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Appendice Giovanni Marietti – Appunti e osservazioni sugli stati baltici, pag

Vi è poi un ultimo elemento da sottolineare e che riguarda essenzialmente la figura di Marietti come risultato di una preparazione e di una formazione della classe militare italiana. Lungi dall’essere un militare che si occupa di alcune missioni in una regione marginale agli interessi italiani egli si trasforma in un intelligente ed acuto osservatore di tutta la realtà di questi paesi e ci fornisce notevole un quadro concettuale per la nostra riflessione. Sulla figura del generale Marietti, anche alla luce delle sue successive pubblicazioni degli anni che vanno dal 1920 al 1930, si ritrova quella figura di osservatore tecnico che offre concreti spunti non solo alla documentazione ma anche alla riflessione successiva sul ruolo che le missioni militari internazionali riuscirono ad esprimere per chiarire temi e problemi offuscati negli anni successivi dalla propaganda politica delle varie nazioni. Paura del comunismo, labilità militare e politica dei confini, peculiarità etniche fanno di queste regioni un interessante osservatorio dove tutti gli elementi di crisi generati dalla pace di Versailles vengono alla luce e confermano l’ipotesi del baltico paradigma della seconda guerra mondiale. I renversement di quella politica vengono qui tutti consumati in pochissimi mesi e l’oblio dei paesi baltici sia dalla politica generale dell’Europa sia dalle convulsioni etniche o nazionalistiche che animeranno gli anni successivi non appare quindi del tutto dominio solo del caso. Essa è frutto di precise scelte compiute nel corso di questi cruciali anni in cui l’insieme dei paesi europei prima per motivi politici di contenimento dei sovietici e poi, per motivi opposti, dovuti alla ricerca di alleati contro il nazismo saranno sacrificati dai paesi democratici occidentali sull’altare di questo riavvicinamento dettato da esigenze di politica internazionale. L’abile politica di riavvicinamento alla germania nazista compiuta da Stalin prima e poi di alleanza con i paesi nemici di Hitler porterà così questi popoli, ancora una volta, molto lontani dalla possibilità di una loro libera collocazione nell’ambito delle nazioni europee.

APPUNTI ED IMPRESSIONI

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GLI STATI DEL BALTICO

compilati dal brigadiere generale Giovanni Marietti, delegato italiano nella Commissione militare interalleata per 10 sgombro delle Province Baltiche

Novembre 1919

Gennaio1920

BIBLIOGRAFIA

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2. CARL MEISSNER "Das schoene Kurland" - Muenchen - Piper

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6. TORNIUS "Die Baltischen Provinzen” - Leipzig - Teubner

7. BENNO MARQUART "Die Landwirtschaftlichen Verhaltniffe Kurlands" - Berlin - Paul

Paren

8. EMILE DOUMERGUE "La Lettonie et la Ba1tique" - Paris - Editions de Foi et Vie 48, Rue

de Lille

9. JOHANNES WRONKA “Kurland und Litauen” - Freiburg - Herdersken Verlagshandlung im

Breisgau

10. Dr_ GAIGALAT, "Die Litauiech-Baltische Frahe" – Berlin - Verlag der Grenzboten

11. "Lettische revo1ution" – Berlin - Reimer

12. R.WERBELIS·"Russisch-Litauen" - Stuttgart J.Schrader”

13. ASCHMIES "Land und Leute in Litauen"- Breslau - Priebatsch

14. Dr.W.GAIGALAT "Litauen" - Frankfurt a/M. - Frankfurter Verein -sdruckerei, Ver1ag,

I – PREMESSA

Destinato a far parte della commissione interalleata incaricata dalla Conferenza della Pace di far sgombrare le truppe-germano-russe dalle province baltiche e condotta felicemente a termine l'operazione, penso che possa riuscire utile ed interessante riunire dati ed impressioni sulle regioni, dove ho vissuto per oltre due mesi. Due mesi sono sicuramente insufficenti per poter dire di conoscere a fondo un paese. E per questo é bene dichiarare subito che le impressioni debbono essere soltanto considerate nel senso letterale della parola e rittenute come del tutto personali, per quanto nell'osservare e nell'apprezzare mi sia sforzato di essere obbiettivo. Tuttavia, la condizione, in cui la commissione si è trovata, di dover venire a contatto con capi e con membri dei governi, il desiderio di questi e di molte altre persone di illuminarci sui vari aspetti della situazione, il lavoro intenso a cui per necessità la commissione è stata costretta, tutto ciò ha consentito di vedere molto in breve tempo. Data la precedente dichiarazione di insufficenza, si dovrebbe logicamente dedurre essere inutile esporre impressioni certamente manchevoli e forsanco false. Ma io penso che, forse, un militare è meglio d'ogni altro in condizioni di giudicare e di apprezzare in campi estranei alla propria missione, perché egli in quei campi non ha preconcetti e, soprattutto, non ha interessi materiali da far valere o da sviluppare. In tutta la vasta regione percorsa non ho trovato che un italiano, un maestro di violino di Riga, ed un lituano che parlasse la nostra lingua, l'attuale ministro per gli affari esteri della Lituania. Nessun interesse diretto lega dunque l'Italia agli Stati baltici, vien fatto di dedurre. Certo, nessun interesse economico immediato, sia per ragioni di distanza, sia per ragioni di prodotti, sia per ragioni di concorrenza e di già avvenuto accaparramento. Ma se dal campo particolare ci si solleva al campo generale della situazione europea, si scorge tutta l'importanza di questi nuovi e malfermi Stati che, dal Baltico al Mar Nero, si interpongono oggi all’Europa centrale ed il caos russo. Per parte mia ho la. convinzione assoluta che questi Stati rappresentino la chiave di volta dell'odierna costruzione europea. Se essi resisteranno, v'é la possibilità che l'Europa si salvi dal bolscevismo. Ma da soli essi non possono resistere: Hanno eserciti deboli e finanze più deboli ancora e quindi occorrono loro aiuti d'ogni specie. Per contro hanno un sentimento nazionale molto sviluppato ed inoltre – almeno per quanto riguarda Estonia, Lettonia e Lituania – non hanno contrasti tra loro.

Quale possa essere, la loro. sorte futura e quale sorte sia da augurare loro, è diffici1e dire. Se la Russia, in una od in altra forma, ritornerà a stato unitario, essi verranno a trovarsi come il vaso d’argilla tra vasi di ferro. Se la Russia si riordinerà in uno stato federativo od in una federazione di stati, sorgerà il problema se convenga comprendervi gli stati baltici per sottrarli alla cupidigia 123

germanica. Oggi come oggi, questi sono problemi prematuri, mentre è·impellente il problema di dare agli stati baltici la vitalità necessaria per resistere alla pressione bolscevica, non soltanto nell'interesse loro, ma nell’interesse dell'Europa.

II - IL PROCESSO STORICO DEGLI STATI BALTICI

Senza scendere in particolari, né procedere ad una narrazione storica, è sufficente accennare che le regioni contornanti da sud la parte centrale del Mar Baltico risentirono grandemente l'influenza degli Stati, che via via attraverso i secoli ebbero la prevalenza ne1l'Europa nordorientale: Svezia, Polonia, Russia, Germania. Di questi stati esse divennero dominio diretto; oppure oggetto di aspirazioni, oppure campo di sfruttamento commerciale. Le popolazioni indigene conservarono però - ed è questa una caratteristica essenziale - la loro personalità etnica, manifestantesi soprattutto nella permanenza della rispettiva lingua. Fino al XII secolo queste popolazioni, pur conservando una pressoché selvaggia indipendenza, sono sotto l'influenza svedese. Dal principio del XIII, secolo comincia per l'Estonia e la Lettonia, affacciantisi al Baltico, la conquista dell'Ordine Teutonico; per la Lituania l'attrazione e poi l’assorbimento del confinante regno di Polonia. Per l'Estonia e la Lettonia si gettano così le basi della colonizzazione tedesca e della questione agraria che, nella lotta tra la nobiltà balto-tedesca e la grande maggioranza della popolazione agricola, rappresenta oggi uno dei problemi più gravi. Per la Lituania si gettano invece le basi delle opposte aspirazioni territoriali di essa e della nuova Polonia, che determinano oggi non lievi contrasti e mantengono in armi l'un contro l’altro i due eserciti. Col procedere del tempo le varie nazioni vengono sempre maggiormente, differenziandosi nel grado di civiltà, di sviluppo e di aspirazioni. ESTONIA. Sul finire del XII secolo incomincia la conquista dell'Estonia da parte dei Cavalieri dell'ordine teutonico. Fino allora gli Estoni appaiono come dediti all’agricoltura, alla pesca. alla navigazione ed anche alla pirateria. L'ordine teutonico con i suoi guerrieri e coi suoi frati ebbe a sostenere lunghe e gravi lotte per sottomettere la popolazione indigena e per ridurla a servitù della gleba. Là nobiltà straniera si fece padrona della maggior parte delle terre, amministrandole a sistema feudale fino al principio del secolo XIX, quando nominalmente la Russia largì la liberazione. dei contadini. Di fatto la nobiltà trovò modo di eludere le leggi non soltanto allora, ma anche successivamente e fino ai nostri giorni. Durante la guerra mondiale, occupata l'Estonia dagli eserciti tedeschi e crollato l'impero russo, credette la nobiltà baltica di poter definitivamente riacquistare l'antica potenza; si affrettò ad annullare le poche concessioni, che era stata costretta a fare. Venne finalmente la sconfitta della Germania, la proclamazione dell'indipendenza dell'Estonia ed .il crollo del sogno dei baroni baltici. Questi però non possono essere soppressi; di qui il sorgere del problema della proprietà terriera, che verrà esaminato dopo aver trattato delle condizioni del suolo e della popolazione rurale e dopo di aver parlato della Lettonia, nella quale il problema si presenta sotto identiche forme e che storicamente ha vicende in gran parte comuni.

