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DISCUSSIONI
L'Unità reca nel suo ultimo numero un articolo di Gaetano Salvcmini in polemica con noi per ciò che abbiamo scritto in questi ultimi giorni sulle questioni che ci dividono dagli slavi del sud. D ice Salvem.ini :
« Volere, come fa Mussolini, la Dalmazia e volere lo smernbnmento del1'Austria, una contraddizione in termini. Chi vuole la Dalmazia deve volere che gli ,lavi del sud rtitino divisi ».
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Adagio. Precisiamo.
Anzitutto non inutile ripetere quello che su queste colonne stato detto più volte, che cioè per noi le questioni d'indole territoriale hanno un valore più o meno donùnante a seconda che la soluzione di esse, in un senso o nell'altro, garantisce o meno u n periodo più lungo di tranquillità fra i popoli. Questo si spiega quando si ricordino i « movimenti)> ideali del nostro interventismo. Siamo stati certo fra i primi a rilevare che. dopo la rivoluz ione russa e l'intervento americano, le questioni d 'indole territoria le che di videvano gli Stati sembravano passare in seconda linea davanti a.i fini generali di guerra, arbitrato, disarmo, ecc. Ma ecco che a Brest-Litovs k le questioni d'indole nazionale tornano al primo piano, perché <Qnditio sine q11a non al libero disporre di se stessi, è che si sia liberi da ingerenze o dominazione straniera. Qui c' è una vera e propria contrad~ dizione in termini. Per esemplificare : i popoli della Curlanclia, della Lituania e dell' Estonia, come potranno disporre di se stessi, se saranno mutilati o oppressi dal punto di vista nazionale ? Condizione dunque pregiudiziale perché le nazioni nell'Europa di domani Vadano d'accordo e il pericolo di nuove guerre sia eliminato, non è già di concertare in a nticipo arbitrati e tribunali, ma di sistemare nel miglior modo possibile le nazioni stesse.
I problemi d'indole. nazionale hanno ancora un'imporu.nza assai grande, in questo t erzo tempo della guerra europea. Ma noi non voglia.mo sopravalutarla. Non vogliamo vedere la guerra, qu~ta guerra, soltanto sotto la specie dei fini nazionali da raggiungere, ma - non astraendo da questi e in armonia con questi - vogliamo a.ffermarc - se p ~ssibile - e « realizzare » il senso della guerra nei suoi fini che vanno al di là degli interessi di una nazione sola, per comprendere quelli dell'umanità. Dato questò nostro stato d'animo, questa nostra orientazione mentale, noi siamo sempre pronti a ri vedere, a ristudiare certi problemi oggetto di controversia, poiché non abbiamo verità ri velate o dogmi . che ci leg hino a perpetuità.
Il nostro punto di vista circa il problema italo-a~striaco, in questo momento, si riassume nei capisaldi seguenti : z. Per ottenere questo scopo - essenziale, perché provoche. rebbe immediatamente il crollo della potenza militare di Mitteleuropa - è ·necessario « far leva» sulle nazionalità oppresse dell'interno, su quei venti milioni di czcco-slovacchi, serbo-croati, sloveni, romeni, ruteni, italiani, che anelano alla liberazione dal giogo degli Absburgo.
1. L'Austria-Ungheria non si può far « sa~tare >) dall' esterno, battendo solamente sulla sua corazza militare ch e è oramai germanica. La co mpagine militare a ustriaca ha superato crisi formidabili. Oggi è in balia della Ger mania. È ass ai difficile vibra re aUa dinastia bicefala un colpo tale - militarmente parlando - da pote rne determinare lo sfacelo dall'interno.
3. JJ braccio di questa leva dev'essere l'lta.lia. L'Italia deve mettersi alla testa di tutti << gli irredenti» dell'Austria-Ungheria. L'Italia deve affratellare questi irredenti per l'azione comune di oggi, che sa.rà una preparazione necessaria ed eccellente alla p acifica convivenza di domani,
4. Dal momento che un dissidio non ancora composto fra italiani e jugo-slavi impedisce l'avvento di questa v eramente santa alleanza di tutti i popoli anti-austriaci, oppressi dalla razza tedesca e da quellà magiara, è necessario tentare· di comporre questo dissidio, elaborando quelli che saranno i futuri accordi delle diplomazie, con intese dirette fra i popoli interessaci. La Democrazia Sociale Irredenta è in quest'ordine d'idee e sta organizzando un convegno italo-jugoslavo-czeco-slovacco.
E qui casca - secondo Gaetano Salvemini - la nostra conttaddizionc, « L'intesa italo-jugo-slava non è possibile finché voi vorrete la Dalmazia». E per illazione : senza intesa italo-jugo-slava, niente in.tesa e azione anti-austriaca di tutti gli irredenti, e senza quest'azione niente disfatta dell"Austria e relativo smembramento, e senza disfatta dell'Austria - lapalissiano - niente vittoria....
Va bene, ma dove l'amico Salvemini ha pescato che noi vogliam~ la Dalmazia? Noi non abbiamo énai sostenuto la tesi che il Salvemìni chiama « imperialista ». Mai. Sia detto, per la verità. In un primo tempo, e precisamente nel novembre-dicembre 1916, abbiamo sostenuto questa tesi : Dalmazia, o meglio litorale dalmata da Zara al Narenta. In seguito al Patto di Londra, noi ci siamo ralli!s a questa tesi : litotale dalmata da Zara a Traù. Come si fa a dire o nestamente -e parliamo a un galantuomo - che questo significa ptetendere la Dalmazia, quando si rivendica il diritto dell'Italia su di una sola città che è Z ara, e su un tratto di costa che non arriva, forse, ai 90 chilo me tri ? Insomma : se gli sloveni, i croati e i s erbi h anno diritto di no n essere italianizzati per forza, lo stesso diritto di non essere viole ntemente serbizzati o croatizzati lo hanno o non lo hanno anche gli ita liani c!elle città e dei villaggi lungo il litorale dalmata? Perché questi italiani esisto no. Diciamo : esisJono. N o n solo, ma rappresentano l'elemento indigeno. Saranno pochi: saranno 40 mila come pretendeva il goriziano Graziano Ascoli, oltre a 2.0 mila bilingui ; saranno 40 mila come_ calcolavano il Samminatelli e Pasquale Villari ; saranno 18 mila come pretendono le statistiche ufficiali austriache o 80 mila secondo a1tri studiosi ; ma, insomma, esistono; ma, insomma, Zara ha ·avuto un municipio italiano sino alla vigilia ·della guerra e altri municipi furono croatizzati per fot2a dall'Austria-Ungheria.
È un erro re, secondo noi, un grave errore reclamare tutta la D almazia, dal mare al displuvio delle Dinariche e da Zara alle b ocche di Cattaro , ma è altrettanto grave errore, dal punto di vista politico e morale, abbandonare al suo destino la « valorosa p opolazione del litto rale dalmata», come leggiamo in un documento riportato nello stesso numero d ell'UniJà .
Ciò ch'è serbo, sia dei serbi; ciò ch' è sloveno, sia degli slov eni ; ciò ch'è croato, sia dei croati; e se questi tre popoli riunendosi insieme vogliono poi associarsi coi serbi e coi montcncgrirù, noi non abbiamo nulla in contrario ; ma Gorizia, ma Trieste, ma Fiume, ma Zara. che sono italiane, italiane devono diventare, se si VU(?le" rispettare e attuare il « principio di nazionalità» per tutti i popoli.
Mussolini
Da Il Popolo d' ll.li.., N. 22, 22 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 24, 24 ~nnaio 1918, V.