17 minute read

DOPO IL DISCORSO DI LLOYD GEORGE

« LA SANTITA DEI TRATTATI »

Quando Llo yd George pone tra i fin.i di guerra della Quadruplice Intesa e, in primo luo'go, (< la reintegrazione della santità dei trattati )>, egli non fa che continuare la direttiva generale e ideale della politica ing]ese da oltre un secolo a questa parte. È menzogna che La « fedeltà» sia la virtù· dei tedeschi; ma è indiscutibilmente vero che « la lealtà », il rispetto ai patti e agli obblighi liberamente e consensualmente assunti, è una delle qualità dominanti del carattere inglese. Tutti gli uomini di Stato-inglesi, che si sono succeduti al potere dal 1914 ad oggi, hanno nelle loro manifestazioni pubbliche additato nella brU:tale violazione della neutralità belga il motivo fondacrl.entale dell'entrata i n guerra dell'Impero britannico.

Advertisement

Il 18 settembre del 1914 - quel tempo ci.sembra oramai infinitamente lontano I - il premier inglese di alloraJ Asq uith, i n u n discorso pronunciato ad Edimburgo, cosl si esprimev:.i. :

« Noi siamo eolrali in guerra, in primo luogo per rivendicare la santità dei trattati e tutto ciò che si chiama diritto d elle genti; in secondo luogo, per assicurare e salvare l'indipendenza deg li ,Stati indipendenti, ma deboli e piccoli, dalJ"usurpaziooe e dalla·violenza dell a for:r:a bruta; in terzo luogo per opporci - come noi. crediamo che sia nell'interesse non solo del nostro imp('tO, ma della civiltà in senso lato - ,1(l'an ogante pretesa di una singola potenza di dòminare lo sviluppo dei destini di Europa».

I fini di guerra esposti l'altro giorno da Lloyd George sono contenuti - in sintesi - in questo discorso vecchio oramai quattro anni.

Ma come la politic:.i. di Lloyd George si ricollega a quella di A squith, cosl nel disco rso che abbiamo sott"occhio, pubblicato ndla collezione dei War rpeechts by Britùh Mini.rier a pag. 2.6-2.7 (London, T. Pischer), Mr. Asquith cicongìunge la sua politica a quella dei suoi grandi predecessori : Pitt e Gladstone. Fra tutti gli uomio.i che presiedettero ai destinì dell'Inghilterra, il meno bellicoso fu certamente Pitt. Per tre anni; dal 1789 aJ 179:i, egli si rifiutò d'int ervenire in qualsiasi guisa nelle faccende rivoluzionarie di Francia e nella guerra che ne derivò. Nel febbraio del I 79z, io un memorabile discorso alla Camera dei Comuni, Mr. Pitt garantiva quasi, per almeno venticinque anni, .il regime di pace per gli inglesi. Che cosa lo condusse, dunque, poco tempo dopo, alla guerra? Traduciamo il discorso di Asquith :

« Per duecento anni le grandi Potenze di Europa avevano garantito all'Olanda l'esclusiva navigazione nella Schelda. La Francia, dopo aver inva.so quei territori che oggi costituiscono il Belgio, come primo atto di ostilità contro l'Olanda, dichiarò aperta e libera Ja naviga2ione sulla Schelda. Il nostro interesse nella questione era allora, come oggi, relativamente piccolo e insignificante. Ma quale fu la condotta del pacifista Pitt? Io - continua Asquith - riporto le parole testuali da lui pronunciate nel 1793 puché sono applicabili alle contingenze attuali.

« Pitt disse: "L'Inghilterra non consentirà mai che un'altra potenza s'arroghi il potere di aMullare a suo piadfl'lfflto il s istema politico europeo stabi lito da trattati solenni e garantito dal consenso d elle Potenze ".

