GIOVEDÌ 24 MAGGIO 2012
Il supplemento rientra nel progetto RUSSIA BEYOND THE HEADLINES, che pubblica inserti in diverse lingue, in allegato a The Daily Telegraph, The Washington Post, Le Figaro, El Pais, Süddeutsche Zeitung, Le Soir, La Nacion L’inserto è preparato e pubblicato da Rossiyskaya Gazeta (Russia) e non coinvolge le strutture giornalistiche ed editoriali de
Il gusto del proibito, leva del cambiamento. Lo sa bene Elena Kostioukovitch, nata a Kiev nel 1958, vissuta a Mosca e da oltre 20 anni in Italia, traduttrice in russo di Umberto Eco. A convincerla di questo è stata proprio la lettura in italiano de Il nome della rosa e la suggestione di quell’impenetrabile biblioteca dell’abbazia che custodiva l’unico manoscritto della Poetica di Aristotele sulla commedia.
L’ECO DI ELENA
GABRIELLA PERSIANI RUSSIA OGGI
La giovane Kostioukovitch doveva ritrovarsi in quelle pagine di Eco, che, per iniziativa personale, aveva iniziato a tradurre in russo, approfittando dell’accesso, a pochi eletti consentito, al reparto dei libri occidentali nel Dipartimento di Letteratura Mondiale dell’Accademia delle Scienze dell’Urss, a Mosca. Una sfida vinta: tre anni di lavoro per far conoscere Eco in Unione Sovietica, con due milioni di copie vendute e il pienone registrato a ogni sua presentazione. Quanto è conosciuta la letteratura russa contemporanea in Italia? L’interesse profondo degli italiani si basa sui classici russi, Dostoevskij e Tolstoj, in una parola Tolstoevskij. Da ciò è poi nata l’attenzione per il periodo sovietico. Ma la nuova letteratura della Federazione parla molto poco, quasi niente, del mito russo di allora e i suoi temi fanno fatica a coinvolgere gli italiani. Per questo, da 25 anni, la mia attività è convincere prima di tutto l’editore che il tal libro può vendere e fare la fortuna del catalogo. Tra i nomi più conosciuti oggi in Italia c’è Ludmila Ulitskaya: non è un’autrice rosa, perché trascina, dentro una costruzione romantica, temi sociali della Russia moderna, che sta vivendo l’ennesimo periodo di difficoltà di rapporto tra potere e popolo. Ha esportato anche Boris Akunin. Sono molto felice di questo: dietro il nome di Akunin c’è Grigory Chkhartishvili, un mio conoscente di lunga data che, sotto pseudonimo, ha iniziato a sfornare romanzi polizieschi ambientati nella vecchia Russia. Sono stata una delle prime a riconoscerlo, grazie a qualche nome-esca inserito nei suoi testi. Era il momento in cui voleva fare outing e l’Italia è stata il trampolino per l’Europa. Ma oggi c’è anche Mariam Petrosjan con La casa del tempo sospeso: un librone da mille pagine, edito da Salani, che piace a giovani e adulti.
editore, che ha fatto la sua fortuna vendendo due milioni di copie. Il romanzo è stato pubblicato ad agosto 1988, nel Ventennale dei fatti di Praga. Nelle manifestazioni di piazza a Mosca, gli intellettuali mostravano la prima pagina del libro: per la prima volta si poteva parlare di quelle vicende. Ecco l’impatto di Eco in Russia in senso politico-ideologico.
Tolstoevskij a parte, è difficile che gli italiani si sentano coinvolti dalla letteratura russa contemporanea, che affronta temi nuovi, lontani dai miti di un tempo”
Neanche l’autore l’avrebbe detto. Gli raccontai l’episodio: rimase a bocca aperta. Non si aspettava di essere un modello di letteratura sovversiva in Urss. Dieci anni dopo, quando ha fatto il giro della Russia per le presentazioni in sale sempre piene, aveva bisogno dell’intervento della polizia a cavallo per farsi largo tra la folla che lo aspettava. Ha altri aneddoti da raccontarci su Eco? Tre anni fa abbiamo fatto un viaggio in Estonia, per visitare i luoghi diYuri Lotman, uno scrittore russo emigrato a Tallin, malvisto dal regime, che Eco aveva conosciuto nel 1962 e che mi aveva chiamato dopo l’uscita de Il nome della rosa in russo per scrivere la prefazione alla seconda edizione. Ma, alla fine del viaggio, rimase solo un sorriso amaro: nulla dell’eredità letteraria di Lotman si era conservato fino ai giorni nostri. SEGUE A PAGINA 7
Di cosa tratta? È la storia di alcuni adolescenti che vivono in una casa per invalidi. Hanno tutti qualche problema; però, non è il taglio sociale che interessa alla scrittrice, ma piuttosto quello psicologico e mitologico. Ma non dimentichiamo Umberto Eco. I suoi romanzi sono parabole del sapere e della libertà, cosa che spiega il loro successo planetario. Il lettore russo è interessato alla globalità del suo pensiero e io sono fiera di averlo fatto amare a milioni di connazionali. Quando ho iniziato a tradurre Il nome della rosa non avevo un contratto, ma avevo la piena convinzione che il libro non sarebbe mai uscito in Urss. Parlo del 1983 e la Russia era un Paese chiuso e contrario al messaggio di libertà che portava il libro di Eco fin dall’incipit: «Scrivo questo a Praga; in questa povera città sta entrando l’Armata Rossa». Una frase che poteva costare la prigione. Poi, con la perestrojka, ho convinto un coraggioso
SIMONE CERIO/PARALLELOZERO