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LA TIRANNIA ABSBURGICA

« I GERMI DA SOFFOCARE >>

Se le parole hanno un senso~ quelle pronunciate al Parlamento ungherese dal Presidente del Consiglio Wekerle, dovrebbero disperdere tutte le residuali superstiti illusioni circa la capacità ·di rinnovamento in senso democratico, della monarchia danubiana.

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« D esideriamo - ha detto Wekerle - una pace onorevole fra gli Stati, ma non permetteremo mai che si seminino fra noi i germi dello sfacelo. N on possiamo permettere che gruppi di popoli in formazione alzino il atpo in modo distruttore: citi significherebbe, sotto la sonante parola di pace, scatenare 1a g aerra perpetua dei popoli. Noi rispettiamo i diritti popolari, dichiariamo lo stretto rispetto dell'ordine sociale e consideriamo nostro dovere soffoca.re j germi di tali sintomi distruttori. Ma sia prossimo l'avvenire che ci rechi il .wno d'ulivo della pace o sia n«essaria una ulteriore lotta, qut<StO noi certammte desideriamo: mantenere e rafforzare l'alleanza colla Germania come una fra le più efficaci garanzie di pace». ·

Questo discorso offre materia a vario o rdine di considera:zioni. Anzitutto, il Presidente del Consiglio ungherese ammette « ufficialmente» che nell'interno della Monarchia ci sono g ruppi di popoli in forma:ziooe. Finché la parola « formazione » si riferisce agli slavi del su~ ha un senso ; ma per gli czechi, n o , percb~ essi erano g ià stato e nazione nel 1 500 e da allora, pur cessando di essere « stato)), si sono sempre mantenuti « nazione » compatta e cosciente dei suoi destini. Questi popoli in formazione alzano la. testa in « modo distruttore », secondo Wekerle, e difatti gli czechi hanno dichiarato guerra alla dupliceJMonarchia.

Come l'Austria-Ungheria ri~pctti i « diritti popolari » è documen• tato nd discorso dell'on. Tresi6, discorso che molti. giornali riportarono soltanto ieri, mentre fu dato da noi due setti.mane fa. Che cosa pensi di fare l'Ungheria, nel futuro, lo dichiara esplicitamente lo stesso Wekerlc qw.ndo dice· che « soffocherà i germi di tali sintomi distruttori ». Il P residente del Consiglio ungherese addita con questa minaccia la strada buona alla Quadruplice Intesa : che è q uella di portare, il ·più rapichmente possibile, a maturazione i germi distruttori del mosaico austro-ungaricò. La riaffermazione di Wckerle sull'indissolubilità dell'alleanza colla Germania non può sorprendere chi abbia notato quale corrispondenza d'amorosi sensi ci sia fra Berlino e Budapest. Dopo questa dichiarazione solenne ed esplicita, si continuerà ancora a inseguire la chimera di una possibile separazione dei due Imperi Centrali ?

Riassumendo: 10 le nazionalità oppresse dai tedeschi e dai magiari alzano la testa ; z0 tcdcSchi e magiari sono diSposti a soffocare colla violenza i movimenti dei popoli aggiogati; ; 0 tedeschi d'Austria e magiari d'Ungheria riaffermano la loro solidarietà e quella dello Stato che governano colla Germania

Il discorso di Wckcrle t una dura mazzata per gli austro6li di Francia, d'Inghilterra, e - pur troppo I - anche d'Italia (lasciamo da parte gli Stati Uniti, che sanò troppo grandi e troppo lontani per afferrare subito il senso di certe crisi storiche e la neccs.sità di derer- . minate soluzioni), mentre è un appoggio a coloro - e sono moltissimi I - che in tutti i paesi alleati accettano e propugnano il programma massimo dello smembramento dello Stato austro-ungarico. Risparmiare l'Austria-Ungheria significa mettersi sotto i piedi il programma pel quale é scesa in campo la Quadruplice Intesa. Libertà per tutti i popoli I si disse cento volte Delle due l'una : o noi asse: gnN:mo a questa guerra obiettivi veramente democratici, e allora in contraddizione stridentissima con questi obiettivi è la conservazione di uno Stato che è - per la sua stessa intima composizione e natura - eminentemente antidemocratico ; o si vuole che la g uerra sia dominata dai criteri « metternichfani » della pura e semplice « ragion di stato», e allora facciamo pure ponti d'oro a U' Austria-Ungheria; conscgnamole pure, perché li martirizzi ancora, con la denazionaliz~onc a base di carcere e di forca, i popoli oppiessi, ma smettiamo - almeno per pudore - di decantare questa guerra come apportatri~e cli libertà e di giustizia alle genti I Perché tra chi pone come fine della guerra ancora un << concerto europeo di Stati>) e chi, come noi, vagheggia un'intesa di popoli, rafforzando quella ch'è stata santi6ca.ta dal sangue e dal fango delle trincee, c'è un dissidio profond_o e insanabile.

È evidente che in questa tena e decisiva fase della nostra guerra, risorge il dissidio delle origini fra coloro che concepivano la nostra guerra come un fatto soltanto nazionale alla stregua del « sacro egoismo» e gli a.Itri che la volevano inserita nella guerra intctnazioru.le e mondiale : il dissidio fra l'interventismo ufficiale, l'interventismo dello Stato italiano e l'interventismo del popolo italiano. Gli eventi hanno dato ragione a. quest'ultimò. Ci sono ancora delle resisten2e da superare, ma c'è un « fattle andare» che nessuns forza arresta e il fa.t1le andare ci porta ad assegnare alla nostra guerra - in parti. colar modo alla nostra guerra l - quel compito di liberuione dei po· poli oppressi che è comune alla Quadruplice Intesa, Wekerle ha pat· lato ancora una volta il linguaggio del carnefice. Gli slovacchi. i ro-meni del Banato e di Transilvania. i serbo-croati, gli italiani, gli a:cch4 gli sloveni, i ruteni, anche i polacchi, hanno visto dietro le minacce del ministro, profilarsi la forca cli Lang. È la lotta a coltello che riprende. L'ora del secondo «intervento» dell'Ihllia è suonata. Se l'Austria-Ungheria alza il patibolo, alzi l'Italia la bandiera d ella libertà,·e mentre dà la spada a Garibaldi, dia la parola a Mazzini. È questa una pamla che avrà vaste risonanze di simpatia e di fede nel cuore delle geDti· che soffrono, lottano e aspettano.

Mussolini

Da Il Popolo d'Italia, N. 34, 3 febbraio 1918, V. Pubblicato anche sull'cdi. zione di Roma, N . 36, , febbraio 1918, V .

Dopo Versailles

Il convegno di Versailles si è chiuso e con esso si è chluso l'intermezzo pacifista. Veramente, il punto fermo alle divagazioni e ai discorsi, lo hanno mesSo i Gotha bombardando ferocemente Londra e Parigi. La qual cosa dimostra che è inutile dire delle paroline dolci a.i tedeschi, come ha fiitto Wilson, nel suo ultimo messaggio, colla ingenua speranza di ricondurli all'ovile dell'umanità, I tedeschi sono sempre quelli di Lovanio, del LNsitania e dell'inno di Lissauer : anche ' nel 1918,. come nel 1914, massacrarono donne e bambini e nofl affrct- · tiamoci - per carità - a« perdonarli» prima che la guc~ra sia finita. Troppi cuori « teneri » ci sono fra i governanti della Quadruplice Intesa e questa è una delle cause per le· quali abbiamo pietilll s11r plau.

È trmpo d'inaugurare la serie degli uomini duri, spietati, inflessibili, come . Oemenceau. Ciò detto, esaminiamo la nota ufficiale sul convegno di Versailles.

I punti principali sono i seguenti : Primo : fra i fini di guerra, moderati, dell'Intesa e quelli banditi dagli Imperi Centrali, non esiste possibilità di accordo. Gli Imperi Centrali sono anti-anncssionisti in tesi cli principio, ma annessionisti sul campo pratico. Come tali sono stati denunciati «al mondo » da un radiotelegramma dei leninisti. D'altronde quello che succede in Livonia e in tutte le provincie baltiche, toglie ogni dubbio. E che cosa è la creazione del Consiglio delle Fiandre, se non il primo passo verso l' annessione - larvata o palese, dipenderà. dal seguito degli avvenimenti - del Bdgio ? Il Consiglio superiore di guerra, dopo questo episodio, dichiara che « il suo do.;ere immediato è di assicurare la continuazione, con·estrema energia e con la più stretta e più efficace cooperazione, dello sfoÌzÒ militare degli Alleati ».

Fermiamoci qui. Questo è l'essenziale. Tutto il resto è secondario. Molti credevano che dalla riwùone di Versailles dovesse uscire il Generalissimo cli tutta l'Intcu, ma questo sarà.... per un'altra volta.

Dunque : L'Intesa 11110/ conli1111are la !!""a con es/rema ener1.ia. Non e'~ altro da fare. N aturalmente, lo diciamo ,n passant, la politica .in- terna. delle varie nazioni dev'essere orientata « con estrema energia» a questa dichiarata, proclamata necessità.

Noi, tornando all'argomento militare, osiamo sperare che il Con. siglio superiore di Ve:ès~lles avrà esaminato, se sia nell"interl:sse degli Alleati, di lasciare o no l' iniziativa delle operazioni ai nemici. Si parla da troppo tempo di una «grande» offensiva dei bo,her. Noi azzardiamo domandare : conviene aspettarla o non è più conveniente prevenirla con una nostra offensiva? Non faremmo questa domanda se Lloyd Gcorge non ci avesse cliclùarato che, malgrado lo sfacelo dell'esercito russo, e il non ancora cfficente intervento · amcricmo, la superiorità numerica appartiene sempre agli Alleati. Non faremmo questa domanda se il Premier inglese non ci avesse detto che, insieme con quella del numero, noi abbiamo la superiorità o quanto meno la parità negli armamenti. Non faremmo questa domanda se uomini responsabili degli Stati dell'Intesa e ministri generali - in diecine e diccine di documenti ufficiali -non ci avessero detto e ripetuto e diffiostrato che chi attacca ha sempre dei vantaggi e che assumendo l'iniziativa delle operazioni le cha11ces di successo aumentano. Posto tutto ciò, noi umilm:ente domandiamo : è buona tattica - anche ai fini morali - di aspettate che i tedeschi ci diano un poderoso pug no nello stomaco? È buona tattica di guerra questa specie di « passivismo» ? Non è meglio date che ricevere? Il tenersi sulla difensiva offre forse rischi minori che il prendere l'offensiva? Le perdite in uomini e materiali non si uguagliano o quasi ? E come evitare ché i successi iniziali galvanizzino i popoli nemici?

L'esperienza più recente e più uagica della guerra dimostra a quali enormi pericoli si vada incontro, aspettando i colpi dei nemici. Alla vigilia del 24 ottobre un comunicato del nostro Comando Supremo pr~maVa : « l"urto nemico ci ttova saldi e ben preparaci.... » sul Piave. sl; s ull'Isonzo, a Caporetto, no. Chi può escludere a priori che in una seconda fase di una. potente offensiva dell'Intesa, non contribuisca ad allargare il nostro successo quell'insieme di fattori d'indole morale, che agirono, èontro di noi, fra Iso nzo e Tagliamento ? Se siamo costretti a tenerci sulla difensiva, allora è perfettamente inutile ogni discussione; ma, se abbiamo mezzi e uomini sufficentf- come pare dalle dichiarazioni dei governi - le cagioni per cui invece di vibnrc .il colpo, lo si attende, ci sfuggono. È uno di quei misteri che rinunciamo a decifrare.

Notiamo che la Quadruplice Intesa dichiara di essere risoluta a far trionfare i principi di libertà> cli giustizia e di rispetto per il diritto delle Nazioni. Questa è l'accettazione del programma massimo antiaustriaco. perché la giustizia e il rispetto delle na2ioni sono inconciliabili coll'esistenza della duplice monarchia.

Ed ora, attendiamo gli evenù.

D a Il Popolo d'I1aJìa, N. 36, , l~uio 1918, V. Pubblicato anche sull'cdi2iooe di Roma, N. ~8. 7 febbraio 1918, V.

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