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di Marijana Milkovic
LA NATURA E IL NATURALE NELLA LETTERATURA DELLA GRANDE GUERRA
di Marijana Milkovic
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Seppur logicamente comprensibile, è impressionante quanti valori assumano la natura e il naturale e quanto essi siano presenti nei testi legati alla Grande Guerra. Lo scopo di questo scritto è una riflessione sulla natura e l’uomo che prende spunto dall’intervento Intellettuali in guerra. Diari e lettere dal fronte tedesco 1914-1918. Non si farà una panoramica dei punti e delle interessanti immagini ben studiate dalla studiosa, ma ci si limiterà a svolgere una meditazione forse fin troppo lineare.
Uno dei punti centrali nel rapporto tra l’uomo e la natura nella letteratura analizzata è la ricerca dell’identità collettiva e il ritorno al primordiale. Da gran parte degli esempi citati emerge che l’individuo non si riconosce nello Staat, crede che esso sia lontano dalla sua esistenza, che sia quasi il suo opposto. L’io è deluso, si sente isolato e solo, è in cerca delle proprie radici, di un’appartenenza, di una comunità che non sia quella urbana e che non derivi dalla civilizzazione moderna alla quale tenta di trovare una alternativa. È proprio questo desiderio di appartenenza che diventa terra feconda per coloro che come volontari partecipano alla Grande Guerra. Il loro bisogno di “fare parte di” li porta a dimenticare sé stessi e diventare la massa destinata a morire nella sua maggioranza al fronte. Di conseguenza, la loro intenzione di identificarsi con la comunità, con il Volk, li ha portati a dimenticare sé stessi e quasi a non rendersi conto del sacrificio che hanno compiuto. Sono andati dunque incontro alla morte. Tale morte però non è come per ogni essere vivente un fatto naturale, qui, nella Grande Guerra, avviene infatti in un modo tale che nel linguaggio standard non si può definire naturale. Da questo punto di vista è possibile dunque dire che la loro corsa verso il naturale e il primordiale li abbia in realtà allontanati dal loro obiettivo.
Emerge comunque da questi testi una natura che veramente si costituisce come ente con cui l’individuo può identificarsi e attraverso il quale può trovare una certa collettività. Infatti, anche se non si trovano immagini edeniche della natura, essa è in ogni caso capace di generare un’esperienza esistenziale che porta al processo di inserzione del singolo nel Volk. Se il dualismo contraddittorio appena evidenziato nel precedente paragrafo rimanda al romanticismo, qui si ritorna all’unione che è stata già scoperta dai mistici, con la differenza che ora tale unione avviene proprio tramite la guerra che diventa specchio delle leggi della natura. La si lega al primordiale e al ferino. La natura è il riflesso degli stati d’animo e dei sentimenti. Le immagini e la percezione della natura vanno dalla forza, dal benessere, dall’avventuroso e dall’eroico, all’imprevedibile, all’indomabile e al selvaggio. Un antagonismo delle leggi della natura che secondo alcuni pensieri filosofici e ideologici rende la guerra necessaria.
Dunque, tale natura facilmente può diventare simbolo dell’interiorità del soldato e la guerra può nuovamente radicare l’individuo nella comunità. La sua forza primordiale fa perdere all’uomo il suo “singolismo”, lo collega con i suoi avi e fa di lui uno degli alberi della foresta, uno che appartiene al Volk, uno che fa parte della memoria, uno degli anonimi anelli nella storia della patria. Si tratta dunque di una specifica condizione psicologica del singolo che vuole riconoscersi come parte di qualcosa e trova così la propria identità nell’anonimato. L’estrema situazione bellica aiuta dunque l’uomo a riconoscersi. I testi mostrano, in questo processo, non soltanto la natura come sfondo di un conflitto tra gli esseri umani, ma anche come il loro più profondo e originario elemento.
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