GIOVEDÌ 25 GIUGNO 2015
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L’ i n s e r to è p re p a ra to e p u b b l i c a to d a Ro s s i ys kaya G a ze t a ( R u s s i a ) e n o n co i nvo l g e l e st r u t t u re g i o r n a l i st i c h e e d e d i to r i a l i d e Il supplemento rientra nel progetto Russia Beyond the Headlines, che pubblica inserti in diverse lingue, in allegato a The Daily Telegraph, Le Figaro, El Pais
Dopo il vertice tra Vladimir Putin e Matteo Renzi, in occasione della visita del Presidente russo a Expo (10 giugno), è stata la volta del Forum economico Internazionale di San Pietroburgo (18-20 giugno). Un'occasione che si è rivelata utile per rinsaldare la collaborazione tra la Russia e l'Occidente, Italia compresa. I numeri parlano chiaro: nel corso del Summit sono stati siglati 205 accordi per un valore di 293,4 miliardi di rubli, corrispondenti a circa 4,7 miliardi di euro. «L'ammontare comprende accordi, memorandum, contratti, protocolli d'intesa sulla cooperazione e lettere di intenti, ma non tiene conto di quegli accordi e contratti che sono coperti da segreto commerciale», ha spiegato il consigliere del Presidente russo Anton Kobyakov. Non si conosce il valore delle intese riguardanti nello specifico l'Italia, ma è comunque indicativo che si parli di valori importanti. Di certo, nelle tre edizioni precedenti del Forum, che riunisce i dirigenti delle maggiori corporation russe, americane ed europee, i numeri erano stati maggiori, ma va considerato lo scenario di fondo dell'appuntamento 2015, all'ombra delle sanzioni. L'ultima edizione della Davos russa verrà ricordata per una serie di intese che hanno visto protagonisti soprattutto Gazprom e Rosneft. Il più importante è stato il memorandum intergovernativo tra Russia e Grecia finalizzato alla costruzione, in territorio ellenico, del nuovo tratto del gasdotto Turkish Stream. Rosneft ha poi sottoscritto 57 accordi, il più importante dei quali riguarda la vendita a BP del 20% di Taas-Yuryakh: si tratta del primo grande affare tra investitori occidentali e compagnie russe dopo l'introduzione delle sanzioni da parte di Stati Uniti e Unione Europea. Per Vladimir Dmitriev, presidente di Vnesheconombank, la banca di Stato responsabile per lo sviluppo, l'incontro Putin-Renzi e il Summit di San Pie-
troburgo vanno nella giusta direzione per superare le tensioni. «Questa atmosfera di fiducia presente tra i leader dei nostri paesi si riflette anche sullo spirito di cooperazione tra le imprese russe e italiane», è il suo pensiero. In una situazione tutt'altro che semplice, continuiamo a dare impulso al business, cercando nuove possibilità per l'intensificazione dei nostri rapporti». Al Summit ha preso parte anche l'ex-premier italiano, Romano Prodi, che ha avvertito: «Nel caso in cui vengano prorogate e intensificate le reciproche sanzioni della Russia e dell'Unione Europea, si perderanno due milioni di posti di lavoro in Europa, così come confermano i dati dell'Istituto austriaco per la ricerca economica. Già 800mila posti di lavoro sono andati persi e nel prossimo periodo in Italia se ne potrebbero aggiunge altri 215mila. A causa delle sanzioni l'Italia ha perso lo 0,9% del pil». Un richiamo importante il suo, se si considera il grande prestigio internazionale di cui gode. Una fotografia preoccupante della situazione attuale è stata scattata anche da Antonio Fallico, presidente dell'associazione Conoscere Eurasia e presidente di Banca Intesa Russia. «Le sanzioni contro la Federazione hanno trascinato l'economia in un vicolo cieco e messo in stallo il business di migliaia di imprese italiane», ha sottolineato il banchiere. Che ha quindi lanciato un invito: «Occorre ripartire dall'economia per riaprire il dialogo e riallacciare senza indugio le relazioni commerciali. La bilaterale italo russa del Forum economico Internazionale di San Pietroburgo è un punto di ripartenza importante, da cui può dipendere anche lo sblocco di contratti già siglati tra le imprese russe e italiane per un valore che si aggira tra i 3 e i 4 miliardi di euro».
