giovedÌ 13 novembre 2014
Notizie e approfondimenti
L’ i n s e r to è p re p a ra to e p u b b l i c a to d a Ro s s i ys kaya G a ze t a ( R u s s i a ) e n o n co i nvo l g e l e st r u t t u re g i o r n a l i st i c h e e d e d i to r i a l i d e Il supplemento rientra nel progetto Russia Beyond the Headlines, che pubblica inserti in diverse lingue, in allegato a The Daily Telegraph, Le Figaro, El Pais
La genesi del progetto, il suo significato. E non solo. Il particolare incontra l’universale: e da un film si passa al Cinema, al suo ruolo di trasposizione della realtà. Si è sviluppata intorno a questi temi l’intervista concessa da Andrei Zvyagintsev a Rbth. Il suo Leviathan, oltre ad aver trionfato al London Film Festival, ha ricevuto all’ultimo Festival di Cannes il premio per la miglior sceneggiatura ed è stato presentato agli Oscar dalla Federazione. A proposito del suo film Leviathan, che narra la storia del cittadino americano Marvin Himeyer e del suo conflitto con la macchina statale, vorremmo chiederle: come mai questa vicenda ha suscitato il suo interesse e perché ha deciso di trasporla nella Russia contemporanea? Marvin John Himeyer, proprietario di un cementificio, aveva deciso di riscattare il laboratorio. Non aveva voluto cedere a compromessi e aveva recintato semplicemente la fabbrica con una palizzata. Sprofondato nella disperazione, è salito su un bulldozer, ha demolito gli edifici della fabbrica e poi si è suicidato. Quando nel 2008 mi hanno raccontato questa storia, mi ha stupito che potesse essere accaduta negli Stati Uniti. Quella ribellione contro un potere ingiusto, quelle condizioni di man-
Thomas Hobbes nel suo trattato Il Leviatano, idealizzando lo Stato, si fosse radicalmente sbagliato. Sulla carta si può creare un modello ideale, ma non appena entra in gioco il fattore dell’individualità, con tutti suoi limiti e difetti, ogni ideale può facilmente trasformarsi nel suo esatto opposto. Non si tratta più di un patto sociale, ma di un contratto col Diavolo. Un patto secondo il quale un uomo cede la propria libertà in cambio di un’apparente difesa sociale.
canza di diritti in cui si è ritrovato il protagonista della storia…Come aveva potuto verificarsi negli Usa, che sono ritenuti uno Stato di diritto dove ciascuno ha modo di dimostrare la propria onestà e innocenza e di aspirare a una sentenza giusta in tribunale? Forse non funziona poi tutto così bene. Questo mi ha spinto a pensare che la struttura di uno Stato in fondo è dovunque la stessa e quelle condizioni di assenza di diritti in una misura o nell’altra esistono dappertutto. Un’idea tutto sommato banale, elementare. Ho letto di recente lo straordinario interrogativo che Sant’Agostino pone a se stesso nel suo libro, la Città di Dio: «Che cosa distingue uno Stato da un’associazione di malfattori?» Entrambi sono una comunità di uomini e devono essere guidati da un leader. In ambedue i sistemi le relazioni reciproche sono già prefissate, concordate in partenza. L’unica cosa che li distingue è la presenza della legalità. E se in uno Stato la legge smette di operare, lo stesso si trasforma in un’associazione di malfattori. Se una persona può sempre contare su una difesa da parte dello Stato, se la legge agisce indipendentemente dai titoli e dai gradi e tutti sono uguali dinanzi a essa, si tratta di una forma ideale di Stato. Questo pensiero è servito a rafforzare la mia convinzione che
L’opinione attualmente diffusa è che l’Occidente sia sempre più "materialista". Cosa ne pensa? Sarebbe più facile parlare di spiritualità se nella nostra Patria funzionasse perfettamente il meccanismo della legalità. La spiritualità è una categoria metafisica, e appoggiandosi a essa, si può inventare e legittimare qualunque cosa. Ma torniamo all’idea di Stato giusto. Quando una persona è tutelata e ha un corpo sano e uno spirito sano, si percepisce in modo diverso. Se invece la tua priorità è di difenderti ogni volta che esci di casa, perché sai che la polizia non ti difenderà, non puoi certo pensare alla salute spirituale. continua a pagina 7
andreI zvyagintsev
La mia convinzione è che Thomas Hobbes, con il suo Leviatano che idealiz za lo Stato, si sia sbaglia to. Sulla carta si può creare un modello ideale, ma qu esto salta quando entra in gioco l’individualità”
in questo numero Sanzioni. Il bilancio Cosa è cambiato in questi tre mesi? Come se la passano i ristoranti italiani nella Federazione? PAGINE 2-3
Opinioni. Gas: quali sono le strategie della Federazione Gli analisti approfondiscono le mosse di Gazprom, alla luce dei recenti accordi di Bruxelles PAGINA 4
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Economia
Nel solo mese di settembre, il danno economico per i produttori italiani è stato di 100 milioni di euro. E la situazione peggiora mentre prospera il falso Made in Italy. chiara merico rbth
Una ferita aperta. Una lenta, costante e velenosa emorragia. Fatta di milioni. Dall’inizio dell’anno l’interscambio tra Italia e Russia si è ridotto di 3,2 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo del 2013: a dare la misura di quanto le sanzioni introdotte a seguito della crisi ucraina stiano costando al export italiano è stato Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia, intervenuto nel corso del Forum euroasiatico del 23 e 24 ottobre a Verona. «Solo a settembre sono scomparsi oltre 100 milioni di euro delle nostre esportazioni verso Mosca», ha sottolineato Fallico. Il settore più colpito è decisamente il food: nel primo mese di applicazione delle sanzioni (entrate in vigore lo scorso 7 agosto), le esportazioni agricole sono crollate del 63%, e quelle degli alimentari del 12%. L’allarme arriva dalla Coldiretti, che denuncia anche la preoccupante diffusione delle imitazioni dei prodotti simbolo della tavola italiana. Per la confederazione dei coltivatori diretti, la situazione è «destinata a peggiorare nel tempo per l’esaurirsi delle scorte», e potrebbe provocare «danni diretti, considerando solo il settore alimentare, per circa 200 milioni di euro all’anno, ai quali si sommano quelli indiretti dovuti alla perdita di immagine e di mercato, provocata dalla diffusione nella Federazione di prodotti d’imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy». Lo stop alle importazioni di cibi realizzati nella Penisola ha causato, infatti, un vero e proprio boom per il filone noto come "italian sounding", vale a dire tutti quei prodotti alimentari che hanno un nome che ricorda l'Italia, ma una qualità nemmeno lontanamente paragonabile a quella degli originali. Con tutto ciò che ne deriva sia per la salute e la fi-
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ducia dei consumatori, sia per i produttori delle eccellenze italiane. Durante il Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio (18-20 ottobre), la Coldiretti ha allestito un campionario esemplificativo di cosa si può trovare oggi nei supermercati della Federazione. Diffusissimi i prodotti Made in Russia, come il salame Italia, la robiola Unagrande, la mortadella Milano, l’insalata “toscana” Buona Italia, la scamorza e le mozzarelle Classico Mediterraneo Casa Italia, fino all’immancabile Parmesan, il surrogato del parmigiano che spopola sulle tavole di mezzo mondo. Ma non mancano i cibi realizzati in nazioni non colpite dall’embargo, come mascarpone, provola e ricotta bielorussi, oltre che salame e gorgonzola di origine svizzera e Parmesan o Reggianito, prodotti in Brasile o Argentina. «Tra i prodotti più penalizzati ci sono proprio il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano», spiega a Rbth Rolando Manfredini, responsabile della sicurezza alimentare di Coldiretti. Le differenze non sono da poco: il Parmesan, ad esempio, «è un formaggio
Crollo delle vendite verso la Russia 7 agosto. Avvio delle misure contro la Federazione, con restrizioni in materia commerciale che hanno colpito non solo aziende russe, ma anche diversi settori decisivi per l'interscambio con l'Italia 10 settembre. A poco più di un mese dall'avvio della stretta, la Coldiretti ha rilevato un crollo delle esportazioni agricole nell'ordine del 63%, mentre le vendite alimentari sono scese del 12%. Se non vi sarà un allentamento di queste misure, il settore potrebbe pagare dazio per 200 milioni di euro all'anno. Inoltre, il mercato russo della distribuzione si sta attrezzando per cercare nuovi canali di importazione
realizzato con latte pastorizzato, mentre il Parmigiano Reggiano si produce con latte crudo. Si tratta di due prodotti completamente diversi», sottolinea l’esperto della confederazione, secondo il quale «si è innescato un meccanismo perverso, quello della sostituzione dei nostri prodotti alimentari con le imitazioni. In Russia la voglia di Made in Italy è sempre molto forte, ma i consumatori russi, non trovando più i prodotti originali, stanno cominciando a comprare e mettere in tavola questi surrogati: il rischio è che non riescano più a distinguerli e che pensino che i prodotti italiani siano di scarsa qualità come le imitazioni. In questa maniera il consumatore russo può perdere fiducia nei nostri marchi di qualità», sottolinea. Un altro aspetto del problema riguarda i ristoranti italiani in Russia, che negli ultimi anni avevano conosciuto un enorme successo: «I nostri ristoratori sono stati tra i primi a “colonizzare” il mercato russo», spiega Manfredini, per poi soffermarsi sui cambiamenti in atto in questa stagione condizionata dalle sanzioni. «Una volta finite le scorte, non potranno più utilizzare materie prime Made in Italy: questo significa che dovranno sostituirle con prodotti locali, oppure non saranno più ristoranti italiani. Temiamo che molti di loro saranno costretti a chiudere: c’è il forte rischio che il sistema della ristorazione italiana in Russia venga gravemente penalizzato», aggiunge Manfredini. L'esperto vede anche un altro rischio in prospettiva: «Col tempo, è probabile che si instaurino rapporti con altri commercianti e distributori, quelli che trattano questi prodotti: distruggere la rete distributiva del nostro paese è facile, il difficile sarà provare a ricostruirla», è l'amara conclusione.
