94 minute read

Capitolo II - La missione interalleata per il ritiro delle truppe tedesche dal Baltico, pag

Laidoner, sta infatti ricevendo l’aiuto di truppe volontarie dalla vicina Finlandia, dalla Svezia e dalla Danimarca e può contare sull’aiuto logistico e dell’artiglieria navale della marina inglese presente nel golfo di Tallin. Un aiuto essenziale alla resistenza estone viene inoltre fornito dalle truppe bianche del generale Judenitch che era riuscito a negoziare con i tedeschi la sua permanenza in una regione ai confini con la Russia in modo da permettere la formazione di un nucleo militare russo in funziona antibolscevica. L’esercito controrivoluzionario russo può quindi attaccare l’armata rossa da sud mentre le truppe volontarie internazionali e l’esercito estone respinge l’assalto sovietico da nord. L’aiuto prestato da questo esercito agli estoni permetterà a Judenitch di rimanere in forze nella regione per tentare una penetrazione verso Pietrogrado e sarà anche l’occasione strategica fornita nella seconda fase della guerra di indipendenza lettone alle truppe di Von der Goltz di invadere l’Estonia e di tentare una riunificazione delle due armate con l’obiettivo di arrivare a colpire la russia sovietica.91 Questo episodio che si situa nel marzo del 1919 da l’occasione all’esercito estone non solo di respingere le truppe tedesche all’interno del territorio lettone ma di fornire aiuto militare al governo lettone di Ulmanis messo alle strette dalle operazioni militari tedesche di occupazione. La battaglia di Cesis (Wenden) nel 1919 sarà l’episodio militare centrale in cui l’armata volontaria tedesca dovrà non solo firmare un armistizio con l’Estonia che segnerà la fine della sua avanzata e del suo disegno di accordo con i russi bianchi di Judenitch ma anche la fine dell’avventura tedesca nel baltico. La trasformazione di una operazione di difesa contro i bolscevichi in un piano di occupazione tedesca scatenerà infatti la violenta reazione degli Alleati che dall’aprile del 1919 cominceranno a minacciare i tedeschi di tornare entro i confini nazionali. Mentre la resistenza alle truppe sovietiche rappresenta la prova del fuoco dell’esercito estone e testimonia anche l’intervento militare diretto degli Alleati per la liberazione di questo territorio è proprio la battaglia di Cesis che, unendo estoni e lettoni contro le armate tedesche, sancirà un punto di non ritorno per la fine dell’egemonia tedesca sul Baltico. Dal punto di vista politico e militare l’episodio è insieme quindi punto finale della guerra di indipendenza estone e punto di svolta dell’indipendenza lettone i cui effetti saranno il lavoro della Missione Internazionale bilaterale per il ritiro delle truppe tedesche dalla regione.92

91 Cfr. Capitolo II 92 Cfr. Capitolo III

Advertisement

Capitolo II - La missione interalleata per il ritiro delle truppe tedesche dal Baltico

Come è stato più volte sottolineato l’anno 1919 può definirsi come uno dei momenti più critici per l’equilibrio europeo. Il progressivo stabilizzarsi dell’Unione Sovietica con la vittoria della guerra civile, dovuto più ad una mancanza di un progetto politico alternativo che a veri e propri successi militari, unito al crollo degli Imperi Centrali nel novembre del 1918 portò a modifiche profonde e a crisi politiche e militari decisive. Basti pensare all’instaurazione della Repubblica dei Soviet in Ungheria da parte di Bela Kun, alla rivoluzione spartachista in Germania sino al progressivo crollo di tutte quelle formazioni territoriali create, dall’Ucraina alla Siberia alla Transcaucasia, dagli eserciti controrivoluzionari “bianchi” che tentarono di riaffermare il vecchio regime zarista o una forma simile di governo.93 Il 1919 è anche l’anno in cui le potenze Alleate raggiungono, non senza problemi e tensioni, una sistemazione dei confini sul fronte occidentale e si trovano ad affrontare i primi mesi del dopoguerra con il suo lascito in termini di crisi economica, smobilitazione delle truppe e problemi politici legati all’enorme influsso che la Rivoluzione d’Ottobre aveva prodotto in quasi tutti i paesi. Se il quadro di questo hannus horribilis è vero per molti fronti europei e internazionali, per le regioni che dominano il Baltico il 1919 può davvero essere considerato l’anno chiave in cui avviene, per alcuni, il “miracolo” dell’indipendenza delle terre che si affacciano su quel mare dominato per molti secoli dai tedeschi e dai russi. Seguire gli avvenimenti che si dipanano in questi mesi per paesi come la Finlandia, la Lituania, l’Estonia e la Lettonia è non solo complesso per i molteplici intrecci che questi stessi avvenimenti generano tra di loro e le reazioni immediate che scatenano ma è anche difficile esporli in una forma che possa rendere chiaro il sistema di relazioni che questi avvenimenti generano sul piano internazionale e come le reazioni internazionali, a loro volta, sconvolgano in modo decisivo le azioni delle classi politiche protagoniste di quella indipendenza. Uno storico americano ha definito il 1919 per il Baltico Time of confusion e questa “confusione” è però necessario ripercorrerla per comprendere la cruciale partita che si sta giocando in questa regione d’Europa definita da alcuni testimoni, crocevia tra Asia ed Europa o limite tra civiltà e barbarie.94 Questa sintesi tra strumento militare e intervento internazionale trova la sua più importante esemplificazione proprio nella missione interalleata che portò al ritiro delle truppe tedesche dalle regioni della Curlandia alla fine di quel terribile anno. Questa missione è infatti la prima in cui si sperimentano le volontà del nuovo governo tedesco di aderire al Trattato di pace appena firmato e in cui militari tedeschi e militari alleati hanno un obiettivo comune. Vero è che questa missione è la prima che si trova ad operare su un territorio per larga parte dominato da forze militari tedesche prevalentemente ostili al proprio governo ed armata semplicemente del peso negoziale delle potenze alleate nei confronti della fragile repubblica di Weimar sorta dall’impero tedesco. L’azione della missione si svolge nel clima arroventato della sconfitta delle truppe tedesco/russe del colonnello Bermondt ad opera dei Lettoni e quindi avviene nello stesso momento in cui sul fronte settentrionale di quel paese si sta svolgendo la battaglia decisiva per la sua indipendenza. La mancanza di collegamenti e di notizie, la rapidità con cui gli avvenimenti si svolgono nel giro di poche settimane e la prontezza della missione alleata di sfruttare i vantaggi derivati dell’essere gli unici controllori dell’avventura dei freikorps tedeschi sul Baltico si deve confrontare anche con l’ostilità fortissima di quelle truppe contro il proprio governo, lo scatenarsi di violenze, anche feroci, delle popolazioni che nel giro di pochi mesi vedono trasformare le proprie case e le proprie città in un teatro dove si lotta all’ultimo sangue per la sopravvivenza ed infine la necessità di immaginare un futuro politico per questi stati che solo ora guadagnano, al di là delle dichiarazioni diplomatiche, sul terreno la propria esistenza.

93 Su queste vicende W.Chamberlin, cit., in particolare le pagg. 235-280; H.Carr, cit. 1197 e segg. 94 S.Page, cit, pag. 125

Per comprendere tale intreccio è necessario quindi premettere all’analisi dei documenti della missione di cui le fonti italiane ci hanno lasciato tracce di grande interesse, la sequenza degli avvenimenti in Curlandia e Livonia sino al maggio del 1919 dove si dipana l’espansione delle forze tedesche in contrapposizione ai soviet lettoni e, partendo da questa, sottolineare l’intervento dell’Intesa che porterà all’ultima fase della vicenda, la liberazione di Riga da parte delle forze lettoni e lo sgombero pressoché totale di tutte le truppe tedesche e la fine del sogno imperiale del ducato di Curlandia coltivato da molti generali tedeschi nonostante la fine del conflitto.

Il quadro generale politico-militare

Dopo il crollo degli imperi centrali nel novembre del 1918 il dato che emerge dalla fine delle ostilità è il diverso comportamento che mantiene la classe degli alti ufficiali dell’esercito tedesco dislocati sul fronte occidentale e sul fronte orientale della Germania. Le condizioni stesse dell’armistizio e l’abdicazione del Kaiser e il suo esilio in Olanda dopo il rovesciamento ad opera degli spartachisti della dinastia Wittelsbach a Monaco provocano in alcuni di questi comandanti la sensazione di essere stati traditi dal potere politico, dall’opinione pubblica tedesca e dai soldati che abbandonano le loro postazioni o si riuniscono in consigli rivoluzionari senza più obbedire agli ordini. Già a ridosso della richiesta di armistizio, nell’ottobre del 1918, si erano verificati ammutinamenti nei porti di Kiel, Amburgo, Lubecca, e Brema, le grandi città libere della lega anseatica. I soldati avevano innalzato bandiere rosse e formato Consigli (Räte) di operai e soldati sull’ esempio di quelli sovietici. Tutto il mondo di valori, cultura e la stessa forza di volontà della Germania di sopravvivere a questo drammatico momento pare vacillare.95 Il governo socialdemocratico che prende le redini dello Stato si trova a dover affrontare non solo il pericolo rivoluzionario interno legato ai movimenti spartachisti di ispirazione bolscevica ma anche la reazione di una classe militare che il governo di coalizione di Friedrich Ebert ha decapitato. La nomina del generale Groener al posto di Ludendorff e la nascita di un esercito tedesco organizzato centralmente e non più dominio esclusivo della vecchia classe degli ufficiali è il tentativo dei politici repubblicani con cui si spera di portare dalla propria parte alcune realtà dell’esercito che non siano ostili al nuovo regime e che aiuti quindi a contenere i tentativi di un suo rovesciamento che provengono da sinistra e da destra. Il governo tedesco è quindi stretto da due lati: da una parte una consistente fetta della popolazione che chiede di poter uscire rapidamente dalla crisi attraverso la fine del blocco economico decretato dagli Alleati che rappresenta una notevole arma di pressione e, dall’altra, da un esercito che nei suoi quadri di comando tradizionali si sente tradito ed abbandonato nel momento più difficile. In questo clima le modalità stesse della resa della Germania giocano a sfavore di questo progetto. Mentre sul fronte occidentale e tra la popolazione civile tedesca vi è la percezione netta della sconfitta dovuta alla resistenza delle truppe alleate a alla disperata carenza di cibo e di tutte le materie prime:“nella Prussia orientale, dove la sconfitta non si è fatta sentire che come ripercussione (…) non ha distrutto fondamentalmente nulla della casta militare ed ha lasciato un rimpianto ed un astio verso il nuovo ordine statale, che si traduce in opposizione e resistenza e spesso anche aperta” così il generale Marietti osserva, cogliendo esattamente il clima del fronte

95 Per comprendere lo stato d’animo dell’opinione pubblica tedesca e dello stesso esercito, oltre alla memorialistica, è utile il confronto con il ruolo particolare che l’esercito e il concetto di nazione è stato per la Germania nel corso della seconda metà del XIX secolo. Protagonista assoluta dell’unificazione tedesca, la struttura militare divenne il tema chiave per la costruzione dell’identità di questa nazione: “La volontà generale divenne una religione laica, il culto del popolo per se stesso, e la nuova politica si prefisse il compito di regolare e di dare forma a questo culto. Ma il cemento che dette solidità all’unità del popolo non fu la semplice idea della tendenza connaturata all’essere cittadini,anzi questa funzione fu adempiuta da una ridestata consapevolezza nazionale, che in molte nazioni europee era cresciuta insieme all’ideale della sovranità popolare.” George L.Mosse, La nazionalizzazione della masse, Bologna 1975, pag. 26

orientale tedesco, agli inizi del 1920 in una relazione riservata della sua missione sul baltico al generale Cavallero a Parigi.96 Ed è infatti nella zona nord-orientale dell’Europa che questa “opposizione e resistenza” al nuovo governo si sviluppa nelle sue forme più dirette. Per la cultura tedesca e soprattutto per quella legata alla tradizione di conquista militare, il Drang nach Osten è stato da sempre considerato prerogativa della missione civilizzatrice delle popolazioni di lingua tedesca. Non solo per la tradizione di Alberto di Brema, dei Cavalieri Portaspada e poi dell’Ordine Teutonico che, grazie all’editto di Rimini del 1255 ad opera di Federico II97, conduce l’ultima crociata per “convertire” al cristianesimo le pagane regioni baltiche del nord ma anche per le modalità particolari di colonizzazione di queste regioni da parte della nobiltà tedesca. L’atteggiamento tedesco è infatti quello di un pieno e assoluto dominio che ha comportato una concentrazione della proprietà terriera in mano ai baroni baltici in regioni come l’Estonia, la Curlandia e la Livonia. Vere e proprie élite nobiliari, i baroni baltici, hanno diramazioni e collegamenti in Prussia e a Berlino, formano una classe dirigente coesa e indipendente che ha in mano l’intero potere economico grazie ai domini feudali e possiede anche una notevole influenza politica presso il Kaiser. I Baltes, come vengono chiamati, sono la classe nobiliare di tradizione militare la quale è riuscita a non perdere il proprio potere nemmeno dopo la conquista russa di questo territori da parte di Pietro il Grande. Grazie ad un accordo solido tra questa nobiltà e lo zar vi fu una perfetta continuità di potere anche nei secoli in cui queste regioni furono controllate dall’impero russo. La possibilità di mantenere saldamente il potere economico e i legami con la madre patria nelle mani della nobiltà di origine tedesca assicurò, attraverso una ristretta élite, la possibilità di governare queste terre, fornendo contemporaneamente ai russi quello sbocco sul Baltico cercato vanamente per secoli. L’obiettivo che guida i generali tedeschi e le loro truppe all’occupazione di queste regioni subito dopo la firma della pace di Brest Litowsk nel 191898 è quello di civilizzare delle popolazioni considerate simili tra loro e che attendevano ansiose la Kultur tedesca.99 Tra il settembre del 1915 fino a tutto il 1918 l’avanzata dell’esercito tedesco, dopo la disfatta delle truppe dello zar e gli accordi coi bolscevichi, verso questi territori è accompagnata da una ferma volontà di sfruttamento. Il Generale Ludendorff, ad esempio, comandante dell’Ober-Kommando Ost responsabile dell’intero fronte baltico per la Germania, arrivando a Kowno, importante città della Lituania, si autoaffida il compito di imporre la Kultur tedesca a popolazioni che considera tutte polacche senza alcuna distinzione e impone, lui di religione luterana, a tutte le chiese di suonare inni alla patria tedesca ogni domenica.100 Appare chiaro che la saldatura tra i generali tedeschi su quel fronte e i baroni baltici è quella di una perfetta sintonia di vedute. Il dominio economico è rafforzato dalla presenza militare e questa saldatura è il prodromo di un nuovo periodo di colonizzazione e di prosperità per l’impero. Il Drang nach Osten, nonostante i pericolosi segnali di crisi dell’esercito rimane al centro del mito e dell’immaginario di queste classi dirigenti.101 Le convulsioni della Russia che si dibatte in questo momento in una feroce guerra civile e la firma della pace separata con la Germania lascia questi territori completamente in mano tedesca ma, nello

