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Il contesto securitario del Mediterraneo allargato e la protezione degli interessi nazionali marittimi: il ruolo della Marina Militare

Daniele Panebianco

Ufficiale della Marina Militare in servizio attivo. Entrato in Accademia navale nel 1990, ha servito sia a bordo di numerose unità navali, sia in diversi staff in prevalenza multinazionali. Ha partecipato a numerose attività e operazioni militari a livello nazionale, NATO, UE, Nazioni unite e di Coalizione. Specializzato in «Contromisure Mine Navali», è stato comandante di nave Gaeta e della Squadriglia cacciamine costieri 54. Più di recente ha servito presso il Centro innovazione dello Stato Maggiore della Difesa e, successivamente, nello staff di diretta collaborazione del Ministro della Difesa quale Consigliere per l’attuazione del programma di governo. Attualmente è il Capo Ufficio Politica delle Alleanze del 3° Reparto Pianificazione e Politica Marittima, dello Stato Maggiore della Marina. Ha conseguito la laurea specialistica in «Scienze marittime e navali» e «Scienze politiche» e un master di 2° livello in «Studi strategici e sicurezza internazionale». Collabora con la Rivista Marittima e dal 2020 è il curatore della Masterclass sulla «Sicurezza marittima» presso la Link Campus University di Roma e, dal 2021, presso l’Università statale di Brescia.

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Flotta navale in formazione quale fondamentale strumento operativo Flotta navale in formazione quale fondamentale strumento operativo marittimo per la difesa e la sicurezza. marittimo per la difesa e la sicurezza.

Italia, un paese che dipende quasi del tutto dal mare

Guardandola dalle Alpi, cioè da terra verso mare, si comprende come l’Italia sia naturalmente predisposta a giocare il ruolo di «media potenza regionale marittima» — come ha evidenziato il Capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio di squadra Enrico Credendino in occasione della giornata-convegno per il centenario della nascita dell’Istituto di Guerra Marittima, l’IGM (oggi Istituto Studi Militari Marittimi, ISMM, e Centro Studi Marina Militare) (1) — e abbia con la marittimità un legame indissolubile, legame che è poi alla base della sua imprescindibile e millenaria vocazione marittima.

Grazie al mare, l’Italia, paese manifatturiero per eccellenza, è cresciuta nel commercio globale, nei mercati internazionali, nello sviluppo della pesca, della cantieristica navale e delle infrastrutture marittime, nel turismo, nella prospezione delle geo-risorse, nella presenza nelle aree marittime di rilevante interesse strategico nello scacchiere mondiale.

Nonostante il Covid-19 abbia condizionato giocoforza gli equilibri del commercio marittimo mondiale, secondo uno studio del «Centro Studi SRM collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo» pubblicato nel Rapporto su l’«Italian maritime economy 2021», il mare rimane il protagonista degli scambi commerciali italiani. Secondo SRM, nel 2020, il valore degli scambi commerciali via mare dell’Italia è stato pari a 206,3 miliardi di euro. Di questi 99,8 miliardi sono in import (48%) e 106,5 in export (52%), mentre nel primo trimestre 2021 l’importexport via mare ha registrato un incremento del 3%.

Sempre secondo SRM, il mare assorbe il 33% dell’interscambio italiano a fronte del 52% del traffico merci assorbito ancora dal trasporto su strada. La Cina risulta il nostro principale paese fornitore, che, con 20,5 miliardi di euro, rappresenta il 21% di tutto l’import via mare italiano. Il primo paese cliente per modalità marittima sono gli Stati Uniti che, con 27,2 miliardi di euro, concentra il 26% del nostro export.

8° Rapporto Annuale 2021 sulla Italian Maritime Economy (fonte Centro Studi

SRM collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo).

Il mare visto dalle Alpi e le sue cifre per l’Italia.

Una marcata ripresa dell’economia del mare italiana è evidenziata anche dall’ultimo rapporto SACE, la Società per azioni del gruppo italiano a partecipazione pubblica Cassa Depositi e Prestiti, specializzata nel settore assicurativo-finanziario. Secondo SACE l’export italiano è tornato su quel sentiero di crescita interrotto dalla crisi, in un contesto in cui, avverte il rapporto, occorre tuttavia avere ben chiare le coordinate delle opportunità a livello sia settoriale che geografico. In particolare, il commercio internazionale di beni in volume mostra una ripresa robusta nel primo semestre 2021, lasciando prevedere una crescita negli scambi internazionali di merci di circa il 10%, mentre i flussi mondiali di investimenti diretti esteri seguiranno invece prospettive di ripresa più incerte e sarà necessario attendere la fine del 2022 per assistere a un pieno ritorno ai livelli pre-crisi.

