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PER L'EDUCAZIONE PROLETARIA
VARIAZIONI NEL. TEMA - L'A MORE
L 'amore: eterno argomento, come è eterna la specie umana ch'egli conserva e perpetua!
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Ne scrisse un bello e sensatissimo articolo Savino Varanani nell'A vanti/, prendendo le mosse da una «trovata» ciarlatanesca dell 'avv. Manfredi che difendeva Cifariello davanti ai giurati di Campo· basso.
11 disìnvolto avvocato dello scultore uxoricida diceva, in conclusione, che la m orte della Maria De Browne non è da imputare al marito, ma ali'« amore>>; l'amore, la terribile e fatale passione, che dà vita e dà anche la morte, la forza divina che uccide e che crea.
Veramente, _bisognerebbe domandare alla moglie di Cifariello s'essa è contenta d'esser~ stata ammazzata per amore, o se non avesse preferito di esser lasciata vivere .... magari per forza.
Ma l'interrogat a non risponderebbe, sempre: per caiua d i quel benedetto « amore » che le ha chiusa la bocca per sempre.•..
G iustamente osservava il compagno Varazzani che a questa OKc:na e degenerata esaltazione dell' <~ amore » fatta per artifizio forense dagli avvocati difensori degli assassini di donne, ma accettata ed ascoltata da tant'altra gente.... e dai giurati bestie che assolvono, bisogna opporsi in nome di un'alta e severa mornle sociale.
La glorificazione dell'<< amore», come passione individuale, sfrenata, che ha diritto di vita e di morte, che non conosce limiti o leggi, è, sotto le apparenze di una teoria libera e ribelle e moderna, il r itorno a còstumanu pericolosamente barbariche; è « una affermazione individualista », contro la nostra concezione socialista di una morale in cui gli interessi, i diritti, le passioni dei singoli devono commisurarsi e coordinarsi e armonizzarsi con gli interessi e ·il diritto più alto della società
B questo uno dei punti più delicati e complicati nella formazione di una nuova morale, laica e religiosa non solo, ma «socialista».
I partiti giovani si van liberando dalla ipocdsia e antiwna.na predicazione cattolica che dipinge l'amore come delitto, il piacere come colpa, la donna come incarnazione del diavolo tentatore, che raccomanda l'astinenza., la rinuncia, la verginità come stato di perfezione. Si vanno libc· 1ando da questa assurda catena, ma rischiano di cadere in un altro errore: quello di credere e di intendere I' :unore non come una alta. e forte passione individu3.Je che deve anche essere subordinata a una legge sociale, ma come un difetto lasciato al capriccio e alla iniziativa di ciascuno. Non è cosl. Noi non vog liamo « militariz.zare » l'amore, né sminuirne la sua sublime poesia. e la sua grande funzione nella vita : ma anzi vogliamo nobilitare questa poesia e questa funzione, sottraendola all'impulso individuale e dandole una « coscic:nza » sociale.
Insomma - per parlar chiaro e spiegarci con un esempio - di due giovinetti di sesso d iverso che a 16 o 18 anni si amano spensieratamente e procreano un fig lio, noi non diciamo più, come j preti, che « fanno peccato », perché si sono abbandonati alla forza sincera e pre• potente d·amore, ma diciamo però che hanno commesso un «errore» e fors 'anco un «delitto» verso la « società» e verso la. «specie», ge· nerando una prole senz'essere in grado di mantenerla, dando vita ad un essere che per la immaturità dei genitori crescerà rachitico, debole ed infelice.
Ci liberiamo da una religione e da una morale ipocrita, ·falsa e su. perstiziosa: ma dobbiamo darci noi stessi, ricav11.ndola dalJa realtà e d.al.Lt. vita, una nuova legge, una nuova morale, una nuova religione.
L'amore è una g randissima cosa: ma non è poi solo e non è tutto, / come sembra per molti, Esso è « un m ezzo » per conservare la specie, ; mentre certuni (specialmente fra i p oeti, i letterati, ecc.) ne fanno « un fine» unico ed esclusivo della vita. No. L'amore ( come ben notava il V a razzani) dev'e.ssere collocato a-I suo posto, spogliandolo deII'aureola artificiosa di sublimità che una letteratura falsa gli ha creato d'intorno Esso è una grande cosa, è un'immensa energia, ma,. col e:rescere della coscienza collettiva, anch'esso deve inchinarsi a una legge che, sottraendolo al capriccio degli individui, lo indirizzi a.i fini ed al bene del la società e della. specie.
Due grandissimi e cosl profondamente diversi scrittor i, l'uno ere• dente e cattolico, l'altro laico e pagano, il Manzoni e il Carducci, si
Opera Omnia Di Benito Mussolini
accordano in questo - non dispregio tutt'altro! - che è una considerazione severa e positiva dell'amore.
Il Manzoni, a chi gli rimproverava di non essersi indugiato nel suo romanzo a porre nella debita luce l'amore dei suoi protagonisti, ma di averlo anzi quasi lasciato sottinteso nella penombra, rispondeva con argu::i.:ia che nel mondo e nella società nostra dell'amore ce n'è e dell'amore si parla quattro volte di più di quello che fosse strettamente necessario alla conservazione della specie.
Il Carducci , che all'amore dedicò poche, ma insigni e nobilissime pagine, cantandolo non come un piacere egoista o come un trastullo volgare, ma come un'alta ed au.~t,..ra energia della natura, insegna poi, con tutta l'opera sua , a mirare e ad apprezzare altre passioni meno indi· viduali e più «sociali», quali l'amor di patria, l'amor della verità, della g iustizia, dei più elevati ideali umani, la sana ambizione della gloria nel bene che procaccia agli uomini....
Noi non vogliamo né dobbiamo predicare il dispreuo dell'amore, né farne un articolo dello Statuto del Partito, m a avvezzar i giovani a con· siderarlo nelle sue forme superiori e nelle sue conseguenze generali, al lume non solo del «piacere» proprio, ma del « dovere » ve rso i figli, verso Ja società, verso la specie.
Allora vi saranno meno passioni pazzesche, meno delusioni, meno (>Cntimento, meno dolori, meno delitti.
Da L'A11v1nire del l4f'oratore, N. 14, 8 aprile 1909, V (n, 1H),
La Pasqua Umana
« Bli, Eli, lamma sabactanil »
« Padre, padre, perché mi abbandoni?»
E chinata la bella testa galilea, allentato dopo la spasmodica contrazione il volto 6ne, dallo squisito profilo semitico, chiusi gli occhi ch e avevano illuminato le povere turbe di schiavi e vinta d'amore la dolorante Maddalena, Gesù attese che si compisse il fato mortale. Non v'erano che poche donne ai piedi della croce. Le fedeli che lo avevano seguito, dai clivi di Palestina, all'erta del Calvario. Le peccatrici che avevano amato Gesù e rimasero a profumarne la salma cogli odorosi unguenti del Libano, prima di comporla nella fossa.
Ancora la tragedia cristiana suscita motivi di armonie nelle anime nostre. La rivolta che termina col sacrificio, la predicazione che si conchiude nel martirio, la divina utopia che supera se stessa nell'eliminazione dell'apostolo, la persecuzione che moltiplica i ribelli ed accelera il trionfo dell'idea.
Ciò che rappresenta la rovina e quanto accenna alla creazione di un mondo; ecco i segni simbolici davanti ai quali noi ci fermiamo trepidi, ammirando.
La personalità scompare. - Uomo o Dio - iI simbolo permane e suona. In ogni tempo, in ogni paese, i forti si opposero colla violenza ù divulgatori di una nuova fede. Sotto questo aspetto Caifas è oigin? di Gemente VII e Cristo fratello di Giordano Bruno.
O dolce vagabondo di Palestina fra le nebbie della storìa tu <i sei d'improvviso apparsO nella luce purpurea di un grande tramonto! Roma, la società dei forti, la città ormai sazia delle sue conquiste e stanca della sua potenza, Roma pagana che chiamava latebroJa eJ /ucif11ga naJio le comunitl segrete dei primi cristiani ; Roma imperiale che aveva a di. spregio altissimo fa. vii plebe de' na.zzareni; Roma non poté nel sangue soffocare l'universale rivolta e offrl dopo tre secoli gli altari marmorei dei suoi templi alle divinità della religione disprezzata, calunniata, combattuta, trionfante.
Il giorno in cui Costantino - uomo per molti delitti nefandocoi labari adorni della croce sgominò sulle rive del Tevere Massenzio.
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un soffio di morte spense le risa gioconde sull'Olimpo antico, gli oiei si nascosero fra le rovine della metropoli vinta, o fuggiron lontani pe' deserti, o trovarono ombre o muschio, solitudine e canti nelle impe· netrabili ( oreste, o si mascherarono, ingannando i nuovi come i vecchi credenti. Il galileo « dalle rosse chiome >> ascese il Campidoglio. Davanti alla nuova epoca inaugurata nella storia del genere umano, la. personalità di Gesù diventa secondaria, rient ra ne!Ja penombra, non basta a spiegarci il cristianesimo nella sua filosofia, nella sua te!igione, nella sua politica. Il Gesù dei Vangeli è un'ipotesi, ipotesi il Gesù di Ernesto Renan, o romantico di Eugenio Sue : - ipotesi il Gesù di Pietro Nahor - a temperamento mistico, iniziato durante l'esilio in Eg itto dal saggio indiano Kuwcamithra ai misteri della religione d'Orient e e ai segreti delle sette dei terapeuti e dei Merseni stabilitisi a comunità sulle ri ve del Giordano - ipotesi il G esù di J ean-l ombard - il Kreistos asceta e suggestionatore, dalla parola infiammata ed eloquente, dalfo sguardo lungo, penetrante - il Kreistos capo d i tutte le p icco le eccle1ie nascoste nel sottosuolo di Roma; ipotesi il Cristo interpretato q ual mito solare da Milesbo - ipotesi il Cristo · deomane ed assetato d'amore quale ci vien presentato da Nietzsche nel suo Al di là del bene e d6J male. Ma l'ipotesi non ci toglie la possibilità del {(simbolo >> e soprattutto non ci impedisce di << superarlo ».
Poiché, o am ici, noi vogliamo {( superare » il cristianesimo come il cristianesimo ha superato il paganesimo. La Pasqua ebraica (Pasqua deriva dal greco paska e questo dall'ebraico pe;ach che vuol di re « pas. saggio» - Pasqua era infatti Ja commemorazione della liberazione della captività del popolo ebreo) ha dato luogo alla Pasqua cristiana e a questa succederà la pasqua umana.
Cristo ha vinto Giove. E quei che attendiamo vincerà l'uno e J'al. tro Ma per giungere alla creazione e alla .comprensione d i quei che verrà, quante lotte, o amici, da superare !
Ecco il frag ile schifo sul quale c' imba rch eremo per l'avventurosa conquista. Innanzi a noi il mare infinito, il mare che ci ha cantato tutte le sue canzoni, che ci ha ri velato tutti i suoi segreti, che ci ha flagellato colle sue collere e prodigate le sue carezze : in fondo un tenue luccìcort> crepuscolare. E forse laggiù l'isola promessa, l'Utopia di cui -ci" ha nar· rato Moro; la CiviJas Solis di Tommaso Campa.nella, l'isola verde intatta, sileniiosa dove noi celebreremo la pasqua umana?
Su via, o amici , lasciate a terra le vostre piccole passioni materia.li, distendete le bianche vele al libeccio che increspa le onde quasi in una vibrazione intenninata di gioia, gli alcioni dall'alto ci invitano alle ampie solitudini e alle misteriose profondità. Inebbriatevi g li occhi di l uce, l'anima d' ideale, Non temete le tempeste! Se le nostre volontà. n on p ie- gheranno le forze avverse degli elementi e dovremo perire, qualcun altro seguirà l'esempio. Nt11tJigau nueu, esl.
Il nostro !iupetbo tentativo di creare non sarà stato inutile. Quei che attendiamo verri t
Una Citta Di Silenzio Ferrara
O deurJa bellezza di Ferrara, ti loderò rom, si loda il vo!Jo di rDlei , ;,, 1111 11.011'0 ,o, l indino pe, a1Jtf p11u di sue f,li àtà l o ntani !
La conferenza con la quale l'opera della Pro Cultura volge al termine per quest'anno, è stata degna delle altre E. M Baroni ci ha dato qualcosa dì più della solita conferenza su città e paesi, a ba.se di cin ematografo e di cartolina illustrata. Ci ha fatto non la sola storia quale arida cronologia, irta di date e nomi, ma la storia vissuta, o meglio rivissuta nell' epnca in cui gli avvenimenti si svolsero. Ci ha dato non le caratteristiche esteriori, i tratti superficiali della città, ma la sua psicologia, l'anima dell'oggi che può dirsi la risultante di quella del passato e fa sl che Ferrara - come la sua sorella Ravenna - viva di memorie, di melanconiche memorie.
Dopo un breve indovinato esordio, Baroni descrisse la terra sulla quale Fe rrara sorge. .B la vasta pianura sulle rive del Po - laddove il mag no fiume scende alla marina. - La campagna che circonda Ferrara, pur nella sua feriicità, è triste, uniforme, desolata. Non ha Ferrara i bel colli verdi, che dagJi ultimi cont rafforti appenninici si spingono fino alle porte di Modena, Parma, Bologna, e frastagliano l'aridità del paesaggio. - Solo verso al Po, l'orizzonte estremo è celato da g randi boscaglie. Delle l unghe fil e di pioppi sembrano accompagnare col movimento delle loro esili cime l 'acqua torbida che va al mare, dei salici indicano qua e là degli stagni; j gelsi e gli olmi macchiano di verde il bisio della terra e del cielo.
I.a storia di Ferrara si chiude nel 1598. Fu in una fredda mattina, in· sul far dell'alba, « che il ponte levatoio del Castello degli Estensi, fu abbassato e l'ultimo duca seguito da 600 cavalieri, 100 fanti e 200 archibugieri, si diresse a Porta S. Maria degli Angeli. Egli diceva p er stmpre addio a Ferrara ed era diretto a Modena, dove il papa lo mandava, dopo avergli tolta la signoria. 11 princip e taceva nella berlina
Trentino
dorata e guardando per l'ultima volta le ampie vie solitaiie, un senso di angoscia gli stringeva l'animo. I cavalieri della scorta erano taciturni come se tornassero da una giornata di battaglia perduta. Fuori dalla porta la lunga cavalcata silenziosa si fermò. I gonfaloni e le insegne con l'aquila bianca e i gigli d'oro fu rono ripiegati. Un ciclo di storia era compiuto».
Di poi Ferrara divenne la città del silenzio. Durante la Rinascita Ferrara era stata una grande città di cultura : alla corte estense erano munilicamente ospitati poeti, filosofi, artisti. Nella cerchia antica delle mura turrite Ferrara accoglieva gli spiriti eletti del tempo.
Da Girolamo Savonarola, dispregiatore sdegnoso del lusso e delle cose profane, a Ludovico Ariosto, che dedica ad Ippolito d ' Este il suo Orl,mdo, da Torquato Tasso che alla corte di Ferrara conobbe la sublime follia d 'amore, a Pietro Bembo madrigaleggiante ai piedi di Lucrc:2ia Borgia - tragica nella sua bellezza - dagli Strozzi che in versi rari avevano cantato }'imprese e le glorie del principato, a Renata di Francia; da Battista Guarino, a Giulio Romano, quanti magni spiriti trovarono in Ferrara la sede adatta p er tutte Je manifestazioni dell'arte, della musica, della poesia!
J?aJ 1598 al 1859 dura la. dominazione .pontificia, ìnterrotta solo dalla rivoluzione francese e dalle insurrezioni memorì del 1831 , '48, ·49 e ' 53, colle quali Ferrara temprava i suoi cittadini alle lotte per l'indipendenza nazionale.
Fatta questa rapida corsa nei secoli , Baroni ci pone innanzi la 6gu n.zlone architettonica di Ferrara. Ecco le .... vie piane grandi come fium ane che conducono ali'infinilo chi va solo col suo /Jtniiero ardente....
ecco i grandi templi, i1 magninco duomo, dalla facciata che unisce lo stile bizantino e il romanico in una fusione di mirabile armonia, ecco i palazzi alti e massicci come fortezze, silenziosi e solitari come monasteri, alla base dei quali cresce l'e rba che piede wnano rispetterà. per lungo volger d'anni, mentre ai muri, ai cwcelli arrugginiti, ai portoni dei vasti cortili, s'abbarbica I"edera tenace; ecco le piazze troppo ampie per sembrare a.iollate e i giardini e le viuzze strette e abbandonate, dove altra volta l'amore consumò i suoi vizi, i suoi idilli, le sue traged ie.
! dovunque la solitudine e il silenzio, sl che Il « raro passante teme - quindo il suo passo risuoni troppo forte sul sekiato - di svegliare
OPERA OMNI~ DI BENITO MUSSOLINI
fantasmi riposanti da secoli, di sentire in un rombo alto l'eco dei suoi passi, di turbare con un qualsiasi rumore la dolcissima e g rave e poetica armonia di un silenzio che pa re silenzio di morte, che pare una sospen· sione generale della vita, che fa rassomigliare la città ad una città dove s'aggirano a cercar quiete di lor sventure o di lor peccata lontane, ombre e non esseri umani ».
Città dì silenzio, nel silenzio si sono svolti le grandi tragedie che insanguinarono l a reggia degli Estensi. Il Baroni ci narra della pietosa fuie di Parisina e di Ugo.
« Niun g rido a.lla scoperta deJla colpa, e niun grido nel tetro car. cere, niun g rido di donna nel grande cortile quando al t rem ulo r ider delle stelle il ministro delle opere d'alta giustizia vide denudarsi la bella nuca, b ianca pi ù della luna, nell'attesa del colpo di SCUre ».
Dopo ave r r icordato la fine dello Strani, il dominio dì Lucrezia Borgia, la prigionia di Torquato Tasso e la leggenda dell a bellissima e bionda Marfisa , il conferenziere s' avvia alla fine con una invocazione a lla città addormentata e memore « G iosue Carducci, mandava a te, o ferrea Ferrara - da Roma Santa - questa superba salutazione : questo canto vindice sul nostro Po t'invio, o Ferrara seconda madre delle itale muse »
E forse perché un tempo t roppo alto vi cantaron le m use, Ella ora si tace nel triste e g rande ed incante~ole silenzio che lei tiene in signoria la bella conferenza, accompag nata da un centinaio di riuscitissime prniezioni, fu ascoltata con attenzione dal numeroso e vario pubbl ico che salutò l'oratore con un triplice applauso.
M. B
Da Il Popolo, N. 2677, 12 aprile 1909, X.