NOVEMBRE 2017
NUTRIHEALTH RIVISTA DI SALUTE E BENESSERE
COSMESI
COSMESI
NUTRIZIONE
Alimentazione e acne: esiste una connessione?
Come cambia la pelle del volto dopo la detersione
Dalla natura solo benefici per la nostra salute
SICUREZZA
NUTRIZIONE
ALIMENTARE
La prevenzione dell’obesità passa anche dall’informazione
La carne è di nuovo sotto la lente di ingrandimento degli esperti
NUTRIZIONE NUTRIZIONE
SICUREZZA
La vista del cibo scatena l’appetito
ALIMENTARE
COSMESI Unghie fragili: cause e rimedi
Le diete consigliate dalla moda fanno male… quelle sane vengono abbandonate
Problemi intestinali: cosa evitare e cosa fare per prevenirli
FITNESS Riprendere l’attività fisica seguendo le giuste regole
ALIMENTAZIONE E ACNE: ESISTE UNA CONNESSIONE? L’insorgenza e la gravita dell’acne sono stati associati a stili di vita differenti e a fattori dietetici. Questo studio si e focalizzato appunto sulla complessa connessione tra le variabili alimentari e l’acne. In particolare, gli autori hanno effettuato una rianalisi di dati provenienti da uno studio caso-controllo attraverso l’uso di mappe semantiche di connettivita. L’insorgenza e la gravita dell’acne L’analisi, effettuata su 563 soggetti tra i 10 e i 24 anni parsono stati associati tecipanti a uno studio caso-controllo sull’acne tra marzo a stili di vita differenti 2009 e febbraio 2010, valutava il link tra acne moderata e e a fattori dietetici. severa e variabili antropometriche, storia familiare e fattori dietetici. Le analisi sono state condotte facendo affidamento su un sistema adattivo artificiale, l’Auto Semantic Connectivity Map (AutoCM). I risultati mostravano che l’acne moderata-severa era strettamente associata a una storia familiare di acne in parenti di primo grado, obesità (BMI≥30) e alto consumo di latte, soprattutto latte scremato, formaggi, yogurt, dolci e torte, cioccolato e basso consumo di pesce, frutta e vegetali. Gli autori sottolineano l’associazione tra determinate abitudini alimentari e l’acne e l’importanza che il dermatologo ne sia ben consapevole durante la propria pratica clinica.
COME CAMBIA LA PELLE DOPO LA DETERSIONE? La detersione del volto è importante per pulire ed esfoliare la pelle mantenendo una funzione fisiologica ottimale. Tuttavia, non vi sono dati sufficienti sulla fase molto precoce di cambiamento della pelle dopo il contatto con sapone o detergente in schiuma. Alcuni ricercatori hanno studiato la cinetica di recupero dei parametri biofisici fisiologici cutanei del volto nei 180 minuti dopo l’esposizione a un detergente su 22 soggetti con pelle normale, secca e grassa. I soggetti inclusi nello studio hanno lavato il viso entro le 12 ore prima della visita al centro di ricerca, applicando solo tonico, lozione o crema. Il giorno dopo, i soggetti hanno visitato il centro di ricerca senza lavare il viso. I parametri valutati per definire la cinetica di recupero della fisiologia cutanea del viso nei 180 minuti dopo la detersione sono stati: l’idratazione, il livello di sebo, la perdita d’acqua transepidermica, e il pH. L’idratazione della pelle, il contenuto di sebo e la TEWL erano significativamente diminuiti a 20 minuti dal lavaggio rispetto al basale (P <0,05). L’idratazione cutanea si ripristinava a 40 minuti, il sebo e la TEWL si normalizzavano 120 minuti dopo il lavaggio. Il pH della pelle non mostrava differenze significative nei diversi tempi di misurazione.
La detersione del volto è importante per pulire ed esfoliare la pelle mantenendo una funzione fisiologica ottimale, ma cosa cambia nella pelle dopo il contatto con sapone o detergente in schiuma?
Questo studio indica che ciascuno dei parametri biofisici cutanei è stato ripristinato in momenti definiti dopo la detersione del volto. Tale risultato potrebbe essere un utile riferimento per valutare il tempo di riposo nello studio bioingegneristico dei parametri fisiologici della pelle.
