, 8.300 quadrupedi , 84 cannoni da campagna, 42 da montagna, 28 bocche da fuoco d'assedio e, dal gennaio all'ottobre 1912, 4 battaglioni alpini, 7 battaglioni di ascari eritrei, I squadrone di cavalleria, oltre ai reparti dirigibili e flottiglie aviatori.
I militari italiani dovettero affrontare ancora una volta una forma di combattimento inconsueto per le forze regolari: la guerriglia, basata su attacchi improvvisi e ritirate altrettanto veloci di piccoli reparti su un territorio montuoso ed intricato che favoriva la resistenza e la sorpresa. I provvedimenti presi per contrastare que sto fenomeno furono orientati prevalentemente a rafforzare e a consolidare le aree già occupate e ad intensificare il controllo del territorio al fine di interrompere i movimenti delle carovane e le potenziali fonti di alimentazione.
La presenza italiana in Egeo rese ancora più difficile la situazione nei Balcani per l ' Impero Turco, che manifestò finalmente la disponibilità a trattare.
A Losanna il 18 ottobre 1912 la Turchia firmò il trattato di pace, riconoscendo ali 'Italia il dominio della Tripolitania e della Cirenaica, alle quali fu posto il nome latino di Libia.
La presa di possesso non trovò eccessivi ostacoli ed opposizioni in Tripolitania e poté concludersi entro il 1913 .
Più contrastata risultò , invece , la penetrazione all'interno della Cirenaica, do ve continuò la re s istenza.
Gli inizi del conflitto mondiale resero delicata la s ituazione perché, mentre da una parte la Madrepatria non era più in grado di provv ed ere adeguatamente alle es ig e n ze d e lla Libia, dall'altra la propaganda turca, cui si affiancava ora quella ted esca, aizzava, con l'attività di numerosi agenti, gli arabi alla riscossa contro l ' Italia anche per creare difficoltà che avrebbero avuto ripercussioni sui fronti europei della guerra.
Vi fu un violento risveglio delle insurrezioni ed il 5 luglio 1915 , il Governatore della Tripolitania, considerata la grave situazione genera le, assunse la determinazione di ritirare verso la costa tutti i presidi che erano stati spinti ali' interno della regione. Ai primi del 1916 la presenza italiana in Tripolitania si era ridotta alle sole basi di Tripoli e di Homs , ed in Cirenaica si pr efe rì tenere le sole posizioni di Bengasi, Cirene, Dema e Tobruk, tutte sulla costa. Nessuna possibilità esisteva di ricevere soccorsi ed aiuti dall'Italia, totalmente impegnata nel conflitto mondiale; non rimaneva, quindi, altra soluzione da adottare, se non quella di differire alla fine della guerra il problema del ripristino della sovranità italiana sulla colonia.
Soltanto nel 1919 ini z iarono le operazioni militari di conquista della Libia per assicurare il reale possesso della colonia, operazioni che furono più agevoli in Trupolitania e nel Fezzan, a causa dell'incapacità degli arabi tripolini di darsi un ' organizzazione unitaria , mentre furono lunghe e difficili in Cirenaica, regione da qualche te mpo assoggettata all 'o rganizzazione politico-religiosa della Senussia.
Per avere ragione di un nemico insidioso, con il quale non era possibile quasi mai ingaggiare vere e proprie battaglie, si adottò la tattica delle molteplici colonne muoventi lungo itinerari diversi convergenti su obiettivi importanti; e questa tattica fu resa possibile dall'impiego di progrediti mezzi tecnici (radio ed aviazione) capaci di mantenere il collegamento e di consentire controlli soprattutto per prevenire sorprese ed agguati, nonché dall'uso di mezzi motorizzati particolarmente efficaci quali le autoblindo.
li 20 gennaio 1931, con l'ardita azione contro l'oasi di Cufra, l'occupazione di tutto il territorio libico fu finalmente portata a termine.
Etiopia
Negli anni '20 e '30 il regime fascista riprese la politica di espansione coloniale ini ziata dai governi liberali, tesa alla riconquista dei territori libici ed ali 'occupazione del!' Abissinia partendo dalle basi somale ed eritree. Il 3 ottobre 1935 iniziarono le ostilità e le truppe italiane, 3 corpi d'armata, passarono il Mareb, che delimitava il confine tra Eritrea ed Etiopia, per attuare piani militari preparati fin dal 1934. I piani prevedevano l'attacco contestuale dall'Eritrea, fronte principale, e dalla Somalia, effettuando una manovra strategica suddivisa in tre fasi: presa di contatto, offensiva general e e sfruttamento del successo.
La guerra, ritenuta non "colonial e" ma "nazionale" per le ingenti forze impiegate ( 11.000 soldati nazionali e 53.000 ascari), durò sette mesi e fu caratterizzata dall'impiego a massa dell'aviazione contro i concentramenti di truppe abissine. 1 maggiori problemi all'avanzata delle colonne italiane verso l'interno furono causati dal terreno impervio e dalla assoluta mancanza di vie di comunicazione che dovettero essere progettate e realizzate dal genio, in tempi strettissimi ed a prezzo di grandi sacrifici.
Le forze abissine, sebbene molto numerose ed agguerrite, subirono pesanti rovesci in varie battaglie campali, dove il superiore addestramento e volume di fuoco delle divisioni italiane ebbero facile gioco. L'esercito e le bande del Negus, invece di affidarsi ad operazioni di guerriglia, preferirono affrontare in masse compatte ed a viso aperto le forze italiane, finendo decimate dal fuoco di mit ragliatrici, artiglierie, mezzi corazzati ed aerei. Dopo alcune difficoltà iniziali, dovute alla comunque accanita resistenza abissina ed al territorio selvaggio ed inospitale, che determinarono tra l'altro la sostituzione nel gennaio 1936 del Generale De Bono con il Generale Badoglio, I'avanzata italiana, con la la battaglia di Tembien, riprese spedita.
L'esito favorevole della controffensiva ne l Tembien consentì di intraprendere, un mese più tard i, 1'offensiva nel Tigrai che comprese tre distinte battaglie. La prima, dell' Endertà ( 10-18 febbraio), condotta da due corpi d'armata (I e lii), consentì di superare le difese del! 'Amba Aradam e di proseguire verso l'Amba Alagi. La seconda, del Tembien (27 febbraio-6 marzo), fu combattuta dal Corpo d ' Armata Eritreo, che occupò saldamente l 'UorkAmba, e dal III Corpo d'Armata che, superand o difficoltà di terreno e logistiche, agì a fronte rovesciata. L'ultima, quella dello Sciré (29 febbra io-3 marzo) , fu combattuta, contro le forze di ras lmirù e del degiac Aialeu Burrù, dal II e dal IV Corpo d'Armata.
Completò l 'offe nsiva generale la battaglia detl'Ogaden, sviluppata netl'area meridionale fra il 15 aprile e il 9 maggio.
Iniziò così una profonda penetra z ione, difficilissima per le grandi distanze da superare e per l'oneroso problema logistico da risolvere.
Fra il 3 l marzo e il 2 aprile, l'ultima Armata etiopica opponeva un ultimo disperato tentativo di arrestare l'avanzata italiana. Fu, però, sconfitta nella battaglia del Lago Ascianghi. L'occupaz ion e di Addis Abeba, il 5 maggio, concluse, l'intera campagna.
La vittoria italiana destò sorpresa in molteplici ambienti esteri, nei quali si supponeva una
1935-36 AFRICA ORIENTALE
ORDINE DI BATTAGLIA PER LA CAMPAGNA D'ETIOPIA (1935-36)
I Corpo d'Armata
Divisione Fanteria "Sabauda" (46 ° f. "Reggio", 60° f. "Calabria", 3° bersaglieri, 16° artiglieria).
Divisione Alpina "Pusteria" (7 ° e 11 ° alpini, 5° artiglieria alpina).
Divisione Fanteria "Assietta" (38 ° f. "Ravenna", 63 ° f. "Cagliari", 49 ° artiglieria).
4a Divisione CC.NN. "3 gennaio" (101a, 104a e 215 a legione CC.NN., IV gruppo cannoni).
Il Corpo d'Armata
Divisione di Fanteria "Gavinana" (70 ° f. "Ancona", 83° e 84° f. "Venezia", 19° artiglieria).
Divisione Fanteria "Gran Sasso" (13 ° e 14° f. "Pinerolo", 225 ° f. "Arezzo", 18° artiglieria).
3 a Divisione CC.NN. "21 aprile" (230 a, 252 3 e 263 3 legione CC.NN., lll gruppo cannoni).
III Corpo d'Armata
Divisione Fanteria "Sila" ( 16° f. "Savona", 19° e 20° f. "Brescia", 12° artiglieria).
1 a Divisione CC.NN. "23 marzo" (135 3, 192 a e 202 a legione CC.NN., I gruppo cannoni).
IV Corpo d'Armata
Divisione Fanteria "Cosseria" ( 41 ° e 42 ° f. "Modena", 29° artiglieria).
2 a Divisione CC.NN. "28 ottobre" (114 3, 116 a e 180 a legione CC.NN., II gruppo cannoni).
5 a Divisione CC.NN. "l febbraio" (107 a, 128 a e 142 a legione CC.NN., V gruppo cannoni).
Corpo d'Armata Eritreo
1 a Divisione "Eritrea".
2 a Divisione "Eritrea".
Truppe zona bassopiano Occidentale.
Truppe zona bassopiano Orientale.
Truppe zona territoriale.
Forze Armate della Somalia:
Divisione Fanteria "Peloritana" ( 3° e 4 ° f. "Piemonte", 75 ° f. "Napoli" , 24° artiglieria).
Divisione Fanteria "Libia" (1 °, 2 ° e 3 ° f. Indigena, gruppo cannoni).
6 a Divisione CC.NN. "Tevere" (219 3, 220 3 , 221 a e 321 3 legione CC.NN., VI gruppo cannoni).
Settore Somalia Occidentale.
Corpo Indigeni.
In Libia:
Divisione Fanteria " Metauro" (93° f. "Mess ina" e 157° f. "Liguria", 2 ° artiglieria).
Divisione Fanteria "Assietta II" (61 ° f. "Sicil ia", 81 ° f. "Torino" , 25 ° artiglieria).
Divisione Motorizzata " Trento" (115° e 116° f. "Treviso", 46° artiglieria).
7aDivisioneCC.NN. "Cirene(l98a,271 3 , 190a,241 3 , 196 3 ,2l9 3 ,267 legioneCC.NN., 7 a artiglieria motorizzata). e352 stabilizzazione della guerra per una presunta nostra incapacità a superare le enormi difficoltà logistiche di una spedizione del genere.
I fatti concreti smentirono le previsioni ed il successo finale e completo fu giudicato ancora più rimarchevole per il numero relativamente basso di perdite italiane: 2.988 morti e 7.815 feriti.
Al termine della campagna vera e propria, furono svolte delle vaste operazioni di polizia, tendenti a completare la conquista di tutto il vasto territorio ed ottenere la sottomissione di tutti i Ras. Le operazioni furono delicate e complesse per gli aspetti di guerriglia propri di queste azioni che procurarono notevoli perdite: 45 Ufficiali, 207 militari nazionali e 1.200 indigeni.
Fra Le Due Guerre
A I termine del primo confitto mondiale l'Esercito subì un notevole processo di riordinamento, soprattutto nel campo ordinativo, in quello dottrinale e nel settore degli armamenti. Presupposto fondamentale dei successivi ordinamenti fu la ricerca di un punto di equilibrio tra l 'esigenza di ridurre le spese e quella di mantenere all'Esercito una certa efficienza. Nel giro di pochi anni si susseguirono gli ordinamenti Albricci (1919), Bonomi (1920), Gasparotto (1921 ), Diaz (1923).
Il criterio base rispondeva, in pratica, al concetto di far assumere all'Esercito fin dal tempo di pace l'ordinamento che avrebbe dovuto avere in guerra, almeno per le grandi unità. Strumento, qu indi, a larga intelaiatura, ricco di quadri e povero di soldati. Una novità di rilievo fu la costituzione dell'Aviazione in Forza Armata autonoma (1923).
Il 4 aprile 1925, la carica di Ministro della Guerra venne assunto dal Capo del Governo dell'epoca, al quale si deve l'ordinamento dell' 11 marzo I 926, che prese appunto il nome di Mussolini. Con tale ordinamento si adottava anche in tempo di pace la divisione ternaria, si conservavano I O corpi d'armata territoriali, ai quali si aggiungevano il Comando Truppe della Sicilia ed il Comando Militare della Sardegna.
Le divisioni territoriali furono 29 e vennero istituiti, presso i comandi delle grandi unità territoriali, anche 30 ispettorati della mobilitazione. Nel 1934 l'Esercito fu riordinato (ordinamento Baistrocchi) ed una delle novità più importante riguardò l'istituzione per i quadri del ruolo Comando e del ruo lo Mobilitazione. Lo scopo di tale innovazione fu quello di differenziare gli ufficiali a seconda dell'attività da essi svolta e dalle attitudini alla vita dinamica del comando di reparto, oppure alla vita sedentaria negli uffici.
Ultimo ordinamento fu quello Pariani, Sottosegretario di Stato al Ministero della Guerra e Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, del dicembre 1938, per il quale l'Esercito fu articolato in 5 co m andi designati d'armata, 17 corpi d'armata, 1 Corpo d'Armata Corazzato, I Comando Superiore T ruppe Alpine, 1 Corpo d'Armata celere, 51 divisioni di fanteria, 22 divisioni motorizzate, 2 divisioni corazzate, 5 divisioni alpine, 3 divisioni celeri, 3 divisioni carabinieri, 1 Comando Truppe di Zara, L Comando Truppe del l'Elba, 13 comandi di difesa territoriale, 28 comandi di zona militare.
La divisione di fanteria rimase fino al 1938 la prima grande unità tattica per eccellenza. Da q uaternaria (2 brigate di fanteria su 2 reggimenti ciascuna ed 1 reggimento di artiglieria divisiona le) fu trasformata in ternaria fin dal tempo di pace nell'ordinamento del 1926 (3 reggimenti di fanteria e l di artiglieria). Nel 1938 la divisione si trasformò da ternaria in binaria (2 reggimenti di fanteria e 1 di artiglieria) e, quindi, perse ogni capacità di manovra per trasformarsi in colonna d'urto e di penetrazione.
In merito alla dottt;irra'\i impiego, le Direttive per l'impiego delle grandi unità nell'attacco e le Direttive per! 'impiego 1delie grandi unità nella difesa, emanate nel settembre 1918, furono sostit u ite dalla pubblicazione Norme generali per l'impiego delle grandi unità del 1928. Tali norme accentuarono il ruolo della manovra e perciò del! 'azione offensiva, ritenuta l'unica a conseguire risultati positivi.
Quanto all'impiego dei velivoli e dei carri armati, le norme, mentre accentuavano la presenza e l'importanza dei primi, contenevano la partecipazione dei secondi in limiti appena poco più ampi di quelli concessi loro dall e direttive , limitandosi a sotto linearne il rendimento nelle fasi di sfruttamento del successo e d'inseguimento.
Nel 1935 vide la luce la pubblicazione Direttive per l ' impiego delle grandi unità, rivolte ai comandanti di grado elevato. Le nuove direttive non seguirono lo sche ma tradizionale delle pubblicazioni precedenti, ma condensarono in poche pagine i "principi fondamentali e costanti" e le "linee generali" di sviluppo della guerra e delle operazioni.
[I Generale Pariani emanò, nel 1938 , la circolare 9000 nella quale tentò di giustificare il passaggio della divisione dalla forma z ione ternaria a quella binaria.
Per quanto concerne i materiali, non si ebbero significativi progressi qualitativi e quantitativi nel campo degli armamenti e degli equipaggiamenti, ad eccezione di una più spinta meccanizzazione del traino nei riguardi dell'artiglieria. Furono progettati nuovi tipi di artiglierie e costruiti vari prototipi ( obici da 75/18, da 210/22, da 149/ 19 e cannoni da 149/40, da 90/ 53 controaerei, da 75/32 a grande gittata).
Solo nell'ottobre del 1938, fu approvato un programma decennale di riarmo e di potenziamento dell'Esercito e si decisero assegnazioni straordinarie per la costruzione, con scadenze nel mese di luglio 1942 e nel me se di giugno del 1943, di un primo blocco di bocche da fuoco moderne, già definite nel 1935-36. Nel 1934 , per la verità, erano state assegnate ai reggimenti dell'arma base il fucile mitragliatore "Breda" 30 e la mitragliatri ce "Breda" 37 , armi automatiche che si riveleranno , specie la prima, non di ottimale rendimento. Per quanto riguarda i carri armati, la produzione fu incentrata sul carro L, di scarse prestazioni motoristiche, di insufficiente corazzatura ed armamento, e fu avviata la produzione di un carro "M" che entrerà in linea nel 1940, quando sarà decisamente superato.
La Seconda Guerra Mondiale
Il 1O giugno 1940 l'Italia, nonostante una generale impreparazione militare, entrò in guerra a fianco della Germania, alla quale era legata da un trattato di alleanza militare.
Alla vigilia dell'entrata in guerra, l ' Esercito Italiano era costituito da ben 51 divisioni in patria e 22 oltremare.
In realtà delle 73 divisioni mobilitate soltanto 19 erano classificate "complete", 34 erano "efficienti ma non complete" (dotazioni e materiali al 100% e personale al 75% degli organici) e 20 erano "poco efficienti" (con lacune nell'armamento e nei materiali, con il 50% degli automezzi e dei quadrupedi, con il 60% del personale). La quantità e la qualità, inoltre, dell'armamento, delle scorte e del personale d'inquadramento era no certamente inadeguate. Gran parte delle artiglierie ri sa liva ancora alla Grande Guerra, i carri armati disponibili erano solo cento, lacunoso era l 'addestrame nto di cooperazione con l'aviazione e quello delle forze meccanizzate al combattimento in campo aperto. Inoltre gran parte della fanteria era ancora appiedata e scarseggiavano gli autocarri destinati al sostegno logistico. La principale mancanza era in ogni modo data dai criteri d'impiego, non in linea con l'evoluzione tecnologica dei tempi, che sottovalutavano le prestazioni dei moderni carri armati, degli aeroplani e degli apparati radio , il cui impiego avrebbe dominato i campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale.
Alla frontiera con la Francia, dopo alcuni gio rni di "guerra non guerreggiata", in aderenza al concetto di mantenere atteggiamenti difensivi, furono svolte piccole operazioni offensive. Preparato in tutta fretta un piano di attacco generale sull'intera fronte, difficile da realizzarsi per la forte organizzazione difen siva sulle Alpi Marittim e e i per ristretti limiti di tempo , le truppe italiane riuscirono a superare soltanto gli avamposti e a prendere contatto con la linea di resistenza principale francese. Le operazioni durarono dal 21 al 24 giugno e costarono complessivamente 36 ufficiali e 606 uomini di truppa morti, 616 dispersi , oltre 2.500 feriti e circa 2.000 congelati.
In Africa settentrionale, il 13 settembre 1940 le trupp e italiane oltrepassarono il confine egiziano puntando su Sidi el Barrani. Scattò così la prima offensiva italiana in Libia, organizzata e diretta dal Maresciallo Graziani.
Gli ingle si, invece di resistere sul ciglione di Sollum, ripiegarono su Sidi el Barrani (a cento chilometri all'interno del territorio egiziano), già saldamente organizzata a difesa, dove gli italiani g iunsero il 16 settembre. All'alba del 9 dicembre gli inglesi contrattaccarono in forze e sorpresero gli Italiani, non ancora pronti a riprendere le operazioni. Le truppe italiane subirono l'urto di due divis ioni corazzate e motorizzate dell'avversario dotate di carri pesanti ed ottimamente addestrate, ma, prima di abbandonare la Cirenaica, difesero strenuamente Tobruk, Bardia e il Gebel, sostenendo un 'ultima battaglia, nei giorni 5 e 6 febbraio, nel sud Bengasino.
I britannici sp insero i loro elementi avanzati verso il confine della Tripolitania, fermandosi sulla linea Agedabia-el Agheila. L'intera IOa Armata di Graziani fu sgominata, con le perdite di oltre 100.000 uomini, in gran parte caduti prigionieri.
Nell'estate del 1940 si trovavano in Albania tre divisioni di fanteria, una alpina, una corazzata e reparti minori per la difesa dei confini.
Nell'ottobre 1940, si era aperto intanto un nuovo teatro d'operazioni in Grecia.
Per l'esecuzione del piano d'invasione del territorio greco, furono inviate in Albania altre tre divisioni. Le operazioni iniziarono il 28 ottobre e, mentre la difesa del Korciano restava affidata al XXVI Corpo d'Armata, le forze rimanenti del XXV C.A . dovevano operare nell'Epiro e sul Pindo.
Nonostante le difficoltà opposte dal terreno, dalla mancanza di vie di comunicazioni e dalle condizioni atmosferiche, che privarono in pratica le truppe di terra dell'appoggio aereo, i reparti italiani avanzarono ord inatamente, penetrando profondamente in territorio greco.
L'esercito greco passò alla controffensiva, costringendo le truppe italiane ad una difficile manovra di ripiegamento. Il 5 novembre le forze greche imposero la ritirata anche alla Divisione "Julia", che maggiormente si era spinta in territorio ellenico.
Le forze italiane, sotto la pressione ellenica, si attestarono progressivamente sulla linea Chimara - Tepeleni - Klisura - lago Ocrida, ben più arretrata del confine. La controffensiva greca proseguì nel corso dell'inverno, consentendo l'occupazione di Klisura eArgirocastro.
Ai primi d'aprile del 1941 la Germania dichiarò guerra alla Jugoslavia ed alla Grecia, venendo incontro alle richieste di aiuto italiane.
Le truppe italiane passarono allora alla controffensiva attuando una manovra avvolgente contro la destra ellenica, mentre le colonne tedesche, provenienti dalla Jugoslavia e dalla Bulgaria, penetrarono nel territorio greco, costringendo il governo di Atene a chiedere l'armistizio.
La campagna, condotta con difficoltà soprattutto dal punto di vista del sostegno logistico, costò all'Esercito Italiano 13.755 caduti, 50.874 feriti e 12.368 congelati.
Altri eventi nel frattempo maturarono nei Balcani.
Il 25 marzo 1941 la Jugoslavia aveva firmato un patto d'adesione al Tripartito. Dopo pochi giorni il Governo fu rovesciato da una congiura militare e la Germania ne trasse immediatamente spunto per iniziare, il 6 aprile, l'occupazion e del Pa ese.
Stretto dalle armate tedesche provenienti dalla Romania, dalla Bulgaria, dalla Carinzia e dalla Stiri a, da forze ungheresi e da reparti italiani, l'esercito jugoslavo fu costretto, il 18 aprile, a cedere le armi. Nel corso di tale operazione, la 2a Armata italiana, partendo dal Friuli e dall'Istria, raggiunse Lubiana e, dopo aver compiuto l'occupazione della Dalmazia sette ntrionale , si spinse verso Mo star e Metkovic, stabi lendo a Ragusa il contatto con le forze provenienti dal!' Albania.
ln Africa settentrionale, intanto, la situazione nella primavera del 1941 era migliorata, grazie soprattutto alla decisione tedesca di inviare in Libia un corpo di spedizione. Erano infatti sbarcate a Tripoli, oltre alla Divisione Corazzata "A riete " e alla Divisione Motorizzata "Trento", nel successivo febbraio , la Sa Divisione tedesca al comando del Generale Rommel e in marzo la 15a Divisione Corazzata tedesca. Un attacco di sorpresa, effettuato il 20 marzo contro il presidio britannico di El
Grandi Unit Al 10 Giugno 1940 E Successive Costituzioni Fino Al Settembre 1943
N B. - I terzi reggi ment i della serie 300 delle Di vis ioni di Fant er ia sono sta ti cos tituiti conflitto durante, a parti re dal 194 1. Non sono com prese le Di visioni e le Brigate Costie re, le Brigate speci al i e di marcia.
ANNO DIVISIONE TIPO O SPECIALITÀ REGGIMENTI COSTIT. SCIOGL. FANTERIA
1937 1941 "Cirene" (63a)
Autotrasport. Tipo A.S. 157°, 158° "L iguria"
1939 1943 "Firenze.. (41a) Fanteria 127°, 128° "Firenze"
1939 1944 "Bari"' (47 a) Fanteria 139°, 140°, 340° "Bari"
1939 1943 "Siena · (51a) Fanteria 31 °, 32° "Siena"
1940 1941 "Catanzaro" (64 a) (I) Autotrasport. Tipo A.S. 141 °, 142° "Catanzaro"
1940 1941 "Africa'' (in AOI) Fanteria 210° "Bisagno", 211° "Pescara"
1936 1941 "Granatieri di Savoia" (in AOI) Fanteria I0°, 11 ° "Granatieri di Savoia"
1940 1941 "la Libica" Libica I0 2° raggruppamento libico
1940 1941 "i Libica" Libica 3°, 4° raggruppamento libico
1939 1941 "23 Marw" (I a) CC.NN. o Milizie 219°, 233° Legione CC.NN.
1939 1941 "28 Ottobre" (i) CC.NN. o Milizie 231 °, 238° Legione CC.NN.
1939 1940 "3 Gennaio" (4a) CC.NN. o Milizie 250 °, 270° Legione CC.NN.
1939 1943 "Trieste" (1OIa) Motorizzata 65°, 66° "Valtellina" - 9° Bersaglieri
1935 1942 "Trento" (I Oi8) Motorizzata 61 °, 62° "Sicilia" - 7° Bersaglieri
1939 1943 "Centa uro" (131a) Corazzata I0 , 5° Bersaglieri-31° Fanteria Carrista
1939 1942 '"Ariete" (13i) Corazzata 8° Bersaglieri - 32° f.cr.· (sosl dal 132° f.cr.)
1939 1942 "Littorio" (133a) Corazzata 12° Bersaglieri - 33'f.cr.{sost dal 133'f.cr.)
