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Dal Mediterraneo allargato al Mediterraneo affollato: l’evoluzione del Mare Nostrum a discapito dell’interesse nazionale
«Il Mediterraneo allargato: «Un continuum geostrategico e geoeconomico con il Mar Nero e l’Oceano Indiano e il Golfo Arabico (...)».
Il Mare Nostrum degli antichi romani ha cambiato pelle, poiché ormai da quattro decenni si parla di un nuovo Mare Mediterraneo: il cosiddetto «Mediterraneo allargato», che si estende a ovest fino al Golfo di Guinea e a est fino al subcontinente indiano passando per il Mar Rosso, il Medio Oriente e l’Asia Minore.
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Il Mediterraneo allargato è uno dei più noti e rilevanti concetti strategici ideati da alcuni ufficiali della Marina Militare come Pier Paolo Ramoino e alcuni studiosi tra cui spiccano Giorgio Giorgerini e Carlo Maria Santoro negli anni ‘80 del secolo scorso (1).Ciononostante, questo concetto ha conseguito un successo parziale. Secondo Matteo Marconi, infatti, «il successo è stato parziale, poiché è mancata un’elaborazione geopolitica esplicita», che alla fine ha azzoppato il concetto di Mediterraneo allargato. Pertanto, è mancata (e manca tuttora) una «visione del Mediterraneo, un modo per intendere i rapporti con gli altri attori e, soprattutto, il progetto che si auspica implementare» (2). Sempre secondo Marconi, «il rimando ideale che alcuni, sulla base del concetto, hanno fatto tanto a Fernand Braudel che a Samuel Huntington denuncia una mancata decisione di fondo sulla geopolitica del Mediterraneo» (3).
Inoltre, è interessante la proposta di Samuel Huntington, che legge il Mediterraneo come frattura tra tre ambiti di diversi modelli sociali: islamico, occidentale e cristiano-orientale. Pur senza entrare nei dettagli, come specificato anche da Marconi, «e ̀ chiaro che la visione che propone Huntington è caratterizzata fortemente dalla frattura, mentre Braudel immagina un modello esattamente opposto, dove l’interscambio delle esperienze e dei commerci crea un’unità, per quanto sui generis, che invita al dialogo» (4). Ciononostante, l’associazione di Braudel a Huntington non è problematica dal punto di vista descrittivo, piuttosto lo è nel passaggio all’aspetto progettuale. Nella misura in cui nel Mediterraneo allargato non ci si pone sistematicamente il problema dell’interesse/obiettivo politico, il discorso, pur essendo coerente, non può non risultare limitato (5).
Infine, è bene chiarire che l’Italia si affaccia su di un mare che dovrebbe dominare e sfruttare al meglio perseguendo il proprio interesse nazionale, un interesse che altri paesi sfruttano molto bene, ma non lo Stivale. Tutto ciò avviene perché non c’è una vera politica estera italiana da decenni, probabilmente dall’epoca del duo Craxi-Andreotti a Palazzo Chigi e alla Farnesina.
Durante il suo discorso di insediamento lo scorso 4 novembre, il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, l’ammiraglio di squadra Enrico Credendino, ha elencato tra le priorità del suo comando la «diffusione
della cultura marittima in un paese che dipende dal mare in ogni aspetto sociale economico e di sicurezza» (pilastro per la comprensione e la divulgazione del concetto di Mediterraneo allargato) e il «rinnovamento dello strumento operativo» (in soldoni, senza nuove unità navali è inutile parlare del futuro della Penisola nel Mediterraneo allargato).
«Al centro del Mare Nostrum, l’Italia — ha ricordato l’ufficiale ammiraglio torinese, citando anche la recente istituzione della Zona Economica Esclusiva (ZEE) da parte del Parlamento — è un paese a spiccata connotazione marittima, fortemente dipendente dal mare in ogni aspetto socioeconomico e di sicurezza [… ]. Il Mediterraneo, critico fianco meridionale della difesa dell’UE e della NATO, è oggi al centro di preoccupanti competizioni e di interessi geopolitici ed economici dei paesi rivieraschi: intensificando la loro presenza militare in tutta la regione, attori statuali e non statuali mettono a rischio i nostri diritti per lo sfruttamento delle risorse marine e insidiano la fondamentale libertà dei traffici marittimi e della navigazione, che è nostro imperativo difendere e tutelare» (6).