LETTONIA. Pure alla fine del XII secolo la Lettonia è oggetto della conquista per parte dell'ordine teutonico e la storia di essa si può sintetizzare in tre grandi periodi: dal 1200 al 1562 appartiene all'ordine teutonico; dal 1562 al 1795 è ducato germanico sotto l'alta sovranità della Polonia; dal 1795 al 1916 è provincia russa. Particolarmente notevole è il periodo di regno, dal 1642 al 1682, del duca Giacobbe, il quale cementò l'unione delle varie parti del ducato e ne allargò i confini, diede un impulso straordinario alle industrie locali, costruì una flotta commerciale ed una flotta militare, e giunse persino ad avere piccole colonie transoceaniche, come quella alla foce del Gambi in Africa e l'isola Tabago nelle Indie occidentali.

Questo fiorente e promettente sviluppo si arrestò per la guerra tra Svezia e Polonia, di cui la Lettonia fu in parte teatro; il duca Giacobbe, sorpreso nel castello di Mitau, fu dagli Svedesi imprigionato nella fortezza di Narva fino alla conclusione della pace di Oliva (1560). Liberato, cercò di ricostruire sulle rovine della guerra; le colonie erano state prese dall'Inghilterra. La guerra della Svezia contro la Russia e la Polonia riaccesasi nel 1700 e durata fino al 1720 riempì di nuove rovine la Lettonia, cosi che il XVIII secolo, e specialmente la prima metà di esso, segna il periodo di maggiore infelicità e miseria. Indebolita l'autorità del principato per inettitudine e per lotte di pretendenti, acquista nuova forza la nobiltà. Il crollo della Polonia portò come conseguenza immediata l'incorporazione della Lettonia alla Russia (1795), la quale le lasciò però, allora, una certa autonomia e consentì la lingua tedesca come lingua ufficiale. La tranquillità permise il rifiorire fino a quando la Lettonia fu di nuovo teatro di una grande guerra nel 1812; gli eserciti alleati di Macdonald e di York combatterono a Bauske e Mitau ed assediarono indarno Riga. Poi ritornò ancora la pace, ma mutò la politica dell'impero russo. L’autonomia a poco a poco dispare e si inizia e si continua quell’opera di russificazione, interrotta dalla rivoluzione del I1905 ed arrestata soltanto dalla grande guerra e che è comune alle attigue provincie di Estonia e di Lituania. LITUANIA. Di assai maggior luce, che non quella dell’Estonia e della Lettonia, brilla la storia della Lituania, che può paragonarsi ad una meteora splendente all'inizio e via via affievolitasi e che spiega come oggi il popolo lituano, di fronte alla possibilità di riaffermarsi, senta fortemente di sé ed a malgrado della propria debolezza costituzionale e sociale, abbia aspirazioni di grandezza. Sino all'XI° secolo la storia del popolo lituano è avvolta nell'oscurità; mentre si rinvennero prove che la Lituania fu abitata nell'etàA della pietra, nessuna traccia si trovò dell'età del bronzo; si scopersero invece tombe dell'età del ferro e numerose monete del tempo da Nerone·ad Aureliano,

unitamente a copiosi ornamenti d'ambra, il che indica un commercio, già attivo in quei tempi, della preziosa resina. Durante l’XI° ed il XII° secolo si sviluppa e si c onsolida il principato di Lituania, che lotta vittoriosamente contro i Russi, allarga notevolmente i confini verso la Russia Bianca e la Russia Nera e diviene nel 1235 Granducato indipendente. Nel 1252, dopo che la maggior parte della popolazione era passata al Cristianesimo, la Lituania diventa regno. Ha allora da lottare aspramente, ma col, pieno successo·finale, contro le forze dell'Ordine teutonico.

Nel XIV° secolo continuano pure gli ampliamenti territoriali, tanto che i confini vengono spinti fin presso Mosca verso est, fino al Mar Nero verso sud, fino all'odierna Galizia ed ai confini romeni verso ovest.

Il periodo dal 1390 al 1430 rappresenta, sotto il regno associato di Jogaila e di suo nipote Witautas, il massimo splendore della Lituania. In unione alla Polonia lotta contro i Tartari; vince a Tannenberg (1410) definitivamente i Cavalieri teutonici, coi quali stipula la pace, che fissa i confini tra Lituania e Prussia orientale rimasti inalterati fino ad oggi e che hanno staccato la piccola Lituania (tra Niemen ed il confine) dalla grande Lituania. Il trattato di Versai1les, portando il confine al Niemen, riunisce di nuovo le due Lituanie. Nel 1386 era però avvenuto un fatto dinastico, che ebbe conseguenze di capitale importanza per l’avvenire della Lituania e della Polonia. Jogaila sposa la giovane regina di Polonia Edvige, abbraccia con gran parte della nobiltà il cristianesimo e prende il nome di Wladislaw. Per evitare la conseguente unione della Lituania alla Polonia, l'imperatore Sigismondo offre a Witautas di assumere da solo la corona di Lituania; ma Witautas muore improvvisamente. Allora si costituisce l"unione della Lituania alla Polonia, unione dapprima semplicemente personale e poi, col trattato di Lublino del 1569, unione effettiva. Il Re di Polonia ha anche il titolo di Granduca di Lituania.

Conseguenze principali di ciò furono: la nobiltà lituana ebbe piena uguaglianza di diritti e di privilegi con la nobiltà polacca, il che consentì i matrimoni tra membri delle due nobiltà, l'estendersi della lingua e dei costumi di Polonia ed il prevalere della politica polacca; un unico parlamento della nobiltà, pur conservando ognuno dei due stati le proprie leggi ed il proprio esercito. Anche queste differenziazioni andarono col tempo attenuandosi: la:Podolia, la Volinia e l'Ukraina passarono a far parte della Polonia e col nome di Lituania si intese in seguito soltanto il territorio che, sotto l'impero Russo più tardi comprendeva i 'governatori di Kowno, Vilna, Grodno, Minsk, Mohilew e Vitebsk.

Se però la nobi1tà lituana adottò costumi e lingua di Polonia, il popolo rimase fedele alle proprie tradizioni, ed alla propria lingua, così che al modesto ed ignorante agricoltore va il merito di aver custodito il patrimonio spirituale e linguistico. Con la spartizione della Polonia (I772, I793, I795) la Lituania passò a far parte dell’impero russo: il congresso di Vienna ribadì quueta assegnazione ed anche il nome di Lituania venne stlstituito da quello di Province nord-occidentali.

La nobiltà baltica. I Cavalieri dell’ordine teutonico misero, come s’é visto, saldo piede in Lettonia ed in Estonia, ma non riuscirono a penetrare a malgrado di ripetuti sforzi, in Lituania. Ciò ha determinato una situazione del tutto diversa nei primi due Stati rispetto al terzo nei riguardi delle condizioni della proprietà terriera e dei rapporti tra proprietari e contadini. Di questa situazione verrà trattato più innanzi, ma conviene ora accennare all'opera della nobiltà baltica per poter rendersi ragione delle condizioni odierne della proprietà e dell'avversione del popolo verso la nobiltà in Lettonia ed Estonia. I Cavalieri teutonici, occupato il paese, vi si installarono in gran numero, togliendo le terre alle comunità ed ai contadini proprietari e riducendo questi ultimi allo stato di servi. Basterebbe questo fatto per spiegare l'astio secolare ed il desiderio oggi, in cui esiste la possibilità, di riavere quanto fu loro tolto. Ma v’è dell’altro.

I baroni baltici tolsero non soltanto le terre, nella coltivazione delle quali possono aver portato mezzi e cognizioni non accessibili ai contadini, ma tolsero anche ogni libertà politica. Essi avevano in ogni provincia una Dieta, solo organo delibèrativo per gli interessi regionali e dalla quale erano escluse le altre classi sociali: divenute province russe, il governo di Pietrogrado provvide bensì a limitare i poteri della nobiltà baltica per trasferirli ai funzionari russi, ma concesse sempre una posizione privilegiata alla nobiltà stessa: ad esempio, la nobiltà dell'Estonia, rappresentante il 0.25% dell'intera popolazione, eleggeva per la Duma lo stesso numero di deputati che il popolo. Di conseguenza il governo russo trovava sempre nella nobiltà il migliore alleato. È numerosi membri di questa nobiltà entrarono a servizio della Russia nella Corte, nelle amministrazioni centrali, nell'esercito. Altro mezzo di dominio fu l' ostacolare con ogni mezzo l'istruzione popolare e professionale, che pure, pel desiderio del popolo e per necessità di tempi, doveva essere impartita. Né le cose migliorarono quando la scuola passò in mano russa; divenne lo strumento più possente di snazionalizzazione e di russificazione: gli insegnanti estoni o lettoni venivano inviati in Russia e nelle province baltiche erano chiamati insegnanti russi.

