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SULLO STF.SSO TEMA
Ricominciamo. Se la pausa è stata breve, la colpa non è nostra, La coscìenza pubblica torna ad esse re inquieta. Non siamo noi che provochiamo questo stato d'inquietudine. Noi lo registriamo. Lo raccogliamo. Lo analizziamo. Soprattutto non lo inventiamo noi per trovare il pretesto ai n ost ri attacchi. Le lettere che riceviamo, i discorsi che ascoltiamo t occan o tutti lo stesso argomento, rivelano tutti la stessa ansia; manifestano tutti lo stesso d esiderio. Qualcuno ammonisce: date tempo all'on. O rlando.... Ma ci è facile rispondere : quanto t empo ? Oggi i giorni valgon o anni e gli anni secoli. Quanto tempo occorre all'o n. Orlando per dare aU'ltalia una po litica interna che sia una politica di guerra? Non si tratta di tempo. Non si può ri_; manere eternamente ad un bivio, specialmente q\larido l'occasione di scegliere c'è stata e solenne e terribile. Noi saremmo ancora disposti a fare credito di tempO all'on. Orlando, se qualche indizio ci facesse intravvedere una innovazione nei metodi che furono seguiti sino a ieri. Ma nessuno - per quanto dotato di buona volontà - scorge questi segni. Se dal mattino si conosce la giornata, è lecito prognosticare un meriggio tempestoso, dal momento che il mattino ci offre l'orizzonte grigio e oscuro colle nuvole dense di . elettricità. Usciamo d alle metafore meteorologiche. Scend iamo in terra. D obbiamo ripetere - per l'ennesima v olta - che nessuna arùmosità particolare ci spinge a rinnovare queste critiche? È superfluo. Noi non facciamo dell'o pposizione professionale. Il Comitato d'Azione di Milano, non sospetto di tenerezza per l'on. Orlando, gli ha mandato un teleg ramma di plauso per i suoi messaggi ai Governi Alleati. Se alle parole seguissero i "fatti, è certo che l'on. Orlando potrebbe contare sull'entusiastico appoggio delle forze interventiste. Ma gli è che i fatti non solo non seguono alle parole, ma danno torto alle medesime. Abbiamo le prove di quanto affcrtllamo. Episodi reali e non prevenzioni fantastiche ci impongono di spezzare la tregua. Ritorniamo al 14 novembre. [Censura]. L'on. Orlando, ca.me Presidente del Consiglio e ministro dell'Interno , ba mancato un'occasione per dire qualche cosa, nella materia che - dopo la condotta politica~diplomatica• militar-e della guerra - interessa più da vicino gli italiani : la p oli· tica interna. La frase : « non ci sono due Italie », acquistt un senso totalmente diverso da quello .che le fu affidato nei primi commenti. Nòn c'è che l'Italia del Parlamento e del Governo. [Cens11ra], Per comprendere esattamente il valore di questa frase, bisogna tornare alle polemiche di prima del 24 ottobre. Non diciamo di più. L'altra frase dell' on. Orlando divideva gli italiani in due schiere: da una. parte gli italiani, dall'altra i nemici. Accettato. Ma co me si trattano i nemici? &co il quesito . Noi domandiamo che il Governo proclami lo stato di guerra fra l'Italia e i suoi nemici i ntern i. In Francia, coll'avvento di Oemenceau, ciò è avvenuto, A llleno che l'oo. Orlando non ritenga, a giustificazione del suo ·sistema, che i nemici interni non esistono pJù. Che l'on. Orlando sia m'.'-le infor mato dai suoi pref~tti e da.i suoi questori, è positivo. È nella. psicologia. dei funzionari il desiderio di evitare noie o «grane ». Le segnalazioni che da tutte le località d'Italia dovrebbero giungere quotidianamente a Roma, si fermano a metà strada o non partono affatto. Ci sono dei ministri che vivono nella più beata ignoranza di quanto succede. Sembrano di uo ·altro mondo. Una pallida progenie di un altro secolo. Ma noi siamo 4iformati. Precediamo i funzionari. I nostri .informatori sono legione e non ci chiedono nulla. Non attendono il 27 Lavorano per amore di }'.)atria. Con disinteresse assoluto.