« Anche Gladstone era un pacifista fervente e c.onvinto; ma sentiva così pro· fondamente la santità dei trattati che nel 1870 prese impegno tanto colla Francia come colla Prussia di entrare in guerra con uno dei belligeranti, se l'altro avesse violato Ja neutralità del Belgio. E dieci anni dopo in un discorso egli poteva dire: " Se noi fossimo entrati in guerra - come eravamo pronti a fare - noi saremmo entrati in guerra per la libertà, per il diritto delle genti, ·per salvare il genere umano d a un potere illegale e tirannico, Questa, o signori, è ciò che io chiamo una buona causa " ».

Gli scettici e gli amici della Germania che sono rimasti al luogo comune della <( perfida Albione » diranno che questo rispetto ai trattati una verni.cc che nasconde ragioni più contingenti e prosaiche e sostanziali. Ma sta di fatto che questa politica non è una politica d ell'ultima ora, una politica di ripiego, ma rappresenta una grande tradizione secolare, Sta di fatto che per questa politica l'Inghilterra ·entrata nel g rande conflitto cd è certo che l'Ingh.ilterra non 4cporrcbbe le armi, nella dannata ipotesi che la Germania, p ur accettando gli altri fini di guerra, respingesse quello che in una forma o nell'altra deve riconsacrare il rispetto e la fede ai patti giurati.

Il discorso di Lloyd George, che tutta la stampa - anche qudla dei nOstri disgraziati estremisti del socialismo ufficiale - deve, per forza, giudicare come un discorso non oltranzista, ma piuttosto « conciliazionista », è importante anche perché sfata. un'altra delle menzogne più grossolane e per ciò stess~ assai diffuse, Quella cioè che sia il Governo inglese che vuole la guerra per la guerra, la guerra di distruzione per la distruzione, la g uerra d'impoverimento del continente europeo. Uno dei motivi della propaganda dei nostri bochei non appunto quello dì mostrare alle loro turbe un'Inghilterra assetata di sangue francese e italiano, più ancora che tedesco ? Or _ ecco che la voce del- l'Inghilterra, attraverso le parole del suo primo ministro, pur essendo dignitosa e ferma, come si conviene a chi sa di possedere la forza e la ragione, non è ripulsiva e negativa a priori, nel caso che gli lmperi Centrali - abbandonato il concetto della « carta di guerra » - accettassero quel «minimo » di condizioni che Lloyd George h a enumerato e senza d elle quali è pregiudizialmente impossibile oltreché umiliante parlare di pace.

Dietro Lloyd George c'è oggi - in una unanimità impressionante che va da lord Lansdowne, quello della famosa lettera, al laburisu Hende rson - tutta l'lnghilterra, e coll'Inghilterra tutto un Impero, sul quale non tramonta mai il sole. E coll'Inghilterra stanno la Francia, l'Italia, gli StaÌ i Uniti e altre tredid nazioni che for mano tutte insieme un mondo, un complesso formidabile di energie. Come dubitare che - resistendo e combattendo - la pace di domani sarà quella che noi vogliamo?

Da Il Popolo d' I talia, N. 8, 8 gennaio 19 18 , V. Pubblicato anche su ll'edizione di Roma, N. 9, 9 gennaio 1918, V.

INTERNAMENTO O VILLEGGIATURA ?

V eramente, noi n o n ci sia mo m ai illusi. La nostra spera nza che il G o verno facesse una b uona volta sul serio era turbat a d al d ubbio de l.. .. viceversa. A bbiamo a t t eso il decreto luo go tenenziale ; ci siamo d ile ttati alla lettura delle notizie ch e c i giungev ano d a R o m a , sui presi o m in accia ti ptovved imcnti « d raconiani >> contro i suddi ti nemici, ma oggi, malgrado il caso d ella vecchia tedesca residente da ben sessantotto anni a N ap oli e i nte r nat a, siamo più f e r"m.i ch e m ai n ella nostra melanconica certezza che non si è fatto e non si fa niente d i ·serio .