La nobiltà baltica, in sostanza, vivendo in mezzo, anzi al di sopra, della popolazione indigena, la sfrutta da secoli in base ai privilegi storici e contrasta sistematicamente, a difesa dell’esistenza propria, ogni aspirazione di libertà, di indipendenza, di sviluppo civile. Quando nel 1917 crollò la potenza imperiale russa, i baroni baltici - che a vero dire avevano nella massima parte combattuto lealmente sotto le bandiere russe contro la Germania - fecero buon viso agli eserciti tedeschi. Videro nella Germania una protettrice dei loro privilegi; questa vide nella nobiltà baltica, originariamente tedesca, lo strumento per l'espansione e l'affermazione verso oriente. Esisteva dunque un programma comune, che si può così riassumere: unire le varie province baltiche in uno stato autonomo; avviare questo verso un'unione personale (ducato baltico retto dal Re di Prussia): secondo la Germania, l'unione reale avrebbe dovuto eseguire; secondo la nobiltà baltica, non si doveva andare oltre l'unione personale, affinché i privilegi di essa fossero mantenuti. L’autorità militare tedesca assecondò subito questo piano con tutta l’irruenza propria dei Tedeschi

Che hanno nelle mani il potere. Quel poco di buono, che, ad indebolimento della prepotenza della nobiltà, era stato fatto dal governo russo, venne distrutto: i baroni baltici riebbero tutte le loro funzioni. E per camuffare tutto questo con una veste consona ai tempi, alle antiche diete (da cui il popolo era escluso) si dette il nome di assemblee del paese. Il crollo della Germania fu pure il crollo del sogno della nobiltà baltica. Ma, di fronte allo schiudersi della volontà nazionale d'indipendenza, i baroni si trovano in una situazione difficilissima. Politicamente compromessi, incurabilmente attaccati ai loro antichi privilegi, mal visti dal popolo, dal quale non hanno saputo farsi amare, essi si vedono minacciati financo di un'espulsione in massa. Ad accrescere le difficoltà valse anche il loro contegno in questi ultimi mesi rispetto alle truppe germano-russe rimaste nel paese. Sparita la Russia imperiale, sparita la Germania imperiale, i baroni baltici credettero di vedere nelle truppe di Bermond una nuova forza, a cui chiedere protezione. Disgraziatamente l'indisciplina di queste truppe, i saccheggi, le violenze d'ogni specie non fecero altro che aggiungere esca all'odio della popolazione verso la nobiltà, che le proteggeva. L’immediata conseguenza fu che, appena partite le truppe di Bermond, il governo 1ettone emanò una lunga lista di proscrizione di nobili gravemente compromessi. Durante l'anno d'armistizio, baroni baltici rifugiatisi in Germania non cessarono di agitarsi in senso germanofilo; fallita però l'avventura di Bermond, essi compresero di non aver più nulla da sperare, almeno per ora, dal governo tedesco e fecero dichiarazioni di lealismo verso i governi locali.

Alcuni di questi nobili, coi quali la Commissione venne a contatto, espressero chiaramente il loro errore passato e la volontà ,di adoperarsi pel bene del popolo , e della terra. Fu loro caldamente consigliato di seguire questa via. Difatti alle già gravi questioni, che tormentano quei nuovi Stati,. non dovrebbe aggiungersi quella della rivoluzione del sistema agrario. La nobiltà·possiede i capitali necessari per lo sviluppo agricolo ed industriale e che né Stato, né contadini posseggono; possiede inoltre 1'esperienza di secoli.

D'altra parte la classe agricola non ha (per colpa della nobiltà, è vero) il grado necessario di sviluppo per procedere ad una socializzazione delle terre. Forse, se la nobiltà comprenderà che l’era delle prepotenze e dei privilegi castali è definitivamente tramontata, sarà possibile un accordo sulla base del pacifico concorso tra capitale e lavoro, con enorme vantaggio dell’agricoltura e del benessere generale.

III CENNI GEOGRAFICI

Nel trattare degli elementi geografici e, nel capitolo·successivo, degli elementi etnografici verranno considerati come limiti territoriali quelli indicati dai governi attuali:essi non formano oggetto di controversia tra Estonia e Lettonia, tra-Lettonia e Lituania e tra questi due ultimi Stati e la Germania. Forti divergenze esistono invece tra Lituania e Polonia. Per quanto riflette i confini verso est essi non sono ancora definiti a motivo dello stato di guerra coi Bolscevichi, ma non presenteranno difficoltà che per quanto riguarda la Lituania rispetto alla Russia Bianca ed alla Polonia.

ESTONIA. Il territorio a popolazione estone comprende: l'antico governatorato di Estonia; la parte settentrionale della Livonia; una parta del governatorato di Pskow fra il confine della Livonia, il lago Pskow ed il fiume Velikaia; una striscia del governatorato di Pietrogrado, cioè la pianura di Luga sulle sponde del Narova e della parte settentrionale del lago Peipus. Fanno inoltre parte dell'Estonia circa 80 tra isole ed isolotti lungo la costa. L'Estonia ha quindi per confini: a nord il golfo di Finlandia; ad ovest il Mar Baltico; verso sud il confine etnografico con la Lettonia è nettissimo, mentre manca, ogni traccia·di confine fisico; la linea di demarcazione etnografica va da Haynasoh sul Baltico per Rujen, Wa1k, Taivola, Pugula al fiume Velikaia ed a1 lago Pskow. Verso est è difficile. tracciare. il confine etnografico, in quanto che isole estoni si spingono molto verso est; le richieste dell' Estonia fissano il confine al fiume Velikaia, ai laghi Pskow e Peipus, al fiume Narova. La superfice complessiva risulta così di circa 60.000 chilometri quadrati (Piemonte, Lombardia, Liguria presi assieme). Non si è potuto avere a disposizione maggior quantità di elementi relativi all’Estonia, non avendo

la Commissione visitato tale Stato.

LETTONIA. Incastrata tra l'Estonia e la Lituania, la Lettonia ha con la prima la linea di confine sopra accennata e riconosciuta senza contestazione dai rispettivi governi. Parimente verso sud ha con la Lituania una linea di confine etnografico non contestata e che segue in massima parte la linea divisoria tra i cessati governatorati russi di Riga e di Kowno (e cioè una linea che da Polangen sul Baltico va a Skudi, Lyatskows, Jagori, Bauske, Radziviliski, Suveiniski, Novo Aleksandrovsk). Verso est, cioè tra i due confini ora accennati, il confine (non ancora definitivamente stabilito, in quanto che dura la guerra contro i Bolscevichi così da parte lettone come da parte polacca) dovrebbe passare ad ovest di Pitalows, ad est di Resekne ed a sud di 131

Dwinsk, includendo nello stato lettone tutta la Livonia e tutta la Lactigallia. Ad ovest ed in parte a nord il confine è dato dal Mar Baltico.

La superfice così racchiusa misura circa 64.000 chilometri quadrati. In Lettonia, al pari che in Estonia, il suolo costituito da formazioni glaciali del quaternario riposanti su scisti del devoniano: quest'ultima roccia appare allo scoperto soltanto in alcune profonde incisioni create dalle correnti fluviali. Le coste sono pure, in massima parte piatte e dunose; soltanto tra i porti di Libau e di Windau scendono sul mare alte e ripide. Parallelamente alla costa occidentale ed al corso della Dwina corrono catene di basse colline

(massima quota 200 metri) che, raccordandosi verso sud, comprendono il fertile bassopiano di Mitau; in esse la Windawa, l’Abau;·l’Aa hanno praticato profonde incisioni. Di gran lunga più importante è il fiume Dwina, che atttraversa con direzione da sud-est a nord-ovest l’Estonia sboccando nel golfo di Riga a Dünamünde (60 km a nord di Riga) e separando la Livonia dalla Curlandia. Ha 1024 chilometri di corso ed un'imponente massa di acqua, la quale a nord di 'Riga supera i 1000 metri di larghezza. A motivo di numerose rapide, la Dwina non è navigabile a navi di media portata che nel tratto inferiore; è invece utilizzata dalle caratteristiche struse, zattere che trasportano a valle prodotti d'ogni genere e, giunte a destinazione, vengono disfatte ed il legname venduto per costruzioni. Riga (Dünamünde) è il più importante sbocco sul mare, ma questo gela da dicembre a marzo. Windau e Libau sono gli altri due porti commercia1i, di cui l'ultimo non gela mai.

LITUANIA. Verso nord la Lituania confina con la Lettonia nel modo che s'é detto sopra. Verso ovest confina con la Germania per mezzo del fiume Niemen per un certo tratto e quindi secondo la linea tracciata dal trattato di Versailles. Verso sud e verso est tutto è ancora da definire: i

Polacchi, che hanno grandi aspirazioni, occuparono buon tratto del territorio voluto dai Lituani: intervenne la Conferenza per la Pace a stabilire una linea di demarcazione, la quale non fu rispettata dalle truppe polacche; intervenne il maresciallo Foch ad imporre una linea d'armistizio, ma neppure questa fu rispettata. Volendo considerare i confini etnografici, si può dire che la Lituania comprende gli antichi governatorati russi di Kowno, Wilna e Suwalki, più la piccola Lituania tra il Niemen e l'antico confine germano-russo. Mentre però tutto il governatorato di Kowno è prettamente lituano, quello di Wilna è lituano soltanto per metà e cioè la zona a nord, ad ovest ed a sud della città di Wilna, mentre il resto è bianco-russo: quello di Suwalki è abitato nei circoli di Suwalki ed Augustovo da Polacchi e Bianco-Russi. Poiché tuttavia le statistiche finora esistenti sono quelle russe,

comprendenti cioè gli interi governatorati, le indicazioni, che verranno date in séguito, si debbono intendere date con questa riserva. La superfice dei tre governatorati è di circa 100.000 chilometri quadrati. L'insieme si può considerare come un bassopiano ondulato, che sale leggermente da occidente verso oriente e da nord verso sud. Numerose e non elevate colline (la massima altezza è di 300 metri) accompagnano i corsi d’acqua e contornano numerosi laghi; l'uniformità delle altezze e le forme largamente tondeggianti danno spesso all'insieme l'aspetto di una pianura solcata da profonde valli d'erosione. Le acque sono copiose a motivo specialmente delle abbondanti precipitazioni determinate dal predominio di venti umidi dell’ovest e dall’esistenza di strati rocciosi impermeabili a breve profondità della superfice. Si nota tuttavi una diminuzione, rispetto all’antico, del volume dei corsi d'acqua (letti asciutti in estate) dovuta alla distruzione di boschi. La maggior parte dei fiumi ha orlgIne nelle alture, che sorgono nel governatorato di Wilna ed hanno foce nel Baltico. Il maggior fiume è il Niemen (in tedesco Memel, in lituano Nemunas) che nasce nel governatorato di Minsk, riceve numerosi ed importanti affluenti, che coprono la Lituania come una rete, e si getta nel Kurische Haff. Notevoli sono pure i fiumi Minge e Fenta. Di laghi se ne contano oltre 2000. Centri importanti sono: Wilna, capitale, con 200.000 abitanti; Kowno con 90.000; Suwalki con 25.000, Schawli con 20.000.