L’area di immediato interesse nazionale — ha spiegato l’ammiraglio Credendino — è il Mediterraneo allargato: «Un continuum geostrategico e geoeconomico con il Mar Nero e l’Oceano Indiano e il Golfo Arabico. Tale area è scossa da faglie profonde, ingerenze di attori assertivi, traffici illeciti, disordini sociali e fenomeni di natura religiosa e climatica. La Marina dovrà quindi continuare ad assicurare una presenza aeronavale continua e adeguata per la sorveglianza dei bacini marittimi di interesse nazionale e la difesa delle linee di navigazione» (7).
Tuttavia, l’Italia ha bisogno di una politica estera incisiva e determinata, che tenga sì conto delle diverse sensibilità dei paesi rivieraschi, ma che persegua urbi et orbi l’interesse nazionale. Un interesse che potrebbe realizzarsi solo con la guida delle Forze navali dell’UE, magari in alternanza con l’Esagono in modo da ristabilire una presenza forte ed efficace in Libia, in Algeria
La fregata MARTINENGO durante l’operazione di vigilanza e sorveglianza marittima, atta a prevenire e contrastare il fenomeno della pirateria nel golfo di Guinea.
e in Egitto. Da oltre cent’anni, l’Italia aspetta ciò che la Gran Bretagna le promise col Patto di Londra dell’aprile 1915 e che non ottenne per il bastone tra le ruote messo dagli Stati Uniti con il sostegno della Francia. Non ci fu, infatti, l’agognata creazione del «Lago Adriatico» e nemmeno un’influente presenza italiana nel Mediterraneo Centrale e Orientale (8).
Senza una politica estera talassocratica e un gruppo di pressione navalista sulla falsariga di — mutatis mutandis — quello statunitense degli anni ‘90 del diciannovesimo secolo composto essenzialmente da Henry Cabot Lodge, Alfred T. Mahan e Theodore Roosevelt, non si vedrà mai un’Italia pronta a gestire appieno il Mediterraneo allargato e non solo a stabilire efficacemente una ZEE, ma anche a difenderla dagli interessi delle altre nazioni. Anche la stessa tanto decantata ZEE non ha ancora i regolamenti attuativi. Quindi, rimane per ora un arco senza frecce. Vorrei, infatti, vedere le navi della Marina Militare, di fronte a quelle della flotta di un altro paese, come reagirebbero. Sarebbero assertive e deterrenti? Sarebbero pronte a difendere la ZEE italiana? Come saranno sviluppate le regole d’ingaggio inerenti alla protezione e alla difesa della ZEE?
La naturale evoluzione del concetto strategico del Mediterraneo allargato dovrebbe portare a sposare una «direzione geopolitica esplicita, discussa in modo sistematico e che impegni l’Italia in un quadro d’interessi più ampio» (9). Il concetto sottende una sfera politica unionista. Pertanto, se vogliamo accettarne la prospettiva d’azione ciò porta all’obiettivo dell’unione lato sensu dei paesi rivieraschi. Quest’ultima, dovrà pero ̀ essere perseguita in un ambito politico più ampio dello Stato-nazione (10).
Come ben analizzato da Marconi: Queste dovrebbero essere le coordinate minime per cominciare a dibattere sul pensiero geopolitico di Mediterraneo allargato. Dovremo poi interrogarci su quanto dovrebbe essere ampio questo spazio politico, ossia se possa coinvolgere solo NATO e UE oppure anche gli attori non occidentali dell’area. Altra questione centrale è in quali istituti politici debba consistere la nuova unione del mare. Tutto questo, però, non sarebbe conclusivo se non in relazione all’interesse proprio dell’Italia. L’unione del Mediterraneo, vero centro del Mediterraneo allargato, rappresenta davvero gli interessi italiani? Fino a che punto la rinnovata stabilita ̀ del Mediterraneo sarebbe in grado di rispondere alle esigenze politiche ed economiche italiane? Oppure e ̀ piu ̀ opportuno per il nostro paese guardare totalmente al continente europeo? Comunque si voglia rispondere a queste domande, deve essere evidente che solo la chiarezza di un pensiero autenticamente geopolitico permettera ̀ all’Italia di avere nitidi i propri interessi per poterli perseguire coerentemente (11).
Tra i paesi da temere di più non c’è la Russia, che come l’Italia, ma per diversi motivi, non poté avere la sua parte di «bottino» dopo la fine della Grande guerra, e che giustamente è finalmente arrivata ai «mari caldi» a cui ambisce fin dai tempi di Pietro il Grande stabilendo due basi militari in Siria (dirimpetto a quelle inglesi a Cipro) e acquisendo una notevole influenza in Cirenaica e nel Mediterraneo Orientale (12).
