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LA « MANIERA DOLCE» ....
Un messaggio al popolo francese, un .messaggio al popolo americano, un discorso alla Sorbona, due interviste dopo la conferenza interalleata · Ecco: non si può veramente dire che l'on. Presidente del Consiglio dei nostri ministri sia dispensiere parsimonioso o usuraio delle sue parole Al contrario I Abbiamo sul tavolo il P etit Journal di ie ri (le plus fori tirage du monde), con 0:n gcosso titolo su due col onne che dice: L'on. Orlando, Presidmle del Consiglio italiano, ci afferma la sua inrrollabift sptranza nella villoria degli Alleati. Leggiamo insieme per vedere se le confidenze fatte al nostro confr2tello parigino danno sul serio ·questa impressione di« speranza incrollabile,, nella vittoria. Nell'esordio l'on. Orlando enuncia l'idea motrice di tutta la sua condotta politica in q uesti termini :
« Il mio principio politico - C"g!i ha dC'tto - consiste a non mai con5idC'rare g li altri come del ti.lito e5tranei a me stesso».
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Terenzio, se la memoria non c'inganna, alludeva a qualche cosa di simile, col suo nihil humanum a m t alienum puto.
Tutti gli uomini che popolano la terra, hanno in comune certe qualità fondamentali, sono sottoposti a certe l eggi cui nessuno può sfuggire. Queste ide ntità, alla cui ricerca sembra inclinare di preferenza la teoria «terenziana» dcll'on. Orlando, sono u n dato di fatto naturale. Ma accanto alle identità ci sono le antitesi. Anzi, secondo talune filosofie, l'universo non sarebbe che un immenso gioco di elementi contrari che si cercano, si elidono, -si sovrappongono, armonizzano. Ma dalla filosofia scendendo al terreno della politica,. noi ci permettiamo di domandare : chi sono « gli altri» cui non si sente del tutto estraneo l'on. Orlando ? Quegli « altti » che non han voluto la guerra? Ciò che segue spiega meglio lo stato d'animo, l'orientamento spirituale dell'on. Odando:
« Io ho l'orrore di dò che si chiama Ja maniera forte. Perseguitare o averne l'apparenza, significa suscitare degli odi assa.ssinj e ferire Ja sensibilità qualche volta esulcerante di una collettività d' individui che, a torto o a ragione, qedono o pretendono detenere la verità o delle particelle della verità» .
Tutto ciò è perfettamente all'unisono col nittiano : « Non bisogna perseguitare i nemici ». Gesù Cristo, il buon Gesù, non amava certo le maniere forù, eppure, una volta, ha p reso a scudisciate i mercanti del Tempio. I nostri ministri hanno un'animula più candidamente evangelica di quella di Gesù. E più che l'ep isodio m:inesco del Tempio, t esoreggiano il comandamento : a chi ti percuote sulla guancia des tra, porgi la sinistra È incantevole I In a stratto sarebbe l'ideale di poter vincere, all'interno e all'estero, coll'impiego della « maniera dolce ». Non più arnesi di morte, ma pallottoline umanitarie, capaci appena appena di arrossare, per semplice c0ntusione, l'epidermide; e tratto tratto qualche « dolce» fraternizzazi one fra le opposte trincee e all'interno, non persecuzioni a base di ca rcere o internamento, ma o pera di persuasione, di « suasione » morbida, vaselinosa....
Non bisogna suscitare g li odi, non bisogna ferire le sensibilitl specialmente quando siano « ukerate » o, aggiungiamo noi, pus.dolose, Unguenti delicati, empiastri emollienti, camomille soporifere : ecco l'ar madio farmac eutico di un ministro dell'Interno che ba in orrore la « maniera forte». Bellissimo. Solamente, osiamo osservare, g ettando un'occhiata melanconica sul calendario, che siamo nel quarto anno della guerra mondiale e che oggi, 7 dicembre, abbiamo - noi italiani -i tedeschi sul Piave a vento_tto chilometri da Venezia. [Censura].