IV - LE POPOLAZIONI

Le tre razze, estone, lettone e lituana sono nettamente distinte tra loro; gli Estoni provengono dal ceppo finnico, mentre Lettoni e Lituani sono probabilmente di origine Indoeuropea: è ad ogni modo da escludere nettamente che si tratti di razze slave, come accade talvolta di udir dire qui in occidente. Le radici di molte parole stanno a dimostrare la comunanza di origine con popoli dell'Europa meridionale (ad esempio in lituano: virò = uomo = vir dei Latini. Valò = evviva = vale dei Latini). Esse costituiscono quindi tre nazioni differenti, che, per necessità politica, economica e di difesa, potranno essere riunite in alleanza od anche in federazione, ma che hanno patrimoni storici e linguistici propri, ai quali tengono molto. ESTONIA - La popolazione comprende 1.700.000 abitanti cosi ripartiti:

Estoni 9I%

Russi 5%

Tedeschi 1.5%

altre nazionalità 2.5%

I Tedeschi hanno finora avuto parte di assoluta preminenza nella proprietà terriera e nelle cariche pubbliche, politiche ed amministrative, a malgrado della loro minima proporzione. Le cifre ora riportate spiegano quanto lontano dall'ordinamento sociale occidentale sia l'ordinamento estone (e quanto si dice per l'Estonia varrà per la Lettonia); si piegano anche il desiderio intenso ed il bisogno della popolazione indigena di riavere le proprie terre. Ma i 25.000 Tedeschi, che rappresentano l'1.5% della popolazione totale, sono ben lontani dall'essere tutti proprietari. Questi costituiscono appena 1/6 del totale dei Tedeschi; 1/6 è costi tuito da banchieri e commercianti delle città; i rimanenti 4/6 formano la grande e la piccola borghesia tedesca. La prima vive a fianco della nobiltà e dei grandi commercianti. La seconda è un ceto meschino e ignorante, ciecamente seguace delle classi dominanti, dalle quali però vive completamente separata. La nobiltà ha proprie ed esclusive chiese e circoli, d’intrattenimento. I ricchi commercianti hanno le proprie "ghilde”. Nessun rapporto sociale esiste tra classe e classe. Operai tedeschi, o che parlino i1 tedesco, ve ne sono pochissimi, cosi che non si può parlare in Estonia di una classe operaia tedesca. Il contadino costituisce il ceppo ed il :fondamento di tutte le classi Estoni. Originaria delle campagne è la borghesia delle città; i figli di contadini benestanti e di borghesi che hanno potuto procurarsi un'istruzione superiore, formano la classe intellettuale estone, la quale però, pel disagio 134

creatole dalla classe tedesca dominante (perché i posti dell'amministrazione in Estonia erano riservati ai Russi) preferisce trasferirsi in Russia. L'enorme maggioranza della popolazione è formata dai contadini, sebbene in questi ultimi anni l'emigrazione verso i centri urbani ed industriali sia stata molto forte: in breve tempo la popolazione di Reval si è raddoppiata e contava già nel 1906 ben 20.000 operai organizzati. Dei contadini dal 65% al 75% sono braccianti senza terre proprie; della rimanente parte, cioè dei contadini proprietari, la grande maggioranza è oppressa dai debiti, sia per l'acquisto del fondo, sia pel miglioramento di esso. A malgrado del nessun interesse della nobiltà baltica per l'istruzione del popolo, a malgrado che la Russia vietasse le scuole private a lingua estone e poco curasse le proprie, il grado di cultura del popolo è notevole. Il censimento del 1907 rilevava in Estonia soltanto il 3.4% di analfabeti, eccettuati i bambini al di sotto dei 10 anni comprendendo questi si hanno le seguenti cifre di analfabeti:

Russi 47%

Estoni 19%

Tedeschi 13%

E ciò è soprattutto merito delle madri, che per tradizione insegnano ai figli la letteratura e la scrittura e tramandano i canti e le rune nazionali: anche prima che l’istruzione di venisse obbligatoria, la Chiesa richiedeva all'atto del fidanzamento che la sposa sapesse leggere. Il 16% degli studenti Estoni è costituito da donne (6% in Germania; 14 % in Svizzera; 24% in Finlandia)

LETTONIA Non è stato possibile procurarsi i dati statistici relativi alla Livonia ed alla Lactigallia (cioè al territorio lettone sulla destra della Dwina), in quanto che le pubblicazioni tedesche recenti si occupano esclusivamente della Curlandia, dove più intense erano le aspirazioni di dominio e di annessione. Non è quindi possibile dare la cifra totale della popolazione della .Lettonia. Da un cartogramma annesso ad una conferenza tenuta dal Sig. Doumergue a Parigi nel 1919 si rilevano però i rapporti tra le diverse nazionalità per l'intera Lettonia. Del resto, più che, la cifra assoluta, interessano per i problemi etnici e sociali i rapporti e le percentuali. Si hanno dunque i seguenti dati: Nazionalità nella·campagna per % nella città per % lettone 94.4 46.2

tedesca 2.2 13.2

estone 1 2.1

lituana 1 6.2

polacca ---- 5.7 grande russa 0.8 13.2 ebraica 0.5 10.4

diverse 0.1 3

100 100

In queste cifre è da rilevare: a) la grande sproporzione di tedeschi nella campagna e nelle città, che si spiega col fatto, già visto per l’Estonia, che nelle campagne vivono soltanto i grandi proprietari, mentre nelle città vi sono gli uomini d’affari ed operai in misura maggiore che non in Estonia; b) analoga sproporzione fra gli ebrei, dovuta al fatto, comune dovunque, che gli ebrei sai occupano soltanto di commerci. Occorre inoltre tener conto che la cifra 10.4 data per le città è la media di percentuali singole molto diverse e che vanno crescendo da occidente verso oriente. Cosi ad esempio abbiamo:

Libau ebrei 12.3% della popolazione Windau ebrei 16% della popolazione Goldingen ebrei 24.8% della popolazione Mitau ebrei 15.6% della popolazione Riga ebrei 10.3% della popolazione Walk ebrei 33% della popolazione Friedrichstadt ebrei 63% della popolazione Dwlnsk ebrei 55.6% della popolazione Resekne ebrei 60% della popolazione

c) più forte sproporzione ancora per i Russi, dovuta soprattutto ai funzionari delle città e poi agli uomini d’affari, mentre nelle campagne la colonizzazione russa è rimasta allo stato di progetto. La densità della popolazione (i dati che seguono si riferiscono alla sola Curlandia) e risalgono al 1897) era di 28 per Km quadrato, assai scarsa se la si confronta ai 120 abitanti per Km quadrato della intera Germania; ai 115 della Prussia; ai 74 della Polonia, è però superiore ai 19 della Russia europea. Di più dal 1863 al 1897 si è avuto un aumento del 17%, ma questo è avvenuto esclusivamente per le città, mentre nelle campagne si è avuta una diminuzione del 2 %.

La grande massa della popolazione segue la religione protestante e precisamente si ha: protestanti 72% ebrei 10%

ortodossi 4%

cattolici 12%

altre religioni 2%

100

A motivo dei contatti coi popoli contigui, vengono correntemente usate in Lettonia le tre lingue: lettone, russa, tedesca. Ma le tre nazionalità, vivono affatto separate e da ciò soffrono tutte le istituzioni cittadine, poiché ciascuna nazionalità pensa a sè. Gli Ebrei poi per conto loro le proprie associazioni.

Merita particolare menzione la città di Riga, che prima della guerra contava circa 500.000 abitanti e che esercita nella vita politica ed economica dell’intera Lettonia un’influenza preponderante. Cinque attacchi o tedeschi o russi e quattro mesi di regime bolscevico al principio del 1919 hanno ucciso ogni vita commerciale, danneggiato numerosi edifizi e ridotto 1° popolazione a meno di 20.000 abitanti. Come ultima lettura le toccò un bombardamento con gas asfissianti, che le artiglierie di Bermond le inflissero senza ragione e per pura malvagità a metà novembre, prima di ritirarsi. La parentesi bolscevica durò dal 3 gennaio fino al 22 maggio 1919. seguendo il movimento di ritirata delle truppe tedesche, le forze bolsceviche occuparono successivamente le città della Lettonia e vi instaurarono la dittatura del proletariato. Nel maggio truppe estoni e lettoni, in unione a truppe tedesche, riuscirono a cacciare i bolscevichi. Ma il danno prodotto da questi ed il disagio creato da cinque anni di guerra hanno determinato un malessere profondo e difficilmente curabile: i partiti estremi soffiano nel fuoco, così che il pericolo di nuove agitazioni a base economica è ancora assai grave. Soltanto la ripresa delle relazioni commerciali con la Russia, ridonando a Riga la funzione di sbocco principale della Russia sul Baltico, potrà scongiurare il pericolo di un ritorno al bolscevismo.