96 Relazione al Gen. Cavallero, ASSME, E8, busta 99, fasc.3, pag. 12 97 Sul ruolo e l’importanza della figura di Federico II Hoenstaufen come “precursore” della potenza imperiale tedesca si veda la biografia di Ernst Kantorowitz, Federico II imperatore, Milano 1991 98 Sull’esame delle vicende della pace di Brest Litowsk si veda la cronaca dei negoziati in Chamberlin, cit., Vol. I, pag. 527 e segg. 99 Cfr. Capitolo I 100 L’episodio è citato in S.Page, pag. 28 101 Già nel 1916 vi era stata la prima crisi militare con la richiesta di un armistizio da parte dell’esercito tedesco poi rientrato con la nomina di Hindenburg e la decisione di intraprendere la guerra sottomarina che provocherà l’intervento americano nel 1917.

stesso tempo, la crisi dovuta alla fine della guerra e al crollo dei sistemi politici degli Imperi Centrali scatena le reazioni di autonomia e di indipendenza delle popolazioni.102 Tra questi paesi, la Lettonia è sicuramente quello più sensibile ai richiami rivoluzionari che provengono da Pietrogrado. Tra le regioni baltiche, come abbiamo già visto considerando gli avvenimenti precedenti alla guerra di liberazione, è la provincia in cui lo sviluppo industriale e commerciale ha raggiunto livelli di vita tra i più alti di tutto l’impero russo. Grazie all’enorme volume dei traffici commerciali dovuti al porto di Riga, la sua stratificazione sociale è composta da una solida borghesia urbana e da uno sviluppato proletariato industriale. Va sottolineato inoltre che il legame culturale e politico tra l’impero russo e i lettoni è più stretto di quello delle altre province baltiche.103 Vi è stata, con la russificazione forzata della seconda metà del XIX secolo e a differenza della Lituania, un avvicinamento alla cultura russa da parte di una popolazione che aveva subito da sempre la tirannia economica e culturale tedesca e ciò aveva prodotto una circolazione di nuove idee con la possibilità per molti intellettuali di avvicinarsi all’impero russo come una possibile alternativa allo stato di prostrazione delle popolazioni lettoni generate dal pugno di ferro dei Baltes. Dopo il 1905 il progressista russo Zalesky poteva scrivere della Lettonia che: “in nessuna parte della Russia trovo un antagonismo di classe così ricco di possibilità di sviluppo come in questa regione sicuramente la più industrializzata dell’impero” 104 Che questo substrato industriale e commerciale sia l’humus in cui matura l’adesione al bolscevismo di buona parte della popolazione lettone durante il 1917 non deve farci però dimenticare che una buona parte di questa adesione è dovuta anche alla ricerca di una alternativa politica alla tenaglia formata dalla nobiltà tedesca e dal potere imperiale zarista e che tale adesione si configura sempre come una sintesi tra indipendenza nazionale e rivoluzione sociale.105 Il 1919 che si apre con il crollo dell’impero tedesco e l’infuriare della guerra civile russa fa intravedere la possibilità di creare finalmente in Lettonia, nel vuoto delle due vere potenze che da secoli dominano quel mare, un governo indipendente che viene favorito sia dai bolscevichi, nel tentativo di riguadagnare al comunismo internazionale una regione strategica per la nascente Unione Sovietica, sia dall’Intesa che vede nella formazione di un governo indipendente lettone ma antibolscevico la possibilità di creare per la prima volta una egemonia franco-inglese in quella regione. Questi due obiettivi corrono in questi mesi su binari paralleli. La missione internazionale alleata, soprattutto grazie all’impegno inglese, agisce da contrappeso e da strumento militare al governo di Ulmanis antibolscevico e antitedesco, che aveva proclamato l’indipendenza della Lettonia il 18 novembre del 1918, mentre l’Unione Sovietica contribuisce alla formazione dei Soviet lettoni anche grazie alla presenza di una èlite rivoluzionaria locale che aveva contribuito non poco al successo della rivoluzione di novembre a Pietrogrado. Sostenendo in modo completo il corso rivoluzionario della Lettonia. Partendo dal porto di Riga i bolscevichi russi intravedono così la possibilità di sovietizzare l’intero baltico. I rappresentanti del Soviet lettone si sentono quindi veri protagonisti della rivoluzione anche in termini militari e la linea politica che esprimono è quella di una relazione con l’Unione Sovietica simile a quella degli altri territori che in questo momento stanno sperimentando l’esperienza comunista come l’Ungheria o la Baviera. Vi è l’idea che guida questa azione di trasformare il rapporto con la Russia in una unione basata sulla solidarietà del proletariato internazionale in nome dei principi del comunismo ma con una base giuridica che caratterizzi una alleanza di due stati

102 Cfr. Capitolo I 103 Moltissimi lettoni, durante l’occupazione tedesca, emigreranno in Russia mantenendo contemporaneamente i legami con la madre patria e svolgendo un opera di collegamento tra i sovietici e i partiti socialisti in Lettonia. Cfr. S. Page, cit. pag. 62 e segg. 104 In S. Page, cit. pag. 17 105 Di notevole interesse su questo elemento cruciale della storia del bolscevismo per paesi come la Lettonia è la disamina della sintesi condotta da Lenin su questo punto tra rivoluzione e liberazione nazionale dove i due termini sono collegati all’emancipazione dall’Impero Russo. cfr. Page, cit., pag. 57.

indipendenti. Ambedue le componenti quella espressa da Ulmanis e quella dei Soviet hanno ben chiaro però che la parola d’ordine dell’autonomia nazionale è la chiave di volta per ottenere il necessario consenso per mantenere il potere. La dichiarazione di indipendenza della Livonia, della Curlandia e della Latgallia106 già poche settimane dopo, il 18 gennaio, vedeva a Riga la creazione della repubblica dei Soviet lettone e l’immediato collegamento con le truppe bolsceviche lettoni operanti in territorio russo. Il processo di sovietizzazione nella zona di territorio controllata dai comunisti lettoni è quindi molto simile a quello avvenuto in Russia durante il 1918 e le repressioni e la spoliazione delle proprietà così come la repressione e le esecuzioni di massa dei prigionieri politici avvengono con la medesima intensità. Nella situazione di crisi, diciamo “ufficiale”, della Germania e della Russia si inseriscono nello scacchiere militare, anche la formazione di eserciti con a capo generali dell’ex impero zarista i quali, anch’essi, vogliono raccogliere forze per contrastare l’avanzata bolscevica. L’Intesa osserva attentamente la vicenda di queste formazioni perché rappresentano comunque forze in contrapposizione al potere di Mosca anche se il loro disegno politico di riformare l’antico impero russo è diametralmente opposto alla crescita e al consolidamento dei governi indipendenti degli stati appena formatisi con le dichiarazioni di indipendenza. Il nodo politico a cui l’Intesa deve trovare risposta rimane quindi quello di come conciliare l’obiettivo di fermare l’avanzata e il consolidamento del regime bolscevico anche attraverso queste formazioni e, contemporaneamente, sviluppare questi governi appena nati che rappresentano la sola concreta alternativa al dominio tedesco o russo sul baltico. Il dilemma non è semplice: l’ascendente politico che l’Intesa ha nei confronti dei governi Lettoni ma anche Estoni e Finlandesi genera la fiducia che le truppe alleate interverranno nel momento in cui si verificherà un attacco a questi stati non solo da parte dei bolscevichi ma anche dei russi “bianchi”. Contemporaneamente però l’Intesa non ha alcuna intenzione di utilizzare forze militari in questo quadrante e si affida a quelle stesse truppe controrivoluzionarie allo scopo di fermare i bolscevichi. Fino alla nomina di Trotzki a capo dell’Armata Rossa queste formazioni hanno infatti guadagnato terreno e hanno costituito veri e propri stati all’interno dell’Impero da cui sperano di arrivare a Mosca e a Pietrogrado e mettere così fine all’avventura della repubblica dei Soviet. Scorrendo le relazioni che il Comitato Militare Alleato fornisce ai decisori della Conferenza della Pace a Parigi nel 1919 si nota come, oltre ad alcune imprecisioni, viene costruita una lista di tutte queste forze, degli stati nazionali e dei generali zaristi, genericamente classificate come “bianche” senza che vi sia una vera distinzione tra scopi, obiettivi e composizione delle stesse.107 In questi mesi il quadro generale non è assolutamente stabile né sul terreno dello scontro né tantomeno nelle informazioni in possesso degli Alleati. Tra la fine del 1918 e i primi mesi del 1919

106 Il governo Ulmanis che dichiara l’indipendenza viene immediatamente riconosciuto de facto dalle potenze dell’Intesa e inizia il suo lavoro politico sotto la protezione delle navi inglesi e della missione del colonnello inglese Cough. 107 La relazione Cavallero sulla situazione generale del Baltico, in ASSME, E8, busta 99, fasc.7, presumibilmente dell’ottobre 1919 considera, per la Lettonia, il governo Neeva, (non Needva come scrive Cavallero), come un governo socialista moderato sostenuto dai baroni baltici e non come un governo fantoccio in mano alle truppe tedesche di Von der Goltz e, ancora, Cavallero parla di un governo della Russia Occidentale come presieduto dal generale Biskupski e non da Bermondt Avaloff come è in realtà. Di tale fantomatico governo della Russia Occidentale egli riferisce di come l’indipendenza lettone: “è anche minacciata da forze germano-russe (...) che la combatte in nome dell’unità russa” in realtà le forze germano-russe di cui parla Cavallero sono le stesse del generale Von der Goltz divenute russe per sottrarsi al controllo del governo tedesco. A queste imprecisioni dovute alla confusione di informazioni fa però da contrasto l’idea generale della relazione che affida alle forze controrivoluzionarie bianche di Judenitch il ruolo di sostegno per marciare su Pietrogrado ed abbattere il bolscevismo ignorando che le forze di Bermondt sono collegate all’esercito di Judenitch e sono poi le stesse truppe tedesche che hanno già abbattuto il governo Ulmanis e quindi più che minacciato l’indipendenza lettone. Nella relazione di accompagnamento sulle notizie militari e politiche sulla Russia e la Siberia che fa da allegato alla relazione (fascicolo 1) si mettono insieme come forze antibolsceviche sia le truppe Lettoni ed Estoni che quelle della Landeswehr tedesca dimenticando che queste formazioni in realtà perseguono obiettivi diversi e che nel corso del ‘19 verranno a confliggersi duramente.

i bolscevichi registrano infatti sconfitte e vittorie e perdono il controllo di gran parte del territorio russo in Ucraina, in Siberia, nella zona di Odessa e nella Russia nord-orientale mentre le armate “bianche” anche per la loro incapacità di concepire un disegno alternativo al semplice ritorno allo zarismo vedono il loro formarsi e distruggersi militarmente in maniera altrettanto rapida.108 Resta comunque il fatto che nelle zone in cui queste formazioni agiscono ed esercitano la loro influenza si determinano veri e propri cambiamenti di scenari politici e militari in cui l’obiettivo di restaurare il vecchio impero diventa, volta a volta, difesa strenua dai bolscevichi, tentativo di conquistare potere sui territori baltici, magari alleandosi con altre truppe occupanti aventi diversi fini, oppure semplice ricerca di profitto personale per assicurarsi vantaggi di tipo economico.

Gli avvenimenti militari in Livonia e Curlandia sino al maggio 1919

Naturalmente tutti questi elementi devono essere declinati per la situazione specifica del territorio della Curlandia e della Livonia nella seconda metà del ’19 ma, tenendo presenti queste forze in campo, è possibile ricostruire il filo degli avvenimenti che hanno cambiato, forse in maniera definitiva, lo scenario politico di queste regioni. La fine della guerra e le condizioni di armistizio hanno fatto intervenire, ad opera delle decisioni dell’Intesa, le forze tedesche a presidiare il baltico, decisioni che risulteranno gravide di conseguenze. Gli Alleati, nel novembre del 1918, chiedono alle truppe tedesche che occupavano quei territori di non smobilitarsi al fine di creare una forza che potesse opporsi all’avanzata delle truppe bolsceviche e, successivamente, nel maggio del 1919, ordineranno perentoriamente al governo tedesco di ritirare queste truppe per farle rifluire verso la Prussia orientale. L’intervallo tra queste due opposte decisioni permetterà la creazione di una crisi politico-militare decisiva per la storia della Lettonia. E’ tra queste due differenti strategie dell’Intesa il nodo su cui dobbiamo inquadrare l’intera vicenda poiché la prima, formulata sulla base del XII articolo dell’armistizio permetterà lo sviluppo della nuova conquista baltica ad opera delle truppe del generale tedesco Von der Goltz, il secondo, sulla base del medesimo articolo e della firma del Trattato di Pace, opererà affinché tutte le truppe tedesche presenti in questa regione defluiranno verso la Germania liberando così questi paesi aprendoli all’indipendenza. Il tono opposto di queste due strategie è dominato dall’obiettivo di contenere le truppe bolsceviche e questo riguarda certamente le potenze occidentali europee ma anche il governo tedesco. Aver spinto quindi i governi indipendenti della Lettonia o dell’Estonia nelle braccia di forze bianche o di vere e proprie truppe di conquista tedesche è conseguenza diretta del tentativo di fermare l’avanzata bolscevica seguendo un modello finlandese poco utile in questo contesto. Nel caso della Lettonia, l’ambiguità di questa impostazione sta proprio nella lettura della clausola XII dell'Armistizio del novembre 1918. Essa faceva riferimento, naturalmente, al ritiro delle truppe tedesche che occupavano i territori del Baltico ma, al secondo capoverso affermava: “tutte le truppe tedesche che si trovano attualmente nei territori che facevano parte prima della guerra dell'impero russo dovranno rientrare come le altre al di là delle frontiere tedesche, definite e stabilite dagli Alleati nel momento in cui gli Alleati giudicheranno utile questo ritiro tenuto conto della situazione interna di questi territori. 109

108 Su questa vicenda si veda Chamberlin, cit. vol. II pag.506, 109 Si veda l'Allegato 5 della Relazione del gen. Cavallero dell'ottobre 1919 cit. Questa posizione degli Alleati è stata sottolineata anche da MacMillan: “Come misura provvisoria, gli Alleati diedero istruzioni al governo tedesco perchè lasciasse nel Baltico le sue truppe anche dopo l'armistizio. Una procedura alquanto umiliante la definì Balfour ma senza apparenti alternative a sua volta causa di una serie di interventi specifici. L'Alto Comando tedesco, invece, ne era ben lieto in quanto né i militari né i nazionalisti tedeschi intendevano rinunciare alle conquiste baltiche che vedevano come una barriera frapposta ai bolscevichi e alla minaccia slava. (...) Le terre baltiche, rese sacre dal sangue dei Cavalieri teutonici che per esse avevano combattuto secoli prima, costituivano inoltre una sorta di ridotta nella quale la Germania avrebbe potuto riorganizzarsi contro gli alleati” M.McMillan, cit., pag. 289.