l'export ai tempi delle sanzioni
Pelle Fino ad aprile restrizioni sulle vendite di alcuni semilavorati
Superare il clima di sfiducia Al peso delle sanzioni si aggiunge la nuova normativa che pone il divieto di vendere all'estero prodotti come i conciati di bovini e di equini senza pelliccia. Il parere degli esperti. sara felicetti rbth
È la pelle il nuovo fronte caldo nella delicata partita dell’interscambio tra Italia e Russia, già fortemente penalizzato dalle sanzioni conseguenti alla crisi ucraina. Dal 1° ottobre è infatti entrato in vigore il divieto temporaneo di vendita per i prodotti semilavorati in pelle, come previsto dal decreto n.826 del 19 agosto. Fino al 1° aprile prossimo non varcheranno più i confini della Federazione alcune componenti essenziali per l’industria di settore come la pelle conciata di bovini o di equini senza pelliccia. La misura, secondo quanto ha chiarito il ministero dell’Industria e del Commercio russo,
non ha legami con la situazione internazionale, ma è stata determinata dalla necessità di tutelare il mercato interno e sostenere l’industria locale. Tuttavia, il provvedimento rischia di avere un impatto non trascurabile sui rapporti commerciali tra i due paesi: l'Italia, infatti, è il principale importatore dei prodotti oggetto del blocco: secondo i dati diffusi dalle Dogane russe, infatti, nel 2013 il valore delle esportazioni di questi articoli dalla Federazione è stato pari a 95,4 milioni di euro, e nei primi sette mesi del 2014 di 48,6 milioni di euro (con un calo del 20,4% rispetto allo stesso periodo del 2013). Anche se la Russia rappresenta per l’Italia solo l’undicesimo fornitore di pelli semilavorate importate, la misura potrebbe avere serie conseguenze. Unic, (l’Unione nazionale industria conciaria), precisa che il blocco riguarda circa il 5% delle forniture appartenenti al segmento “wet blue”,una ti-
pologia di materiale molto importante per i conciatori italiani. Lo stop alle importazioni dalla Russia, secondo le stime dell’associazione, potrebbe portare a un danno di circa 80 milioni di euro nel semestre in termini di mancate vendite. A cascata, le ripercussioni potranno riguardare anche l’industria pellettiera italiana, che già ha sofferto della difficile situazione economica nella Federazione. Come spiega Mauro Muzzolon, direttore di Aimpes, l’associazione di categoria: «Ci troviamo a subire la svalutazione del rublo e paghiamo il clima di sfiducia dei consumatori». La Russia, ricorda, «è uno dei maggiori fornitori di materia prima: un blocco dell’export non può che avere gravi ripercussioni sui prezzi dei prodotti finiti». Più articoli sul tema www.it.rbth.com
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Economia
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storie verso nuovi menu
il commento
Commercio, come ripensare obiettivi e strategie per non restare indietro Donatella Depperu
economista
G
li effetti sull’export italiano delle sanzioni alla Russia mettono bene in luce quello che è l’incubo di tutte le imprese: vedersi elevare improvvisamente delle insormontabili barriere che, mentre impediscono ad alcuni di stare o entrare in un mercato, proteggono altri concorrenti dando loro modo di espandersi e rendere più solida la propria posizione. È corretto considerare questa minaccia su due piani distinti. Nel breve termine c’è il danno causato dalla caduta delle esportazioni verso la Federazione, con tutti i problemi che ciò comporta: difficoltà a sostituire i clienti russi con quelli di altri paesi, livello dei ricavi insufficiente a coprire i costi aziendali, impossibilità di avere un ritorno da investimenti fatti in passato. Pur essendo tali effetti molto negativi per le imprese italiane, sono le implicazioni di medio e lungo termine a preoccupare maggiormente gli operatori del nostro paese. Infatti la vera minaccia è rappresentata da un cambiamento strutturale nel mercato russo. Un tale mutamento potrebbe avvenire se ci fosse tempo sufficiente, prima che le imprese italiane abbiano modo di rientrarvi, per consentire lo sviluppo di nuovi concorrenti (locali e di altri paesi) e il consolidamento dei loro rapporti con i clienti e i canali distributivi. Si tratta di una minaccia tanto maggiore quanto meno i consumatori sono in grado di valutare la qualità intrinseca dei prodotti e quanto più sono sensibili al prezzo. È quindi importante distinguere le imprese sulla base delle loro strategie perché la stessa minaccia non avrà uguali conseguenze per tutti. L’impatto di questo cambiamento strutturale sarebbe meno grave per le imprese che in passato si sono posizionate sulle fasce più alte del mercato, associando alla loro offerta quel carattere di unicità che rende più difficile l’imitazione. Fortunatamente molte imprese italiane si riconoscono in un posizionamento di questo tipo. Sarebbero invece più colpite le imprese che si collocano su livelli di qualità e prezzo più bassi, che magari producono per conto della gdo e non sono conosciute con il proprio marchio dai consumatori, perché più facilmente sostituibili da concorrenti che offrono prodotti a prezzi molto convenienti. Quali le possibili soluzioni? Un intervento molto apprezzato dai nostri produttori sarebbe quello normativo. Al di là della questione Russia, le nostre imprese soffrono per la presenza sui mercati internazionali di imitazioni che verrebbero depotenziate se vi fosse l’obbligo di utilizzare etichette “trasparenti”, tali da indicare chiaramente provenienza e composizione dei prodotti. Per ora questo obiettivo non è stato conseguito, richiederebbe tempi non brevissimi per diventare del tutto operativo, ma certamente sarebbe importante. Se l’attuale situazione nei rapporti con la Russia dovesse durare a lungo, le imprese che oggi operano nella fascia media dovrebbero riposizionarsi, cercando di focalizzarsi sui segmenti più alti di clientela. Ma questo comporterebbe un ridimensionamento del mercato di riferimento e richiederebbe di aggiungere ulteriore valore ai prodotti per riuscire a venderli. Quindi, in presenza di un mercato strutturalmente diverso da quello attuale, si dovrebbero introdurre innovazioni di prodotto, puntare anche sulla fornitura di servizi e sulla tanto agognata capacità di fare squadra con altre imprese italiane per riuscire a offrire il “sistema Italia” e non solo singole categorie di prodotti. Condizioni, queste, che accomunano l'alimentare ad altri settori (come, ad esempio, quelli della moda, dell’arredamento e delle macchine utensili) che vedono nella Federazione un importante mercato di sbocco. Lo sforzo di revisione delle loro strategie non sarebbe facile da realizzare sul piano strategico-organizzativo né indolore sotto il profilo economico-finanziario. Potrebbe però essere anche un’occasione per ripensare il proprio modo di competere e trarne vantaggi anche su mercati geografici diversi.