Vero è che l'on. Orlando profetizza che « non passeranno due mesi che il nostro fronte sarà ristabilito», ma, in questa guerra, i profeti h anno avuto sempre e regolarmente torto.... Vorremmo ingannarci. Vorremmo che l'evento profetizzato si verificasse non in due mesi, m a in due settimane. Sappiamo soltanto che se non si cambia metodo, i due mesi potrebbero diventare due anni. E che si voglia cambiare metodo non sembra, appunto leggen do questa inte cvì~ta dell'on. Orlando. Quest'uomo o sì il1ude o vuole illudersi o vuole illudere la gente. Ma come si fa a dire che in I talia « ognuno si inginocchia d avanti all'altare della Patria in pericolo, che socialisti, sindacalisti, repub.blicani, conservatori e liberi pensatori vibrano d elle stesse emozioni»? Anche il consigliere Fassina, dd consiglio comunale di Milano, si è inginocchiato davanti all'altare scappando vergognosamente in Svizzera, alla vigilia del suo richiamo alle armi ? Eccezioni ? Si. Eccezioni, fortunatamente, Ma di queste eccezioni bisogna tener conto, a meno che non si voglia blandirle, tollerarle, ,persuaderle, nella ricerca affannosa, impossibile, assurda, grottesa, perico losa di una identitl fra la guerra e l'anti-guerra, fra Lenin e anti-Lenin, fra leali smo patriottico e tradimento sedicente internazionalista. [C,nn,ra].
Messaggi e messaggi; telegrammi e telegrammi; discorsi e discorsi; inter viste e interviste. La parola v ittoria ripetuta dicci,- cento volte, ma nessuno scorge - nella nostra vita p olitica interna - un apprestamento di mezzi adeguato al fine grandioso che ci proponiamo di raggiungere. Si chiede una politica di guerra e vi si risponde cl!e la « maniaa forte » non va ; si chiede una politica di guerra e vi preparano una politica ancora e sempre parlamentare.
, Il Presidente del Governo divise gli italiani in due categorie : italiani e stranieri o nemici ; ma questi ultimi. italiani o t edeschi che siano - circolano liberamente nelle nostre città, trincano liberamente sulle nostre momentanee sciagure, insidiano la n ostra resistenza con ogni gene.re di manovre, ci fosultano sanguinosamente col fatto stesso della loro presenza. [Censura], ·
Da Il Popolo d'llalia, N. 339, 7 dicembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'edizione d i Roma, N. 340, 9 dicembre 1917, IV.
ZONA DI GUERRA!
Una delle necessità di questo momento è stata finalmente accolta La prÒclamazione della zona cli g uerra estesa a tutta la valle del Po figurava tra quei nostri « postuJati » che cosi largo movimento di simpatie e di adesioni hanno raccolto> durante .questo mese cli :msic e di passione> fra 'il pubblico italiano. Le ragioni «militari» che imponevano i l provvedimento non hanno bisogno di essere lungamente illustrate, anche per ciò che rig uarda precisamente Milano, il centro bellico ~azionale di maggiore importanza, che si trova quasi immediatamente dietro ·a1 territo rio segnato come « zona di o perazione>>. Anche ragioni «morali» consigliavano questa misura.