Ed è su questa ambiguità che tra il novembre 1918 e il maggio 1919 i tedeschi hanno il tempo di innescare grazie a quei fattori di conflitto tra governo repubblicano e comandi militari un vero e proprio processo politico di riconquista di queste regioni. Non si tratta soltanto di un riconquista del territorio lettone contro i Soviet di Riga poiché le modalità con cui venne effettuata riprendono, per grandi linee, un piano di colonizzazione già progettato da Ludendorff nel 1918 e interrotto solo dalla fine del conflitto. Questo piano si troverà in perfetta continuità anche con l’azione che tra il maggio e il novembre del 1919 le truppe germano-russe di Bermondt svilupperanno: crearsi una base territoriale in Lettonia e, una volta stabilito un coordinamento con il generale zarista Judenitch, portare l’attacco a Pietrogrado per sconfiggere i bolscevichi.110 Questa strategia imponeva da parte delle truppe tedesche una vera e propria stabilizzazione nella zona baltica e non, come pensavano gli Alleati, ad un contenimento dei bolscevichi ed è sulla base di questa sottile distinzione che i tedeschi impongono la forza militare delle loro truppe con successo. Questo progetto è anche favorito anche dalla precaria situazione del governo provvisorio lettone che, senza una propria forza militare adeguata e privo di mezzi economici, vedeva ormai buona parte del suo territorio occupato e dominato dalle forze comuniste. L’accordo del dicembre del 1918 tra Ulmanis e le armate tedesche di stanza in Curlandia per garantire la riconquista delle frontiere e con compiti di sorveglianza interna e di polizia che viene raggiunto sulla base di una fiducia nel nuovo corso repubblicano in Germania di cui si è fatto cenno nel Capitolo I, sarà invece la leva con cui i tedeschi in questo momento trasformeranno truppe miste di volontari per la liberazione di quelle regioni in armate di conquista.111 Partendo così nella fase iniziale della formazione di queste truppe volontarie da alcune agenzie di reclutamento per le forze militari antibolsceviche che si erano già aperte in Svezia112 vi fu, grazie a quell’accordo, una vera e propria diffusione di queste agenzie di reclutamento in tutto il territorio tedesco il cui più importante centro fu a Berlino, l’Anwerbestelle Baltenland che giunse a: “una propaganda intensiva [in cui] il governo prussiano invitava i giovani a ‘cercare fortuna in Lettonia e a chiedere un ingaggio che gli avrebbe assicurato più tardi il possesso di terre e i diritti di cittadinanza’”113 Questa modalità di reclutamento e di rincorsa verso l’est provocò quello che il ministro della difesa del governo repubblicano tedesco Noske ha chiamato “la febbre baltica” che: “aveva preso migliaia di individui in Germania provocando un afflusso di volontari che fu

110 Jacques Benoist -Méchin, Histoire de l’Armèe Allemande, Parigi, s.d.[ma 1954], vol. II, pag. 44 111 Fu fimata una convenzione il 7 dicembre 1918, quindi dopo l’armistizio tra Germania e Intesa, tra il governo tedesco e la Lettonia in cui viene creata una Landeswehr germano-baltica su base volontaria composta da 18 compagnie lettoni, 3 batterie di artiglieria lettoni, 7 compagnie tedesche, 2 batterie di artiglieria tedesche e una compagnia russa. Questo esercito – recita la convensione - sarà composto in unità omogenee per nazionalità e il governo lettone indicherà il comandante in capo. A questa convenzione il 29 dicembre 1918 viene accluso un addendum che prevedeva, tra l’altro, la garanzia della nazionalità lettone a chi, dopo un periodo di combattimento di almeno quattro settimane, avesse combattuto contro i bolscevichi. Il testo dell’intera convenzione e dell’addendum in Du Parquet, L’aventure allemande in Lettonie, Paris, 1926, pagg. 55 e seguenti. Si veda comunque il testo della convenzione anche in ASSME, busta 98. fasc.7 Annexe 1. Il volume di Du Parquet rappresenta la più completa relazione delle operazioni militari sul baltico dal marzo al dicembre 1919. Comandante della missione militare alleata a Riga e sincero ammiratore del Generale Niessel, la sua memoria ricostruisce, giorno per giorno, l’intera vicenda militare con la riproduzione di numerosi documenti originali. Nonostante il tono antitedesco e in favore della Lettonia indipendente rimane comunque un documento prezioso che ci permette di ricostruire lo svolgimento dell’intera azione e va quindi coordinato con la ricostruzione della commissione interalleata per il controllo delle truppe tedesche comandata dallo stesso Niessel. Ne faremo quindi un uso continuo in queste pagine cercando di trovare riscontri utili per l’analisi documentale delle fonti italiane di quella missione. Vi sono naturalmente molti riscontri fattuali anche in studi più recenti ma nessuno, compreso fonti inglesi o tedesche, contiene così in dettaglio la sequenza degli avvenimenti. Su questi elementi cfr. anche S.Page, pagg.144-145. 112 ibidem 113 Benoist Méchin, cit. pag. 19

impossibile da fermare e nessuno ebbe il coraggio di dire loro che forse i sogni coltivati non si sarebbero realizzati.”114 I tedeschi sanno che in questo momento sono l’unica forza in grado di interporsi ai bolscevichi e sanno anche che sono l’unica forza militare in grado di far valere la loro capacità di manovra nei confronti delle truppe male armate e poco preparate dei governi indipendenti. Rimane grave, a nostro avviso, che l’ufficialità della firma di una convenzione che lega i risultati militari affidati ai tedeschi e il governo lettone in carica sia comunque avvenuta su suggerimento di una nazione dell’intesa, l’Inghilterra, la quale accettando in un primo momento il disegno politico di Winnig non si pone particolari problemi a mettere sullo stesso piano quell’accordo politico e il cambiamento che sta avvenendo al vertice delle truppe volontarie tedesche. E’ questo l’errore che gli Alleati commettono: confondono il progetto politico della Repubblica di Weimar costruito da Winnig ed alimentato dagli accordi tedesco-lettoni con le forze tedesche che, in questo momento, sono i principali nemici di quel disegno. Questo atteggiamento dell’Intesa è spiegabile solo con l’illusione che si possa ancora una volta mantenere un governo indipendente e filoalleato al potere servendosi delle armi tedesche contro i bolscevichi.115 Ma la Lettonia è uno dei perni centrali della strategia delle forze militariste tedesche che sono disposte ad entrare in conflitto anche con il governo di Weimar pur di assicurarsi il controllo politico e militare della regione. Queste armate di volontari, di freikorps, di contadini tedeschi con il miraggio della terra baltica avrebbero potuto forse risultare una massa di manovra utile agli interessi dell’Intesa se si fosse, da parte Alleata, fermato il tentativo dei baroni baltici di nominare comandante in capo della Landeswehr il perfetto continuatore del piano politico-militare di Ludendorff e della casta militare tedesca e cioè il generale Rüdiger Von der Goltz.116 Il generale tedesco che aveva combattuto i bolscevichi in Finlandia e aveva respinto in Slesia un tentativo di invasione del territorio tedesco da parte delle truppe ceche in uno scritto del giugno 1920 riassume il suo piano politico-militare per il baltico: “Io mi accorsi allora che tutte le mie richieste avanzate al governo lettone sarebbero state considerate da questo come atti di debolezza e che a quell’epoca con l’approvazione dell’Intesa, questo governo aveva già cominciato la sua battaglia contro la Germania. Io pensavo a proteggere lo stato prussiano e mi inquietava l’avvenire pieno di minacce rivolto alla Deutschtum. Perché io non potevo allora lavorare per inserire nelle province di frontiera con la Russia dove mancava una qualunque forma di intelligenza, dei buoni contadini tedeschi che potevano lavorare ad arricchire quella terra? Così facendo nelle regioni attualmente occupate e poi in quelle liberate molte persone senza un avvenire ma soprattutto i nostri soldati avrebbero potuto trovare del lavoro e del pane. La Russia non avrebbe potuto, così come prima della guerra, mettere alcun ostacolo a questo progetto. Ma io avevo quattro nemici da combattere: l’armata bolscevica, il Consiglio dei soldati

114 Benoist Mèchin, pag. 39. Che il processo di formazione di queste truppe volontarie sia più complesso e variegato di si è già detto nel Capitolo I. Rimane comunque importante considerare quanto l’agiografia dei freikorps trasmise dopo la fine della campagna baltica. Di tale messaggio il testimone più importante è sicuramente Von Salomon: “Noi eravamo folli e sapevamo di esserlo. Noi sapevamo che saremmo caduti per la collera di tutte quelle persone che attorniavano le nostre coorti temerarie. La nostra follia non era che una orgogliosa ostinazione. Ma noi eravamo pronti a sopportarne tutte le conseguenze” Ernst Von Salomon, I Proscritti, cit. in Benoist. Pag.37. Sulla formazione del mito tedesco per il Baltico si veda il bel volume di Vejas Gabriel Liulevicius, The German Mith of the East, cit., in particolare le pagg. 130-170. 115 Sul ruolo della marina inglese nelle vicende della Lettonia si veda Von Rauch, The Baltic States the year of independence 1917-1940, London 1974 116 Si tratta di un errore tipico che gli Alleati commettono considerando le azioni tedesche. Si crede infatti che vi sia un monolitismo assoluto tra il governo politico in carica e gli attori operativi sul terreno e che questa coerenza in Germania sia più accentuata che in qualunque altro paese. Le spaccature e le divisioni politiche sono invece profonde, come abbiamo visto nelle pagine precedenti, ed averle ignorate contribuì alla sconfitta di quelle componenti democratiche tedesche che vedevano nelle forze militari di destra e in quelle rivoluzionarie di sinistra i nemici più pericolosi della Germania.

dell’esercito a Libau sostenuto dai radicali tedeschi, il governo lettone germanofobo e mezzo bolscevico e l’Intesa. Io avevo deciso di combattere l’uno dopo l’altro e ho sbagliato a non marciare subito contro i bolscevichi ma comunque ho cominciato insieme l’offensiva contro gli altri tre”117 Von der Goltz sembra quindi l’unico che, riprendendo sotto tutt’altro tono l’idea della conquista coloniale baltica, oltre ad una generica idea di resistenza al bolscevismo ha un preciso progetto politico. Si tratta, rinverdendo la tradizione tedesca dei principi feudali baltici, di proseguire l’opera di colonizzazione di queste terre ma soprattutto di dare una speranza concreta a quell’idea di stato autoritario militare prussiano che trova nell’espansione ad est un motivo di rinascita. Coerente con questa impostazione i primi atti del Generale a capo della Landeswehr del baltico sono quelli di mettere fine al Consiglio dei soldati tedeschi di Libau e di procedere ad una riorganizzazione delle truppe che nella loro composizione e nel loro reclutamento avevano manifestato molte debolezze dovuto anche allo spontaneismo dei gruppi di volontari che affluivano da tutto il territorio tedesco. Come abbiamo visto, non si tratta dell’esercito regolare tedesco, la Reichswehr, che il governo repubblicano e Noske come ministro della difesa ha ricostruito epurando i vertici militari sconfitti che dopo il crollo del novembre 1918 si è ritirato o si è decomposto, in Curlandia; ora sono raccolti qui un insieme di forze militari eterogenee anche negli obiettivi e nelle motivazioni pronte però ad eseguire quel sogno di conquista immaginato da Von der Goltz. Che queste armate abbiano un appoggio dalle forze militari regolari della Prussia Orientale è indubbio. Lo stesso Marietti ne è consapevole quando scrive a Cavallero parlando della delegazione tedesca della missione internazionale: “i membri della delegazione eseguirono questa resistenza [al ritiro delle truppe] appoggiati da una parte ad Eberhardt e compagni, dall’altra alle autorità civili e militari della Prussia orientale, ricorrendo ad ogni forma di doppiezza, di cavilli ed anche di menzogna. Smascherati, ripigliavano imperturbati, tanto che noi spesso ci domandavamo, tra il serio ed il faceto, se non ci prendevano per degli imbecilli”118 Più difficile stabilire invece quale fosse l’atteggiamento del governo tedesco rispetto a queste formazioni e al loro progetto. Vero è che il ministro Noske vide nella “febbre baltica” anche un utile strumento per allontanare dal territorio tedesco formazioni molto pericolose per la stabilità interna del paese e dello stesso esercito119. Nonostante egli facesse continuo uso di appelli al ritiro delle truppe tedesche e offrisse all’Intesa grande collaborazione in tutta la vicenda, negli ambienti ministeriali a Berlino si sostenne sempre la tesi che le questioni relative alle forze tedesche sul baltico erano affare interno alla Lettonia e che nessun intervento tedesco fosse dovuto per riportare all’ordine queste formazioni militari nonostante ne avessero ufficialmente il controllo. La storiografia e la memorialistica di queste vicende ha sempre oscillato su questo punto. I francesi, sia Du Parquet che Niessel, sono convinti della integrale collusione del governo tedesco con quello della Prussia orientale e con le armate baltiche, i tedeschi videro invece nell’operazione di Von der Goltz una fatale decisione dell’Intesa che nella ricerca di forze anticomuniste e tradendo le premesse politiche con cui i volontari tedeschi furono inviati nel baltico generarono le premesse per l’intera avventura e, di conseguenza, nessuna responsabilità poteva essere addossata al governo repubblicano di Weimar che non era in grado di fermare né politicamente né operativamente quella decisione. La missione internazionale alleata per il ritiro delle truppe è però un interessante osservatorio per comprendere questo problema vista la stretta collaborazione tra alleati e tedeschi nel mettere fine alla vicenda e le fonti italiane su questo punto sono più problematiche e complesse che le attribuzioni di colpa fatte all’uno o all’altro fronte. Marietti, pur condividendo interamente sia la

117 Von der Goltz in Du Parquet, cit., pag. 28. 118 Relazione a Cavallero, cit. pag. 13 119 “I socialisti scoprirono questo come: “un mezzo per purgare la Germania di tutti gli elementi turbolenti e indesiderabili che continuano ad infestare città e campagne” cit. in Benoist Mèchin, pag. 19

visione strategica che le scelte operative di Niessel, avrà un sguardo molto più razionale nel definire e isolare i problemi e, partendo da questa impostazione, sarà quindi possibile contribuire a meglio inquadrare il ruolo del governo repubblicano tedesco. Con la creazione di una Armee Oberkommando Nord e la sua nomina a comandante in capo, Von der Goltz aveva coerentemente ai suoi disegni la necessità di trovare nei feudatari tedeschi e non negli accordi col governo Ulmanis, i garanti dell’operazione di distribuzione delle terre di cui il generale aveva parlato nelle sue annotazioni del 1920. Che questa curiosa maniera di condurre truppe tedesche ufficialmente sconfitte su fronti antibolscevichi con l’avallo delle potenze alleate Von der Goltz lo aveva sperimentato con successo comandando nel 1917 una speciale Divisione del Baltico che aveva respinto i russi a Helsingfors (Helsinki) unendosi ai reggimenti antibolsevichi del generale finlandese “bianco” Mannerheim. L’esercito che avanza contro i comunisti lettoni nel febbraio-marzo del ’19, si richiama a quella struttura “finlandese”. E’ infatti composto dalla prima divisione di riserva della Guardia tedesca mentre la Divisione di ferro forma il centro dello schieramento è costituito dai volontari tedeschi e dai battaglioni lettoni del colonnello Ballod. Alla sinistra dello schieramento Von der Goltz inserisce quella creazione politico-militare generata dagli accordi tra Winnig, gli Inglesi ed Ulmanis che viene denominata Landeswehr baltica. L’avanzata tedesca durata sino al giugno dello stesso anno è poderosa. (cfr. carta 1) Partendo dal fronte che comprendeva Libau, Mourajevo e Kowno in territorio lituano, tra marzo e aprile Von der Goltz riconquista le linee ferroviarie di Mitau e Schawli sino a giungere alle porte di Riga. In questa avanzata rapidissima espone però la popolazione a rappresaglie ferocissime da parte dei bolscevichi: “prima di evacuare Mitau hanno riunito nella corte della cittadella una parte degli ostaggi – uomini, donne, bambini – che erano stati imprigionati nel gennaio del 1919, li hanno uccisi a colpi di granata lanciati nel gruppo poi hanno attaccato ai loro cavalli tutti gli ostaggi ancor vivi e li hanno trascinati nella neve da Mitau a Riga. La strada era striata da lunghe scie di sangue e le fosse comuni erano riempite di cadaveri con le braccia e le gambe distrutte. Ad alcuni avevano anche cavato gli occhi e avevano tagliato il naso, le orecchie e la lingua”120 Come ha scritto uno storico riferendosi alla guerra civile russa: “esempi di atrocità da parte dei Bianchi e dei Rossi si potrebbero citare all'infinito: solamente uno spirito settario potrebbe negare che la guerra civile che seguì la rivoluzione russa venne condotta da ambo i lati con straordinaria ferocia. I più crudeli episodi della guerra civile inglese del secolo XVII o della guerra civile americana appaiono un nulla di fronte alla condotta praticata normalmente dalle due parti.”121

120 Benoist Mèchin, pag. 21-22 121 W.H.Chamberlin, Storia della Rivoluzione Russa, cit. Vol. II, pag. 113. Il generale Niessel ebbe a fare un paragone simile considerando il comportamento delle truppe tedesche in ritirata peggiore di quello che generarono i massacri della guerra dei trent’anni. La stessa osservazione viene fatta da Marietti nei suoi rapporti a Cavallero.