il made in italy alimentare paga un prezzo salato per le misure decise contro la federazione
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L'autrice è ordinario di Business Strategy alla facoltà di Economia dell’Università Cattolica
Valentino Bontempi Nato a brescia , ha raggiunto il successo nel business dei ristoranti attualmente È brand chef del bontempi a mosca, Nonchè autore di libri di cucina
Come si prepara il cibo italiano senza prodotti importati, per esempio, il formaggio? Il problema è reale. E io non voglio ingannare il mio cliente. Non ho più la mozzarella di bufala, anche se qualcuno racconta che se ne trova ancora in giro per la Federazione, e riferisce lo stesso a proposito della burrata. Ma non sono quelle italiane, a meno che non si tratti di merce di contrabbando. Nè ho alcuna intenzione di acquistare la mozzarella russa. In ogni caso riesco a proporre il menu italiano. Oggi, per esempio, propongo la lepre in salmi. La lepre è russa, ma la ricetta resta quella del mio paese. Come avete modificato il menu alla luce delle sanzioni? Al di là di quanto detto in precedenza in merito alla materia prima, non è cambiato molto. Sono uno chef italiano ed è questa la cucina che propongo. Certo, i pesi cambiano, e c'è minore abbondanza di pesce rispetto alle mie abitudini. Mi affido ai fornitori: faccio le mie richieste e attendo quello che arriva. A questo punto scateno la mia creatività per ideare un piatto in linea con il mio stile. Le sanzioni pesano soprattutto sulla qualità: se in precedenza il pesce arrivava dal bacino nord del Mediterraneo, ora tocca importarlo dal Marocco o dalla Tunisia. Su questo nuovo trend influisce anche la dinamica valutaria, con il calo del rublo rispetto al dollaro. La conseguenza è una contrazione dei margini, ma per me è prioritario mantenere i clienti. Come giudica l'evoluzione dei rapporti tra Italia e Russia? Il mio auspicio è che gli imprenditori della Penisola continuino a investire nella Federazione. Oggi ci sono le condizioni per crescere, e rimandare la decisione potrebbe significare perdere il momento propizio.
Giacomo Lombardi chef italiano dei ristoranti karlson e balkon lavora come cuoco da 17 anni, in precedenza è stato in francia e in germania
Come è cambiata la situzione con l'arrivo delle sanzioni? La situazione è oggettivamente difficile. Per fortuna, alcuni fornitori ci hanno assicurato grandi quantità di scorte, soprattutto sul fronte dei salumi, e questo ci consente di minimizzare l'impatto. Ma, se la situazione non si sbloccherà, prevedo un peggioramento. Già oggi riscontriamo alcune difficoltà, alle quali cerchiamo di ovviare con il ricorso a prodotti russi, ma la situazione rischia di precipitare nell'arco di due o tre mesi. Tuttavia non è bello che un cliente russo, arrivando in un ristorante che propone il menu italiano, si trovi in questa situazione. Abbiamo provato a sostituire il parmigiano con quello proveniente dall'Argentina, ma il gusto è totalmente diverso. Che ne pensa delle alternative locali? Ad esempio, si sta pensando alla produzione della mozzarella in Russia... Se parliamo di prodotti lattiero-caseari, la burrata e la mozzarella di bufala sono impossibili da rifare uguali. La conoscenza, la tecnologia che abbiamo noi in Italia non hanno pari. Ci sono ditte che si stanno organizzando, fanno venire i tecnici dall'Italia. Ma tutto ciò non basta perché Il latte è totalmente diverso: la mucca italiana mangia erba fresca per molto tempo, qui lo fa solo per due-tre mesi, poi solo fieno. Così il latte che ne deriva è totalmente diverso. Quella che si sta provando a produrre qui non può essere definita realmente mozzarella, come siamo abituati a intenderla noi in Italia. Questo è un problema, e non so veramente come riusciranno a sostituire la mancanza di prodotto italiano. Come avete cambiato il menu? La mozzarella è uscita dal menu, la burrata anche. Dal nuovo anno ci dovremmo inventare un po' di soluzioni alternative. Punteremo in particolare sulla farina di mais. Spero davvero che si ponga fine alle sanzioni perché stanno danneggiando la qualità.
Giuseppe D'Angelo brand chef dello studio Culinaryon nato a sorrento, lavora a mosca dal 2010
Dall'inizio delle sanzioni sono passati tre mesi e dai negozi sono scomparsi i formaggi, i salumi, molta frutta e verdura. Come avete reagito a questa situazione? La cucina italiana si regge sui prodotti di qualità, che non necessariamente devono venire dall'Italia. Possono arrivare da qualsiasi parte del mondo. Se parliamo della mozzarella di bufala, da che pease si può importare se non dall'Italia? Da nessuno. Ma non c'è problema. Mangeremo altro fino a che durerà questa situazione, speriamo francamente non a lungo. Molti piatti contengono anche il parmigiano, come fate senza? Questo ingrediente non può essere sostituito. Così ho deciso di creare un menu, nel quale non necessariamente bisogna usare il parmigiano. Per esempio gli spaghetti con i gamberi, alcuni piatti a base di pesce, oltre ai ravioli. La mia cucina resta caratterizzata da un'impronta tradizionale. Cosa ha conosciuto di nuovo lavorando in Russia? Da un punto di vista professionale mi ha dato molto, mi ha arricchito davvero, perché dovunque in Russia si lavora in maniera molto professionale. Anche un piccolo caffè è abituato a operare con ordine e disciplina, un livello che trovi in Italia magari solo in ristoranti di pregio, di quelli stellati. L'esperienza che ho fatto nella Federazione mi ha dato tanto, anche dal punto di vista strettamente personale. A suo avviso come evolverà la situazione? L'Italia deve capire che comunque la Russia è una nazione amica, che lo è sempre stata, e lo stesso vale in senso inverso. Per questo mi sembra stupido tutto ciò che è accaduto. Speriamo che la situazione si sistemi al più presto, per il bene di tuttti. Alena Rakitina
L'Italia guarda verso Est. Le storie di successo delle piccole aziende nella nuova rubrica "Imprese e Mercati"
Dall'inizio del 2014 a oggi il rublo ha perso oltre il 25% del proprio valore. L'analisi della situazione e le prospettive future
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Opinioni
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cosa resta del vecchio ordine mondiale? Fedor Lukyanov
I
analista
l discorso pronunciato da Vladimir Putin a fine ottobre, quando ha preso parte alValdai International Discussion Club, è stato considerato dalla maggioranza dei commentatori molto duro. Fatta eccezione per un paio di sferzanti metafore, come quella relativa al "padrone della taiga" (usata per indicare la Russia) e quella dei "nuovi ricchi" in senso geopolitico, incapaci di gestire le immense ricchezze che si sono riversate su di loro (usata per definire l'America), dal punto di vista dei contenuti l'intervento è stato analitico, piuttosto che pubblicistico. Perché dunque, abbiamo assistito a una simile reazione? Il fatto che il Presidente russo non accetti la politica americana contemporanea non è certo una novità: Vladimir Putin ne parla già da molti anni in questi termini. Ma i toni nel frattempo sono cambiati, il che non rappresenta una novità di poco conto. Durante il suo primo mandato, il Presidente aveva esortato a rivedere il corso di questa politica, perché le minacce comuni pesavano più delle contraddizioni. Durante il secondo mandato, Putin aveva avvertito che la Russia non avrebbe permesso che la sua opinione venisse ignorata. Nella campagna elettorale condotta nel 2012,
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inoltre, si era mostrato perplesso, e aveva cercato di comprendere il senso delle azioni di Washington, che non stava rafforzando l'ordine internazionale, ma sembrava piuttosto cercare di distruggerlo. Nel discorso del Valdai di quest'anno si avverte una nota di fatalismo: l'oratore non conta più sulla capacità degli Stati Uniti di cambiare, ma si limita a constatare il carattere distruttivo delle loro azioni. È stato proprio questo, l'assenza di aspettative, a far interpretare il discorso in una chiave esclusivamente negativa. Il messaggio fondamentale di Putin, al contrario, è piuttosto positivo, perché rimanda al tema principale del forum: la ricerca di nuove regole per la convivenza internazionale, che permettano di passare a una fase successiva dello sviluppo. Attualmente il mondo si trova ancora in una fase di erosione, di smantellamento del sistema che si era creato nella seconda metà del XX secolo. La costruzione di un nuovo ordine mondiale, di cui tanto si parlava 25 anni fa, non ha avuto successo. Se il processo era iniziato con l'aspirazione a individuare un nuovo modello, con la partecipazione di due superpotenze (Mikhail Gorbaciov fu il primo a parlarne), con la dissoluzione dell'Unione Sovietica rimase un solo "architetto", rappresentato dagli Stati Uniti. La governabilità dei processi
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mondiali non è stata raggiunta; è avvenuto piuttosto il contrario, come appare ormai evidente a tutti. A onor del vero, bisogna dire che anche il tanto atteso assetto multipolare, che si va delineando oggi, di per sé non promette di portare alcun ordine, armonia, né tanto meno equilibrio. Anzi, per ora, come ha dichiarato anche il Presidente russo, sta piuttosto aumentando l'anarchia globale, dal momento che i player aumentano di numero, ma continuano ancora a mancare le regole.