A nzit ut to che cosa dcv; in tendersi per « internamento» secondo le t avole giuridiche e la «p ratica>> degli altri paesi in g uerra ?

L' in ternamento è una misu ra che partecipa del «co nfi no» ·e del « domicilio coatto », con t utte Je ag gravanti che lo stato di g uerra impone.

Vi è « internamento )> qua ndo i sudditi degli Stati nemici vengono raccolti in determi nate l ocalità e ·sottopo_sti a una vigilanza speciale.

L'internamento è u na for ma di prigionia. Invece di essere enfermé i n una cella, l'internato è ch iuso in una baracca, ln un campo, cint ato e vig ilato ed è sott oposto a un regime u niforme d i vita . ·

Q uello che ci è stato annunciato come l'internamento d ei sudditi nemici, che è e che cosa i nterna ? Vediamo: i. I Sudditi nemici, invece di ess·ere raccolti in alc uni campi baraccati, e la cosa cÌ:a facile, d ato che il numero d egli internandi no n supera - si dice - i cinq uemila, hanno a loro disposizione, per la scelta del l o ro d o micilio, ben quattro prov incie.

- 2, Continueranno ad avere contatto colla popo lazione civile, il che fa mancare ai suoi effetti pratici l'internamento s tesso e potranno continuare tranquillamen te nelle loro abitudini dì vi ta, magari all'h61, t.

~· Poiché g li internati -anche per il fatto dei locali disponibili -d ovranno disseminarsi in t utti i paesi, si r enderà mo lto più difficile e o nero so il ser vizio di vigilanza.

4. Ma poi che razza d 'inte rnamento è quello che permette a un p rof. Beloch di trasferirsi da Ro ma a Siena o di un Sigismund che mentre continua a tenere aperto il suo negozio di Milano se ne va a curare la succursale di Torino e di infiniti altri, che a Milano, a Firenze, a Tradate,- a Bergamo no n si muovono e Se ne vantano ?

Si pàrli tutto al più di un « divieto di soggiorno », ma non di « internamento)), a meno che non si voglia gettar polvere negli occhi agli imbecilli, fra i quali, noi, modestamente, non ci contiamo.

EppU[e la soluzi~ne del problema era ed è semplice.

Dopo la giornata di Caporetto, presa finalmente la decisione d'internamento per tutti i sudditi nemici, si doveva dare incarico al Genio Civile di costruire in tre o quattrq località remo te e adatte una cinquantina o più di baracche, cintate da reticolati di filo di ferro, e in quelle - venuto il momento - si sarebbero raccolti tutti i sudditi nemici, uomini e donne.

Cosl ha fatto l'Austria coi n ostri connazionali. Ma - ahimèi nostri internati in Austria sono operai, gente del popolo, povera gente ; mentre i sudditi nemici da internare in I talia sono, in gran parte, signori e signore d'alto bordo, professori, negozianti, banchieri, albergatori. Come si fa a condannarli - poverini - alla vita della baracca?

Le misure adottate dal Governo dell'on. Orlando non ci soddisfano: •

1 ° perché invece di un decreto d'internamento. siamo dinanzi a un semplice « divieto di soggiorno » ;

2.0 perché questo divieto di soggiorno non è generale in alto e in basso, ma tollera una infinità di eccezioni.

Siamo ancora al sistema disgraziatissimo delle « cose fatte a metà». Quanto alla confisca dei beni dei sudditi nemici siamo sempre in alto mare. Vedremo se si oserà di porre finalme nte la mano sU questi cinque o sei miliardi che rappresentano in Italia il frutto della pacifica e v io lenta quarantennale rapina dei bocha.

D a li Popolo d'llalia, N. 9, 9 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 10, 10 gennaio 1918, V.