Per quanto riguarda l’Italia, il rapporto prevede che le esportazioni italiane di beni in valore cresceranno quest’anno dell’11,3%, in rialzo rispetto a precedenti previsioni, compensando in parte quanto perso nel 2020, lasciando intravedere una tendenza positiva e incoraggiante che dovrebbe mantenersi nel prossimo triennio, indicando nel 2022 l’anno della vera e propria ripresa (2). Possiamo convenire che questi dati positivi per l’economia del mare italiana indicati dai citati rapporti sono possibili grazie al «made in Italy marittimo», a cui concorrono una serie di realtà, tra le quali: una cantieristica navalmeccanica a elevata connotazione tecnologica, che pone l’Italia tra i primi al mondo e tra i leader europei per flotta di bandiera, navi Ro-Ro (cioè in grado di trasportare mezzi ruotati di ogni forma e dimensione), navi cisterna per il trasporto di prodotti petroliferi, costruzione di navi da crociera e mega-yacht; una flotta da pesca che, con i suoi circa 12.000 pescherecci e 24.000 addetti, eleva

Mappa «SACE» sulle maggiori esportazioni italiane (fonte SACE Gruppo Cdp).

il settore al secondo posto in Europa in termini di occupazione e al quarto per la produzione; operatori energetici per la prospezione offshore — ossia il complesso delle attività per l’individuazione e utilizzo di giacimenti di idrocarburi presenti nel sottofondo marino — tra i primi al mondo (come dimostra, tra le altre, la recente scoperta italiana di un importante giacimento di gas nel Golfo di Guinea); l’industria ittica dell’acquacoltura, che è registrata in espansione.

Nell’ambito navale, la Marina Militare italiana è la prima dell’Unione europea con una capacità portaerei dotata dei modernissimi velivoli di quinta generazione F35B e tra le prime Marine della NATO per tipologia e consistenza della flotta, quasi del tutto interamente made in Italy.

Il sistema portuale italiano è stato a lungo il primo in Europa per volumi di merce trasportata — oggi è il terzo — e mantiene il primato europeo per movimento di navi da crociera e croceristi.

Senza dimenticare la quota-parte marittima dell’industria turistica che, nel complesso, vale il 13% del PIL.

In sintesi, dal mare passano tutti i grandi snodi della globalizzazione e larga parte degli interessi strategici italiani: economia, energia, alimentazione, sicurezza, internet, comunicazioni, tecnologia, cultura, una condizione che è una grande ricchezza e che rappresenta ancora un enorme potenziale per l’Italia, quale nazione interamente immersa in quello che è stato il Mare Nostrum degli antichi romani e che oggi può considerarsi il nostro «patrimonio liquido».

L’importanza del dominio marittimo per l’approvvigionamento energetico

Com’è noto, l’Italia, — un paese particolarmente «energivoro» soprattutto per le esigenze industriali e per il riscaldamento delle nostre case — a fronte di una limitata produzione endogena, importa la quasi totalità del fabbisogno di petrolio e gas, una situazione che de-

Mappa dell’approvvigionamento energetico nazionale (fonte Autore).

termina una stretta dipendenza dal dominio marittimo anche nello strategico settore energetico. Infatti, nel 2020, sono stati importati 66,4 miliardi di metri cubi di gas e 50,5 milioni di tonnellate di petrolio, a fronte, rispettivamente, dei 4,4 e 5,3 prodotti dalle infrastrutture energetiche nazionali terrestri e offshore ubicate nelle acque di giurisdizione marittima nazionale. In effetti, questi dati del ministero della Transizione ecologica indicano una diminuzione rispetto al 2019, ritenuta tuttavia poco significativa come tendenza poiché nel 2020 i lunghi periodi di lockdown hanno di fatto bloccato la produzione industriale. Per quanto riguarda il petrolio — che ricordiamo, oltre a trasformarsi in combustibile multi-uso, permette la produzione dei lavorati plastici alla base della maggior parte dei manufatti made in Italy — arriva interamente via mare a bordo di petroliere (3), mentre il gas allo stato aeriforme giunge attraverso i gasdotti. Di questi, dei quattro attualmente operativi, due attraversano il Mediterraneo centro-meridionale e gli ulteriori due in costruzione attraverseranno il Basso Adriatico e il Tirreno (4). Il gas allo stato liquido arriva, invece, a bordo delle navi gasiere, che riconvertono la quota parte destinata a essere utilizzata allo stato aeriforme tramite i tre rigassificatori marittimi ubicati due nel Tirreno settentrionale (5) e uno in nord Adriatico (6). Le petroliere e le gasiere giungono dal Golfo Persico, dai due versanti oceanici africani, dal Mediterra-

Percentuale di petrolio (milioni di barili) transitata attraverso i principali chock points mondiali nel 2016 (fonte U.S. Energy Information Administration).

neo orientale e dal mar Nero attraverso i passaggi nevralgici ristretti di Hormuz, Bab El Mandeb (che rappresenta lo snodo più rischioso del quadrante essendo un epicentro dell’insicurezza sub-regionale poiché circondato da territori poco stabili come lo Yemen e il Corno d’Africa), Suez, Gibilterra e gli Stretti Turchi, oltre i quali il riacuirsi della crisi ucraina preoccupa, tra gli altri, proprio il settore energetico.