La governabilità dei processi mondiali non è stata raggiunta; piuttosto in questi anni è avvenuto il contrario Vladimir Putin si distingue dagli altri leader dei grandi paesi perché non si limita a condannare o criticare la politica degli Stati Uniti (benché pochissimi fatichino a fare anche solo questo passaggio), ma rifiuta sistematicamente il loro ruolo. È proprio questo che suscita le reazioni più forti. Dopo la guerra fredda, infatti, il dominio mondiale degli Usa è divenuto un assioma, e qualsiasi trasformazione dell'ordinamento globale è stata vista
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Evgeni Primakov analizza la situazione geopolitica, dai rapporti con Kiev e l’Occidente alla minaccia dell’Isis. E afferma: «Non è vero, come sostiene il Papa, che è iniziata una Terza guerra mondiale» L'intesa e il riavvicinamento con l'Ucraina restano parte degli interessi nazionali dello Stato e del popolo russo"
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Russia Beyond the Headlines È finanziato dal quotidiano russo Rossiyskaya Gazeta. questo inserto È stato realizzato senza la partecipazione dei giornalisti e dei redattori de la repubblica. RBTH È finanziato dai provenienti dell'attivitÀ pubblicitaria e dagli sponsor commerciali, cosÌ come da mezzi di enti russi. manteniamo una
Evgeni Primakov accademico, ex premier ed ex ministro degli Esteri
posizione di redazione indipendente e rappresentiamo diversi punti di vista relativi agli eventi che coinvolgono la russia e il resto del mondo, grazie a materiali di qualitÀ e al parere di esperti. fin da quando È iniziata la nostra attivitÀ, nel 2007, cerchiamo di rispettare i piÙ alti standarD redazionali, mostrando i migliori esempi di giornalismo in Russia e
economista
li accordi stipulati a Bruxelles lo scorso 31 ottobre aprono una fase nuova intorno alle relazioni tra Russia, Ucraina e Ue. L'attuazione ha preso il via il 5 novembre, quando la Naftogaz Ukrainy ha trasferito sul conto di Gazprom 1,45 miliardi di dollari. L'accredito è stato confermato da Gazprom, e questo ha creato un'atmosfera positiva per tutte le parti direttamente o indirettamente coinvolte nel conflitto. Alla luce dell'intesa raggiunta, l'azienda ucraina ottiene la certezza del prezzo fisso per il gas fino a marzo 2015 (378 dollari per mille metri cubi), e la garanzia dei rifornimenti nei mesi invernali, a condizione di un pagamento anticipato (indicativamente, quattro miliardi di metri cubi di gas). Il gruppo russo, dal canto suo, ottiene la restituzione parziale del debito relativo alle forniture precedenti (3,1 miliardi di dollari) entro la fine di dicembre, ed è disposta a fornire all'Ucraina i volumi di gas che le occorrono a un prezzo fisso. L'Unione Europea, infine, si assicura forniture senza interruzioni, dal momento che l'Ucraina non sottrarrà il gas destinato ai consumatori europei per soddisfare il proprio fabbisogno. In tal modo, tutte e tre le parti hanno ottenuto dei vantaggi. Un simile risultato poteva essere rag-
sulla russia. il nostro obiettivo è creare una sorta di valore aggiunto per rendere più ampio il racconto della federazione russa. oltre che in italia, RBTH È presente con 26 inserti in 21 paesi del mondo, per un pubblico di lettori pari a 33 milioni di persone. esistono inoltre 19 siti Internet, aggiornati quotidianamente, in 16 diverse lingue.
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non ha alcuna intenzione di adattare il mondo a se stessa, e non prenderà parte a una gara per il predominio. Questo è stato detto sia nel discorso di Valdai, che in altri interventi. Il Presidente della Russia ha un'idea realistica del potenziale del proprio paese. Tuttavia si rifiuta di giocare secondo le regole stabilite sotto la guida degli Stati Uniti. Tanto sul piano delle dichiarazioni concettuali, quanto su quello delle azioni pratiche. Per ora non è stato compiuto il passo successivo, quello di rivolgersi al resto del mondo. Il discorso di Valdai, come molti altri suoi interventi, è ancora una volta un colloquio con l'Occidente in primo luogo. Nel nuovo mondo, quello tratteggiato con ampie pennellate da Putin, non si potrà fare a meno di un dialogo sempre più fitto con paesi e regioni che non si contrappongono all'Occidente, ma che semplicemente non fanno parte di esso. La discussione sulle nuove regole non può essere condotta sulla linea della vecchia contrapposizione dei tempi della guerra fredda. Il mondo oggi è più democratico, e l'esito del processo globale ora dipende in misura assai maggiore dalle "grandi masse mondiali". È tra queste che bisogna fare agitazione politica. L’autore è presidente del Presidium del Consiglio per la politica estera e di difesa
la new wave di gazprom Aleksei Skopin
Gli equilibri internazionali
come una correzione tecnica di quella situazione, e non come un suo cambiamento. Sul piano teorico tutti comprendono che nessuna egemonia può essere eterna. Charles Krauthammer, che nel 1990 introdusse il concetto del "momento di unipolarità", ovverosia di un periodo in cui l'America poteva fare tutto ciò che riteneva opportuno, allo stesso tempo avvertì che non sarebbe durato per sempre. Krauthammer indovinò con buona approssimazione la durata: 25 o 30 anni. In pratica, però, la supremazia degli Stati Uniti era (e rimane) così grande che dei modelli alternativi nei quali Washington avrebbe potuto essere "tra i primi" o magari anche un "primo tra i pari", non si discuteva nemmeno. A rigore, l'atteggiamento fortemente negativo dell'America nei confronti di ciò che dice e fa Putin è giustificato: a Washington comprendono che il Presidente russo sta mettendo in dubbio non la loro politica, bensì i loro diritti particolari. In un certo senso, si sta ricreando la classica situazione per cui arriva un pretendente che lancia una sfida all'egemone, ed è determinato a portargli via la supremazia mondiale. Di conseguenza, bisogna frenarlo e non permettergli di rafforzarsi. Il paradosso sta nel fatto che Putin continua a ripetere che la Russia non aspira affatto alla supremazia globale,
giunto in estate. A giugno era stata posta la questione di un prezzo del gas compreso tra i 360 e i 380 dollari, e anche allora si era parlato di pagamento anticipato. L'Ucraina però aveva rimandato le trattative, forse dietro pressione degli Stati Uniti, o forse di propria iniziativa, contando sul fatto che la Russia avrebbe potuto fare delle concessioni, come in passato, nonostante il debito accumulato negli anni. In questa situazione, un ruolo importante lo ha giocato il commissario europeo per l'Energia Günther Oettinger, insistendo perché le parti si sedessero finalmente al tavolo delle trattative. Da un lato, le pressioni della Commissione Europea si spiegano con l'avvicinarsi della stagione invernale del riscaldamento: l'Europa ha bisogno di garanzie sul fatto che l'Ucraina non sottrarrà il gas in transito nel suo territorio. D'altro canto, era importante che le trattative fossero concluse proprio durante il mandato di Oettinger, prima che terminasse il suo incarico di commissario europeo per l'Energia (il 1° novembre scorso, ndr). Le pressioni sui rappresentanti dell'Ucraina, nel corso delle trattative, hanno dimostrato che gli europei considerano giuste le richieste di Gazprom riguardo a tutti i punti fondamentali della trattativa: il prezzo del gas, la necessità di estinguere il debito (stimato tra i 3 e i 5 miliardi di dollari), la condizione del pagamento anticipato. La trattativa ha rischiato di sal-
tare per l'ennesima volta a causa della parte ucraina, che ha avanzato le proprie proposte sul prezzo e sulle condizioni di fornitura. Solo la posizione ferma di Oettinger ha permesso di condurre in porto le negoziazioni e di ottenere il risultato indispensabile per tutti i partecipanti. I tre miliardi che l'Ucraina verserà a Gazprom a saldo parziale del suo debito arrivano dal Fondo Monetario Internazionale, mentre quelli dell'anticipo dovranno essere reperiti in proprio. Secondo l'accordo, l'Ucraina dovrà pagare il gas in contanti oppure fornire delle garanzie bancarie: proprio in questo passaggio potrebbe sorgere una nuova serie di problemi. D'altronde, l'ammontare del credito del Fmi nei confronti di Kiev raggiungerà i venti miliardi di euro. Per pagare anticipatamente i quattro miliardi di metri cubi di gas occorreranno circa un miliardo e mezzo di dollari, pertanto vi sono buone chance che l'Ue possa superare tranquillamente l'inverno. L'intesa è risultata equilibrata, con le parti che si sono ascoltate reciprocamente. A questo punto, il futuro degli accordi raggiunti dipenderà dalla loro puntuale attuazione da parte di tutte le parti interessate. L'autore è professore presso la cattedra di Economia regionale e geografia economica della Higher School of Economics di Mosca
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Storia
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Incrociatore La storia di uno dei simboli della Rivoluzione d'Ottobre
Aurora, il vascello di Ejzenstein quattro tappe
Il restauro di un mito che ha resistito ai bombardamenti 1894 • Anno d'avvio dei lavori di costruzione, seguiti da vicino dallo zar Nicola II, il quale - rompendo la tradizione - optò per un nome femminile 1917 • Si narra che, in occasione della Rivoluzione russa, proprio dall'incrociatore partì il colpo a salve che indicò l'avvio dell'assalto al Palazzo d'Inverno 1941 • I bombardamenti tedeschi causarono danni ingenti, ma la bandiera continuò a sventolare, diventando simbolo della resistenza cittadina 2015 • Per la prossima primavera è attesa la fine del restauro, con il conseguente ritorno dell'Aurora nella città di San Pietroburgo aleksandr petrosyan
La vicenda dell'incrociatore si lega a quella della Russia lungo tutto l'ultimo secolo. Un legame che passa per eventi gloriosi e altri tragici e spiega l'affetto che lo circonda. sofia savina rbth
Il suo scafo ha solcato i mari della storia recente. Navigando tra le onde della Rivoluzione e quelle dei conflitti mondiali. Entrando negli occhi e nel cuore di milioni di cittadini come simbolo di libertà. E quando, nelle scorse settimane ha lasciato San Pietroburgo per le operazioni di restauro, è stato accompagnato da due ali di folla. Giovani e meno giovani, tanti dei quali in lacrime. Perché l'incrociatore Aurora non è solo uno dei simboli di San Pietroburgo, ma, appunto, testimone della storia. Compagno di conquiste e di rovesci, di vittorie e sconfitte. La sua costruzione risale a 120 anni fa, ai tempi dello zar Nicola II, che ne scelse il nome. E il primo duro colpo alla nave venne inferto proprio da soldati russi: durante la guerra russo-giapponese, mentre l'Aurora navigava verso Oriente per attaccare le navi della flotta giapponese, gli squadroni dello Zar
scambiarono l'incrociatore per una nave nemica e aprirono il fuoco, causando due vittime.
