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AL CITTADINO MOUTET

« Se dovessimo parlare degli accordi italiani - ha detto il deputalo soci.alista Moutet durante la grande reanti~ima discussione sulla politica estera a lla Camera francese - vedremmo che oltre Trento e Trieste, l'Italia reclama i l Tirolo tedesco, l'Istria, le iso le dell'Adriatico, l' Albania, il Dodecanneso, senza contare i vantaggi nell'Asia Minore Oso dire che il diritto dei popoli non è tutelato da accordi di questo genere e che se venissero applicati semineremmo per l'avvenire molteplici germi di rooftitto ».

. 11 rrùnistro degli Esteri, Stefano Picho n, un amico sincero dell' Ita: lia, e non dell' ultima ora, h a replicat o brillantemente cd efficacemente. in questi teanioi, all'on. Moutet :

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« Avete parlato de( nostri accordi con l'Italia. Vi rendete voi conto della gravità che potrebbe costituire il metterli in causa? l'!. in virtù di un contratto che l'Italia è intervenuta nella nostra guerra (appla1111); è un contratto che stringemmo con qut"sto grande Paese" entrato in guerra pt"r il suo amore per il d iritto, per i" supremi intt"re-ssi che doveva difendtte, per il completamento d ella sua unità. Mai vi furono accordi più importanti di q uesto fra. i popoli (,zp plauu), mai vi fu un'i ntesa più significativa, più apt"rta, più pratica. (Appl,nm).

« Non vi è d ubbio - ha replicato Moutet - che il movimento italiano fu profondamente" popolare e nazionale, e di ciò saremo sempre riconoscenti all'Ita. lia. Ma fu. ciò cbt" volle" H popolo italiano e gli accordi conclu si dal Govt"Tno italiano, faccio una distinzione. Dico al popolo i taliano: Vì rendete conto di ciò che sart"bbt" la pace di domani se le rivendicuioni italiane sul Dodecanneso, sul· l'Albania e sulla Dalmazia fossero mantenute? (A.pp/aUJi all'eùrema sìnhtra) ».

La discussione svoltasi alla Camera francese ci riguarda direttamente anche perché l'on. Moutet, nella sua contro-replica, si è rivolto al popo lo italiano.

Sfamo grati all'on. Pichon di aver rivendicato - a Piena voce e senza so ttintesi - i diritti sacri e imprescrittibili dell'Italia ; la significazio ne e la portata profondamente morale e idealista della nostra partecipazione a] conflitto ; le ragio ni nazionali - il completamento cioè ddla nostta. unità politica - che ci imponevano di scendere in campo contro l'Austria.

Prendiamo atto con piacere del riconoscimento esplicito dato da parte dell'on. Moutet del carattere eminentemente p opola re e nazio- nale che ebbe il n ostro movimento interventista, ma n o n possiamo accettare la sua d istinzione fra volontà del popolo italiano e accordi conclusi dal Governo italiano. Non vogliamo, oxa, sollevare la questione. d ell' opportunità del discorso dell'on. Moutet, date le nostre attuali contingenze militari. Vogliamo soltanto ri'sponderc al suo discorso, ip quanto mira a po rre sul tappeto la r evisione degli scopi di guerra dell'Italia. Che questa « revisione » sia fatta « in solido » da tutti gli Alleati è un conto; che tutti gli Alleati precisino ancora una. volta i loro scopi, anche dal punto di vista delle reintegrazioni e rivendicazioni nazionali, può essere utile ; ma noi pensiamo che u na even- · male revisione potrà modificare qualche dettaglio, non già la sostanza dei nostri fini di guerra. O sono dei 6ni essenziali, pregiudiziali, sui quali è inutile ogni discussione. Il Trentino può rimanere ancora, come oggi è - con .q uali conseguenze lo abbiamo visto I - un cuneo piantato nel collo dell'Italia, fra il Veneto e la Lombardia? No, certa• mente E i nostri confini ad oriente possono rimanere domani simili a quelli di ieri? È concepibile anco ra l'Austria sull'Judrio ? I ndubbiamente, no, L'on. Mo utet sembra concederci .Trieste, ma fa le sue riserve sull'Istria. P erché ? Forse che l' Istria non appartiene geograficamente all'Italia? F orse che nell'I stria n on è largamente rappresentato l'elemento italiano ?