La rilevanza strategica di questi passaggi obbligati è universalmente riconosciuta. Episodi come quello dell’incagliamento della mega-portacontainer Ever Given nel Canale di Suez ne hanno mostrato con chiarezza la vulnerabilità e le relative conseguenze importanti, se non addirittura critiche, anche sulla nostra routine, compresa quella di quanti vivono in aree tipicamente continentali e distanti dal mare, se pensiamo, per esempio, ai prodotti delle grandi multinazionali che si acquistano presso i centri commerciali o che si ricevono direttamente a casa, tramite lo shopping online.

In questo contesto rientra anche il processo per la transizione energetica che, tra gli altri, include la produzione di energia green grazie alle precipue caratteristiche dell’ambiente marino, come il vento e le correnti, o lo stesso elemento «acqua» da cui è possibile scindere l’idrogeno, in predicato di diventare una delle maggiori fonti rinnovabili. L’instaurazione di nuove infrastrutture offshore e la riconversione di quelle esistenti, di cui la giurisdizione marittima italiana è densamente popolata soprattutto nel versante adriatico, costituisce un’ulteriore gamma di interessi che continueranno a necessitare della relativa protezione ai fini della sicurezza e della prosperità nazionale. Ciò è particolarmente rilevante in prospettiva dell’istituzione della Zona Economica Esclusiva (ZEE) italiana, autorizzata con L. 91/2021.

L’importanza del dominio subacqueo

Il dominio marittimo non si limita a tutto ciò che si sviluppa sulla e sopra la superficie del mare. L’importanza di ciò che accade nella parte «invisibile», cioè nel dominio subacqueo — inteso come il complesso della colonna d’acqua, dei fondali e del sottosuolo marini — è in rapida crescita. Ciò è dovuto soprattutto allo sviluppo di tecnologie abilitanti sia per capacità militari sottomarine sempre più sofisticate, sia per lo sviluppo di mezzi in grado di assicurare un più ampio accesso a risorse ittiche, minerarie ed energetiche che si pensavano irraggiungibili fino a poco tempo fa.

In particolare, i fondali marini sono diventati sede di nevralgici «corridoi strategici» attraverso cui passano, oltre le condotte per idrocarburi, i cavi sottomarini per le telecomunicazioni e le comunicazioni digitali, che sono cruciali per tutta la nostra realtà

Immagine al periscopio barconi sospetti.

socio-tecnologica che svolgiamo ininterrottamente su internet, in un sol termine la nostra vita. Oggigiorno, infatti, nessuno di noi può più prescindere da tale realtà, basti pensare, una tra tutte, a innovazioni quali lo SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale, senza il quale non è più possibile accedere a servizi pubblici e amministrativi di primaria e vitale importanza, dall’anagrafe, al fisco, alla prevenzione sociale, fino alla sanità e i concorsi pubblici, per citare i più rilevanti.

Non è un caso, per esempio, che la Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo ha, di recente, dato il via libera alla bozza della nuova «Direttiva Network and Information Security», la «NIS 2», che, tra gli altri provvedimenti, prevede la difesa dei cavi sottomarini e delle dorsali di reti, in quanto oggetto di possibili atti di spionaggio e azioni sabotanti (7).

È, altresì, importante richiamare che il fondo e sottofondo marino sono fondamentali per l’accesso alle «terre rare» («rare» non tanto per la loro disponibilità, per ora, in natura, quanto per la difficoltà nell’estrazione e nella lavorazione), ovvero quei minerali (8) che consentono la produzione, per esempio, sia dei nostri smartphone, tablet, PC, sia degli aerei di ultima generazione e armamenti avanzati.

Il dominio subacqueo rappresenta, dunque, una dimensione che, seppur non nuova, è meritoria di una rinnovata attenzione dal momento che la pervasività tecnologica ha riacceso una forte competizione anche in questo dominio.

I concetti di «Mediterraneo allargato» e «sicurezza marittima avanzata» e gli interessi nazionali marittimi

Il «Mediterraneo allargato» può in realtà essere considerato come l’effetto del complesso quadro securitario internazionale in cui risiedono gli interessi nazionali marittimi. Secondo un’accezione oramai generalizzata, si tratta di un concetto (9) geopolitico, geostrategico e geoeconomico non vincolabile geograficamente, che presuppone uno stretching dei confini del mar Mediterraneo che valorizza gli interessi nazionali ovunque questi siano presenti affinché possano essere tutelati — e che è quindi circoscritto da un perimetro «dinamico» — attraverso l’espressione di una «sicurezza marittima avanzata», anch’essa un concetto geostrategico con declinazione operativa non vincolabile geograficamente, da proiettare laddove vi è, appunto, un interesse nazionale da proteggere.

A oggi, il «Mediterraneo allargato» comprende, oltre l’Europa, il nord Africa, l’area balcanica e caucasica, il Medio oriente, il Golfo Persico, la fascia centro-africana racchiusa dai due versanti oceanici, fino all’area indo-pacifica, cui si è aggiunto anche l’Artico, dove lo scioglimento dei ghiacci ha aperto nuovi scenari in termini di linee di comunicazione marittime alternative e più convenienti, e opportunità per l’accesso alle risorse del dominio subacqueo.