Un simbolo della Rivoluzione?
Si è soliti considerare l'Aurora come il principale simbolo della Rivoluzione del 1917. Si ritiene, infatti, che proprio dall'incrociatore partì il colpo a salve che diede il segnale ai rivoluzionari di assaltare il Palazzo d'Inverno, dove si trovavano i nemici dei bolscevichi, i componenti del governo provvisorio. Un episodio sulla cui veridicità molti storici dubitano, ma che comunque ha una certa rilevanza nel sentire comune. Dieci anni dopo si verificò l'evento che trasformò definitivamente l'Aurora nel simbolo della Rivoluzione. Nel 1927 i registi Sergei Ejzenstein e Grigorij Aleksandrov filmarono, su commissione della leadership del partito, il film Ottobre. Ai due serviva una storia brillante, di grande impatto sul pubblico. E così di nuovo, come dieci anni prima, la nave tornò a ormeggiare nel fiume Neva, da dove sparò un colpo a salve in direzione del Palazzo d'Inverno. Il film venne montato in modo tale che lo spettatore inesperto scambiasse
I numeri
6.731
è il dislocamento dell'incrociatore, vale a dire la massa d'acqua spostata, che corrisponde al peso
6,4
milioni di rubli (all'incirca 108mila euro) è stato il costo di costruzione dell'Aurora
le scene per filmati d'epoca, osservando così il popolo prendere d'assalto il Palazzo. L'opera venne mostrata tanto in Unione Sovietica, quanto all'estero e nacque così la leggenda sullo sparo che fece sorgere il Sol dell'Avvenire.
La bandiera simbolo di resistenza
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la nave si trovava a Oranienbaum (periferia di San Pietroburgo). Nel 1941 l'incrociatore rimase esposto agli attacchi dell'aviazione tedesca. L'imbarcazione subì danni seri e rimase abbattuta sulla riva. In seguito, fino al termine dell'assedio di Leningrado, l'Aurora continuò a offrire il fianco ai colpi di artiglieria, collezionando così
75
gli anni di permanenza della nave a San Pietroburgo, nel lungofiume Petrogradskaya
sempre nuove ferite. Anche se la bandiera continuò a sventolare alta, cosa che suscitò l'ira dei tedeschi e l'orgoglio dei difensori di Leningrado: l'Aurora continua a resistere, dunque la città era ancora viva. Un prestigio rimasto intatto negli anni, tanto che due anni fa i deputati pietroburghesi hanno chiesto di inserire l'imbarcazione nel vessillo della città, accanto ai tre simboli storici: il Cavaliere di Bronzo, la barchetta sulla guglia dell'Ammiragliato e l'angelo sul campanile della cattedrale dei Santi Pietro e Paolo.
La nuova ubicazione
Dopo la fine dell'assedio, iniziò la costruzione dell'Istituto Nakhimovskij, pensato come scuola per i figli dei marinai morti in guerra.Tuttavia, per poter
sistemare tutti gli scolari occorreva più spazio. E così venne presa la decisione di ormeggiare l'Aurora sul lungofiume, in misura permanente, a fianco dell'istituto. Ed è proprio in questo luogo che tuttora i turisti si recano per vedere il pezzo divenuto leggenda della flotta russa. Una volta che gli alunni del Nakhimovskij vennero definitivamente trasferiti sulla riva, a bordo dell'incrociatore fu allestito un museo. Da quel momento, chiunque lo desideri può salire sul ponte della nave, dare un'occhiata ai locali dell'equipaggio, vedere il cannone dal quale è partito il celebre colpo a salve.
Quando riporteranno l'Aurora?
Ora la nave si trova a Kronstadt (periferia di San Pietroburgo) dove è in corso il suo restauro. Secondo i dati del Ministero della Difesa, il ritorno al suo sito è previsto per l'estate del 2015. L'aspetto esterno dell'incrociatore verrà mantenuto, ma l'esposizione allestita all'interno cambierà. I collaboratori del museo fanno sapere che sarà dedicata alla storia dello sviluppo della costruzione navale e della flotta, piuttosto che agli eventi della Rivoluzione.