Quanto alla Dalmazia, g li acco rdi di Londr~ tritelano equamente i diritti delle na:zionalità italiana e serbo-croata. L'Italia non può rinunciare alle isole dell'arcipelago dalmata e nemmeno a quel tratto di litorale che va da Zara a Traù e dove l' italianità è ancora potente, m alg rado un cinquantennio di feroci persecuzioni austriache.

AJ no rd di Zara, lungo il cana1e della Morlacca, i croati avranno un ampio respiro sul mare Adriatico ; al sud di Traù, la «finestra,> marittima pei ser bi avrà tutta l'ampiezza suffi.cente per i bisogni di un'economia a tipo quasi esclusivamente agricolo.

QuantO alle isole del Dodecanneso, all'Albania, all'Asia Minore, il punto di vista, in materi~ del Governo; è condiviso pienamente dal popo lo italiano, eccezion fatta dei socialisti ufficiali, i quali s' infischiaClo dell'Egeo, dcli'Adri;itico , di Trieste e -anche dì Udine e di Belluno.

Noi crediamo che il Governo italiano non rifiuterà mai una revisione di quei fini di g uerra che si potrebbero chiamare « subordinati» o secondari. Non crediamo che la creazione di uno Stato autonomo albanese, sia pure sotto l'alto pro tettorato dell'Italia, possa far correre un pericolo qualsiasi alla pace di domani. L'A lbania - Stato autonomo - sad un fattore di garanzia pct quella sistemazione della penisola balcanica che deve uscire dalla guerra. Non sarà certo l'Itali~ che praticherà anche nei confronti del famoso « Dodecanneso » una politica d"intransigenza assoluta e, q uanto all' Asia Mino re, il punto di vista, espresso in un suo discorso dall"on. Sonnino, è m olto chiaro. Se l'impero turco cesserà di esistcrè, è logico -e sarà bene6co per le popolazioni oppresse - che l'Italia si assuma nelle regioni bagnate dal Mediterrarieo orientale la sua quota-parte di influenza politica, economica, cultura.le : la sua quota-parte di resp onsabilità. Questo non contravviene. in nessuna guisa, ai fini « democratici » della guerra. A meno che n on sia « democratico)> per l'on. Moutet conservare l'impero o ttomano....

Ci sembra di scorgere, dietro le paroIè dell' on. Moutet, il riflesso di una illusione' perniciosa, che di tempo in tempo traspare in certi ambienti dei paesi alleati. L'illusione cioè che, riducendo gli «appetiti>) d ell"Italia al minimo p ossibile, sia facile conducrc l'Austria a separare Ja sua ca.usa da quella della Germania. Pura follia I Col risultato unico di «aumentare» gli appetiti dcli' Austria stessa. L'on. Moutet non ricordava certamente, quando ha parlato, il discorso cli Czernin « Noi combattiamo - ha detto Czernin :- non solo per Trieste, ma per Strasburgo» e truppe austro-ungariche sono, infatti, segnalate sul fronte franco-inglese. L'Austria è legata indissolubilmente alla Germania. E anche ammesso - per dannata ipotesi - che l'Austria fosse, domani, capace di inaugurare una politica di autonomia nei confronti della Germania; anche ammesso che l'Austria inclinasse alla conclusione di una pace separata · colla Triplice Intesa, nessuno può certamente pensare o ammettere che tale pace debba concludersi col sacrificio tcrrfro riale delle n ostre terre invase e di quelle da redimere o coll'umiliazione mora1c dell'Italia.

Per fortuna si tratta di calcoli puramente fa ntastici. Austria e Germuùa sono due corpi. ma un'anima sola. Se invece·di discetta.re - in base alle reminiscenze della vecchia sCuola diplomatica - sul maggiore o minore nemico, si fosse cercato - con una concentrazione di sforzidi colpire nel blocco nemico l'Austria-Ungheria, a quest'ora - molto probabilmente - gli Alleati sarebbero oltre Lubiana, mentre invece 11.bbiamo i tedeschi sul Piave....