Il Motivo

Si nota, dicono le cronache romane, un improvviso risveg lio dell'at tività parlamentare. La Camera non si riaprirà che all' 8 o 9 febbraio, quindi il movimen·to che ci viene segnalat o da Roma non è quello, solito, di ogni vigilia di sessione. È un m ovimento improvviso, che ·ripete le sue cause, in altro o rdine di fatti. E qua.li sono dunque i motivi, che hanno spinto, ad esempio, l'o n. Cocco-Ort u, a convocare lo stato maggiore dell'Unione parlamentare e il Gruppo parlamentare di Caporctto a ìndin: due riunioni;- una delle quali colla Direzio n e lazzaresca e colla Confederazione del lavoro ? Che cosa c'è di nuovo ? All'interno d'Italia, p oco o niente. L'avvenimento politico più importante è d'ordine fin anziario: il quinto prestito nazionale, ma l ' armeggio dei sodal-g iolitti ani non può esser.e messo in r elazione co l prestito. Questa ripresa anticipata ddl'attività neutralista dei nostri « seimila )) è in relazione co l discorso di Llpyd George e precisamente con quella parte del discorso che riguarda il destino del1'Austria-Ungheria.

È da ricordare che i neutralisti italiani vagheggiano u na pace di transazioni e d i accordi coli' A ustria, magari sulla base d el risuscitato <C parecchio » che, oggi, coi tedeschi sul Piave, è più « p arecchio >) di ieri. Ma la prima condizione per fare questo genere di p ace coll'Austria è che ci sia un'Austria. Ecco perché le parole d i L loyd George sul non smembramento dell'Austria hanno fatt o trasalire cli gi oia i nostri t riplicisti.

Il discorso di Lloyd George esclude dunque a priori e in tesi assoluta lo smembramento dell'Austria? Vedremo d o mani ·che cosa significa, in concreto, smembrare o n on smembrare l'Austria-Unghe ria ; per oggi limitiamoci ad osse rvare che è per lo meno inesatta l' interpre tazione che di quel brano del discorso di Lloyd George hann o d a to gli amici italiani di Gernin. Il Time1 dichiara che « i patti offerti , da Lloyd George alle due Pote n ze : Austria-Ungheria e Turchia, sono s traordinariamente favorevoli, m a essi dipendono completamen te dalla piena onestà e pronta accettazione delle condizioni ch e li accomp agnano. Se questa accettazione n on è immediata, l'o fferta scade e il discorso rimane ciò che lo giudica l'opinione americana, do~ un n otevole dn- for20 alle energie che combat tono ·per la pace vitto riosa ». Ora, che l'Austria-Ungheria abb ia in a nimo di accettare pieM111t11te, onestamente e prontamente i patti offerti da Lloyd Georgc, è da escludere e basta leggere i primi commenti dei giornali per convincersene Vienna può essere transigente ad oriente, verso i russi, ma è irriducibile ad occidente verso gli italiani. C'è un « mai » di Czernin per Trieste, che fa il paio co n il « mai>> di KU.hlmann per Strasburgo. Ma questo n o n disarma i nostri neutralisti. Il loro gioco consiste nell'imporre all'Italia una politica di rinuncie, di tutte le rinuncie pur di otten ere la pace. Tra i seguaci di Cocco -Ortu e quelli de!l'on. Modigliani sono moltissimi quelli che sognerebbero u na pace che ci riportasse all' Iudrio . È la tristissima verità ben n ota d'altronde ai n ostri nemici. L 'Unio ne parlamentare muo v e nuovamente all'attacco co ntro la politica di Sonnino, che è accusato -di soverchie intransigenze nei confronti d cll'Austria. Pet q uanto concerne il nesso statale austro-ungarico, n oi sappiamo che l'o n. Sonnino non ha mai parlato d i «smembramento», ma questo non basta ai neutralisti social-g iolittiani. Costoro vogliono condutre l'Italia a rappresentare nel sen o della Q uadruplice Intesa e nei rigu ardi dell'Austria l'elemento pronto a tutte le transazioni, a tutte le condiscendenze.