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Cultura
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il mestiere dell'arte
il commento
Da Venezia a Bari, nella Penisola scoppia la "Kino-mania" esperto
I
l pubblico italiano nutre un crescente interesse nei confronti del cinema russo, sia delle produzioni vecchie, come i film e i cartoni sovietici, sia di quelle nuove. Lo dimostrano i riconoscimenti ottenuti da alcuni registi nei grandi festival internazionali, a cominciare dalla Mostra del Cinema di Venezia, dove hanno trionfato Aleksandr Sokurov nel 2011 (Leone d’Oro) e Andrei Konchalovskij nell’ultima edizione (Leone d’Argento per la migliore regia). E lo conferma il numero crescente di città italiane che desiderano organizzare rassegne e proiezioni nelle piazze e nei teatri. Noi stessi, ad esempio, in qualità di Direzione dei programmi internazionali, negli ultimi anni abbiamo registrato un notevole aumento di richieste: portiamo i film dei nostri connazionali nelle sale cinematografiche italiane, da Venezia a Bari, da Jesolo a Milano. Facciamo conoscere i capolavori di Mikhalkov ed Ejzenshtein non solo in occasione di manifestazioni ormai consolidate negli anni, come Ruskino a Venezia, ma anche nei comuni minori. In totale sono 12 i progetti cinematografici che organizziamo. Ma contiamo di arrivare ad averne ben presto una quindicina. E stiamo lavorando in questa direzione. Il pubblico italiano apprezza molto il cinema russo e non è vero, come si sente dire a volte, che risulta di difficile comprensione all’estero: la Russia e l’Italia sono due paesi molto più affini di ciò che si crede. Bisogna però continuare a far conoscere i nostri talenti, e non mi riferisco solo ai grandi nomi, ma anche ai registi giovani, che si sono affacciati da poco al mondo del cinema. Per questo cerchiamo sempre nuove collaborazioni con i comuni e con i rappresentanti di questo settore: parliamo con loro
e cerchiamo di capire quali sono le loro esigenze e le loro aspettative. Dopodiché proponiamo un programma e confezioniamo, insieme agli organizzatori italiani, il prodotto finale. Molte rassegne vanno ben al di là delle semplici proiezioni di film: a Venezia, ad esempio, nell’ambito del festival Ruskino che si è svolto da poco, abbiamo organizzato un concorso per la migliore sottotitolatura in italiano di film russi, che ha visto la partecipazione di tanti studenti dell’Università Ca’ Foscari. Le migliori sottotitolature sono state premiate e proiettate in occasione della cerimonia di premiazione del concorso, quindi inserite nel circuito di festival di cinema russo contemporaneo, promosso in Italia dalla Direzione dei programmi Internazionali. Sempre più spesso i nostri festival vengono completati da eventi affini: a Milano, ad esempio, nell’ambito della Missione Culturale russa, oltre alle pellicole dei grandi registi, c’erano anche film legati al novantesimo anniversario dei celebri studi cinematografici “Mosfilm”, e una mostra dedicata ai disegni di Sergei Ejzenshtein, appartenenti alla collezione dell’Archivio russo di Stato della letteratura e delle arti. A Bari, invece, in occasione del Giardino estivo delle arti, abbiamo proposto al pubblico alcuni concerti di musica russa e una mostra di icone ricamate. È un lavoro che offre enormi soddisfazioni. L'entusiasmo che circonda queste iniziative è sempre molto alto, troviamo riscontri positivi in ciò che facciamo. E vogliamo fare ancora di più. Siamo intenzionati a far conoscere il nostro mondo all’estero, e soprattutto in Italia, a diffondere i nomi dei nostri artisti e a mostrare il nostro paese agli italiani in tutte le sue affascinanti sfaccettature. Testo raccolto da Lucia Bellinello
L'autrice è esponente emerito dell’arte della Federazione Russa, guida la Direzione dei programmi internazionali
anna shmitko
Tatiana Schumova
"Serve un maggiore sostegno al cinema indipendente" Scegliendo Leviathan, la “Commissione russa per gli Oscar” sembrerebbe aver cambiato tattica: di solito promuoveva kolossal grandiosi, epici, mentre per l'occasione ha scelto un piccolo dramma sociale. Come spiega questa scelta? Certo, io sono direttamente coinvolto, ma se guardiamo alla questione dall’esterno, in astratto, dev’esserci stato una sorta di sfondamento: la nomenklatura ha perso questo round. L’eterno e onnipotente nepotismo russo all’improvviso sembra essere andato in tilt. A mio modo di vedere, le ragioni sono due: da una parte l’atteggiamento serio e responsabile del produttore di Leviathan, Aleksandr Rodnianskij, che si è prodigato in tutti i modi perché il maggior numero di membri della commissione vedesse il film sul grande schermo. E, dall’altra, la “commissio-
Dalle avanguardie alla Perestrojka, i film sono sempre stati luoghi privilegiati per osservare e comprendere le nuove dinamiche sociali. I nostri approfondimenti nella rubrica Ritrovare il Cinema
it.rbth.com/ritrovare_il_cinema
ne degli Oscar”,che ha ampliato notevolmente la sua composizione. In essa sono finite persone meno impegnate e più indipendenti dalla nomenklatura; persone più libere, in grado di esprimere giudizi più autonomi. Lei gira dei film che non sono destinati al successo commerciale, né a un pubblico di massa, e ciò nonostante il suo cinema così complesso, intelligente, che ha tutte le caratteristiche delle pellicole d’autore, conquista ampie schiere di spettatori. Dove vanno meglio gli ascolti i dei suoi film, in Russia o all’estero? In America esistono 40mila sale, e di queste circa 400 sono specializzate nella proiezione di film difficili, d’autore. Al Film Forum di NewYork proiettavano contemporaneamente La grande illusione di Renoir e il mio film Elena. Mentre da noi in Russia le sale sono troppo poche e non esiste un circuito specializzato in questa tipologia di pellicole. Praticamente non esiste un’industria della distribuzione evoluta, lungimirante e mirata. Quindi non è giusto incolpare gli spettatori se perdono interesse nei confronti del cinema d’autore. Quando Elena è andato in onda in tv, ha suscitato un grande interesse di pubblico e ha avuto indici di gradimento molto elevati. Da noi gli adulti hanno smesso semplicemente di andare in sala, il pubblico delle sale ringiovanisce e gli adolescenti vogliono pellicole spettacolari. Ma sono davvero convinto che Leviathan sia atteso nelle sale da spettatori di ogni età e che riscontrerà un grande successo di pubblico. Valery Kichin
Quali le cause della nostalgia sovietica? Sul nostro sito it.rbth.com/33203
anna shmitko
segue dalla prima pagina
da sapere
Le professioni del settore attirano molti giovani della Federazione, ma le opportunità di lavoro sono limitate. Le storie di chi ce l'ha fatta e di chi ha cambiato strada. marina obrazkova rbth
Lasciano la sicurezza. Abbandonano un futuro più o meno tracciato. Spinti da un richiamo. Quasi una vocazione. Per resistere con il loro talento a un quotidiano fatto di gabbie dorate. E studiano: corsi, seminari, lezioni. E se necessario lavorano anche di notte per la loro sussistenza. Ecco l'identikit dei nuovi talenti della Federazione.
Punti nevralgici
Svetlana era giornalista radiofonica e aveva uno stipendio fisso, fino alla decisione di dedicarsi al cinema documentario. «Da piccola non ho mai sognato di girare film. Dopo aver finito gli studi di Filologia, per molti anni ho lavorato in radio. A un certo momento ho capito di essere stanca del giornalismo e ho cominciato a pensare a che cosa avrei fatto poi», racconta. «Il pensiero del cinema documentario è venuto all'improvviso». La giovane ha preso così a valutare diverse opzioni di formazione e ha scelto infine la scuola di cinema documentario di Marina Razbezhkina, presso l'Istituto Superiore di Economia. Per po-
terla frequentare ha dovuto trasferirsi dalla città in cui ha vissuto per più di dieci anni, affittare un appartamento e cercare un lavoro per mantenersi. Marina sognava il teatro sin dall'infanzia: ingannando la commissione ammissioni, ancora prima di terminare la scuola superiore è entrata al conservatorio di Saratov per frequentare il corso di marionette. L'imbroglio fu scoperto, ma la ragazza venne comunque accettata. Per poter partecipare al corso dovette però studiare a distanza. Più tardi, all'interno dello stesso istituto, si è iscritta al corso di attrice di teatro drammatico e di cinema. Di fatto, ha trascorso cinque anni insieme ai colleghi sulla scena e dietro le quinte del teatro drammatico locale. «Era la nostra casa, non potevamo immaginare come avremmo potuto vivere l'uno senza l'altro, ci hanno fatto lavorare per tutto il corso in questo teatro e noi avevamo l'impressione che questa fosse la nostra vera vita e che di meglio non potesse esistere», racconta. «Ma una volta ottenuti i diplomi, in seguito a diatribe con la direzione, il nostro maestro di corso e direttore artistico si licenziò, e noi decidemmo di fare lo stesso. Partimmo per Mosca per dimostrare di fronte all'Unione dei teatranti russi che si era trattato di un grosso sbaglio: non ottenemmo nulla».Venti persone senza lavoro. Quasi tutti lasciarono la città natale per sistemarsi come meglio poterono. «Qualcuno è stato fortunato e ha
Cultura
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La storia Vita nomade, caratteri difficili. L'intreccio quotidiano dei circensi
Acrobati in equilibrio tra fatica e felicità Esercizi estenuanti, sacrifici continui e vita errante. Scegliere il circo come ambiente di lavoro non è certo facile, ma offre grandi soddisfazioni. Il racconto in presa diretta. anna gorbunova, maria levunova rbth
tra ambizioni e complessità del mercato del lavoro La nouvelle vague dei giovani talenti della federazione
Per arrivare al villaggio dal sorprendente nome di Dovolnoe (Soddisfatto), a circa 3mila chilometri da Mosca, occorrono cinque ore in un'afosa e traballante marshrutka (piccoli bus, ndr). L'unico passatempo è osservare dal finestrino come i pini si alternano alle betulle. Le crusciovki di cinque piani (edifici costruiti all'epoca di Nikita Crusciov, ndr), si allontanano, come cerchi nell’acqua, da Piazza Lenin il centro del villaggio - verso il quarto anello, dove iniziano le casette a un solo piano con il riscaldamento a stufa. Qui, dietro le piccole betulle vicino agli steccati, siedono anziane signore: parlano delle ultime novità, gettando qualche occhiata alle oche vivaci che sguazzano in una pozzanghera. Oltre le betulle si nasconde la tipica Casa della Cultura di costruzione sovietica: un piccolo edificio di pietra con le colonne e i soffitti alti a forma di rombo, una sala per il pubblico da 229 posti e un piccolo palcoscenico. Proprio qui, dal 1969, si allenano gli artisti del circo Radost (Gioia), che ha organizzato Stanislav Venkov.