1935 1943 "Tau rinense" ( Ia) Corazzata 3°, 4° Alpini
1935 1943 "Tridentina" (i) Alpina 5°, 6° Alpini
1935 1943 "Ju lia" (3a) Alpina 8°, 9° Alpini
1935 1943 "Cuneense" (4a) Alpina I0 2° Alpini
1936 1943 "Pusteria" (5a) Alpina 7°, 11 ° Alpini
1934 1943 "Eugenio di Savoia" ( Ia) Alpina "Alessandria"."Saluzzo". J IO Bersag li eri
1934 1942 "Eman. Filiberto Testa di Ferro·'(i) Celere "Firenze"-"Vit. Eman. 11"· 6° b.
1942 1942 "Eman. Filiberto Testa di Ferro•· (134a) Celere (2) "\lit. Eman. Il "· '·Montebello" (da giu.)
1942 1943 "Eman. Filiberto Testa di Ferro" (i) Corau.ata (3) "Nizza" - "P iemonte" - '"Genova" - 1° b.
1934 1943 ·'Principe Amedeo Duca d"Aos ta"( 33) Celere "Savo ia" - "Novara" - 3° Bersaglieri
194 1 1943 '"Perugia" (15 Ia) da occupazione 129°, 130° "Perugia"
194 1 1943 "La Spezia" (80a) aviotrasportabile 125°, 126° "La Spezia"
1941 1943 "Macerata" ( 153a) da occupazione I21 °. 122° "Macerata"
1941 1943 "Murge" (154a) da occupazione 259°, 260° "Murge" l941 1943 "Alpi Graie" (6a) Alpina trl, IV gr. Valle (nel 194211 eIVgr., nel 19431 e IV gr)
1941 1943 "Emilia" ( I 55a) da occupazione 119°, 120°"Emilia"
1942 1945 "P iceno" ( I si) da occupazione 235°, 236°, 336° "Piceno"
1942 1943 "Veneto" (15i)(poi"Torioo" 01.06.43) da occupazione 255°. 256° "Veneto"
1942 1943 ''Vicenza" (156a) da occupazione 277°, 278° "Vicenza"
1942 1943 'Novara" (I5fHpoi "Sforzesca'" 01.06.43) da occupazione 153°, 154° "Novara"
1942 1943 "Piacenza" ( I03a)
1942 1944 ''Mantova" ( IOi)
1942 1943 "Rovigo" ( l 05a)
1942 1942 "Fo lgore" ( I 85a)
Autotrasport. 111 °, 112° "Piacenza"
Autotrasport. 113°, 114° "Mantova"
Autotrasport. 227°, 228° "Rovigo"
Paracadutisti poi Fanteria 185° (fino set. 1942), 186°, 187° "Fo lgore"
1942 1943 "Zara" (158a) da occupazione 29 1°, 292° "Zara"
1942 1944 "Nembo" (184a)
Paracadutisti poi Fanteria 184°, 185° "Nembo"- 183° (dal 1943)
1942 1943 "Giovani Fascisti" (136a) Corazzata rgt. GG.FF.- 8° Bersaglieri - 1° Fan1. Carrista
1943 1943 "Ariete" (135a)
Corazzata di Cavalleria ··Vit. Eman.11" - ''Montebello··- "Lucca"
1943 1943 "Centauro" ( 136a) Legionaria Corazzata 136° Legionario Corau.ato -1 8' Bers. (R.E.Co.)
( 1) Formata nel maggiol940 con elementi della disciolta Divisione CC.NN. "2 1aprile" (3\
(2) Ne l 1938, per periodi vari, inquadra anche "Piemonte" e "Genova" Caval leria.
(3) Da maggio a luglio 1942.
Agheila, ebbe tale successo che Rommel decise di spingere a fondo l'offensiva. L'azione proseguì, quindi, con la 5a Divisione Corazzata tedesca, che entrò a Bengasi (8 aprile), e con la Divisione "Ariete", che contribuì alla distruzione a El Mechili della 2a Divisione corazzata britannica e della III Brigata indiana. Un gruppo di combattimento della Divisione "Brescia" era frattanto giunto a Derna.
L' 11 aprile reparti tedeschi, della "Brescia", del I'"Ariete" e della "Trento" circondarono Tobruk, difesa dalla 9a Divisione australiana. Ripetuti tentativi di conquistare Tobruk fallirono. L' Armata britannica contrattaccò il 15 giugno, ma fu respinta e la battaglia, detta di Sollum, si concluse il 17 con una netta sconfitta per gli Inglesi.
Nel corso del 1941, la situazione precipitò, invece, in Africa orientale. Alla data del 1O giugno l'Esercito Italiano in Africa orientale disponeva di 255.000 uomini ( 181.000 coloniali e 74.000 nazionali). Mancavano quasi del tutto i carri armati e le armi controcarro; i mezzi di trasporto erano insufficienti e difettavano di parti di ricambio, di pneumatici e di ogni sorta di rifornimenti, impossibilitati a giungere dall 'ltalia per il blocco inglese del Canale di Suez.
Iniziata la guerra, furono occupate alcune località oltre il confine e, fra queste, Cassala e, nell'agosto, avvenne la conquista della Somalia britannica.
Gli italiani, prevedendo prossima una duplice offensiva sui due fronti dell'Eritrea e della Somalia, arretrarono sulla linea Cherù -Aicotà che offriva, per il terreno montano, migliori condizioni per la difesa.
L'attacco britannico alle nuove posizioni ebbe inizio il 20 gennaio; respinto a fatica nelle giornate del 21 e del 22 fu reiterato il 23 e gli italiani decisero di ritirare le truppe sulle posizioni di Agordat, dove, dal 27 al 30 gennaio, fu combattuta una battaglia che si concluse il 31 gennaio con la ritirata su Cheren. Qui per 58 giorni fu arrestata la marcia dell'esercito del Generale Platt.
In Somalia le truppe, schierate su un fronte di circa 500 km, erano state ripartite in due divisioni: la !Ola sul medio e la 102a sul basso Giuba. Nel gennaio 1941 le forze britanniche radunate in Kenia iniziarono l'offensiva, sviluppando lo sforzo principale sul basso Giuba e giungendo a Mogadiscio il 26 febbraio, mentre i resti delle truppe italiane ripiegavano verso nord, occupando le posizioni fra Barrar e Giggiga. Dopo un'ultima onorevolissima resistenza a Passo Marda, gli italiani ripiegarono ancora in direzione di Addis Abeba.
Il 6 aprile, la I Brigata sud-africana entrò in Addis Abeba già sgomberata dalle truppe italiane.
Il 1° maggio il Viceré Amedeo d'Aosta riparò sull'Amba Alagi, dove era stata organizzata l'estrema difesa. Le forze britanniche attaccarono da nord e da sud, sostenute dal fuoco di artiglierie e da attacchi aerei, e così il 19 maggio 1941 fu firmata la resa. Gondar, l 'ultimo caposaldo in A.O.I., cadde il 28 novembre 1941.
Le perdite dell'Esercito Italiano in Africa orientale furono di 5.211 caduti e di 6.947 feriti nazionali; non é stato possibile accertare le perdite dei reparti coloniali, certamente di molto superiori. Nell'estate del 1941, intanto, si apriva un altro fronte: la Germania invadeva la Russia e anche truppe italiane partecipavano all'operazione Barbarossa. Il "Corpo di Spedizione Italiano in Russia" (CSIR), al comando del Generale Messe, entrò in linea tra il 10 e il 12 agosto, con le Divisioni " Pa subio", "Tori no" , il 3° Celere ed un battaglione chimico, per un totale di 62.000 uomini, 5.500 automezzi e 83 aeroplani. Mandato sul fronte ucraino a far parte dell'XI Armata, nella quale operavano anche ungheresi e romeni, dal 6 settembre il CSIR assunse la responsabilità di un settore sul Dnieper, dove era attestata una prima linea difensiva russa. Il Corpo partecipò subito, l' 11 agosto, alla battaglia d'annientamento delle forze sovietiche rimaste fra i fiumi Dniestr e Bug, denominata "battaglia dei due fiumi". fl mese successivo, tra il 28 ed il 30 settembre, le truppe italiane svolsero un'azione di accerchiamento culminata a Petrikovka, dando così valido appoggio alla "battaglia del Dnieper", che portò alla conquista di Kiev da parte delle forze dell'Asse.
Fra il 13 ed il 29 ottobre, inquadrato nella la Armata Corazzata tedesca, il CSIR conquistò il bacino minerario del Do nez.
Alla fine di novembre 1941, i russi iniziarono una grande offensiva sull'intero fronte, dal Mar d'Azov al Golfo di Finlandia.
Nelle giornate del 25, 26, 27 dicembre, tre divisioni di fanteria e tre di cavalleria russe attaccarono violentemente le posizioni della 3a "Celere", puntando su Stalino e minacciando tutto lo schieramento della la Armata Corazzata tedesca. Dopo aver contenuto l'attacco, le forze del CSIR passarono al contrattacco, conquistando migliori posizioni.
Il rigore dell'inverno impedì che le operazioni procedessero oltre il bacino del Don, allontanando la prospettiva di giungere a Mosca. Int anto l'Asse definì gli obiettivi strategici, indicati nei giacimenti petroliferi del Cau caso e del Mar Caspio. L'offensiva tedesca del 1942, mirando al perseguimento di tali obiettivi, guadagnò l'ansa del Don e raggiunse Stalingrado.
Per sopperire al logoramento delle truppe e per richiesta esplicita della Germania, le forze italiane furono incrementate con l'invio dell'8a Armata. L' ARMIR (Armata Italiana in Russia), composta dai Corpi d'Armata XXXV (CSIR) e II e dal Corpo d'Armata Alpino, per un totale di 10 divisioni al comando del Generale Gariboldi.
L'ARMIR avanzò per tutta l'estate e l 'autunno 1942 in Ucraina, fino a raggiungere le rive del Don, dove si attestò a difesa lungo una fronte di 270 chilometri.
Le truppe italiane subirono quindi la controffensiva invernale sovietica per la liberazione della città di Stalingrado e l'Armata italiana, disposta su uno schieramento a maglie molto larghe, priva di riserve e scoperta sul fianco a causa della rotta della contermine armata romena , non resse l'urto inflitto, tra 1'11 dicembre 1942 ed il 31 gennaio 1943, dai sovietici con l'operazione "Piccolo Saturno"; fu perciò necessario iniziare il ripiegamento tra mille difficoltà logistiche e di trasporto. Le divisioni alpine, che presidiavano il fianco sinistro dello schieramento, furono, a metà gennaio, le ultime a essere investite, ma poi anch'esse, dopo eroici combattimenti, si unirono al ripiegamento degli altri reparti italiani. A differenza delle truppe tedesche, che erano dotate di automezzi efficienti, quelle italiane viaggiarono prevalentemente a piedi tra la neve ed il ghiaccio per circa 600 chilometri. Tormentate dagli attacchi nemici, indebolite dalla grave mancanza di viveri, riusciranno a completare il rimpatrio solo nel maggio 1943.
La spedizione in Russia, che costituì per l'Esercito il più grande disastro della 2a Guerra Mondiale, costò, secondo i calcoli più attendibili, 89.838 caduti e dispersi e 43.282 feriti e congelati. I sovietici restituirono successivamente 10.030 prigionieri.
In tanto nel 1941 , durante l'estate e l'autunno, erano giunti in Africa settentrionale uomini e materiali per ricostruire e completare le grandi unità italiane. Il Comando italiano in Africa settentrionale s i proponeva di eliminare la piazza di Tobruk e nel mese di novembre l'Armata italo-tedesca era pronta per l 'attacco alla piazzaforte. Ma anche gli inglesi si erano notevolmente rinforzati.
L'offens iva in g lese in Cirenaica del 18 novembre 1941 precedette l'attacco italo-tedesco. L'8a Armata britannica avanzò in Marmarica in direzione di Tobruk accerchiando le forze del)' Asse. Le divisioni dell'Armata italo-tedesca erano per la maggior parte schierate per il preventivo attacco a Tobruk; s ul ciglione dell'Halfaya e dinnanzi a Sollum vi erano solo la Divisione "Savona" e la Divisione tede sca di formazione "Z" La battaglia della Marmarica pertanto ini ziò in una situazione sfavorevole per le forze dell'Asse. In quattro giorni di duri combattimenti le Divisioni 7a Corazzata britannica e la austra liana giunsero a Sidi Razegh, a 20 km dalla linea di assedio di Tobruk, incuneandosi fra la Divisione "Ariete", che aveva mantenuto il possesso di Bir el Gobi, e le Divisioni 15a e 2 la Corazzate tedesche.