Da Il Popolo d' Italia, N. 361, 30 dicembre 1917, IV. Pubblicato anche sulJ'editionc di Roma, N. 361, 31 dicembre 1917, IV.

Divagazione

Il 19.17 sta per finire. Fra poche ore, entrerà nel mare del passato, dal quale emergono - a guisa di scogli - gli avvenimenti deg ni di storia. La ruota secolare del tempo compie un altro giro. Noi sappiamo che la misura del tempo è una convenzione più o meno esatta e arbit raria : che non è già il tempo che passa, ma siamo noi che passiamo nel tempo. diretti a quella c he il Poeta ha chfa.mato « la scogliera bianca della morte ».

Eppure, quando staccate l'ultimo foglio del alenda.rio, una punta sottile di melanconia vi penetra nell'animo inquieto. È l'anno che muore, che finisce, e pur vi sea;ibra - per uno dei giochi complicati del sentimento che sfugge al controllo raziocinante dell'intelligenza - che quaklie cosa di voi, di noi, muoia e finisca ; e pure, quando l'orologio batte l'ora fatidica del trapasso, non vi par di sentire nel vostto mondo interno rintocchi funebri di çampane e squilli alleluianti d'amore ? · ·

Il 1918 è l'ignoto. C'è chi si sente agghiacciare davanti all'ignoto custodito misteriosamente nel grembo dell'avvenire; c'è chi va incontro all'ignoto con un giovanile spirito di avventura. E una domanda fiorisce sulle labbra di tutti: « Che cosa ci porterà il 1918? ».

Ognuno di noi - dal più alto al più umile - dal 1914 ad oggi, h a nella sua vita molte date memo rabili. Costituiscono la nostra storia individuale. Come dimenticare il giorno in cui si ebbe il battesimo del fuoco ? O si v ide cadere l'am.ico più fedele? O si conobbe l o strazio della carne ferita ?

Ci sono i giorni che passano senza lasciare tracce nella monotona successione delle ore : sono i giorni grigi, sotto un cielo grigio, uniforme, unicolore. Ma ci sono i giorrù di tempesta, i giorni d'eccezione, i giorni di tumulto, i giorni cli creazione e di distruzione : i giorni che valgono gli anni. Il 10 agosto del 1914 è forse un giorno comè tutti gli altri?

Da tre anni noi - centinaia di m.ilioni di uomini - viviamo una vita. « collettiva » sino all'iperbo le. La nostra piccola storia individuale si inseris~ si salda, scompare nella grande storia dei popoli in guerra. Gli avvenimenti « collettivi >', quelli, cioè, che ci interessano come collettività belligerante, ricacciano tutti gli altri nella moltitudine ano· nima delle cose quasi iosjgni6canti,

Oggi, mentre l'anno 1917 ago nfaza, n oi rievochiamo appena i fatti più impor~nti della .nostra vita individuale o famigliare. Siamo presi in un altro turbine. La memoria torna ad altri avvenimenti, stacca. altre date. Torniamo indietro. Evochiamo il passato, per afferrare, per sentire Ja « continuità» della vita e trovare dall' ieri le ragioni dell'oggi e nell'oggi gli elementi necessari del domani. Il 1917 è ricco di date. Denso di avveniÌnenti. È stato, ben più del 1916, d i una dinamicità eminentemente drammatica.

Nel febbraio i tedeschi - sospinti dagli inglesi -'- si ritirano « strategicamente» per oltre quaranta chilometri di profondità e la Francia sente allentata la stretta che la minacciava. dalla Marna in p oi.