LITUANIA. La popolazione dei tre governatorati di Kowno, Wilna e Suwalki conta circa 4.500.000 abitanti, con una densità di 50 per Km quadrato. Di essi, però, soltanto 2.000.000 sono di razza lituana; i rimanenti sono russi, ebrei, polacchi e tedeschi. I Lituani hanno pure una forte emigrazione; e contano 600.000 nell’America del Nord e numerosi sono nell’interno della Russia, in Inghilterra, nelle città lettoni: questi emigrati conservano energicamente il proprio carattere

nazionale e l'attaccamento alla madre patria. Tengono moltissimo alla propria lingua. I Russi Bianchi nella Lituania etnografica costituiscono un'insignificante minoranza, mentre se si considerano i tre governatorati, vi entrano per circa 1.000.000 abitanti, dei quali ben 890.000 nel solo governatorato di Wilna. Di questo fatto si dovrà certamente tener conto nel determinare i confini dei nuovi Stati, tanto più che la richiesta capitale lituana Wilna, oggi occupata dai Polacchi, si trova al limite della Lituania etnografica. I Russi si occupano quasi esclusivamente di agricoltura e sono in massima poveri ed ignoranti; manca un medio ceto, che è fra essi rappresentato dai Polacchi. Sono la maggior parte greci-ortodossi. I Grandi Russi costituivano, fino allo scoppio della grande guerra, i funzionari e gli agenti di russificazione. All’avvicinarsi degli eserciti tedeschi sparirono senza lasciar traccia della loro centenaria opera, all’infuori di qualche rovina materiale e morale. Gli Ebrei formano il 135 della popolazione complessiva ed abitano quasi esclusivamente le città, dove quindi la loro percentuale è molto elevata (Kowno 36%; Wllna 41%; Suwalki 55%). Si occupano di commercio, ma pel loro grande numero contano molti poveri e sono costretti ad emigrare in Polonia, dove aumentano il proletariato, ed in America. I Polacchi sono circa 400.000, addensati ,specialmente nel governatorato di Suwalki. Nel resto della Lituania non sono numerosi, ma esercitano notevole influenza per l’unione politica secolare (patto di Lublino, a cui si è accennato ) e per la conseguente prevalenza della nobiltà e dei grandi proprietari, e che soltanto una reazione nazionale iniziata nella seconda metà del secolo XIX cominciò a demolire. Questa reazione di riconquista, basata soprattutto sull’influenza .religiosa, è più viva nel governatorato di Wilna. I Tedeschi costituiscono una proporzione trascurabile (Kowno 1%; Wilna 1%; Suwalki 5%). La popolazione è nella grande maggioranza agricola e questa gode di un certo benessere. Non esistono città molto popolose (Kowno 75.000; Wilna 200.000; Suwalki 50.000). Quindi il pericolo di un bolscevismo indigeno non esiste ed un bolscevismo imposto dall'esterno troverebbe forte resistenza.

Gli Ebrei nella vita dei singoli stati Per effetto delle persecuzioni in Russia e dello stato d’inferiorità giuridica e sociale in Germania ed in Austria, gli Ebrei si sono venuti addensando nelle regioni di contatto dal Baltico al Mar Nero. Impediti di acquistar terre e dediti al commercio (quello minuto è quasi esclusivamente nelle loro mani) abitano, per la quasi totalità nelle città ed in queste hanno quartieri proprii. Il loro numero determina,ciò che non accade nei paesi occidentali, l'esistenza di un numeroso proletariato miserabile. Si occupano di tutto, "dalla

vendita dei prodotti del suolo (scrive il Bischof) al commercio di ragazze ebree e non ebree, dai vecchi pantaloni ai libri di preghiere". Conoscono la lingua del paese che abitano, ma tra di loro parlano il Jiddisch dialetto misto di ebraico e della lingua indigena locale e quindi variabile da paese a paese. Hanno anche giornali propri. Ciò che è essenzialmente caratteristico si è che gli Ebrei costituiscono una nazionalità a sé, che si manifesta non soltanto nel campo religioso, negli usi e nella foggia di vestire, ma ancora nel campo politico. Essi eleggono i propri rappresentanti nelle cariche amministrative, si associano ad altre nazionalità per riuscire in determinate elezioni ed hanno mandato propri deputati alla Duma. Non solo, ma accampano talvolta pretese straordinarie: nello scorso anno in Polonia, quando si trattò di costituire i poteri statali, gli Ebrei chiesero di avere al parlamento, nella magistratura, nell'esercito, ecc. non soltanto un numero di posti proporzionale al loro numero, ma uguale a quello delle altre nazionalità. Negli Stati baltici non si può dire che esista oggi una questione ebraica allo stato acuto come in Polonia, in Ucraina, in Romenia, perché l'accordo con le altre nazionalità è abbastanza buono. Certo è però che tale questione sorgerebbe qui pure formidabile il giorno, in cui per lo sviluppo delle istituzioni si dovesse venire alla parificazione dei diritti, oppure si pensasse ad una espulsione in massa di gente povera, non vogliosa od incapace di assimilarsi la civiltà altrui e di progredire, fisicamente ed intellettualmente inadatta ai lavori dell’inclinata al lavoro della terra e, quindi, non desiderata dalle nazioni vicine.

V - LE CONDIZIONI DELL'AGRICOLTURA E DELL'INDUSTRIA

La breve durata della stagione lavorativa e la temperatura mai elevata riducono a pochi i prodotti del suolo grano, avena, orzo, patate, fieno, lino, 1egname, erbaggi, mele. Di questi i soli prodotti di esportazione sono il lino, il legname e l'avena. In Estonia venne dato notevole impulso alle associazioni agricole col compito di istruire i contadini e di migliorare la produzione in tutti i campi: come stimolo si tengono numerose esposizioni di prodotti, assai frequentate da espositori e da visitatori.

Accanto a tali associazioni fioriscono: cooperative di consumo fra contadini (115); cooperative di acquisto e di vendita collettiva di merci occorrenti all'agricoltura e di prodotti agricoli (17 con 5.000.000 di rubli all'anno di affari); banche cooperative di credito, (90 con 40.000 soci e 14.000.000 di capitali); banche di credito a mutualità (15 con 170.000.000 di capitali); latterie cooperative (60, che lavorano oltre 60.000.000 di litri di latte); cooperative per lo sfruttamento delle torbiere. In Lettonia (o meglio in Curlandia, per la quale soltanto si hanno dati per la ragione detta sopra) i dati percentuali non possono però variare sensibilmente da quelli dell’intero stato) la ripartizione del suolo secondo le culture è:

campi 30% boschi 34%

prati e pascoli 28% terre incolte 8%

La maggiore ricchezza è data dalle foreste, che però soltanto da 50 a 60 anni, e non dappertutto, vengono razionalmente sfruttate: nel 1911 dai soli due porti di Windau:e di Libau partirono legnami per due milioni di rubli. Anche in Lettonia esistono numerose scuole d’agricoltura, compresa una scuola superiore a Riga, cooperative di produzione, di consumo e di credito. In Lituania la ripartizione del suolo è: campi 40% boschi 25%

prati e pascoli 25% terre incolte 10%

L’esportazione, assai notevole, ha luogo, essenzialmente per via f1uviale verso la Germania e la Polonia. La coltura è soprattutto estensiva e, soltanto allo scoppio della grande guerra, si iniziava la coltura intensiva. In molti luoghi è ancora in vigore la coltura, del tipo russo del mir, di terre comunali assegnate a turno ai contadini, ma è un sistema che va rapidamente sparendo.

Una delle ragioni del basso rendimento delle terre va ricercata nello scarso interesse del contadino a produrre, derivante dal gioco di tariffe praticato dal governo russo. Le tariffe ferroviarie per i grani provenienti dall’interno della Russia, erano così basse, che il grano russo veniva in Lituania a costare meno del grano locale; per l’esportazione esistevano invece dazi elevati; quindi il contadino lituano non aveva interesse che a produrre solo quanto gli occorreva. Venne poi la guerra con le distruzioni, le requisizioni e la sottrazione di braccia e l'agricoltura deperì ancora. Oggi però accenna a riprendere e, certo per mancanza di mezzi d'esportazione, si nota in Lituania un'abbondanza di prodotti agricoli, che impressiona il viaggiatore, che arriva dall'occidente. Il bestiame era, prima della guerra, assai abbondante: per ogni 100 abitanti si avevano 20 cavalli, 35 bovini, 26 ovini, 18 suini. Le requisizioni hanno ora ridotto il paese allo stremo e, se non si provvederà urgentemente a far restituire dalla Germania almeno le migliaia di cavalli e di bovini tolti dalle truppe di Bermond, all'aprirsi della primavera l'agricoltura in Lituania sarà in condizioni gravissime. L'allevamento del bestiame può costituire una vera ricchezza per questa regione, quando si curi l’introduzione a nuovi stalloni (nel 1911 vennero esportati soltanto dal Governatorato di Wilna 45.000 cavalli) e si provveda a buoni impianti frigoriferi fissi e mobili, così da poter macellare le bestie sul posto. Di conseguenza può pure prosperare l'industria del latte, i prodotti del quale avevano già prima: della esportazione in Germania ed in Inghilterra. Lo stesso dicasi per i gallinacei (specialmente oche) e per le uova. Valga per la Lituania quanto si è detto per la Lettonia a proposito delle istituzioni cooperative e di credito. Il patrimonio forestale è andato gradatamente diminuendo da quando i cronisti samogiti vedevano la Lituania tota silvis inumbrata e ciò soprattutto perché 1/3 soltanto de,i. boschi è proprietà demaniale e quindi i rimanenti 2/3 sono soggetti ad irrazionale sfruttamento: il disboscamento ha avuto sviluppo specialmente lungo i corsi d’acqua, facile mezzo di trasporto. Con tutto ciò esistono ancora vaste distese boschive (ad es. la tenuta del Conte Oginski a Retow di 20.000 ettari; quella del barone Lapgirren a Rassein di 15.000 ettari). Nel 1913 se ne esportano 2.200.000 metri cubi in Germania, Inghilterra, Francia, impiegati essenzialmente per pasta di cellulosa, legno da costruzione e traversine di ferrovia. Grandi quantità di legname sono pure impiegate sul posto per costruzione di abitazioni, le quali sono esclusivamente in legno, anche in città.