Nel pomeriggio del 22 novembre fu presa la decisione di sferrare una controffensiva s ui due fianchi del nemico. La manovra ebbe, all'indomani, un successo tale che diede a Rommel l'illusione di aver annientato le forze corazzate britanniche e g li fece intraprendere una corsa verso o ri ente. Incontrò, però, inattese resistenze dalle divisioni britanniche, che, riordinatesi, ripresero, con rinnovato vigore, l'attacco in direzione di Tobruk, la cui guarn ig ion e effettuò una sortita contro il settore tenuto dalla "Bologna". La resistenza delle divisioni che assediavano Tobruk non impedì che la guar- nigione prendesse contatto con le divisioni avanzanti in Marmarica. Quando si rese conto di quanto stava accadendo, Rommel intraprese un'azione controffensiva che non ottenne il risultato sperato e allora decise di ritirarsi, sgomberando la Cirenaica fino alla linea Marsa el Brega - Marada sulla quale si attestò il 10 gennaio 1942. Rommel, però, non disarmava e ricevuti i rifornimenti di mezzi ed armi, il 21 gennaio, passò nuovamente all ' attacco. Colte di sorpresa, in fase di riorganizzazione, le truppe britanniche dovettero ben presto arretrare di fronte alla manovra aggirante delle forze corazzate italo-tedesche, che il 29 gennaio rioccuparono Bengasi. All'inizio di febbraio, gran parte della Cirenaica era stata riconquistata. Le truppe dell'Asse dilagarono ormai nelle retrovie degli inglesi, che furono costretti ad abbandonare Tobruk lasciando in mani tedesche un ricchissimo bottino di guerra e migliaia di prigionieri.
Gli inglesi si ritirarono ulteriormente senza farsi agganciare e il mattino del 30 giugno 1942 le scarse ed esauste forze di Rommel si arrestarono ad El Alamein, in territorio egiziano, dove era schierata l' ultima linea difensiva inglese prima del Nilo.
Dal 1° al 27 luglio le truppe italo-tedesche cercarono invano di superare la resistenza britannica e la prima battaglia di El Alamein risultò inutile a raggiungere tale scopo.
Rommel tentò, per l'ultima volta, di spezzare la resistenza avversaria con la seconda battaglia di El Alamein, detta di Alam Haifa (30 agosto-5 settembre 1942), ottenendo un altro insuccesso. Grazie alle cospicue forniture di armamenti americani, gli inglesi poterono nel frattempo ripianare le enormi perdite subite, mentre le truppe dell'Asse lamentavano la mancanza di materiali essenziali, a causa degli affondamenti di navi da carico inflitti nel Mediterraneo dalle forze aeronavali alleate di base ali' isola di Malta.
Il 24 ottobre 1942 gli inglesi sferrarono l'offensiva "Lightfoot", terza battaglia di El Alamein. Nonostante la potenza e la superiorità dell'attacco britannico, la resistenza dell'Armata italotedesca durò l O giorni , al termine dei quali Rommel decise di ritirarsi entro i confini della Libia. In questo episodio le Divisioni Corazzate "Ariete" e "Littorio" furono annientate e la Paracadutisti "Folgore" e quelle di Fanteria "Trento", " Bologna", "Pavia" e "Brescia", furono in gran parte disperse, dopo un'eroica resistenza.
L'avanzata dell'8a Armata fu lenta e circospetta, Montgomery entrò a Tripoli solo il 23 gennaio 1943. Intanto un'armata americana, al comando di Eisenhower, sbarcò, 1'8 novembre, sulle coste francesi dell'Africa nord-occidentale. Le forze del l'Asse, ormai circondate, si rit irarono oltre il Golfo della Sirte, proseguendo per tutta la Tripolitania fino in Tunisia, dove Rommel si consolidò con i 15.000 italo-tedeschi sbarcati in quei giorni. Per alcuni mesi si combatté ancora una guerra sostanzialmente di posizione, con la la Armata italiana del Generale Messe che, mentre frontegg iava l'8a Armata inglese, fu costretta a risalire nella zona tra Biserta e Tunisi per rinforzare la 5a Armata tedesca, impegnata fortemente da ovest dalle forze dell'U.S. Army. Le forze italiane sostennero una serie di brillanti battaglie difensive sulle linee del Mareth (16-22 marzo), Schotts (5-6 aprile) ed Enfidaville ( 19-30 aprile e 11 maggio). La conquista alleata di Tunisi, il 7 maggio, sancì la fine della presenza italiana in Africa.
Con la perdita dell'Africa settentrionale e del dominio sul Mediterraneo centrale, l 'Asse non poteva difendere adeguatamente l'Europa meridionale, lasciando esposte le coste e le isole ita liane alla potenza aeronavale alleata.
Lo sbarco in Sicilia, seguito dalla conquista di Pantelleria e Lampedusa il 12 giugno 1943, fu la prima grande operazione anfibia della Seconda Guerra Mondiale. Nonostante il divario di forze, la resistenza delle forze italo-tedesche durò 38 giorni. Il 1O luglio, sbarcarono su 150 km di spiaggia siciliana, preceduti da intensi bombardamenti, ingenti fanterie, artiglierie e carri armati alleati.
Le scarse forze mobili italo-tedesche contrattaccarono invano le teste di sbarco avversarie. Nella notte dall' 11 al 12 luglio, fu ordinato l'arretramento delle forze su una linea più arretrata. L'8a Armata, arrestata nella piana di Catania, cercò di conquistare Messina con un inutile lancio di paracadutisti. Per riprendere l'offensiva, gli inglesi attesero l'arrivo di rinforzi. La 7a Armata americana, che era giunta a Palermo, avanzò verso la linea Santo Stefano-Nicosia. Fino al 26 luglio, il XIV Corpo tedesco mantenne le posizioni difensive, ma dalla sera del 27 luglio iniziò a ritirare la 15a Divisione. li Comando Supremo tedesco, in seguito al mutamento di governo a Roma, aveva infatti ordinato di sgomberare l'isola, riportando sul continente la totalità delle forze.
Le forze italiane, rimaste sole, non sarebbero state in grado di opporsi agli alleati.
La ritirata richiese duri combattimenti. Lo sgombero dell'isola fu ultimato il 17 agosto all'alba. Altri 4.678 soldati italiani morirono nella disperata resistenza per difendere il territorio nazionale
Il Governo italiano, presieduto da Badoglio, constatata l'assoluta impossibilità di continuare l 'impari lotta, prese contatto con gli alleati per concludere un armistizio, stipulato il 3 settembre e reso pubblico 1'8 di settembre. Gli alleati, intanto, attuando piani previsti da tempo, sbarcarono il 3 settembre a Reggio Calabria ed il 9 settembre a Salerno ed a Taranto.
I tedeschi, a ll 'annunzio dell'armistizio, procedettero all'occupazione dell'Italia settentrionale e al disarmo delle Forze Armate italiane. Molti reparti dell'Esercito reagirono con le armi ali 'aggressione tedesca sia sul territorio nazionale sia all'estero. I fatti d'arme di maggior rilievo si verificarono al Moncenisio, a Boves, nel Trentino, a Tarvisio, a Gorizia, a La Spezia, in Toscana, nei press i di Roma, a Bari. All'estero, quelli condotti in Corsica, a Cefalonia e Corfù, in Montenegro, in Balcania, in Albania, in Tessaglia e nelle isole dell'Egeo.
Dalle forze ancora efficienti dell'Esercito, presenti nel territorio della penisola liberato dagli anglo-am e ri cani, furono tratte le unità che dal dicembre parteciparono, inquadrate nelle file degli eserciti alleati, alle operazioni di guerra contro i tedeschi.
Fu inizialmente costituito il 1° Raggruppamento Motorizzato italiano, composto da 5.000 uomini , che s i distinse nella conquista di Montelugo (8 e 16 dicembre) ed in quella di Monte Marrone (31 marzo 1944). Seguì la formazione del Corpo Italiano di Liberazione (CIL), che operò dall'aprile all'agosto 1944, con un ordinamento corrispondente a quello di un corpo d'armata ed una forza di circa 30.000 uomini, prevalentemente nell'Italia centrale. Sciolto il CIL, furono organizzati i Gruppi di Combattimento "Cremona", "Friuli", "Folgore", "Legnano", "Mantova" e "Piceno" -vere e proprie divisioni con una forza complessiva superiore ai 50.000 uomini - i primi quattro dei quali parteciparono alle operazioni della primavera del 1945, che portarono allo sfondamento definitivo della "Linea Gotica" ed alla completa disfatta delle forze tedesche dislocate in Italia. Un grande apporto alla Guerra di Liberazione fu fornito anche dalle divisioni ausiliarie che, con la loro efficienza e dignità anche nello svolgimento delle mansioni più umili, fornirono un prezioso contributo agli alleati sollevandoli da gravosi impegni logistici e di sicurezza.
In ultimo, non certo per importanza, la partecipazione alla resistenza armata di gruppi di militari e s ingoli ufficiali, sottufficiali e so ldati , che costituirono con altri patrioti formazioni partigiane o entrarono a far parte di quelle sorte per in iziativa dei comitati locali.
L'ap porto degli uomini dell'Esercito nelle formazioni del Corpo Volontari della Libertà e quello dell 'o rgani zzazione di missioni e di aviolanci promossa e curata dallo Stato Maggiore Generale del Regno del Sud, furono validissimi e contribuirono tangib ilm ente alla condotta di quella lotta partigiana che, dal settembre 1943 all'insurrezione generale dell'aprile 1945, in montagna, in pianura, nelle città, agevolerà in concreto lo sforzo alleato per la liberazione del nostro paese.
All'estero, pur nell'ambiente ostile nel quale operavano, si costituirono e combatterono fino al 1945 molte unità, tutte costituite da militari it al iani , alcune anche - almeno inizialmente - nelle regolari forma z ioni organiche. Tra queste: la Divisione italiana "Garibaldi", costituitasi dalle Divisioni di Fanteria "Ve nezia" e Alpina "Taurinense", che operò a fianco dell'esercito popolare jugoslavo; la Brigata d'A ssa lto "Italia", anch'essa operante in Jugoslavia, il Battaglione "Gramsci", formato si in Albania con i superstiti di due battaglioni di fanteria, che partecipò alla battaglia di Tirana, il "Comando Truppe da Mon tagna" le cui formazioni combatterono a fianco degli Albanesi fino alla conclusione della guerra.
1943-45 GUERRA DI LIBERAZIONE
l RAGGRUPPAMENTO MOTORIZZATO (8 dicembre 1943):
67° reggimento fanteria su 3 btg. dei quali uno dello s tesso 67°, uno del 93° fanteria, LI bersaglieri (d'istruzione A.U.C.);
- reggimento artiglieria motorizzato su 2 gr. da 75/18 dell'll 0 artiglieria, CCCXIV gr. da 100/22, Xll gr. da 105/ 28, btr. da 20 mm. dell'll 0 ;
- V battaglione controcarri, una compagnia mista genio, una sezione carabinieri, servizi.
I RAGGRUPPAMENTO MOTORIZZATO (febbraio 1944):
- 68 ° reggimento fanteria su 2 btg.;
- reggimento bersaglieri su XIX e XXXIII btg.;
- battaglione paracadutisti, battaglione alpini con btr. someggiata, battaglione arditi;
- immutati reggimento di artiglieria e reparti del genio.
CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE (C.I.L.) (dal 17 aprile 1944):
- comando;
- Divisione "Nembo" su: 183° e 184° reggimento (a formazione binaria), reggimento artiglieria (su 2 gruppi), battaglione guastatori, compagnia motociclisti, compagnia mortai da 81, compagnia minatori, compagnia collegamenti, servizi;
- I Brigata: 4° reggimento bersaglieri (XIX e XXXIIl btg.), 4° reggimento alpini (btg. Piemonte e Monte Granero), CLXXXV btg. paracadutisti, gruppo artiglieria someggiata da 75/13;
- Il Brigata su: 68° reggimento fanteria (su 2 btg.), battaglione marina " Bafile", IX reparto d'assalto, gruppo artiglieria someggiata da 75 / 13;
- ll 0 reggimento artiglieria (su 5 gr. ed una btr. da 20 mm.);
- un gruppo da 149/ 19, LI battaglione misto genio, servizi.
GRUPPI DI COMBATTIMENTO (dal settembre 1944):
"C REMONA" : 21 ° e 22° fanteria, 7° artigl ieria, CXLIV BTG. misto genio, servizi;
"F RIULI ": 87° e 88° fanteria (quest'ultimo con un btg granatieri), 35° artiglieria, un btg. misto genio, servizi;
"FOLGORE": rgt. paracadutisti ''Nembo", rgt. marina "S. Marco", un rgt. artiglieria, CLXXXIV btg. misto genio, servizi;
"LEGNANO": 68° fanteria (con il btg. d'assalto "Col. Moschin"), rgt. fanteria Speciale (sui btg. alpini ''Piemonte" e "Abruzzi", btg. bersaglieri "Goito"), II° artiglieria, LI btg. misto genio, servizi;
"MANTOVA": 76° e 114° fanteria, 11 ° artiglieria, CIV btg. misto genio, servizi;
"PICENO": 235° e 236° fanteria, 152° artiglieria, CLII btg. misto genio, servizi. Il gruppo assume le funzioni di Centro Addestramento Complementi per Forze Italiane di Combattimento e nel febbraio 1946 si scioglie per dare vita alle Scuole Centrali delle Varie Armi.
Inoltre , 5 " divisioni " inserite con mansioni preminentemente logistiche, nelle Armate 5° americana e 8° britannica, operano sia in prima linea sia nelle retrovie - con altre minori unità anche esse direttamente dipendenti dai comandi alleati - con un totale di 200.000 uomini.
