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· COMMIATO DA TORINO*

Cami~ie nere! Fascisti!

Parto da Torino con il cuore gonfio di commozione. Torino ha rivaleggiato con Firenze, ed ha superato t utte le altre città che ho visitato durante questi dodici mesi di Governo. Dodici mesi sono trascorsi dal giorno in cui demmo il segnale dell'attacco, dal giorno in cui ci precipitammo su Roma per riconquista rla alla patria. 11 compito non è finito. appena cominciato. Ora io vi doma ndo: Se è necessario marciare ancora verso altre mète, marcerete voi? (Un urlo formidabile : « Sì.1 »). Se è necessario dimostrare con la vita e con la morte l'atta.e• camento alla propria fede, lo dimostrerete voi? («Sì! >>). Se è neces• sa rio dare alla nazione e al mondo lo spettacolo di una disciplina tenace, silenziosa ed operante, darfte voi" questo spettacolo? («Sì/»).

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Ebbene, io vi dico che per le camicie nere saranno tutte le vittorie e tutta la gloria nel nome dell'Italia immortale! (A mano a mano ,he il D11ce parla, la Jtla presJigiosa parola pare ch"e sollevi l'uditorio in 1m',11mosfera di e1alttrzione religio sa e _ ad ogni Jlia dom,mda pare che flJJJi gli animi in dedizione Ji protendano 11erso di lui. Q11ando Jermina di parlare, a lui, al re, al fasci Jmq, e dl'l talia. 1i gridano i più a/Ji « alaià ! »).

• A Torino,...sotto i portici dd pala.no della prefettura, il 25 ottobre 1923, alle 14.30, MusSOli~naugura una fapide in memoria delle medaglie d'oro della provincia. di" Torino. Alle 14.4 5, a ll'Accademia militare, gli sono presentati tutti gli ufficiali del presidio. Alle 15, visita l'ospeda le di San Giacomo. Alle 15.30, nd cortile della Casa del Fascio, inaugura i gagliardetti delle Federazioni provinciali fasciste di T o rino, Cunel1 e Novara. Indi il deputato Cc5are Maria De V ecch i porge al Presidente del Consiglio il saluto dei fascisti piemontesi e gli offre, « a nome ·dd Fascio dì Torino, la spada romana, una mirabile spada che il Duce sfodera protendendola in a lto in segno di saluto e provocando in tutti un prodigie>!o scatto di entusiasmo, e un Jib~o artisticamente rilegato in pelle che contiene le cinque arringhe del procuratore generale comm. Crosta-Curti, e dei quatt,o avvocati di P.C. Baidanzellu, Bertacchi, Pavesio e Da.gasso nel celebre processo Scimula-Sonzini. Il libro contiene fra· l'altro un saluto al Duce dello stesso o n . Dc Vecchi. Poi la folla si acquieta in un grande silenzio. Saldo, quadrato, il Duce si av11nza sul palco e parla ai suoi fedelissimi fascisti del Piemonte», pronunciando le parole qui riportate. (Da li Popolo d'Italia, N. 2)6, 26 ottobré 1923, X). ·

AL POPOLO DI SANTHIA *

Dalla vostra dimostrazione, vedo che non solo le Ìrandi, rria anche Je piccole città intendono dimostrare la simpatia verso il Governo fa. scista. Veramente d a questa imponente adunata di popolo io ho avuto un'altra conferma deila solida fede patriottica di questo vecchio Piemonte, che ha dato tanti martiri, tanti eroi, che dà tanti fascisti, che ha avuto tanti morti, che ha il maggior numero di medaglie d ~oro, che ha dimostrato con i fa tti come si serve la patria.

Pensando alla patria, gridiamo insieme: Viva il re! Viva l'Italia!, (/J breve dùcorsu è stato sa/11/ato da ,ma imponenre ovt:tZione. Frago• rosi « dlttlà! » hanno sal11tttto il Duce, mentre altri fiori a prof11sione gli vtnivano offerli. Dal vagone presidenziale, Ji ge1Ja110 fiori ;u/la folla, ciò che entmiaJma e fa JÌ che le manife1tazioni Ji ripetano ininterrolle, finché il freno riprende la corsa).

AL POPOLO DI VERCELLI **

Cittadini!

Non mi sentirei d i passare dalla vostra cìttà senza porgervi l'attestazione della mia più profonda simpatia. Voi appartenete ad una città che dimostra con i fatti il ~uo patriottismo sia quando, come all'epoca del Risorgimento, ha inondato le vostre pianure per creare una barriera liquida contro il nemico invasore; sia quando avete subito con fiero civismo le rìnunce che il Governo nazionale doveva impor vi. lo· non diment ico nulla ed io sono qui ad attestarvi i sensi della più alta ammirazione. Quando penso al sacrificio del vostro sangue nella guerra v ittoriosa, quando io guardo al gagliardetto insignito di sed ici medag lie d'oro, io vorrei abbracciarvi tutti quanti come amici,. come fratelli devoti alla unica religione della patria.

Viva· il-re! Viva l'Italia ! (li grido è ripetuto da quella folla deliranu, che, appena il treno si mette lentamente in marcia, rinnova al Presidente una acclamazione entusiastica).

• Il 25 ottobre 1923, alle 16.30, Mussolini aveva lasciato Torino in treno diretto a Milano. Alle 17.30, sosta nella stnione di Santhià, dove, dal finestrino del vagone presidenziale, pronuncia l e parole qui riportate. (Da Il Popolo d'ltalit1, N. 256, 26 ottobre 1923, X).

•• Parole Pronunciate alla stazione di Vttcelli, dal finestrino del vagone presidenziale, il 25 ottobre 1923, verso le 18, (Da Il Popolo d'ltttUa, N, 256, 26 ottobre 1923, X).

AL POPOLO DI NOVARA *

Cittadini!

._ Non un discorso, ma un saluto che parte dal cuore. Da due giorni io passo tra manifestazioni di popolo altamente significative ed ammonitrici. Vedo nella moltitudine di Torino, di Santhià, di Vercelli e di Novara mescolati fraternamente insieme i mutilati., i combattenti, le madri e le vedove dei caduti, tutti coloro che formano quella che io chiamo la nuova e grande aristocra~ia del sangue italiano. Vedo anche ufficiali e soldati del nostro Esercito, che deve essere sacro per tut ti i cittadini italiani; vedo le camicie nere ; vedo i l popolo lavoratore di. tutte le categorie, di tutte l~ età. Che cosa significa questo se non una manifestazione di consenso non tanto alla mia persona (voci: « Sì, viva Mtusolini! ») quanto al mio Govern4?, quanto alle idee che rappresento e difendo? Voi sentite tutti, anche i r ecalcitranti, qua ndo faccia no il loro esame di coscienza, voi sent ite tutt i che da un anno a questa parte l'atmosfera che si respira in Italia è un poco cambiata da quella degli anni in fausti della ri nuncia e della abiez ione. Sembrano assai lon. tani i tempi in cui un ministro del Regno d'Italia non sentiva la suprema vergog na di consigliare agli ufficiali di uscire in borghese e senza armi. Sembra assai lontano il tempo in cui gli elementi infidi o trav iati della plebe, invece di onorare il sacrificio, insultavano i mutilati e spesso sputavano sui petti coperti d ai segni d el dovere e del valore.

Ebbene, tutto ciò è finito e per sempre. Tutto ciò è tramontato e non risorgerà mai più. Lo g iurate voi? (Un-grido form idt:1bile erompe da tutti i pelli: <<51! »). ' ·

Viva l"ltalia !, conclude l'on. Muuolini. (La folla fa eco al grido .

« Viva Mu JJoli n[! Viva il f aJcilmo ! », grida ancora). .

ALL'ASSOCIAZIONE LOMBARDA DEI GIORNALISTI**

Onorevoli! Colleghi!

Ho ritrovato, entrando qui, dei vo lti che· non avevo dimenticato: Yecchi colleghi, colleghi giovani; gente con la quale ho vissuto a contatto più o meno C]uotidiano durante i miei anni di giornalismo, che

" Parole pronunciate alla stazione di Novara, dal fin estrino. del vagone pre· u Il 2, ottobre 1923, alle 19.20, Mussolirù era arrivato a Milano La sera dei 26 ottobre, ali'« h6tel Milan», aveva ricevuto o: in udienza particolare l"i ndu.striale coma~o Amb rogio Pessina, presentatogli dal dottor Binda, Il Pessina, erano e sono la mia passione. Bisogna distinguere il giornal ista da] pubblicista. Il pubblicista è una cosa, il giornal ista è un'.iltra. Ci può essere · un grandissimo giornalista, ch e non scrive nemmeno un articolo di g iornale e ci può essere un pubblicista p rovettissimo, che è negato a{ giornalìsmo. Perché il giornalismo è soprattutto un istinto Si può dire che s i nasce giornalisti; difficilmente si diventa g iornalisti. E poi il giornalismo è uria p assione cocente, è qualche cosa che prend e t utto lo spirito: si vive del giornale, nel giornale, pc! giornale. lo non m i sono dimenticato, andando al Governo, d i essere stato giornalista. Spesso e volentieri prendo in mano dei fogli e scrivo qualche cosa che può interessare gli italiani e che poi assume l'apparenza solenne <lelia nota ufficiosa o ufficiale che dir si voglia, ma che in realtà so_no ar ti~oli; sono, insomma, la nostalgia del mestiere.

·.sidemia le, il 25 Ottobre 1923, verso le 18.20. ( Da li Popolo d'llalia, N. 2,6, 26 o ttobre 1923, X).

L'altro g iorno, a Torino, h o tessuto l'a p ologia di questo nost ro mestiere, professione, art.e, mission e che d ir si voglia.... Voi sapete ch e non amo le sottili defioizio"ni . E sapete a nche che ìo rispetto il g iornalismo. E l'ho dimostrato.

Io d esidero soltanto che il giornalismo si renda conto delle necessità storiche, di certe ineluttabilità storiche. Desidero che il giornal ismo coliabori con la n azione.

Io sono un le tto re formidabile di giornali, Ne leggo ogni g io rno a centinaia ed ognuno di essi mi serve. Perché il giornale può darmi l'eco di bisogni inespressi che non troverebbero forse voce e accoglimento attrave rso i meandri di quella cosa enorme, misteriosa, possente, inesplicabile ch e è la burocrazia." L'arti colo di giornale mette a contatto del Governo le aspirazioni, i bisogni insoddisfatti dei più vasti cet i del popolo ita lia no .

Il g iornalismo, ho detto a Torino, è scuola d i vita p otentiss ima. Prep a ra i cuo ri Qu ind i vi saluto con molta simpat ia e fratern ità e vi dico dichiarandosi entusiasta dell'opéra politica dd Presidente, aveva creduto opportuno onorarne l'attività con l'offrirè, per 1a rest aurazione dell'Erario, l a somma di li.re centomila. Il Presidente ebbe parole di vivo efogio per l' atto altruistico <lell"industriale comasco e poiché que5ti si schermiva manifestando, fra l'altro, il desiderio che l'episodio non.avesse eco, il Presidente disse: " lo debbo 11infere la Jlur modestfa perché 1pero di Jl·ovare degli imi/a/o ri! " » . 11 27 ottobre, alle 1!, l'Associazione lombarda dei giornalisti o ffre un vermut d"onore a .MussoUn i L'avvocato Sileno Fabbri, presenta al Presidente del c onsiglio « una ,opfa "del discorso pronunciato dal generale Diaz alla Scal.i in commemorazione della battaglia del Piave, discorso pubblicato fo elegante opuscolo a spese della. Deputazione», e il depu tato Ettore ] anni, consigliere delegato dell'Associazione, rivolge a Mussolini un indirizzo di saluto. Jndi jJ Presidente del Cornig lio pronuacia il discorso qui riportato. (Da li Popolo d'Jt,t/ia, Nn . 2'7, 2 58, 27, 28 ottobre ·1923, X). di avere molto coraggio perché io non so se nel vostro zaino - ma certamente sotto la vostra cartella di redazione - ci può essere il bastone di maresciallo. (Un ampiq e caloroso applamo 1alutò il dùcçrso del Presidente, il quale continuò i'animala e cordialiuima convers"zione con i giomalhti che lo attorniavano).

IL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA SU ROMA*

Gloriose ed· invitte, invincibili camicie nere!

Il mio plau so anzitutto ai vostri c2pi ed a voi che avete sfilato mag nificamente in una disciplina perfetta; mi pareva di vedere non d elle centurie, ma la nazione intera che marciava con il vostro ritmo gagliardo. Dopo qualche anno, ecco che il d estino mi concede di parlare ancora una volta in questa piazza, sacra ormai ndla storia del fa. scisma italiano. Qui, infatti, nei tempi oscuri, nei tempi bast:udi, nei tempi che non tornano più (applaun), ci siamo riuniti in poche centinaia di audaci e di fedeli che ave\'ano il coraggio di sfidare la bestia, che era allora trionfante.

Eravamo piccoli manipoli, siamo oggi delle legioni; eravamo allora pochissimi, oggi siamo una moltitud ine sterminata.

Ad un anno di distanza da q~ella. rivolu~ìone che deve costituire l'orgog lio indefettibile di tutta la vostra vita, io.. rievoco dinanzi a voi, con sicura coscienza, con :mimo tranquillo, il c.1mmino percorso. E non parlo soltanto a voi, paclo a tutte le camicie nere, a tutto il popolo italiano. E dichiaro che il Governo fascista si è tenuto frdele alla sua promessa, e dichiaro che la rivoluzione fascista non ha mancato alla sua mèta.

Noi avevamo d etto, in tutte 1e man ifestazioni che precedettero la marcia fatale, che la monarchia è il simbolo sacro, glorioso, trad izionale, millenario della patria; noi abbiamo fortificato la monarch ia, l'abbiamo resa ancora più augusta: 11 nostro lealismo è perfetto e <levono orma i riconoscerlo anche gli ipercrit ici , che amano arrampicarsi sugli specchi dov e si riflette troppo spesso l'imma.gine della loro pervicace malafede e 4ella loro cronica stupidità. (Appi,u11i).

Aveva'!}() detto che. non avremmo toccato un altro dei pilastii della

-. Discorso pron.u.ndato a Mìlan.o, dal balcone · di palazzo Belgioioso, i l 28 ottobre 1923, alle 11.U, a lle legioni ddb M .V.S.N, inquadrate nella p iazza. (Da J/ Popolo d'Italia, N 259, 30 o tlobre 1923 , X) società nazionale : la Chiesa. Ebbene, Ja relig ione, che è patrimonio sacro dei popoli , 'da noi non è stata toccata né diminuita. Ne abbi amo anzi aumentato iJ p'restigio. Avevamo assicurato il maggior rispetto e la devozione più profonda per l'Esercito: ebbene, oggi l'Esercito d i Vittorio Veneto occupa un posto d'onore nello spirito di tutti gli italiani devoti alla patria. (Apptausr). Se oggi gli ufficiali possono portare sul petto i segni della gloria da loro conquistata in guerra, sè possono circolare a fronte alt a, se i mutilati non sono più costretti a piange re sui loro moncherini, lo si deve in gran parte alie migliaia di morti dell'escr~ito delle camicie nere sacrificati in tempi difficili e quandÒ la . viltà sembrava divenuta un' insegna. (Appla1ui prolungaJJ). Oggi la' nazione può contare p ienamente sull'Esercito e questo lo Si sa all' interno e Jo si sa benissimo anche oltre i confini.

Né abbia mo toccato l'altro pilastro, che chia merò quelIÒ della istituzione rappresentativa. N on abbiamo né invaso, né chiuso il Parlamento, malgrado la nausea invincibile che ci ha provocato in questi ultimi tempi. (Applium). Non abbiamo fatto nessuna legge eccezionale, o malinconici zelatori di una libertà che è stata anche troppo rispettata (appla,m), e non abbfamo creato tribunali straordinari, che forse avreb. bero potuto distribuire su certe schiene la razione dì piombo necessaria! (Appia11J1).

Ci sarebbe quasi da inquietarsi quando gli uomini che si Vantano di un.i tradizione libeiale vanno gemendo sulla mancanza di l ibertà, quando nessuno attenta alla vera libertà del popolo itali:ino. Ma, dico, o 'signori, e dico a voi, camicie nere, se per la libertà si intende di sospendere ogni g iorno il ritmo tranquillo, ordinato del lavoro della naz_ione, se per libertà si intende il diritto di sputare sui simboli della religione, della patria e de Uo Stat,o, ebbene, io - grida con grande forza, srandendo le parole, il Presidente - io, capo del Governo e Duce del fascismo, dichiaro ch e questa libertà non ci sarà mai! ( Umga ovazione entmitt1Jica). Non solo, ma dichiaro ch e j nostri .avversari, di tutti i CO· lori, non de!ono contare più oltre sulla nostra longanimità. .Abbiamo d ato un anno di prova perché si ravvedano, perché si rendano conto di questa nostra forza invincibile, perché si rendano conto che quelio che è stato è stato, che non si torna· più indietro, che s·iamo disposti a impegnare le più dure battaglie pur di difendere 1a nostra rivoluzione (L'ovazione i i rinnova più imponeme). Ebbene, o camicie nere, non notate una p rofonda trasformazione nel clima di questa nostra adorata patria? (Grida elevatissime: «Sì!»).

Nell'anno che h a preceduto l a nostra marcia si sono perduti sette milioni di giori:iate di lavoro, uno sciuplo enorme di ricch ezza naziona le; da sette rnilio~i abbiamo ridotto qu~te giornate a d~ec:entomib

DAL VIAGGIO NEGLI ABRUZZI AL DELITTO MATTEOTTI , 63 appena. Tutto quello che rappresenta il rìtmo d ella vita civile si svolge ordinatamente. Nel settembre di quest'anno l' Italia h; vissuto, dal punto di vista politico, l'esperi enza più interessante e più importante che tossa abbia mai vissuto dal '60 in poi. Per la prima volta nella vita polì6ca italiana, l'Italia ha compiuto un gesto di assoluta autonomia, ha avuto il coraggio di negare la competenza d cll'u eop"ago ginevrino, che è una specie dì premio di assicurazione delle n azio ni ·arrivate contro le nazioni proletarie. (Applarm).

Ebbene, in quei giorni, che sono stati assai più gravi di quello che non sia apparso al nostro pubblico, in quei g iorni, che hanno avuto ba· glìori di t raged ia, tutto il popolo ital iano ha dato uno spettacolo ma· gnifico di disci p lina . Se io avessi detto al popolo italiano di marciare, non vi è dubbio che questo meraviglioso, ·a rdente popolo italia no avrebbe marciato.

D'altra parte vi prego di riflettere che la ri voluzio ne venne fatta coi ba.stoni ; voi che cosa avete ora nei. vostri pugni ? ( I f a.Jcistì g rì. d(lno: « f11dli », «moschetti» e most rano, levandole in alto, le arnu). Se coi bastoni è stato possibile fare la ri vo luzione, grazie al vostro eroismo e grazie anche all'incommensur3bile vi ltà di coloro che avevamo di fronte, ora la rivoluzione si difende e si consolida con le armi, coi vostri fucili. E sopra la camicia nera àvete indossato oggi il grigio verde; non siete p iù soltanto l'aristocrazia di u n Partito, siete qualche cos3 di più, siete l'espressione e l'anima d ella nazione italiana. (Vivi appla,m). ( ...J'

Voglio fare un dialogo con voi e sono sicuro che le vostre risposte saranno inton2te e formidabili. Le mie domande e le ,•ostre· risposte non sono ascoltate soltanto d a vo i, ma da tutti g li italiani e da tutto il popolo, poiché oggi, a distanza di secoli, :incora una volt a è l'Italia che dà una direzione al cammino . della. civil tà del mondo. (App la1m).

Camicie nere, io vi domando: se i sac rifici domani saranno più gravi d ei sacrifici di ieri, li sosterrete ,·oi ? ( Ud a immense dei fa uisti: «Sì!»).

Se domani io vi chiedessi quello che si potrebbe chiamare la prova sublime d ella d isciplina, rrii dareste questa prova? («Sì.'» 1 ripetono ad alta voce i militi, ron entuJiasmo).

Se do mani dessi il segnale dell'allarme, l'allarme delle grandi g iornate, di quelle che decidono del destino d ei pùpoli, rispondereste voi ? ( N uova e1plos;one entusia.stica di : << Sì! Lo giuriamo!»).

Se domani io v i dicessi che bisogna riprendere e continuare la mar· eia e spingerla a fondo.verso alt re .direzioni, marce rest e voi? (« S}l Sì l ». Ed il coro faJ ciJtd si el eva al più ailo diaptMo n).

Avete voi l'animo p ronto per tu tte le prove che la disc iplina esige, anche p er quelle umili, ig norate, quotidiane? (La Milizia grida a gran voce : « Sì/ »).

Voi certamente siete ormai fusi in uno spirito solo, in un ruore solo, in una coscienza sola. Voi rappresenta.te veramente il prodigio di questa vecchia e meravigliosa razza italica, che conosce le ore tristi ma non conobbe mai le tenebre dell'oscurità. Se qualche volta apP3 re oscurata, ad un tratto ricompare in luce maggiore.

Certo vi è qualche cosa di misterioso in questo rifiorite della nostra passione romana, certo vi è qualche cosa di religioso in questo esercito di volontari che non chiede nulla ed è pronto a tutto. Ora io vi dico che non sono altra cosa a ll'infuori di un umile servitore d ell a nazione. Se qualche volta sono duro, se qualche volta sono inflessibile, se qua.khe volta ho l ' aria di comprimere e di vole r qualche cosa di più deIJo stretto necess:i.rio, g li t perché Je mie spalle portano un peso durissimo, portano un peso formidabile, che qu;,.lche volta m i dà d ei momenti di angoscia profonda. E il dest ino di tutta la nazione.

Voi avete l'obbligo di aiutarmi, avete l'obbligo di non appesantire il mio fardello, ma di alleggerirlo. (V ivi applmm).

O fascist i degni di questo glorioso nome, degni di questo movimento fatale, serbate intatta neg li anim i b. piccola fiaccola d~la purissima f ede ! E quanto a .voi, avversari di tutti i colori, rimettete le spcranw e finitela col vostro gioco che non ha il pregio della novità e che è stato smentito solennemen te in cinque anni di storia.

Quando siamo nati, i g randi magnati della politica italiana. cd i falsi pastori d elle m.,sse operaie avevano l'aria ·di considerarci come quantità trascurabile. Poi hanno d etto - filosofi mancati che non rie• scono mai ad interpretare esa ttamente la storia - hanno d etto che questo era un movime nto effim ero; hanno detto che noi non avevamo una dottrina, come se ess i avessero delle dottrine e non invece d ei framm enti dove c'è tutto un miscuglio impossibile delle cose più disparate; hanno detto uno di essi era un filosofo della storia, un mal inconico ma_sturbatore della storia - hanno detto che il Governo fascista avrebbe durato sei settimane appena.

Sono appena dodici mesi. Pensate voi che durerà dodici ann i moltiplicato per cinque? («Sì, sì! », scallano ad una Jola vore i militi e la follo).

Durerà, camicie nere. Durerà perché noi, negatori della dottri na del materialismo, non abbiamo espulsa la volontà dalla storia umana; durerà perché vogliamo che duri; durerà perché faremo tutto il possibil e ; durerà perché s istematicamente disperderemo i nostri nemici ; dure rà perché non è soltanto il trionfo d i un Partito e di una cris i ministeriale: è qualche cosa di più, molto di più, i~finitamente di più.

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