Le industrie esistenti nelle province baltiche sono assai poco sviluppate e si limitano, anche in scarsa misura, a quelle che derivano dall’agricoltura o producono generi d'immediato consumo.

Così si contano in Curlandia:

44 fabbriche di alcool

54 fabbriche di birra

10 fabbriche di colori

3 fabbriche di fiammiferi

1 fabbriche di panni 13 fabbriche di macchine

78 fabbriche di mulini

9 fabbriche di segherie di legno 3 fabbriche di vetrerie

In Lituania si avevano, nel 1911, 450 opifici con più di 20 operai e che impiegavano in totale 18.000 operai; ma la maggior parte di questi opifici funziona senza forza motrice, si tratta cioè di piccola industria casalinga o bottegaia. Sono però da ricordare: la fabbrica di cioccolata Victoria a Wilna con 500 operai, la vetreria di Nemunek, la fonderia di Kowno con 1000 operai, la fabbrica di macchine Vilija in Wilna, la fabbrica di cementi in Walkiminken. I proprietari sono per lo più ebrei, polacchi, tedeschi, e lettoni, in minimo numero lituani. Il commercio si accentra in Lettonia attorno al grande emporio di Riga ed ai due porti di Libau e di Windau ed è soprattutto commercio di importazione ed esportazione fatto in gran parte da tedeschi e da ebrei. Erano principali prodotti di importazione le macchine d’ogni specie, i manufatti di importazione e le chincaglierie. Oggi ogni prodotto trova immediato collocamento. Il commercio della Lituania si serve dei porti lettoni suaccennati, ed anche di quello di Memel per quanto riflette il movimento transmarino; delle ferrovie e dei corsi d’acqua per quanto riguarda Germania e Polonia. Per il commercio interno sono in uso le fiere, caratteristiche della Russia.

Le ferrovie hanno un discreto, specialmente se confrontate con quelle della Russia; ,data l’uniformità del suolo sono di poco costoso rendimento; i Tedeschi durante l’occupazione hanno costruito parecchi tronchi nuovi ed hanno, in Lettonia e in Lituania, ridotto lo scartamento da quello russo a quello normale, ciò che faciliterà anche in avvenire il movimento verso i paesi occidentali. Le strade a fondo artificiale sono molto scarse; in Lituania prima della guerra non ne esistevano che due: la Tauroggen – Mitau (160 Km) e la Kowno-Dwinsk (220 Km). I Tedeschi ne costruirono alcuni tronchi e rassodarono parecchie a fondo naturale. Queste ultime, che rappresentano il comune mezzo di locomozione, sono facili in inverno per le slitte, polverose e faticose nell'estate, impraticabili durante le piogge autunnali ed il disgelo primaverile.

I corsi d’acqua ed i canali sono le vere comunicazioni, specialmente commerciali di queste regioni. La Dwina, il Niemen, la Wilija, la Neviaga, la Dubissa e i loro affluenti sono navigabili in vario grado, ma sempre a piccole imbarcazioni e a zattere. Fra i canali importanti e che interessano il commercio internazionale, sono da ricordare: il canale Oginski (il principe Oginski ottenne nel secolo XVIII di farlo scavare a proprie spese, ma fu poi condotto a termine dallo Stato), che collega il Niemen, e precisamente l'affluente di questo Ciara col Prilpet e quindi col Dnieper e per conseguenza mette in comunicazione continua il Baltico col Mar Nero; il canale Augustovo, che unisce il Niemen alla Vistola; il governo russo, allo scopo di avere una via d’acqua indipendente dalla Germania, aveva iniziata la costruzione di una comunicazione Niemen-Mar Baltico, unendo la Dubissa alla Venta, ma i lavori furono interrotti dalla guerra.

VI - IL PROBLEMA DELLE TERRE

Dopo il problema economico-finanziario, che gli Stati baltici non potranno in nessun modo risolvere da soli, il problema della proprietà terriera è quello di maggiore importanza, specialmente per l'Estonia e la Lettonia. Dalla soluzione, che ad esso verrà data, dipenderanno la prosperità materiale futura e la tranquillità sociale di quei paesi. ln Estonia vige una costituzione agraria assolutamente anacronistica. La terra è divisa in due categorie: terre padronali esenti da imposte e terre dei contadini gravate da imposte. Le statistiche del 1900 danno:

terre padronali 60% terre dei contadini 40%

Le terre padronali, che per l'Estonia e la Livonia rappresentano 3.200.000 ettari, sono ripartite tra soli 895 proprietari, di modo che ogni proprietario ha in media 3600 ettari esenti da imposte, senta calcolare il terreno dei contadini. Ma parecchi dei proprietari appartengono ad un'unica famiglia, così che il numero delle famiglie latifondiste è di 250 appena. Le terre dei contadini, per un complesso di 2.100.000 ettari, sono suddivise in 60.000 poderi dell’estensione media di 40 ettari, che; data la scarsa fertilità del suolo, non sono talvolta sufficienti per mantenere una famiglia. Gli ukase del 1819 e del 1861 abolirono bensì la servitù della gleba, ma non diedero ai contadini il possesso della terra, che rimase ai baroni. Al rapporto patriarcale tra padrone e servi si sostituì il contratto d’affitto, pagabile in mano d’opera ed in prodotti. Otteneva bensì il contadino il diritto ad acquistare la terra, ma quanti potevano farlo? I contadini hanno inoltre l’obbligo della manutenzione delle strade pubbliche, dello sgombro della neve, del mantenimento delle stazioni di posta a cavalli, delle scuole, delle chiese e delle cancellerie. Queste condizioni ebbero, fra l’altro, la conseguenza dello spopolamento delle campagne non appena la concessione di poter scegliere domicilio e professione permise al contadino di staccarsi dalla terra: in Russia si formarono oltre 300 colonie agricole; molti si trasferirono nelle città, mutando in estone il carattere di queste, che prima era prevalentemente tedesco. Alla vigilia della prima rivoluzione russa (1905) questa nuova borghesia era già in condizioni di muovere alla conquista delle amministrazioni comunali contro la nobiltà balto-tedesca: così Reval fu amministrata da Estoni dal 1904 all’occupazione tedesca del 1918. E quando la rivoluzione estese il diritto elettorale, i tedeschi entrarono nei consigli comunali soltanto grazie al sistema proporzionale. Da quanto si è detto sopra emerge che la fame di terre è grande in Estonia ed a saziarla non basta la messa in valore delle terre incolte, le più povere come produttività, che richiederebbero l'impiego di forti capitali e sono in massima parte nelle mani di latifondisti.

Identiche sono le condizioni in Lettonia, dove la terra è cosi ripartita (per le. sola Curlandia): terre padronali 1.113.000 ettari 42% terre dei contadini 1.150.000 ettari 38%

terre demaniali 537.000 20%

2.800.000 100%

Delle terre padronali, soltanto 6000 ettari sono proprietà diretta di contadini; il resto, 1.107.000 ettari, è proprietà di 499 1atifondisti, con una media di 2200 ettari ciascuno. Negli ultimi anni poi era cominciato in Lettonia un lavoro di espropriazione dei latifondi da parte di banche agrarie dei contadini, così che soltanto l'80% delle terre padrona1i è rimasto in mani tedesche. Ma le banche erano …russe e davano le terre soltanto a contadini venuti dalla Russia. In Lituania il prob1ema agrario è meno grave per due fatti: la maggior proporzione di terre dei contadini e l’origine della nobiltà latifondista che, come si è visto, non è tedesca, ma lituana polonizzata o polacca. Quindi almeno l'odio verso la nobiltà manca, se pure esiste l'inevitabile antagonismo. La ripartizione delle terre è nel seguente rapporto: terre padronali 3.640.000 ettari 38% terre dei contadini 4.785.000 ettari 50%

terre demaniali 1.150.000 ettari 12%

9.575.000 100%

Le condizioni non sono però identiche nei tre governatorati; così la media del 38% di terre padronali si ottiene dalle tre percentuali: Governatorato di Kowno 44%

Governatorato di Wi1na 48%

Governatorato di Siwalki 22%

Di più ben 510 proprietà hanno più di 1000 ettari di estensione, mentre si trova un considerevole sminuzzamento delle terre dei contadini:

proprietà maggiori di 20 ettari 22% proprietà da 10 a 20 ettari 35% proprietà da 3 a 10 31% proprietà minori di 3 22% Per conseguenza esiste pure in Lituania la fame di terre e la dimostrazione si ha nella forte emigrazione da parte di un popolo, il quale ha grandemente sviluppati il sentimento di nazionalità e

l'attaccamento alla terra, cui ritorna l'emigrato in America, nel sud-Africa od in Inghilterra non appena abbia risparmiato il gruzzolo per comperarsi un pezzo di terra. Come potrà essere risolto questo problema, particolarmente in Estonia ed in Lettonia, dove il latifondo esiste in tutta la gravità di estensione e di privilegi? L'autorità militare tedesca dopo la pace di Brest-Litowsk lo risolse facilmente. Distrutto il governo autonomo che era sorto dopo la cacciata dei Bolscevichi (gennaio 1918), la nobiltà. tedesca fu autorizzata a rappresentare il paese in attesa che il ducato di Estonia, Livonia e Curlandia fosse assunto dal Re di Prussia; adottata la lingua tedesca, soppressa la stampa estone, vietata la corrispondenza privata con l’estero, vietato il movimento di persone all’interno; il contadino ridiventava un puro e semplice servo della gleba. Fortunatamente la vittoria dell’intesa seppellì anche tutto questo. La democrazia,·che assunse il potere, aveva però veduto anche l'esperienza dei Bo1scevichi, breve, ma istruttiva. Questi confiscavano, è vero, i latifondi, a dichiaravano la nobiltà fuori legge; ma la miseria, la rovina ed il disordine erano la conseguenza dei loro sistemi. E ne trassero il convincimento che i loro popoli non siano ancora maturi per la realizzazione degli ideali socialisti, che su questa via è necessario li precedano i popoli che hanno raggiunto un più alto grado di evoluzione.

