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I NOSTRI POSTULATI
LA CONVENZIONE BOLLATJ-JAGOW E DECADUTA!
L'on. Orlando, nel suo discorso alla Camera, ba riconosciuto, rispondendo all'on. Pirolini, l'esistenza in Italia di un'organizzazione disfattista ai servizi del nemico. Stralciamo, d al testo stenografico del disco rso pubblicato dal Giornal~ d'Italia, il brano che ci interessa, a proposito dei sudditi di paesi in gueru con noi.
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« Il n emico - ha detto ron. Orlando - aveva una preparaziòne form idabile di spionaggio. Durante il primo periodo della guerra essa fu attiva specialmente nella forma di offesa e di danno militare; ed era rimasta poi, se mi si permette l'espressione, latente in cauta attesa nel c3:mpo politico. Nella fase che la g uerra ora attraversa, il nemico ha smascherato tutte le sue batterie e intende condu rre a fondo quella sua offen!iva in alto stile, diretta• a detenninare lo sfacdo del Paese attraverso un' infnione generale dell'organismo, non soltanto propinando i veleni middiali del tradimento, ma disseminando anche i germi sotti li d ell'insofferet:iza e della viltà! (Ap pro vazionr).
« Questo pericolo, che per oscure e multiformi insidie ci minaccia all' interno, . non è men grave; anzi io affermo essere ancora più grave di quello che incombe sul fronte dei g loriosi combattenti. (Approv,rzionr). Dirò di più: esso è veramente pericolo morta.le, perché attenta alle ragioni stesse della nostra esistenza, mirando al dissolvimento della compagine nazionale.
«Onorevole Turati,~ solo cosl che l'ltalia può ped re ! (Vi vi e prolung4li appla1111). . .
« Per fronteggiare questo pc-rkolo, occorre un'attività instancabile, u na r isoluzione fredda e dKisa, un'energia costante da parte del Governo. Questo lavoro io riconosco, e assumo l'impegno di assolverlo senza esitazioni e senza debolezze! (Vivissimi generali e pro/JmgaJi 4ppla1m) »:
Questo linguaggio è esplicito. Ma noi e con noi tutti gli italiani, non vediamo ancora, quantunque siano passati già due mesi e più dalla sconfitta « oscura» di Capof:ctto> i :segni di questa attività instancabile, di quella risoluzione fredda e decisa, di quell'energia costante che veramente occorrono. nell'attuale fase critica e risolutiva della guerra. Decine di associazioni di ogni colore, migliaia e miglia.ia di cittadini, invocano l'atresto e l'internamento di tutti i sudditi nemici, ma questo provvedimento, che sarebbe veramente con siderato come il primo fatto dopo le parole, tarda ancora ad essere adottato e non si capisce bene per quali ragioni. La convenzione Bollati-Jàgof?
Ma anche ammettendo - oggi - la validità di quel documento stipulato il u maggio 191,, n oi abbiamo già dimostrato che si può prendere la misura che reclamiamo. Meglio ancora. Quella co nvenzione, non ha più valore reale, è decaduta di diritto e di fatto, come ci dimostra - con ragionamento piano ed eminentemente persuasivo, pur senza esulare dallo stretto campo del giure internazionale :-- l'amico avvoéato che ci scrive la seguente lettera. La convenzioo.e BollatiJagow appartiene veramente al genere dei çhiffons de papitr chC: si possono, si debbono stracciare senza preoccupaz.ioni, tergiversazioni o rimorsi.
Caro Popolo d'Italia, a proposito dell'articolo 1A pio-wa bo,h,, pubblicato sul numero del 22 corrente, mi preme di esprimerti alcune considerazioni per Je quali ritengo che i provvedimenti da noi invocati contro i beni e le persone tedC"Schi in Italia sieoo legittimati non già dall'applicazione dell'art. 2 - e cioè dalla esecuz.iooe della convenzione Bollati-Jagow del 21 maggio 1915 - ma bensi dal fatto che questa convenzione è oggi decaduta per essere venuti meno i suoi presupposti di fatto e di diritto. Poiché, ove noi dovessimo ritenerci. tuttora vincolati da detta convenzione, parmi evidente che la sua applicazione non potrebbe portare che ad una semplice esclusione di libera residenza dei sudditi tedeschl in certi territori
•<; località del Regn? ed a provvedimenti limitativi di polizia nei loro ·cooftonti, ma non potrebbe mai giustifu:ue l'adozione delle invocate misure (arresto, internamento, sequestro di ~i) di fronte a quanto espressamente stabilito Df'$1i articoli 2 e 3 della convenzione stessa.