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QUANDO L'EXPORT È DI SUCCESSO: LA STORIA DI CARMIX, L'AZIENDA CHE DA DIECI ANNI VENDE MACCHINE PER IL CALCESTRUZZO it.rbth.com/36189
IKEA E CARREFOUR PUNTANO SUL MERCATO RUSSO E ANNUNCIANO NUOVI INVESTIMENTI it.rbth.com/36279
ENERGIA, GAZPROM SUPERATA DALLA NORVEGESE GASSCO NELLE FORNITURE ALL'EUROPA OCCIDENTALE it.rbth.com/36213
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Economia
Il business non si ferma
La partnership perduta
Nonostante le sanzioni, gli accordi commerciali tra Italia e Russia restano intensi. Dalla moda all'immobiliare, passando per il settore energetico. A conferma di un legame solido, costruito e curato nel corso degli anni. E che coinvolge anche aziende a partecipazione statale, come Eni ed Enel.
Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in cui si dichiara che la Russia non è più un partner strategico per l'Ue. Una situazione che, a detta degli esperti russi, non cambierà la sostanza delle cose. «Le relazioni russo-europee hanno sempre lasciato il posto alle dichiarazioni politiche. Una partnership strategica esisteva solo nel periodo dell'avvento di Putin al potere ed è durata fino alla rivoluzione arancione in Ucraina», dice a RBTH il vice direttore del Centro per le ricerche complesse e internazionali della Scuola Superiore di Economia, Dmitri Suslov. Le relazioni tra i due spazi politici sono diventate più complesse negli ultimi anni: il progetto di integrazione dello spazio post-sovietico coltivato dalla Federazione, le "rivoluzioni arancioni" e infine la crisi in Ucraina e il caso Crimea. Crisi politiche da cui sono derivate, di conseguenza, quelle energetiche e quelle economiche. In questo scenario ha inciso anche il fatto che «Mosca non fosse particolarmente impegnata ad aggiustare le relazioni con le strutture comuni europee, preferendo piuttosto contatti bilaterali», osserva Dmitri Ofitserov-Belskij, docente della Scuola Superiore di Economia. L'apogeo della crisi nelle relazioni è stato il conflitto ucraino, la cui soluzione non è stata ancora trovata. «Le élites europee sono convinte che la Russia si strapperà, che la sua politica estera e il suo progetto di integrazione falliranno. Per questo motivo le relazioni continuano a vivere in una condizione di stagnazione e le parti faticano a trovare un punto d'incontro», conclude Dmitri Suslov. Una lettura della vicenda che non sembra suggerire grande ottimismo su un possibile compromesso a breve.
LUIGI DELL'OLIO RBTH
Knightsbridge Private Park, simbolo della rinascita dell'immobiliare di lusso a Mosca, vestirà italiano. In un'area residenziale di oltre 90mila metri quadri, Margraf ha ottenuto una commessa per i rivestimenti in marmo. Segno che gli affari lungo l'asse Italia-Russia proseguono nonostante le restrizioni imposte dalle sanzioni incrociate. Come dimostra anche la recente apertura dello showroom Rete Italia, realizzato da un team di otto aziende venete. Marmi, serramenti e ceramiche tricolore fanno bella mostra nel centro della capitale russa, invitando architetti italiani e russi a collaborazioni di business. Un altro ambito di proficua collaborazione è l'energy, con Eni ed Enel che a più riprese hanno confermato di non avere alcuna intenzione di abbandonare la Federazione. Nei giorni scorsi Maire Tecnimont si è aggiudicata un contratto da Jsc Gazprom Neft per realizzare il progetto Combined Oil Refinery Unit all'interno della raffineria situata nella capitale. Il made in Italy più strutturato non si limita all'export, ma punta sulla produzione diretta nella Federazione, nella convinzione che questa sia la strada migliore per soddisfare i consumatori locali. Come dimostra l'investimento di
Gevorg Mirzayan
Barilla per realizzare uno stabilimento a Solnechnogorsk, nella regione di Mosca, che a regime impiegherà 400 persone. A supporto delle aziende italiane in Russia e alla ricerca di nuova clientela si muovono anche i grandi polmoni finanziari della Penisola, come Unicredit, attiva nella Federazione dal 1989, Intesa Sanpaolo, che con i suoi sportelli è presente in 25 regioni, e Generali, che detiene il 38,4% di Ingosstrakh. Né ci sono segnali di un'inversione di tendenza per quel che concerne gli investimenti russi in Italia. A cominciare dalla moda, con il marchio Malo passato nei mesi scorsi nelle mani del fondo Quadro Capital Partners. Senza dimenticare i capitali in cerca di know-how d'eccellenza, come dimostra il caso di Micran, società siberiana specializzata in sistemi di comunicazione ad alta distanza, che ad Agrate Brianza ha avviato una startup di con 21 ingegneri italiani. Tutti segnali del fatto che, nonostante le tensioni recenti, il filo della collaborazione in ambito business tra i due paesi non si è mai spezzato.