Avanzata dell’esercito di Von der Goltz in Livonia e Curlandia122

Mentre il governo di Ulmanis e l’Intesa pensano però ad una liberazione dell’intero territorio dagli elementi filobolscevici, il generale tedesco ha in mente soprattutto di stabilizzare il suo potere nella regione e cominciare a costruire una solida testa di ponte che comporta il cambiamento della guida politica in Lettonia. Il caso militare che scatena la crisi è l’arresto di tutto lo stato maggiore della armata lettone, 550 ufficiali, da parte del corpo franco tedesco comandato da von Pfeiffer. Ulmanis immediatamente protesta con l’alto comando delle operazioni per l’imprigionamento di tutta la componente lettone della Landeswehr e, anche se non ordinato direttamente da Von der Goltz, questa vicenda da l’occasione per accusare il governo lettone di minacciare la sicurezza delle armate tedesche e il pretesto per esautorare il governo Ulmanis che troverà rifugio, insieme a tutto il suo governo, presso la nave inglese Saratov. Nonostante le proteste dell’Intesa di reintegrare Ulmanis nei suoi poteri, Von der Goltz nomina il 27 di aprile un governo presieduto dal pastore protestante Needra che si rivelerà una testa di legno nelle mani del generale. Gli inglesi chiedono allora immediatamente la testa del comandante Von Pfeiffer ma gli viene risposto che, per farlo, bisognerebbe mettersi contro tutti i suoi uomini; in alternativa la missione inglese chiede che sia nominato al suo posto il barone Von Meunteffel. La risposta secca è che essendo quest’ultimo di nazionalità lettone non può essere considerato responsabile di condotta criminale contro il proprio governo. Gli inglesi si rivolgono quindi a Berlino protestando vivacemente e chiedendo la destituzione di Von der Goltz. Berlino risponde che il generale non ha avuto alcun ruolo all’interno del putsch e che ha agito come da istruzioni impartite dall’Oberkommando Nord. I tedeschi, con sarcasmo, aggiungono che è sotto consiglio inglese che Ulmanis aveva accettato la collaborazione delle forze

122 Benoist Mèchin, cit. pag. 21

tedesche ma, se questo dovesse comportare problemi, i tedeschi sono pronti al ritiro lasciando all’Intesa di proteggere la Lettonia e la Lituania dai bolscevichi.123 Il secondo e il terzo obiettivo di Von der Goltz sono quindi raggiunti. Dopo la riorganizzazione dell’esercito effettuata in febbraio, la fine del governo Ulmanis contro le decisioni dell’Intesa e la sfida lanciata agli Alleati di trovare le forze per contrastare nella regione, i bolscevichi mettono la situazione sia politica che militare a suo favore. Il comandante in capo può concentrare i suoi sforzi per combatterli e penetrare in Estonia rafforzando ancora di più il suo progetto di riscatto tedesco sul baltico. Avere ora un governo favorevole alle sue manovre favorisce anche l’instaurazione di un terrore bianco nelle zone occupate con l’esecuzione sommaria di tutti i lettoni coinvolti nel precedente regime. A Mitau vengono fucilati 500 prigionieri delle forze tedesco-baltiche; a Tukkum ne sono fucilati 200 e 150 a Dunamunde sul golfo di Riga. Viene proclamato lo stato di assedio nella capitale con l’ordine di arrestare tutti quelli che avrebbero dato rifugio ai bolscevichi o presunti tali: “I lettoni accusano i signori stranieri di voler ristabilire la loro dittatura medioevale. I balti accusano i lettoni di essere ormai infetti dal virus rivoluzionario. Si assiste così a delle scene di una crudeltà inaudita. Ogni volta che i lettoni possono avere la meglio di uno di loro lo bruciano vivo o lo crocifiggono ad un albero dopo avergli cavato gli occhi. I campi sono pieni di cadaveri nudi e mutilati ed alcuni hanno il basso ventre squarciato e riempito di pietre. I balti rispondono con le esecuzioni di massa. Tutte le passioni accumulate nel corso dei secoli sembrano liberarsi attraverso la luce degli incendi e il rantolo degli agonizzanti”124 Gli Alleati cominciano finalmente a comprendere, dopo qualche mese, che il sistema militare messo in piedi dai tedeschi sta portando esattamente nella direzione opposta ai loro obiettivi. Viene quindi convocato Ulmanis per poter ottenere una rapida evacuazione delle truppe germaniche dal Baltico ma il presidente del consiglio fa osservare che non esiste una armata lettone in grado di garantire la sicurezza del paese e che sarebbe necessario un governo di coalizione, quindi anche con i partiti di sinistra, per poter raggiungere quel livello di consenso tale da garantire un appoggio contro le truppe tedesche. Nel frattempo, il 23 di giugno, vi è stata la firma del Trattato di Pace da parte della Germania che comporta ufficialmente la fine delle condizioni di armistizio e anche la fine de jure del dominio tedesco sui territori della Curlandia e della Livonia. Al consenso popolare verso l’Intesa che scaturisce dalla notizia segue lo sbarco a Libau dei militari alleati e del presidente Ulmanis che riprende così la guida del paese, Needra viene arrestato e il governo favorevole all’Intesa riprende a Riga il controllo della situazione. E’ il primo atto ufficiale di conflitto contro le truppe tedesche sino a questo momento. E’ un atto comunque formale perché né i lettoni né gli Alleati sono in grado di controllare le forze che hanno scatenato mesi prima. Le truppe tedesche sono però già penetrate in Estonia con l’obiettivo di unirsi alle forze antibolsceviche russe e conquistare Pietrogrado, il quarto e ultimo obiettivo di Von der Goltz. Tra il 21 e il 24 giugno le truppe della Landeswehr vengono fermate dagli Estoni mentre l’esercito lettone contemporaneamente subisce, il 27 dello stesso mese, un attacco delle truppe bolsceviche125. Questo fronte, troppo vasto da contenere, porta l’esercito Estone a respingere i tedeschi sino alle porte di Riga e la vittoria di questi ultimi sancisce la prima battuta di arresto di Von der Goltz.126 Dai consiglieri inglesi e americani viene suggerito allora ad Ulmanis di concedere agli Estoni libero

123 Benoist Mèchin, pag. 25 124 Benoist Mèchin, pag. 28 125 Questo farà propendere la memorialistica della vicenda verso l’idea che vi sia una collusione dei tedeschi coi bolscevichi per motivare la loro presenza e la loro conquista militare. Che vi fossero però infiltrati dei russi tra la popolazione civile lettone è indubbio e le notizie di spostamenti e indebolimenti dei fronti molto semplici da fornire per favorire attacchi dall’una o dall’altra parte ma questo non significa necessariamente che vi fossero collusioni tra i due schieramenti. 126 E’ la battaglia di Cesis citata nel Capitolo I, per una descrizione minuta dell’andamento militare di questa sconfitta si veda http://pygmy-wars.50megs.com/history/latvia/latviaintro.html. La descrizione della sconfitta tedesca è narrata anche da Von Salomon ne I Proscritti, cit. pag. 127.

passaggio per distruggere gli avanzi dell’esercito tedesco ma questo comporterebbe, in prospettiva, un nuovo conflitto possibile tra Estoni e Lettoni. Ulmanis si rifiuta e, a richiesta dei tedeschi, viene deciso un armistizio con gli Estoni siglato il 3 luglio a Strassenhof in cui si stabilisce che tutte le truppe tedesche lascino immediatamente la zona di Riga insieme alla Landeswehr mentre gli Estoni non sarebbero avanzati al di là del fronte segnato a quella data.127 Questo episodio comporta però, in chi segue le vicende baltiche a Parigi, il segnale chiaro del disegno finale dei tedeschi. Sino a quel momento le truppe tedesco-lettoni si sono impegnate a giustificare la loro azione come derivata dall’obiettivo di raggiungere il fronte bolscevico a nord ma l’incursione in Estonia lasciando alle armate lettoni di Bellod il compito di impegnarsi contro i russi, per tentare di guadagnare il controllo di tutta la costa baltica da Libau a Riga sino a Reval (Tallin) mostra il disegno coloniale di Von der Goltz che cerca il modo di formare uno stato unico di queste regioni per poi congiungersi con le truppe bianche di Judenitch e coi finlandesi. Nel giro di pochissimi mesi l’espansione delle armate tedesche e della Landeswehr balto-tedesca è però terminata con la sconfitta contro gli Estoni e la ritirata sino a Riga e la firma del trattato di pace con la Germania e il ristabilimento di un governo favorevole agli Alleati in Lettonia insieme all’armistizio con gli Estoni segna così il raggiungimento del punto più alto della parabola del generale che da qui in poi segnerà il suo declino.

L’intervento dell’Intesa e le reazioni tedesche

Solo in questo momento in cui si manifesta chiaramente la macchina militare messa in piedi dalle truppe volontarie tedesche mira non solo ad eliminare i bolscevichi ma anche tutte le tracce di un governo filoalleato, la Conferenza di Pace a Parigi si anima e nei mesi tra maggio e ottobre dispiegherà tutta la sua influenza per garantirsi in maniera definitiva l’evacuazione delle truppe tedesche da quelle regioni.128 Lo svolgimento diplomatico e documentale di questa azione ci è stato conservato negli Archivi dello Stato Maggiore sia sotto forma di comunicazioni ufficiali, sia sotto forma di memorandum di cui la Relazione Cavallero è, forse, il documento più interessante. A Parigi intanto nella riunione plenaria del 23 di maggio del 1919 si afferma che ormai: “i tedeschi approfittano dell’antagonismo tra Balti e Lettoni per dominare Libau e la Lettonia. (….) I tedeschi cercano di stabilirsi in maniera permanente nel paese e non si preoccupano minimamente di recare offese dirette alle truppe alleate. (…) A Libau delle truppe tedesche hanno dichiarato che declinano qualunque responsabilità degli atti di indisciplina ai quali i soldati tedeschi si potrebbero abbandonare alla vista di militari alleati in uniforme. (…) la conclusione del comandante della divisione navale francese chiede l’invio pronto dei mezzi necessari in materiale e in personale per formare un esercito (nazionale) lettone forte. La forma di un esercito nazionale permetterà di assicurare l’ordine nel paese ed esigere l’evacuazione delle truppe tedesche in cui il loro mantenimento tende a considerare ormai le province baltiche sotto l’egemonia del nostro nemico.”129 Questa allarmata analisi porta alla decisione di mantenere l’invio di cibo e generi di prima necessità alle province baltiche e che lo stanziamento permanente di truppe tedesche in Lituania e in Lettonia

127 Benoist cit., pag. 35, Il documento è anche in ASSME, busta 101, fasc.10 128 In un interessante documento che riproduce il testo di una risposta di Foch a Wackendorf del comando tedesco si afferma che: “il governo francese intende restare completamente estraneo all’operazione di truppe tedesche su Riga nè autorizzarla nè favorirla in alcuna maniera se dovesse essere intrapresa da queste truppe. Tuttavia per ragioni di umanità il revitaillement di Riga, dopo la liberazione e il ristabilimento dell’ordine non potrà essere rifiutato.” ASSME, busta . Fasc. Annexe 2. Probablimente la nota si riferisce alla presa di Riga da parte di Von der Goltz nella sua avanzata verso nord ma mette in luce come, ancora a maggio del ‘19, non vi fosse alcuna percezione di pericolo da parte alleata. 129 Nota del 23 maggio del meeting della Conferenza della Pace citato in David Hunter Miller, My Diary at the Conference of Paris , cit., vol. XVI pag. 362 e segg.