I social-giolittiani v ogliono che i n ostri fini di guerra siano riveduti e ridotti al m inimo, e questo minimo potrebbe co nsistere in un ritorno allo sta/11 q uo ante o in qualche trascurabile rettifica di frontiera, che r Aùstria ci elarg irebbe, come una elemosina mortificante, e che ci lascerebbe anco ra - st rategicamente, politicamente e moralmente - a1la mercé d egli Absburgo. E poiché si pensa che Sonnino sia rimasto ostinatamente ai p atti di Londra, i quali garantiscono il co mpimento d i quelle rivendicazioni che Lloyd George ha chiamato « esseru:iali », ma che per i nostri neutralisti son o invece affatto seconda rie, cosi costoro d irigono nuovamente la loro manovra contro il ministro d egli Esteri Uno dei capi d ella Unione parlamentare non disse - in modo da essere udito - uscendo dall'ultima seduta del Comitato segreto queste rivelatrici parole: questa v olta abbiamo silurato Cadorna, quest'altra volta silureremo So nnino? Naturalmente la caduta di Sonnino provocherebbe la crisi generale del Ministero. Le speran2e e l'audacia degli « unio nisti » non sì spingono sino a varare per la successione l'uo mo dagli obliqui con tatti che riceve in questi giorni gli orru.ggi cordiali e calorosi della stampa nemica. Si p ensa a un interregno, durante il quale dovrebbero maturare quegli avvenimenti, che renderebbero a u n dato momento possibile il ritorno dell'« esule»

Un articolo della Stampa i ntitolato sintomaticamcnt e Gli 1KJmini li compito del Fascio parlame ntare di difesa nazionale è seg nato e anche chiaro e imperioso è il dovere degli elementi interventisti del Paese.

, i mezzi rivela i piani e i progetti ambiziosi del superstite neutralismo italiano.

Qui non è question~ di Sonnino o di 'anti-Sonnino. Siamo molto lontani, noi, da ogni forma di feticismo personale. Ma gli è che sj vuole sostituire Sonnino, non già in causa della sua parsimonia di parole, ma per cambiare l'indirizzo da lui impresso alla nostra politica di guerra nei confronti specialmente dell'Austria-Ungheria ; si vuol cambiare Sonnino, perché si crede stoltamente che un altro ministro degli Esteri possa realizzare più sollecitamente la pace, la pace di compromesso e di t ransazione ; si v uol sostituire Sonnino per preparare - attraverso mille manovre insidiose di stampa e di parlamento e di banca e di chiesa - la Nazione alla rjnuncia delle nostre rivendicazioni adriatiche. diciamo la parola. alla rinuncia di Trieste. di Fiume. della Dalmazia. all'accettazione della partita nulla.

Questi gli obiettivi mediati e i mmediati della manov ra che rico• mincia dopo la brevissima tregua.

Da J/ Popolo d'Italia, N. 10, 10 gennaio 1918, V . Pubblicato anche .sull'edj. 2ione di Roma, N. Il, Il gerinaio 19 18, V.

Programmi E Formule

Il messaggio di Wilson, venuto immediatamente d opo il discorso di Lloyd George, è un altro episodio di quella controffensiva diplomatica che deve paralizzare gli effetti del falso pacifoÌldaismo austrotedesco. Accettiamo, nel complesso, il discorso del Presidente e l'accettiamo anche nella parte che riguarda le aspirazioni dell'Italia. Llo yd George aveva detto testualmente:

« Conside riamo come essenziale la soddisfazi.one delle legittiène rivendicazioni deglì icalian i che vogliono essere uniti ai loro fratelli di stirpe e di lingua ».

Wilson ha detto :

« La s istemazione delle frontiere dell'Italia dovrà essere effettuata second o le linee di naziona lità chiara.mente riconoscibili ».