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I rilevanti contratti siglati al Forum economico di San Pietroburgo e la volontà di collaborazione espressa dagli esponenti del business dimostrano che, nonostante le "virate" verso est, il principale partner economico della Russia continua a essere l'Occidente. Un aspetto fondamentale per l'Italia, che ha sempre avuto nella Federazione un partner privilegiato. Putin e Renzi si erano già incontrati nel marzo scorso, negli stessi giorni in cui Mosca era scossa dal caso Nemtsov. Con il premier italiano che era stato uno dei primi leader occidentali in visita ufficiale in Russia dopo il consolidamento della crisi ucraina. Durante l'incontro, i due leader avevano
espresso la volontà di sviluppare la cooperazione tra i due paesi. In visita a Milano per l'Expo, Putin ha invece discusso con Renzi il tema delle sanzioni internazionali nei confronti della Federazione. Secondo Putin, bisognerebbe parlare «non della loro abolizione o semplificazione», piuttosto «di come queste sanzioni ostacolino lo sviluppo delle nostre relazioni». A questo proposito il Presidente russo ha fatto riferimento a vari progetti italo-russi, congelati a causa delle sanzioni, affermando che questi provvedimenti sono molto dannosi per il paese, invitando a trovare una via d'uscita. Secondo Aleksandr Konovalov, presidente dell'Istituto per le valutazioni strategiche, migliorare la situazione relativa alle sanzioni è
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stato lo scopo principale della visita di Putin. «A mio parere, il Presidente sta cercando con tutti i mezzi possibili di interrompere il regime delle sanzioni perché rendono molto difficile la situazione in Russia», ha detto l'esperto a RBTH. Gli fa eco il professore dell'Hse, Maksim Braterskij, secondo il quale la visita di Putin in Italia aveva fondamentalmente due obiettivi: riequilibrare il difficile dialogo con l'Unione Europea e promuovere quei progetti economici che non rientrano tra quelli impediti dalle sanzioni. Per l'esperto, Mosca cerca il dialogo soprattutto con quelle voci all'interno dell'Ue che hanno una posizione più mite verso la Russia. In questo senso l'Italia può giocare un ruolo cruciale.
PALAZZO CHIGI
L'impegno per il dialogo
LA RUSSIA
a portata di mano
Economia
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IL COMMENTO
Energia, la frontiera è mobile il nucleare hi-tech è in Oriente
"Disgelo inevitabile ma occorre del tempo" Vladimir Chernega
Mentre l'Europa ha frenato nella realizzazione di nuovi impianti dopo l'incidente di Fukushima, in Asia e nella Federazione lo sviluppo delle centrali procede a velocità spedita.