Nel marzo, un'autocra2ia crolla, p er disfacimento int eriore, più che per urto esterio re. Il mondo saluta - osannando - la nuova democrazia che sorge sulla riva· della Neva. Ma la d emocrazia russa sorta dalla. guerra, finisce, dopo alcuni mesi di convulsioni, per rivolgersi contro la guerra, mentre la Russia si sfalda nelle diciotto nazionalità che Ja componevano ai tempi degli czar

Nell'aprile un nuovo mondo entra in guerra e s i schiera al fianco nostro : gli Stati Uniti, lnvecchiare, perché tutto il nostro passato di ieri, tutte le nostre tare di ieri, dalle qua.li credevamo di esserci riscattati, sembravano riprc n· dccci, schiacciarci, annullare, in un attimo, il tra.vaglio sangui noso e prodigi oso di trenta mesi di guerra. Il 14 ottobre ci è apparso - in un .primo tempo - come un improvviso colpo di spugna sulla nostra storia più gloriosa e recente, N o i eravamo saliti verso le cime luminose della vittoria cd ceco il Destino ci ha preso e ci ha rovesciati. ric:ac. ciati nel fondo, nel buio della disfatta. Ma il Destino era in noi, poiché quello che si clùama Destino non è che la confessione della nostra imperfetta conoscenza delle cause che presiedono allo svolgersi delle vicende umane. La causa della disfatta è in noi. Le ragioni della ripresa sul Piave, le forze della riabilitazione sono in noi. Il 1918 sad. quello che noi vorremo che sia.

Nel maggio si scatena la nostra offensiva da Tolmino al m a re, vittoriosamente. Varchiamo il Timavo. Ci spingiamo ai contrafforti dell'Hermada. Trieste è sotto il tiro dei nostri canno nL Nel lug lio, K e rensky e Brusilo ff riescono a galvanizzare, per l'ultima volta, alcuni corpi d'armata russi. È una. pucntesi breve. Un tentativo d isperato.

Nell'agosto, la manovra del Papa, cui fa seguito la n ostta brillan tis~ sima o ffensiva della Bains~za. I francesi liberano d efinitivamente Verdun dalle tenaglie del Kronprinz.

Nell'o ttobre, c'è una data che ci pe rcuote e ci umilia. Per quel complesso di circostanze, sulle quali non si è fatto ancora luce, gli austro·tedeschi riescono a sfondare le nostre lince dcli'Alto Isonzo, a invadere due provincie, a raggiungere la riv a s inistra dt:l Piave, . Si è d et to: cinquanta giorni I Cinquant'anni I Quale italian o , degno di questo nome, n on si è sentito.invecchiare - orribilmente - nella setti.mana che va dal 24 ottobre al 1° novembre ?

Esiste una fatalità esteriore, meccanica, ma esiste anche una volontà umana, che non piega davanti a.i colpi che sembrano improvvisi, ma li domina e ne trae esperienza. La «fatalità>>, se cosl può chiamarsi, di Caporetto, è stata dominata dalla nostra volontà di vittoria.

Il 1917 muore e lascia al 1918 il suo retaggio di sangue. L'urto di milioni di uomini armati continua, sulle terre, nei cieli, nei mari. L'orizzonte è ancora buio. La fiaccola slava sembra spegncrsi. Chi non sa fare la guerra, molto difficilmente può fare la pace. 8. dunque la guerra che bisogna continuare, con tutte le nostre energie, con esasperata passione, se .si vuole che ;i mondo di domani sia un mondo di tranquilla pacifica convivenza delle genti. È la guerra che bisogna continuare, se vogliamo - noi italiani - rivendicare - una volta per sempre - dalle Alpi all'Adriatico, i «termini)> sacri della nostra P atria. È la guerra che bisogna continuare, se non vogliamo disono.:. rard - defezionando - per tutte le generazioni e per tutti i secoli. È la guerra- che bisogna continuare, se vogliamo che i nemici renda.no conto dell'eccidio tremendo ch'essi hanno deliberatamente, scientemente provocato ; se non vogliamo « tradire » i nostri morti che atten·dono,. nei cimiteri v iolati dall'invàsore....

Resistere per vincere I V incere per la Libertà e per la Giustizia l Ecco le parole d'ordine e di fede con le quali_ salutiamo l'anno che muore e quello che sorge.