Il problema del Mediterraneo allargato e dell’interesse nazionale italiano è il problema turco-libico. La questione del Mediterraneo affollato da tanti attori, tra cui la Cina, che sta comprando porti a destra e a manca tramite la vincita di appalti per la gestione del traffico intermodale e la costruzione di porti duali (militare/base e cargo/civile) in colli di bottiglia importanti.
Come specificato da Gino Lanzara, il neo-ottomanesimo del presidente Recep Erdoğan «definisce comunque le ambizioni geopolitiche turche, a partire dall’ascesa di Turgot Özal nel 1983, e ora incarnate dal governo del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp), catalizzatore dell’incontro tra il progresso e un’identità storica data per erosa dalla politica kemalista dei primi sessant’anni repubblicani» (13). Erdoğan e accoliti non hanno proceduto a una islamizzazione ortodossa all’iraniana, quanto a una «riconciliazione con l’Islam e a una revisione del laicismo kemalista» (14). Operazione che ha comunque indebolito il potere detenuto dai militari, custodi istituzionali della laicità dello Stato, e ha condotto a una revisione della politica estera turca, ora più distante dall’Unione europea e, apparentemente, da Israele, con avvicinamenti a Russia e Cina, e attriti con l’occidentalità espressa dalla NATO. Si tratta di una concettualizzazione elaborata in ambito accademico, e si fonda sull’idea che l’Islam sia elemento
utile al rafforzamento dei valori nazionalisti. Secondo una dinamica che tuttavia depotenzia qualsiasi afflato secolare, e accantona il multiculturalismo acuendo gli scontri etnici, per esempio con l’entità curda e, già in passato, con quella armena.
Quando alla fine del 2020 il governo libico guidato dall’allora primo ministro libico Fayez Al-Sarraj chiese un aiuto concreto all’Italia per fermare le truppe del generale Khalifa Haftar, giunto a una ventina di chilometri da Tripoli, Roma nicchiò e non decise di inviare un paio di navi alla fonda di fronte alla capitale libica. Quindi, Al-Sarraj si rivolse ai turchi che decisero bene di prendere lo spazio lasciato libero dall’Italia.
Il Mediterraneo affollato con lo stato quasi fallito libico pone dei problemi seri alla politica estera dell’Italia.
L’Italia è una penisola tuttora centrale del concetto del Mediterraneo allargato, ma a causa dell’inceppamento e sovrapposizione di diversi interessi nazionali tra cui, solo per citarne uno, quello della Francia — con buona pace dei firmatari del recente Patto del Quirinale tra lo Stivale e l’Esagono — della Turchia, dell’Egitto, dell’Algeria, del Marocco e della Spagna, si sente sempre di più il bisogno di un’Europa forte che accetti tutte le sue responsabilità. Il Mediterraneo deve diventare una priorità per l’UE e per l’unica troika che possa veramente creare una Europa della Difesa unita e una futura Europa politica: Germania, Francia e Italia devono potere lavorare insieme per gestire un Mediterraneo affollato e agguerrito.
Pur non volendo essere pessimista, la Comunità europea della Difesa è per ora un pio desiderio. Quindi, meglio puntare nuovamente sulla sempiterna e longeva alleanza militare della NATO.
Per un paese provinciale come l’Italia dovrebbe essere una priorità avere il posto in scadenza di Segretario generale della NATO, un modo per avere una voce e una antenna che conosca in anticipo gli umori e cosa bolle in pentola a Mosca e a Washington.
Alla NATO a trazione polacco-baltica, l’Italia dovrebbe sostituire una maggiore attenzione, per esempio, al quadrante del Mediterraneo.
Il fallimento italiano del 2004 con l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini e, in un secondo momento, con l’ex ministro della Difesa Antonio Martino, oggi potrebbe essere usato come un credito dalla nostra diplomazia a Washington.
Resta, comunque, il dubbio che la classe politica attuale non abbia ben chiare le priorità della politica estera della Penisola. Pare che ci sia una disfasia tra i politici e (qualche) statista e la dirigenza delle Forze armate. Il secolo blu deve essere un secolo italiano con una forte politica navalista e mediterranea (da allargare fino all’Indo-Pacifico), ma senza una parimenti forte e navalista politica estera non vedo alcuna possibilità di riuscita (15). Nonostante il ritiro delle truppe italiane in Afghanistan e il loro impiego in altre missioni (ci sono circa 10.000 militari italiani impiegati in missioni fuori area, tra cui le Forze speciali al confine tra Libia e Sahel/Barkane), lo sforzo della media potenza italiana non è sufficiente.