N o i non abbiamo mai compreso questa assurda separazione fra zona di guerra e zona non di guer~a> quando ci si vetÙva cantando in tutti i toni che la Nazione era un solo esercito, che ogni cittadino doveva considerarsi, anche nell'interno del Paese, come un soldato. Non comprendiamo nemmeno come alcuni nostri confratelli si siano affrettati, con uno zelo fuor di luogo, ad avvertire il pubblico che la proclamazione di zona di guerra no n _ cambia nulla, non ((vincola)) nulla, lascia le cose nel lo ro stato solito, mentre invece sarebbe necessario dare al pubblico la sen sazione perfettamente opposta: ch e cioè la proclamazione deHa zona di guerra non è e non dev'essere considerata come una specie di misura p latonica e che qualche cosa cambierà e deve cambiare. Z ona di guerra deve voler dire un più alto senso di disciplina civica e nazionale, Certo là proclamazione di « zona di guerra )> ammette - di necessità - un certo numero di provvediment i d'indole politico-militare, sen2a dei quili la zona non è più di g uerra. Siamo alla questione dei sudditi nemici e dei falsi neutri e aUa repressione - inesorabiledi ogni tentativo, anche larvato, di sabotaggio della Nazione. Due episodi recentissimi dimostrano che non si può indugiare di un giorno solo ad ordinare l'arresto e l'internamento di tutti i sudditi nemici. A Genova, direttore teè:nico dei trams, del servizio più delicato e importante di una grande città, era un tedesco autentico. Costui, durante trenta mesi della nostra guerra, .ha tenuto chiuso, nel suo cuore ~eloso di borhe, il suo _sordo feroce rancore contro di noi. Ma alla sera del 14 ottobre, quando si delineava a.ppena l'urto nemico -e il boche doveva esserne informato - ecco l'anima del tedesco prorompere, sotto fa. maschera del capo-tecnico delle tramvic genovesi; bottiglie di champagne e canti di gioia. Le tramvie genovesi, a coÒoscenza del fatto, licenziano - finalmente I - il loro ,impiegato. Questi se ne va tranquillamente a Roma e solamente dopo ben quaranta giorni si procede ad arrestarlo. Il fatto è di una g ravità eccezionale. E non è isolato. Non più tardi di ieri, a Milano, è stato processato e condannato - in verità troppo mitemente I - certo signor Sigismund, tedesco di ra22a, naturalizzato italiano, ma te<;1.esco aute ntico dalla p unta dei capelli alla radice dei piedi. Gli esempi potrebbero continuare, ma è inutile, perché le autorità sanno b enissimo che non ci sono mai stati a Milano tanti sudditi ne mici, come in questo momento. E questi ospiti ingrati, sfruttatoti, tengono un contegno - dal 14 ottobre in poi - piuttosto insolente. Porse qualcuno di loro aveva già preparata la bandiera da espone alle finestre nel caso che i compatriotti dall'elmo a chiodo fossero g iunti a Milano ; qualcun altro - ingegnere, capo-tecnico - s i riprometteva di fa re da guida alle colonne del Kaiser, come avvenne a Bruxelles·e ad Anversa, fra la stupefazione angosciata dei belgi che avevano ospitato - · creduli e ingenui ·- la mala, pe:r6da bestia tedesca.
Anche a Milano i tedesdù hanno sturato bottiglie di champagne, quando si seppe che « la bandiera giallo-nera sventolava sul castello di Udine>>. E se a Milano i tedeschi non osano di mostrarsi interamente quali sono, gli è perché ricordano le sante giornate di distruzione del 26, 17, 28 maggio dd 19q .