Del 1975
Al termine della 2a Guerra Mondiale l'Esercito Italiano era rappresentato dai Gruppi di Combattimento, (cinque divisioni) che avevano operato nell'ambito delJa 5a Armata americana e dell'8a britannica, e da altre unità, anch'esse direttamente dipendenti dai comandi 'alleati. Quest'ultimo complesso di forze contava oltre 200.000 uomini.
Inoltre si aggiungeva un importante nucleo costituito da tre divisioni per la sicurezza interna, direttamente dipendenti dal Ministero della Guerra, con armamento esclusivamente italiano e dislocate una in Sardegna e due in Sicilia.
La Missione Militare Alleata emanò, il 14 novembre I 945, una direttiva fondamentale che indica va l'ordinamento dell'Esercito detto di Transizjone. All'Esercito Italiano fu imposta una struttura, che doveva rimanere in vigore fino alla conclusione del trattato di pace, basata su quattro elementi principali: le riserve mobili e locali (90.000 uomini) articolate in 3 divisioni di ' sicurezza interna, 1O reggimenti di fanteria, di cui 3 alpini, 5 divisioni di fanteria binarie (già Gruppi di Combattimento) ; l'Organizzazione Centrale e 11 comandi territoriali (9.000 uomini); l'Amministrazione (organi ed unità dei servizi): 31.000 uomini e l'Addestramento e Complementi (Centro Addestramento Complementi di Cesano e Scuole Militari) su 10.000 uomini.
La struttura ordinativa non comprendeva 65.000 carabinieri impiegati sia nei servizi territoriali sia nell'ambito dell'Esercito.
La direttiva, dopo la definizione degli organici particolareggiati, diede luogo alla prima normati va organica del dopoguerra, diramata dalla Stato Maggiore dell'Esercito nel marzo I 946.
Alle dirette dipendenze dell'Organizzazione Centrale, destinata entro circa un anno a confluire nell'ambito del nuovo Ministero della Difesa, furono costituiti undici comandi militari territoriali, con giurisdizioni analoghe a quelle dei preesistenti comandi di corpo d'armata del tempo di pace.
Da ciascun Comando Militare Territoriale (C. M. T.), dotato degli organi direttivi dei vari servizi, dipendevano le unità, gli enti logistici e amministrativi e gli uffici con sede nel territorio di competenza. Novità assoluta per l'Esercito Italiano era l'istituzione, alle dipendenze di ciascun C. M. T., di un centro addestramento reclute (C. A. R.) a livello reggimentale, con la funzione di sgravare le unità operative dai compiti connessi con le prime fasi addestrative dei militari di leva.
L'organizzazione operativa era costituita dalle grandi unità già esistenti, cioè dalle divisioni di fanteria, nuova denominazione assunta dai Gruppi di Combattimento "Cremona", "Legnano", "Folgore", "Friuli" e ''Mantova", e dalle tre divisioni per la sicurezza interna.
Per assicurare una certa presenza di unità operative in tutto il territorio nazionale , ad ogni Comando Militare Territoriale fu assegnato un reggimento di fanteria non indivisionato, ad eccezione di quello della Sicilia dal quale dipendevano due divisioni per la sicurezza. I dieci reggimenti, di cui tre alpini, ripresero numero e tradizioni di unità dal passato particolarmente glorioso.
L'Accademia Militare di Lecce, le Scuole Centrali Militari, con comando a Cesano, la Scuola di Applicazione di Sanità Militare di Firenze, le dieci scuole delle varie armi e servizi e gli undici
C. A. R costituivano l'organizzazione addestrativa.
Alcune unità restarono ancora alle dipendenze degli alleati: 1 divisione ausiliaria, 6 raggruppamenti e 2 gruppi battaglioni.
Nel corso dello stesso anno 1946, le tre divisioni per la sicurezza interna furono trasformate in altrettante brigate, su due reggimenti di fanteria ed un gruppo misto di artiglieria, con i nominativi di "Aosta", "Reggio" e "Calabria"; l'Arma di Cavalleria, ancora ufficialmente esclusa dalla ricostruzione dell'Esercito, riprese vita con l'assegnazione ad ogni divisione di fanteria di un gruppo di squadroni esplorante, montato su cingolette. Nel febbraio 1947, allorché fu firmato il trattato di pace di Parigi , l 'Esercito di Transizione era ormai completato. Le clausole militari del trattato di pace consentivano all'Esercito una forza, esclusi i carabinieri, di 185.000 uomini, 40.000 in più rispetto alla fase di transizione. Restavano tuttavia i limiti obiettivi rappresentati dal critico bilancio dello Stato e dai pesanti oneri postbellici.
Ad ogni modo, gradualmente si ampliò tutto l'Esercito.All'inizio del 1948 fu ricostituita, su formazione ternaria, ma con artiglieria momentaneamente ridotta ad un solo gruppo, la Divisione di Fanteria "Granatieri di Sardegna", per assicurare il presidio della Capitale, che si affiancava alla Divisione "Aosta", creata in Sicilia a seguito della fusione delle Brigate "Aosta", "Reggio" e "Cala. bria". Nello stesso periodo furono istituite la Scuola Allievi Ufficiali di complemento di Lecce, nei locali già occupati dall'Accademia Militare trasferita nell'antica sede di Modena, e la Scuola Allievi Sottufficiali di Spoleto.
Le Truppe Corazzate ripresero la loro attività con il Centro di Carrismo, poi I Battaglione Carristi, e con la Scuola Autoblindo, affidata all'Arma di Cavalleria. I paracadutisti riaprirono la loro sc uola di Viterbo. Anche l'Artiglieria ed il Genio videro rinascere molte delle loro specialità. Si formò, poco dopo , il primo nucleo della Brigata Corazzata "Ariete", che assorbì i reparti carristi.
Alla fine del 1948 l' Esercito aveva raggiunto una fisionomia organica ritenuta sufficientemente idonea alla difesa interna del territorio in concorso alle Forze di Polizia, ma non ancora in grado a salvaguardare i confini nazionali.
Nel 1949 l 'adesione dell'Italia al Patto Atlantico aprì una nuova fase di sviluppo, grazie all'incremento delle spese per la difesa e al piano di aiuti militari varato dagli Stati Uniti.
Superate le limitazioni stabilite dal trattato di pace, la struttura organica dell'Esercito assunse una nuova fisionomia basata su dieci divisioni di fanteria, su formazione ternaria, due brigate corazzate (da trasformare successivamente in divisioni), cinque brigate alpine, oltre a numerose unità di supporto di vario tipo. All'istituzione dei comandi integrati NATO di scacchiere, fece riscontro la ricostituzione di grandi unità complesse, per prime il IV e il V Corpo d'Armata, destinate a inquadrare i reparti dislocati nelle regioni nord-orientali. Nelle zone di confine con l'Austria e la Juguslavia furono allestiti tre ordini di linee di fortificazione permanente a sbarramento delle principali vie di facilitazione alla pianura veneto friulana, presidiate dalla specialità della fanteria d'arresto.
La trasformazione delle grandi unità elementari, basate sul la adozione del materiale di produzione statunitense (in sostituzione di quello di provenienza inglese), fu attuata negli anni immediatamente successivi, mentre restarono sostanzialmente immutati il sistema dei comandi territoriali e l'organizzazione addestrati va.
In quel periodo, lo scenario strategico internazionale fu caratterizzato dalle prime armi atomiche tattiche. Tutti gli eserciti dovettero adeguare alle nuove esigenze la dottrina d'impiego, gli organici e gli armamenti.
I mezzi corazzati, ritenuti più idonei ad agire in ambiente atomico, acquistarono una nuova importanza e, di conseguenza, anche le armi controcarro.
Anche l'Esercito Italiano si sforzò di adeguarsi alle nuove esigenze. Ai carri armati "Sherman" si affiancarono e poi si sostituirono i più moderni e potenti "Pershing" M26 e, negli anni successivi, i "Patton" M47. Gli obsoleti carri leggeri "Stuart" furono sostituiti dagli M24 ed i reparti bersaglieri delle grandi unità corazzate furono montati su autocarri semicingolati. L'Artiglieria venne dotata da semoventi.
Altro notevole passo sulla via dell'ammodernamento della Forza Armata fu la creazione di una Aviazione per l 'Esercito.
Il 1O marzo 1951 fu, infatti , costituito a Bracciano, presso la Scuola di Artiglieria, il primo Reparto dell'Aviazione Leggera (RAL) dell'Esercito che, montato su biposto " Pi per" L-18, assolveva il compito di osservazione e guida del tiro. Il RAL si trasformò in Centro Addestramento per I ' osservazione aerea di artiglieria, con il compito di istruire piloti e specialisti per costituire le Sèzioni Aerei Leggeri (SAL) dei comandi divisioni e dei reggimenti corazzati e di artiglieria.
Nel I 954 cominciarono ad essere introdotti i "P iper" L-21 e, nel 1956, i primi elicotteri "Augusta-Beli" 47. Nel 1958 l'ente addestrativo si trasferì a Viterbo, trasformandosi in Centro Adde- stramento Aviazione Leggera dell'Esercito (A.L.E.). Nacque così l'Ispettorato dell' ALE e con questo u n a nuova specialità dell'Esercito.
L'affermarsi di nuove dottrine relative alla guerra atomica limitata, obbligò l'adeguamento del livello qualitativo delle grandi unità stanziate nell 'ltalia settentrionale alle nuove esigenze. Fu necessario, quindi, recuperare uomini e mezzi mediante la riduzione dell'intelaiatura territoriale e la contrazione delle unità considerate meno esposte. l Comandi Militari Territoriali furono trasformati in Comandi Militari di Regione (Torino, Padova, Firenze, Roma, Napoli, Palermo) riducendone il numero a sei e allargandone gli ambiti geografici.
Cinque divisioni di fanteria, "Trieste", "Friuli", "Avellino", "Pinerolo" e "Aosta", destinate alla difesa del territorio, furono contratte a brigate. Si delineò una diversificazione fra l'esercito di campagna e quello per la difesa del territorio. A queste notevoli riduzioni fece riscontro, tuttavia, la costituzione della Brigata Paracadutisti e della Brigata Missili, una grande unità in grado di impiegare a rmi atomiche tattiche sia con la componente missilistica, dotata di "Honest John", sia con la prop ri a artiglieria pesante.
Fu costituita anche la Brigata di Cavalleria "Pozzuolo del Friuli", raggruppando alcuni regg imenti già esistenti.
Migliorò anche l'armamento delle minori unità, con l'adozione del cannone senza rinculo d a 106 mm e dal mortaio da l 07, e furono potenziate anche alcune unità di supporto: il battaglione pontier i e quello ferroviario divennero reggimenti.
A partire dal 1962 fu iniziato un piano finanziario pluriennale di potenziamento degli armam e n ti e dell'equipaggiamento. Aumentò così la proporzione dei mezzi corazzati nelle grandi unità di fa n teria. TI carro standard era ormai l 'M47 e furono adottati mezzi protetti cingolati per il trasporto della truppa, prima gli "AMX" francesi e poi gli M 113, di origine americana, ma ben presto prodotti anche in Italia. La difesa contraerea a bassa quota di determinati obiettivi fu affidata ai nuovi pezzi da 40/70 con telecomando automatico, mentre iniziò la produzione dei missili terra-aria "Hawk", in sostituzione dell'artiglieria contraerei pesante.
Fu, successivamente, stabilita una differenziazione fra divisioni di fanteria con ordinamento d i p ianura e divisioni di fanteria con ordinamento da montagna. Le prime sostituirono uno dei tre reggimenti di fanteria con uno corazzato (su un battaglione carri ed uno bersaglieri) e videro rinforzati gli altri con un quarto battaglione meccanizzato; le seconde ebbero una compagnia meccanizzata, a li ve ll o reggimento fanteria, ed un battaglione carri a livello divisione.
Anche l'armamento controcarro delle unità di fanteria fu potenziato con l'entrata in servizio d e i m issili filoguidati a media e grande gittata "Mosquito", "Cobra" e SS 11. Nel settore logistico si com in ciò a passare dalla logistica per materia a quella per funzioni.
Un secondo riassetto fu attuato nei primi anni del '60. Una contrazione degli organici co nsentì di devolvere maggiori risorse alle spese per l'acquisizione di armamenti più sofisticati. Co n te m poraneamente fu riordinata profondamente l'organizzazione militare centra l e, per integrare l'apparato logistico-amministrativo, rimasto fino allora rigidamente ripartito per Forza Armata.
Tra i provvedimenti ordinativi più importanti vi furono lo scioglimento della Brigata "Avelli no" e l'abolizione dell'ordinamento da montagna per le divisioni di fanteria Di conseguenza altri due reggimenti si trasformarono in corazzati e si costituirono cinque nuovi battag l ioni meccanizzati .
Un notevole sforzo fu compiuto nel settore degli armamenti con l'introduzione in servizio d el "FAL" mod. 1959, della mitragliatrice "MG" 42/59, dei mortai alleggeriti da 81 e da 120 mm, dei carri armati M60, dei semoventi M109 con pezzi da 155 ed M107 con pezzi da 175. Anche il settore d ella fortificazione permanente fu molto potenziato e con la realizzazione di nuove opere e con la cos t ituzione di nuovi repart i di arresto, dotati di pezzi da 90 mm..