Di recente, il «Mediterraneo allargato» è stato al centro dei «Med dialogues» di Roma di inizio dicembre 2021, un ciclo di conferenze organizzate da ISPI (10) in collaborazione con il ministero degli Affari esteri italiano, nell’ambito delle quali sono intervenute, tra gli altri, numerose autorità politiche nazionali e internazionali. In particolare, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha sottolineato l’importanza di quest’area per la salvaguardia della sicurezza e per la protezione degli interessi strategici dell’Italia, sottolineando poi come il mar Mediterraneo in particolare rappresenti anche uno snodo strategico essenziale per tutta la regione euro-atlantica, essendo un «tessuto connettivo» tra Nord e Sud, e «infrastruttura strategica» tra Oriente e Occidente (11).

In generale, gli interessi nazionali comprendono l’insieme di azioni, progetti, ambizioni e obiettivi della nazione che contribuiscono direttamente o indirettamente

Mappa degli interessi nazionali marittimi nel «Mediterraneo allargato».

alla prosperità e al successo del Sistema Paese, ovverosia quegli interessi fondamentali per il nostro sistema valoriale, politico, economico, culturale, militare. Tra essi rientrano: la libertà di navigazione; i connazionali all’estero e gli operatori marittimi nazionali; il commercio (incluso il connesso sistema dei trasporti nelle tre dimensioni); le risorse energetiche (incluse le infrastrutture e le condotte); i cavi sottomarini digitali; il posizionamento diplomatico, economico, industriale; la ricerca scientifica.

La «sicurezza marittima avanzata» si traduce nel complesso delle azioni abilitanti al conseguimento dei reali obiettivi di sicurezza nazionale, identificandosi in quelle misure intraprese in senso omnidirezionale e omnicomprensivo attraverso le quali vengono salvaguardati gli interessi nazionali. Da qui la correlazione con il «Mediterraneo allargato». Nel concetto di «sicurezza marittima avanzata» possono ricomprendersi, oltre le attività propriamente operative militari, anche le attività di «costruzione di capacità» (institution/capacity building) a favore dei paesi partner e la superiorità informativa tramite la co-

Attività di protezione delle infrastrutture energetiche offshore.

stituzione e disseminazione della MSA, la Maritime Situational Awareness, ovvero la consapevolezza dello stato della situazione marittima, in altri termini, la conoscenza senza soluzione di continuità di tutto ciò che accade sopra, sulla e sotto la superficie marina.

Si tratta di un complesso che contribuisce, altresì, al concetto geopolitico del «multilateralismo», inteso quale strumento per lo stabilimento di relazioni internazionali tese ad aumentare la mutua sicurezza e condividere (quindi ridurre) i costi dell’insicurezza.

Il contesto securitario del «Mediterraneo allargato»

Oggigiorno, il mare è reso più fragile e insicuro sotto diversi punti vista: dallo sfruttamento incontrollato delle sue risorse, l’inquinamento, le pandemie, gli effetti dei cambiamenti climatici, le contese per l’accesso a risorse che sono sempre meno e disponibili in aree sempre meno libere, le migrazioni irregolari — in un sol termine le cosiddette Non Traditional Security Threat (NTST) (12) — alle attività criminali di qualunque genere (inclusa tanto la pirateria, quanto gli attacchi cibernetici ai mercantili e alle infrastrutture marittime), il terrorismo, fino alle crisi e ai conflitti regionali.

Con particolare riguardo alle NTST, alla luce dello shock sistemico introdotto dalla pandemia da Covid19 e degli evidenti effetti dei cambiamenti climatici, si è riacceso il dibattito internazionale sul livello di coinvolgimento delle Forze armate per fronteggiarne le conseguenze (cfr. l’articolo dell’autore «Le possibili evoluzioni del concetto di difesa del XXI secolo», pubblicato sulla Rivista Marittima 12/19).

Ciò poiché, secondo molti think tank, tra cui l’americano «Near East South Asia Center For Strategic Studies» presso la «National Defence Univeristy» di Washington D.C., le NTST — con particolare attenzione al nesso tra scarsità di acqua e cibo (e i loro effetti sui territori, incluso l'innalzamento dei mari per le aree costiere) e l’aumento della povertà, all’origine del fenomeno dei flussi migratori — sono considerate tra le cause principali dell’aumento delle tensioni e dell’insicurezza in molti paesi.

Tale condizione rischia, a propria volta, di estendersi ai paesi limitrofi (come è stato nel caso della Primavera Araba), una situazione che rimanda al concetto della «globalizzazione dei fenomeni di insicurezza locale», per cui le crisi a livello locale si riverberano poi a li-

Il «Mediterraneo allargato» oggi.

vello regionale, se non addirittura mondiale, e in cui le Difese nazionali sono ovviamente in prima linea.

Le sfide nel dominio marittimo sono, dunque, molteplici, a cui occorre aggiungere un panorama internazionale che è sempre più multiforme, molto movimentato e soprattutto in continuo divenire.