Ora, quando noi affermiamo che il socialismo ufficiale italiano non vuol saperne di concordia e deve, quindi, essere trattato come un nemico più pericoloso di quello che accampa sulla sinistra del Piave, non siamo mossi dal desiderio di piantar grane all'on. Orlando o dalla soddisfazione - che sarebbe mediocre - di veder sbaragliati i nostri avversari politici; no, ma dal deside rio di non vedere nuo~ vamente compromesse le fortune d'Italia, di non vedere posti nuovamente in gioco ì sacrifici immensi di trenta mesi di guerra. Informiamo, dunque, l'on, Orlando : a) che la sezione milanese del Partito Socialista Ufficiale ha energicamente deplorato il manifesto della Giunta : b) che a Firenze i massimalisti o leninisti hanno disapprovato il cli· scorso Prampolill4 malgrado la sua rinnovata dichiarazione cli ostilità alla guerra, quindi anche alla guerra che deve ricacciare i tedeschi dal Veneto: e) che il segretario del PartitÒ Socialista Ufficiale, ·Costantino Lazzari, in una circolare datata col 1 5 novembre, invita le sezioni a costituire .un ·fondo di soccorso, non già per i profughi, ma per i i< petsegu.itati » di Torino, e riafferma al tempo stesso il suo incrollabile atteggiamento di opposizione alla. guerra ; a) che nelle campagne e particolarmente fra le donne, la propaganda disfattisu ha ripreso con questi due modi : getta il sospetto sui franco-inglesi ed esalta la gentilc~za, la cavalleria., l'ordine dei tedeschi « che non farannQ del male alla povera gente, ma ai ricchi che hanno voluto La guerra )>,
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T ornano a circolare dei volantini eccitatori. Dunque : il socialis mo ufficiale, nelle sue rappresentanze, è leninista. Non disarma. Non intende disarmare[.... censura, ... ], finché non vedrà un gesto di coraggio continuerà a fare il leone. Domandiamo: l' on. Orlando intende tollerare o intende impedire che il morale della Nazione sia[.... çtnJ"llf'a•••• ] insidiato e indebolito? L'on. Orlando intende darè o riegare la libertà ai sabotatori della guerra? Noi sappiamo che queste n ostre domande susciteranno ire e sprop ositi nelle file de l Partit one. Ma la cosa non ci riguarda. Conosciamo quella gent e· [ cens11ra .••.] çion usciranno mai dalla zona degli o rdini d el giorno, naturalmente «vibrati ». [CenJura] E cco : noi chiediamo la r eazione, Perfettamente [.... ce1.1111ra]
Chjediamo la cc .reazione» contro pochi [.... muura J pei; salva.re la cc libertà» di trentasei milioni di italiani.. ..
Da li Popolo d'foJia, N. 327, 2) novembre 1917, IV, Pubblicato anche sulJ"edizione d i Roma, N. 327, 26 novembre 1917, IV.
NON PASSANO Più!
Il linguaggio dei nostri riemici non è più « lirico » come nella settimana dal .24 ottobre al 1 ° novembre, È diventato laco nico. Non c'è niente da segnalare, secondo i tedeschi ; la situazione è quasi invariata, aggiungono gli austriaci. [CenJ'll/'a].
I p opoli di Germania e d ' Austria che attendevano nuove marce fulminee attraverso i fiumi del Veneto - sin o a ll'obiettivo supremo : Milano I - devono in questi g iorni provare il m orso della delusione più acerba.
Oramai l'equilibrio ritorna, una situazio ne si ristabilisce, u na nostra contro-offensiva non può essere lontana, la rivoluzione leninista in Italia è mancata, g li inglesi marciano su Cambrai e su Gerusalemme, l'America ann uncia ufficialmente che per la primavera pro ssima un milione di soldati saranno in Francia,. i sottomarini non affamano l'Intesa, mentre il nostro « blocco » fa sempre più duramente sentire i suoi fre ni : ecco le ombre nel quadro austro-tedesco.
La pace che g li imperi Centrali agognano non è stata avvicinata dall'offensiva contro l'Italia, ma piuttosto allont:mata nel più incerto futuro.
Hanno o rdinato la vacanza in tutte le scuole austriache al 3 novembre; Hindenburg ha fatto sparare a salve in Prussia e· in AlsaziaLorena ; c'è st~to lo scambio d ei soliti telegrammi fra gli alleati « uniti per la vita e per la morte», ma l'obiettivo militare - la distruzione del rtostro esercito - non è stato . ragg iunto ; l'obiettivo politicoquello di piegare l'Italia a una pace « separata» - meno ancora.
E nella cronaca, c'è un episodio strano, che, sulle prime, parve una delle troppe favole che passano da bocca a bocca, mentre i nvece corrisponde alla più genuina verità. L'imperatore d'Austria ha corso serio pericolo di annegare nelle acque torbide di un affluente dell'Isonzo Gli antichi avrebbero riconosciuto in un fatto cosl singolare b. mano misteriosa del Destino....
Da quindici giorni, i tedeschi sono sulla sinistra del Piave e non sono riusciti a passare Noi abbiamo la certezza che non passeranno. I motivi che confortano questa nostra certezza sono obiettivi e soggettivi: d'o rdine militare e d'ordine morale.