è un fatto esecrabile e non può continuare a lungo. Non vi è però alcuna decisione di trasportare truppe alleate nelle province baltiche, la sola alternativa indicata è quella di organizzare tutto quanto sia possibile per ottenere dalle forze nazionali della Lettonia e dell’Estonia e dal concorso di volontari esterni il raggiungimento di questo obiettivo Lo stesso trattato di Pace firmato dai tedeschi all’art. 433 ribadisce ancora una volta che: “tutte le truppe tedesche che si trovano attualmente in questi territori dovranno tornare all’interno delle frontiere tedesche nel momento in cui i governi delle principali potenze alleate e associate giudicheranno propizio rispetto alla situazione di questi territori.”130 Si torna quindi a ribadire, anche nel Trattati, che non vi è un ultimatum perentorio alla scadenza ma si rilascia indeterminato il momento di ordinare tale ritiro che infatti avviene il 13 giugno nella seduta della Conferenza della Pace in cui viene richiesto al Maresciallo Foch di ordinare ai tedeschi: “Di fermare qualunque avanzata verso l’Estonia. 1 - di evacuare Libau e Lindau e di completare l’evacuazione di tutti i territori che prima della guerra facevano parte della Russia e ciò secondo i termini dell’armistizio; 2 - che le forze nazionali locali delle province baltiche siano appoggiate con rifornimenti di equipaggiamenti, armi, munizioni, abiti e generi alimentari; 3 - che i rappresentanti militari a Versailles esprimano il loro parere circa il genere di rifornimenti che dovrebbero essere inviati e da chi”131 La decisione viene finalmente consegnata al comandante supremo delle forze alleate che immediatamente intima lo sgombero al governo tedesco. E’ interessante notare che nella relazione preparatoria alla decisione del 13 giugno si manifesti di nuovo e in maniera puntuale il conflitto tra le varie nazioni che partecipano alla Conferenza. Nel determinare le modalità di evacuazione vi è una indicativa doppia dizione da suggerire eventualmente ai Capi di Stato sulle modalità di evacuazione delle truppe tedesche. Nella proposta si da infatti il testo in una versione inglese che afferma: “[trasmettere l'ordine ai tedeschi] di evacuare immediatamente Libau e Vindau e di completare il più rapidamente possibile l'evacuazione di tutti i territori che erano prima della guerra parte dell'Impero Russo secondo le determinazioni della clausola XII dell'Armistizio.” Nella versione francese, americana ed italiana si legge invece: “[trasmettere l'ordine ai tedeschi] “di evacuare conformemente alle prescrizioni della clausola XII dell'Armistizio immediatamente Libau e Vindau fino al distretto di Augustovo, Suvelki, Grodno, parte del distretto di Seini ad Ovest del fiume Osernahanja (Marycha) e il più rapidamente possibile i territori che facevano parte prima della guerra dell'Impero Russo con riserva che detta evacuazione debba comunque iniziare immediatamente.”132 Questa discrasia delle versioni, pur comportando una sostanziale intesa nella formulazione della eliminazione delle truppe tedesche dal teatro baltico, vedono gli inglesi sostenere l'eliminazione delle truppe in maniera completa in Lettonia e Lituania con una azione contemporanea, mentre americani, francesi ed italiani, oltre a questa azione, cercano di eliminare le truppe in un’area più vasta comprendente comprendente anche i territori russi. Più interessante la posizione italo-francostatunitense che non crede ad una facile evacuazione delle truppe tedesche da quei territori senza estendere l’azione alleata anche alle truppe russe bianche presenti nella regione paventando probabilmente un pericolo di alleanza tra tedeschi e russi controrivoluzionari; più decisa e pragmatica quella inglese che non cerca una soluzione generale ma a contenere nella maniera più rapida possibile l’espansione tedesca contro i porti lettoni: “Fu a questo punto che i negoziatori fino

130 ASSME, Relazione Cavallero, cit. all. 18 131 Relazione Cavallero, cit. allegato 9, e il testo è anche in Miller, cit. vol. XVI. In realtà la decisione ha visto già i rappresentanti militari fornire indicazioni al Consiglio Supremo di Guerra e a questo proposito: “la Francia ha inviato o è in procinto di inviare missioni in Lituania o in Lettonia. La Gran Bretagna ha inviato una squadra a Libau unitamente a importante materiale da guerra (armi e munizioni). Gli Stati Uniti d’America hanno già inviato una certa quantità di approvvigionamenti nella Latvia. I rappresentanti militari consigliavano altresì di coordinare l’azione attraverso la delega ad un paese e di “esigere dai germanici il rimpatrio dalla Germania dei prigionieri nati nelle province Baltiche a fine di facilitare la costituzione di contingenti nazionali mobilitati” Relazione Cavallero - Allegato 6. 132 Relazione Cavallero, allegato 8, cit.

a quel momento poco attenti alla situazione baltica cominciarono ad entrare in agitazione: 'Dato il caos che regna al momento in quelle zone è ben strano che i tedeschi si stiano adoperando per mantenervi la propria influenza e il proprio dominio impedendo la formazione di eserciti locali e costringendo i paesi da loro occupati a contare solo sul loro aiuto concreto contro l'invasione bolscevica”133 Fermando un attimo la sequenza degli avvenimenti viene da chiedersi a questo punto quanto questa decisione ottenga l’appoggio del governo repubblicano tedesco. La questione non è di poco conto poiché la ritirata delle truppe deve avvenire nel suo territorio e quindi la Reichswehr deve appoggiare innanzitutto l’azione di ritiro accogliendo e sorvegliando i reparti che giungono dalle province baltiche affluendo in una regione, la Prussia Orientale, da dove provengono in massima parte quelle classi di comandanti ostili al governo di Berlino e che hanno, da subito, appoggiato l’avventura di Von der Goltz. I passi ufficiali testimoniano l’impegno formale del governo tedesco al ritiro. In un opuscolo conservatoci e intitolato L’evacuazione delle truppe tedesche dal Baltico134 vengono ordinate cronologicamente le comunicazioni ufficiali tra il governo tedesco e gli Alleati e, in una nota del 28 giugno 1919, Nudant, capo della Commissione Interalleata per l’Armistizio da Spa in Belgio ingiunge ai tedeschi di rispettare la nota decisa a Parigi il 13. In agosto però le truppe tedesche rifiutano di ritirarsi. Il comandante tedesco della Divisione di Ferro, Bischof ricorda che: “il governo lettone aveva concluso con il governo tedesco una convenzione che conteneva una serie di promesse fatte in riconoscimento ai servizi resi dalle truppe tedesche delle province baltiche. Per le conclusioni dell’ignominioso trattato di pace il governo tedesco ha annullato questa convenzione. Ma a causa di questo ha ripreso per conto suo a prendere impegni che risultano completamente contrari all’interesse delle truppe. (…) Io esigo quindi dal governo tedesco delle istruzioni formali su questi punti: 1) siano tenuti a disposizione degli ufficiali, dei sottufficiali e dei soldati almeno il 30% dei posti nelle brigate della Reichswehr che dovranno essere riformate nelle città; 2) sia garantita la stessa percentuale anche nelle forze di sicurezza e di polizia e nelle milizie che saranno formate; 3) sia mantenuta l’unità della Divisione in modo che sia assicurato l’avvenire dei suoi componenti.135 La risposta negativa di Bischof all’intimazione del ritiro viene accompagnata da una nota di Von der Goltz del 3 settembre che ricorda come: “una parte molto grande delle truppe non vuole lasciare la Lettonia prima che sia assicurato il suo avvenire, un’altra parte, ugualmente numerosa, esige che il governo insista di nuovo energicamente presso l’Intesa e presso il Governo lettone al fine di far rispettare i patti relativi alla cittadinanza e alle concessioni di colonizzazione che aveva stipulato. (…) Come proposta alternativa per il governo tedesco potrebbe egli adoperarsi con i mezzi necessari a disposizione affinché si possa permettere ai soldati loro il passaggio al servizio dell’armata russa.”136

133 McMillan, cit. pagg. 289/290 134 In ASSME, E8, Busta 99, fasc. 1 135 ibidem, cit. annexe 10 136 ibidem. La proposta di Von der Goltz è insieme provocatoria e, in fondo, disperata. Egli non ha intenzione di disobbedire agli ordini del governo tedesco ed infatti si dimetterà in settembre garantendo formalmente allo stesso il rispetto formale delle direttive dell’Intesa e il tentativo di far diventare russi i soldati tedeschi è sicuramente il frutto di un sogno di gloria ormai tramontato e trasformato, nella sua rigida logica militare, in un azzardo tra il donchisciottismo e la logica del rien ne va plus. Dopo la sconfitta contro gli Estoni egli si rende conto che anche una vittoria di un fantomatico esercito “bianco” russo-tedesco non ha alcuna possibilità di resistere all’interno del quadro internazionale che si sta delineando. Complessa figura quella di Von der Goltz, visto dalle sue truppe come l’unico in grado di dare voce all’odio radicale che i volontari tedeschi provano per la classe dirigente tedesca della repubblica di Weimar che li ha abbandonati in questo luogo selvaggio. La sua figura ricorda Mr. Kurtz, il protagonista del racconto Cuore di tenebra di Conrad: “Per questo affermo che Kurtz era un uomo notevole. Aveva qualcosa da dire. Lo disse. Dato che ho sbirciato anch'io al di là della sponda, comprendo meglio il significato del suo sguardo che non riusciva a scorgere la 63

La guerra di liberazione lettone

La proposta inoltrata da Von der Goltz non è una semplice boutade. In realtà la Landswehr baltica aveva al suo interno una componente di nazionalità russa controrivoluzionaria comandata dal colonnello Leval il quale si dichiarò leale al governo Ulmanis ma al cui interno, come in tutte questi eserciti “bianchi”, vi erano militari delle più diverse provenienze. Il colonnello Leval comincia, nel mese di luglio, a ritirare le proprie truppe via mare per congiungersi con l’armata di Judenitsch a Nerval ma un gruppo di questi, a lungo residenti nei campi di prigionia tedeschi, si rifiuta e questo distaccamento russo è comandato da Virgolitsch e da Bermondt. In settembre il generale Von der Goltz si dimette da comandante in capo dell’Oberkommando Nord e lo consegna al colonnello Bermondt e questa è l’ultima carta giocata dal generale tedesco per mantenere intatta la forza militare che aveva creato. Egli dipende ufficialmente dal governo tedesco di cui esegue fedelmente gli ordini ma, contemporaneamente, sa che di fronte alle dichiarazioni ufficiali dell’Intesa non vi è alcuna intenzione di trasformare queste minacce in realtà e quindi, giocando d’astuzia, passa il suo esercito in mano ai comandanti russi dell’armata. Il giorno dopo al comandante della missione militare francese a Riga si presenta dunque: “un uomo ancora giovane (…) vestito con un lungo cappotto militare e un berretto di pelliccia all’uso circasso, con addosso tutto un arsenale di scimitarre, pugnali, pistole, cartucciere a tracolla che ci offrì di prendere con lui il the”137 Bermondt assicura che il gruppo russo vuole congiungersi all’esercito di Judenitch per marciare contro Pietrogrado ed ha un incontro con lui per chiarire le modalità di trasferimento e viene accompagnato, per questo colloquio, dal colonnello tedesco Von Preussen. Ai colloqui non fu mai presente un ufficiale alleato e il dubbio che in realtà Judenitch e Bermondt avessero concordato la permanenza dell’esercito del colonnello nella regione è molto probabile. In questo modo il generale russo poteva contare su una retroguardia fedele alle sue operazioni verso il fronte orientale. Il 28 settembre il Generale Nudant capo della Commissione Interalleata per l’Armistizio da Parigi ingiunge al Presidente della medesima Commissione tedesca con sede a Berlino che: “i governi alleati si rifiutano di ammettere che il Governo Tedesco possa, per declinare ogni sua responsabilità, nascondersi dietro l’impotenza che dichiara di avere per imporre l’obbedienza alle sue truppe baltiche. Invita quindi il governo tedesco a procedere senza alcun ritardo all’evacuazione delle forze militari. (…) Il governo tedesco dovrà ugualmente senza ulteriori ritardi prendere tutte le misure necessarie per far rientrare nei confini previsti dal trattato di pace tutti i tedeschi che hanno preso servizio, dopo la smobilitazione, nei corpi russi organizzati in quelle province e imporre il divieto di continuare a farlo”138 Il quotidiano francese “Le Temps” del 6 ottobre riporta per intero la risposta del governo tedesco: “Il governo tedesco deve protestare con grande energia contro le misure di rigore menzionate nella nota del maresciallo Foch che minaccia di rinnovare il blocco e di azzerare le importazioni di

fiamma della candela, ma era grande abbastanza da abbracciare l'universo intero, abbastanza aperto da penetrare tutti i cuori che pulsano nella tenebra.” 137 Du Parquet, cit. pag. 147. E’ interessante riportare i brevissimi profili che il generale Marietti traccia del colonnello e di alcuni dei suoi collaboratori: “Bermondt: soprannominato principe di Avaloff, famiglia assai insignificante del Caucaso. Dopo la rivoluzione ha servito in Ucraina sotto la rada centrale. Dopo la caduta dell’ataman è evacuato in Germania, con altri 2000 ufficiali, nel campo di Salgwede, donde allaccia relazioni coi gruppi russi germanofili di Berlino. Si pone a capo delle truppe germano-russe; emette moneta propria (stampata in Germania), sulla quale pare abbia lucrato enormemente. Uomo di circa 40 anni, energico, squilibrato, dedito alle donne, morfinomane. Colonnello Cesnokoff: “capo della cancelleria personale di Bermondt. Uomo abile, trafficante, opportunista. Colonnello Dolonski: comandante del reggimento di cavalleria: germanofilo, rozzo, bevitore. Colonnello Virgolitch: ultimamente fu presso l’ataman di Kiev, donde fu evacuato a Salgwede, donde passò a Mitau provvisto di grosse somme avute a Berlino. Manca di carattere, fortemente alcolizzato; senza simpatie politiche manifeste; attualmente in cerca di un compratore.” Giovanni Marietti, Appunti e impressioni sugli Stati del Baltico, ASSME, E8, Busta 99, fasc.3, pagg. 64-68 138 Relazione Cavallero cit., allegato 10

derrate alimentari. (…) Ma al fine di dare agli alleati e agli associati la possibilità di convincersi della gravità eccezionale del loro intervento, il governo tedesco li prega di cominciare a discutere con lui per prendere delle misure adatte al caso. A questo proposito, propone la rapida formazione di una commissione composta da rappresentanti tedeschi e da rappresentanti alleati e associati. Secondo le intenzioni del governo tedesco l’obiettivo della commissione sarà quello, dopo un esame della situazione di prendere tutte le misure per una evacuazione rapida delle truppe e di sorvegliare e assicurare l’esecuzione perché questa evacuazione sia rapida.”139 Nel frattempo l’intera armata tedesca, 50.000 uomini, chiede la nazionalità russa e passa agli ordini di Bermondt. Il colonnello dichiara se stesso Presidente di una fantomatica “Repubblica russa dell’Ovest” e da questo momento le truppe tedesche diverranno truppe russo-germaniche con il nome di “Armata dei volontari dell’Ovest” sotto il comando del capitano russo Sievert e di un ufficiale tedesco di nome Wagner. La soluzione prospettata da Von der Goltz diviene quindi realtà: i soldati tedeschi sono ora, coerentemente con l’accordo tedesco-lituano del dicembre, volontari a difesa della Curlandia dagli attacchi bolscevichi, essendo cittadini russi sono ormai sciolti da ogni vincolo con la madre patria e possono continuare il progetto di conquista che il generale tedesco segue dal suo “ufficio” a Mitau. Terminati però fondi e aiuti economici dalla Germania ci si chiede come questa nuova armata germano-russa possa mantenersi. Il colonnello Du Parquet parla, nelle sue memorie, di un accordo tra Bermondt e la banca J.P. Morgan in cui viene concesso un prestito di 300 milioni di marchi al colonnello, con garanzia di tutte le proprietà mobiliari e immobiliari del territorio controllato dal Governo della Russia Occidentale, da restituire con un tasso di interesse piuttosto modesto nel momento in cui il Governo potrà emettere obbligazioni di cui la banca si riserverà una percentuale. Viene concesso, inoltre, alla J.P.Morgan di aprire filiali sul territorio e di garantirsi il monopolio degli investimenti per la ricostruzione edilizia e delle industrie.140 Il programma militare di Bermondt viene allora deciso in una conferenza degli ufficiali comandanti il 1 ottobre. Era necessario attaccare e prendere Riga per eliminare il governo Ulmanis e dichiarare la Lettonia provincia russa assegnando ad una parte dell’armata lo stesso compito in Estonia. Nei progetti della nuova armata russo-tedesca questi paesi non avrebbero dovuto avere un proprio esercito e sarebbero stati sotto il controllo russo garantendo dal punto di vista politico all’aristocrazia germano-baltica i suoi privilegi feudali.141 La strategia di Bermondt fu allora quella di provocare le truppe lettoni fedeli al governo ma di non attaccarle direttamente in modo da creare un incidente ed avere così il pretesto per la conquista della capitale. Le truppe dell’armata germano-russa destinate a questa ultima battaglia erano composte da un primo corpo d’armata denominato Keller, un secondo corpo di armata denominato Virgolitsch, dalla Divisione di Ferro e dalla Legione tedesca.142