LEALTA, CONTRO INSIDIA!

Gli Imperi ·Centrali hanno voluto chiudere il 191 7 con un altro dei loro « tn1cchi » pacifondai. Nella risposta alle proposte dei delegati massimalisti convenuti a discutere di pace coi generali e diplomatici d'Austria .e di Germania a Brest-Litovsk, il conte Czcrain ha dichiarato che « i principl fondamentali delle proposte russe possono costituire una base discutibile p er una pace generale » nel caso soltanto che « gli alleati della Russia rico noscano onestamente e senza riserve le condizioni stesse anche verso g li Imperi Centrali». La stampa della Quadruplice Intesa - non esclusi gli organi più temperati e proclivi alle soluzioni medie co.me il Dail_y News - ha già svent.ato il nuovo trucco e messo a nudo l'imprecisione, la insincerità, la perfidia della «mossa » tedesca. Dei Governi alleati, il primo a respingere l'offerta insidiosa, è stato quello francese, con un discorso del ministro degli Esteri, Stefano Pichon, al quale caillautisti, zimmerwaldiani e stoccolmisti no n hanno saputo che rispondere Non mancherà, perch~ non «deve» mancare, nei prossimi giorni, un atto co llettivo dei Governi alleati. Non deve mancare, diciamo, per:ché è pericoloso, e Jo si è già visto in precedenti occasioni, lasciare sempre e completamc;:nte ai nemici i vantaggi dell'iniziativa diplomattéa. Siamo dinanzi a un altro episodio della offensiva cosidetta pacifista degli Imperi nemici : tocca, ora, alle nazio ni democra.tkhe dell'Intesa, il compito della contro-offensiva sullo stesso terreno. Il fin de non r eauoir è èerto ed inevitabile, ma le sue motivazioni non devono essere lasciate soltanto alla stampa, devono essere elaborate dai Governi responsabili. Si comprende perfettamente che la Germania, sia pure per mezzo dell'austro-ungherese Czernio, voglia trascinare a negoziati di pace la Quadruplice Intesa, sul terreno che chiameremo «massimalista». Il . calcolo che presiede la manovra è evidente : se b. Quadruplice Intesa. accetta, siamo alla pace «bianca)), che è poi la pace « tedesca » ; se la Quadruplice Intesa respinge categoricamente - come farà. - il ramoscello d'ulivo, il dissidio fra Quadruplice Intesa e Russia sarà sfrutt ato convenientemente, in tutti i sensi, dalla Germania. Ma il nuovo gesto rivela, documenta questa verità : per gli Imperi Centrali è indifferente oninai di addivc.nlre o nòn addivenire a un trattato formale di pace con la Russia: la pace che gli Imperi Centrali vorrebbero è la pace ad occidente. E s.i capisce. Perché un trattato di pace colla Russia avesse un senso e non fosse soltanto una specie di commedia diplomatico-bolscevica, bisognerebbe che una Russia - cioè uno cc Stato» solvibile e responsabile - esistesse a ncora. Questo non è. Si parla ancora di Russia, ma questa parola è vuota di significato. Ne ha uno storico. Uno attuale non più. Il posto della Russia antica è preso dalle nuove nazionalità. C'è una Finlandia che chiede già il rico noscimento delle altre Potenze ; c'è una Siberia che ha proclamato la sua completa autonomia e il s uo distacco da Pietrogra~o ; c'è _ - soprattutto - nel sud-est un nuovo · Stato, l'Ucraina, che conta trenta milioni d'abitanti, ha un Parlamento: la Rada, una capitale: Kiev, un esercito con relativò Stato Maggiore e anche un Soviìl, ma innocuo. L'Ucraina è già stata riconosciuta dalla Quadruplice lntesa, con wia dimarcht fatta ai primi dello s~orso dicembre . Per ·comprendere l' importatlZa della creazione di questo nuovo Stato, basti clire - prendiamo queste cifre da una pubblicazione ufficiosa ucraina che esce a Losannache la produzione totale in cereali dell'Ucraina nel 191 0 è stata il H per cento di quella di tutto l'Impero russo, pari alla cifra sbalorditiva di 2. 1 s milioni di quintali. Alla vigilia della guert'.a gli Ucraini possedevano 30 milioni di capi di bestiame. Gli altri territori moscoviti non esportavano in g rano che il o, 7 per cento; la sola Ucraina _il 2.7 per cento. Ancora qualche cifra; per illustrare il valore grande - dal punto di vista economico - del nuovo Stato anti-leninista, quindi anti-tedesco, sorto nella )\ussia meridionale. L'Ucraina produce 50 milioni di . quintali di barbabietole; 4 milioni di libbre russe dì tabacco.• Le ricchezze del sottosuolo sono immense. Le miniere di ferro cl.cl Donetz producevano annualmente So milioni di tonnellate e quelle di carbone 20 milioni. ·Le miniere di sale e i pozzi di petrolio - soprattutto in Galizia - rifornivano tutta la Russia. Se Pietrogrado è alla vigilia della carestia, gli è perché l'Ucraina in guerra coi massimalisti e non esporta più derrate alimentari. A ltre n az.ionalità minori rivendicano la loro indipendenza.