La _formula adottata dal Presidente appare a ptirna vist a un po' vaga, ma esaminandola più da vicino e interpretandola nell' unico senso possibjle, si può concludere che in essa sono contemplati i nostri sacri imprescrittibili diritti Wilso n dichiara che « le frontiere dell'Italia devono essere sistemate ». E in ciò è il riconoscimento solenne deUa necessità della n m;tra guerra. Le frontiere del 1866 ci mettevano in ·una condizione di cosl evidente e avvilente inferiorità di fronte all'Austria, che n on si può ammettere - senza la piena e confessata disfatta - un ritorno puro e semplice allo stato di prima. Ammesso, dunque, come una specie d'imperativo categorico> che le nostre frontiere devono essere sistemate, resta il problema del «come» deve avvenire quèsta sistemazione j il problema dei criteri da seguire, perché questa sistemazione sia giusta e - possibilmente - definitiva. Per tale sistemazione si devono seguire criteri prevalentemente geografi.ci o storici o etnog rafici o strategici ? Wilson risponde che « la sistemazione delle" nostre frontiere deve essere effettuata secondo le ~nee di nazionalità chiaramente riconoscibili ».

J;Junq ue : in base al principio di nazionalità che tale sistemazio ne deve avvenire. Ma la « nazionalità n una risultante di molti dementi storici, linguistici, culturali, religiosi, geografici, morali. Per fortuna,. le lince di nazionalità sono tali verso le nostre frontiere, che in esse sono comprese tutte le città e i te rrito ri che formano il nostro programma di rivendica:zìone nazionale.

Si capisce che tracciando le linee di nazionalità non bisogna tener conto soltanto del presente, ma anche del passato, perché la nazionalità dev'essere rivendicata e liberata, anche e soprattutto dove era minacciata di annientamento d2lla sopraffazione violenta d i altre razze immigrate o dalla denazionalizza.z.ione artificiosa di uno stato nemico. Per fare un esempio, la linea d ella nazionalità italiana non può essere - per quel che riguarda il Trentino - la linea di Salorno, che rinchiude una zona unilingue, ma anche l'altra che [va] sino a Bressanone (zona bilingue-Alto Adige) o - il che risponderebbe a una nostra suprema necessità di sicurezza - la linea geografica dello spartiacque al Brennero. Le linee della nazìonalità italiana sono, per fortuna, chiaramente riconoscibili, malgrado tutte le mistificazioni degli imperialisti · jugo-slavi.

Mr. Withney Warren, che vediamo molto citato in questi g iorni in Italia a proposito di certi suoi scritti, stampati. su l' Homme libre, ci manda il suo volume, pubblicato presso la Rmaù.rante di P arigi, che porta per titolo: Lu jurtes revendi.alions de l'ltalie.

Si tratta di un eminente concittadino di Wilson, di un membro dell'Istituto, di uno studioso, cui non fa velo, nell'esaminare i problemi di nazionalità, l'amore che sente per l'Italia.

Il libro di Withney Warren è molto importante. Le giuste rivendicazioni dell'Italia comprendono Trento, Gorizia, Trieste, Piume, Zara. Nessun dubbfo che queste città rientrano nelle « linee di .nazionalità)> italiana di cui parla Wilson. Il Warren esamina ad una ad u na le nostre rivendicazioni e ne stabilisce la legittimità. Fa bene sentir dire certe cose da un americano . ·

Il Trentino - dice Warren a pag. 11 - è italiano per tutte le ragioni che possono decidere della nazionalità di un territorio. Non una manca: il Trentino è -:manifestamente il complemento della. penisola italica; la lingua che vi si parla è !"italiana; la razza che lo popola è romanizzata da duemila anni ,..

Quanto a Gorizia e al Goriziano, il Warren ricorda fra l'altro che sin da tre secoli fa l'imperat o re Leopoldo riconosceva la piena italianità della città, scrivendo che <( il paese, il clima, il fatto anche di non sentire altro linguaggio all'infuori dell'italiano», lo obbligava a scrivere in italiano. Malgrado l'immigraiione slovena, il carattere italianissimo di Gorizia facilmente riconoscibile.

