LA DIVISIONE ITALIANA IN FRANCIA 1803-1806

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miglio generale italiano, brillando per una capacità tecnica maggiore rispetto a Pino, il quale aveva il vantaggio di un notevole coraggio personale e la capacità di trascinare gli uomini. Le capacità di Teulié sono messe in mostra dalle difficoltà organizzativi ed amministrative che sarà costretta ad affrontare la Divisione. Si deve sicuramente a lui, che ne ricoprì il comando dal gennaio 1804 a settembre come comandante ad interim, e poi di nuovo dal febbraio 1805, la forza espressa dalla Divisione in un teatro lontano dal suolo nazionale e nella successiva campagna del 1806-07.

Il problema degli ufficiali aggiunti: Foscolo, Celentani, Arcovito e Jannelli Come abbiamo già avuto modo di dire, assistiamo a diversi episodi di persone che tentano, per diversi scopi e motivi, di aggregarsi alla Divisione italiana inviata in Francia. Tali tentativi sono sicuramente sollecitati dall’interesse che la formazione di questo corpo di spedizione riscuote nell’opinione pubblica e dalla quantità di mezzi e risorse mobilitati dalla Repubblica per fornire una milgiore immagine di sé presso le truppe alleate. I casi sono diversi e riguardano personaggi molto differenti tra loro, anche se il filo che li unisce è principalmente la conoscenza ed il supporto del generale Pino, desideroso, come abbiamo già visto, di compiacere e ingraziarsi più persone possibile. Il caso più eclatante e che avrà maggiore risonanza nei documenti e nelle corrispondenze ufficiali è quello di due figure oltremodo ambigue, due napoletani di nome Arcovito e Jannelli. Tale questione prenderà rilevanza tale che sarà lo stesso Bonaparte a intervenire. Come si vede dalla descrizione dello Stato Maggiore della Divisione, questo è già più che autosufficiente per numero e capacità di ufficiali, necessari a gestire tutte le pratiche amministrative della Divisione, in vero non eccessivamente grande. Risulta quindi impossibile per il Ministero aggiungervi altro personale sia per la sua mancata utilità sia per i costi già alti e sempre eccessivi per il magro Tesoro italiano. Il caso dei due napoletani Arcovito e Jannelli si prolungherà in un botta e risposta tra Pino, i due soggetti, e le autorità italiane per oltre cinque mesi. Una prima menzione l’abbiamo in una lettera di Mlezi a Marescalchi datata 20 ottobre 1803100, che così descrive la situazione: “Circostanza che non mancherete di far osservare al Console, il general Pino mi chiese di unire al suo Stato Maggiore due napoletani che non appartengono alla nostra armata, Janelli e Arcovito. Ianelli, un uomo che fu scacciato da Napoli molto tempo prima dei delitti d’opinione come falsario, che seguì in seguito come spia a tutti i partiti alternativamente. Uomo disonorato e capace di tutte le infamie. Arcovito è un avventuriero che sortì da Napoli già da tempo in qualità di mozzo di nave. Per maneggi di donne ottenne in Svezia un servizio militare. Giunto costì pretese di far valere questo servizio come di alta importanza, ed instò replicatamente per essere ammesso nel nostro corpo del genio. Esaminata la sua capacità, fu trovato molto al disotto della sua iattanza; esaminata la sua morale fu trovata per lo meno equivoca. Egli ha servito un momento nella rivoluzione con uniforme francese, ma

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Vedi Annessi, C ME, Lett. 1463, pag. 193


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