139 ASSME, E8, Busta 99, fasc.1 140 Du Parquet, cit. pagg. 159-160. E’ difficile credere che una banca americana abbia finanziato l’impresa di un avventuriero descritto come un morfinomane anche se lo stesso Marietti parla di un interesse commerciale molto forte della delegazione inglese e americana per il baltico: “i rapporti miei con la delegazione inglese furono sempre cordiali, ma molto riservati, anche perché non conosco la lingua inglese: i rimanenti ufficiali della delegazione lavoravano molto a tavolino, non certo intorno ad argomenti relativi allo sgombro delle province baltiche” Relazione a Cavallero del 20 gennaio, cit. pag. 10. Resta comunque il fatto che Du Parquet parla di questi documenti, li descrive ma non li riproduce come in molte parti del suo libro fa con altri documenti di cui è a conoscenza. Il dubbio comunque di un investimento così rischioso rimane, così come rimane il problema di comprendere in che modo le armate bianche controrivoluzionarie e lo stesso Bermondt furono finanziate per la sua impresa. Si tratta in generale di una ricerca ancora non approfondita ma che varrebbe davvero la pena intraprendere. 141 Du Parquet, cit. pag. 155 142 Du Parquet, cit. pag. 164-166. Le truppe descritte dal colonnello Du Parquet sono le stesse che dovranno poi passare il confine tedesco sotto la sorveglianza della missione internazionale di Niessel. Vale quindi la pena cercare di ricostruire il dettaglio di componenti dell’armata. L’armata Keller comprende due battaglioni russi e uno tedesco ed è di stanza a sul fronte da Riga a Mitau e controlla quindi il centro dello schieramento; l’armata Virgolitsch composto da truppe tedesche con artiglieria e cavalleria è, insieme al corpo franco di Rieckoff ,sul fronte verso Schawli-Radwziliski e quindi al centro del paese; la Divisione di Ferro, comandata da Bishoff, che rappresenta il gruppo di truppe più 65

L’8 ottobre Bermondt emette un proclama in cui dichiara pubblicamente le sue intenzioni: “Come rappresentante del potere russo ho preso il 21 di agosto dopo la partenza delle truppe tedesche [sic] la direzione e la protezione del territorio lettone. Faccio sapere a tutti gli abitanti che non permetterò più in avvenire di turbare l’ordine pubblico e di portare attacchi a persone o cose chiunque ne sia il possessore. (…) Invito la popolazione a sostenermi con tutte le loro forze nella mia impresa e a non ascoltare i suggerimenti del nemico della libertà e della Kultur. (…) In tutti i territori lettoni da me occupati prenderò tutte le disposizioni utili a che la popolazione disponga di se stessa come meglio crede.”143 La reazione della popolazione lettone fu invece quella di una mobilitazione generale in cui tutti i cittadini, giovani e vecchi, anche con armamenti di fortuna, si misero a disposizione del governo lettone e del suo nuovo comandante in capo, il generale Bellod, che faceva parte sino a quel momento della Landeswehr incaricata di sorvegliare ad est il fronte russo. Gli Estoni inviarono un treno blindato da Reval (Tallin) per la difesa di Riga e le truppe inglesi imbarcate al porto lanciarono lo stato di allerta generale in attesa dell’attacco. Il 9 ottobre il governo lettone invia al Maresciallo Foch la sua protesta: “contro l’attacco perfido dei tedeschi e ci appelliamo al mondo intero e agli alleati di venire in soccorso alla Lettonia per garantire la sua esistenza.”144 Le truppe di Bermondt avanzano invece rapidamente verso Riga e giungono fino alla periferia della città e il 10 di ottobre occupano la riva sinistra del fiume Duna per lanciare der lezte Sieg come ebbe a dire Von der Goltz a proposito di questo assalto alla capitale. I Lettoni sono praticamente battuti, senza artiglieria e senza postazioni di mitragliatrici vedono avanzare le truppe sin dentro la città mentre la marina alleata assiste dal porto al bombardamento dei palazzo del governo e dei vari ministeri della città. L’ammiraglio inglese Cowan dalle navi intima allora a Bermondt di evacuare immediatamente la foce del fiume e il 13 apre il fuoco contro le truppe germano-russe provocando il loro arresto; il 3 di novembre i Lettoni, dopo aver raggruppato tutte le forze disponibili dal nord e dall’est del paese cominciano a respingere le truppe di Bermondt verso sud e con una lenta avanzata l’intero schieramento comincia a ritirarsi dalla linea del fronte presso Riga e tra il 10 e il 13 di novembre comincia la disfatta delle truppe germano-russe incalzate dai lettoni. Lo schema delle direzioni del ritiro delle truppe e la situazione dei fronti è riportato, per comodità, nella tavola 2.

numeroso con tre reggimenti, artiglieria leggera e cavalleria è di stanza a Mitau in connessione con l’armata Keller; la legione tedesca il gruppo von Plehwe con due reggimenti della guardia insieme al freikorps di Weickmann è Eckau; Friedrichstadt mentre il gruppo di von Plehwe è al porto di Libau. Sostanzialmente l’intero sud del paese è controllato dalle truppe di Bermondt lasciando ai lettoni il compito, ad est, di sorvegliare anche il fronte con i russi. Questo schieramento così dettagliato ci permette di comprendere non solo l’assedio portato al governo e all’esercito lettone ma anche il flusso di ritorno delle truppe stesse dopo la loro sconfitta a Riga. 143 Du Parquet, cit. pag. 168. Il simbolo del nuovo esercito di Belmondt di cui si fregiano le uniformi di tutte le fogge è la croce ortodossa bianca in campo nero e il motto è “Dio e la Russia”. 144 ibidem

Tavola 2 - Movimento di ritiro delle truppe germano-russe dal fronte – novembre 1919

A novembre, a sud, ha intanto preso posizione a Tallin, dietro il confine lituano la missione internazionale composta dagli alleati e dai militari tedeschi e questo insediamento avviene contemporaneamente alla controffensiva lituana a nord e ad est del paese che sarà il vero motore di spinta delle truppe tedesche verso il ritorno in patria.

La Missione interalleata per il ritiro delle truppe

Il generale Niessel a proposito della missione che dal mese di novembre aveva avuto l’incarico di presiedere ebbe a considerare, in un suo scritto successivo,: “noi non avevamo dunque che da assicurare l’evacuazione solo con i nostri mezzi che erano nulli”145

145 Prefazione al volume di Du Parquet cit pagg. I-V. Il generale Henri Albert Niessel nato il 24 ottobre a Parigi era un veterano della guerra coloniale francese e aveva partecipato alle campagne in Algeria, Tunisia e Marocco. Nel 1915 è comandante di una brigata di fanteria ed è nominato generale il 18 aprile del 1918. Ferito una prima volta nel ‘14 subì una intossicazione da gas nel giugno del 1918 e fu nominato, nello stesso anno, comandante della Legione d’onore. Morì a Parigi nel 1955. La stima di Marietti per il generale Niessel è assoluta, derivata anche dal fatto che lo stesso Marietti aveva a lungo studiato le vicende militari marocchine durante la crisi di Agadir, cfr. Capitolo III. Di lui annota nel rapporto a Cavallero: “giovane comandante di corpo d’armata da due anni, è uomo dotato di qualità veramente superiori. Coltissimo e studioso, scrittore autorevole di cose militari, conosce perfettamente le lingue tedesca e russa: questa conoscenza gli permise, durante le difficili discussioni a mezzo d’interprete, di guadagnare quel tanto di tempo necessario per preparare le risposte, in modo da mettere, anche grazie alla geniale prontezza, in iscacco l’avversario. (…) Nel complesso il gen. Niessel è, per me, un presidente ideale di commissione interalleata, che abbia a trattare affari non interessanti vitalmente le Potenze rappresentate: in quest’ultimo caso potrebbe essere un avversario formidabile” Relazione a Cavallero, cit. pagg. 5 -7,. Con la consueta capacità di sintesi Marietti conferma la statura di un militare che 67

L’affermazione necessita di alcune spiegazioni e soprattutto del contesto non solo militare, già descritto, ma politico e diplomatico in cui viene ad operare. La nullità non è infatti semplicemente la mancanza di mezzi militari per garantire il ritiro ma sono i rapporti con il governo tedesco che gli Alleati in questo momento instaurano a provocare una serie di difficoltà. Accanto a questo vi fu inoltre la necessità, da parte dei componenti la missione, di costruire una vera e propria azione diplomatica per arrestare le truppe lettoni le quali, prese dall’entusiasmo della vittoria, misero in serio pericolo il ritiro ordinato delle truppe attraverso il territorio lituano sino al confine prussiano. Isolati per la totale mancanza di comunicazione in un territorio straniero, la sede delle operazioni fu prevalentemente Tallin allora ancora facente parte della Prussia Orientale, incapaci di comprendere cosa stesse succedendo a nord, a centinaia di km di distanza verso il fronte di Riga, e con in mano semplicemente la assicurazione del governo tedesco di una collaborazione a riportare le truppe indietro senza alcun mezzo di dissuasione che non fossero i componenti tedeschi della missione; i rappresentanti alleati completarono il ritiro delle truppe tedesche dal baltico in due mesi anche se, come ha scritto Marietti,: “l’opera della delegazione tedesca avrebbe dovuto essere quella di una cooperazione con noi, ma era evidente che in realtà sarebbe stata di resistenza sempre quando non fosse nell’interesse germanico di acconsentire. Cooperazione avemmo per lo sgombro delle truppe, che effettivamente il governo voleva; ma quanto al modo di sgombro e soprattutto al materiale da lasciare o da consegnare, la resistenza fu accanita e non vinta che quando se ne interessò personalmente il cancelliere.”146 I rapporti tra Alleati e Governo tedesco in questo momento sono molto tesi. Le risposte fornite alle ripetute ingiunzioni di ritiro delle truppe hanno avuto risposte tecniche o evasive. Tra l’ottobre e il novembre del ‘19 si moltiplicano i messaggi di ferma intenzione da parte degli Alleati di trovare tutti i mezzi possibili per ritirare le truppe. Contemporaneamente quindi alle notizie degli attacchi di Bermondt a Riga si alza il livello della pressione diplomatica verso il governo tedesco. Il 10 ottobre Foch chiede ai tedeschi: “il generale Von der Goltz ha agito contrariamente alle sue istruzioni? Se è così, perché la sua insubordinazione non è stata punita con un congedo formale o con qualunque altra forma? A meno che il governo tedesco non fornisca su questo delle spiegazioni accettabili che quelle che ha dato sino ad ora gli alleati devono ammettere che il governo tedesco non ha fatto nulla di quello che era in suo potere per ritirare le truppe tedesche dal Baltico”147 La risposta tedesca giunge ufficialmente il 16 ottobre. Wachendorf, rappresentante tedesco nella commissione per il disarmo, afferma che il governo tedesco: “ha severamente vietato ai soldati tedeschi di arruolarsi nelle formazioni russe e a rotto tutte le relazioni con quelli che lo hanno fatto nonostante il divieto. Non si trova tra le truppe di occupazione russe del Baltico alcun soldato tedesco sul quale il governo abbia ancora qualche autorità”148 La risposta tedesca è non solo ambigua ma molto pericolosa. Sostanzialmente il governo tedesco ritiene, attraverso gli appelli fatti alla fine di settembre, di aver adempiuto al suo dovere di richiamare le truppe tedesche in patria. Ha anche nominato il comandante Eberhardt al posto di Von der Goltz con l’incarico di procedere alla raccolta e allo sgombero ma, contemporaneamente, ricorda che per i soldati tedeschi che hanno “tradito” e sono fuori dal controllo tedesco nulla si può fare se non dichiararli disertori. E’anche vero però che gli Alleati sanno che alla fine di ottobre la grande consistenza delle truppe di Bermondt è tedesca e poiché il governo tedesco non si ritiene

tradusse in francese l’intera Conferenza di Pace della guerra russo-giapponese e che si interessò in maniera competente ed originale della nascita e dell’uso dell’aviazione nell’esercito (La Maitrise de l’Air, Paris, 1928). Delle vicende della missione internazionale, oltre alla Prefazione citata, scrisse nel 1935 un volume intitolato L’èvacuation des pays baltique par les Allemandes: contribution à l’etude de la mentalità allemande, Paris 1935 in cui si dichiara fortemente convinto che vi fu un finanziamento del governo tedesco ai bolscevichi per garantire quel disordine in grado di mantenere l’occupazione dei tedeschi sul baltico e farne una loro colonia. 146 Relazione a Cavallero, cit. pag. 13 147 ASSME, Relazione Cavallero, allegato 13 148 ibidem, allegato 14

responsabile del loro comportamento si viene a mettere la missione internazionale di controllo in serio pericolo poiché le truppe che devono ritirarsi potrebbero non rispondere agli ordini. Accanto a questi elementi di difficoltà, gli Alleati inviano una missione internazionale non considerando il morale di quelle truppe. Del progetto politico militare di Von der Goltz149 ne sono, d’altro canto, pienamente informati attraverso le missioni internazionali alleate sul territorio e in particolare quella di Riga dove il suo comandante riferisce la situazione direttamente al Ministero della Guerra a Parigi e conoscono inoltre la situazione che tra luglio e settembre ha trasformato questi uomini in potenziali delinquenti ma che sono pur sempre soldati tedeschi per di più volontari e che condividono un disegno coloniale a spese dei Lettoni, degli Estoni e dei Lituani. La missione ha quindi in questo momento semplicemente l’assicurazione di una collaborazione da parte di un governo che dichiara di non poter avere quella capacità di comando necessaria a convincere le truppe al ritiro. La controffensiva lettone sarà allora l’elemento chiave della fine dell’avventura tedesca sul Baltico ma, alla data di insediamento della commissione e alla sua partenza, le truppe germano-russe di Bermondt sono all’offensiva e quindi ben lungi dal ritirarsi. La missione riceve dal Consiglio Supremo della Conferenza istruzioni in cui si ricorda che: “il governo tedesco è il solo responsabile dell’esecuzione dell’evacuazione” e quindi essa dovrà: a) prendere conoscenza presso il governo a Berlino delle misure che si intendono adottare per regolare le condizioni dell’evacuazione; b) ricevere le istruzioni impartite ai comandanti tedeschi delle regioni del baltico; c) dare suggerimenti ai militari tedeschi per assicurare l’esecuzione dell’operazione.”150 L’evacuazione dovrà poi essere non solo dei soldati dell’esercito tedesco ma anche di tutti quelli che sono passati come volontari al comando di Bermondt.151 E’ quindi una evacuazione etnica in cui qualunque tedesco dovrà lasciare il Baltico e il medesimo controllo dovrà essere effettuato anche per il materiale che deve essere lasciato sul posto potendo le truppe riportare solo la loro dotazione in armi e mezzi.152 Si tratta, per Parigi, di una semplice missione di assistenza al governo tedesco mentre si trasformerà, viste le condizioni sul terreno, in una vera operazione diplomatica di grande livello di cui le relazioni di Marietti alla delegazione italiana per la Pace, ne sono un resoconto dettagliato. La missione ha come prima tappa il raggiungimento di Berlino dove giunge l’8 novembre per prendere contatto con la delegazione tedesca incaricata dell’evacuazione e il presidente Niessel richiede la dislocazione dei comandi, la quantità delle truppe e i dati sui depositi delle munizioni e dei viveri. Domanda inoltre, come è logico attendersi, la situazione dei treni e delle linee che dovranno attraversare due paesi, Lettonia e Lituania, visto che i tedeschi si sono rifiutati di evacuare via mare dal porto di Libau. La questione del numero e delle cifre dei soldati tedeschi non sarà mai risolta. “Noi non abbiamo – scrive Marietti – mai potuto controllare nulla; ci hanno fornito dati e cifre forse veritieri e fors’anche falsi, ma controllo reale non si è avuto mai. A parte le minacce a mano armata, si