La Brigata M issili fu potenziata con l 'acquisiz ione del sistema d'arma "Lance", in sostituzione deg li ormai obsoleti "Honest John".
Per rinforzare 1'Aviazione Leggera, dal 1963 furono costituite con gli elicotteri "AugustaBell" 204 , le prime unità di trasporto tattico e logistico e, nello stesso anno, i velivoli ad ala fissa furono gradualmente sostituiti da un nuovo biposto interamente metallico: il "Cessna" L-19. Inoltre furono acquisiti, nel 1966, degli "Augusta-Bell" 205, armati con razzi non guidati e con mitragliatrici. Nel 1975 entrò in linea l'elicottero bimotore CH-47, capace di un carico equivalente a 40 uomini equipaggiati.
Anche lo sviluppo dell'evoluzione dottrinale fu molto ampio. All'inizio degli anni sessanta, infatti, il concetto di limitata disponibilità di ordigni nucleari apparve superato e con esso tutta la normativa tattica della serie 600. Apparve così la pubblicazione 700 Impiego delle grandi unità complesse ed. 1963 , cui seguirono le pubblicazioni relative ali ' impiego della divisione e dei complessi a livello gruppo tattico. Successivamente fu prevista una nuova serie dottrinale, la 800, in sintonia con il principio della "risposta flessibile", in contrapposizione all'ipotesi di "risposta massiccia", prevista dalla serie 700.
Dal 1970, l'elevata sofisticazione del materiali d'armamento, con l'introduzione dell'elettronica, e quindi il forte incremento dei costi di acquisto e di esercizio, indusse, con la ristrutturazione posta in essere dal 1975, a ridurre le strutture dell'Esercito per recuperare le risorse economiche indispensabili per i programmi di ammodernamento.
La ristrutturazione interessò tutti e quattro i settori dell'Esercito: l'organizzazione centrale, l'organizzazione territoriale, l'organizzazione addestrativa e le forze operative.
L'iter addestrativo del soldato fu rivoluzionato allo scopo di mantenere le ridotte unità del1'esercito di campagna ad un buon livello di capacità operativa introducendo la chiamata alle armi con frequenza mensile e l'addestramento per imitazione.
Il riordinamento in brigate, meccanizzate e corazzate (pluriarma), inquadrate in divisioni, rappresentarono una innovazione profonda, poiché richiese anche l'abolizione del livello reggimento, tradizionale pilastro e cardine dell'ordinamento militare italiano. Le funzioni disciplinari, amministrative ed addestrative, un tempo proprie del reggimento, furono assolte dai battaglioni-gruppi, ai quali fu consegnata la Bandiera di Guerra. Il vantaggio maggiore fu l'eliminazione di un gradino della catena di comando e la creazione di un complesso pluriarma agile e funzionale, con in proprio gli organi di supporto, in grado di operare anche autonomamente.
La creazione del battaglione logistico, inoltre , rappresentò una soluz ione ordinativa capace di elevare le possibilità operative della brigata, assicurandole stabilmente quell'autonomia logistica indispensabile per la manovra ad ampio respiro.
Le brigate alpine furono dotate di armi, mezzi ed equipaggiamento idonei ad operare non solo in ambiente alpino e montano, ma anche in terreni di pianura e collinosi, in quanto le loro possibilità di fuoco controcarro e di trasporto furono notevolmente incrementate.
La Brigata Missili costituì il più potente complesso di fuoco dell'Esercito. La Grande Unità inquadrava gruppi di missili e gruppi di artiglieria pesante con capacità nucleare, oltre a reparti di fanteria, del genio e dei servizi e fu poi completata con il Gruppo Acquisizione Obiettivi.
L'Aviazione Leggera dell'Esercito, alla fine del 1976, arricchì la linea di volo di nuovi aerei leggeri da ricognizione (SM I OI 9), di una aliquota di elicotteri da trasporto medio (CH47C) e di un nuovo elicottero di collegamento (Al09) mentre, con l'immissione in servizio di perfezionati sistemi d'armamento, i reparti aerei diventarono più idonei a soddisfare le esigenze di concorso di fuoco delle unità.
I servizi logistici dell 'Ese rcito furono ancora organizzati, in linea generale, per materia. Ogni servizio provvedeva cioè a tutte le operazioni - approvvigionamento, distribuzione , recupero, sgombero e riparazione - relative ad una determinata branca di materiali. Gli organi e le unità dei servizi logistici si suddivisero poi in due grandi categorie: i servizi di campagna, con l'incarico di provvedere direttamente alle esigenze delle forze operative, ed i servizi territoriali, vero centro di tutta l'organizzazione logistica e fonte di alimentazione dei servizi di campagna.
LE GG.UU . DALL'ESERCITO DI TRANS IZIONE ALLA RISTRUTTURAZIONE DEL 1975
ANNI DIVISIONI BRIGATE di F. BRIGATE ALP. BRIGATE COR. DIVISIONl COR. NOTE
1946 ESERCITO DI TRANSIZIONE
CREMONA AOSTA ( I) già Gr. di cbt.
FOLGORE CALABRIA (2) già Divis ioni S.I.
FRIULI REGGIO
LEGNANO (2 )
MANTOVA (I)
RIORGANIZZAZ IONE DELL'APPARATO
1948
1948-51 CREMONA JULIA ARIETE
FOLGORE CENTAURO
FRIULI
LEGNANO
MANTOVA
AOSTA
AVELLINO
GRAN.DI SARD.
1951-53 CREMONA lULIA ARIETE (3) sciolta nel 1958
FOLGORE TRIDENTINA CENTA URO
FRIULI TAURINENSE POZZUOLO DEL
LEGNANO CADORE FRIULI ( 3)
MANTOVA OROBICA
AOSTA AVELLINO
GRAN.DI SARD.
PINEROLO TRIESTE
1961-62 CREMONA FRIULI JULIA POZZU OLO DEL ARIETE (4) co~ tituita nel
FOLGORE AOSTA TRIDENTINA FRIULI (4 ) CENTAURO 1957 come B Cav.
LEGNANO AVELLINO TAURINENS E lii B.MJSSILI (6 ) (5) B par.cos tituita
MANTOVA PINEROLO CADORE nel 1953
GRAN.DI SARD. TRIESTE OROBICA (6) cos tit uita nel 1959
FOLGORE (5)
1975
RISTRUTTURAZIONE
MANTOVA
BRESCIA JULIA 32a MAMELI ARIETE (7) D. mec.
FOLGORE GORIZIA TRIDENTINA 1323 MANIN CENTAURO (8) B. mec. (7) ISONZO TAURINENSE 3J 3 CURTATONE ( 12) (9 ) B. par.
TRIESTE CADORE VITTORIO (10) B. msl.
LEGNANO OROBICA VENETO
3 3 GOITO POZZUOLO DEL (11) B. mot.
8a GARIBALDI FRIULI (12) D. cor.
GRAN.DI SARD 3a AQUILEIA (10) (8)
FOLGORE (9)
CREMONA
ACQUI FRIULI PINEROLO AOSTA ( 11)
LE GRANDI UNITÀ DOPO LA RISTRUTTURAZIONE (1975) (DIVISIONI)
L. "MAMELI"
B. cor. "POZZUOLO DEL FRIUU" B. cor. "V ITTORIO VENETO" 132a B. cor. "MANlN " 31° B. cor. "CURTATONE "
4° gr. sqd. mec. "GENOVA c." 2° gr. sqd. mec. "PIEMONTE c.'' 27° btg. b. "JAMIANO" 28° btg. b. "OSLAVIA"
28°gr. sqd. er. "Lane. di TREVISO" 9° gr. sqd. Cr. "Lane. di FIRENZE" 8° btg. cr. "M.O. SECCHIAROLI" L0 btg. cr. "M.O. CRACCO"
S0 gr. sqd. cr. "Lane. di NOVARA" 6°gr. sqd. cr. "Lane. di AOSTA" 10° btg. cr. "M.O. BRUNO" 101° btg. cr. "M.O. ZAPPALÀ "
8° gr. a. cam. smv. "PASUBIO" 120° gr. a. cam. smv. ''PO" 20° gr. a. cam. smv. "PIAVE" 9° gr. a. cam. smv. "BRENNERO"
Btg. L. "POZZUOLO DEL FRIULI'' btg. L. "VITTORIO VENETO'' btg. L. "MANTW btg. L. "CURTATONE"
Ciascuna divisione dispone di unità di supporto: B.A.R., gr. squadroni, gr. di artiglieria, gr. e/a. I. (Q), btg. genio pionieri e btg. trasmissioni.
LE GRANDI UNITÀ DOPO LA RISTRU TTURAZ IONE ( 1975) (BRIGATE AUTONOME)
''TIMAVO"
B. mec. ''G RAN. DI SARDEGNA" B. mot. "AOSTA" Comando Truppe "TRIESTE"
1°btg.G.mec. "ASSIETIA"
"COL DELLA 151 ° btg.mot. "SETTE COMUNI"
2° btg.G.mec. "CENGIO" BERRETTA" 14° gr.a.cam. "MURGE"
3° btg.G. "GUARDIE' (BAR) 62° btg.mot. "S IC ILIA"
I O btg.b. "LA MARMO RA " 141° btg.mot. "CATANZARO"
6° btg.cr. "M.O. SCAPUZZ!" 46° btg.f. "REGGIO" (BAR)
13° gr.a.cam. "MAGLJANA" 62 ° btg.cor. "M O. JERO" btg.L. "GRAN. DI SARDEGNA" 24 ° gr.a.cam. "PELORITANI" btg.L. "AOSTA"
B. a lp . B. alp. B. alp . B.alp. B. alp. "TAURINENSE" "OROBICA" "TRID ENT INA" "CA DORE" "JlJ LlA" btg.alp "SUSA" btg.alp. "SALUZZO" btg.alp. "MONDOVÌ" (BAR) btg.alp. "MORBEGNO" btg.alp. "BASSANO" btg.alp. "FELTRE" btg.alp. "GEMONA" btg.alp. "TR ENTO" btg.alp. "PIEVE DI btg.alp. "TOLMEZgr.a.mon. "VICEN- CADORE" ZO" ZA" btg.alp. "BELLUNO" btg.alp. "CIVIDALE" gr.a.mon. "PINERO- btg.alp. "TIRANO" btg.alp. "E DOLO " (BAR) gr.a.mon. "SON- btg.L. " TRID ENT I- gr.a.mon. "LANZO" btg.a l p. "V IC ENZA" gr.a .mo n "ASIAGO" (BAR) btg.alp. "L'AQU ILA" LO" btg.L "TAU RINEN- ORIO"
SE" gr.a.mon. "BERGAMO" btg.a lp. Arr. "VAL CHIESE" btg.L. "OROBICA"
NA" gr.a.mon. "AGOR- (BAR) DO" btg.alp.Arr. "VAL btg.L. "CADORE" TAGLIAMENTO" gr.a.mon. "CONEGLIANO" gr.a.mon. "UDINE" gr.a.mon. "BELLUNO" btg.L. "JULIA"
Sono in v ita anche unità auotonome con compiti particolari sia a livello reggimento (per la fanteria un Reggimento cor. e due Reggimenti d'arresto) sia a livello battaglione (per la fanteria dieci B.A.R., un Battaglione motorizzato, un Battaglione lagunari, un Battaglione d'arresto).
L'ESERCITO ALLA FINE DEL XX SECOLO
Nella situazione di schieramenti contrapposti e minaccia proveniente da una direzione ben definita che ha caratterizzato gran parte del dopoguerra, fino al crollo dell'URSS e del Patto di Varsavia, il compito dell'Esercito era chiaramente definito e, di conseguenza, anche la sua organizzazione, la tipologia delle unità e la loro distribuzione sul territorio rispondevano a criteri relativamente semplici ed evidenti.
L'esigenza di difendere la "soglia di Gorizia" e le direttrici di possibile penetrazione dell'avversario verso la Valle Padana e il cuore del Paese ha portato per decenni a concentrare la parte numericamente più consistente e meglio equipaggiata delle forze terrestri italiane nello scacchiere nord-orientale della penisola.
L'armamento consisteva essenzialmente in armi di modello straniero, poiché doveva essere in armonia con quello delle forze dell'Alleanza Atlantica.
Con lo scioglimento dei comandi divisionali (1986), le dipendenti brigate assumevano configurazione autonoma e venivano progressivamente ridotte di numero (dalle 25 del 1989, alle 19 del 1991, alle 13 attuali). Le grandi unità erano poste in tempo di pace alle dipendenze del 5° Corpo d'Armata di Vittorio Veneto (per le unità di prima schiera), del 4° di Bolzano (per le Truppe Alpine) e del 3° di Milano (per le unità della riserva di scacchiere), ai qua li si sarebbe sovraordinato, in caso di crisi o di conflitto, il Comando delle Forze Terrestri Alleate del Sud Europa (FTASE) di Verona ( costituito nel marzo 1951, comandato da un generale italiano).
