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LA DISOCCUPAZIONE
Il problema della disoccupazione è forse iJ più grave tra quelli che affannano la classe lavoratrice, e quello che costituisce, per la società intera, il pericolo e il tormento maggiore. Questo fenomeno, che costituisce una sp.::cie di malattia incurabile della società capitalistica, si verifica in tutti i paesi: in quelli a grande densità di popolazione, come il Belg io e l'Jtalia, ed in quelli a natalità bassissima, come Ja Francia; nei paesi vecchi e nei paesi giovani come gli Stati Unit i, nella industriatissima Jnghilterra e nella semifeudale Russia. Quali sono le sue cause, quale l'estensione, quali i rimedi, sia pure parziali e limitati, che si possono adottare? Il formidabile argomento è trattato in una recentissima pubblicazione dell 'avvocato Arnaldo Agnelli (// pro blema e.onomico della disoccupazione operaia - Società edit riu libraria; Milano, 1909) che cost ituisce, a parer nostro, l'opera più completa e più razionale che si possieda in materia.
Anzitutto occorrerebbe conoscere con sufficiente esattezza l'estensione del male. Ma forse in questo campo ha ragione Vilfredo Pareto il q uale afferma che una vera statistica della disoccupazione è assolutamente impossibile. Le cifre raccolte da vari scrittori e provenienti da diverse fonti, oscillano fra limiti troppo vasti e indecisi, e spesso non sono esenti da esagerazioni. Il ministro Lloyd George avrebbe detto che in Inghilterra gl i operai privi di lavoro e quindi di mezzi di sussistenza non sono meno di 10 milioni; cifra evidentemente eccessiva. Nel 1902 i g iorna li tedeschi parlavano di 180.000 impi egati commercia li senza posto, mentre - a detta dello Schmeller - essi arrivavano probabilmente a 4 mila. Nel 1902, a Berlino, avendo un deputato accennato all'esistenza di 50.000 disoccupati nella sola città, il gove rno dichiarava che secondo un'indagine fatta dalla polizia, i disoccupati non ammontavano a più di 7.500. Invece una speciale inchiesta del Partito socjalista per mezzo delle organizzazioni di mestiere arrivava a queste cifre : 70.000 disoccupati in Berlino e sobborghi, e 50.000 operai con lavoro diminuito. li Molkenbi.ihr e il Varlez hanno calcolato che in Germania i disoccupati in permanenza sono non meno di 350.000 Nel censimento italiano del 1901 dichiararono di essere disoccupati 229. 117 individui sopra i quindici anni (dei quali 36.021 donne). Secondo il Fagnot e il Gide, in Fra ncia vi sono, in cifra rotonda, 300.000 disoccupati.
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TltENTINO
Come conclusione generica e approssimativa, tenendo conto di tutte lr! iocerteue e fluttuazioni, può affermarsi che nella classe operaia 1a percentuale della disoccupazione vera e propria - esclusa cioè quella dovuta a cause individuali, volontarie, speciali, malattia, inabilità assoluta (pauperismo), ed esclusi i periodi di crisi - oscilla fra il 5 e 1'8 per cento (secondo il Contento, fra il 2 e il 10 per cento). Per dare un'idea grossolana del fatto, può 'dirsi che ogni paese mantiene un esercito di disoccupati, iJ cui numero non è inferiore a quello dei soldati sotto le armi.
la causa principale della disocrupazione - la quale appare come un fenomeno« naturale» dell'economia capitalistica - deve cercarsi appunto nella imperfetta ed ingiusta òrganizzazione produttiva della società borghese, nella quale capitale e lavoro sono divisi e nemici fra loro, e la produzione è fatta per il lucro in d ividuale del capitalista, non già in vista della necessità sociale o della utilità pubblica. li disordine è lo stato normale dell'economia capitalistica; le oscillazioni cieche dell'aggregato economico producono inoltre delle scosse· violente (crisi) che rendono impossibile in un dato tempo iJ processo- normale produttivo, aggravando la miseria e i dolori.
Tutti _i tentativi più o meno empirici per eliminare la piaga della disoccupazione non hanno dato che risultati molto parziali. Tuttavia v'ha una larga serie di provvedimenti che i poteri pubblici, le organizzazioni operaie e quanti lavorano per il progresso sociale, hanno il dovere di propugnare e diffondere. La riduzjone deU'orario, l'aboli2ione del cottimo, il riposo settimanale, i turni di lavoro, gli uffici di collocamento, la legislazione sociale, rientrano in questa catc$oria di provvedimenti. Una politica largamente democratica, la riduzione deUe spese improduttive, la concess ione di lavori speciali ai disoccupati, costihtiscono uno dei più alti doveri dello Stato moderno.
Tra le diverse forme di previdenza contro la disoccupazione è da preferirsi la « assicurazione » libera, organizzata e amministrata c{agli stessi operai e integrata colle sovvenzioni dì enti pubblici (Stato, Comune ecc.) secondo quello che vien chiamato « sistema di Gand)>.
Se non è possibile - fino a che non siano radicalmente cambiate le basi della società attuale - abolire completamente: la disoccupazione, è però sempre possibile e doveroso limitarne l'estensione e aUeviarne i dolori, A promuovere un'azione efficace devono contribuire energicamente i pubblici poteri, nell'interesse di tutta la società, stimolando, proteggendo e completando l'iniziativa degli individui e delle organiuazioni, e accelerando il moto ascensionale delle classi lavoratrici.
Il pqpoJq, N. 2787, 2~ agosto 1909, X (•, ns),