Come sopravvivere
Si può imparare l'arte del circo in un villaggio? Solo a condizione di aver appreso una
serie di trucchi. «Perché avete deciso di andare via da qui?», chiediamo all'attuale direttrice del circo, Natalia Gricaenko. Che risponde: «A lei piace il nome? Dovolnoe. Non c'è nulla di simile da nessuna parte. E il villaggio non è poi così piccolo. Tanto più che qui c'è il circo». Anche se del resto, chiamare questo circo Radost è piuttosto arduo: non ci sono né arena, né cupola, né cani vestiti o clown, solo nuda acrobatica. Al posto del maneggio, c'è una specie di scatola scenica montata al soffitto con delle aste che fungono da piloni, dei teli e degli anelli.
Come una famiglia
«Determinante il destino», scegliamo insieme a Natalia l'espressione giusta che descriva il suo rapporto con il circo. Suo nonno, Mikhail Zavorin, aveva un proprio numero da illusionista, lavorava in un circo professionale.Verso la fine della nona classe, anche a Natalia prese il desiderio di darsi alla vita sulla scena e ricevette un invito dalla scuola del circo di Mosca, che rifiutò... per amore. Il futuro marito, lo aveva incontrato durante i suoi studi di circo. E questa passione ha contagiato anche i suoi due figli. Chiediamo: «Lascerebbe il circo per altre attività estreme?». La risposta è netta: «No, non abbandonerei mai i miei figli. Questo forse viene con l'età: non è importante quello che succede dentro di te, bensì la capacità di stupire e dimostrarsi diverso. Questa è la cosa più importante».
La costanza
Mentre parliamo, Natalia di tanto in
la citazione
Svetlana Prokudina trovato lavoro subito. Io ho dovuto cercare molto a lungo, ma per fortuna - avendo anche esperienza come coreografa - ho trovato un impiego al teatro moscovita della pièce contemporanea», rircoda. «Ora lavoro in diversi posti e, per guadagnare, viaggio per le regioni russe a inscenare musical. Vorrei un lavoro stabile in un teatro di Mosca, ma servono contatti e notorietà, dfficili da trovare».
Il mercato del lavoro
Olga è produttore per uno dei principali canali televisivi russi, ha terminato l'Università statale di cinema (Vgik) per pura soddisfazione personale. Proprio per questo, la questione dell'impiego non la tocca. «Di buoni produttori si ha sempre bisogno: ho esperienza, un posto lo trovo sempre. Avessi voluto guadagnare come attrice, non so come sarebbe andata», dice. Il problema principale per tutti i neolaureati è la ricerca dell'impiego e di guadagni aggiuntivi, molto spesso ben al di fuori della sfera artistica. Ora Svetlana, oltre al cinema documentario, insegna lingua russa. «Il più gran-
de enigma, che ciascuno deve risolvere, è come si fa a girare documentari senza morire di fame? Dei miei compagni di gruppo, ben 39 persone, meno della metà è ancora nel settore. Degli altri, qualcuno ha figli e così si occupa più di loro che non a pensare di come fare cinema», sostiene. «Ma in un modo o nell'altro, in ciascuno di noi lo studio ha lasciato traccia. Per molti ci sono stati cambiamenti nella vita. Io, per esempio, dopo due mesi dal termine del corso, mi sono licenziata da un lavoro che non amavo. Ora guadagno dando lezioni private di russo. Il lavoro autonomo lascia il tempo per filmare e montare i propri video». Tatiana è un ex-architetto, e artista come secondo diploma. Spesso confronta il suo lavoro precedente con l'attività attuale, insegnare disegno in una scuola. «Mi chiedo perché io abbia studiato così tanti anni architettura? Poi però capisco che non posso più tornare agli schizzi dei progetti: una volta che uno ha trovato la propria vocazione, è impossibile non seguirla. Non ho tempo di dedicarmi a un hobby, perché già così il tempo da riservare all'attività preferita è poco».
giornalista radiofonica , diventata regista documentario
"
Il corso è durato 14 mesi. In questo tempo gli insegnanti ci hanno aperto gli occhi non tanto sul mondo, quanto su noi stessi. Ci hanno insegnato a parlare di ciò che fa male dentro di noi, a individuare il punto nevralgico delle proprie angosce e a girare del cinema proprio a questo proposito"
I numeri
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mila persone hanno completato nell'ultimo anno facoltà a indirizzo artistico. Fino a dieci anni fa il loro numero non superava quota 10mila
54 anna shmitko
Tre momenti del lavoro di Kirill Serebrennikov: nell'immagine principale "Un Eroe del Nostro Tempo" di Mikhail Lermontov. Nelle altre due fotografie "Sogno di una notte di mezza estate"
Università offrono insegnamenti per la professione di attore, con una forte concentrazione nelle principali città della Federazione
sul nostro sito Il cinema femminile: Kira Muratova, uno dei cineasti più originali della scena sovietica e post-sovietica, capace come poche di rappresentare le donne del Novecento ›› www.it.rbth.com/33339
tanto dà un'occhiata alla scena, dove siedono i suoi allievi. «Sono lì a perder tempo sui materassi e questo mi scoccia. Certamente, se vedo che il bambino è stanco, glielo concedo di stendersi un po'». Ma al circo si usa riposare sulla corda orizzontale. Questo serve ad alleviare la tensione accumulatasi con le capriole. In nessun caso durante la lezione i muscoli devono riposare». Quindi prosegue: «Non mi piace che si prendano le cose alla leggera. Prima punivo con le flessioni. Ora sono più morbida; dopo la nascita della seconda figlia ho preso a chiudere gli occhi su molte cose». Natalia ammette di non lodare mai i bambini, piuttosto li rimprovera di tanto in tanto. Ma poi, congedandosi con loro, li accarezza amorevolmente sulla testa ripetendo con tono dolce i compiti per casa.
Dimenticarsi del dolore
Per entrare in una compagnia circense non è indispensabile avere particolare talento. Quel che più conta, spiega Natalia, è la volontà. Cita un esempio in proposito: «Ricordo una ragazza che si era rivolta a me: la sua schiena non si fletteva minimamente, ma il suo sogno era diventare contorsionista. Provai a dissuadderla, ma lei insistette, pregandomi di metterla alla prova. Oggi è una brava contorsionista e questo mi porta a dire che, se si ha una grande forza di volontà, è possibile sopperire ai propri limiti». A questo punto Natalia tira fuori un abito con una linea bianca lungo la schiena. «Il tessuto si è consumato, una giovane artista circense ha provato per sei mesi in questa giubbetta il suo numero sulla corda e ora questo pezzo di vestito rappresenta un trofeo di guerra che teniamo appeso bene in vista». La questione del dolore per il circo è sempre attuale, ammettono gli atleti: stare in equilibrio all'altezza di un metro e mezzo e non cadere mai? Nemmeno una volta“scottarsi”le mani sulla corda? È forse possibile? «A volte, bisogna superare il dolore, la cosa più importante è lavorare», sottolinea l'allenatrice. «Al circo non si fa nulla se non ci si dedica appieno. Ricordo un allievo di sei anni, che seguiva le lezioni dall'inizio alla fine, ma non ha imparato niente perché lavorava male». Mentre una giovane laureata del circo, Oksana Okruzhko, ha imparato molto: siede con destrezza sulla fune, fa il suo salto di testa. Anche se, dopo ogni numero, si ferma. «E il salto?», le chiede con aria di rimprovero Natalia. «Aspetti, non subito. Le ferite si sono a malapena rimarginate».Espirando, Oksana balza di nuovo sulla fune. Una nuova combinazione e la ragazza torna a fermarsi. Guarda di fronte a sé, poi pian piano inscena il numero. Questo di oggi è, per lei, l'ultimo allenamento, e per questo motivo lo vive con emozione. Nella vita degli artisti circensi questa è l'ennesima decisione libera, quella di lasciare il circo. Tanti sogni di una carriera si scaldano sulla scena. Ma questo significa che bisogna abbandonare la scuola dopo la nona classe e partire per la capitale. Se solo a Novosibirsk vi fosse una scuola di circo, molti desideri si realizzerebbero, dicono i giovani abitanti di Dovolnoe. Ma i genitori non sono pronti a sacrificare una“normale”educazione, né a separarsi dai propri figli. In ogni caso, tutti gli anni entrano sempre nuovi bambini nella compagnia ed è per loro che si sta costruendo la seconda ala del circo e si organizza il festival del circo di Dovolnoe. Radost, alla fine, ha scelto di restare in questa cittadina.