Ma quel patto oggi decaduto; infatti : u,, dfll!ocàJo aJiid1/o let1ore d el Popolo!
La convenzione Bollati-Jagow, come ognì altra convenzione d'effetto continuativo per il futuro, è subordinata alla clausola del reb11; Jiç ; Jantibu t e cioè alla pe,manenza di quelle condizioni di fatto e di diritto per le quali i contraenti si determinarono a stipulatla.
La convenzione Bollati·Jagow, che porta la data del 21 maggio 191!i, è stata stipulata per avere vig0tt • duran te la guer ra » italo-austriaca e della Germania contro i suoi nemici, ai 6ni di regolare i rapporti di neutralità non benevola" che venivano a stabilirs.i fra Italia e Germania· per effetto della dichiaràzione di guerra all'Austria alleata di questa, e della conseguente rottura delle relazioni diplomatiche fra Italia e Germania. Lo stesso articolo 3 rispecchia implicitamente ques·to stato ,di cose pattuendo che i tedeschl io Italia e gli italiani in Germinia non dovranno sottostare ad alcun'altra limitazione cbe quella d i « neutri soggiornativi».
:B bene ricordare che mentre l ' Italia .nel 1915 tratta con ·r Austria per la integrazione del proprio territorio, la Gennania assume la funzione di mediatrice, riconosce, almerto in parte - in buona o in mala fede non importa - la ragioncvoleua delle nostre pretese, e si · porta anche garante; le trattative abortiscono; l'Italia si accinge alla sua impresa nazionale contro l'Austria_ e le dichiàra la iuerrll..
Con la Gennania si dichiarano semplicemente rotte le relazioni diplomatiche, ~r modo che pochi giorni dopo l'on. Salandra, nel suo discorso ìn Campidoglio, ringraziava ancora la Germania dei suoi buoni uffici che per mezzo di Bill()w aveva invano prestati....
Neutralità dunque, non benevola pen\ io quanto le due potenze divent.a.oo tenute a fornire eventuali a.i uli :li propti a lleati per le necessiti. stesse delle ri. spettive guetre nelle qu ali venivano a trovarsi impegnate : ed fo previsione ed a disciplina di questo stato di cose che sorge, come dicemmo, nel maggio 191S, la convenziooe in parola.
Che dai presupposti di fatto e di diritto che la convenzione Bollati·Jagow volle contempl:ue esuli l'ipotesi dello stato di guerra fra le stesse d ue parti contraenti, oltre ch e intuitivo per quanto sopra, indiscutibile pel fatto che l'ipotesi stessa non venne fatta nella convenzione, la quale dicendo durante la guern. » non può perciò riferini che a quella guerra che allora esisteva fra la Germania ed altre potenze, ed a quella che stava per si:oppiare fra l'Italia e l'Austria.
Occòrre appena nofare che l'art. S della convenzione intende semplicemente a tener fenni gli effetti d i essa anche per j rispettivi sudditi residenti in quei nuovi territori che venissero militarmente occupati, in conseguenza delle operazioni guer· resch e, dall'It alia o da lla Germania; sempre però in di pendttW. delle rispettive gue rre suaccennate, e ferma restando la neutralità, per quanto non benevola, fra Italia e .Germania; ma non mai in dipendenza di un vero e proprio stato di guerra fra queste due nazioni.
Senonché nel settembre 19Hi l'Italia d ichiara di riconoscersi i n slato di g uerra con la Germania, la quale, alla nuova situazione giuridica creata da questa nos tra dichiarazione, dà concreta dlettuaz.ione nell' ottobre u. s. portando direttamente contro di noi la sua azione bellica.
Ora dunque: a meno si arrivi all'assurdo di considerare anche la mossa fatta ora contro di noi dalla Germania quale ahra sempli ce prestazione (compatibile e scusabile colle n eces,ità della neutralità non benevola) di aiuti invocali dall'Austria; ed a meno di considera.re alttesì la n'ostra dichiarazione di stato di guerra alla Germania come una semplice constatazione fatta dal Luogotenente ( delegato agli atti di ordinaria ammini5trazione) di uno stato di f atto, la qu ale, non emanando dal re non abbia avuto valore di mutate i rapporti giuridici fra le d ue nuioni; ne consegue all' evidenza che le due contraenti del pa tto Bollati-Jagow sono venute direttamente a trovarsi in vero e proprio stato di guerra aperta e dichiarata.