Chi ·stato in guerra, sa - per esperienza personale - che cosa vuol dire disporrè di un pò di tempo, per si stemare le posizioni a difesa. All'indomani delle nostre spallate carsiche -e quella del novembre dell'anno scorso che ci fruttò undicimila prigionieri e ci condusse a mezzo clillometro da J amiano sui primi cont rafforti dell'Hcnnada, fu semplicemente magnifica - che cosa era la n ostra trincea di prima classe ? Un muricciuolo tortuoso, eretto coi sassi raccolti sul terreno. Uno scheletro. Un simulacro. Un segno appena visibile. Non difendeva dalle g ranate, riparava appena dalla fuc;ileria e dalle· pallette degli shrapnel.r, Ma alla notte, fra un contrattacco e l'altro, venivano lanciati oltre al muricciuolo i primi cav alli di Frisia con pkchi e v anghette, si scavava il fo sso, m entre colla terra si riempivano i. sacchi.... Alla mattina la trincea era già abbozzata. · Dopo alcune n otti di lavoro accanito, la trincea era quasi al completo. Seguiva il lavoro di perfezionamento : trasversoni, ..ricoveri, ttne di volpe. Intanto, dietro di noi, si stabilivano le bombarde e più indietro ancora, si schieravano nei nuovi appostàmenti le batterie, La stessa cosa è a vvenuta, in queste due ultime settimane, sulla riva destra del Piave. I tedeschi si trovano di fronte a un'organizzazione difensiva. Non devono soltanto varcare il fiume - e non è facile gettare dei p onti - ma giunti sulla riva opposta, devono superare i reticolati, gli ordini successivi di trincee, i nidi di mitragliatrici, i fuochi delle artiglierie.
Ma- soprattutto - e questo è il motivo principale della nostra certezza - de vono ributtare i soldati italiani. E poiché i soldati italiani sono decisi a morire, ma n on a indietreggiare, ceco che l'esercito nemico è obbligato a segnare il passo. È un fatto che g li austrotedeschi sono giunti al Piave non in seguito alla maggiore genialità d ella loro strategia, o alla più alta combattività delle loro truppe - presso le quali molto diffuso era il cafard --' o alla s!'lperiorità dei loro mezzi materiali; no. Hanno vinto, perché alcuni dei nostri reparti hanno opposto una « de6.centc resisteru:a » [Censura].
Sono entrati, perché qua e là hanno trovato la pòrta aperta. Ora che la p orta è chiusa, e vi fanno buona guardia i nostri soldati, la strategia tedesca non può vantare nessun successo positivo. Il che prova che l'elemento «uomo» è il (ondamentale e che tutti i mezzi meccanici del mondo sono insuffic.enti a dare la vittoria, se: l'animo dei soldati è insuffic.entc e viceversa.
Andiamo, dunque, verso il ristabilirsi dell'equilibrio sul nostro fronte. L'invasione è fermata. Ma noi non vorremmo che alriotemo del Paese si fermasse qucll' ond_a di passione che tutti ci ba presi e esalt1ti n: i. giorni scorsi. Non vo.cre~mo che il Paese - per g radi più o meno sensibili - si adattasse al pensiero della Patria invasa. L'invasione di tre provincie del Veneto è un aculeo che dobbiamo tenere infisso nelle nostre carni e nella nostra anima. È un fatto che dobbiamo avere sempre dinarizi agli occhi. Non dobbiamo .concedere tregua a n oi stessi. Contenuta l'invasione, un proposito solò deve tendete tutte le nostre energie : ricacciare il barbaro. Ma soprattutto bisogna mettersi in mente che la necessità suprema della rivincita non è legata alla sorte d ei nuovi e dei vecchi territori da -redimere, ma al nostro prestigio, alla nostra dignità, al nostro onore nel mondo.
Il 24 ottobre non si cancella se non colla vittoria. Là nostra rivincita è il nostro riscatto morale. La nostra riabilitazione. La nostra purificazione da una colpa enorme. La nostra espiazione deve essere la nostra vittoria. Abbiamo perduto [momentaneamente]; ora bisogna ·combattere per vincere, e vincere per riguadagnare - oltre i territori - la nostra riputazio ne di popolo. Gli «sbandati» che t ornano al fuoco rappresentano, nella parte, il tutto. Tutta la Nazione deve tornare a l fuoco.
La nostra guerra è, oggi, dominata da una necessità morale. Il popolo se ne rende conto. Attendiamo che il Governo faccia altrettanto.
Da li Po polo d'Italia. N. 328, 26 novembre, 1917, IV. Pubblicato anche sul. t'edi:i:ione di Roma, N. 328, 27 novembre 191 7, IV.