Tuttavia, l’Italia, con le proprie sole forze, non è in grado di cambiare la traiettoria dello sviluppo economico e sociale dell’Africa. Le istituzioni finanziarie internazionali possono svolgere un ruolo decisivo. Infatti, «l’allargamento del perimetro geografico di intervento della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo all’Africa sub-sahariana e il rafforzamento delle dotazioni di capitale della Banca Europea degli Investimenti, della Banca Mondiale e della Banca Africana di Sviluppo aiuterebbero molto» (16).
Si spera, comunque, che la «Direttiva ministeriale per la strategia di Difesa e sicurezza nel Mediterraneo» (17), in corso di emanazione, possa costituire un primo ed essenziale passo verso il riconoscimento del ruolo dell’Italia come media potenza regionale marittima. Tuttavia, è bene precisare che lo strumento marittimo necessita di una flotta coerente e bilanciata in tutte le sue componenti, in grado di integrarsi nei dispositivi internazionali per la difesa comune e di fronteggiare autonomamente le emergenze, qualora non si possa fare affidamento sul concorso degli alleati — a tal fine si prenda per esempio
il rinnovamento delle Forze di autodifesa giapponesi, dal 2010 in poi, sia a livello qualitativo che quantitativo (18) — al fine di garantire al nostro paese la più ampia gamma di interventi in mare (19).
Al momento, pare che manchino una visione navalista e un calcolo dei rischi da prendere necessari per rimettere in carreggiata una nazione in crisi di identità. Infine, finché non si avrà — forse col premier Mario Draghi? — uno slancio verso un sistema nazione pari a quello francese o britannico, ogni sforzo sarà velleitario. 8
NOTE
(1) Ramoino P.P., «La NATO e il “Mediterraneo allargato”: primavera araba, intervento in Libia, partnerships», Quaderni di Scienze Politiche. Università Cattolica del Sacro Cuore. Vol. 4 (2012), pp. 73-84. (2) Marconi M., «Dallo spazio fisico allo spazio relazionale. Una nuova visione geopolitica per il Mediterraneo allargato?» in Gnosis, 1/2016, p. 33. (3) Cfr. Marconi, op. cit., p. 34. Il concetto di Mediterraneo allargato rimanda all’intuizione dello storico francese Fernand Braudel, elaborata negli anni ‘40 del secolo scorso per significare che il Mar Mediterraneo non è composto da un unico bacino fisico, bensì da una successione di mari e di terre uniti tra loro da scambi commerciali, politici e culturali che sono arrivati a produrre, al loro apogeo, un mare ben più ampio di quello visibile sulle carte. Per Braudel ciò che contava nell’economia del Mare Mediterraneo erano le molteplici relazioni tra gli uomini che, al di là delle politiche dell’identità, componevano un quadro di comuni interessi e complicità, sorprendentemente unito. Una vera e propria teoria geografica, che guardava alle relazioni tra le cose per giungere a una sintesi non solo morfologica ma relazionale. Per questo motivo lo storico francese parlava del Mediterraneo come di un «centro luminoso», la cui forza di civilizzazione superava i limiti del bacino fisico e diradava man mano, tanto che non poteva distinguersi nettamente la luce dall’ombra, ossia non erano precisamente determinabili i confini fisici. (4) Marconi, op. cit., p. 34. (5) Ibidem. (6) Cfr. Credendino E., «Discorso di insediamento del Capo di Stato Maggiore della Marina», 4 novembre 2021 (https://www.marina.difesa.it/media-cultura/Notiziarioonline/Pagine/20211105_ Ammiraglio_Enrico_Credendino_nuovo_CSMM.aspx). (7) Ibidem. (8) Foppiani O., «The Italian Navy in the Adriatic, 1918-1919. An Unknown Actor between Diplomatic Rivalry and International Competition», in Nuova Rivista Storica, Anno 2017-Volume CI-Fascicolo III, passim; ID. «Italy’s Aspirations in the Adriatic Sea in the Aftermath of World War I: Impromptu Intelligence