Per quanto di più stretto interesse del contesto securitario della regione mediterranea allargata, il quadro geostrategico è reso instabile, incerto e particolarmente dinamico da una serie di situazioni. Dal conflitto in Libia, le tensioni al confine tra Marocco e Algeria, la situazione di instabilità tunisina, la permanenza della questione della sovranità sul territorio del Sahara occidentale, al quadro securitario del Sahel fortemente degradato e pervaso dalla presenza distribuita di Daesh, cui si aggiungono l’insicurezza del Golfo di Guinea, definito dall’IMB (International Maritime Bureau) hot spot mondiale della pirateria, e del Corno d’Africa, area in cui, oltre l’acclarata presenza terroristica di Al Shabab, la pirateria, seppur sopita, non risulta ancora completamente debellata, mentre permane l’accennata instabilità yemenita e i suoi riflessi su Bab El Mandeb e la crisi in Etiopia legata alla regione Tigray al confine con l’Eritrea. Senza dimenticare, la generale incertezza nell’area balcanica e in Libano, la guerra civile siriana, l’aumento delle competizioni energetiche e territoriali nel Mediterraneo orientale, la citata recrudescenza della crisi ucraina e quella al confine turco-siriano, fino alla instabilità irachena e l’innalzamento della tensione nell’area del Golfo Persico, registrato anche con attacchi a petroliere.

Con focus più specifico al bacino mediterraneo, il vigente «Atto di Indirizzo» del Ministro della Difesa segnala che la tendenza geopolitica attuale vede il quadro di sicurezza dell’area mediterranea in costante peggioramento, verso una situazione di progressiva instabilità.

Secondo l’Autorità Politica della Difesa, il Mediterraneo — considerata area di prioritario interesse nazionale — è teatro di minacce e rischi che impattano negativamente sugli interessi del paese, siano essi economici o di sicurezza, che «rischiano di chiudere in spazi angusti il Mediterraneo allargato, attraverso il quale passano le nostre vitali linee di navigazione, quale conseguenza di un decennio di crisi, conflitti e radicali trasformazioni dei rapporti internazionali, che l’emergenza sanitaria ha accelerato e accentuato nelle conseguenze».

Alla luce di ciò, il Ministro ritiene indifferibile l’esigenza di articolare una nuova strategia della Difesa per il Mediterraneo che — di concerto con gli altri ministeri interessati — declini l’uso complementare dei mezzi a disposizione del paese, per contribuire a conferire stabilità a quest’area, a cui sono indissolubilmente connessi i nostri obiettivi di sviluppo e progresso (13).

Questa rinnovata attenzione verso il Mediterraneo da parte della classe politica è resa, altresì, evidente nel cosiddetto «Trattato del Quirinale» tra l’Italia e la Francia, sottoscritto a Roma il 26 novembre 2021, nel quale, tra le altre cose, si annette una «priorità fondamentale» alla «stabilità e la prosperità a lungo termine del Mediterraneo per entrambi i paesi, determinati ad agire insieme per la sicurezza, per la promozione dei beni comuni tra le due rive di questo mare e per ripristinare il suo buono stato ecologico». In particolare, con il citato Trattato, Italia e Francia si sono impegnate a sviluppare per il Mediterraneo sinergie e rafforzare il coordinamento su tutte le questioni che influiscono sulla sicurezza, sullo sviluppo socioeconomico, sull’integrazione, sulla pace e sulla tutela dei diritti umani nella regione, e sul contrasto dello sfruttamento della migrazione irregolare, promuovendo un utilizzo giusto e sostenibile delle risorse energetiche (14).

A tutto ciò occorre aggiungere il ricorso alla guerra ibrida — che porta la rivalità al limite dello scontro aperto, ma senza mai oltrepassarlo — e al confronto nella cosiddetta «zona grigia», un intreccio che ha alterato, erodendoli, i confini dei conflitti tradizionali, portando la sicurezza domestica e quella internazionale a convergere e a includere nella competizione il dominio ecofin attraverso la dimensione cibernetica, che si pone trasversalmente a tutti gli altri domini, non solo operativi.

Questo contesto caratterizza quella che alcuni hanno definito «an era of strategic competition», in cui emerge uno stato di «competizione duratura», ovvero di tensione internazionale permanente, per perseguire, anche attraverso l’adozione di comportamenti particolarmente assertivi, obiettivi specifici indicate nelle varie agende nazionali di politica estera, in cui diventa sempre più complesso tutelare i propri interessi, soprattutto in mare, a causa dei fenomeni della territorializzazione e del law-

Il “neo-espansionismo marittimo” (fonte Autore).

fare, cioè afferenti a un uso strumentale, a volte spregiudicato, del Diritto internazionale e del Diritto internazionale marittimo più nello specifico.

Tali fenomeni, mirando all’appropriazione degli spazi marittimi e delle risorse in essi disponibili, sono presenti, in particolare, anche nel Mediterraneo, un bacino in cui oggi meno del 20% è «libero» da dispute e pretese da parte dei 21 Stati costieri che vi hanno affaccio.

In buona sostanza, si tratta di politiche che sono sempre più supportate anche con una crescente presenza di navi da guerra o governative (se pensiamo all’uso di motovedette) i cui comportamenti mettono a rischio comparti per noi strategici come le coltivazioni energetiche offshore e la pesca.

