RussiaOggi_09_2012

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GIOVEDÌ 6 SETTEMBRE 2012

Il supplemento rientra nel progetto RUSSIA BEYOND THE HEADLINES, che pubblica inserti in diverse lingue, in allegato a The Daily Telegraph, The Washington Post, Le Figaro, El Pais, Süddeutsche Zeitung, Le Soir, La Nacion L’inserto è preparato e pubblicato da Rossiyskaya Gazeta (Russia) e non coinvolge le strutture giornalistiche ed editoriali de

La fine del comunismo, l’emozione del viaggio effettuato lungo il fiume Volga, le esperienze di lavoro negli anni Sessanta e l’evoluzione della società russa fino ai giorni nostri. Ricordi personali e frammenti di storia si susseguono nel racconto di Rosario Alessandrello, classe 1931, presidente della Camera di Commercio italo-russa. Quando è nato il suo rapporto con la Russia? Bisogna ritornare indietro con la memoria di oltre 40 anni fa alla fine degli anni Sessanta, quando ero un giovane ingegnere della nascente Montedison, Mi ero recato in Unione Sovietica insieme all’allora amministratore delegato dell’Edison per sanare una vertenza tra la Montecatini e la Russia. Da allora ci sono ritornato più volte, con frequenti permanenze in Baschkiria, nel Tatarstan, a Stavropol, oltre a Mosca e San Pietroburgo. Che conoscenza aveva all’epoca dell’Unione Sovietica? Non conoscevo nulla della lingua, ma ero un grande amante della letteratura russa. Tolstoj, Dostojevskij, Checov con i loro romanzi per certi versi gialli avevano nutrito la mia fantasia rappresentando una rottura rispetto alle letture più diffuse all’epoca in Italia, dove prevalevano soprattutto i grandi classici americani. Nel mio bagaglio culturale c’era però anche la storia romanzata della Rivoluzione Russa, in

Uno degli ostacoli allo sviluppo è la corruzione, particolarmente odiosa perché riguarda figure che rappresentano lo Stato cui ogni cosa era rappresentata come divisa tra paradiso e inferno, anche se poi ho imparato che nella realtà non è mai così. Qual è stata la sua impressione quando ha visitato per la prima volta la Federazione? La prima visita è stata troppo breve e fugace, mentre ho maggiori ricordi legati al secondo viaggio, avvenuto negli anni Settanta, come direttore tecnico della Montedison. Ricordo quando sono atterrato per la prima volta all’aeroporto di Mosca insieme all’allora amministratore delegato dell’Edison, che era un socialista anticomunista perché riteneva che il dogmatismo di questa ideologia distruggesse i valori dell’umanesimo socialista. Appena arrivati, ci siamo trovati di fronte bancarelle piene di libri di propaganda per turisti, tutti uguali, ma tradotti in lingue diverse. Mi sono accorto che li stava infilando in borsa. Gli ho allora chiesto perché, considerato che erano tutti uguali, e mi ha risposto sorridendo: «Quando si viene qui, bisogna cercare di fare tutti i danni possibili».

CALOGERO RUSSO

ROSARIO ALESSANDRELLO

Qualche episodio chel’ha particolarmente emozionata? Il mio viaggio in barca sul fiume Volga, lungo le cui sponde sorgono dei monasteri non accessibili via terra, ma solo per via fluviale. E poi la prima

volta che ho visto le città medievali dell’Anello D’Oro, luoghi che portano impressi i segni di tante culture. Cosa la affascina della Russia? È un territorio immenso, 55 volte più grande di quello italiano, ma con una popolazione che è solo il doppio della nostra, quindi con grandi spazi disabitati. I russi, poi, sono un popolo contadino che è riuscito a far convivere oltre cento differenti etnie, ciascuna con una propria religione, realizzando il più grande esempio di integrazione mai verificatosi nella storia del mondo. E poi trovo affascinante la sua storia: nel 1991 non si è dissolto solo il partito comunista, ma l’impero sovietico ereditato dalla storia degli zar. Nel suo lungo rapporto con la Russia ha incontrato qualche difficoltà? Nel lavoro l’ostacolo più grande è sempre stata la lingua, molto complicata grammaticalmente, con cui dovevo confrontarmi quotidianamente nelle normative e nei contratti. Ma anche l’aspetto culturale: nei miei frequenti viaggi mi sono spostato da una zona all’altra del Paese venendo a contatto con diverse etnie, spesso molto distanti dalle nostre tradizioni. Ho sempre trovato molti punti di contatto però con i popoli del Nord, gli slavi, perché amanti dell’otium, nel senso latino del termine, cioè cultori della musica, della poesia e del teatro. Più in generale, ho capito che il popolo russo è orgoglioso, che teme di essere disprezzato da noi occidentali. Se riesci a conquistare la loro fiducia, però, si rivelano molto generosi. Cosa non le piace della Russia odierna? La corruzione, particolarmente odiosa perché riguarda le figure che rappresentano lo Stato davanti al cittadino. Alle istituzioni spetta il compito di educare e dare fiducia ai cittadini. Una sfida cruciale che attende Putin è favorire la formazione di una vera classe media, fornendo servizi adeguati, migliorando la qualità della vita e consentendo la libera informazione. C’è qualcosa che rimpiange del nostro Paese quando si trova nella Federazione? Mi manca la qualità della vita italiana, unica al mondo, e poi il bello, presente ovunque nel nostro Paese. Mi ritrovo spesso a pensare ai bambini che frequentano la scuola vicino a Santa Maria Novella a Firenze e mi dico che se un giovane vede tutti i giorni quella facciata non può non assimilare il concetto di bellezza. Passando al business, quali sono le prospettive per le aziende italiane interessate a investire in Russia? La Russia ci invidia il nostro tessuto produttivo, fatto di piccole e medie imprese, e vorrebbe imitarlo. Inoltre la Federazione è alla ricerca di imprenditori stranieri che siano in grado di innalzare la qualità della vita delle persone: i principali sbocchi di investimento riguardano i settori farmaceutico, sanitario e agroalimentare. Preparato da Sibilla Di Palma

L’ORGOGLIO E I PREGIUDIZI DI UN PAESE IL COMUNISMO, LA CRISI DEGLI ANNI NOVANTA, I NUOVI EQUILIBRI POLITICI E IL CORAGGIO DI PUNTARE SUL FUTURO IL RACCONTO IN PRESA DIRETTA DEL PRESIDENTE DELLA CAMERA DI COMMERCIO ITALO-RUSSA


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