Con chi dunque farebbe la pace separata la Germania ? Con una parte della Russia, colla parte più povera, la più disorganizzata ; e con un Governo che comincia ad ammettere spontaneamente la. sua fragilità.

Ecco perché la Germania tenta, attraverso il viottolo massimalista, di sboccare nella grande strada della " pace generale». Ma la Quadruplice Intesa è ben d ecisa a non farsi mistificare dalle formule gènerali. Formule simili a vasi che tutto possono contenere. E difatti, mentre non contengono che vuote parole per ciò che riguarda i 6ni di guerra, le mille volte proclamati dalla Quadruplice Intesa, sono invece dura mente esplicite p er ciò che interessa la Germacia. Ne consegue che la Quadruplice Intesa non può che adottare il punto di vista della Francia, espresso dall'on. Pichon in questi chiari termini :

« Il giorno in cuì saremo direttamente oggetto di una proposta di pace la esamineremo..•. ».

La manovra tedesca è già sventata, ma ai fini della resist enza morale delle nostre popolazioni, è bene che l'episodio sia chiuso sollecitamente con una solenne dichiarazione dei Governi alleati. Non bisogna fare il gioco della Germania, çhe cerca di turbare il « monùe » dei popoli, facendo di tempo in tempo balenare agli orizzonti la p ossibilità della pace, e ne approfitta, intanto, per preparare nUovi colpi niilitari. Agli Stati Maggiori il compito d i « parare» in t empo utile le nuove minacce e ai Governi l'altro compito non meno essenziale di ann ullare le possibili ripercussioni d'ordine spirituale delle offensive «pacifiste» di Panteutonia, dimostrando che se la guerra continua, non è già p er un capriccio di uomini, ma per una dura necessità, poiché il dilemma di oggi non t cambiato da quello di ieri ; o la libertà colla vittoria, o la schiavitù - politica, morale, economicacolla d isfatta. M ,

Da 1/ P opolo d'll4iii:t, N. 1, 1 gennaio 19 18, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N . 2, 2 gennaio 1918, V, con il titolo: E111r1111do ntl 1918.

RAPPRESAGLIE !

La voce è oramai unanime I Anche giornali che non militano certo all'avanguardia dell'inter. ventismo, come ad esempio la TribHna di Roma, sono co n n oi. I feroci bombardamenti di Padova impongo no la rappresaglia. Intendiamoci.