Si tratta di una situazione che potrebbe tradursi anche in scenari di area e port denial, ovvero di negazione al diritto di passaggio (15) o alterazione di tutti o parte dei servizi portuali in cui tali comportamenti sono attuati, con conseguenze negative sia sulla sicurezza degli operatori marittimi, sia sull’economia del mare italiana.

In tale quadro si inserisce la richiamata recente conclusione dell’iter parlamentare relativo all’istituzione della ZEE italiana (16). La sua dichiarazione mira a stabilire zone in cui la giurisdizione nazionale sia dedicata responsabilmente all’economia marittima e all’ordinato svolgimento delle relative attività. Una volta istituita la ZEE, più che di chilometri di coste protese nel Mediterraneo, si dovrà forse parlare di miglia quadre di giurisdizione marittima in termini sia di opportunità, sia di responsabilità nella tutela e protezione del mare e dell’ambiente marino.

Al di là del valore del «Mediterraneo allargato» per il nostro sistema economico e produttivo — che in ogni caso consta in circa 32 miliardi di euro pari al 2% del PIL, che sale fino al 5-6% se si considerano i vari moltiplicatori di settore — per il paese, «Mediterraneo allargato» vuol dire prima di tutto navigazione e flussi commerciali «verso» e «tra» Suez, Gibilterra e gli Stretti Turchi. Infatti, senza libertà e sicurezza della navigazione in tale regione, il nostro sistema di import-export, per quanto finora asserito, semplicemente si ferma (17).

Il ruolo della Marina Militare

Ed è qui che entra in gioco la Marina Militare, Forza armata deputata, in primis, alla difesa della patria dal mare, sul mare e nel mare, e dei confini nazionali marittimi da potenziali aggressioni militari, essendo per legge «la componente operativa marittima della Difesa

militare dello Stato, che vigila a tutela degli interessi nazionali e delle vie di comunicazione marittime al di là del limite esterno del mare territoriale» (18).

Grazie alla loro naturale connotazione proiettabile, le Forze aeronavali offrono, infatti, rilevanti opportunità nella prevenzione dei conflitti e nello sviluppo della sicurezza e della stabilità regionale, tramite la costruzione della mutua-fiducia, delle capacità marittime dei partner, nello scambio informativo e in quello dello sviluppo di una crescente interoperabilità e intercambiabilità.

Si tratta di attività tutte fondamentali per l’interesse e la sicurezza cosiddetta «a distanza», soprattutto dove non è possibile dispiegare truppe sul terreno.

Le Forze aeronavali sono anche primario strumento a supporto della politica estera del paese, potendo esprimere il concetto di naval diplomacy, grazie alla quale è possibile ottenere importanti risultati a supporto degli interessi nazionali marittimi in vari campi, dall’economia del mare, tra cui rientra il contributo al posizionamento dell’industria nazionale per la Difesa verso potenziali acquirenti, all’affermazione pacifica della sovranità nazionale, grazie all’innata funzione deterrente espressa dalle «navi grigie».

Nel supporto al Sistema Paese rientra anche la homeland security, ovvero la «sicurezza di casa», un ambito nel quale la Marina è impegnata, alla stregua delle altre Forze armate, nell’alveo della cosiddetta «quarta missione» inerente i concorsi e compiti specifici in circostanze di calamità, straordinaria necessità e nei campi della pubblica utilità e della tutela ambientale, e nel perimetro del duplice uso sistemico afferente alla moltitudine di compiti non militari. Ne è un esempio il contributo per l’emergenza Covid-19, per cui la Marina Militare, come le altre Forze armate, ha subito messo a disposizione del sistema sanitario nazionale i propri medici, infermieri, personale sanitario e logistico e una serie di strutture come navi con avanzate capacità ospedaliere (come nave Cavour), ospedali da campo, posti medici avanzati, drive through e laboratori per l’analisi dei tamponi. Sempre in questo ambito, rientrano le relazioni con gli altri dicasteri, realtà istituzionali e altre realtà di categoria e sociali.

In aderenza alle direttive del Vertice politico-militare, tutto ciò si traduce nel contributo della Forza armata alla «sicurezza marittima avanzata» con un focus prioritario, ma non esclusivo, sul «Mediterraneo allargato», attraverso le operazioni marittime nazionali Mare sicuro, Vigilanza marittima e Vigilanza pesca, l’operazione dell’Unione europea Irini, peraltro sotto Comando operativo di un Ammiraglio italiano, le attività nei Gruppi

Nave RIZZO impegnata in operazione di sorveglianza e sicurezza marittima.

navali permanenti della NATO nel Mediterraneo e Mar Nero e, in prospettiva, a un ritorno in seno alla Forza marittima dell’ONU della United Nation Interim Force In Lebanon, UNIFIL, davanti al Libano.

Al di là degli stretti, la Marina è presente nel Sinai con la quasi quarantennale partecipazione alla Forza multinazionale di Osservatori, nel Golfo di Guinea con l’operazione nazionale antipirateria Gabinia (19), che interagisce con l’analoga iniziativa europea denominata Coordinated Maritime Presence (CMP); nel versante opposto, è presente in Oceano Indiano nell’ambito dell’operazione antipirateria dell’Unione europea Atalanta e dell’iniziativa europea per la sorveglianza dello Stretto di Hormuz denominata EMASOH, un acronimo che significa European Maritime Awareness Strait of Hormuz. Inoltre, vengono effettuate periodiche elongazioni nell’Artico a scopo scientifico. Infine, il personale della Marina è integrato nelle oltre 40 missioni internazionali della Difesa in corso nei vari teatri operativi.