DALLA NATURA SOLO BENEFICI PER LA NOSTRA SALUTE I ricercatori dell’Università Politecnica delle Marche, in collaborazione con altri dell’America Latina e spagnoli, che hanno pubblicato una ricerca condotta per ora solo su topi ma i cui risultati dimostrerebbero che le fragole potrebbero aiutare a combattere il tumore del seno. I test sono stati svolti in vitro e in vivo, sulle cellule e sugli animali, ed hanno dimostrato che l’estratto di fragole, ricco di composti fenolici, inibisce la proliferazione delle cellule del tumore al seno in modelli in vitro e in vivo. Ne è emersa una diminuita vitalità cellulare, che ha bloccato il ciclo che porta alla divisione delle cellule e ne ha inibito la migrazione. È stata osservata anche una ridotta espressione di geni coinvolti nelle metastasi. La curcuma, invece, sembra essere una delle sostanze amiche del cervello. I principali benefici della curcumina sono legati alle sue proprietà antinfiammatorie e dunque dagli studi è emerso come possa aiutare a prevenire il declino delle funzioni del cervello durante l’invecchiamento e anche talvolta associato a patologie. È dunque una sostanza certamente benefica per il nostro cervello, grazie alle proprietà antin-
fiammatorie, a quelle antiossidanti e alla presenza di omega3. Ma la lista degli alimenti amici del cervello contiene anche i vegetali, in particolare la famiglia delle Brassicacee, quindi cavoli, broccoli, cavolini, cavolfiori, ricchi di vitamina C e acido folico, che aumentano la memoria e favoriscono concentrazione e attenzione. Un’altra categoria è quella delle noci, contenenti moltissimi acidi grassi di tipo omega6 e omega3, vitamina E, vitamina B6, che aiutano a mantenere la funzionalità del sistema nervoso a vari livelli. Ci sono poi i mirtilli che contengono molte antocianine e cianidine, sostanze che favoriscono l’eliminazione dei radicali liberi e le reazioni antinfiammatorie, che durante l’invecchiamento aumentano il carico infiammatorio del cervello e portano a un declino cognitivo. Curcuma, vegetali, noci e mirtilli, quindi, contribuiscono al mantenimento del nostro cervello e del nostro sistema nervoso. Il melograno, poi, è ricco di proprietà nutritive che derivano soprattutto dai polifenoli, composti dall’azione antiossidante, dalla vitamina C contenuta in quantità molto più abbondanti che nell’arancio, vitamina K e del gruppo B, proteine e carboidrati. A questi si aggiungono il potassio che aiuta a preservare il corretto funzionamento delle cellule, alcuni minerali, tra cui ferro, calcio, magnesio, fosforo e, in misura minore, manganese e zinco. Ha proprietà antiinvecchiamento, di contrasto degli effetti prodotti dai radicali liberi, e soprattutto una azione preventiva contro alcuni tumori, previene le malattie cardiovascolari, grazie a un’azione anticoagulante che allontana il rischio di arteriosclerosi, di un attacco di cuore o di ictus. Inoltre, il consumo regolare di succo di melograno regolarizza il colesterolo, ovvero aumenta l’HDL, il colesterolo ‘buono’, e riduce l’LDL, quello ‘cattivo’, favorendoulteriormente il benessere e la salute del cuore. L’elevata quantità di ferro presente nel frutto contribuirebbe ad aumentare i livelli di emoglobina nel sangue, aiutando a ridurre l’anemia. Mentre l’estratto di melograno aiuterebbe ad abbassare e/o a controllare la pressione sanguigna, con benefici ‘misurabili’, a distanza di un anno e dopo un consumo regolare della sostanza. Quando il melograno ‘transita’ fa bene anche all’intestino; lo difenderebbe infatti da disturbi gastrici e parassiti
La natura è ricca di frutta e verdura gustosa e salutare dalle quali possiamo trarre tanti benefici per la salute. In questo articolo alcuni esempi che possiamo avere dalla frutta che consumiamo tutti i giorni.