Son o perciò radicalmente mutate quelle considerazioni d i fa tto e di diritto, che erano il presupposto logico e necessario della convenzione in parola, ed in contemplazione delle quali l e parti si ·erano determinate a stipularla, e la con· venzione s tessa ! caduta n el nulla.
Dopo di che torniamo a domandare : A quando il buon colpo di scopa? Che i sudditi nemici, residenti ancora fra noi, siano nella loro totalità, degli agenti boèhu, Io si è visto alfindomani di Caporetto. Allora i nostri « ospiti» sgradevoli e ingrati, hanno levato la maschera; ~o i.nneggiato - con abbondanti libazioni di ,hampagm - al successo delle armi tedesche, nell'attesa e coll'augurio. che la marcia t rionfale non ·si àrrestasse prima di aver raggiunto la detestata, la odiata, ma nello stesso tempo agognatissima Milano. Il programma massimo non I! stato attuato e no n lo sarà più. Oggi i sudditi nemici tornano a fare i sornioni. Ma sono semJ're gli stessi.
Ed è giusto, infine. Sono tedeschi e sarebbe assurdo pretendere- ·dopo tutto quello che si è visto - che la pensassero come noi, cbe sentissero come· noi. Ma non è assurdo pretendere che gli italiani - specialmente quelli che sono al potere e hanno la responsabilità terribile di guidare la Nazione in porto - pensino ed agiscano, soprattutto, da italiani. A meno che non si voglia che l'Italia continui a essere la femmina carducciana che « nuda, sull'urna di Scipio si dà». Ora il problema dei « sudditi nemici» - a prescindere ·da tutte le questioni d'indole politica e morale - è anche problema di dignità. La nostra tollera02a è la nostra mortlficuione. È quasi un riconoscimento della nostra minorità. La Germania ha trattato gli italiani come una razza inferiore, una razza - quella del brachicefalo alpino. che secondo le teoriche manicomiali dei pangermanisti non può costituire che l'esercito destinato alle fatiche più dure, fo profitto dei dominatori tedeschi, dolicocefali biondi ; la Germania esibisce - a Carlsruhe, a Monaco - i nostri prigionieri agli insulti della folla; la ·Germania orgaoi2Za a Berlino Fasta del latrocinio consumat~ nelJe nostre due provincie invase ; la Germania non ha per noi - attraverso la ·prosa dei suoi giornali e l'oratoria dei suoi ministri - che parole di vituperio e noi, invece di praticare la necessaria e umana legge del taglione, preferiamo di applicare - con sommo pericolo cd evidente disdoro nostro - la legge evangelica.... Si direbbe che· i nostri governanti non «osino» far la guerra in tutti i sensi contro la Germania. Si direbbe, perché ci ripugna il crederlo.
Dice Maeterlinck, nd suo libro La sagtut ti la Dulinée, che un uomo, il quale ha la responsabilità di guidare in qualche modo i suoi simili, ha l'obbligo di essere intelligente. Ma noi aggiungiamoci permettiamo di aggiungere - che l'intelligenza a poco giova, se, in talune circostanze, non è accompagnata dall'energia volitiva. Riconosciamo e apprezziamo altamente nell'on. Orlando il dono dell'intelligenza, ma vorremmo pur apprezzare, collo stesso sincero entu~iasmo, l' altra qualità: l'enctgfa. nelle decisioni e nelle esecuzioni. Non si lagnino i nostri lettori se insistiamo sugli stessi problemi. Diventeremo monotoni a furia di ripeterci. Ma noj che abbiamo la nozione precisa - fornitaci da dati di fatto e dai documenti che costituiscono il nostro 'douier - del pericolo estremo rappresentato dalla libera circolazione dei sudditi nemici in Italia, sappiamo che è necessario combattere e insistere. Non daremo tregua al Governo. M.
Da Il Popolo d'llalia, N. 360, 29 dicembre 1917, rv. Pubblinto anche sull'edizione di Roma, N, 360, 30 dicembre 1917, IV.