Sport
08
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Calcio Dopo l'eliminazione dai mondiali brasiliani, la posizione di Fabio Capello non è più così solida. Addio in vista?
Il mister sulla panchina che scotta Da quando guida la nazionale, il tecnico friuliano è il ct più pagato al mondo. Ma dopo i mondiali non sono mancate le critiche. Tra le questioni, quella degli stipendi arretrati.
le voci
Pazientiamo, è un vincente
timur ganeev
Egor Titov
rbth
Un grande lavoro sui calciatori
Ottenuto uno stipendio così alto, Capello, grande amante dell'opera lirica e dell'arte contemporanea (il suo pittore preferito èVasilij Kandinskij, ndr), si è trasferito a Mosca e trascorre nella Federazione la maggior parte dell'anno: questo gli consente, a differenza di Dick Advocaat e di Guus Hiddink, di pagare le tasse in Russia. Questa non è l'unica differenza tra Capello e gli allenatori olandesi: in una giornata della Premier League russa, il mister riesce a seguire tre o quattro partite. Un giorno lo si vede a Mosca e quello successivo è già in Cecenia. Così alcuni calciatori dei club di provincia hanno avuto una chance di entrare in nazionale. Inoltre Capello ha cominciato ad allevare i giovani, mentre i suoi predecessori avevano sempre puntato su calciatori ormai esperti.
Un gioco poco spettacolare
I metodi dell'allenatore italiano hanno portato dei risultati: la nazionale russa si è qualificata per il mondiale 2014
ex calciatore
Di Capello mi affascina il fatto che lui trascorra molto tempo in Russia e segua praticamente tutte le partite del campionato. I suoi predecessori, Dik Advocaat e Gus Hiddink, non facevano così e venivano solo per gli allenamenti della nazionale. L'italiano cerca costantemente di coinvolgere nella squadra giocatori giovani e talentuosi, non teme di investire su di loro, sperimenta. I tifosi russi devono avere pazienza. È in corso un cambio generazionale e con questo bisogna fare i conti. Salvo il match con la Moldavia, la squadra sta dando prova di un calcio interessante e questo è merito di Capello. L'autore ha giocato nella nazionale russa e nello Spartak, sei volte campione di Russia
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Il trono di Fabio Capello non è più così saldo come sembrava fino a poco tempo fa. I deludenti risultati ottenuti dall'allenatore italiano alla guida della nazionale russa hanno fatto emergere le polemiche sul gioco della squadra, mentre la Federazione è indietro di cinque mesi nel pagamento dello stipendio. Dopo i deludenti risultati agli Europei del 2012 e il licenziamento dell'allenatore olandese Dick Advocaat, la Federcalcio russa (Rfs) ha proseguito nella sua strategia di chiamare dei tecnici stranieri ad allenare la nazionale. In seguito a una lunga discussione sui nomi più in vista nel panorama internazionale, la scelta è ricaduta sul mister friuliano, che nel 2012 ha firmato un contratto biennale, diventando il ct più pagato di tutte le nazionali (9 milioni di euro netti all'anno). Al secondo posto c'è il commissario tecnico dell'Inghilterra Roy Hodgson, che si ferma a 4,7 milioni di euro, mentre l'allenatore della Germania campione del mondo, Joachim Löw, percepisce "appena" 2,8 milioni di euro.
Tutti delusi ma niente fretta per la prima volta dopo dodici anni, superando nel suo girone il Portogallo della stella Cristiano Ronaldo. Sull'onda del successo, Capello ha rinnovato il suo contratto fino al 2018, ponendo come condizione che la firma della Federazione arrivasse prima dei mondiali brasiliani della scorsa estate. L'attesa era grande in vista della competizione, ma la nazionale non è andata al di là del girone eliminatorio. La squadra di Capello ha ceduto il passo al Belgio e all'Algeria, segnando solo due reti in tre partite, e tirandosi dietro molte critiche per il gioco, impostato sulla difesa, più che sulla costruzione e la finalizzazione. L'allenatore italiano ha individuato tre cause di questa performance così deludente. La prima è la mancanza di esperienza di molti calciatori, che non si erano mai cimentati in un torneo di questo livello, ed evidentemente sono stati traditi dall'emozione. La seconda è l'assenza di calciatori russi nei principali campionati europei. Secondo il mister, nella Premier League russa gli atleti non giocano ai massimi livelli, ma non vanno a giocare in Europa (nonostante la presenza di offer-
te provenienti da club molto rinomati) perché in patria ricevono compensi molto elevati. La terza causa è l'enorme numero di stranieri (nelle rose dei sedici club della Premier League russa se ne contano ben 176), che lascia al ct una scelta molto ristretta di candidati per la nazionale. Un problema che, del resto, è stato sollevato anche a proposito del team italiano.
Le discordie finanziarie
Il comitato esecutivo della Federcalcio russa ha definito insoddisfacente il lavoro svolto da Capello ai Mondiali 2014, ma il contratto valido fino al 2018 pone il tecnico friulano in una posizione di ferro. Nei turni di qualificazione ai campionati europei che si svolgeranno nel 2016, Capello per ora non è riuscito a migliorare la situazione. Nelle prime tre partite la Russia ha totalizzato cinque punti, che valgono il momentaneo secondo posto nel girone alle spalle dell'Austria (sette) e in coabitazione con la Svezia. Segue il Montenegro con quattro punti, mentre Moldavia e Lichstein chiudono a uno. La nazionale ha evidenziato forti li-
miti. Capello viene criticato per l'assenza di un gioco ragionato in attacco e le carenze nel passaggio dalla fase difensiva a quella offensiva. Ai risultati deludenti della squadra si sono aggiunti i problemi finanziari della Rfs, che non è in grado di pagare l'onorario al tecnico italiano con le proprie risorse e da tempo cerca di attrarre sponsor supplementari. Capello non riceve lo stipendio ormai da cinque mesi, e per sua stessa ammissione è al limite della sopportazione. Così c'è il rischio concreto che le partite con l'Austria (il prossimo 15 novembre) e con l'Ungheria (18 novembre) possano essere le ultime sulla panchina della nazionale. Al momento è difficile indicare delle percentuali in merito a questa possibilità. Secondo il nuovo contratto, Capello si occupa di tutte le nazionali di calcio. L'allenatore ha intenzione di organizzare il gioco di tutte le squadre giovanili secondo uno schema comune, in modo da favorire l'inserimento delle nuove leve nel team principale. Un piano che potrà realizzarsi solo se si sbloccheranno le pendenze relative agli stipendi.
due anni turbolenti
Don Fabio: europei e un mondiale, tra ottimismo e delusioni 2012 • Il 12 luglio Fabio Capello diventa ct della nazionale di calcio russa. Il 15 agosto fa il suo esordio sulla panchina, nell'amichevole pareggiata 1-1 contro la Costa D'Avorio
2013 • Il 15 ottobre arriva la qualificazione ai mondiali brasiliani. La Russia conquista il primo posto nel girone F, precedendo il Portogallo del fuoriclasse Cristiano Ronaldo
i t . r b t h .co m /p a l o m b e l l a _ r u s s a
2014 • Nonostante l'ottimismo diffuso in patria, ai mondiali il team russo non supera il primo turno a gironi, piazzandosi al terzo posto. Emergono così i primi malumori e le critiche allo stipendio
2014 • Attualmente la nazionale è seconda nel girone di qualificazione agli europei 2016. Il ritardo nei pagamenti dello stipendio mette in dubbio la permanenza dell'allenatore italiano
Andrei Kancelskis
ex calciatore
Alla nazionale russa serve tenersi stretto un professionista come Capello. Bisogna fare tutto il possibile per pagare i debiti al team. La pessima performance al Campionato del Mondo 2014 ha deluso molti, ma non occorre tirare conclusioni affrettate. Il contratto di Capello scadrà nel 2018, e fino ad allora ci sono ancora due buone possibilità di fare bene ai tornei più importanti (europei e mondiali). L'autore è stato centrocampista della nazionale russa e del Manchester United
Quando la spesa non vale l'impresa Georgij Yartsev
allenatore
La Russia non ha bisogno del ct più pagato del mondo, perché comunque Capello non potrà alzare il ivello di questa generazione di giocatori. Ne hanno dato prova i mondiali in Brasile e le ultime partite della squadra. Il massimo potenziale di questo gruppo è la qualificazione al Campionato del Mondo o d'Europa. Ma questi obiettivi possono essere raggiunti anche da un ct russo. Perché proprio Capello? Lui ha grandi meriti calcistici a livello di club. Ma né alla guida della nazionale inglese, né di quella russa ha dato un valore aggiunto. L'autore è stato allenatore della nazionale russa e dello Spartak Mosca, campione nazionale nel 1996