intestinali, prevenendo pure nausee e emorroidi, fino a svolgere una azione astringente contro le forme di diarrea. Le ciliegie, tanto ricche dal punto di vista alimentare da appartenere al gruppo dei cosiddetti 'functional foods', sono una buona fonte di potassio, calcio, fosforo, rame, vitamina A e vitamina C. Non solo, le ciliegie sono ricche in polifenoli e antociani, sostanze antiossidanti e antinfiammatorie. Il consumo di ciliegie è consigliato anche per gli sportivi in quanto garantiscono un recupero muscolare rapido ed efficace dopo l’esercizio fisico, proprio in virtù della loro proprietà in grado di ridurre l’infiammazione legata all’intenso sforzo del muscolo, andando ad agire sulla riduzione di stress ossidativo e dolore, e migliorando così il recupero della funzione muscolare. I mirtilli sono ricchi di alcune molecole quali i flavonoidi responsabili del loro intenso colore, e possiedono una buona quantità di potassio, calcio, vitamina C, vitamina A e fibre. Anche se così piccolo questo frutto presenta delle caratteristiche molto importanti, dettate soprattutto dalla presenza di flavonoidi che manifestano una spiccata azione antiossidante. In genere i mirtilli sono noti per i loro effetti positivi sulla vista, migliorando l’acutezza visiva sia dopo un’esposizione a un forte stimolo luminoso sia nel buio, e inoltre contrasta la formazione di cataratta. Ma non solo, i mirtilli migliorano la peristalsi intestinale e soprattutto sono consigliati nel trattamento di vene varicose, emorroidi e prevengono infezioni a carico dell’apparato urinario. Non tutti sanno però che questo minuscolo frutto aiuta anche a preservare le funzioni cognitive durante l’invecchiamento, riducendo il rischio di disturbi neurodegenerativi.
LA CARNE è DI NUOVO SOTTO LA LENTE DI INGRANDIMENTO DEGLI ESPERTI La carne è ancora una volta nel mirino degli esperti. Da un lato grazie alla legge che prevede di indicare l’origine delle carni usate come ingredienti in ristoranti, trattorie, fast-food e pubblici esercizi in generale rimane un grande enigma. La legge prevede che, affinché il ‘bovino nato in Europa’ sia uniformemente tracciato, garantito e così anche valorizzato, per prevenire e ostacolare le frodi, si dovrebbe dare attuazione ai principi contenuti nella cosiddetta Animal Health Law. Il documento propone di adottare l’origine delle carni sui menu dei ristoranti e pubblici esercizi. Il provvedimento potrebbe ristabilire la fiducia dei consumatori verso la filiera di produzione delle carni. Il decreto-legge che si fonda sui regolamenti europei in tema di rintracciabilità dell’origine delle carni pone poche ma semplici regole: le collettività devono tracciare l’origine delle carni bovine utilizzate nella pre-
parazione dei singoli piatti (alimenti); L’origine, ovvero i Paesi di nascita, allevamento e macellazione, va indicata sui menu con caratteri di altezza pari a quella dei nomi degli alimenti. Il rapporto costi/benefici è favorevole. Gli oneri a carico degli operatori sono infatti minimi. Le informazioni sono già presenti sui documenti di trasporto, in quanto imposte dalla legislazione vigente, e non dovranno fare altro che trasferirle al consumatore. I vantaggi sono al contempo evidenti, perché sarà possibile valorizzare gli ingredienti di migliore qualità, con la certezza di incontrare il favore degli avventori. In secondo luogo la guerra alla carne riguarda di nuovo i rischi del consumo eccessivo. Infatti, il consumo di carne rossa, sia la semplice fettina o bistecca, sia carni più lavorate come salsicce e wurstel, è legato a maggior rischio di morte per nove diverse cause, dal tumore all’ictus. Al contrario il consumo di carni bianche (ad esempio pollame) e pesce sembra ridurre il rischio di morte per varie cause. Da uno studio eseguito per 16 anni su ben 536.969 persone di età compresa tra 50-71 anni all’inizio dello studio e divisi in cinque gruppi in base al consumo di carni, è emerso che coloro che nel campione che mangiavano più carne rossa in assoluto, avevano un rischio di morte del 26% maggiore rispetto a coloro che mangiavano meno carne rossa in assoluto, indipendentemente dal tipo di carne rossa consumata. Consumare tanta carne rossa è associato ad un
La carne è ancora una volta nel mirino degli esperti si per quanto riguarda la sua origine sia per i rischi legati ad un consumo eccessivo.
aumento del rischio di morire di cancro, problemi cardiaci, malattie respiratorie, ictus, diabete, infezioni, Alzheimer, malattie di reni e di fegato. Al contrario, consumare carni bianche e pesce è risultato legato a un rischio di morte inferiore del 25%. Gli esperti hanno anche stimato che, almeno in parte, il rischio di morte associato al consumo di carni rosse e da ricondurre a nitriti e nitrati in esse presenti, in particolar modo in quelle molto lavorate, ad esempio gli insaccati.
LA PREVENZIONE DELL’OBESITA’ PASSA ANCHE DALL’INFORMAZIONE Il rapido aumento delle malattie legate a un elevato indice di massa corporea (Imc) evidenzia la necessità di continuare a concentrarsi sull'attuazione di interventi per risolvere questo problema. In molti paesi il problema dell’obesità ha ricevuto maggiore attenzione ma gli effetti di questa attenzione sulla malattia sono ancora incerti. A tutto ciò si deve aggiungere che, anche se la prevalenza dell'obesità tra i bambini è risultata inferiore a quella tra gli adulti, il tasso di aumento dell'obesità infantile in molti paesi è stato superiore al tasso di aumento dell'obesità tra gli adulti. Un IMC elevato è correlato con 4 milioni di morti in tutto il mondo e più di due terzi delle morti correlate ad alto indice di massa corporea sono dovute a malattie cardiovascolari. Da qui ha origine l’attenzione per la sorveglianza e gli interventi sul sovrappeso. Molto dell’azione di prevenzione sull’obesità può essere fatto con un programma di informazione esteso a tutta la popolazione e sfruttando tutti i mezzi di comunicazio-
ne. Tra le cose che si dovrebbero insegnare alla popolazione è la distinzione tra grassi buoni e cattivi. Ad esempio l’omega-3, chiamato acido docosa-esa-enoico (DHA) è un grasso ‘buono’ presente ad esempio in pesci come salmone e tonno. Questo grasso sembra proteggere gli obesi da gravi danni e malattie del fegato come cirrosi o cancro. Un altro punto su cui bisogna insistere è la propaganda per la dieta mediterranea, cercando di far capire alle persone che essa è un toccasana anche per il dolore cronico legato all’obesità. In questo caso i suoi benefici sono legati principalmente ad alimenti considerati anti-infiammatori, come pesce, noci e legumi, che contribuiscono a contrastare o prevenire questo tipo di dolore, legato proprio a uno stato di infiammazione nell’organismo. Come pure non tutti sanno che l'obesità può avere un'influenza sugli esami di laboratorio utilizzati per diagnosticare e monitorare l'artrite reumatoide, quali i valori sanguigni di proteina C-reattiva (Pcr) e della velocità di eritrosedimentazione (Ves), che rispecchiano i livelli di infiammazione nell'organismo. Alcuni studi hanno trovato collegamenti tra valori più elevati di Pcr e Ves e indice di massa corporea più alto. Il messaggio che però deve passare assolutamente alla popolazione è che, anche se per un breve periodo, avere chili di troppo o essere obesi più aumentare il rischio di morte per malattie cardiovascolari e tumori.
Il rapido aumento delle malattie legate a un elevato indice di massa corporea (Imc) evidenzia la necessità di continuare a concentrarsi sull'attuazione di interventi per risolvere questo problema.
LA VISTA DEL CIBO SCATENA L’APPETITO Ebbene sì, esiste un meccanismo del cervello che collega direttamente la vista del cibo all’appetito. La scoperta, pubblicata su Nature Communications, si deve ad un gruppo di Ebbene sì, esiste un ricercatori giapponesi è stata eseguita sui pesci. meccanismo del cervelNegli animali vertebrati, il comportamento alimentare lo che collega direttaè regolato da un’area del cervello chiamata ipotalamo, che mente la vista del cibo funziona come una centralina che controlla ed elabora le all’appetito. informazioni sui bisogni energetici dell’organismo e quelle sulla disponibilità di cibo. I pesci zebra, come gli esseri umani, utilizzano principalmente la vista per riconoscere il cibo e l’ipotalamo riceve le informazioni visive sulle prede.
Grazie alle tecniche che usano la luce per attivare le singole cellule del cervello, i ricercatori hanno osservato in tempo reale l’attività delle cellule nervose nelle larve del pesce zebra. E’ stato così possibile dimostrare che la vista delle prede attiva la centralina dell’appetito dell’ipotalamo. Di conseguenza esiste un circuito nervoso che collega direttamente la vista del cibo a questa centralina. Lo studio dimostra che la percezione visiva del cibo è legata al comportamento alimentare. Questo è un passo importante per capire come viene regolato l’appetito, sia in condizioni normali, sia nei disturbi alimentari.
LE DIETE CONSIGLIATE DALLA MODA FANNO MALE… QUELLE SANE VENGONO ABBANDONATE
Tra moda e nuovi stili alimentari la dieta mediterranea sta diventando sempre meno popolare, lasciando il passo a nuove tendenze dannose e squilibrate per la nostra salute. E a rimetterci sono soprattutto bambini e gestanti.
Tra le diete pericolose per la salute vi sono anche le cosiddette diete “yo-yo”, intendendo con questo termine l’alternanza di periodi di regime alimentare a contenuto calorico estremamente ridotto, se non di digiuno vero e proprio, a periodi di trasgressioni sfrenate con assunzione di calorie in eccesso. Ma per le persone già cardiopatiche, tutto questo si traduce in drammatiche oscillazioni del peso corporeo e in “un’altalena del metabolismo dell’insulina” con un aumento del rischio di eventi cardiovascolari e della mortalità. Questo è quanto è stato dimostrato da una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine. Lo studio, che ha coinvolto oltre 9.500 partecipanti, tutti già con problemi di cardiopatia coronarica e di colesterolo in eccesso, ha di fatto evidenziato che le persone più insta-
bili sulla bilancia presentavano anche un importante aumento del rischio di eventi coronarici (64%), cardiovascolari (+85%), mortalità (+124%), di infarto (+117%) e di ictus (+ 136%). Quindi, se da un lato si può dire con certezza che la riduzione del peso possa costituire una soluzione importante per i soggetti obesi non ancora cardiopatici, dall’altro, per quelli già cardiopatici, fare su e giù col peso può dare grossi problemi: non solo aumenta il rischio di eventi cardiovascolari, ma anche quello di morte per tutte le cause e di insorgenza del diabete. Di contro, poi, abbiamo che le abitudini alimentari degli italiani stanno cambiando ma in peggio. La dieta mediterranea, infatti, sembra un lontano ricordo, secondo i risultati del Test della Piramide raccolti da "Curare la Salute", elaborati dal Censis e presentati in questi giorni a Milano durante il convegno Spazio Nutrizione. Risultato: consumiamo poca frutta, verdura e pesce, pochi legumi, addirittura poca pasta. Soltanto l'olio mantiene stabilmente il suo consumo. L'abbondanza dei cibi, oltre al cambiamento dello stile di vita e delle abitudini alimentari, hanno portato a un impoverimento nella qualità dei consumi e all'abbandono di quegli alimenti più semplici ma nutrizionalmente più nobili che appartengono da sempre alla nostra cultura alimentare mediterranea. Più colpite da questo paradosso alimentare sono le popolazioni esposte a rischi carenziali: bambini, donne in gravidanza, anziani, ma anche tutte le persone impegnate in attività fisiche e psichiche stressanti. Il pesce, per esempio, è quasi sconosciuto nell'alimentazione del bambino, quando dovrebbe essere parte abituale, almeno due volte a settimana, anche prima dei tre anni di vita. Lo stesso vale per la donna in gravidanza, che durante la gestazione non dovrebbe abbandonare legumi, pasta e cereali, assumere adeguate quantità di acqua e integrare la dieta con acido folico, vitamine e minerali. Nuove tendenze e suggestioni alimentari, tempi limitati, una maggiore propensione per il pasto veloce in piedi al posto della tradizionale tavola casalinga sono alcuni dei motivi di questa deriva nutrizionale degli italiani, pur in un periodo di maggiore sensibilità per la salute e il benessere in generale.
PROBLEMI INTESTINALI: COSA EVITARE E COSA FARE PER PREVENIRLI
Quando l’intestino è in salute funziona in maniera regolare e non dà segno di sé, la presenza di sintomi invece è necessita di attenzione da parte dell’intestino e non va sottovalutata.
Gli alimenti che introduciamo nel nostro corpo vanno a interagire con le migliaia di micro-organismi che vivono pacificamente nel nostro intestino. Questi organismi contribuiscono anche alla trasformazione stessa degli alimenti introdotti e favoriscono l’assorbimento dei nutrienti, ma se si crea un disequilibrio possono diventare nocivi. La dieta mediterranea gioca un ruolo importante nel mantenere questo equilibrio. Se si pensa, poi, che l’intestino è la sede di migliaia e migliaia di neuroni, tanto da essere definito come un “secondo cervello”, ed è la sede del 60% del sistema immunitario che ci protegge dagli agenti esterni, risulta evidente che mantenerlo in equilibrio significa tenere in salute tutto l’organismo. Uno dei problemi che affliggono maggiormente le persone è l’intestino pigro. Per stabilire se si soffre di tale problema, non si deve più far tanto riferimento alla frequenza delle evacuazioni, ma come si sente il paziente e alla propria percezione rispetto alla qualità di vita con tale disturbo. L’intestino pigro è dunque un disturbo soggettivo, preva-
lentemente femminile. Fisiologicamente bisogna evitare di passare molto tempo seduti sul water ed educare in questo senso anche i bambini, fin da piccoli, perché tale posizione, a lungo andare può essere dannoso, perché la forza di gravità spinge sul pavimento pelvico, con il rischio di problemi anche importanti, che vanno dalle emorroidi ai prolassi. Un altro aspetto su cui è importante fare educazione, a partire dai bambini, è quello di non vergognarsi se bisogna andare in bagno. È importante infatti assecondare lo stimolo quando si presenta. I bambini, invece, spesso fanno fatica ad andare in bagno a scuola e aspettano di tornare a casa, ma una volta rientrati magari lo stimolo è passato. Il rischio è che trascorrano diversi giorni e che si formino ammassi di feci dure, un intoppo che può causare ragadi, dolore, ulteriore difficoltà ad andare di corpo, con l’instaurarsi di un circolo vizioso che può portare a stitichezza e a un rapporto conflittuale con la defecazione. Giocano un ruolo importantissimo le fibre, in termini di quantità e qualità; alcune fibre infatti richiamano più acqua e facilitano il movimento intestinale. Può essere di aiuto, consumare kiwi, pera matura, crusca o porridge d’avena. Non vanno poi trascurati i legumi. Fondamentale bere acqua, circa un litro e mezzo al giorno. È bene poi dedicarsi a una regolare attività fisica che stimola e smuove l’intestino. La principale attività metabolica dei batteri del colon (regione dove i batteri intestinali sono più numerosi) è la degradazione della fibra alimentare che porta alla produzione di molecole in parte utilizzate come “carburante”, e in parte destinate a regolare l’attività di cellule e tessuti. La carenza di fibra può influenzare il microbiota dato che la fibra è il principale nutrimento dei microrganismi. Diversi studi scientifici dimostrano come la composizione del microbiota intestinale sia molto instabile poiché suscettibile allo stile di vita (dieta sbilanciata, alcool e stress), oltre alle infezioni causate da microorganismi nocivi esterni.
RIPRENDERE L’ATTIVITà FISICA SEGUENDO LE GIUSTE REGOLE Con la fine dell’estate, c’è chi desidera iniziare o riprendere l’attività fisica. Per farlo in maniera sicura, però, occorre evitare alcuni errori piuttosto comuni: dall’improvvisare tempi e ritmi dell’attività al pensare di ottenere risultati immediati, dal mettersi a dieta autonomamente al ritenere che qualunque attività vada bene per sé. Indipendentemente dal proprio stato di salute, prima di iniziare a fare attività fisica è fondamentale consultare uno specialista, al fine di individuare le attività migliori per il proprio stato di salute, alle proprie esigenze e al proprio stile di vita. Lo specialista prescriverà così l’esercizio fisico più appropriato, tenendo conto dell’obiettivo riferitogli dal paziente ma anche delle condizioni generali del paziente stesso. Questo significa avere una scheda di allenamento dettagliata e perfettamente strutturata, ma
Con la fine dell’estate, c’è chi desidera iniziare o riprendere l’attività fisica. Per farlo in maniera sicura, però, occorre evitare alcuni errori piuttosto comuni.
anche sapere che tipo di attività fare e come farla a partire dal proprio stato fisico attuale. Le proprie aspettative devono essere coerenti con il programma che si segue, ecco perché è importante che la prescrizione dell’esercizio venga fatta da uno specialista in base all’obiettivo. Anche se siamo pieni di buone intenzioni e con la voglia di fare, l’intensità iniziale dovrà essere lieve, per poi aumentare secondo le indicazioni dello specialista. Non possiamo pretendere risultati immediati, con pazienza e costanza i risultati arriveranno, ma il nostro organismo ha bisogno di tempo per adattarsi ai cambiamenti. Ciò che cambia in fretta è lo stato di benessere, l’attività fisica fa stare bene, fin da subito. A tutto ciò, però, va abbinata una corretta alimentazione. Infatti il legame tra attività fisica e alimentazione è imprescindibile. Occorre evitare tre degli errori più comuni: pensare che facendo sport si può mangiare ciò che si vuole e quanto si vuole; pensare che facendo sport sia necessaria una dieta ferrea; pensare che facendo sport occorra reintegrare con prodotti specifici. Occorre invece mangiare in maniera sana ed equilibrata, privilegiando verdura di stagione, carni bianche e pesce, cereali integrali e frutta. Anche l’abbigliamento e le scarpe adatte sono fondamentali per la pratica di qualunque attività fisica, anche semplicemente per andare a fare una camminata a passo veloce. Prestiamo attenzione anche ai luoghi in cui ci alleniamo e agli orari, soprattutto per chi fa attività fisica all’aperto.
Ma, quello che tutti noi dobbiamo imparare è che mangiare bene, muoversi con costanza e combattere la sedentarietà devono diventare buone abitudini per la vita.
UNGHIE FRAGILI CAUSE E RIMEDI
Le unghie fragili sono un sintomo che si manifesta con alterazioni nella forma e nella struttura delle unghie che appaiono fragili, facili alla rottura e alla scheggiatura. Generalmente è una condizione medica che si manifesta con più segni quali righe verticali, fessure orizzontali verticali, sfaldamento degli strati che compongono l'unghia, friabilità delle unghie. La fragilità può essere transitoria, come effetto di condizioni esterni e temporanee, uso di prodotti chimici aggressivi, oppure persistente perché legata a patologie come ipo e ipertiroidismo o malattie su base immunitaria. Le principali patologie legate a unghie fragili sono anemia,
Le unghie fragili sono un sintomo che si manifesta con alterazioni nella for ma e nella struttura delle unghie che appaiono fragili, facili alla rottura e alla scheggiatura.
disturbi dell'alimentazione, eczema, ipertiroidismo, ipotiroidismo, micosi, psoriasi, traumi e altre più rare. I rimedi variano a seconda delle cause che causano il segno o il sintomo. Generalmente, l'uso di pomate e lozioni a base di oli vegetali naturali rendono più morbide e idratate le unghie contribuendo a favorire la guarigione. Integratori a base di biotina (vitamina H appartenente al complesso delle vitamine B, anche detta vitamina B8) vengono prescritti dal medico per favorire la resistenza delle unghie. Altri rimedi a base di silicio organico o zolfo sono ritenuti utili alla guarigione. Può essere utile indossare guanti prima di immergere le mani nell'acqua o smalti speciali per chi si trova a contatto di frequente con prodotti chimici aggressive. Evitare di tenere le unghie troppo tempo in acqua o di applicare smalti e solventi.
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