149 Questa ineluttabilità della sconfitta crediamo sia nella coscienza del generale tedesco già da maggio quando deve rassegnare le dimissioni e consegnare le sue truppe a Bermondt. Si tratta a nostro avviso di un ultimo tentativo, der letzte stand, prima della fine del suo progetto. E’ difficile non pensare che proprio questa consapevolezza abbia poi spinto Von der Goltz, vista la controffensiva estone e lettone, di aiutare a rinunciare all’impresa e a ritirarsi. 150 Relazione Cavallero, allegato 16 151 ibidem 152 ibidem. La commissione, oltre a Niessel e a Marietti è composta dal colonnello inglese Turner: “Fin dal principio – scrive Marietti a Cavallero – della missione apparve manifesto che il gen. Turner aveva, oltre a quello comune alla commissione anche un altro incarico. Durante il viaggio apprendevamo che, finito il nostro compito, egli si sarebbe recato a Riga per assumere la direzione superiore delle varie missioni inglesi dislocate nelle province baltiche.” Gli altri due rappresentanti sono il tenente colonnello americano Cheney: “persona molto distinta, certamente intelligente ed assennata; le sue osservazioni sono piene di acume e di equilibrio, ma improntate a quella rigida mentalità americana così diversa dalla mentalità europea e che, quindi, difficilmente comprende a fondo i nostri problemi. Del delegato giapponese Takeda, Marietti scrive: “L’azione di lui è stata completamente passiva; della questione baltica credo che in fondo gli importasse ben poco” Le considerazioni di Marietti sono in Relazione a Cavallero, cit. pag. 10-.11

incontravano ad ogni passo negative, dichiarazioni di impotenza a fornire i dati richiesti e, ultima risorsa, lo sdegno per la nostra insistenza in nome dell’onore tedesco”153 Non è illogica questa incapacità di produrre cifre precise da parte dei tedeschi vista la dichiarata irresponsabilità del governo tedesco di tenere conto dei volontari distribuiti nelle varie compagini militari ma per tutta la durata della missione- Questa mancanza di un riscontro preciso dei dati aleggerà continuamente sino a far ritenere ai componenti della missione che non vi fosse una necessità impellente di avere un rigoroso conteggio delle truppe poiché di questo numero era responsabile solo il governo tedesco che aveva espresso più volte la volontà di chiudere una volta per tutte la vicenda baltica. Marietti scrive infatti che le modalità di rientro sono state sostanzialmente gestite dai tedeschi: “la partenza delle truppe è avvenuta secondo il volere dell’Intesa e forse anche perché era nei desideri del governo tedesco attuale, ma è avvenuta come e quando i tedeschi hanno voluto, non come e quando richiedeva la commissione.”154 Se, a posteriori, la memorialistica francese sull’episodio tenderà a fare confusione tra le posizioni del governo tedesco e le intenzioni dilatorie dei militari responsabili del ritiro accusando il governo tedesco di connivenze e ritardi e nonostante lo stesso Marietti non faccia affidamento sulle capacità tecniche e organizzative dei tedeschi è giusto notare che, per lui, esiste una reale volontà del governo a far rientrare le truppe prescindendo dalla loro appartenenza o meno all’esercito regolare altrimenti non si spiegherebbe - afferma il generale italiano - la rapidità con la quale il ritiro avvenne senza che la missione potesse intervenire in modo concreto. Si consideri inoltre che lo stesso ritiro fu rapido ed ordinato e che le stesse truppe tedesche si ribellarono agli ordini di Ebehrard addirittura attentando alla sua vita.155 Risolta la questione della numerosità delle truppe vi era il problema dei mezzi di trasporto necessari al rientro che vengono quantificati in un numero di sei treni giornalieri e di trasporti via mare. Il generale Niessel, nei colloqui a Berlino, chiede inoltre la chiusura di tutti i centri di reclutamento volontario e di propaganda (Anwerbestelle Baltenland) e in questa richiesta da prova della sua sagacia poiché il flusso in entrata di altre truppe tedesche mentre avveniva il ritiro fu costante: infatti i Freikorps del barone Hans von Manteuffel entrarono dalla Prussia Orientale quasi a ritirata finita per gettarsi addosso alle truppe lettoni in avanzata. L’assoluta mancanza di controllo da parte degli alleati permise quindi ai tedeschi di gestire ambedue i flussi lasciando poco spazio alla commissione per rilevare infrazioni che, del resto, una volta rilevate avrebbero potuto solamente informarne il governo tedesco il quale avrebbe dovuto chiederne conto ai responsabili sul terreno rallentando in modo fatale le operazioni di sgombero. Ci penseranno invece i lettoni a garantire una fuoriuscita quasi completa degli elementi tedeschi: “Il lavoro della Commissione interalleata fu il completamento dell’armata lettone o, per parlare più esattamente e riportando le parole esatte del generale Niessel, il lavoro dell’armata lettone è stato di grande utilità e di grande ausilio alla Commissione interalleata per portare a buon fine il compito che le era stato assegnato”156 Intanto la commissione continua a raccogliere informazioni sulle truppe e incontra sempre a Berlino i rappresentanti dei governi della Lettonia, della Lituania e dell’Estonia per chiedere notizie sulla

153 Marietti Relazione alla Delegazione Italiana per la Pace (d’ora in poi RDIP) 8 gennaio 1920, ASSME, E8, busta 98 fasc.3, pag. 4. In realtà viene fornita una stima delle truppe presenti sul terreno al momento della nomina della commissione da fonte lettone ed estone in cui le cifre sono assolutamente discordi nella distribuzione ma che in totale assommano a circa 50.000 uomini che è la cifra riportata anche da Du Parquet. La maggiore consistenza è della Divisione di Ferro con circa 15.000 uomini per i lettoni mentre sono 8.000 per gli estoni e del corpo di Bermondt che assomma a 12.000 uomini per i lettoni mentre sono 9.000 per gli estoni. Interessante anche la distribuzione degli ufficiali che vede nel corpo Bermondt la maggioranza di militari tedeschi al comando mentre il corpo Virgolitch ha la maggioranza di ufficiali russi. Relazione Cavallero, cit. Allegato 2. Le relazioni di Marietti sono 11 e coprono l’intero arco cronologico della missione dall’8 novembre 1919 al 20 gennaio 1920 e sono interamente conservate insieme agli allegati dei verbali della commissione e al diario della missione in ASSME E8, busta 98 fasc. 3. 154 RDIP 8 gennaio, cit. pag. 5 155 L’episodio, ricordato da Marietti, è narrato dallo stesso Von Salomon, 156 Du Parquet, cit. pag. 209

situazione militare e, al termine del loro lavoro preliminare, verranno ricevuti dal ministro della difesa tedesco Noske che assicura la protezione del governo entro i confini della Repubblica. Niessel fa però cortesemente osservare che: “la responsabilità del governo tedesco si estende anche sui tedeschi delle truppe tedesche e germano-russe e che i delegati tedeschi presso la Commissione dovranno avere pieni poteri per disporre ed ordinare non soltanto alle autorità tedesche entro i confini dello stato, ma anche ai comandanti tedeschi oltre confine”157. Gentile ma chiaro ed infatti il Consiglio dei Ministri tedesco si riunirà l’11 novembre per decretare ai rappresentanti tedeschi questo potere. Dopo questa prima schermaglia la commissione si trasferisce a Tilsitt dove il 12 riceve il governatore della Prussia Orientale Winnig e, nei giorni successivi, il generale Eberhard incaricato di rilevare l’alto comando tedesco sul Baltico che comunica alla missione le intenzioni di Bermondt il quale propone a sua volta alla Commissione Alleata una soluzione politica alla vicenda che viene semplicemente ignorata.158 Da Eberhard arrivano finalmente i primi dati precisi di censimento delle truppe: “le forze tedesche sgombrate sono circa 15.000 di cui 5.000 o 6.000 ancora isolati, i tedeschi delle formazioni russe ed autonome ammontano a 40.000 uomini tra cui 10.000 russi e un numero imprecisato (tra 5 e 10.000) lettoni.”159 Queste cifre citate da Marietti nei suoi rapporti trovano riscontro anche dalle fonti estoni e lettoni e dai riferimenti che ne fa Du Parquet danno insieme anche la misura della responsabilità che Eberhard si prende sottoponendole alla Missione poiché l’incarico conferito ai tedeschi è proprio quello di riscontrare se queste truppe passeranno tutte effettivamente il confine. In realtà Marietti fa notare che: “stando alle cifre tedesche (poiché un controllo da parte alleata non fu mai possibile) e tenuto conto che, prima della Divisione di Ferro sarebbero stati sgombrati 16.000 tedeschi ed alcune migliaia di russi, non si arriva ad un totale di 30.000 uomini, molto inferiore a quello ritenuto esistente al principio di ottobre secondo le varie fonti, anche volendo valutare alte le perdite subite nei combattimenti del novembre. (…) Ciò non ha importanza. L’importante è che lo sgombro sia avvenuto, come è piaciuto ai Tedeschi e mai come richiedeva la Commissione, ma è avvenuto.”160 Alcuni fatti nuovi intervengono in queste settimane i quali cominciano ad orientare la vicenda di questa Missione in senso positivo. Innanzitutto il 17 novembre Bermondt decide di sottomettere il suo comando al generale Eberhardt e il controllo di tutta la compagine militare, russa, tedesca e, diciamo così, russo-tedesca, finisce sotto il controllo del principale interlocutore degli Alleati. Il secondo fatto, meno positivo in un certo senso, è che le truppe lettoni esaltate dalla vittoria a Riga cominciano ad incalzare i tedeschi che affluiscono verso il confine in maniera cospicua. I due fatti sono in qualche modo collegati anche se più che l’influenza di Eberhard va considerata la decisione di chiudere la vicenda da parte dei generali prussiani e in particolare di Von der Goltz. Risulta difficile pensare ad una semplice obbedienza alla volontà della Reichswehr di smobilitare le truppe anche perché la consapevolezza della sconfitta non fu omogenea su tutto il fronte di occupazione tedesco e lasciò molte truppe in pieno assetto di guerra e perfettamente operative.161 L’entusiasmo lettone è invece il vero pericolo per una ritirata ordinata ed è per questo motivo che Niessel si rivolge a Du Parquet a Riga perché scongiuri i lettoni di interrompere questi assalti per

157 RDIP, 8 novembre 1919, pag. 6 158 Si propone, in sostanza, una garanzia di mantenimento alle formazioni di Bermondt delle basi di Riga, Libau e Rejitza, il disarmo dell’esercito lettone e il mantenimento delle truppe tedesche combattenti sul fronte occidentale. RDIP 26 novembre. C’è da immaginare i sorrisi tra i militari alleati alle richieste presentate dal Presidente della “Repubblica Russa dell’Ovest”. 159 ibidem, pag. 2 160 RDIP, 15 dicembre pag. 2. Marietti ci da esattamente il clima di questo ritiro nel momento in cui gli alleati decisero di effettuare dei riscontri numerici: “Nessun controllo è stato possibile ai treni di truppe; quando lo si è tentato, erano insulti, minacce o piazzamento muto di mitragliatrici; nessun controllo ai treni di materiale, che filavano senza fermarsi attraverso le stazioni ove erano i controlli” RDIP, 15 dicembre. 161 Si veda su questo la testimonianza di Von Salomon ne I Proscritti, cit., pag. 129

permettere uno sgombero ordinato162 mentre i lituani vista la enorme presenza di truppe nemiche sul suo territorio cominciano ad assaltare i convogli interrompendo le linee ferroviarie che dal nord li trasportano verso Tilsitt. La missione è infilata ora in un complesso problema come sinteticamente lo descrive Marietti: “Si spera in tal modo di arrestare il movimento incalzante lettone, di evitare una completa disgregazione dei tedeschi, di tenere tranquilli i lituani, di calmare l’agitazione della popolazione civile della Prussia orientale, che appare preoccupata della sorte dei connazionali al di là delle frontiere e vorrebbe vedere le truppe tedesche della Prussia avanzare al soccorso dei fratelli”163 Diciamo che in questo momento vengono al pettine tutte le difficoltà precedentemente osservate di questa operazione ed è solo grazie al coordinamento tra il comando francese a Riga e il generale Niessel che si evitano incidenti tali da pregiudicare la missione. Grazie agli sforzi diplomatici dei due ufficiali francesi viene concessa dallo Stato Maggiore lettone una tregua di 24 ore alle armate tedesche a partire dal 24 novembre ma nel frattempo le truppe lettoni hanno tutto il tempo di incalzare sempre di più i tedeschi verso il confine lituano per arrivare rapidamente ai depositi di munizioni e di viveri dell’esercito tedesco e, come era logico immaginarsi, questi ultimi si abbandonano a feroci rappresaglie incendiando tutto quello che si trovano davanti: “ripartita da Riga la commissione è giunta il 23 a Mitau ove ha visitato brevemente gli edifici saccheggiati ed incendiati dal distaccamento Rossbach e particolarmente il castello (costruito nel 1758) sistematicamente incendiato, come pure il Museo ed il Ginnasio contenenti rispettivamente biblioteche di 20.000 e 50.000 volumi, tra cui manoscritti di gran pregio anche italiani.”164 Mentre i lettoni incalzano le truppe, i lituani hanno occupato le stazioni ferroviarie e la Commissione deve inviare suoi rappresentanti insieme a rappresentanti del governo per impedire che si interrompano le linee creando così dei colli di bottiglia nel flusso di rientro dei tedeschi. Marietti nelle relazioni, in realtà, adombra che il vero motivo di questa foga vendicativa non sia poi dettata solo dal senso di indipendenza e amor di patria. L’intero arsenale in termini di viveri e di beni materiali è stato razziato dalle truppe tedesche. Saccheggi e spoliazione delle città e dei villaggi sono la regola: “Tali atti sono stati compiuti su vastissima scala (il bestiame equino e bovino è stato quasi completamente asportato) e richiedono senza dubbio indennità in denaro ed in natura (questo specialmente pel bestiame, senza di che l’agricoltura è rovinata)”165 In questo processo distruttivo gli eserciti lettone e lituano puntano a loro volta al saccheggio degli arsenali militari delle armate e quindi cercano in tutti i modi di fermare i convogli per poter prendere armi e munizioni. Il problema di questa operazione, Marietti se ne rende immediatamente conto ricevendo le truppe al confine tedesco, è che l’esercito tedesco in ritirata non è l’armata di Napoleone dopo la rotta della Beresina, è ancora un esercito efficiente ed armato e molto più numeroso dei contingenti lituani o lettoni che lo premono. Il pericolo di una possibile ripresa delle ostilità comporterebbe una dispersione delle truppe sul terreno e la ritirata si trasformerebbe in una lotta senza quartiere. La soluzione trovata dal generale Niessel è di creare delle forze di interdizione tra le truppe. Con l’accordo dei tedeschi e dei civili vengono inseriti dei battaglioni lituani che durante il passaggio delle truppe tedesche permettano la liberazione di eventuali occupazione dei binari. Il prezzo da pagare è però la liberazione di prigionieri tedeschi catturati dai lituani nei giorni precedenti ma l’espediente alla fine sembra funzionare e viene quindi garantito il deflusso delle truppe perché l’esercito lituano controlla che le truppe lettoni non oltrepassino il confine. Alla fine di novembre con la consegna del comando a Ebehrard della Divisione di Ferro e del Gruppo Siewert a Libau cessano quasi completamente le ostilità e comincia l’ultimo afflusso di truppe tedesche verso la Lituania. L’aver in precedenza consultato il governo lituano, che ha ricevuto la commissione ai