ESPERTO
L
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MARTA COHEN RBTH
L'autore è consulente presso il Consiglio d'Europa, dottore in scienze giuridiche, ambasciatore straordinario e plenipotenziario
SUL NOSTRO SITO A inizio giugno Mosca ha ospitato il primo forum parlamentare Brics, i cui partecipanti hanno deciso di prendere in considerazione l’ipotesi di costituire un’assemblea parlamentare, il cui compito sarebbe l'integrazione delle legislazioni dei paesi membri. La decisione finale sull'istituzione di un simile organo potrebbe essere presa già nel prossimo anno in occasione del forum indiano it.rbth.com/36359
Dall'inizio del nuovo secolo, nel campo dell'energia atomica vi è stato uno spostamento dello sviluppo tecnologico dall'Occidente verso i paesi dell'Asia. Secondo previsioni dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Iaea), verso il 2030 le potenzialità delle centrali nucleari dell'Europa e dell'America settentrionale subiranno rispettivamente una riduzione del 35% e del 17%, quando nel contempo in Asia cresceranno di circa quattro volte. Oggi le prospettive dell'energia nucleare in Europa, e in particolare nei paesi più industrializzati, non sembrano essere promettenti come si vorrebbe. A seguito dell'incidente di Fukushima in Giappone, la Germania ha preso la decisione di rinunciare completamente alla produzione di energia nucleare fino al 2022. Per lo stesso motivo, l'Italia ha già declinato (insieme alla Francia) il piano di costruzione di quattro impianti. Nella stessa Francia, che per molti anni è stata all'avanguardia nel settore, il governo socialista - appena giunto al potere - ha proclamato la necessità di ridurre la produzione di nucleare dal 75% al 50%. Ciononostante, definire questa tendenza "a lungo termine" non è corretto. Lo sviluppo del nucleare nel mondo è ciclico: se domani si abbassasse l'estrazione a buon mercato del gas di scisto negli Stati Uniti o calassero gli incentivi per la produzione da fonti rinnovabili in Europa, che permettono alle compagnie di concorrere con altri tipi di energia, la domanda di nucleare in queste regioni potrebbe far ritorno. Inoltre, in tutti i paesi lo sviluppo dell'energia atomica è legato in buona misura al corso politico, come fa notare l'esperto indipendente, Aleksei Gavrilov. «La recente vittoria schiacciante di Nicolas Sarkozy alle elezioni regionali francesi potrebbe essere letta come un preludio al rilancio di una politica più attiva a favore del nucleare», sottolinea l'esperto, ricordando che, nel periodo della sua presidenza, il leader dei conservatori transalpini si era espresso per lo sviluppo dell'energia atomica. Secondo Gavrilov, quanto più tempo passerà dai fatti di Fukushima, tanto maggiore sarà la probabilità di una ripresa dei dibattiti attorno alla costruzione di centrali nucleari di nuova generazione in Italia. Tenendo anche conto del fatto che, prima degli avvenimenti giapponesi, i piani di realizzazione degli impianti non erano lontani dal concretizzarsi. Poi il timore ha preso il sopravvento e ha influito sull'esito referendario. Lo stesso Giappone, d'altro canto, è a favore della ripresa del servizio degli impianti congelati, presenti sul proprio territorio. I leader mondiali delle tecnologie relative ai reattori nucleari sono compagnie nord americane ed europee, russe comprese: Areva, Westinghouse e Rosatom. Al momento però, la loro produzione non è così richiesta sul mercato (fa eccezione la compagnia russa, che sta portando avanti la costruzione di alcuni reattori sul territorio nazionale, in numero superiore a quelli di
I NUMERI
17,8% il peso del nucleare nel bilancio energetico dell'economia russa
29 gli impianti in fase di costruzione nel mondo, basati su progetti elaborati nella Federazione
LA FRASE
Aleksei Gavrilov ESPERTO DEL SETTORE ENERGETICO
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Lo sviluppo dell'energia nucleare nel mondo è ciclico: se domani dovessero calare gli incentivi per le fonti rinnovabili in Europa, che permettono alle compagnie di concorrere con altri tipi di energia, la domanda di nucleare potrebbe far ritorno"
Francia e Stati Uniti considerati insieme). Non è dunque una casualità che le corporation nucleari mondiali si siano date alla conquista dei paesi dell'Asia centrale e sud-orientale, dell'Africa, dell'America Latina e del Medio Oriente. Il nuovo trend si spiega con una serie di fattori. Innanzitutto bisogna tenere presente che l'economia in rapida crescita di Cina, India, Malesia, Singapore, Vietnam e Corea del Sud favorisce lo sviluppo del consumo di energia. Secondo i dati dell'Agenzia internazionale dell'energia, nel periodo fra il 1990 e il 2008 la crescita dell'energia nucleare pro - capite in Cina è aumentata del 111% e in India, del 42%. E la corsa è proseguita anche in tempi più recenti. In secondo luogo, la lotta contro i cambiamenti climatici impone di fare ricorso all'energia pulita. La decisione più adeguata, in questo caso, riguarda appunto l'energia nucleare, che combina grande potenza ad alta sicurezza. A patto, ovviamente, che vengano rispettate tutte le norme di sicurezza. Infine incidono le possibilità finanziarie a disposizione dei paesi asiatici, che consentono loro di realizzare grossi progetti infrastrutturali come la costruzione di centrali nucleari. Alcuni player come il già citato Rosatom propongono - insieme al progetto - diverse varianti di finanziamento, che può arrivare anche alla totalità dei costi necessari alla costruzione. L'azienda russa concede sostegni finanziari in forma di garanzie statali o partecipazioni azionarie nel capitale della futura centrale nucleare e nella produzione dell'energia elettrica. «La soluzione più adeguata, in questo caso, risulta proprio l'energia nucleare», dice Aleksandr Uvarov, capo del portale russo di informazione Atominfo.ru. «Questo perché combina elevata potenza e sicurezza, in conformità con i requisiti normativi». Tornando alle opportunità di crescita della domanda di nucleare in Europa e nell'America del nord, è necessario ricordare che sono proprio queste regioni ad aver creato le tecnologie atomiche, dapprima nell'uso militare, poi in quello civile. Tra le due sponde dell'Atlantico esiste un ramo dell'atomica molto sviluppato che garantisce, in senso più ampio, lo sviluppo del potenziale scientifico, delle tecnologie innovative e della produzione. Oltre a ciò, i paesi leader di queste regioni sono al contempo detentori di armi atomiche. Già questi motivi sono sufficienti a impedire che europei e nord-americani perdano le loro competenze nel settore.
