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TORNA, TORNA GARIBALDI....

A -pòc~ a poco, con un movimento· che vorremmo più celere, sotto la spinta e la Ie2ione formidabile degli avvenimenti, la nostra guerra che si era «involuta» torna ad essere quale noi la .volemmo : una guerra di libertà per tutti i popoli oppressi. L'intesa anti-austriaca che l'opinione pubblica italiana ha già accettato - non . per niente noi siamo il popolo dalle intui,joni piU rapide I - si disposa oggi ad un altro avvenimento d'ordine militare: l'annuncio della creazione di un esercito garibaldino. È certo che ieri, quel telegramma che vecùva da Roma, ha «rimescolato» il sangue a. migliaia e migliaia di persone di ogni condizione, di ogni età. Ci avevano detto che l'epoca del « garibaldinismo » era inesorabilmente chiusa. Ci eravamo abituati alla macchia. Il tedesco ci vinceva perché noi non abbiamo fatto che copiarlo. La materia er:i tutto, lo spirito umano nulla. Si chiedevano dei cannoni, soltanto dei cannoni e non si pensava aUe anime. Si è visto, noi abbiamo visto, che la efficenza dei meni meccanici non basta ad evitare la disfatta, quando ci sia una deficema negli spiriti.

Fra Ulla ~ssa ,di automi e un'altra massa di automi, riporta vittoria la massa· più attrezzata e disciplinata; ma tra una massa bruta e una massa cosciente - anche quando ci sia sproporzione di numero, ma eguaglianza di mezzì - nessun dubbio che la massa cosciente sgominerà la massa bruta. La storia dei popoli si riassume in questo dinamismo universale. E che cosa hanno fatto, in questi ultimi tempi, gli strateghi che guidano gli e-serciti, se non rendere omaggio a_ questa verità colla creazione di reparti speciili di assalto, collo sceverare cioè dalla massa alcuni dementi « volontarionistici », elementi di urto, di dedizione totale al sacrificio? Tutti gli eserciti di tutti i tempi non hanno avuto questi g ruppi di volontari, quesii gruppi che dovevano fare, essere un « di più » degli altri ?

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lodubbiamcote alcuni procedimenti della guerra garibaldina non sono più possibili oggi : la camicia rosu è abolita, come sono abolite le t11lott,s rouge, dei francesi; ma il garibaldinismo non tutto nel panno di una uniforme, il garibaldioismo nello spirito con cui si affrontano i disagi della guerra, è nella volontà disperata di vincere

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVBGNO DI ROMA 291 per ~ui si va « alla. . morte » come « allo splendi~o convito » della canzone lcopardiaoa.

Noi abbiamo qui sul tavolo una grande busta che contiene le ade,. sioni mandate a noi all'indomani del nostro appello per la creazione di un'armata di vÒlontari, ·sono documenti del più vivo interesse psicologico. Nell'ora tragica e oscura di Caporetto, quando il nostro fante franava dalle Alpi al Golfo di Panzano, né si sapeva ancora a qual fiume si "sarebbe fermata la ritirata - anche qui l'anima ha celebrato la sua rivincita sugli automi che in nome della strategia volevano «camminare» sino·aU'Adige o al Mincio I - noi invocammo dal Governo un grande appello alla Nazione per la costituzione di un'armata di volontari. Noi avevamo l'intima certczz:a che la Nazione avrebbe risposto, anche se non si fosse rievocato il nome sempre luminoso e abbacinante di Garibaldi. Siamo lieti che il Governo ci abbia in un certo qual modo oltrepassati i siamo lieti che il Governo non abbia temuto - come avvenuto in altri tempi remoti e vicini in ossequienza più idiota dei bigottismi dinastici - di risuscitare il nome e la fiamma garibaldina. Per questo gesto di 4< spregiudicatezza » politica noi siamo pronti a riconciliarci col Governo attuale.

Nella nostra guerra, si sentiva che mancava «qualcuno» o « qualche cosa». Si en condannato Garibaldi all'ostracismo - in una guerra come questa anti-germanica. Eppure - lo diciamo colle parole di Alfredo Oriani, del grande. Oriani - Garibaldi, dimentico di Mentana, « in nome della storia latina, univenalc da tremila anni, era corso in Francia. a frenare l'ultima invasione germanica, opponendo agli eccessi di un popolo, fatto esercito cd impero per diventare nazione, la dem~ia repubblicana di tutte le nazioni d'Europa».

È in nome della storia latina che Garibaldi risorge suJle rive del Piave a. ricacciare l'ultima - vogliamo che sia l' ultima I - invasione germanica. Non ci sarà più l'« obbedisco » tragico che fermò le colonne rosse sulla strada di Trento L'esercito garibaldino formerà la massa d'urto e di sfo_ndamento, per la necessaria rivincita, perché, anche se ci offrissero l'Austria intera, la pace non può essere firmata sul Piave, Bisogna vincere. Finalmente nelle masse statiche, viene annucleato un elemento dinamico. Finalmente viene gettata nel gioco una carta il cui valore morale è immenso e non soltanto per noi italiani, La. formazione dell'esercito garibaldino offre la soluzione di un altro problema : quello della co~titw:ione di una legione c:zeco-slovacè:a.

C'erano, nel giugno 1917, 400 ufficiali e diecimila soldati prigionieri in Italia - d'odgine czeco-slova~ - che volevano a.rruolarsi nel nost;ro esercito. Gli scrupoli - in certa misura comprensibili - della Consulta, oggi non hanno più ragione d'essere. Gli czechi saranno orgogliosi di indossare la camicia rossa. Non è forse questa l'uniforme dei soJ:ol o società ginnastiche della gioventù di Boemia ? Italiani e slavi : unione annata dei popoli contro l'Austria.Ungheria; anticipazione o su"ggcllo di quell'intesa verso la quale si orienta la nostra diplomazia. ·

Un giorno, che non può, non dev'essere lontano, muoveranno all'assalto i battaglioni rossi. Gli austriaci, che da Gorizia al mare hanno conosciuto in undici battaglie l'impeto degli italiani, al balenlo vermiglio, si domanderanno : « chi è, chi è che viene ? » Voi lo conoscete. o tedeschi, non vi è ignoto, o magiari : è il vostro amico, o slavi che attendete l'ora di spezzare il giogo d'Absburgo. È Garibaldi che torna, Garibaldi.. ..

Ci sono, fra noi, in alto, dei vivi che sono troppo vecchi, per condurci a Trieste; è tempo di chiamare i morti che vivono a ncora e che guideranno la gioventll d'Italia, oltre l'ultima trincea nemica.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'Italia, N. 33, 2 fd,hraio 1918, V. Pubblicato anche sull'~i%.iooe di Roma, N. 3,, 4 febbraio 1918, V.

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