Ora, cli tedeschi ce ne sono nelle banche, nelle officine, nei negozi, nel m ondo scrio, nel mondo allegro. Come si esercitano a sabotare la nostra guerra., diremmo qui, con copia impressionante di documenti, se la censura non avesse posto il suo in,comprensibile «veto>) a pubblicazioni del gen ere. La « zona di guerra » dev'esse re una zona ossigenata, dove l'atmosfera non deve essere inquinata dalla presenza dei t~deschi, maschi e femmine, grandi e piccole, vecchi e bambini. E perché molti di costoro portano sulla faccia la comoda maschera di una naturalizzazione italiana [ cen111ra ] fatta -alla vi.;, gilia della guerra o dopo, è necessario «rivedere» queste naturalizzazioni e adottare un provvedimento radicale anche contro i « naturalizzati)) senza distinzione di sorta, dal momento che - vedi Sigismund - la « natuaùizzazionc » nofl fa che renderli più pericolosi. Insomma : a Milano, nella sola Milano, i sudditi nemici, [ mm1ra•• ,.] i naturalizzati per commedia, superano forse il migliaio. Un buon r ude colpo di scopa ci vuole per questa zavorra nemica e non si co- r:ninci - per carità - ad aprire delle eccezioni, ad ascoltare delle raceomandazionJ anche se venissero d a deputati o da senatori, a fare una « casistica>> nuova sui gradi maggiori o nÌ.inori d'innocuità dei sudditi nemici. E canone principale, unico, di guerra è quello di dann eggiare in tutte le forme, in tutti i modi il nemico. I sudditi nemici che sono rimasti qui, fra n oi - colla relativa autorizzazione delle autorità germaniche o austriache, sono dei belligeranti. Non combattono col fucile, ma si gioviano d i tutte le altre armi per aiutare la Ge rmania. La longanimità, l'indulgenza, l'umanità verso costoro è una stupidità quando non sia d elitto. ,
Noi attendiamo di giorno in giorno quest'alta, vera, profonda, imp rorogabile operazione di « pulizia urbana>). Anche gli amici ~ei tedeschi sono pochi, a Milano, e quasi tutti d'importazione, ma csi. st ono. Sino ad oggi, sono s tati tollerati, perché il Governo ha « in orrore Je maniere forti>). Vedremo Ora se anche l'autorità militare, che assume da oggi il compito delicato cd essenziaJissimo di mante· nere l'ordine nelle retrovie, segui rà la massima nittiana dd « non perseguitare i nemici)>.
Da Il Popolo d'Italia, N 340, 8 dicembre 1917, IV Pubblicato anche sul. l'edizione di Roma, N. 341, 10 dicembre 1917, IV.
VIVA WILSON!
Nel suo g rande messaggio al Congresso, il Presidente Wilso n aveva preannunciato Pimi,ninente dichiarazione dello stato di guerra fra Stati-Uniti e Austria-Ungheria con queste precise parole:
« Un ostacolo molto imbarazzante sulla nostra strada è che siamo in guerra colla Germania e non coi suoi a lleati. Per conseguenza io propongo formalmente che il Congresso dich iari lo stato di guerra fra gli Stati-Uniti e l'Austr ia-U ng her ia L'Austria-Ung heria - pròseguiva Wilson - non è in questo momento padrona di se stessa, ma semplicemente un :vassallo del Governo tedesco».
Abl;,iamo voluto ricordare questo brano del messaggio di Wilso n a confutazio ne di troppi che hanno accolto la nuova dichiarazione di guerra senza eccess.ivo entusiasmo, attribuendole un valore quasi del tuttci formale o pJatonico.. Le cose non stan no precisamente i n questi termini, se Wilson ha parlato di « un ost acolo m olto i mbarazzante sulla nostra strada)) : ostacolo che l'avvenuta dichiarazione di guerra ha eliminat o. Il voto unanime meno uno del Serua.to, costituisce, dunque, un evento di grandissima importanza diplomatica, militare, mo rale.
Dal punto di v ista diplomatico, la dichiarazione di g uer ra degli Stati-Uniti è un colpo decisivo, mortale inferto a certe tendenze che di quando in quando affiorano negli ambienti politici eu ropei e secondo le quali l'Austria-Ungheria meriterebbe u n trattamento diverso dalla Germania. b il << tradizionalismo diplomatico » che voleva un'A u stria ingrandita alle sp ese della Germania. Vecchia mentalità terribilme nte in ritardo.
Il capo deµa più giovane democrazia del lJlOndo ha stabilito il rapporto che esiste fra Germania e Austria che << non è più padro na di se stessa, ma semplicemente un Vassallo del Governo tedesco ». Non dunque indulgenze che sarebbero colpevoli nei confronti d cli'Austria, ma un trattamento militare e politico identico a quello fatto alla Germania.