Un ulteriore intervento di carattere ordinativo, nel 1992, ripristinava il livello reggimentale. I reggimenti assumevano alle proprie dipendenze una compagnia comando e servizi per il sostegno logistico e una unità a livello battaglione.
In ambito territoriale, nel 1987 si procedeva allo scioglimento dei Comandi Militari di Zona (C.M.Z.) e alla costituzione dei Comandi Operativi Territoriali (C.O.T.), cui erano affidati i compiti dei C.M.Z .. Nell'ambito della recente ristrutturazione della Forza Armata, i C.O.T. erano soppressi nel 1997 e le loro attribuzioni assorbite dalle Regioni Militari.
Il processo di ristrutturazione intrapreso nel 1975 aveva richiesto anche una revisione dottrinale. Nasceva, così, nel 1977, la serie 900, già, peraltro, proiettata verso la dinamica trasformazione ordinativa, poiché prevedeva come normale l'impiego di brigate "autonome" anche nei terreni di pianura, ed attribuiva alle divisioni compiti di coordinamento degli sforzi condotti dalle grandi unità elementari dipendenti. La soppressione del comando di divisione, sostituita a pieno titolo dalle brigate nel ruolo di elemento chiave della battaglia, con maggiore autonomia nella pianificazione e nella condotta delle operazioni, portava all'aggiornamento della dottrina (serie 900/A), che teneva anche conto della quasi totale meccanizzazione dell'Arma base e dell'acquisizione di mezzi e sistemi d'arma più efficaci ed affidabili.
La legge n. 382 del 1978 sanciva le nuove Norme di Principio sulla Disciplina Militare, che aggiornavano, alle esigenze del momento, i compiti delle Forze Armate ed i doveri ai quali dovevano attenersi i militari per garantire "la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni". In sintonia con le citate norme, verrà, nel 1986, decretato il Regolamento di Disciplina Militare.
Il disposto legislativo di cui sopra istituiva gli organi del sistema di rappresentanza del personale militare. Il relativo regolamento attuativo, decretato l'anno successivo, sanciva la facoltà ai Consigli di Rappresentanza, organi collegiali i cui membri sono designati per elezione, ad esprimere pareri e proposte, formulare richieste e prospettare istanze di carattere collettivo in materia di norme legislative e regolamentari circa la condizione, il trattamento e la tutela - di natura g iuridi ca, economica, previdenziale, sanitaria, culturale e morale - ai rispettivi comandanti.
Per fornire specifico riscontro alla 382/78, che evidenziava il compito di concorrere alle operazioni di soccorso in occasione di pubbliche calamità, lo Stato Maggiore della Difesa istituiva, nel 1983, la Forza di Pronto Intervento (Fo.P.I.), il cui comando, interforze, snello e funzionale, veniva precostituito in ambito alla Brigata Motorizzata "Acqui".
Nel gennaio 1986 la Brigata "Friuli", unitamente alla Brigata Paracadutisti "Folgore" e a reparti di volo dell'Aviazione Leggera dell'Esercito, entrava nella Forza d'Intervento Rapido (FIR), unità interforze, caratterizzata da elevata mobilità tattica e strategica, costituita per intervenire con immediatezza contro minacce interessanti l'intero territorio nazionale. La FIR, soppressa nel maggio 1997, poteva inoltre fornire aliquote di forze per compiti connessi con la sicurezza internazionale, quali la fonnazione di un contingente di pace o di una forza di sicurezza.
L'ESERCITO OGGI E LE SUE PROSPETTIVE
Nell'ambito della riforma delle Forze Armate, i provvedimenti ordinativi adottati, in particolare quelli attuati a datare dal I O ottobre 1997, rispecchiano la revisione della strategia e degli obiettivi NATO. In tale senso, i recenti provvedimenti di legge che hanno interessato le Forze Armate appaiono essere in perfetta sintonia con le attuali esigenze di difesa e di sicurezza collettiva. I più significativi disposti legislativi hanno sancito la riforma dei vertici militari, che consente una visione unitaria della pianificazione, gestione e impiego delle Forze Armate, e l'istituzione di nuove figure professionali nella categoria dei sottufficiali e dei volontari di truppa in servizio permanente e a ferma breve. In particolare, la categoria di volontari assume alta valenza per poter completare il programma di professionalizzazione dell'Esercito.
Il processo di adeguamento e trasformazione strutturale dell'Esercito Italiano, avviato sotto la spinta dei mutamenti dello scenario internazionale e di quello interno (variazione della base demografica soggetta al reclutamento, conferma dei vincoli in materia di risorse finanziarie, introduzione del servizio volontario e apertura a quello femminile, ecc.) e basato sul progetto tracciato dal "Modello di Difesa", ha interessato ed interessa tutte le componenti della Forza Armata, dall'organizzazione di vertice e di comando a quella territoriale, scolastico-addestrativa, logistica ed operativa, sino alla politica di selezione, acquisizione e assegnazione dei materiali.
La riorganizzazione ha subito nel corso del 1997 una brusca accelerazione, tanto che il traguardo del nuovo assetto organizzativo si può dire finalmente acquisito.
L'area di vertice della Forza Armata è stata sottoposta ad una riconfigurazione che ha consentito di realizzare una struttura più snella e funzionale. Anziché dover colloquiare con i numerosi interlocutori che in passato dipendevano direttamente dal Capo di Stato Maggiore, rendendo più gravoso il compito di approfondire e coordinare le scelte e le strategie dell'Esercito in tutti i loro dettagli, oggi lo stesso Capo di SME può contare sul supporto di soli quattro generali, responsabili rispettivamente degli aspetti operativo (il Comandante delle Forze Operative Terrestri), formativo di base (l'Ispettore delle Scuole), di specializzazione (I 'Ispettore delle Armi) e logistico (l'Ispettore Logistico). Il Capo di SME, inoltre, ha alle proprie dipendenze i tre Comandanti di Regione Militare (NORD - CENTRO e SUD). Attraverso un'interfaccia così semplificata e ridotta, la direzione dell'Esercito diviene per il Capo di Stato Maggiore un compito senz'altro gestibile in termini di maggiore economia ed efficacia.
Al di sotto della struttura di vertice della Forza Armata (Stato Maggiore dell'Esercito), il criterio fondamentale che ha ispirato la ristrutturazione è stato, quindi, quello di giungere a una netta separazione fra componente operativa e territoriale. Le nuove missioni e le dimensioni contenute dello strumento richiedono una "gestione" ispirata al più accentuato accentramento delle risorse. In tale prospettiva le competenze operative sono state trasferite per intero al neocostituito Comando delle Forze Terrestri Operative (COMFOTER) di Verona, con lo scopo principale di assicurare unicità di indirizzo alla preparazione e all'impiego delle forze.
11 Comandante delle Forze Operative Terrestri è a capo anche del Comando delle Forze Terrestri Alleate Sud Europa della NATO. Tali forze, nel contesto internazionale attuale, hanno un ruolo di primaria importanza, dovendo promuovere il dialogo, la cooperazione, la stabilità ed il controllo militare nel Mediterraneo. li Comando FOTER, subordinato direttamente al Capo di Stato Maggiore dell 'Esercito, ha alle proprie dipendenze sei grandi unità: Comando Forze di Proiezione (già 3° Cor- po d'Armata), Comando Truppe Alpine (già 4 ° Corpo d'Armata Alpino), 1° Comando Forze di Difesa (già 5° Corpo d'Armata), 2° Comando Forze di Difesa, Comando Supporti delle Forze Operative Terrestri e Comando C4-I EW.
Di questi, i comandi operativi intermedi (COI) devono essere in grado di esercitare il Comando e Controllo su unità del livello immediatamente inferiore, organiche o ricevute in rinforzo, nazionali o multinazionali. I comandi operativi intermedi ed i comandi di brigata, possono quindi essere chiamati ad operare in scenari, teatri e ruoli molto diversificati. Si è reso necessario, quindi, qualificarli per categoria, sulla base della missione prioritaria ad essi affidata. In tale ottica e tenendo conto dell'apertura al professionismo dei nuovi criteri di consistenza organica, è stato possibile dare vita ad uno strumento le cui forze possono essere dimensionate, di volta in volta, ai nuovi compiti operativi o alle missioni di pace o umanitarie da compiere.
Viste le esigenze operative emergenti che interessano o potranno interessare lo strumento militare, è stato avviato il progetto "pacchetti di capacità " . I pacchetti si adattano agli obiettivi che l'Esercito deve conseguire. II Pacchetto di Capacità per la Proiezione comprende le forze destinate ad assolvere, fuori dal territorio nazionale, i compiti di sicurezza nelle operazioni di supporto della pace e di gestione delle crisi. Il Pacchetto di Capacità per la Reazione è costituito dalle unità preposte ad assicurare la dissu asione secondo la nuova strategia NATO, basata sul mantenimento di livelli di operatività richiesti dalle funzioni da assolvere (Forze di Reazione, Forze Principali per la Difesa, Rinforzi) e sulla capacità, delle forze a più elevata prontezza di impiego (Forze di Reazione), di immediata contro-concentrazione.
Il terzo Pacchetto riguarda le Capacità per il Controllo del Territorio Nazionale e comprende le forze, attualmente alimentate con militari di leva, e le risorse destinate alla sorveglianza dei confini, al concorso alle Istituzioni dello Stato (mantenimento dell'ordine pubblico e pubbliche calamità) e alla preparazione e all'approntamento delle capacità stesse per l'impiego.
Le strutture di comando e controllo e i supporti tattici e logistici di tutte le forze indispensabili allo strumento militare nella lontana ipotesi di un contl itto su larga scala, sono compresi in un ulteriore complesso di capacità: Pacchetto Difesa
L'entrata nel terzo millennio vedrà, pertanto, COMFOTER ed i COI perfezionati a sostenere i nuovi orientamenti e compiti di cui sopra.
Il Comando delle Forze di Proiezione (FOP), da cui dipendono tre brigate ("Garibaldi", "Folgore" e "Friuli"), a regime saranno alimentate interamente da professionisti, che potranno esprimere le capacità richieste dal pacchetto di proiezione (versatilità all'impiego in operazioni fuori area, principalmente in quelle di supporto della pace).
Il Comando delle Truppe Alpine (TA) è solo parzialmente proiettabile. Raggruppa tre brigate, che di fatto corrispondono a due diverse pacchetti di capacità, quello di proiezione ("Taurinense") e quello di presenza e sorveglianza (Julia e Tridentina). Le TA, quindi, sono costituite delle Brigate "Taurinense", alimentata a regime su base volontaria è già da tempo destinata ad esprimere la componente terrestre italiana dell'Allied Mobile Force (Land) della NATO, "Julia" e "Tridentina", cui si affiancano il Battaglione Alpini Paracadutisti "Monte Cervino" e i reggimenti del genio, delle trasmissioni, logistico e dell'AVES.
11 1° Comando delle Forze di Difesa ( 1° FOD), raggruppa le tre Brigate ("Ariete", "Pozzuolo del Friuli" e "Centauro") destinate al Corpo di Reazione Rapida (ARRC) della NATO e, come tali, espressione del pacchetto di capacità di reazione (versatilità all'impiego in operazioni condotte con le altre forze della NATO, con armamento ed equipaggiamento standardizzato). Alle brigate si affiancano quattro reggimenti di supporto (genio, trasmissioni, logistico e AVES).
Il 2° Comando delle Forze di Difesa (2 ° FOD), comprende, oltre alle unità di supporto, quattro Brigate ("Sassari", "Granatieri di Sardegna", "Pinerolo" ed "Aosta"), al momento alimentate prevalentemente con personale di leva, associate al pacchetto di capacità di presenza e sorveglianza e orientate essenzialmente alla difesa del territorio.
L'organizzazione territoriale, articolata su 3 regioni militari (NORD - CENTRO e SUD), completa la linea di dipendenza gerarchica dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito.
Esclusa ogni responsabilità di carattere operativo, compresa quella della logistica d'aderenza (deroghe potranno essere decise dallo Stato Maggiore dell'Esercito o dal COMFOTER solo in casi eccezionali), alle dipendenze delle regioni restano invece gli ospedali e i distretti militari, questi ultimi subordinati al Comando Leva, Reclutamento e Mobilitazione delle stesse regioni. La rete dei distretti è stata già oggetto in passato di una profonda ristrutturazione che, grazie anche al sempre più massiccio ricorso ali' informatica, ha consentito di ridurre questi enti dagli oltre 65 di qualche anno fa ai 24 attuali, coincidenti in linea di massima con i capoluoghi di regione. Nei capoluoghi di provincia operano invec e i (NIP) Nuclei Informazioni al Pubblico, che forniscono ai cittadini interessati al servizio militare tutte le informazioni necessarie e provvedono al rilascio dei certificati.
