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LE CITTA TENTACOLARI
Emilio Verhaeren ha dato un'anima alla città.
N el canto di questo poeta belga la città è una piovra immensa che distende i suoi tentacoli, afferra e uccide.
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Mentre la civiltà antica non ebbe che una sola città tentacolare, Roma (ai tempi di Augusto gli abitanti dell ' Urbe sommavano a quattro milioni e centotrentasette mila), tutte le nazioni moderne contano parecchie città che possono essere paragonate alla mostruosa bestia che vive in fondo agli oceani.
L'urbanismo, cioè l'egemonia della vita cittadina sulla vita rurale, e la tendenza degli uomini a dirigersi verso la città, è un portato del modo di produzione capitalista. la città abbatte le antiche venerabili mura che le serravano il palpito e ne limitavano l'espansione. A11a peri fe ria si costruiscono i nuovi q uartieri, si disegnano le strade al termine delle quali i riverberi del gas brillano melanconicamente e segnano la fin e del sobborgo. una nuova città che sorge e cinge la vecch ia. Non p iù le viuzze del centro strette, sudicie, paurose: ma ampi viali alberati, le strade che si lanciano nella distesa verde della campagna, quasi a sollecitare la plebe rurale a dar l'assalto alla città non più difesa da castelli o da fosse, non più cinta da mura.
Tradurre in versi pieni di vita questo fenomeno di assorbimento, questo esodo verso le città con tutte le sue illusioni, le sue vittorie, le sue sconfitte era opera degna di un poeta.
Verhaeren è riuscito a far vibrare l'anima della città, è riuscito a personificare q uesto innwnere mucchio di palazzi e di tuguri. La realtà è divenuta un simbolo.
Nelle Campagne allucinale che precedono le CiJtà tentacolari Ver• hae ren è macabro. Una Chanson de / 011 ci ricorda l'ungherese Sandor P etOfi e alcune poesie di Baudelaire. Il cuore di PetOfi fu divorato da una iena, quello di Verhaeren è stato gettato ai topi da una donna. Nel Flagello, altra poesia del gruppo Le campagne allucinate, Verhaeren ci racconta che la morte ha bevuto del sangue al Caffè delle Tre Bare ed è ubbriaca Dopo aver respinto le vecchie che imploravano pietà e i soldati superstiti delle battaglie e la Vergine e Gesù, la Morte è entrata jn un grande albergo e ha vuotato parecchie tuie di sangue fresco. seduta accanto al fuoco. Poi se n ' è. andata traverso alle campagne e da ognì borgo, da ogni villaggio la gente veniva a lei portandole pane, carne, le frutta migliori e il dolce miele. E la Morte, coperta da un mantello tosso coi bottoni da soldato, cavalcava il suo bianco ronzino, ment re un mazzo di venni bianchi le succhiavano il cuore.
E in fondo all'orizzonte - carcassa solenne, chimera suprema - è apparsa la città che taglia a cielo con le vette dei suoi campanili. L'aria è pesante, fuligginosa, grassa: la città attira gli uomini delle pianure e delle montagne; di giorno è bruciata dal sole , è rischiarata di nottetutti i sentieri si dirigono a lei dall'infinito.
Qual crogiuolo immenso di adii, di passioni, d'amo ri! In uno spazio relat ivamente breve, quante battaglie mondiali si combattono!
Gli uomini centuplicano nella lotta le loro energie: grandi nel sacrificio, abietti nel vizio. Artificiosi e sinceri essi vjvono una vi ta molteplice, breve, concitata, avvelenata, eroica.
N ella citt-.\ è l'universo.
Accanto alle caserme g rigie, le chiese monumentali - g li uomini. che uccidono e quelli che pregano. Vicino alle strade tumultuanti della folla che si esaspera nella corsa pazza verso l'irraggiungibile, 1e vie solitarie dei giardi ni melanconici, abbandonati, dove gli alberi p rotendono i rami al disopra delle case ed ospitano fra il verde nidi di rosignolidopo i caffè pieni della gente che si diverte e dimentica, ecco gli ospedali dove si soffre e si muore. Un carro funebre incrocia un corteo nuziale, accanto alla tragedia suprema si svolge J' idillio dolcissimovi sono le donne che rinunciano alla gioia dell'amore onesto, vi sono le impudiche che vendono il proprio corpo al passante con un amm iccare osceno.
All'alba è uno squillar di campane, uno strider di sirene - di giorno è la vtrtigine dell'attiv ità che crea la r icchezza o la disperdeneIJ'ora del crepuscolo i bimbi follegs iano dava nti ai vecchi che guar• dano coll 'occhio spento di chi è arrivato alJ'omega della vita Nella notte dai grandi alberghi si sprigionano gli odori che attanagliano il ventre dei miserabili, alla notte s' odel'urlo ossessionante del vizio gio· vane, l' inno della voluttà e della distmzione, la risat a sonora e bc5t iale che schernisce le lacrime piante nell'abbandono, nel silenzio e nella mi· 5eria. N el plenilunio le vaste piazze sono bianche come i cimiteri dove la città dimentica quotidianamente a decine i suoi figli.
In alto, sul colle, v'è il vecchio mulino che macina i peccati del mondo. Là sono passati e passano i seminatori. del male suJla te rra. U nella fun ebre notte, quando la luna riflessa nel piano dell'acqua, sembra un'ostia morduta, si compie i) lavoro dell'ombra e della tenebra Sono gli avari, i servi infedeli, gli avvelenatori, i C008iurati. le streghe, gli assassin i, i vagabondi che dormono nei fossati, i mendicanti che dissot• tcrrano i morti, i pervertiti che passano per il v~chio mulino e ne discendono a gruppi di pellegrini neri, Il vecchio mulino, quando l'inverno spoglia i cilmpi, appare nel suo sfondo d'uragano e di tempeste come un ragno colossale che tesse 6.no alle stelle.
Cosl Verhaeren ha personificato la città tenta.colare per eccellenza : Parigi.
Mussolini Benito
Da Jl Popolc, N. 277'J, 12 agosto 1909, X.