D al punto di vista mo rale, certo che l a nuova dichiarazione di guerra esercite rà un'influenza deprimente sulla popolazione e su l'esercit o austriaco. Si _ e ra fatto credere e sperare in un prossimo avvento della pace : la campagna d'Italia e le vicende russe avevano contribuito aUa dilfusìone d i ques te speranze ed ecco che, mentre si apre il quarto inverno di guerra, Wilson, in n ome di u no Stato potente, di u o milioni d'abitanti, dichiara la guerra all'Impero a ustro-ungarìco. Per noi, -italiani, l'atto deg1i Stati Uniti dev'essere considera t o co me una profonda attestazione di solidarietà. Gli Stati Uniti potevano - senza il nostro 2.4 ottobre - ritardare ancora il compimento di q uello che gli eterni insod disfatti chiamano una formalità, ma le nostre vicende militari hanno fatto precipitare le decisioni di Wilson. Il Presidente ha voluto d imostràrci che gli Stati Unit i sono in a rmi non soltant o contro gli H ohen zollern, ma anche contro gli Absburgo. Il Pres idente, proponendo lo stato d i guerra fra gli Stati Uniti e 1'Austria- Ung heria, è venuto a riconoscere implicitamente e solc;nnemente la legittimità e la santità delle nostre rivendicazioni nazionali nei confronti dell'Austria C'è un chiarim ento della situazione. È uno dei tanti perché che fi nisce. G ià si chiedeva da varie parti : perché g li Stat i Uniti n on sono in gu erra coll'Austria-Ungheria? E s i lavora va qualche volta di fantasia a supporre reconditi motivi. Oggi ques ta penombra scompare. Gli Stati Uniti sono con noi, non soltanto co~tro la_ G ermania, ma anche co ntro l'Austria.
Dal punto di vista militare, abbiamo già illustrato su queste colonne che cosa significa l'inter vento ameticano, È un còntinente intero che si schiera dalla nostra parte. Un continente co i suoi soldati, i suoi opera.i, le sue officine, le sue n avi, il su o denaro, i suoi racco lti. Un continente popolato da una razza giovane, senza passato e che vuol fare onorevolmente il suo ingresso nella strada mondiale. Già centinaia di migliaia di soldati son o in Francia e i siluri tedeschi non posson o m enar vanto di ave r t olta la vita a un solo soldato a mericano e g ià s i parla di mandarne a nèhe in Italia. Nella primavera p rosSima si valuterà tutta la straordinaria importanza dell'in terv ento americano. Prima della battaglia della Somme, si credeva nell'efficienza, anzì, nell'esistenza stessa d i un grand e ·esercito ing lese?
Lo sanno - ora - i tedeschi, i quali vedono minacciata n eJl' implacabile p ressio ne inglese la famosa linea di Hindenburg , se esi~te o n o un esercito inglese. Lo stesso Hindenburg è costret to ad ammettere_ la superio ri tà dei mézzi degli odiatissimi inglesi.
Il p eso che grava sulle spali~ degli italiani, dei francesi, degli ing lesi, in q uesta fase della guerra europea, non è leggero. U n fronte, quello russo, è liquidato. Il rap porto d em ografico fra i belligeranti si è eguagliato, apparentemente, p er ò. L a pop olazione dei tre Stati occidentali eguaglia q uella degli Imperi Centrali. Ma l ' Inghilterra e la Francia hanno dietro due Imperi. Ma gli Alleati occidentali possono contare sul grande co ncorso degli Stati Uniti e, forse, del Giappone, mentre gli lmperi Centrali devono trovare in se stessi le risor:se umane per continuare la guerra. È vero che in Russia non si combatte più, ma "i morti a migliaia e migliaia - tedeschi e austriaci - che dormono nelle pianure di Galizia e nelle gole dei Carpazi, non risorgono a :riempire i quadri degli eserciti decimati del Kaiser. Non dimentichiamo ·che la Russia ha, durante due anni, indebolito seriamènte la ·potenza militare degli Imperi Centrali.
Il nostro pro blema è tutto qui : tenere, r esistere. Resistere militarmente, resistere alle blandizie e alle manovre avvolgenti, terribili, d i quella « quinta arma» che la Germania ha saputo maneggiare in ogni senso e presso Ògni popolo. Dopo aver arrestato l'offensiva delle armi, bisogna evitare una possibile offensiva diplomatica. La Germania alterna i suoi colpi : avvicenda i suoi uomini : dopo i generali mette in scena i diplomatici. È il suo gioco, condo tto senza scrupoli1 sino al mercimonio, all'attentato, al delitto. Ai cannoni opponiamo i cannon i e alJa « quinta arma» opponiamo misure inesorabili p reventive e repressive e quella fede tenàce nella v~ttoria che v ibtava alta e so leone in ogni parola del messaggio di Wilson.
M.
Da // Po pol o d ' l talù,, N. 341, 9 dicembre 1917, IV. Pubblicato anche sull' edizione di Roma, N _342, 11 dicembre 1917, ÌV.
NON UMILIATE LA NAZIONE !
Se le informazioni parlamentari che giungono da Roma sono esatte, il Consiglio dei ministri, nella sua ultima riunione, si è dichiarato co ntrario all'istituzione di quelle famose <( Commissioni ~i Controllo» attorno alle quali si è svolta p er alcune settimane la più tediante e inutile accademia del mondo. Mentre la Nazione trepidava per le sue sorti ed aveva tutta l' anima· dolorante, ma fiera, tesa verso la riva del Piave, dove siamo riusciti ad a rrestare l'irruzione nemica, a Montecitorio - eterna Bisanzio della politica nazionale - la gentC medagLiettata varava la « trovata » delle Commissioni di Controllo. [Cens«ra]. ·
Alcune settimane di discussione a base di articoli, lettere, interv iste. e alla ti.ne nessuno ha capito che cosa avrebbero dovuto essere c ·çome avrebbero dovuto funzionare le « Commissioni di Controllo» escogitate dalla feconda fantasia insoddisfatta dell'on. Cocco, n onché Ortu e dai suoi accoliti dell'Unione parlamentare. [Cenmra]. Noi crediamo che di « Commissioni di Controllo» non si riparlerà nelle prossime sedute della Camera. Ad ogni modo, d.ato l'atteggiamento del Governo, l'eventuale propos ta sarà bocciata, e questa specie d 'incidente politico-parlamentare sarà liquidato.
Escluse le << Commissioni di Controllo » si torna a parlare d i « Comitato segreto» e sembra che ~1 Governo n on sia alieno dall'accettarlo. Ora noi torniamo a dichiarare che quest~ « Comitato segreto» è un errore politico che potrebbe avere conseguenze imprevedibili.
Il Governo deve rendersi conto dello s ta to d'animo del ' Paese, Noi scongiuriamo la censura di non straziare questa illustrazio~e che noi facciam o dello stato d'animo del Paese. Non si tratta di questiOni militari o diplomatiche per le quali noi accettiamo tutti i .divieti-della cen sur a : qui si tratta di far sapere in alto che cosa pensa la~azione che combatte, lavora e soffre, in basso . I nostri ininistri ci appaiono qualche volta come segregati dal mondo : sembra che l'esercizio del potere li isoli e li allont:..ni, invece di avvicinarli, di compenetrarli nella vasta grande anonima collettività nazion~le. Ora lo stato d'animo della Nazione si può sintetizzare in queste precisC parole : Sete di verità, spasimo di ço,wsçere la verità.
Il colpo del 14 ottobre ci ha dapprima storditi e percossi. Ognuno di noi, davanti a questo cadere r epentino del nostro fronte, davanti a questo subitaneo capovolgimento della nostra situazione militare, ha posto a se stesso una terribile domanda : Come mai, perché mai i OVlltntl/0?
A questa domanda il Governo, cioè quel gruppo di uomini che · hann~ in mano· tutti gli elementi della situazione, non ha ancora risposto. E poiché l'anima nazionale era ossessionata dal bisogno di «sapere», ogni voce assurda, o fantastica, o criminosa ha trovato credito, almeno per una giornata, nell'opinione pubblica. La coscienza pubblica ha istruito - per suo conto - un processo : ha additato le cause fontane e vicine della disfatta, si è afferrata a tutti gli episodi, è passata in breve tempo dalla esecrazione dei soldati al riconoscimento del loro lealismo e del loro valore e in mezzo a tutto ciò, un mi· scuglio di fatti, di dicerie, di menzogne che vanno dagli apocrifi comunicati di (adorna alle fucilazioni in massa dei « traditori della patria>>....