Le rappresaglie possono, dèvono essere di due specie: militari e non militari. Sul modo e il te mpo delle prime, noi non entriamo. È il Comando Supremo che deve decidere. Noi ci limitiamo ad atten~ dere un comunicato Diaz che ci dia notizia di un buon bombardaffiento di una qualche città tedesca. Ma c'è un altro ordine di rappresaglie che noi invochiamo e da un pezzo : l'arresto e l'internamento di tutti i sudditi nemici che in cuor l oro gioiscono delle stragi compiute in Italia dai loro compatriotti, e la confisca dei loro beni. Un deputato che non è fra i più accesi, l'o n. Ruini, ha posto ancora una volta il problema dinanzi al Governo. Tutti, tutti si domandmo che cosa si attende. I barbari ci assassinano donne e bambini~ ci ·devastano interi quartieri di città, e noi li trattiamo ancora da « ospiti» non da nemici. I barbari ci saccheggiano e noi continuiamo ad avere i l più sacì::o dei rispetti per le loro proprietà (.... 6 righe di mu11ro).

Il Fascio padà.mentare di difesa· n azionale n on deve dare segno . di vita soltanto a Camera aperta, m a anche quando il Camerone è chiuso.

I 1 5z deputati fascisti - dinanzi al ·ripetersi d elle stragi feroci di Padova d evono chiedere e imporre al Governo l'unica· politica possibile e degna di una nazione : quella delle rappresaglie.

Altrimenti bisognerà pensare - con infinita tristèzza I - che il Governo consegna alle bombe del barbaro le popolazioni inermi delle nostre città.

Basta coll'umanitarismo, dal momento che esso giova soltanto ai criminili I

Da Il P-o/)(tio d'Italia, N. 1, 1 gennaio 1918, V.

GLI ITALIANI PEL « POPOLO •

Sottourizione iniziata per impulso spontaneo dei lettori il 20 /11glio 1916.

Somma racco/la nel 1916 L. 17. 0·11,80.

Somma rafco/ta nd 1917 · L. 11 4. .2;1,70.

Nel 1918

Iniziamo la sottoscriUone dell'anno nuovo. Meglio e più esattamente, Sono i nostri lettori, i nostri amici fedeli che ci seguono - fiduciosamente - da ormai quattro anni; sono i nostri abbonati che iniziano - colle loro offerte spontanee - la sottoscrizione del 1918. N oi non esalteremo le cifre dell'anno ch'è finito. La profonda sig nificazione « morale» di quel totale, è evidente Non ci si accusi d'immodestia, se diciamo ch'è un fatto assolutamente n uovo nella sto ria del giornalismo italiano e nella n ostra v ita po litica nàzionale, un'attestazione cosl vasta, cosl grandiosa, cosl ta ngibile di solidarietà con un giornale che non è organo di nessun partito, di nessun gruppo, di nessuna chiesuola, perché è un giornale « personale» del quale rfaponde - nella sua qualità di fondatore e di dir ettore - un uomo solo : quello che traccia queste poche linee di preambolo. Siamo commossi e un po' orgogliosi. Abbiamo attraverso queste cifre, attraverso le parole affettuose con le quali i nostri amici accompagnano le loro . offerte, attraverso mille altre m anifestazioni - la sensazione precisa, la certezza consolante, che il n ostro lavoro non va perduto ; che questo nostro sforzo ·quotidiano e appas- · sionato per contribuire alla formazione di un'Italia più grande e di ·un mondo più libero, è riconosciuto e apprezzato ; che le nostre idee e tutta l'cstrinsecaz.ione pratica delle nostre idee trova consensi sempre più diffusi e simpatici. E comprendamo anche il significato di questa solidarietà. Essa ci indica una direzione. Ci grida : Bisogna continuare I Non stancarsi I Non dare tregua. I Il buon lavoro non manca I Certo : cd è l'impegno che ooi prendiamo verso noi stessi e verso gli altri. ·si dice che ì giornali siano un' arma. -Non tutti.

Molti sono ua foglio di cana o un sacco di notizie. Molti altri, un'arma sl, m a da rigagnolo.

Questo è e vuole essere, in"."ecc, una bella spada castigliana - temprata al fuoco dei nostri amori e al ghiaccio dei nostri odi -e piuttosto che vederla arrugginire; la spezzeremo nell'impeto di una bu ona battaglia. E avanti, la bella brigata libertaria del Popolo d ' I talia I

Da Il Popolo d'llalia, N, 1, I g ennaio 1918, V.

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