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Trasporti, la nuova rotta è da record: inaugurati 10mila chilometri di rotaie che uniscono la Cina ad Amburgo, passando per la Russia
'incontro fra i capi di stato e di governo europei, in programma oggi e domani, difficilmente porterà a cambiamenti nei rapporti con la Russia. Molto probabilmente verranno mantenute le precedenti sanzioni, ma non ve ne saranno di nuove. I paesi leader dell'Ue, Germania e Gran Bretagna, non vogliono allentare la pressione sulla Federazione, ma devono fare i conti con la riluttanza di Grecia, Ungheria e Cipro. Inoltre è evidente una certa stanchezza da parte dell'Ue nei confronti delle autorità ucraine, in perenne ricerca di maggiori aiuti e al contempo sempre meno obbedienti ai consigli degli "amici europei", specie nell'ambito degli accordi di Minsk. La sensazione è che il "congelamento" dei rapporti fra Russia e Ue durerà a lungo, dato che non è legato solo al conflitto ucraino. Anzi questa crisi è in parte il risultato delle grandi contraddizioni già presenti nei rapporti tra le due potenze. Nel tempo, la tendenza alla collaborazione ha preso le sembianze della rivalità. Questo ha portato a esasperare l'ideologizzazione della politica estera occidentale dopo la caduta del comunismo: la democrazia e i diritti dell'uomo si sono trasformati, nei paesi occidentali, in una sorta di religione laica da esportare. Come dimostra la storia, le situazioni di prolungata tensione vengono risolte con la guerra o con il compromesso. Siccome la prospettiva della guerra con una potenza nucleare intimidisce anche i falchi americani, le parti dovranno prima o poi arrivare a un compromesso. Gli europei comprendono che l'annientamento reciproco è redditizio solo per gli Usa, ma non per i propri popoli. Occorre avviare un paziente percorso di riavvicinamento.
ALEXEI NIKOLAEV/TASS
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Società
Durante il terzo mandato presidenziale di Vladimir Putin il numero di coloro che lasciano la Federazione è in aumento costante. Nei primi otto mesi del 2014 hanno abbandonato il paese 203mila cittadini. All'origine della scelta si citano spesso motivazioni politiche. E tra casi celebri e non, il tema è sempre più dibattuto dagli analisti. EKATERINA SINELSHCHIKOVA RBTH
Primi giorni di giugno: il più grande mecenate nel campo della scienza e dell'educazione, il presidente onorario e fondatore della compagnia Vympelkom, Dmitri Zimin, lascia la Federazione. Il dibattito nell'opinione pubblica scatta: tra i commentatori c'è chi associa la sua partenza allo scandalo intorno al suo fondo scientifico-didattico Dinastija. Un fondo che il 25 maggio scorso è stato dichiarato "agente straniero". Una presa di posizione letta da alcuni media come intimidazione nei confronti di Zimin, che avrebbe finanziato politici e mezzi di comunicazione. Pochi mesi prima: Evgenia Chirikova, ecologista e oppositrice, emigra in Estonia con la sua famiglia. Il suo commento è questo: «In Russia sono in corso repressioni contro gli attivisti sociali». E aggiunge: «gli ambientalisti sono il nemico principale del regime oligarchico dei petrolieri». Due casi. E ogni volta che un personaggio pubblico lascia la Federazione il refrain è lo stesso, il dibattito ruota intorno a questo tema. Perché gli osservatori della realtà sociale e politica della Russia mettono in guardia: durante il terzo mandato presidenziale diVladimir Putin, la motivazione della partenza è spesso rappresentata dal contesto politico che caratterizza oggi la Russia.