La composizione dello Strumento aeronavale per l’espressione del ruolo della Marina Militare

Come ha evidenziato il capo del 3° Reparto Pianificazione e Politica Marittima dello Stato Maggiore della Marina, ammiraglio di divisione Vincenzo Montanaro, in occasione della citata giornata-convegno organizzata dall’ISMM e Centro Studi Marina Militare, «affinché la Forza armata possa soddisfare questi obiettivi strategici e operativi è necessario possedere una credibile e flessibile capacità di proiezione dello strumento aeronavale, spiccatamente high-tech, che poggia su tre pilastri fondamentali, ovvero sul gruppo portaerei, centrato sul Cavour e sui nuovi cacciabombardieri a decollo corto di 5^ generazione F-35B, sulla Forza anfibia, entrambi dotati di unità di scorta, sommergibili, supporto logistico e unità specialistiche idrografiche e cacciamine, su una moderna capacità sottomarina e sulle Forze speciali. Questi pilastri riguardanti la composizione dello strumento aeronavale sono potenziati da: enablers operativi; una Difesa integrata antiaerea e antibalistica; fuoco navale di supporto; ingaggio in profondità, cioè a distanze sempre più grandi; armamento di nuova generazione; oltre a capacità per la Difesa cibernetica e accesso allo spazio da piattaforme navali» (20).

Si tratta di un obiettivo capacitivo — in corso di attuazione e il cui completamento è previsto entro il 2035 — teso a esprimere capacità esse stesse abilitanti delle multi domain operation, le operazioni multi-dominio, che, andando decisamente oltre il concetto di «interforze», si incentrano più sulle capacità esprimibili e gli effetti da conseguire piuttosto che sul mettere insieme assetti con caratteristiche unidimensionali, implicando un’azione sinergica e integrata per contrastare gli effetti pregiudizievoli la difesa e la sicurezza collettiva, pro-

dotti in alcuni o tutti i domini operativi, siano essi tradizionali (terra, mare, aria) o trasversali (ciberspazio e spazio extra-atmosferico).

Concludendo

Le sfide che attendono il paese, in particolare nel dominio marittimo, impongono alla Marina lo svolgimento di attività di presenza, sorveglianza, vigilanza marittima, deterrenza e diplomazia navale, così come di proiezione di Forza militare a tutela degli interessi nazionali, laddove necessario.

Nel complesso contesto descritto, la visione della Forza armata per continuare a mantenere il mare sicuro — ma anche pulito, dato che l’inquinamento marino in tutte le sue forme è esso stesso motivo di insicurezza perché impatta, oltre che sull’ambiente, sulla biodiversità e quindi anche sulla disponibilità e la qualità delle risorse alimentari in primis — è l’imprescindibilità di un approccio nazionale sistemico al dominio marittimo che coinvolga l’intera comunità marittima istituzionale e non, integrata dal mondo dell’industria, ricerca, accademia, scuola, terzo settore e il settore privato (come, per esempio, le associazioni di categoria del cluster marittimo).

Quello in atto da parte della Marina Militare è, quindi, in impegno ad ampio spettro, in continuità col passato e proiettato al futuro, nella piena consapevolezza del cruciale ruolo che sono chiamate a svolgere le moderne Marine nella promozione della sicurezza marittima, quale fulcro della stabilità trans-regionale e dello sviluppo economico sostenibile, in un’ottica comunitaria e di alleanze internazionali.

Volendo tradurre tutto ciò in un «concetto operativo» per la Marina Militare, peraltro già allo studio presso il 3° Reparto dello Stato Maggiore della Marina, esso si baserebbe sulla definizione e lo sviluppo di uno Strumento aeronavale composto da capacità idonee a declinare gli obiettivi di: prontezza attraverso una forma di addestramento credibile; capacità di intervento scalabile (ovvero esprimibile per situazioni operative da bassa intensità, low end, a quelle ad alta intensità, high end); interoperabilità e intercambiabilità in ambito alleanze o consessi multinazionali; capacità di proiezione nelle cinque dimensioni operative; garantire gli effetti desiderati attraverso missioni di vigilanza, sorveglianza, deterrenza; disponibilità di logistica e infrastrutture marittime anche a distanza dalla madrepatria; integrazione multidimensionale nell’ambito dell’approccio nazionale sistemico al dominio marittimo.

L’impegno primario continua a essere rappresentato dalla capacità di garantire tanto il supporto alle operazioni multi-dominio, quanto la sicurezza marittima nella sua completa declinazione, in forma autonoma o in coalizione, laddove necessario, a tutela degli interessi nazionali, indipendentemente dai limiti geografici, ma rispondenti a una realtà geostrategica e geopolitica in continuo cambiamento.

Per tutto questo non si può però prescindere da uno Strumento nazionale militare marittimo flessibile, high-tech, proiettabile e green e, soprattutto, non possiamo prescindere dalle preziosissime risorse umane, indispensabili per portare avanti, nel solco della tradizione, i più alti valori etici e umani che da sempre permeano la Forza armata in termini di salvaguardia dei diritti umani e degli interessi vitali della nazione, e del rispetto dei principi della legalità internazionale. 8

NOTE

(1) Svolta a Venezia presso la sede dell’Istituto il 25 novembre 2021. (2) Pubblicato il 16 settembre 2021, https://www.sace.it/studi/dettaglio/rapporto-export-2021-ritorno-al-futuro-anatomia-di-una-ripresa-post-pandemica. (3) Al riguardo, secondo SRM, il peso dei porti del Mezzogiorno è rilevante sul comparto «energy» di petrolio greggio e raffinato, rappresentando il 47% dei rifornimenti e delle esportazioni petrolifere via mare del paese ed essendo il Mezzogiorno un naturale terminale di importanti condotte dal Nord Africa e dall’Asia. (4) Transmed e Green Stream (Mediterraneo centro-meridionale) Trans Adriatic Pipeline (Basso Adriatico), Gasdotto Algeria Sardegna Italia (GALSI) (Tirreno). (5) Rigassificatori di Panigaglia e Livorno. (6) Il Terminale GNL Adriatico (noto in precedenza anche come Isola di Porto Levante). (7) «Rischi sabotaggio e spionaggio. Scudo Ue sui cavi sottomarini», https://formiche.net/2021/11/cavi-sottomarini-direttiva-nis-2, consultato il 20 novembre 2021. (8) Secondo la definizione dell’International Union of Pure and Applied Chemistry (IUPAC), l’Unione internazionale di chimica pura e applicata, le «terre rare» sono un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica, precisamente: lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, promezio, samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tulio, itterbio, lutezio, scandio e ittrio. Il termine «terra rara» deriva dai minerali dai quali sono stati isolati per la prima volta, che erano ossidi non comuni trovati nella gadolinite estratta da una miniera nel villaggio di Ytterby, in Svezia. In realtà, con l’eccezione del promezio che è molto instabile, gli elementi delle «terre rare» si trovano in concentrazioni relativamente elevate nella crosta terrestre. Pertanto, pur non essendo «rari» in termini di disponibilità in natura (perlomeno finora), risultano tuttavia difficili da estrarre. (9) Non nuovo; è stato coniato agli inizi degli anni 90 tra i banchi dell’IGM. (10) Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. (11) https://formiche.net/2021/12/guerini-med-dialogues-2021. (12) Providing Security in Times of Uncertainty Opting for a Mosaic Security System Report of the Global Reflection Group «Monopoly on the Use of Force 2.0?» –Fiedrich Ebert Stiftung. Reperibile su http://library.fes.de/pdf-files/iez/13465.pdf. Vds anche Michael Scrima and Jurgis Vedrickas Eastern Europe Studies Center «Non-traditional threats and NATO A look toward an expanded role for the NATO Alliance» ed. dicembre 2020, reperibile al seguente link: https://www.eesc.lt/wpcontent/uploads/2021/01/Non-Traditional-Threats-and-NATO.pdf. (13) Atto di Indirizzo 2021, reperibile su https://www.difesa.it/Content/Pagine/Linee_Programmatiche_Dicastero.aspx. (14) Formalmente «Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica francese per una cooperazione bilaterale rafforzata». Reperibile al seguente link: https://www.governo.it/sites/governo.it/files/Trattato_del_Quirinale.pdf. (15) Come occorso, per esempio, nel 2019 a una nave per la prospezione offshore (Saipem 12000) operante per conto di ENI nella piattaforma continentale di Cipro — che aveva rilasciato regolare autorizzazione — allontanata dall’intervento di una unità militare turca. (16) La Rivista Marittima ha dedicato a questo tema il numero 09/2021. (17) P. Casardi «La situazione di sicurezza nel Mediterraneo allargato», RM 06/21. (18) D.Lgs 66/2010, Codice Ordinamento Militare, artt. 110 – 111. (19) Nome che ricorda la «lex Gabinia», appellativo con cui fu denominata la legge voluta dal tribuno Aulo Gabinio che, a seguito del saccheggio del porto di Ostia da parte di alcuni banditi nel 67 a.C., ultimo di una serie di fenomeni largamente diffusi, dichiarava i pirati hostes gentium, «nemici dell’umanità», e garantiva a Gneo Pompeo Magno ampi finanziamenti pubblici e un’autorità senza precedenti per combattere la pirateria e mettere fine al fenomeno. La «lex Gabinia» rese Gneo Pompeo Magno un uomo tra i più potenti di Roma, potendo disporre di 120.000 soldati, 4.000 cavalieri, 270 navi e un fondo di ben 6.000 talenti (1 talento equivaleva a circa 32 kg di argento). Con queste risorse, Pompeo intraprese una serie di operazioni contro i principali bastioni pirata del Mediterraneo, tra cui la Cilicia, Creta, l’Illiria e Delo. (20) Videoregistrazione disponibile al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=tqAr07Sj8Pc.

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