E mentre in Italia eravamo costretti a vivere in quest'atmosfera asfissiante, all'estero, nella stampa degli Alleati e in que~la neu trale, si discuteva e si dis.sertavS. tranquillamente sui motivi prossimi e remoti del n ostro rovescio. I giornali francesi hanno pubblicato serie di articoli sulla giornata del z.4 ottobre. Abbiamo provato a citarne qualcuno, ma la censura ci ha rifo:rbiciato. Ancora ·oggi, leg giamo sulla stampa estera, giudizi che rappresentano un'offesa più o meno lieve a quella che crediamo la verità. Cosl Alberto Thomas ha p otuto dire in un suo recente discorso che lo « sforzo tedesco, sapientemente composto cli rriezzì materiali e di manovre morali, ha avuto rag ione cli truppe che non erano state temprate a Charleroi e a Veid un », come se le undici battaglie dell'Isonzo, la scalata del Carso, l:l presa del S. Michele, la conquista della Bainsizza, la lotta degli Altipiani, siano state scaramucce di poco conto! (Censura].
Durante tutto questo periodo di tempo, nel quale fiumi d 'inchio· stra venivano consumati nella stampa di tutto il mondo ad esaminare le.cause del nostro disastro, HGoverno non ha aperto bocca. La versione 1< italiana )> degli ·avvenimenti manca. La versione « ufficiosa » degli avvenimenti non c'è ancora. Si ~iapre la Camera. L'opinione pubblica pensa che finalmente p otrà essere soddisfatta la sua arigosciante sete di verità ed ecco che si parla di « Comitato segreto». Sembra una irridente turlupinatura I La Camera ha l'aria di dlre al pubblico: « Ah, voi, milioni d i madri e di padri che avete dato il sangue dei vostri figli alla Patria, voi, milioni di italiani combattenti e non combattenti che soffrite, sperate, lavorate,- :resistete, siete p resi dal " capric· do" di sapere com'è andata? No. Non saprete nulla. Voi non avete <liritti. Io- Camera - chiuderò i portoni di Montecitorio, isolerò poche centinaia di uomini dai quaranta m ilioni d'italiani, e discuterò in segreto. Voi, Nazione, n on esistete: esiste soltanto Montecito rio ; voi, quaranta milioni d'italiani, siete nulla; quattrocento deputati sono tutto >). È di un grottesco spaventevo]e, I eri siamo stati trascinat i dalle« dicerie» sull'offensiva auStro-tedesca; domani a quelle si aggiungeranno le « dicerie» sul Comitato segret~, e cosi la coscienza nazionale subirà l'una e l'altra specie di sabotaggio.
On. Orlando, ascoltate gli uomini d ella strada, respingete il Comitato segreto. Evitate che il turbament o de1la Nazione si accent ui anco ra. Qudlo che si può dire in Comi/alo segreto ai deputati, Ji può dirlo anche in p11bblico, e quello che non 1i può dire in pubblico i opportuno, i conveniente non dirlo nemmeno in Comitato 1egreto.
La Nazione - oggi - non ha paura d ella verità. La cerca an zi. La vuole. Bisogna andare incontro alla Nazio ne. Dire tutto. I popoli, p e r diventare forti, devono essere educati cosi. Devono essere messi colla fro nte e coll'anima innanzi alle loro debolezze. La verità è semp re un tonico altjssimo, e il fatto che il popolo italiano la cerchi, con ansia acuta, indica che h a raggiunto un g rado più alto di__ maturità civile. ·
Noi vorre mmo che le prossime sedute alla Camera fossero una specie di grande pubblico esame di coscienza del nostro Paese. E invece ....:_ ahimè ! - ci preparano la conventicola al buio. Nessuno fa eco al nostro grido : Non m1tilù1te la Nazione !
Da // Popolo d' Italia, N. 342, 10 dicembre 1917, IV Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 343, 12 dicembre 1917, IV.