Il processo di adeguamento e trasformazione ha interessato anche la logistica. Accanto alla necessità di forze rapidamente proiettabili e preparate ad operare in un contesto multinazionale, la logistica é stata chiamata a giocare un ruolo primario nella preparazione e nel supporto delle missioni che sempre più spesso si svolgono fuori e lontano dal territorio nazionale. In scenari conflittuali a bassa intensità/basso rischio, dove l'intervento assume carattere prevalente di soccorso umanitario e dove manca talvolta un preciso antagonista, il ruolo della logistica all'interno di una missione può diventare addirittura quello prevalente, con la componente operativa "ridotta" a fornire una cornice di sicurezza ad operazioni che hanno nella gestione del flu sso di personale, mezzi e materiali (inclusi gli aiuti alle popolazioni) il loro contenuto principale.
Oltre all'organizzazione e alla gestione· dei movimenti e trasporti , spetta alla logistica il compito fondamentale di supporto alle forze operative, che viene assolto s ia mantenendone in efficienza i mezzi e i sistemi d'arma che provvedendo ai rifornimenti (carburanti, viveri , munizioni) sul teatro d'operazioni. Un 'azione che, sulla scorta dell'evoluzione della dottrina logistica in ambito NATO, deve svilupparsi attraverso le nuove formule della "fascia di aderenza" (teatro dell'attività logi s tica dei reparti inquadrati nelle unità operative) e della "fascia di sostegno" (coincidente in linea di prin cipio col territorio nazionale), dove operano organi cui fanno capo tutte le attività di manutenzione, rifornimento e trasporto che eccedono le capacità dei reparti logistici inquadrati nelle unità operative.
A l fine di accelerare l'attuazione della nuova dottrina e di favorire il cambio di mentalità che rappresenta l'indispensabile premessa per il suo consolidamento , lo Stato Maggiore dell 'Esercito ha avviato anche in questo settore un'incisiva riforma, che ha preso il via, nell'aprile del '97, con la creazione del nuovo Ispettorato Logistico. Tale decisione ha fatto del nuovo Ente l 'organo responsabile della gestione e del mantenimento delle risors e (mezzi e materiali) della Forza Armata nonché quello di consulente nel processo di ammodernamento dello strumento milita re.
Sul piano organizzativo, l 'Ispettorato Logistico si articola a livello centrale su tre dipartimenti suddivisi per materia (Trasporti e Materiali, Amministrazione e Commissariato, Sanità e Veterinaria); mentre a livello territoriale esso esercita le proprie competenze attraverso due comandi d'area, ubi cati a Padova e a Napoli, e destinati ad assorbire progressivamente dai comandi di regione militare tutte le competenze nei settori dei trasporti e materiali e del commissariato.
Gli armamenti ed i mezzi da combattimento attualmente in uso presso la Forza Armata, sono r elativamente moderni e competitivi con quelli degli altri ese rciti.
Le principali e più recenti acquisizioni in termini d'equipaggiamento riguardano i materiali prot ett iv i in kevlar (elmetti e giubbetti antischegge e antiproiettile), i binocoli e i visori notturni.
Le armi della Fanteria vanno da ll a nuova bomba a mano mod. OD/82, di tipo unico (offensiva - difensiva), a tempo e a frammentazione controllata, alla pistola 92 FS. Le armi individuale e di reparto sono in calibro 5,56 mm. x 45 NATO che, in ambito alleanza, ha sostituito il 7 ,62 NATO. Nella lotta contro - carro, si citano i sistemi d'arma "PANZERFAUST 3", a corta gittata del tipo usa e getta, "FOLGORE" , con proietto a razzo non guidato a media gittata. A questi si aggiungono i sistemi filoguidati "MILAN" , a media gittata, e "TOW" , a lunga gittata ln merito ai mortai , sono in fase di assegnazione ai reparti quelli da 60 mm e da 120 mm , con anima rigata.
La linea dei mezzi protetti, corazzati e cingolati è co s tituita da: blindo armata 8x8 "CENTAURO " , veicolo blindato da combattimento a ruote, armato di cannone da 105/ 52 ; carro armato da combattimento "ARIETE", carro di 2 3 genera z ione, armato con cannone da 120 mm ad anima liscia; carro armato "LEOPARD" , con armamento principale cannone da 105 / 51; carro soccorso e recupero " LEOPARD " ; veicolo da trasporto e combattimento ( VTC) M 113 A-1 , in v er s ion e anche porta mortaio da 120 e sistema d'arma "TOW" ; per i reparti lagunari, veicolo cingolato anfibio trasporto truppa LVT - P7, con capacità di trasporto di 25 uomini e v elocità massima in acqua di 14 km/h e a terra di 65 km / h; veicolo cora zz ato da combattimento VCC-1 e VCC-2 ; autoblindo "Fiat" 6614 G 4X4.
Tra i mezzi ruotati è stato acquisito il veicolo multiruolo " Fiat" VM 90 " Torpedo", in grado di trasportare otto uomini.
Le principali artiglierie terrestri sono costituite da: obice da 155/ 39 a traino meccanico F H- 70, artiglieria a traino meccanico (da 155/ 39) idonea a fornire supporto di fuoco diretto e generale alle grandi unità elementari e complesse ; obice da 105 /1 4 per truppe alpine e paracadutiste aviolanc iabile , someggiabile e a traino meccanico ; obice da 155 / 39 s emovente Ml09L , caratterizzato da elevata mobilità ed autonomia; lanciaraz z i multiplo " MLRS" (12 raz z i), di saturazione , montato su scafo semovente , in grado di investire in tempi ridottissimi obiettivi areali di ogni tipo.
La difesa controaerei si avvale dei sistemi missilistici " HAWK", " SKYGUARD-ASPID E" e "STINGER", quest'ultimo di autodifesa, e del sistema leggero semovente " SIDAM". Per la sorveglianza del campo di battaglia dall'Esercito, l'acquisi z ione di obiett ivi ed il controllo del tiro è stato adottato il "MIRACH", un aereo di piccole dimensioni pilotato a distan z a.
Tra i mezzi del Genio , i più significativi sono i carri pioniere e gittaponte, entrambi su scafo " LEOPARD". Quest'ultimo è in grado di superare tre metri di guado. A questi si aggiunge l'apripista escavatore leggero "Panda", mezzo ruotato elitrasportabile , per la movimenta z ione di terra , e dotato di una serie di attrezzature che lo rendono estremamente v ersatile.
L ' Aviazione dell'Esercito (AVES) , denominaz ione assunta nel 1993 , ha rinnovato la linea di volo con aerei "Piaggio" P-180 e "Domier" D0-228 , in grado di trasportare rispettivamente 9 e 19 passeggeri. Gli elicotteri di più recente acquisizione sono: A-109 A "TOW", elicottero per l'osservazione avanzata e armato con due coppie di missili controcarro filoguidati; A-129 "MANGUSTA ", con funzione controcarro, armato con missili c/c TOW e razzi da 81 mm; AB-412, elicottero multiruolo.
PRINCIPALI INTERVENTI NON BELLICI ALL'ESTERO
L'Esercito Italiano ha sempre rispecchiato la sua storia in quella d'Italia, non solo per quanto attiene alla difesa del suolo nazionale , ma anche in termini di collaborazione alla tutela di nazioni amiche. In molte occasioni, infatti, i soldati italiani hanno varcato i confini della Madre Patria in difesa della sicu rezza internazionale , e , sempre, con sacrificio di vite umane.
La prima operazione internazionale risale alla fine del secolo scorso nell'ambito dell ' intervento multinazionale delle potenze europee a Creta. Da allora l'Italia è stata sempre presente in scenari caratterizzati da instabilità politica e militare e , a volte , da complesse situazioni conflittuali tra più stati.
IMPEGNI INTERNAZIONALI DELL'ESERCITO ITALIANO FINO AL 1938
Creta In occasione della rivolta antiturca scoppiata nell'isola fu organizzato un Corpo ( 1896-1906) di Spedizione Jnternazionale per mantenere il controllo della situazione.
Cina A seguito della rivolta xenofoba dei boxers fu organizzato un Corpo di Spedizione (1900-190 1) Internazionale per liberare le delegazioni europee di Tientsin.
Macedon ia Su richiesta del governo ottomano fu inviato un nucleo di ufficiali per organizzare (1904-1 911) e comandare la gendarmeria macedone.
Palestina Contingente di forze inviato in Palestina per combattere, assieme ad inglesi e ( 1917 -1 921) francesi, contro i turchi. A guerra finita svolse compiti di polizia militare.
Costantinopoli Contingente di Carabinieij inviato, al termine della guerra, per far parte della (1919-1923) polizia interalleata con compiti di controllo ed affiancamento della gendarmeria ottomana in ricostruzione.
Rodi Contingente di Carabinieri inviato nell'isola per ordine pubblico, in attesa del(1919-1921) l'esecuzione degli accordi di Parigi del 1920.
Alta Slesia In occasione del plebiscito di annessione alla Germania, fu costituito un Corpo (1921-19 22) di Spedizione Internazionale per l'ordine pubblico e per controllare la rivolta nella zona.
Albania l Carabinieri formano e addestrano la gendarmeria albanese. (1918-1920)
Albania Militari partecipano alla Commissione Internazionale per la delimitazione dei ( 1922-1926) confini di Stato.
Albania Invi o di una missione militare di addestramento. (1925-1939)
Saar In occasione del plebiscito per l'annessione della Saar alla Germania, fu costituito (1934-1935 ) un Corpo di Spedizione Internazionale per l'ordine pubblico durante le operazioni di voto.
Cina Nel corso del conflitto cino-giapponese, un battaglione del 10° Reggimento (1937-1938) "Granatieri di Savoia" partecipò al servizio di polizia nel la zona internazionale di Shangai.
Dagli anni '50 ad oggi la Forza Armata ha condotto o partecipato assieme ad altri paesi, nel quadro ON U, CEE, UEO, NATO o sulla base di accordo multinazionali o bilaterali specifici, ovvero per autonom a iniziativa nazionale, ad una vasta gamma di missioni di sicurezza internazionale, osservazione in ambito ONU, assistenza umanitaria e tecn ica militare.
Nelle mi ssioni del secondo dopoguerra l'Esercito ha avuto complessivamente 28 caduti (4 carabinieri , I fante, 2 bersaglieri, 1 alpino, 7 paracadutisti, 2 cavalieri , 9 dell'Aviazione Leggera, l ufficiale osservatore dell'ONU ed 1 sottufficiale del SISMI).
Missioni Di Sicurezza Internazionale
Somalia controllo del territorio e costituzione della polizia somala (1949-1960).
Libano Squadrone el icotteri nella missione ONU-UNIFIL, (in corso dal 1979).
Libano operazione "Libano l" ( 1979) e "Libano 2" ( 1982-1984).
Namibia squadrone elicotteri nella missione ONU-UNTAG (1989-1990).
Somalia evacuazione d'urgenza della comumta 1tahana (1991).
:stovema, Croazia, m1ss10ne ct1 osservazione nell ambito della ··t\.... Momtor M1ss1on"
Bosnia-Erzegovina (1991).
Etiopia evacuazione d'urgenza della comunità italiana (1991)-,
Somalia operazioni "Restore Hope" - "Ibis 1 " e ONU-LTNOSOM 2 ("Ibis 2") ( I 992-1994).
Mozambico operazione ONU "UNOMOZ'', (A lbatros) (1993-1994).
Ruanda evacuaz ione d'urgenza di cittadini italiani (1994).
Libano missione di presenza temporanea nella città di Hebron TIPH, (1994).
Ruanda operazione "Entebbe", evacuazione di bambini ruandesi ( 1994).
Somalia operazione "United Shield" ("Ibis 3") ( 1995).
Bos nia operazione IFOR e SFOR ( dal 1995)
Bosnia missione di polizia UEO ("Weupol")( 1995).
Macedonia operazione per evacuar~ i verificatori dell'OSCE dal Kosovo (1999).
Albania operazione "Allied Harbour", protezione ai campi profughi kosovari (1999).
Kosovo Forza multinazionale di pace KFOR (dal 1999).
Missioni Osservazione Onu
Pale stina UNTSO (dal 1958). Iran UNOSGI (dal 1991).
Libano UNOGIL (1958). Iraq-Kuwait UNICOM (dal 1991).
India, Pakistan Kashmir UNMOGIP (dal 1958). Iraq UNSCOM (dal 1991) .
Yemen UNYOM (1963-1964). Sahara Occidentale MINURSO (dal 1991).
India-Pakistan UNlPOM ( 1965-1966). El Salvador ONUSAL (dal 1991).
Iran-Iraq UNIIMOG (1988-1991). Cambogia UNTAC (1992-1993).
Missioni Umanitarie
lrao-Kurdistan: operazioni "Airone" 1 e 2 (1990-1991)·
Albania: operazioni "Pellicano" ( I 991-1993) e "Alba" D 997)·
Albania: missione "Arcobaleno" (1999)
MISSIONI DI ASSISTENZA TECNICO-MILITARE
Malta: MIATM (in corso dal 1973);
Marocco: DIATM (in corso dal 1977):
Somalia: DIATM (1983-1990);
Afganistan: UN OCA Salaam sminamento ( 1989-1990);
Kuwait: sminamento (1991).
Principali Interventi Sul Territorio Nazionale
L'Esercito ha partecipato ad operazioni di soccorso delle popolazioni colpite da calamità natural i, una tradizione avviata nell'800 ed ininterrotta fino ad oggi. Sarno è stata l'ultima dolorosa "tappa".