La spinta di piazza Bolotnaja
12% degli intervistati si è detto disponibile a partire. Perché? L'uNel giugno 2012, lei stessa, insieme ad altri co-fondatori dell'or- more "da valigia" è stato spento dalla crisi, spiega l'esperto di Leganizzazione, ha lasciato la Russia, temendo un procedimento vada, Stepan Goncharov. La gente non è più nelle condizioni di penale in seguito all'affare di piazza Bolotnaja (per i disordini di poter pianificare il proprio futuro e preferisce aspettare. A influire massa e gli scontri con la polizia del 6 maggio sulla piazza Bo- è anche la sensazione di instabilità, la previsione di un conflitto. Per lotnaja, a Mosca, 12 persone sono state incarcerate). questo motivo ora, tra coloro che meditano di espatriare, vi sono per «Una parte significativa degli emigrati politici, se non la mag- lo più russi ricchi - riporta Goncharov - vale a dire «chi può pergior parte, in nessun modo fa sapere di sé: molti attraversano la mettersi un trasferimento in qualsiasi momento». Per quanto riguarfrontiera in maniera illegale, una parte non richiede asilo, e ov- da gli altri, che magari stanno considerando l'opzione di andar via, viamente non rientrano nemmeno in una fetta delle statistiche prevale alla fine la decisione di tenersi stretto quanto si ha in patria. interne dei paesi che li accolgono», spiega Jenny. Quanto ai motivi politici, questi sono ben lontani dal coHuman Corpus esiste ufficialmente da meno di un stituire la ragione principale. Come già rilevato in pasanno, per la precisione dall'ottobre 2014. In questo sato, la gente emigra in primo luogo perché va alla rilasso di tempo, all'organizzazione si sono rivolte cerca di condizioni di vita migliori. «C'è il desiderio poco più di 200 persone. Tuttavia dare particolare di garantire ai bambini un'esistenza più conforterilevanza a questi dati non è possibile. vole, si tratta di un fattore materiale», ritiene il somila persone sono emigrate «Sarebbe più corretto parlaciologo. La politica è la ragione principale solo nel 2014. Si tratta della cifra re di come l'emigrazione per un ristretto numero di persone, per il cosidpiù alta mai registrata dalla Russia sia diventata detto strato intellettuale. «I più giovani e attivi fra durante gli anni un flusso, piuttosto che loro, stando alle nostre informazioni, hanno già ladella presidenza affermare che vi siano più sciato il paese negli anni fra il 2012 e il 2013», agdi Vladimir Putin giunge il sociologo, sottolineando che la crisi allora non c'era, mentre erano iniziati il terzo mandato presidenziale di Vladimir Putin, le proteste di massa e l'introduzione di misure disciplinari più rigide. La questione non sta nella quantità, fa notare Nisnevich, ma nel fatto che l'emigrazione riguarda quello strato sottile di popolazione sul quale poggia il livello del capitale umano della Russia.
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Una scelta complicata
L'inversione di tendenza
Osserviamo un'emigrazione non tanto legata a motivi politici, quanto scaturita dalla situazione sociale"
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Sono numerosi gli analisti intervenuti per cercare di fornire strumenti interpretativi della nuova ondata di emigrazione. «Il deflusso di popolazione è innegabile», osserva Pavel Chikov, presidente dell'associazione interregionale degli avvocati Agora, che da anni aiuta chi vuole emigrare a stilare richieste di asilo. Vero è che sono in pochi a scappare da una reale persecuzione politica, fa notare il giurista. Per altri, invece, semplicemente è diventato «meno comodo vivere in Russia». Gli fa eco il professore e ricercatore della facoltà di scienze sociali Vshe, Yuri Nisnevich. «Osserviamo un'emigrazione non tanto legata a motivi politici, quanto piuttosto scaturita dalla situazione politica». Come risultato, emigrano anche quelli che con la politica non hanno mai avuto a che fare. Il pacchetto di leggi sulla regolazione di internet, la limitazione delle quote straniere nel capitale delle compagnie proprietarie dei media, l'impudente legge sull'educazione (in particolare, del provvedimento si criYURI NISNEVICH, PROFESSORE E RICERCATORE DELLA FACOLTÀ DI SCIENZE SOCIALI VSHE tica il tentativo di commercializzare l'educazione, rendendola un servizio educativo), la legge sugli "agenti