162 Du Parquet riferisce dei suoi numerosi tentativi presso lo stato maggiore lettone e presso il governo per evitare il problema immaginato da Niessel anche se a lui pare molto difficile fermare dei soldati che sino a qualche settimana prima erano certi di morire per mano tedesca. 163 RDIP, 14 novembre 164 RDIP, 29 dicembre, cfr. su questo anche Du Parquet, cit. pag. 204 165 RDIP, 15 dicembre

primi di novembre, e avendo negoziato coi tedeschi la sistemazione delle truppe lituane in funzione di intercettori gli obiettivi della Missione di raggiungere un ordinato ritiro viene raggiunto e nel caos di quei mesi il risultato è di gran lunga superiore alle aspettative. Che le minacce di un intervento tedesco fossero costantemente presenti durante tutta l’operazione di rientro lo testimonia la posizione del comando tedesco della Prussia orientale il quale informato delle difficoltà in cui si trova la Missione interalleata comunica al governo lituano con una scadenza molto ravvicinata la sua volontà di voler inviare truppe della Reichswehr al fine di cercare di salvaguardare l’incolumità delle truppe in ritirata. Come giustamente annota Marietti: “il ristretto limite di tempo concesso e l’ora stessa della comunicazione stanno a dimostrare che si mira a giustificare l’invio di truppe con la mancata risposta del Governo lituano”166. Di fronte a questa indebita ingerenza, il generale Niessel non solo protesta per la decisione del comando di Königsberg di interferire su questioni di competenza degli ufficiali tedeschi che compongono la missione ma egli stesso si impegna, per il governo lituano, a garantire l’ordine e la sicurezza. Il 30 di novembre il deflusso diviene regolare e Marietti nota correttamente quello che il Consiglio Supremo aveva ignorato a Parigi e cioè la disperazione e il morale dei soldati che si stanno ritirando: “l’evacuazione costituisce una grande umiliazione per la Germania ed il crollo di speranze lungamente nutrite e di un lavoro di anni, è prudente rimanere dubbiosi e vigili sino all’ultimo.”167 Il clima di tensione non è generato solo dalla disperazione ma anche quello dalla rabbia delle truppe tedesche che, senza aver combattuto, sono stati costretti a cedere le armi di fronte al nemico. E’ da immaginare quindi che la sensazione di Marietti di una progressiva riorganizzazione delle forze tedesche al di qua del confine sia più di un sospetto. Nei suoi rapporti riferisce infatti che il 30 novembre Von der Goltz è a Königsberg provvisto di circa 40 milioni di marchi e che sia presente nella stessa città il comandante Plehwe il quale ha abbandonato le proprie truppe che si stanno ritirando e soprattutto che il treno con le truppe della Reichswehr inviato dal comando prussiano in Lituania è ancora presente in quel territorio: “di tutto questo si trae l’impressione che, sebbene in genere l’opinione pubblica tedesca sembri desiderare la soluzione di questa grossa questione ed il governo dell’impero si adoperi, almeno apparentemente, pel raggiungimento dello stesso scopo, pure qualche cosa si complotti per evitare ed almeno ritardare il fatto definitivo. Accetterà la Divisione di Ferro di rimpatriare? (…) Le truppe rimpatriate si raccoglieranno sotto Von der Goltz od altri per ritentare l’avventura? I convegni di Königsberg sembrano indicarlo e, per evitare questo, la Commissione pretende che le truppe vengano avviate lontano dalla Prussia orientale”168 I sospetti di Marietti che sono poi gli stessi della intera missione spinge Niessel ad inviare un telegramma a Parigi dove si richiede di minacciare la Germania di ritorsioni attraverso l’intervento delle truppe polacche e minacciare una ripresa delle ostilità da parte delle truppe lituane e lettoni se i tedeschi non ritireranno queste formazioni militari dal baltico. Vi è da dire che un azione diretta verso Parigi non può essere dettata solo da voci o da semplici sensazioni personali dei componenti la Missione. Evidentemente la minaccia di una ricostruzione dell’armata tedesca con l’intenzione di marciare su Berlino viene considerata fondata.169 Di questo Marietti avverte il 4 dicembre la rappresentanza italiana di un possibile colpo di stato reazionario che ha come epicentro la Prussia orientale in cui la vecchia classe militare ha ancora un ruolo

166 RDIP, 26 novembre, pag. 2 167 RDIP, 30 novembre, pag. 2 168 ibidem, pag. 3 169 Si veda tutta la corrispondenza in RDIP 30 novembre e allegati. La risposta di Foch al telegramma di Niessel è immediata dando istruzioni affinché la commissione faccia tutti passi per mettere in atto le minacce scritte nel telegramma poiché un nuovo intervento della Conferenza della Pace farebbe perdere solo tempo prezioso. La proposta finale inviata con un telegramma ai comandi delle missioni alleate a Riga e a Kowno oltre che ai capi delle forze armate tedesche, finlandesi e polacche ha il fine di mettere in guardia i lituani di eventuali manovre tedesche di infiltrarsi presso le truppe bolsceviche per giustificare una eventuale reazione tedesca ed chiedere aiuto alle forze polacche non spostando truppe dal fronte russo mantenendo una stretta sorveglianza alle linee ferroviarie interne.

centrale.170 Nel rapporto classificato “riservatissimo personale” Marietti riferisce anche la fonte delle sue informazioni rappresentate dall’ammiraglio Hopman della delegazione tedesca: “Hopman ha esposto che il governo non intende dare amnistia ai capi delle truppe tedesche ribelli; che egli, per facilitare l’evacuazione delle Province baltiche, ha promesso tale amnistia. Le truppe stanno per entrare in Germania e l’arresto dei capi avrebbe per conseguenza la rivolta di una parte della popolazione tedesca. Di qui la necessità di conferire col governo, non che l’opportunità che vi si recasse pure la commissione”171 Questo elemento che segna la distanza e la spaccatura tra il governo di Berlino e la situazione creata in Prussia può innescare una tensione che potrebbe risultare incontrollata. Marietti conclude il suo rapporto segnalando che: “sembra fondatamente che numerose forze della Reichswehr all’interno [della regione prussiana] siano d’accordo con la Divisione di Ferro per concorrere al movimento rivoluzionario, che non si può, coi dati qui posseduti, dire se avrà un carattere piuttosto spartachista che monarchico” e, in una sua notazione autografa in calce al rapporto: “sia chiaro che, con atti terroristici e con la proposta partenza per Berlino, si è cercato di impedire alla Commissione di venire a sapere quanto accade qui”172 Marietti informa quindi Bencivenga che la proposta di Hopman potrebbe essere anche una trappola tesa alla Commissione in modo da allontanarla e permettere di avere mano libera nella organizzazione di truppe per marciare su Berlino. Tutto questo ci da il clima in cui la presenza delle truppe in armi in territorio prussiano non sia una semplice ritirata ma che le manovre dell’esercito tedesco contro il governo repubblicano hanno una loro coerenza e rappresentano una minaccia reale per la stabilità politica tedesca. La stessa indeterminatezza del colore politico di questa possibile rivolta, spartachista o monarchica, ci informa anche di come questi disegni abbiano più l’obiettivo di abbattere il governo che un disegno politico definito. La risposta di Bencivenga da Berlino a Parigi ancora l’8 dicembre, è perentoria: “la Missione Niessel, forse in seguito ad inesatte notizie fornite da informatori francesi (e non sempre essi si sono dimostrati obiettivi), è incorsa in grossolani errori di valutazione: confondendo episodi parziali, del tutto locali, con la preparazione ipotetica di un colpo di stato in Germania, confondendo ancora la ribellione militare di alcuni comandanti con una ipotetica rivolta reazionaria sostenuta dalla Reichswehr” 173

Il 15 dicembre la missione internazionale dichiara che l’obiettivo contenuto nell’incarico è raggiunto e lo sgombro delle truppe ormai completato: “Nessuna delle eventualità catastrofiche, affacciate dalla delegazione tedesca o comunicate confidenzialmente, si è verificata. Nessuno dei temuti moti bolscevichi in Lituania e Lettonia, dove regna perfetta tranquillità, turbata soltanto dalle bande armate. Per conseguenza, a meno di un improvviso colpo di scena della Divisione di Ferro e delle autorità militari della Prussia orientale (che non troverebbe però il Governo di Berlino impreparato), è verosimile che anche la Divisione di ferro prta per le località di scioglimento (Danzica, Stade, Hammerstein). Per la Deutsche Legion sono previste Stralsund, Schwinemunde, Oppel, Krekow, Stolp, Stade.”174

170 La risposta del Generale Bencivenga a Berlino esclude che si possa avere un tentativo di colpo di stato in un momento in cui la Germania dipende totalmente in termini di risorse economiche e di egemonia militare dall’Intesa. Eppure, vista dal Baltico, questa eventualità forse era più concreta di quanto si immaginasse a Parigi o a Berlino o a Londra. Lo stesso Marietti ricorda come la Prussia è divenuto ormai uno stato nello stato ed è pericolosamente abituata ad avventure di questo genere. La risposta di Bencivenga è in RDIP, 4 dicembre, Allegato. 171 RDIP, 6 dicembre 1919 172 ibidem 173 ibidem Che le preoccupazioni di un colpo di mano delle truppe tedesche non fossero così campate in aria lo si può vedere quando le stesse truppe di ritorno dal baltico decisero di effettuare sul serio un colpo di stato comandato dal ministro degli esteri Kapp. Si veda Von Salomon ne I Proscritti, cit., pag. 142 174 RDIP, 15 dicembre, pag. 6 “questa lotta per la consegna del materiale a lituani e lettoni non ha certo grande importanza nel quadro generale delle questioni europee, ma è importante per ciò che potrà avvenire in futuro ed è per ciò che ho creduto opportuno trattarne in questa relazione. RDIP, 8 gennaio pag. 4

La commissione effettuerà ancora un viaggio a Riga e poi a Kowno al fine di controllare insieme ai rappresentanti dei governi nazionali lo stato delle operazioni per rientrare a Berlino alla fine di dicembre dove la attende il secondo, non meno facile compito, quello cioè di trattare la restituzione dei beni sottratti nelle zone occupate dalle truppe tedesche. La questione delle razzie tedesche e dei risarcimenti conseguenti vede la missione investita di una particolare responsabilità nei confronti degli stati colpiti poiché il prestigio dell’Intesa presso di loro si gioca sulla capacità di costringere il governo tedesco a riconoscere, con i fatti, l’avvenuta presenza di questi governi e l’occasione di richiesta del risarcimento dei danni è una prima opportunità da non vanificare anche se, su questo punto, l’atteggiamento del governo tedesco è fortemente oppositivo: “prima di partire per Riga il 16 dicembre, la Commissione ha ricevuto una nota della delegazione germanica, secondo la quale il governo germanico rimette in discussione la cessione gratuita del materiale da guerra ai Lituani ed ai Lettoni. Tale cessione gratuita era stata chiesta in compenso della neutralità delle forze lituane e lettoni durante l’evacuazione delle truppe tedesche ed accettate per iscritto dal Governo tedesco. Per trattare su tale cessione vennero mandati a Berlino alcuni ufficiali alleati (…) nulla è stato concluso per quanto riguarda la Lettonia a motivo della rottura delle relazioni diplomatiche tra i due stati ”175 L’episodio che causa la rottura tra governo lettone e tedesco è la richiesta, da parte dei lettoni, il 19 novembre di avere una risposta ufficiale richiesta a Berlino riguardo al controllo tedesco dell’armata germano-russa chiedendo inoltre una formale risposta alla questione se il generale Eberhardt fosse effettivamente il comandante in capo di tutte le forze tedesche presenti sul territorio. Ad una positiva e banale risposta affermativa del governo tedesco si faceva notare, nella comunicazione, che i lettoni avevano ricevuto una richiesta di armistizio da parte delle truppe tedesche e germano-russe in occasione della ritirata e per questo motivo il governo tedesco riteneva che a fortiori vi fosse un precedente stato di guerra per giustificare quella richiesta e quindi si opponeva ad ottemperare richieste di uno stato dichiaratosi ostile.176 In realtà la richiesta di armistizio era stata proposta dalla Commissione per evitare la rotta dell’esercito tedesco ma ora il governo tedesco la utilizzava per far saltare l’accordo raggiunto citato da Marietti. I tedeschi hanno messo così in serio imbarazzo la Commissione poiché la responsabilità di aver fatto quella richiesta era avvenuta con l’esposizione personale di Niessel e, a ragione, i lettoni potevano sentirsi in qualche modo traditi e ingannati da comportamento dei tedeschi ma, ancor più, degli Alleati.177 Da qui la volontà fermissima manifestata da tutti i membri della missione internazionale di rimanere a Berlino sino a conclusione della vicenda e intraprendere un braccio di ferro col governo tedesco sino alla conclusione positiva della vicenda: “esistono o non esistono gli attriti tra le varie autorità e le difficoltà materiali, l’impressione nostra è che tutti qui abbiano un solo recondito pensiero: veder partire la commissione e fare quello che loro talenta. E’ per questo che la commissione, a malgrado del desideri di andarsene, ha deciso di non muovere fino a quando non abbia visto almeno l’inizio della consegna e che, con telegramma di ieri, ha chiesto al Consiglio Supremo l’autorizzazione a dichiarare al governo tedesco che non verranno tolte le misure di repressione fino a consegna avvenuta del materiale.”178 Il 5 gennaio il generale Niessel dopo un colloquio con il cancelliere Bauer giunge ad ottenere la consegna del materiale confiscato ai Lettoni e ai Lituani pur dichiarando che questo lavoro: “è

175 RDIP, 29 dicembre pag. 1 176 Cfr. Du Parquet, pag. 201 177 Il governo lettone aveva chiesto espressamente alla missione di intervenire presso il governo tedesco a garanzia di quelle restituzioni, cfr. Marietti RDIP, 29 dicembre: “il malumore traeva origine dall’arresto, imposto dalla Commissione, alle operazioni militari lettoni; essi ignoravano, e vi era forse chi aveva interesse lasciarlo ignorare, che la ragione dell’imposizione stava nella necessità assoluta di non dare alcun pretesto alle truppe germano-russe di arrestare la loro ritirata e di fermare le truppe tedesche pronte a passare i confini della Prussia Orientale per andare in soccorso dei loro fratelli minacciati” 178 RDIP, 8 gennaio pag. 3

This article is from: