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MEDAGLIONI BORGHESI
Il Magistrato
Da pochi minuti m'ero seduto sulla rozza panca del gabbione degli accusati, quando una delle porte laterali si apri e udii una voce solenne proclamare :
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- Entra la Corte!
Il presidente, i due giud ici, il pubblico ministero, il cancelliere, se• dettero nelle sedie dall'alto dorsale, gli avvocati distesero sopra un tavolo le loro serv iette rigonfie, su di un banco vicino sì disposero i g ioma. listi. Nel fondo il pubblico si raccolse e tacq ue. Tutti gli elementi della coreografia esisteva.no, la rappresentazione poteva senz'altro incominciare.
Declinai le mie generalità. Poi il cancelliere cominciò a leggere l'atto d'acrusa: La voce di questo impiegato - voce chioccia, strascicante, nasale - irritava. Non seguii la lettura. P refe rii ambientarmi. La sala non era molto vasta né molto affollata. Fissai i miei giudici. Il presidente era un vecchio dalla lunga barba grigiastra , dagli occhi cisposi e dalla fronte senza confini. Il giudice di sinistra dimostrava una quàrantina d 'anni. Biondo, roseo, paffutello, come il figlio di un salumaio. Fronte bassa, sfuggente. Collo taurino. Eloquio faticoso.. Il giudice di destra era uno di quegli uomini che passano nella v ita come dei commessi viag· giatori della noia. Rughe profonde g li solca.vano la fronte, le sue labbra avevano una conqazione indefinib ìle tra il sorriso e la smorfia. Il pubblko ministero e[a un uomo calvo, dall'ampia facc ia irregolare, bitorzoluta, dagli occhiali a stanghetta. Parlando dava inflessioni aspre, ostili alla voce. Il mio interrogatorio fu breve_ Rimisi nella debita proporzione i fatti e dichiarai di assumere la responsabilità di quanto mi veniva imputato. Jl pubblico ministero si alzò. Si fece un gran silenzio nell'aula.
- L'applicazione della legge senza preconcetti, senza parzialità, è il primo dovere del magistrato. Non farò lunghi preamboli. L'accusato è confesso. Si tratta di applicare per lui le pene contemplate dal codice. Chiedo una sentenza di condanna ai sensi degli articoli 1'4·1'6 del Codice Penale.
Il mio rappresentante - un avvocato di fre sco uscito dall'Univer- sità - mi tediò con una lunghissima arringa d ifensionale, Diede foR do all'universo. Ammucchiò storia, giutisprudenza, morale, poesia.... agri• coltura. Un caos di nomi, di date, di citazioni. Evidentemente il mio avvocato non si era ancora spogliato di tutto il bagaglio inutile dell'erudiiionc scolastica. Ricordo il pistolotto finale : - Eccellentissimi signori della Corte. In nome del nuovo diritto che sorge, io vi chiedo un verdetto che non inasprisca le passioni, ma porti la pace neg li mimi profondamente turbati. la Corte si rit irò per deliberare e formulare il verdetto*· (Mentre aspettavo la ~entcnza, l a figura del magistrato prese nel mio animo i contorni decisi di una delle tante cariatidi che sostengono il peso della vecchia società. Il magistrato mi apparve, non già come un sacerdote depositario della legge, ma come un servitore dei forti. Sentii un invincibile senso di ripugnanza per l'uomo che sceglie - fra le innumeri carriere - q uella che lo costringe a condannare i suoi simili. Dietro al magistrato e alla sua toga di seta nera, mi apparvero in una l ugubre visione tutti i vinti della legge, tutti i p ercossi dalla Giustizia , tutti i castigati dal codice, le schiere dei ITliserabili che caddero e vennero d alla sentenza di un magistrato segregati dal mondo - gli innocenti che non giunsero a commuovere colle loro grida invocanti pietà, le anime de' magistrati, chiuse ai sentimenti umani. La scritta : « La legge uguale per tutti », mi parve un ' ironia feroce. Dietro le pareti del tribunale sulle quali stava inciso « Passione popolare non turbi la serenità del giud izio » vidi alt ri muri più bianchi - i muri delle prig ioni dove si seppelliscono i vivi. le vittime della Giustizia mi gettavano la tempesta nel cervello. Erano i ladri che avevano rubato per fame, gli omicidi che avevano ucciso in un momento di passione morbosa, .i giovinetti trascinati al de-litto dall'ambiente ostile, i v ecchi costretti a delinquere per non dovere elemosinare, le donne che sopprimono il frutto dei loro amori, perché l'onesta morale borghese non tollera figli che non nascono da un matrimonio legalizzato dal sindaco e dal prete)
Sop ra alla immensa rovina sociale, una figura d i donna s·ergeva imponente e accanto a lei un piccolo uomo: la Giustizia e il Giudice. L 'idea e il· fatto - il simbolo e la realtà - l'istituzione e l'uomo. La solita voce interruppe il corso delle mie meditazioni : - Entra la Corte.
* In questo punto l'articolo è uq11e1tralo. I passi censurati (qui fra p u entie-si) sono riportati da l.:AV11t nirt del La~orRtOrtt, N. 24, 17 giugno 1909, V In questo numero i passi censurati sono inseriti nd tcsto ddl'interpellania contro i seque3tri, pcem1tata ·da.i deputati trentini Avaocini, Oliva, Sa:bar, Consorti al ministro della giustizia austriaco. Ire stesse considerazioni va.lgooo per i successivi passi fra parentie-s i
Il verdetto fu di condanna. Non mi meravigliai. L'aspettavo. Stciosi la mano al m io avvocato, diedi uno sguardo distratto al pubblico ricam• biando alcuni cenni di saluto e uscii fra due carabinieri, mentre i giudici, ffidentemente soddisfatti, raccoglievano le cartelle sparse sul loro banco.
Alcuni mesi dopo espiata la pena m'aggiravo nei bassifondi deJJa grande città. Volevo descrivere la vita del popolino che imbestialisce neJJa put redine e aveva bisogno di conoscere tipi, situazioni, scene, di ambientarmi insomma. All'angolo di una via malfamata, incont rai il magistrato che aveva chiesto e ottenuto la mia condanna. Il suo passo era vacillante. Lo seguii, Dopo alcuni minut i incespicò e cadde. Era uhbriaco e si addormentò. Io lo guardavo e pensavo: Guai a coloro che suanne giudicati domani.
(Oh! Giustizia scendi dai tuoi altari, deponi la tua spada che t agli:1. solo dalla parte dei poveri, lascia le hle bi lance irrugginite e osserva: JI tuo rap presentante in terra sacrIDca di giorno a Temi e a Bacco Ja notte!
Mi venne un'idea orig inale Stracciai il margine lungo di un fog lio quotidiano e postomi sotto la luce di un fanale sc rissi a grandi lette re : « L'alcool è uguale per tutti!» e deposi la lista sul petto del magist rato che continuava a dormire.
Lo scandalo fu enorme. Che cosa sarebbero mai i tuoi difensori, o povera Giustizia, se non portassero la maschera ?).
Mussolini
Da L'.A.11v1nire del lAlioralore, N. 22r 2 giugno 1909, V'·
• Nello stesso numero un lra61ctto pubblicitario de li Vit,.nd4ttle, settimanale politico-letterario-sociale, dirttto da T omaso MoniccUi, è postillato nci termini seguenti: « Con1ig/io vi11a1111nu ai ,ompagni di abbonar1i. Un abbon11m1nl o prol,tario non ,01111 rh, 6 Jjr, .JJ'anno, doi Jr, lire pr, 1em11/r,, Coloro rin i,11,11dono abbon11ni pouono 1pdir~ dir1ttamn11 il v11gli" " Milan o, opp11rt p,uolar1i preuo l'Amminh1,11zione de/l'Avvenire del Lavoratore, ùm,. ri, ,w di ,u,oglier, abbonam,n,; ('tr il Twui,ro, Tirolo , Voralb,rg. m. b.».