Quanto all'italianità dell'Istrja, che era romana duecento anni prima di Cristo, n essun dubbio è possibile Gli slavi apparvero in Istria verso il ] X secolo, quando l'impronta romana aveva già mille anni. Si trattava di contadini che non riuscirono mai a determinare una civiltà slovena.

« Che cosa c'è - si domanda Wam:n - di più italiano di Capodisttia,. di Pirano, di Parenzo ? Dove si t rovano i segni dello slavismo ? a l'Italia stessa che vi si respira : l'ltalia di Roma e di Venezia. Tutta la costa è latina, popolata della razza Ial ina, la lingua che vi si parla è l'italiano. li progresso dello slavismo alrintcrno, dal 1797 e soprattutto dal 1866, è dovuto a u n disegno artificioso di politica austriaca, che ha incoraggiato con violenza tutto ciò che poteva opporsi alla civiltà italiana».

L'Istria rientra, dunque, nella linea di nazionalità italiana. E con l'Istria, Trieste.

4( Che T r ieste sia tutta italiana - dice Warren - è indicato dal censimento, con una evidenza che niente può alterare. Il censimento del 1910, " lavorato" a Vienna, dava presen ti a T r ieste 118 9'.59 italiani, 29.439 r~nicol i, contro 11 .8'.56 tedeschi, 56.916 sloveni e 2403 serbo-croati».

Ma Warre n avyerte che l'aumento degli sloveni è ·dovuto a un fenomeno di immigrazione artificioso

« Dal 1866 lo slavismo divenuto nelle mani dell'Austria lo strumento denazioaalizzatore delrl stria, di Trieste, di Gorizia...

« Ma da. dove vengono - si domanda Warren - questi sloveni dei quali non vogliono riconoscere l'esistenza o gli interessi, ma limita.re la zona d'esten· sione e subordinare l'infiuenza, relativamente recente sul litorale, àll'influenza millenuia d' Jtalia? Vengono dalla Carniola, dalla Stiria, eia.Ila Carinzia là.~ il loro focolare II loro centro è Lubiana, non Trieste Non appartiene a loro il territorio sul quale si' sono distesi.... ». · o:: Niente - dice Warren - riesce a togliere a Fiwne il suo carattere e la s ua fisionomia italiana»,

Anche Fiume entra nella (( linea di nazionalità» italiana.

Sopra un territorio di .u kmq. vivono 2.6 mila italiani, u. mila slavi e 6400 magiari. ·

« Si spiega - afferma Warren - come la monarchia degli Absburgo non abbia mai saputo definire esattamente se la città è ungherese o croata: t,n-•hl ? itaUana ,,_

Quanto alla Dalmazia, ecco come si esprime il Warren.

« Qualunque sia il loro numero, gli italiani cli Dalmazia SOflO i proprietati autoctoni della regione e ne sono legittimamente i padroni.... L'Austria ha favorito, anche e soprattutto qui, lo s lavismo, ma Zara e Spalato sono rimasti inespug:nt.bili baluardi d'italianità Ho visitato le città della costa, vi ho soggiornato. Ho trovatò a Zara, Sebenico, Ragusa la stessa atmosfera che di fronte ad Ancona, nelle Marche, · nell' Umbria, atmosfera unica e che non· si può confondere con nessun'a ltra ».

La formula wilsoniana delJe linee di nazionalità chiaramente riconoscibili è Ja consacrazione luminosa dei diritti dell'Italia. E si può facilmente prevedere che oon sarà accettata dallo Stato austriaco, perché esso rappresen~, d al 181,: ·ad oggi, la negazione del principio di nazionalità.

D a Il P opolo d' [Jalia, N . 11, 11 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 12, 12 genn_aio 19 18, V.

This article is from: