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di Francesca Riva

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di Chiara Tavella

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IL VERDE E IL ROSSO: PACE E GUERRA IN ITALO SVEVO di Francesca Riva

Per Zeno-Svevo – come è noto – l’unica «malattia» «sempre mortale» è la «vita» stessa, che «non sopporta cure»; ad esemplificazione di questo concetto, Svevo raffigura il tentativo inutile nonché dannoso, in quanto ci condurrebbe al soffocamento, di chiudere i «buchi che abbiamo nel corpo credendoli delle ferite».852 Il paragone, quasi bizzarro, sembra suggerito, a ben guardare, da uno scenario bellico, in quei «buchi nel corpo» che richiamano i fori provocati dai proiettili. Le ultime pagine della Coscienza di Zeno vedono irrompere la Grande Guerra, anche nelle date pregnanti del diario quali quelle del maggio 1915, a pochi giorni dall’entrata nel conflitto dell’Italia. John Gatt-Rutter propone una suggestiva definizione del trittico composto dalla Coscienza, da La novella del buon vecchio e della bella fanciulla (ambientata tra Caporetto e Vittorio Veneto), e da Una burla riuscita (svoltasi negli ultimi giorni di combattimento e in quelli successivi),853 ossia di «una originalissima letteratura di guerra, letteratura di non combattenti».854 Zeno narra che il 23 maggio, a Lucinico, linea di fuoco in quanto al confine, dove si trovava in vacanza, viene sorpreso dalla guerra e costretto a riparare a Trieste, lasciando soli i suoi; non può rientrare in villa e pertanto, con suo rammarico, nemmeno consumare il bramato caffelatte: «In altre condizioni io mi sarei adirato enormemente di non poter mangiare avendo tanta fame. Invece quel giorno la grandezza dell’avvenimento storico cui avevo assistito, m’imponeva e m’induceva alla rassegnazione».855 La boutade richiama un altro passo della Coscienza, di manzoniana memoria: «Curioso come a questo mondo vi sia poca gente che si rassegni a perdite piccole; sono le grandi che inducono immediatamente alla grande rassegnazione».856 Il racconto viene condotto mediante la consueta ironia sveviana: Zeno, raggiunti Teresina e suo padre, nei campi «al di là dell’Isonzo», per cogliere rose con cui omaggiare la figlia Antonia, si imbatte, sulla via del ritorno, in soldati che lo esortano ad allontanarsi al più presto di lì. La guerra irrompe tra l’incredulità generale, che non è soltanto finzione narrativa: è «un periodo di falsi allarmi», «e quando finalmente arriva» «la dichiarazione di guerra il 23 maggio quasi non vi si crede».857 Zeno ha modo di rassicurare, affastellando tutta una serie di bugie, il padre di Teresina e i soldati stessi che, sorprendentemente, non hanno notizie certe: «a Roma» – afferma perentorio Zeno – «ci hanno ora il Giolitti» e «la guerra è proprio definitivamente scongiurata».858 Zeno diventa ciarliero, dicendo «delle cose che veramente non ama di rammentare». 859 In lui affiorano subito, infatti, i sensi di colpa, tradotti dapprima in «inquietudine», sentimento che il personaggio sveviano cerca in ogni modo di scansare, ma senza riuscirvi: «Mi rese anche più nervoso l’incontro casuale con un plotone di soldati che marciava sulla strada in direzione di Lucinico. […] Per qualche tempo camminai dietro di loro inquieto. […] La mia inquietudine e la mia fretta erano sciocche. Era pure sciocco d’inquietarsi per aver assistito all’inquietudine di un contadino».860

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Le parole date da bere al padre di Teresina e ai soldati gli «pesarono sulla coscienza», a seguito di tale presa d’atto: «Nell’orrendo temporale che scoppiò, probabilmente tutte le persone

852 I. SVEVO, La Coscienza di Zeno, in Romanzi, a cura di P. SARZANA, Milano, Mondadori, 1998, p. 1116. 853 I. SVEVO, La novella del buon vecchio e delle bella fanciulla, in Racconti e scritti autobiografici, a cura di M. LAVAGETTO, Milano, Mondadori, 2004, pp. 443-498; e Una burla riuscita, ivi, pp. 199-264. 854 J. GATT-RUTTER, Guerra, in Alias Italo Svevo, vita di Ettore Schmitz, scrittore triestino, Siena, Nuova immagine editrice, 1991, p. 437. Cfr. anche G.A. CAMERINO, Un viaggio in Germania e l’inaspettata realtà della guerra (19141915), in Svevo, Torino, Utet, 1981, pp. 329-343. 855 I. SVEVO, La Coscienza di Zeno cit., p. 1112. 856 Ivi, p. 959. 857 J. GATT-RUTTER, Guerra cit., p. 418. 858 I. SVEVO, La Coscienza di Zeno cit., p. 1105. 859 Ibidem. 860 Ivi, p. 1106.

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ch’io rassicurai perirono. Chissà quale sorpresa ci sarà stata sulla loro faccia cristallizzata dalla morte».861 A Trieste, rassicurato sulle sorti della famiglia riparata a Torino, Zeno, nell’ufficio vuoto, poiché i suoi «pochi migliori impiegati sono andati a battersi di qua o di là», torna a scrivere per passare il tempo: la rilettura del suo manoscritto lo riporta a un passato che ora, di fronte all’enormità indiscutibile della guerra, gli sembra quieto, silenzioso, composto da «giocattoletti».862 La guerra ha trasformato Zeno in «un uomo del tutto nuovo»;863 in chiusa di romanzo, egli si dichiara guarito, alla faccia del dottor S., e – sostiene – tale convinzione non gli viene solo dal sentirsi «un privilegiato in mezzo a tanti martiri».864 Riaffiora qui, fra le righe, di nuovo il senso di colpa. Zeno aveva innanzi affermato: «A me pare che soltanto ora sono staccato definitivamente dalla mia salute e dalla mia malattia. Cammino per le vie della nostra misera città, sentendo di essere un privilegiato che non va alla guerra».865 Mario Samigli, pseudonimo giovanile di Svevo, nella novella Una burla riuscita, temendo il giudizio del «consiglio di guerra» per essere stato «uno dei pochi letterati italiani restati in città», «scrisse molto durante la guerra», soprattutto delle «favole dal senso dubbio»: «Doveva venire la guerra ad insegnargli che la favola poteva divenire un’espressione del proprio animo».866 Svevo, impegnato nella difficile gestione della ditta Veneziani, che non aveva comunque cessato di fornire vernici alla Marina austriaca, nonostante l’irredentismo di Gioachino e, in parte, dello stesso Ettore,867 in una lettera del 10 dicembre del 1915, scrive alla figlia Letizia: «Il mio augurio sarebbe di vedere presto passata quest’epoca che poi è troppo lunga. […] Fiabe non ne faccio più. La realtà mi distrae troppo dal sogno […]. Sto diventando un uomo d’affari molto serio».868 La guerra induce Zeno alla fortunata compravendita, nell’agosto del 1915, di una «partita non grande di incenso»,869 segnando l’inizio del suo successo commerciale, ma, dopo l’armistizio, «scoppiata la pace», egli non riuscirà più ad adeguarsi alle mutate leggi dei mercati e capitolerà nell’«affare disastroso» del sapone,870 come leggiamo nel Vegliardo. 871 Al protagonista della Novella del buon vecchio e della bella fanciulla ogni «manifestazione di guerra» «cui assisteva» «faceva ricordare con uno stringimento di cuore, ch’egli in seguito alla guerra guadagnava tanto denaro».872 I personaggi sveviani sembrano dunque muoversi, in tale contesto, tra sbigottimento, rassegnazione, rimorso, ma anche ipocrisia ed egoismo. Il «buon vecchio», quando sentiva «il brontolìo del cannone», si chiedeva perché non avessero «ancora inventato il modo di ammazzarsi senza fare tanto chiasso», e, in Caporetto, fingendo dolore, in realtà non vide «che un beneficio: La guerra si allontanava da Trieste e perciò da lui».873 Lo Zeno settantenne del Vegliardo segna un discrimine tra il prima e il dopo la guerra; il dopoguerra consegna un mondo completamente mutato: «la civiltà patriarcale è tramontata per sempre, scomparsa con l’ultraottantenne Francesco Giuseppe»; la differenza generazionale diventa insormontabile e porta, per esempio, Zeno e il figlio Alfio all’incomunicabilità:874 «fra me e lui c’era non solo una differenza d’età ma molto di più. La guerra ci divideva».875

861 Ivi, p. 1110. 862 Ivi, p. 1102. 863 Ibidem. 864 Ivi, p. 1114. 865 Ivi, p. 1102. 866 I. SVEVO, Una burla riuscita cit., pp. 201-202. 867 Cfr. J. GATT-RUTTER, Guerra cit., pp. 424-425. 868 I. SVEVO, Epistolario, a cura di B. MAIER, Milano, Dall’Oglio, 1966, p. 725. 869 I. SVEVO, La Coscienza di Zeno cit., p. 1115. 870 I. SVEVO, Il Vegliardo, a cura di G. LANGELLA, Milano, Vita e Pensiero, 1995, p.182. 871 Ivi, p. 872 I. SVEVO, La novella del buon vecchio e della bella fanciulla cit., p. 451. 873 Ivi,p. 460 e p. 463. 874 Cfr. G. LANGELLA, Il romanzo delle frontiere. Una chiave per «Il Vegliardo», «Aghios. Quaderni di studi sveviani», Trieste, Campanotto Editore, I, 1997, p. 22. Cfr. anche G.A. CAMERINO, La fine di un mondo, in Svevo cit., pp. 342-354, e B. STASI, Zeno, l’impero austro-ungarico e la guerra, «Critica letteraria», I, 2012, pp. 93-105. 875 I. SVEVO, Il Vegliardo cit., p. 63.

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Zeno e gli altri sono, in fondo, proiezione di Ettore Schmitz, che non indulge verso se stesso; egli, anzi, descrive in modo impietoso il suo personaggio di fronte all’imponenza atroce della guerra, che, al di là dell’immancabile ironia sveviana, resta, per lo scrittore triestino, tragicamente seria e aberrante, come suggerito da alcuni passi della Coscienza: «La piaga cancrenosa (come in Austria si appellò subito la fronte italiana) s’era aperta e abbisognava di materiale per nutrire la sua purulenza. E i poveri uomini vi andavano sghignazzando e cantando. Da tutti quei treni uscivano i medesimi suoni di gioia o di ebbrezza».876

Zeno, giunto a Trieste, si addormenta con l’«infantile idea ottimistica» che «alla frontiera non era ancora morto nessuno e perciò la pace si poteva rifare».877 Svevo è, tra l’altro, autore di un incompiuto trattato Sulla teoria della pace, 878 circa la possibilità della pace universale; nel saggio, di cui ci restano alcune parti, è decisa la condanna della guerra, che «è e resta una cosa turpe per ogni uomo equilibrato e morale». «La sua turpitudine – afferma Svevo – non è diminuita né dal patriottismo né dall’eroismo».879 Sono parole di alto significato etico; egli non appoggia il costituirsi della nascente Lega delle Nazioni, che non corrisponde all’ideale di tolleranza sovranazionale da lui propugnato; egli sostiene, se non lo smantellamento delle frontiere, almeno la loro penetrabilità.880

Nella parte conclusiva della Coscienza vengono descritti due luoghi bellici, l’Isonzo e il Carso, accomunati dal colore verde. Poco indietro, Zeno, osservando un tramonto, aveva registrato il fenomeno per cui il «verde smeraldo», «un colore magnifico», «mite», fissato a lungo, di «un lembo di paesaggio», veniva coperto interamente, sulla retina, chiudendo gli occhi, dal «suo colore complementare, un rosso smagliante».881 Come è stato dimostrato, il verde rappresenterebbe il colore oggettivo della salute opposto a quello rosso, causato dall’attività soggettiva dell’occhio, che induce Zeno allo sbaglio e, fuor di metafora, a un’interpretazione errata della propria vita all’insegna della malattia.882 Zeno, prima di essere «raggiunto dalla guerra», passa un «giorno solitario alle rive dell’Isonzo», in «uno di quegli istanti rari» «di vera grande oggettività in cui si cessa finalmente di credersi e sentirsi vittima». «In mezzo a quel verde rilevato» dagli «sprazzi di sole», Zeno sa «sorridere alla sua vita ed anche alla sua malattia».883 «Nota predominante nel paesaggio» carsico è lo stesso «verde», «mite» – e si noti la persistenza dell’attribuzione al colore di questo aggettivo sinonimo pure di pacifico – ma «non umile», che attornia «la pietra sporgente dappertutto».884 La guerra «raggiungerà» Zeno, «stupefatto», mentre «viveva in piena calma in un fabbricato di cui il primo piano bruciava», e che, presto, sarebbe stato sommerso intero dalle «fiamme». A breve, così, il verde «mite» della pace, di tanto estatico splendore, sarebbe stato invaso dal «rosso fiammeggiante», «come un incendio spaventoso», del sangue spremuto dalla guerra. 885

876 I. SVEVO, La Coscienza di Zeno cit., pp. 1112-1113. 877 Ivi, p. 1113. 878 I. SVEVO, Sulla teoria della pace, in Italo Svevo. Teatro e saggi, a cura di M. LAVAGETTO, Milano, Mondadori, 2004, pp. 859-877. 879 I. SVEVO, Sulla teoria della pace cit., p. 873. 880 Ivi,p. 876. A riguardo cfr. anche Svevo e la prima guerra mondiale, in G.A. CAMERINO, Italo Svevo e la crisi della Mitteleuropa, Napoli, Liguori, 1974, 2002², pp. 169-192. 881 I. SVEVO, La Coscienza di Zeno cit., pp. 1088-1090. 882 Cfr. G. LANGELLA, La teoria dei colori complementari e la strategia narrativa de La coscienza di Zeno, in Italo Svevo. Il sogno e la vita vera, a c. di M. SECHI, Roma, Donzelli editore, 2009, pp. 47-61. 883 I. SVEVO, La Coscienza di Zeno cit., p. 1097. 884 Ivi, p. 1112. 885 Ivi, p. 1101 e p. 1089.

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