Ma, di fatto, la nobiltà balto-tedesca vive ancora in mezzo al popolo estone e, sebbene oggi si mostri arrendevole per timore di peggio, non ha ancora steso francamente la mano al contadino. Fino a quando le truppe germano-russe di Bermond sono rimaste nella regione, la nobiltà ha sperato di poter forse mantenere almeno in parte i propri privilegi feudali. Ora non può più sperare che nell'imprevisto ed imprevedibile. Perciò è disposta a trattare, con quanta sincerità presente e futura non è dato di sapere. Certo è che la nostra commissione è stata incaricata da gruppo di baroni baltici rifugiati a Berlino di trasmettere al governo lettone una dichiarazione, in cui, riconosciuti i torti del passato, offrivano di trattare per trasformazione del diritto di proprietà. I fanatici del luogo vorrebbero l'espulsione in massa della nobiltà e la confisca delle loro terre. Ma questo non risolverebbe la questione. Condurrebbe ad un frazionamento eccessivo e caotico della proprietà, che determinerebbe l'impoverimento delle terre ed, a breve scadenza, il fiorire della speculazione e dell'usura. Di più andrebbero perduti tesori non disprezzabili: l'esperienza, il metodo, la riserva di capitali, che sono fondamenti del reddito delle terre. Ciò che invece si tratta di spazzar via è il sistema feudale; ciò che si tratta di creare è la cooperazione tra lavoro e capitale là, dove si ha ancora la fortuna di avere una numerosa nobiltà che, pur con tutti difetti che abbiamo visto, ama la terra e vive, di essa e per essa costantemente, tutto l'anno.

VII - LE FORZE MILITARI

Estonia. Ha 3 divisioni sulla fronte bolscevica, che comprende anche il tratto prima tenuto dal corpo di Judenic. In totale 34.000 uomini, di cui 18.000 di fanteria: abbondanti mitragliatrici; 12 batterie da campagna; 15 batterie pesanti. Armamento, equipaggiamento e vettovagliamento buoni. Addestramento buono. Inghilterra e Francia hanno mandato materiali, ma in misura inadeguata ai bisogni di guerra. Comandante in capo è il generale Leidenerch, assistito dal colonnello inglese Alexander.

Fino ai primi di novembre 1919 il settore di Narva era tenuto dal corpo russo di Judenic, che intrapresa un'offensiva mirante alla liberazione di Pietrogrado fu completamente sconfitto dai Bolscevichi.

Cause prime dell'insuccesso: mancato accordo con la Finlandia per far concorrere da nord le forze finlandesi; deficentissimo munizionamento ed equipaggiamento; scarsa volontà di combattere nell'elemento russo (il gen. Judenic lamentava la mancanza di ufficiali e ve n'erano 2000 inoperosi a Reval). La ritirata fu un disastro completo ed accompagnata da saccheggi ed atrocità sui prigionieri bolscevichi. Il gen. Judenic cercò di fare accogliere gli avanzi del suo corpo (8000) nell'esercito estone, ma il governo di Reval, a malgrado delle sollecitazioni dell'Intesa, rifiutò, probabilmente per le pretese di comando di Judenic e perché erano in corso le trattative coi Bolscevichi a Dorpat. Judenic si recò allora (18 dicembre) a Riga mentre vi era la Commissione, per ottenere la stessa cosa dai Lettoni. Ma pretendeva il comando di tutte le forze lettoni-russe, la disponibilità di un porto e di una linea ferroviaria, il collocamento di parecchi generali e di molti colonnelli. I Lettoni rifiutarono. In questi ultimi giorni (fine gennaio) si ha notizia del ' suo arresto per parte degli Estoni, mentre stava per partire per Stoccolma. Lettonia. Sgombrato il territorio dalle truppe, germano-russe di Bermondt, vi sono rimasti il solo esercito lettone e la landwehr baltica. L'esercito lettone, rapidamente organizzato ed equipaggiato, a cura di Francia ed Inghilterra, comandato dal colonnello Ballod, ha dimostrato buone qualità durante l’offensiva contro Bermondt e von Eberhardt (novembre 1919), nella quale impiegò due divisioni. Ha attualmente 4 divisioni, di cui 2 sulla fronte bolscevica, 1 nell’interno ed 1 in formazione a Libau.

L’esercito lettone, quantunque appena nato, dà un’impressione favorevole di solidità e di serietà come, del resto, tutto quanto l’ordinamento della Lettonia. Le missioni militari francese ed inglese se ne occupano attivamente. Come, ora che è stata conclusa la pace (2 febbraio) tra l’Estonia e Russia bolscevica, possa tenere la fronte e guardarsi il fianco sinistro, è difficile vedere; probabilmente la Lettonia dovrà concludere pace od armistizio.

Lituania. Ha un'esercito in via di formazione, mancante di tutto. Lo comanda il generale Liatukas, di scarso valore (esiste un generale Jukowski, generale autentico dell'antico esercito russo e che, nei frequenti contatti con la Commissione ha fatto a tutti ottima impressione; ma è tenuto in disparte, perchè sospetto di russofilia). Tiene un breve tratto di fronte bolscevica, con 4 battaglioni, ma la maggior parte delle forze è inoperosa all’interno. Queste furono a stento trattenute dalla Commissione durante l'evacuazione; anelavano di gettarsi nelle retrovie dei Tedeschi per sete di bottino.

La Commissione, come compenso all’inazione, è riuscita a far consegnare dai Tedeschi una notevole quantità di materiale (36 cannoni con munizionamento, 5000 fucili, 300 mitragliatrici; 5 milioni di cartucce, aeroplani, autocarri, esplosivi, ecc.) che, unito a quello abbandonato dai Tedeschi, a quello periodicamente comprato dai Bolscevichi (mediante cessione di animali) ed a quello fornito dall'Intesa, permetterà di mettere insieme qualche cosa. Ma bisogna soprattutto formare i quadri, assolutamente insufficienti sotto ogni riguardo e stimolare l’attività dei soldati, tranquilli per indole.

VIII – LE MISSIONI ALLEATE

Ve ne sono parecchie e numerose negli Stati baltici. Accenno a quelle vedute, ma non escludo che ve ne siano altre, specialmente inglesi. Ad Helsinsfors v'é il generale francese Etiévant incaricato di coordinare l'azione di tutte le missioni francesi del Baltico.

A Riga vi sono: la missione francese retta dal colonnello Duparquet con una ventina d'ufficiali, di cui alcuni anche a Libau ed alcuni impiegati come istruttori nell’esercito: la missione inglese retta dal generale Burth, pure assai numerosa; la missione americana retta dal colonnello Gate, che apparentemente si occupa di prigionieri di guerra e di beneficenza. Nelle acque del Baltico è inoltre la squadra inglese comandata dall'ammiraglio Kowan. Di più, il generale Turner, delegato inglese nella nostra commissione, è rimasto a Riga, come capo di tutte le missioni inglesi (omotetico del generale francese Etiévant). A Kowno vi sono: la missione francese del colonnello Reboul, con una ventina di ufficiali; la missione inglese del colonnello Robinson; un comando d'aviazione inglese; una dozzina d’ufficiali inglesi come istruttori nell'esercito; una missione della croce rossa americana. Le missioni americane, camuffate militarmente, si occupano evidentemente di affari. Lo stesso fanno le missioni inglesi, ma le finalità sono del tutto diverse. L'americano reca la propria merce, la vende e prende merce locale in cambio senza mire lontane. L’inglese tende invece a rendersi economicamente padrone del luogo; perciò, forse, ha. il recondito desiderio che questi Stati non divengano troppo forti e non passino a far parte di una maggiore organizzazione statale (Russia o Germania). I maligni dicono che l'Inghilterra mira a crearsi una colonia del Baltico, porta d'accesso e di sbocco verso la Russia. Ho udito affermare che, in cambio di un prestito in denaro, l’Inghilterra ha ottenuto il monopolio della produzione di lino e delle foreste in Lituania, i due maggiori prodotti d’esportazione. Le missioni francesi lavorano accanitamente per contrastare l'opera di quelle inglesi; lo si sente, più che non lo si veda, poiché i rapporti reciproci esteriori sono cordiali, ma, siccome i mezzi sono molto minori ed i modi non sempre simpatici, non vi riescono. Al programma separatista inglese, la Francia vorrebbe opporre un programma di unione alla futura Russia; programma politico dunque (sebbene con lontane vedute economiche: i 15 miliardi di crediti in Russia da ricuperare) di attuazione futura, opposto ad un programma economico di attuazione immediata. È però da notare negli inglesi una rigidità schematica di idee e di procedimenti, unita ad una serena ignoranza delle reali condizioni politiche e sociali (l'affare e nulla più); negli ufficiali francesi, invece, una profonda conoscenza di tali condizioni accoppiata ad una ottima conoscenza delle lingue ovunque impiegate (tedesco, russo, polacco)

Di italiani nessuna traccia. Eppure, visto che l’Italia non può avere mire di alcun genere lassù, e quindi l'opera sua sarebbe disinteressata e perciò apprezzata, pensando alle cordiali accoglienze ricevute, quanto bene potrebbe fare una missione, quanto utile sarebbe un occhio intelligente colà.

IX – CONCLUSIONE

Negli appunti, che precedono, ho procurato di essere quanto più obbiettivo fosse possibile, di riferire soltanto o cifre o fatti.

Dovrei ora fare apprezzamenti e trarre deduzioni, che vorrebbero poi anche essere previsioni pel futuro. Per queste ultime mi guardi il Cielo dal farne, trattandosi di paesi per me ignoti fino a 3 mesi addietro, oggi ancora in istato di gestazione con parecchie sages femmes che attendono l'evento, chiusi fra due colossi in convulsione oggi, ma non certo in un domani più o meno remoto. Di più, quale autorità avrebbero queste previsioni, non solo per l'insufficenza di chi le emette, ma anche per le convinzioni altrui, di solito tanto più recise, quanto meno il problema, a cui si riferiscono, è conosciuto sotto tutti i suoi aspetti? Rientrato a Parigi proprio nei giorni delle nuove decisioni, ho appreso che l'Intesa aveva stabilito di non più soccorrere di armi gli eserciti antibolscevichi e di passare ad una politica di trattative con il governo di Mosca. Questa decisione, che non mi permette di discutere, ma che è precisamente opposta alle mie convinzioni, é l'argomento decisivo, se i precedenti non fossero stati sufficienti, per farmi tacere. Però mantengo le mie convinzioni. Vi sono tuttavia alcune poche idee, che non sono apprezzamenti, ma dati positivi di fatto, su cui nessuno può dissentire e che non posso a meno di fissare a mo' di epilogo.

1) I nuovi Stati dal Baltico al Mar Nero costituiscono oggi (oggi, si noti, non domani) la chiave di volta del sistema europeo contro la minaccia diretta ed operante del bolscevismo. Se la chiave di volta regge, forse l’Europa è salva; se non regge, almeno l'Europa centrale crolla. La si rafforzi, economicamente o militarmente poco importa, ma la si rafforzi, perché com'è oggi non regge, almeno per quanto riguarda gli Stati Baltici e la Polonia. 2) La ricostituzione di quella che fu la Russia imperiale non può avvenire che per formazioni successive: oggi abbiamo i Randstaaten, a cui più tardi si uniranno la Russia Bianca, la

Moscovia, ecc. Che forma avrà l'insieme, non importa oggi, ma importa che ciò che si è formato e che esiste, rimanga come fondamento. 3) La Germania è oggi ridotta senza denaro, senza colonie e con le vie dell'occidente sbarrate: possiede invece una fitta popolazione dotata di una poderosa capacità di lavoro. Per seguire, l'indirizzo segnatoli dai propri reggitori, ha trascurato l’agricoltura. Per le difficoltà opposte ad una ripresa vigorosa dell'antica vita industriale essa dovrà rivolgersi ancora all'agricoltura, dapprima all'interno e poi all'estero. Gli Stati baltici offrono vastissime distese di terre non sfruttate intensivamente e scarsamente popolate. Quindi è fatale l'affluire in questi Stati della

popolazione tedesca; oggi i Tedeschi ne sono stati cacciati; vi ritorneranno fatalmente in un domani non lontano. Poi verrà la volta della Russia, tentata dapprima dalle imprese industriali, perché la via dell’oriente è la sola aperta all’attività ed all’eccesso della popolazione tedesca. 4) Rigenerata la Germania, ricostituita la Russia, non potranno gli Stati baltici sussistere come stati cuscinetto: o saranno assorbiti, o verranno schiacciati a malgrado del loro sentimento nazionale.

E' doloroso dover dir questo dopo di avere ammirato questo sentimento nazionale, dopo di avere auspicato loro la migliore delle fortune nel nome del principio di nazionalità, che fu la base della rigenerazione d'Italia. Ma anche questo è fatale, anche se incontrerà resistenze ostinate, quali sono da prevedere in popoli che finalmente hanno gustato la libertà e l'indipendenza.

APPENDICE

Note su alcuni Capi dell' armata dell'ovest (da confidenti)

Bermondt. (soprannominato principe Avaloff dal casato della madre): famiglia a assai insignificante del Caucaso.. Capitano nel 4° Regg. Ulani di Charkoff. Dopo la rivoluzione ha servito in Ukraina sotto la rada centrale. Prese parte al colpo di stato dell’ataman Skoropatski. Fu uno dei principali rganizzatori dell'armata volontaria del sud (Voroneg), terminata in una dissoluzione completa e con il furto della cassa da parte degli organizzatori: Bermondt era capo del servizio di controspionaggio e del servizio di reclutamento. Dopo la caduta dell'ataman è evacuato in Germania, con altri 2000 ufficiali, nel campo di Salgwede, donde allaccia relazioni coi gruppi russi germanofili di Berlino. Con l’appoggiò di questi ottiene fondi per l'impresa del Baltico. Si pone a capo delle truppe germano-russe; emette moneta propria (stampata in Germania), sulla quale abbia lucrato enormemente. Alla fine dell'avventura va a Berlino, dove pare non sia stato ricevuto da alcuna autorità. Si dice voglia ritirarsi in Svizzera a vivere di rendita. Uomo di circa 40 anni, energico, squilibrato, dedito alle donne, morfinomane.

Colonnello Ciaikowski. Capo di S.M. di Bermondt. Servì sotto l'ataman al tempo dell'insurrezione di . Petliura. Evacuato poi a Salzwede. Notoriamente germanofilo. Di una certa intelligente.

Colonnello Grigoroff. Quartier mastro generale. Intelligente e zelante. Era forse uno dei pochi capi in buona fede.

Colonnello Potoki. Comandante del corpo di Bermondt, dopo che questi prese il comando in capo alla partenza di Von der Goltz. Prigioniero di guerra della Germania a Tanneberg (agosto 1914). Germanofilo accanito, ha dimostrato col suo contegno verso membri della commissione (comandava il primo treno d'evacuazione) grande animosità verso l’Intesa.

Generale Altvater. Ispettore d'artiglieria con Bermondt. Antico comandante d'artiglieria della Guardia e del 39° C. d'A. Negli ultimi tempi fomentava una insurrezione contro Bermondt. Senza simpatie spiccate verso la Germania. Uomo comune; indeciso.

Colonnello Cesnokoff. Capo della cancelleria personale di Bermondt. Uomo abile, trafficante, opportunista. Generale Benoit. Comandante d'artiglieria. Vecchio cadente, senza interesse ed importanza.

Colonnello Dolonski. Comandante del regg. di cavalleria. Germanofilo, rozzo, bevitore.

Colonnello Engalhardt. Capo del primo ufficio di Bermondt; d'origine baltica, fratello del ministro delle finanze di Bermondt; colto, intelligente, astuto.

Colonnello Deduiline. Incaricato di missioni speciali. (?) Uomo di mondo, ma disorientato.

Colonnello Souvaroff. Incaricato di missioni speciali. Fu in missione a Berlino e Varsavia. Fornitore di fondi per l'arruolamento di truppe di Bermondt.

Ten.Col. Namiesnik. Comandante di squadroni. V'é da ritenere che fosse presso Bermondt in seguito ad un malinteso e che cercasse un'occasione per andarsene.

Colonnello Wirgolic. Comandante del corpo di truppe dal suo nome. Uscito nel 1905 dalla scuola di cavalleria di Elisabethgrad ed assegnato al 4° regg. Ulani di Vladimir. Nel 1909 capo squadrone di gendarmeria a Varsavia. Nel 1910 e 1911 reprime con crudeltà disordini scoppiati in città; è perciò designato a morte dal partito socialista e per ciò trasferito a Radziwiloff. All’inizio della guerra capo dell'ufficio informazioni della 5° Armata (Gurko). Ultimamente fu presso l'Atamon a Kiew, donde fu evacuato a Selzwede, donde passò a Mitau provvisto di grosse somme avute a Berlino. Manca di carattere, fortemente alcoolizzato; senza simpatie politiche manifeste; attualmente in cerca di compratore.

Colonnello Wassilief. Capo di S.M. di Wirgolic. In 18 mesi ha tradito cinque organizzazioni, nelle quali si è trovato. Pronto a ricominciare (ha fatto offerte alla Commissione).

Colonnello Nikoline. Incaricato di missioni speciali, col titolo di ministro plenipotenziario. Era un semplice gendarme; non conosce lingue straniere; alcolizzato; cucito a fil doppio con Wirgolic.

Maggiore Bischof. Comandante della divisione di ferro. Di nazionalità tedesca. Uomo intelligente, energico, militarmente capace. Tiene il comando di 6000 uomini con notevole competenza ed è amato dai dipendenti. Nei rapporti con Berrnondt e Von EbeIrhardt, pur osservando la dipendenza gerarchica, ha tenuto sempre ad essere considerato un vero e proprio comandante di grande unità.

Sottotenente Nümberg. Capo dell'ufficio politico di Wirgolic. Intrigante ed astuto all'estremo, aveva relazioni con Bermondt, con Von Wahl presso Judenic, con Biakupsi e Goschtoff a Varsavia. Uomo molto pericoloso.

IL BRIGADIERE GENERALE

(Giovanni Marietti)

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