stranieri": tutto questo crea uno sfondo emigrati politici», dice l'avvocato, sotassai sgradevole, ritiene il professore. Chikov concorda: il vero co- tolineando che sono le dimensioni del efficiente non riguarda i singoli individui, i casi di persecuzione, fenomeno in termini assoluti a dover creare le preoccupazioni. All'origine di bensì il generale deflusso di popolazione. questo processo, il cui inizio è stato posto dai fatti di piazza Bolotnaja, è il fatto che «per la prima volta nel periodo della presidenza Le statistiche Putin, non sono stati solo gli attivisti a scendere in strada ma anche Secondo le rilevazioni di Rosstat, a partire dal 1999 il flusso di la gente comune, buona parte della quale aveva preso parte ad azioemigrati dalla Federazione è stato in calo costante fino al 2012, ni di protesta per la prima volta nel corso della sua vita». quando sono state registrate 122.751 uscite, contro le 36.774 del 2011. Nei primi otto mesi del 2014 se ne è andata più gente che Il peso strisciante della crisi Le statistiche ufficiali per il 2015 non sono ancora disponibili: all'ufin qualsiasi intero anno di governo di Vladimir Putin, 203mila. A onor del vero, non è possibile definire quanti, dell'intera somma ficio federale di migrazione non hanno potuto fornire a RBTH alcun degli emigrati, abbiano abbandonato il paese per motivi legati elenco in merito. Nondimeno i sociologi constatano un visibile calo alla visione politica, dice a RBTH la coordinatrice dell'organiz- degli aspiranti emigranti. Secondo i dati del Centro Levada, a marzo zazione Human Corpus a sostegno dei rifugiati (con base in Fin- il numero di persone che non intendeva lasciare il paese ha raggiunto il massimo mai registrato, ovvero l’83%. Questo mentre solo il landia), Jenny Curpen.
La differenza però fra chi è ipoteticamente pronto a partire e chi invece è ormai deciso a compiere questo passo è sempre minore. «Le conversazioni sul tema sono in aumento. È un passatempo per i russi della classe media parlare di emigrazione», taglia corto il deputato indipendente della Duma di stato, l'oppositore Dmitri Gudkov. Secondo il quale, nessuno vuole realmente abbandonare il paese, perché chi parte, in genere perde il proprio status e la qualità della vita che caratterizza la Russia. Si comprende che vivere all'estero costa caro, che occorre cercare lavoro e risolvere la questione del visto: «Emerge una tale quantità di problemi, da far ripensare ai propri piani», sottolinea. Nell'ambiente intellettuale e nei circoli scientifici ora si cercano alternative, secondo Nisnevich. «Queste persone per ora non emigrano. In tasca però hanno la doppia cittadinanza, in caso di un aggravarsi della situazione», dice il professore. I sociologi ritengono che non occorra attendere un nuovo inasprimento della situazione politica per assistere a una nuova ondata di emigrazione. Sarà sufficiente l'uscita dalla crisi. Altro dato: secondo i sondaggi, da marzo a maggio di quest'anno la percentuale di coloro che desideravano espatriare è aumentata dal 12 al 16%. «Al momento questo dato, nell'ambito dell'errore statistico, non è significativo, ma la situazione si sta lentamente stabilizzando e la crescita del benessere provocherà una ripresa dell'emigrazione, a patto, ovviamente, che non vengano intraprese misure di limitazione alle uscite», dice Goncharov. Ma come ha dichiarato a RBTH il presidente del comitato della Duma di stato per gli affari della Csi, per l'integrazione eurasiatica e i legami con i connazionali, Leonid Slutskij, l'istituzione non ritiene «che ci siano motivi sufficienti per l'introduzione di simili provvedimenti». Il politico comunista e primo vice presidente del comitato della Duma di stato per gli affari delle nazionalità,Valerij Rashkin, ha detto che «al momento non esistono problemi nel paese legati all'emigrazione». Per l'esponente politico,«secondo le cifre, i fatti, le domande regiper cento è la quota di coloro strate all'ufficio emigrazione la che non intendono andare questione non esiste. L'emigraall'estero. Anche in questo zione non è cresciuta; coinvolcaso si tratta del dato più ge al contrario un numero irrielevato dall'inizio sorio di persone, che non teniadelle rilevazioni mo neppure in conto».
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