and Naval Diplomacy», in J. Baev and D. Minchev (a cura di), Unsettled Problems after the 1919 Peace Conference. Military Conflicts and Diplomatic Negotiations (Sofia: Veles Publishing, 2020), pp. 201-202. (9) Marconi, op. cit., pp. 40-41. (10) Marconi, op. cit., pp. 40-41. (11) Ibidem. (12) Ceccarelli Morolli D., Appunti di Geopolitica, Roma 2018, p. 229. (13) Lanzara G., «Neo-ottomanesimo e profondità strategica» in La Voce di Ginevra, 20 maggio 2021 (https://lavocediginevra.ch/neo-ottomanesimo-e-profonditastrategica). (14) Ibidem. (5) De Leonardis M., «Ambizioni, interessi nazionali e ideali dell’Italia», Rivista Marittima, 8-9 (2014), pp. 125-133, passim. (6) Massara G., «L’Italia e il Mediterraneo allargato», 25 maggio 2021, Aspenia Online. International Analysis and Commentary (https://aspeniaonline.it/litalia-e-ilmediterraneo-allargato). (7) Romano L., «Il Mediterraneo (più che) allargato. Guerini presenta la strategia della Difesa», in Formiche, 21 aprile 2021 (https://formiche.net/2021/04/guerinimediterraneo-strategia-difesa). (18) Fatton L.P., Foppiani O., Japan’s Awakening. Moving toward an Autonomous Security Policy. Berna e New York, Peter Lang, 2019, passim. (9) De Giorgi G., «L’importanza strategica degli assetti marittimi italiani nell’area mediterranea», in Gnosis, 1/2006, pp. 1-2 (http://gnosis.aisi.gov.it/Gnosis/ rivista46.nsf/servnavig/10?Open&Highlight=2,De+Giorgi), passim.
BIBLIOGRAFIA MINIMA
Braudel Fernand, La Méditerranée et le monde méditerranéen à l’époque de Philippe II, Armand Colin, Parigi, 1949. Credendino Enrico, «Discorso di insediamento del Capo di Stato Maggiore della Marina», 4 novembre 2021 (https://www.marina.difesa.it/media-cultura/Notiziarioonline/Pagine/ 20211105_Ammiraglio_Enrico_Credendino_nuovo_CSMM.aspx). De Giorgi Giuseppe, «L’importanza strategica degli assetti marittimi italiani nell’area mediterranea», in Gnosis, 1/2006, pp. 1-2 (http://gnosis.aisi.gov.it/ Gnosis/rivista46.nsf/servnavig/10?Open&Highlight=2,De+Giorgi). De Leonardis Massimo, «Ambizioni, interessi nazionali e ideali dell’Italia», Rivista Marittima, 8-9 (2014), pp. 125-133. Fatton Lionel e Foppiani Oreste, Japan’s Awakening. Moving toward an Autonomous Security Policy. Berna e New York, Peter Lang, 2019. Foppiani Oreste, «The Italian Navy in the Adriatic, 1918-1919. An Unknown Actor between Diplomatic Rivalry and International Competition», in Nuova Rivista Storica, Anno 2017-Volume CI-Fascicolo III. Foppiani Oreste, «Italy’s Aspirations in the Adriatic Sea in the Aftermath of World War I: Impromptu Intelligence and Naval Diplomacy», in J. Baev and D. Minchev (a cura di), Unsettled Problems after the 1919 Peace Conference. Military Conflicts and Diplomatic Negotiations (Sofia: Veles Publishing, 2020). Lanzara Gino, «Neo-ottomanesimo e profondità strategica» in La Voce di Ginevra, 20 maggio 2021 (https://lavocediginevra.ch/neo-ottomanesimo-e-profondita-strategica). Marconi Matteo, «Dallo spazio fisico allo spazio relazionale. Una nuova visione geopolitica per il Mediterraneo allargato?» in Gnosis, 1/2016, pp. 33-41. Massara Gaetano, «L’Italia e il Mediterraneo allargato», 25 maggio 2021, Aspenia Online. International Analysis and Commentary (https://aspeniaonline.it/litalia-eil-mediterraneo-allargato). Ramoino Pier Paolo, «La NATO e il “Mediterraneo allargato”: primavera araba, intervento in Libia, partnerships», Quaderni di Scienze Politiche. Università Cattolica del Sacro Cuore. Vol. 4 (2012). Ramoino Pier Paolo, «Geopolitica e strategia navale. Considerazioni sull’attualità», Rivista Marittima, 6 (1993), pp. 13-16. Romano Luigi, «Il Mediterraneo (più che) allargato. Guerini presenta la strategia della Difesa», in Formiche, 21 aprile 2021 (https://formiche.net/2021/04/guerini-mediterraneo-strategia-difesa).