3 minute read

DAL V(AGGJO NEGLI ABRUZZI AL DELITTO MATTEOTT~ 65

:t la primavera, è la resurrezione della razza, è jl popolo che diventa nazione, la nazione che diventa Stato, che cerca nel mondo le Jinee della sua espansione. (Applausi prolungaJt).

Camicie nere!

Advertisement

Noi ci conosciamo; fra me e voi non si perderà ma.i il contatto. Vi devono far ridere ed .i.nche suscitare qualche moto di disgusto coloro che vorrebbero che io avessi già l'arter iosclerosi o la paralisi della vecchiezza, Ben lungi da ciò. Lo stare d ieci o dodici ore ad un tavolo, non mi ha impedito, il 24 maggio, di fare un volo di guerra: lavo. rare indefessa.mente dal mattino alla sera, dalla sera al mattino, non mi impedisce e non m'impedirà mai di osare tutti gli ardimenti. E nemmeno jo desidero che le camicie n ere invecchino :inzi tempo; "non \ ' Oglio che diventino una specie di società di mutuo soccorso. Voi dovete mantenere accesa nel vostro animo la fiamma del fascismo. E chi .dice fascismo dice prima di tutto bellezza, dice coraggio, dice responsabili~à, dice gente che è pronta a tutto dare ed a .nulla chiedere quando sono in g ioco gli interessi della patria. Con questi intendimenti, o camicie nere, io vi saluto. Voi potete contare su me; cd io posso contare su voi? («Sìl SJ.I», rhpondcmo 11na t1olta ancora tutte le migliaia di t1oa).

L'on. Afouoli11i chitue il 1110 discorso col grido di: Viva il re! Viva il fascismo! Viva l'Italia! (Il grido viene ripe111to a gran voce e parecchie t1olte dai militi e dalla folla, ment,·e una declamazione entu1ittslica e fre11 etfra di battimani ,aiutano la chiu, a d el diJcono del Duce d el fos ri- , ____/ 1mC>, I militi, trttJCÙMli dall'impeto orato rio del Duce, 1ono al parou i1mo de/l'entu1ia1mo. Una selva di fu cili ond eg gia 1ui «fez» neri e gli evviva hanno nella 1onoriJà d ella piazza un rombo impreuionante).

M11uolini, che ha parlato eMllameme quaranta minuti, ouerva l'enlmùumo dei 111oi fed eli miliJi, m entre i generttli Ii st ringono attorno a lui, manifntandogli il loro- compiacimento. Ad un trai/o egli 1i protende 1111/a balamtra trlzandr:, il braccio. T orna il 1ilenzio i" un baleno e la !IJa maffhia f.'OCe grida:

A chi Roma? (E un urlo riJponde: «A noi!»).

A chi l'Italia? (« A noil »).

A chi la vittoria? (« A poi.I>>).

DISCORSO ALLA « SCIESA » •

Ecco che io manco ad un mio proposito, Non credevo che fosse necessario parlare dopo quello che ho d etto stamani. La consegna, però, di una medaglia a Jermer Mataloni m' impone di parlare. Prima di tutto per dire ìl mio consenso a questa manifestazione di affetto degli uomini della Sciesta verso il loro capo. A questa manifestazione di plauso e d i consenso mi associo di cuore, perché nei due anni deJJa nostra oscura battaglia - e di cui forse non faremo mai la storia perché noi la viviamo e piuttosto che guardare al passato ci precipitiamo verso l'avvenire - in quei due anni, fra coloro che rispandevano sempre presente alJ'appello, tra coloro che non mancavano mai, tra coloro che davano opera quotidiana alle fortune del fascismo, si trovava sempre Jenner Mataloni. ·

Aggiungo che non int~ndo, essendo venuto a visitare la Sciesa, misconoscere l'opera di tutti gli"altri gruppi rionali. Sono venuto alla Sriesa per una ragione che forse vi è nota. Alla Sciesa, l'anno scorso, innanzi ad un gruppo di un centinaio di persone, commemorai tre morti gloriosi caduti nell'agosto, quando stroncammo l'idra sovversiva, una volta per sempre. In quel discorso. tracciai le g~ndi linee dell'azione che ormai era maturata nel mio spirito e che ero deciso di tradurre in atto. Sapevo d i poter contare su11a Sciesa come su tutte le squadre del fascismo che avevo visto al cimento. Venendo qui intendo anche tributare un plauso a tutti i soci dei circoli rionali milanesi. Io ammiro che vo i facciate delle belle sedi. Siamo degli artisti. Non amiamo Je .buie cantine. lasciamo i circoli sudici cd infetti a quelli che appartengono alla bassa zoologia. Le nostre sedi non saranno mai sufficentemente belle, pulite e degne. Debbono essere dei templi, non solo de~Je case; d eb· bono avere linee armoniose e possenti. Quando il fascista entra nella

• A M.ifano, sotto il portico del palazzo della Ragione, il 28 ottobre 1923, alle 14, Mussolini prende in consegna la statua. dell'« Atleta». Alle 16, inaugura la nuova Casa del Fascio. Alle 18, presenzia la cerimonia per l'inaugurazione ddla nuova sede del gruppo rionale fasc ista /f,tJonio Sdesa sita jn via Silvio Pe llico 8 . Attilio Longoni, segretario politico del Fascio di Milano, e il colonnello Annani, presidente del gruppo, porgono il saluto al Presidente del Consiglio. Poi, « come i vecchi squadristi della gloriosa S,i1Ja vogliono attestare la lorn riconosceoza e il loro affetto al valoroso camerata Jenner MataJo ni, comandante l'indomita squadra, con l'offrirg li una medaglia d·oro, S. E. Mussolini vuole da se stesso appuntare il segno del valore e della riconoscenza sul petto di Mataloni », pronunciando il discorso qui .riportato (Da li Popolo d 'fo, Jia, N. n9, 30 ~tobre 1923, X).

This article is from: