OTTOBRE 2017
NUTRIHEALTH RIVISTA DI SALUTE E BENESSERE NUTRIZIONE Colesterolo. Combatterlo con le armi giuste
SICUREZZA ALIMENTARE Differenze tra congelazione e surgelazione
DERMATOLOGIA
SICUREZZA ALIMENTARE Come scongelare i prodotti alimentati
SICUREZZA ALIMENTARE Qualche consiglio per scegliere bene il pesce da comprare
Fotopatch test con filtri solati nei bambini
NUTRIZIONE Svezzamento: “pappa” fatta in casa più salutare di quella in vendita già pronta
NUTRIZIONE Obesità: un danno per la salute e la società FITNESS COSMESI Gli ormoni anti-aging
Nuovo campanello d’allarme dall’OMS: gli adolescenti fanno poca attività fisica
SICUREZZA ALIMENTATE Migrazione da imballaggi alimentari ad alimenti: un pericolo nascosto
COLESTEROLO: COMBATTERLO CON LE ARMI GIUSTE
La ricetta migliore per prevenire problemi cardiovascolari è seguire regole di vita sane.
In Italia il 68% delle persone riceve la diagnosi di colesterolo alto dal proprio medico di famiglia. Nella prevenzione di eventi come infarti e ictus, il problema del colesterolo va affrontato attraverso una visione globale: la valutazione del pericolo cardiocircolatorio e l’eventuale trattamento devono tenere conto, oltre ovviamente dell’età, del sesso e di eventuali fattori ereditari del paziente, del suo stile di vita, il che significa considerarne la dieta, l’attività fisica, il fumo, lo stress e tutti gli altri elementi che giocano un ruolo primario nella nostra vita quotidiana. In situazioni di rischio moderato, spesso basta modificare le cattive abitudini per trarne grande giovamento. La regola generale è quella di prevenire eventuali guai alla salute attraverso le buone abitudini. A partire dalla dieta, che deve essere povera di grassi saturi e colesterolo: spazio limitato, dunque, per la carne (soprattutto quella rossa), i salumi e i formaggi. Alla larga dai fritti e dal burro. È importante anche ridurre il contenuto di sale e minimizzare l’acquisto di piatti pronti, che ne sono ricchi. Al contrario, bisogna mangiare molta verdura, condita con olio d’oliva, e
molta frutta. L’importante è l’insieme di tutti gli alimenti: l’uovo in sé non va demonizzato. Due o tre volte alla settimana è importante non scordare il pesce, ricco di omega-3. Via libera anche alle noci, buona fonte di grassi insaturi, ai cereali, al riso integrale e ai legumi. A tavola è bene non concedersi più di un bicchiere (o un bicchiere e mezzo) di vino per pasto, mentre i superalcolici andrebbero banditi. Anche tenersi in forma è importante e perdere il peso in eccesso riduce i rischi cardiovascolari: bisognerebbe quindi dedicare almeno trenta minuti al giorno all’attività fisica (sono sufficienti un po’ di nuoto o una camminata a passo svelto). Il fumo è considerato uno dei principali fattori di rischio che, a parità di condizioni, raddoppia le possibilità di morire di infarto: la nicotina accelera il battito cardiaco e aumenta la pressione del sangue. Farla finita con le sigarette dà benefici dopo un anno e, dopo 15 anni di astinenza, l’eventualità di incappare in un problema cardiocircolatorio ritorna uguale a quella di un non fumatore. Anche lo stress ha un ritorno negativo sulla salute e incrementa il rischio di eventi cardiovascolari, perché fa aumentare la pressione: non ci sono ricette magiche per vincerlo, ma può essere d’aiuto dedicarsi a pratiche di rilassamento o meditazione, come per esempio lo yoga. A dar retta ad alcune pubblicità, sembra che l’eccesso di colesterolo possa essere combattuto e sconfitto semplicemente bevendo quotidianamente una bottiglietta di latte fermentato arricchito di fitosteroli, sostanze di origine vegetale che ostacolano l’assorbimento del colesterolo da parte dell’organismo e diminuiscono quello “cattivo” (Ldl). La loro efficacia è stata anche confermata dall’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Ricorrere a questi prodotti in modo “fai da te” rischia però di provocare più danni che benefici. Oppure, nella migliore delle ipotesi, di non servire a nulla. Quindi, questi particolari latti non devono essere presi da coloro che non hanno necessità di controllare il livello di colesterolo. Chi, invece, presenta un grado di rischio elevato e già assume farmaci, prima di utilizzare questi prodotti deve sentire il proprio medico.
DIFFERENZE TRA CONGELAZIONE E SURGELAZIONE Tutti gli alimenti sono caratterizzati da un grado di umidità interna. Questa componente è una dei maggiori fattori responsabili delle alterazioni dei prodotti alimentari sia a livello organolettico (odore, sapore, colore, ecc.) sia igienico-sanitario ( in quanto facilita la crescita e moltiplicazione dei batteri). Attraverso la congelazione e la surgelazione degli alimenti si ottiene la cristallizzazione dell’acqua libera (cioè la creazione di ghiaccio sotto forma di minuscoli cristalli detti “microcristalli”) non rendendola più disponibile per tutti quei processi degenerativi e microbici. Nel caso della congelazione (processo lento) questi cristalli di acqua tendono a crescere (fenomeno conosciuto come “accrescimento cristallino”) grazie alla graduale fusione dei cristalli tra di loro adiacenti. Ciò determina la formazione di cristalli di grandi dimensioni (macrocristalli) i quali possono determinare cambiamenti nell’alimento (es. la rottura di fibre del tessuto animale o vegetale) e quindi durante lo scongelamento si può verificare da parte del cibo la perdita di liquidi (per cui di sostanze nutritive) e facilitare la moltiplicazione dei batteri i quali in questi liquidi trovano tutto ciò che gli è necessario per crescere e aumentare di numero. Però va detto che in alcuni contesti la congelazione può essere anche positiva in
quanto l’azione dei macrocristalli può permettere l’ammorbidimento del tessuto (es. nella carne poco frullata). Nel caso della surgelazione, che avviene posizionando il prodotto alimentare in specifiche apparecchiature che agiscono a temperature molto basse, si formano esclusivamente dei microcristalli di ghiaccio (fenomeno chiamato “nucleazione”) che non accrescono (non si verifica la fusione tra questi) quindi non si verifica la rottura delle fibre e di conseguenza in fase di scongelamento il prodotto alimentare non libererà liquido tessutale determinando una conservazione di tutti i principi nutritivi presenti e rendendo più difficoltosa la proliferazione microbica. Tutti i prodotti congelati e surgelati in ambito domestico andrebbero conservati a temperatura uguale o leggermente inferiore a -18°C.
Tutti gli alimenti sono caratterizzati da un grado di umidità interna. Questa componente è una dei maggiori fattori responsabili delle alterazioni dei prodotti alimentari. Attraverso la congelazione e la surgelazione degli alimenti si ottiene la cristallizzazione dell’acqua libera non rendendola più disponibile per tutti quei processi degenerativi e microbici.
FOTPPATCH TEST CON FILTRI SOLARI PER BAMBINI L’uso di dispositivi di fotoprotezione pediatrici, inclusi i filtri solari, viene sempre più incoraggiato dalle compagne per la salute. Mentre negli adulti i filtri chimici sono cause comuni di reazioni fotoallergiche da contatto, per la popolazione pediatrica i dati disponibili sono limitati. In questo stu-
L’uso di dispositivi di fotoprotezione pediatrici, inclusi i filtri solari, viene sempre più incoraggiato dalle compagne per la salute.
dio gli autori hanno valutato la frequenza di reazioni fotoallergiche e di allergia da contatto ai filtri solari in bambini e adolescenti (età <18 anni) con sospetta fotosensibilità. È stata condotta, dal 2000 al 2011, un’analisi retrospettiva dei dati relativi ai bambini che avevano praticato fotopatch test con una serie standard di 9 diversi filtri per gli ultravioletti (UV) e creme solari presso un unico centro di fotodiagnostica. Durante i test, le serie con i filtri UV e con le creme solari dei pazienti in esame venivano applicate in duplicato a livello del dorso e le letture venivano eseguite subito dopo la rimozione dei cerotti e a 24 e 48 ore dopo una singola esposizione agli UVA (5J/cm2). Lo studio ha incluso 157 pazienti di età compresa tra i 3 e i 17 anni, di cui 69 maschi e 88 femmine. Il 6,4% mostrava una risposta positiva ai filtri UV e/o alle proprie creme solari (4,5% ai filtri UV, 5,7% alle proprie creme solari). I filtri UV più frequentemente coinvolti erano benzofenone-3 e etilesile metossicinnamato. Inoltre, venivano osservate reazioni allergiche da contatto nel 5,7% dei bambini. Nel complesso il 10,2% dei soggetti mostrava reazioni fotoallergiche e/o allergiche da contatto. Gli autori sottolineano che questa è la più ampia serie di fotopatch test riportata in una popolazione pediatrica ed evidenzia che sia le reazioni foto allergiche che allergiche da contatto a filtri e creme solari sono piuttosto frequenti nei pazienti pediatrici valutati in fotodiagnostica. Bisognerebbe, pertanto, prendere in considerazione la pratica di tali test nei bambini che presentano sintomi di fotosensibilità.
GLI ORMONI “ANTI-AGING” L’invecchiamento è senza dubbio un processo complicato: come succede per gli altri sistemi, il sistema ormonale si modifica con l’avanzare dell’età. Le modificazioni in ambito ormonale non seguono però una linea unidirezionale: alcuni ormoni diminuiscono, altri aumentano, altri ancora rimangono stabili. Gli ormoni considerati “ormoni della giovinezza” e che hanno suscitato parecchi entusiasmi, sono tre: melatonina, ormone della crescita (GH) e deidroepiandrosterone (DHEA). La melatonina è un ormone prodotto dalla ghiandola pineale, ma anche dallo stomaco e dall’occhio. Il picco di produzione si ha nella pubertà, dopo comincia a decrescere gradatamente. È rapidamente metabolizzata, principalmente nel fegato, ed escreta con le urine. Pre-
senta evidenti fluttuazioni circadiane con più alti livelli durante la notte e più bassi valori durante il giorno. Riveste parecchi ruoli nel nostro corpo, regola l’orologio biologico e la secrezione degli ormoni chegovernano i processi di invecchiamento. Migliora il sonno, è utile nel jet-leg, potenzia il sistema immunitario, agisce come antiossidante contro i radicali liberi, migliora le capacità mentali nella malattia di Alzheimer, migliora la funzionalità articolare nell’artrite. Inoltre in alcuni test in vitro la melatonina ha mostrato di rallentare la crescita di differenti cellule cancerogene nel carcinoma al seno e nel carcinoma alla prostata. Si è vista anche una attenuazione dei sintomi della SAD (Seasonal Affective Disorder). La melatonina è un ormone parasimpatico, questo significa che è rilassante, calmante e regolatorio. Esso permette al nostro corpo di migliorare la capacità di superare le situazioni stressogene in modo calmo e appropriato. L’ormone della crescita (GH) è importante non solo per la sua azione ma per l’interazione con gli altri ormoni. Molti disturbi e patologie sono correlate alla riduzione della sua concentrazione. Più di 25.000 studi al mondo mostrano i benefici che si ottengono quando esso viene integrato: ■ aumento massa muscolare e riduzione massa grassa; ■ innalzamento dei livelli di energia; ■ aumento delle performance sessuali; ■ rigenerazione degli organi vitali; ■ stimolazione del sistema immunitario;
L’invecchiamento è senza dubbio un processo complicato: come succede per gli altri sistemi, il sistema ormonale si modifica con l’avanzare dell’età. Le modificazioni in ambito ormonale non seguono però una linea unidirezionale: alcuni ormoni diminuiscono, altri aumentano, altri ancora rimangono stabili.
■ miglioramento della cicatrizzazione; ■ miglioramento densità dell’osso e riduzione del rischio di frattura: nelle ossa lunghe e piatte aumentano il calcio, l’osteocalcina ed entrambi i tipi di collagene; ■ miglioramento della funzione cardiaca e protezione dalle malattie cardiovascolari; ■ crescita capelli; ■ miglioramento del tono dell’umore: aumento di neurotrasmettitori dalle beta endorfi ne e riduzione dell’aumento della dopamina; ■ miglioramento della vista; ■ miglioramento delle funzioni cerebrali: favorisce la riparazione dei nervi e la riconnessione tra i neuroni con un aumento dell’attività neuronale; ■ riduzione dei livelli di insulina e regolazione del controllo glicemico; ■ abbassamento del colesterolo. Tra i numerosi secretagoghi per il GH, si citano i principali e le rispettive quantità necessarie: L-arginina (2000-3000 mg), L-glutamina (500- 1000 mg), L-ornitina (2000-6000 mg), glicina (2000-6000 mg), niacina (250-500 mg). Il GH è prodotto nel lobo anteriore della ghiandola pituitaria. Il 50% della cellula produce questo ormone. La maggiore parte della secrezione avviene in picchi all’inizio della notte. La somatotropina è poi attivata nel sangue in alcuni minuti, e questo è già abbastanza affinché il fegato lo trasformi in fattore di crescita attivo. Il più importante di questi fattori di crescita è la somatomedina C, chiamata IGF1. È questo il valore dosato nel sangue (val. di riferimento: 115-490 ng/ml; valori ottimali: 200-300 ng/ml per la donna, 200-380 ng/ml per l’uomo). Il GH ha multiple e importanti azioni e ogni organo dipende da questo ormone per la sua crescita, sviluppo e funzione. Il GH deve essere sempre somministrato all’interno di un trattamento globale anti-aging e non si dovrebbe mai dimenticare l’integrazione con una corretta dieta, l’esercizio fisico e uno stile di vita corretto. Nel 1990, uno studio pubblicato nel New England Journal of Medicine mise a fuoco per la prima volta l’importanza di questo ormone a effetto anti-aging. Con
l’avanzare dell’età, vi è la ben nota diminuzione della massa magra corporea e l’incremento della massa adiposa; ebbene, i risultati di questo studio dimostrarono che la diminuita secrezione del GH è responsabile in parte di tale modificazione della composizione corporea, e anche dell’assottigliamento della cute che avviene in tarda età. I livelli di GH si riducono del 14% ogni 10 anni. Questo significa che a 60 anni la secrezione notturna è circa la metà rispetto a quella rilevata a 20 anni (500 mcg/die a 20 anni, 200 mcg/die a 40 anni, 25 mcg/ die a 80 anni) (fi gura 2). Uno studio svedese su un largo gruppo di pazienti trattati con GH ha mostrato che non c’è un aumento del tasso di incidenza del carcinoma della prostata e di altri tipi di tumori, ipotizzando che il GH non è un “trigger” per l’inizio del cancro, ma può incoraggiare la proliferazione cellulare se il cancro è già presente. Il deidroepiandrosterone (DHEA) e il suo solfato (DHEA-S) sono i più importanti steroidi sessuali prodotti dalle ghiandole surrenaliche. In realtà il DHEA è un proormone che dà origine a un cascata ormonale (estrogeni, testosterone, progesterone, ecc.). Non essendoci però stata, fino a poco tempo fa, una chiara conoscenza fisiologica di tali ormoni, si era molto speculato sul fatto che il trattamento con DHEA-S fosse una panacea per una moltitudini di problemi clinici. Poiché i livelli del DHEA diminuiscono con l’invecchiamento e i bassi livelli di DHEA si correlano con le patologie età correlate, era stato ipotizzato che l’età geriatrica potesse rappresentare una condizione di deficit di DHEA. Infatti, all’età di 80 anni la concentrazione sierica di testosterone totale è di circa 75%, e la concentrazione di testosterone libero è di circa 50% rispetto alle concentrazioni che si hanno a 20 anni (fi gure 3a e 3b). Studi epidemiologici su anziani hanno dimostrato che la mortalità per tutte le cause e per la malattia cardiovascolare era più elevata negli uomini con il più basso livello di DHEA-S, non però, nelle donne. Inoltre, un altro studio sui grandi anziani sani (90-106 anni) mette
in evidenza l’associazione tra bassi livelli di DHEA-S e bassa attività funzionale. Altri effetti benefici del DHEA-S sono stati evidenziati per quanto riguarda il diabete, l’obesità, l’arteriosclerosi, l’infiammazione, l’osteoporosi, la demenza, la cute, la sessualità, con la prospettiva di una migliore qualità di vita sopprimendo la progressione delle patologie età- correlate. In aggiunta, aumentando la concentrazione sierica di testosterone negli uomini anziani sani fino a quella degli uomini giovani, si ha una modificazione della composizione corporea (incremento della massa magra e un decremento della massa adiposa), principalmente agli arti superiori e inferiori. Tali dati avevano condotto l’ormone in causa a essere considerato un farmaco anti-aging. In aggiunta, pur essendoci una positiva modificazione della composizione corporea, non vi è stato un aumento della forza muscolare negli anziani sottoposti a trattamento con questo ormone. Il DHEA potrebbe avere effetti salutari su alcune morbilità nell’anziano. Lo stress cronico tende ad abbassare i livelli del DHEA e fa innalzare i livelli del cortisolo; il rapporto tra questi due ormoni è correlato all’invecchiamento, più basso è il rapporto più si accelera l’invecchiamento. La correzione dei livelli di DHEA è protettiva nei confronti delle malattie. Circa 10.000 studi ne mostrano gli effetti: riduzione del cancro mammario, riduzione dell’insulina, riduzione del glucosio, riduzione del grasso corporeo, aumento dell’epitelio vaginale, formazione dell’osso, aumento della massa muscolare e aumento del senso di benessere. Controindicazioni: cancro alla mammella, cancro all’utero, cancro alla prostata, cancro ai testicoli, tumori estrogeno dipendenti, storie di tromboembolismo venoso, porfiria, patologie epatiche.
MIGRAZIONE DA IMBALLAGGI ALIMENTARI AD ALIMENTI: UN PERICOLO NASCOSTO Nel 2012 l’EFSA ha sollevato la questione della migrazione dagli imballaggi alimentari ma ad oggi sono ancora pochi e incerti gli studi condotti su questo argomento.
Nel 2012 l’EFSA ha sollevato la questione della migrazione di inchiostri e colle dagli imballaggi alimentari e il problema riguarda soprattutto i cartoni per pizza ottenuti da cellulosa riciclata ma non solo. L’Agence de la sécurité alimentaire (Anses) francese ha eseguito uno studio a riguardo e il dossier finale ha evidenziato la quasi totale assenza di studi ben condotti sull’argomento. L’agenzia d’oltralpe era stata chiamata a esprimersi sul tema da una Ong che aveva trovato tracce di contaminanti in alcune partite di legumi secchi.
Il risultato di cinque anni di indagini ha prodotto 37 pagine di argomentazioni non molto diverse da quelle raggiunte dall’Agenzia europea (Efsa): la situazione è preoccupante perché gli inchiostri utilizzati nell’industria degli imballaggi sono miscele alquanto misteriose, e risalire ai singoli componenti è impossibile. In più, quando la materia prima è riciclata, sono presenti anche colle e altre sostanze la cui identità risulta sconosciuta. Il problema è che questi componenti possono migrare nel cibo, soprattutto quando si tratta di conservazioni di lungo periodo come accade per con il riso, la pasta, le farine, i cereali da colazione, i biscotti e altri prodotti. A migrare, sono soprattutto due grandi famiglie di composti: i MOAH (idrocarburi aromatici derivati da oli minerali), conosciuti per il loro effetto genotossico e cancerogeno, e i MOSH (idrocarburi saturi di origine minerale), epatotossici. Rilevarne la presenza negli alimenti non è facile, sia per le quantità minime, sia perché si tratta di miscele. Inoltre i metodi di analisi utilizzati nei diversi paesi non sono standardizzati, e questo complica ulteriormente le cose e spiega perché i dati a disposizione siano così pochi. Sarebbe opportuno introdurre alcune limitazioni come il divieto di un contatto diretto tra cartone e alimento (per esempio obbligando all’uso di imballi di plastica che però comportano altri rischi) o norme chiare per gli inchiostri da usare in ambito alimentare, riducendo l’impiego di quelli di origine minerale Il consumatore, dal canto suo, può evitare di tenere in casa per troppo tempo alimenti in cui il cartone sia a contatto con il contenuto e utilizzare prodotti conservati in imballi di materiali biodegradabili come quelli derivati dal mais. Ma il fenomeno della migrazione riguarda anche vassoi e vaschette di alluminio.
Uno studio tedesco ha valutato diversi tipi di cibo sottoposto a ‘Cook and Chill’, un processo di conservazione che prevede dopo la cottura, un raffreddamento rapido a basse temperatura e il riscaldamento prima del consumo, che può avvenire nell’arco di pochi giorni. Il sistema presenta diversi vantaggi, tra cui il mantenimento della salubrità del prodotto (l’abbattimento rapido della temperatura riduce al minimo la proliferazione batterica che avviene tra i 10°C e i 65°C ), il risparmio di materie prime (si riducono gli sprechi e gli scarti) e l’ampliamento della fruibilità dell’alimento. Il metodo è utilizzato in molti settori della ristorazione collettiva (dalle mense di scuole e asili ai ristoranti). I risultati dello studio hanno evidenziato una certa migrazione di parti dell’imballaggio nell’alimento. Sono necessari ulteriori indagini per inquadrare bene il problema ma si ritiene lo studio un segnale da valutare con attenzione. Nel frattempo è bene rispettare le condizioni previste dalla legge per un impiego sicuro dell’alluminio, sia in forma di fogli o di vaschetta: Può essere utilizzato a qualunque condizione di temperatura, se è previsto un contatto con l’alimento inferiore alle 24 ore; Se il tempo di contatto con l’alimento supera le 24 ore (condizione di conservazione), l’alluminio può essere usato solo a temperature refrigerate; L’alluminio a temperatura ambiente può essere utilizzato solo per conservare alimenti a basso potere estrattivo (come caffè, spezie ed erbe, zucchero, cereali, paste alimentari non fresche, prodotti della panetteria, legumi e frutta secca, ortaggi essiccati). Si ricorda anche che non bisogna mai mettere l’alluminio a contatto con alimenti acidi o troppo salati, visto che acidità ed eccesso di sale favoriscono la migrazione del metallo nell’alimento, come già precedentemente sottolineato.
NUOVO CAMPANELLO D’ALLARME DALL’OMS: GLI ADOLESCENTI FANNO POCA ATTIVITA’ FISICA
1 adulto su 4 non faccia abbastanza attività fisica e tra gli adolescenti la sedentarietà arriva a superare l’80%. A rivelarlo è proprio l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)
La sedentarietà assoluta è una cattiva abitudine che è piuttosto diffusa nel mondo occidentale. Questo fenomeno va di pari passo con l’obesità ed è uno dei principali fattori di rischio per le malattie croniche mortali. Si stima, infatti, che 1 adulto su 4 non faccia abbastanza attività fisica e tra gli adolescenti la sedentarietà arriva a superare l’80%. A rivelarlo è proprio l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Le attività ad intensità moderata, come camminare, andare in bicicletta o fare sport, fanno bene a tutte le età: migliorano la forma muscolare e cardiorespiratoria, la salute delle ossa, si riduce il rischio di ipertensione, ictus, diabete, cancro, cadute e fratture.
Ma quali sono i livelli di attività fisica giusti? Bambini e adolescenti: tra i 5 e i 17 anni l’Oms raccomanda almeno 60 minuti di attività fisica moderata-intensa giornaliera, se di più anche meglio, e almeno 3 volte a settimana attività che rinforzino muscoli e ossa. In generale le ragazze tra gli 11 e 17 anni sono meno attive (84%) dei ragazzi (78%). Adulti: tra i 18 e 64 anni bisognerebbe fare almeno 2,5 ore settimanali di attività fisica moderata-intensa, o almeno 75 minuti di attività intensa. Per avere ulteriori benefici di salute, servirebbero 300 minuti settimanali di attività moderata-intensa, e 2 ore o più a settimana di attività di rinforzamento muscolare. Nei paesi ricchi il 26% degli uomini e il 35% delle donne non è abbastanza attivo fisicamente, contro il 12% degli uomini e il 24% delle donne nei paesi poveri. Anziani: dai 65 anni in su la raccomandazione è la stessa degli adulti. Mentre chi ha poca mobilità dovrebbe fare attività fisica per rinforzare l’equilibrio e prevenire le cadute per 3 o più giorni a settimana. I genitori preoccupati di avere figli troppo pigri, quasi sempre chiusi in casa davanti al pc, sappiano che con dieci minuti di attività fisica intensa al giorno, che si può svolgere anche come gioco, si può fare molto per la salute futura di bambini e ragazzi. Riducono infatti il rischio di sviluppare problemi di cuore e malattie metaboliche come il diabete. Inoltre si è visto anche che una regolare attività fisica per almeno un’ora al giorno beneficia anche al rendimento scolastico, perché influisce anche sulle capacità cognitive. Sembra, di fatto, che a legare esercizio e prestazioni intellettuali sia l’accumulo di un determinato tipo di grasso. I ricercatori hanno seguito centinaia di bambini dagli 8 ai 10 anni per nove mesi. Ogni giorno un gruppo doveva seguire un programma che prevedeva 70 minuti di gioco attivo, mentre l’altro continuava con le normali attività. Tutti i soggetti che hanno partecipato allo studio sono stati visitati all’inizio e alla fine, e sono state misurate le loro capacità cognitive e loro “composizione corporea”. Si è così evidenziato, al termine delle misurazioni e dei test, che i bambini del gruppo che faceva esercizio avevano meno grasso viscerale rispetto all’inizio dell’osservazione, compresi quelli che erano rimasti sovrappeso, e in questo gruppo le performance cognitive sono risultate migliorate. Al contrario nel gruppo di controllo era aumentato il grasso viscerale, e peggiorate le funzioni cognitive, in particolare nei soggetti che erano già sovrappeso. Si ritiene che il grasso viscerale aumenti l’infiammazione in tutto il corpo e potrebbe essere proprio questo il meccanismo che lega l’attività alle prestazioni cognitive.
OBESITA’: UN DANNO PER LA SALUTE E LA SOCIETA’ I dati dimostrano che quasi la metà degli adulti italiani è obeso o sovrappeso e i nostri bambini sono ancora i più grassi d’Europa. Eppure, basterebbe che il Paese investisse nella prevenzione, per evitare 75mila morti all’anno per i problemi connessi ai chili in più. Ma per l’Italia, questo non sembra essere un problema. Tant’è vero che nel concreto si è andati avanti di ben poco per contrastare quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha definito una “silente epidemia globale”. A sollevare il problema della necessità di misure anti-obesità concrete, era stato nel 2012 l’allora ministro della Salute Renato Balduzzi, che aveva proposto una tassa sulle bibite analcoliche zuccherate gassate (tipo Coca Cola o Sprite) a carico dei produttori, il cui ricavato sarebbe stato destinato al Servizio Sanitario Nazionale. Proposta che aveva scatenato un’accesa discussione mediatica ed è stata infine abbandonata, con buona pace dell’opinione pubblica e immaginabile gioia dell’industria delle bevande. Ma poteva davvero una tassa sullo zucchero, come unica misura, aiutare a risolvere il problema dell’obesità? C’è da dire che il solo accanimento verso un unico nutriente, lo zucchero, non risolve sicuramente il problema. Non è il singolo ali-
mento il colpevole dell’obesità, ma gli stili di vita: poco esercizio fisico, abitudini scorrette e l’eccesso calorico. Eppure molti paesi, negli ultimi anni, hanno scelto di intraprendere azioni fiscali di questo tipo contro la cattiva alimentazione. Secondo uno studio pubblicato sul British Medical Journal, perché sia efficace, la tassa sul cibo spazzatura dovrebbe provocare un aumento di prezzo di almeno il 20%: in questo modo sarebbe possibile ipotizzare una diminuzione di calorie introdotte giornalmente di circa 50 kcal, il che comporterebbe una diminuzione dell’obesità generale dell’ordine del 3,5%. Per non suscitare una rivolta da parte L’obesità provoca di consumatori e produttori, nessuno Stato ha naturalmente danni per la salute e introdotto una tassa di questa entità. per la società, ma C’è poi una grossa incognita a rendere tutto più fragile e cioè la risposta reale del consumatore. Imponendo una tas- l’Italia tarda ancora ad sa, si pensa di influenzare i consumi, facendoli slittare ver- attuare politiche di prevenzione. so alternative più economiche, ma soprattutto più sane. Per cui le persone dovrebbero abbandonare le bevande zuccherate, a favore dell’acqua. Da un lato, è vero: l’aumento di prezzo provoca una riduzione dei consumi di quei determinati prodotti. Ma questo, purtroppo, non vuol dire che le persone si alimentino meglio. Quello che può succedere, infatti, è che da un lato si riduca l’acquisto di cibi tassati, ma dall’altro aumenti il consumo dei cosiddetti beni sostituti: cioè, le persone non ne comprano di più salutari, ma piuttosto di più economici della stessa categoria, vanificando così l’obiettivo del provvedimento. Per restare nell’esempio delle bibite, non è detto che si passerebbe all’acqua, ma piuttosto si potrebbe decidere di comprare sempre bibite gassate, ma dell’hard discount. Anche il comportamento delle industrie, poi, non è così prevedibile né omogeneo: le imprese potrebbero riuscire, infatti, a non alzare neanche il prezzo finale per il consumatore, decidendo di ridurre il loro profitto pur di continuare ad essere competitivi sul mercato. La questione è chiara: una tassa non può risolvere la situazione, quantomeno non da sola. Delle misure fiscali possono funzionare solo se fanno parte di un programma più ampio di azioni contro l’obesità e solo se i proventi vengono usati, non per migliorare il debito pubblico, ma per rendere gli alimenti sani più economici tramite agevolazioni.
Serve quello che ora manca all’Italia: mettere davanti alle esigenze dei marchi italiani il diritto alla salute. Serve un piano concreto di azioni decise e su più fronti, dai provvedimenti sui prezzi di alimenti più o meno salutari all’informazione sistematica per adulti e bambini, dai limiti alla pubblicità per i più piccoli a una collaborazione vera con l’industria per avere prodotti migliori.
COME SCONGELARE I PRODOTTI ALIMENTATI Per scongelare i prodotti alimentanti congelati o surgelati si dovrebbero seguire le indicazioni riportate in etichetta. Per alcuni prodotti (generalmente quelli già pronti come i minestroni, i bastoncini di pesce, le patate a pezzi da friggere, ecc.) lo scongelamento può avvenire in pentola, padella (per la frittura) e forno, cioè durante la cottura. Escluse queste eccezioni, lo scongelamento degli alimenti deve avvenire lentamente e a temperature moderatamente fredde (+4°C) quindi l’ideale sarebbe lasciarli per circa 12-24 ore in frigorifero (cioè dal giorno prima di cuocerli).
Bisogna assolutamente evitare lo scongelamento all’aria (soprattutto se in presenza di radiazioni solari), vicino a fonti di calore non idonee (stufe, termosifoni, ecc.), in ammollo (indipendentemente dal fatto che l’acqua sia fredda o calda) o sotto l’acqua corrente , perché queste pratiche sono igienicamente pericolose in quanto facilitano la contaminazione e la proliferazione microbica. Alcuni alimenti farinacei da forno possono essere scongelati a temperatura ambiente avendo cura di non posizionarli in aree a rischio di contaminazione microbica. Se per motivi particolari si è costretti a ricorrere ad una congelazione rapida si può adoperare il forno o il microonde avendo cura di impostare la specifica funzione per lo scongelamento. Gli alimenti scongelati vanno preparati, cucinati e consumanti dopo la congelazione e non vanno assolutamente mai ricongelati.
Per scongelare i prodotti alimentanti congelati o surgelati si dovrebbero seguire le indicazioni riportate in etichetta. Vediamo alcune semplici regole per un corretto scongelamento.
QUALCHE CONSIGLIO PER SCEGLIERE BENE IL PESCE DA COMPRARE Si fa presto a dire pesce e a parlare dei benefici dell’Omega-3, ma la parte difficile è proprio scegliere il tipo da comprare in base alla stagione e alle caratteristiche. Basta dare un’occhiata ai banchi che lo vendono per leggere decine di specie diverse provenienti da tutto il mondo. Come districarsi in questa giungla? Ecco qualche indicazione per scegliere con più consapevolezza il pescato da portare sulle nostre tavole. Attenzione alla dimensione: per molte specie esiste una taglia minima sotto la quale
è vietato pescare. Questo serve per salvaguardare la riproduzione della specie. Possono quindi finire nelle nostre borse capesante con una conchiglia di almeno 10 cm, naselli e sogliole di 20 cm e triglie di 11. Non è necessario portarsi il righello per fare la spesa, ma con un pizzico di attenzione in più si possono fare scelte più sostenibili. Il pesce di piccola taglia è indicato sia per motivi nutrizionali sia ambientali. Pesci come alici, sgombri e sardine sono animali a ciclo vitale breve. Questo significa che prima di finire sulle nostre tavole accumulano meno mercurio e altri metalli pesanti nocivi. Inoltre, dal punto di vista ambientale, non mangiamo qualcosa che ci ha messo anni a crescere. Come per la frutta e la verdura, anche il pesce ha una sua stagionalità. Ma cosa significa? Il pesce di stagione è quello che non è in fase riproduttiva, quello nostrano è quello di passaggio nei nostri mari. Nel Mediterraneo, questo avviene per esempio in primavera con alici e spigole, in inverno con polpi, seppie e vongole veraci, in autunno con triglie e ricciole e in estate con orate e sogliole. Ci sono poi specie disponibili tutto l’anno, come il nasello, il rombo e lo scorfano. Sono tutte informazioni riportate in etichetta e con un po’ di attenzione possiamo capire quali sono i periodi in cui una determinata specie può essere pescata nel Mediterraneo. Fermo restando che un prezzo troppo basso dovrebbe far insospettire, acquistare specie meno conosciute permette di risparmiare: se invece dei blasonati tonno e salmone acquistiamo il pesce azzurro, possiamo preparare un piatto ricco di proprietà nutrizionali spendendo pochi euro al chilo. Vanno poi rivalutati i molluschi: vongole e cozze di allevamento sono specie sostenibili che si possono alternare al pesce. Dal punto di vista nutrizionale è importante variare le specie consumate. Per quanto riguarda la cottura, quella che mantiene la maggior parte delle proprietà nutrizionale è quella a vapore. Ma anche in questo caso va bene alternare con forno e cartoccio.
SVEZZAMENTO: “PAPPA” FATTA IN CASA PIU’ SALUTARE DI QUELLA IN VENDITA GIA PRONTE I bambini cresciuti a pappe “home made” imparano ad avere una dieta più variata e sono più magri, almeno questo è ciò che si evince da uno studio pubblicato sull’International Journal of Obesity. Precedenti ricerche suggeriscono che gli alimenti per l’infanzia prodotti industrialmente possono contenere elevate quantità di sodio e zucchero e possono avere una consistenza e un aspetto accattivanti che possono compromettere l’accettazione di nuovi alimenti da parte dei bambini. I cibi fatti in casa, al contrario, sono in grado di fornire una gamma più ampia di sapori e consistenze il che potrebbe incoraggiare i bambini col passare del tempo a mangiare una più ampia varietà di alimenti. A proposito di alimenti per la prima infanzia l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda l’allattamento al seno esclusivo per i primi sei mesi di vita e quindi consiglia le madri di farsi assistere da personale specializzato durante l’avvio dello svezzamento a base di cibi solidi. Gli studiosi hanno indagato se la fonte di cibo, fatto in casa o prodotto industrialmente, potesse in qualche modo influenzare il peso e la composizione corporea dei bimbi in base al sesso e a all’età. E’ stato evidenziato che i bambini che mangiano solo cibi fatti in casa avevano diete
più variate in precedenza e una percentuale di massa grassa inferiore una volta giunti all’età di 1 e 3 anni. Per questo studio, i ricercatori hanno esaminato i dati relativi alle diete abituali di 65 neonati e le valutazioni di grasso corporeo dagli esami dei bambini effettuati all’età di 6, 9, 12 e 36 mesi. Si è dapprima evidenziato che a 9 mesi di età, 14 neonati (22% dei partecipanti), avevano ricevuto esclusivamente cibo fatto in casa e altri 14 avevano mangiato solo prodotti industriali in commercio. Premesso che la maggior parte dei bambini aveva mangiato un po’ degli uni e degli altri alimenti, è stato osservato che l’alimentazione dei primi mesi di vita non ha determinato evidenti differenze di lunghezza o di peso nel corso del tempo, nei diversi sottogruppi di bambini, e neppure vi erano differenze nelle quote caloriche e nei nutrienti delle porzioni di cibo che i bambini avevano mangiato nel corso del tempo. Tuttavia, quando i ricercatori hanno preso nota delle diete dei neonati in base alla varietà degli alimenti che mangiavano dalle sette diverse categorie esitenti, si è visto che chi era abituato alla “cucina della mamma” raggiungeva punteggi superiori di almeno un’unità, rispetto ai bimbi abituati ai “preparati” da supermercato. Inoltre è stato osservato che, a un anno di età, i bambini svezzati con pappe home made avevano una minore percentuale di grasso corporeo rispetto agli altri. Nonostante lo studio sia di piccole dimensioni, i risultati potrebbero essere importanti per la prevenzione dell’obesità infantile. Dato che le preferenze alimentari cominciano presto nella vita, è probabile che persistano e siano difficili da cambiare in età adulta, dunque una corretta scelta alimentare durante il periodo dello svezzamento può facilitare l’accettazione di nuovi cibi e garantire una crescita e uno sviluppo sani.
Gli studiosi hanno indagato se la fonte di cibo, fatto in casa o prodotto industrialmente, potesse in qualche modo influenzare il peso e la composizione corporea dei bimbi in base al sesso e a all’età. E’ stato evidenziato che i bambini che mangiano solo cibi fatti in casa avevano diete più variate in precedenza e una percentuale di massa grassa inferiore
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