Salento Review - Anno VI - Numero tre

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STORIA

L'imponenza delle Mura Urbiche e il Parco Archeologico

CUCINA

La riscoperta della panificazione tradizionale ANNO VI – n. 3 € 4,50 – € 3,00

CULTURA

Il teatro come atto di resistenza: cinque esperienze WITH ENGLISH ABSTRACTS




som

Puglia www.365giorniinpuglia.it

anno VI – numero 3 FOTO DI COPERTINA (Arco di Prato – Lecce) PH: Massimo Centonze DIRETTORE RESPONSABILE Gabriele De Giorgi REDAZIONE Mariella Tamborrino (redazione@365giorniinpuglia.it) DIREZIONE GRAFICA Michele Ortese (grafica@365giorninpuglia.it) COLLABORATORI: Andrea Aufieri, Luca Caputo, Paolo Conte, Fabio Antonio Grasso, Lorenzo Madaro, Francesca Mandese, Aurora Mastore, Angelo Maria Monaco, Carlo Morelli, Eleonora Leila Moscara, Jessica Niglio, Fabiana Pacella, Annachiara Pennetta, Fiorella Perrone, Federica Sabato, Giorgia Salicandro. TRADUZIONI: Sabrina Liberti FOTO: Massimo Centonze, Giulio Rugge, Pierpaolo Schiavone. COLLABORAZIONE GRAFICA: Roberto Mariano VIDEO: Massimo Centonze WEB: Vito Domenico Amodio, Arianna Moscatello SOCIAL MEDIA MANAGER: Annachiara Pennetta RESPONSABILE DISTRIBUZIONE: 365 giorni in Puglia s.r.l.s. RESPONSABILE BTM: Mary Roberta Rossi Si ringraziano: Regione Puglia e l’Assessore al Turismo Loredana Capone; l’agenzia PugliaPromozione; sindaci e amministratori dei Comuni di Lecce, Brindisi, Taranto, Gallipoli, Melendugno, Nardò e Vernole; l’Università del Salento; tutte le edicole nelle quali Salento Review è messo in vendita. Si ringraziano inoltre AirDolomiti, Turkish Airlines e tutti i partner del progetto, gli abbonati alla rivista e lo staff di BTM 2019.

6 5. EDITORIALE

territorio 6. 18.

Via Pozzuolo, 77 73100 Lecce (LE) Tel. 0832.402381 info@365giorniinpuglia.it

passione alla professione

TARANTO

LECCE Mura Urbiche e Parco Archeologico: l’imponente eredità del Cinquecento

46. Tamburi e la ricerca di una nuova

TRICASE Il mistero della chiesa costruita dai diavoli

62. Più di nove secoli tra cultura,

www.salentoreview.it – info@salentoreview.it EDIZIONI, PUBBLICITÀ E DISTRIBUZIONE

SAN VITO DEI NORMANNI

36. Le officine del sapere: dalla

BORGHI DI SAN MAURO

28. La Gallipoli di campagna, un viaggio di scoperta tra i Borghi di San Mauro

identità per Taranto

MARTANO

disciplina e preghiera

LECCE GEOLOGICA

70. Le vie dell'acqua sono un patrimonio

storie

STAMPA

SEVERINO GAROFANO

Antezza Tipografi srl Zona Industriale La Martella, Matera (MT)

54. Omaggio all’enologo che ha

cambiato le sorti del vino in Puglia

È vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle foto senza il permesso dell’Editore. Chiuso in redazione il 15 Novembre 2018 ISCRITTO AL N. 7 DEL REGISTRO DELLA STAMPA DEL TRIBUNALE DI LECCE 2 MAGGIO 2013 – CRON. N. 18/2013 Annotato mutamento al n. 7/2013 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 23 gennaio 2018.

MEMORIA

76. Archivio di Stato, prezioso scrigno VISITA IL BLOG MAGAZINE WWW.SALENTOREVIEW.IT

di fragili tesori


mario 36

ENZO DELLA PESCHERIA

94. “Pescato” di gioventù, il cuore blu di Enzo

PUGLIESI ALL'ESTERO

00. La nuova frontiera del “turismo 1 delle radici”

natura ANIMALI

80. Viaggio nel mondo animale della Cooperativa Naturaria

cucina PANE E DINTORNI

86. Puccia, pizzi & friends: tra passato e presente

arte TEATRO

06. «Il teatro è il nostro atto di 1 resistenza»

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TRA I GENERI 112. Un artista salentino: Giuseppe Zilli

CULTURA E SOCIETÀ 118. Una rete di esposizioni tra

l’Accademia e il territorio salentino

PITTURA 126. L’arte pittorica di Gasparro, il volto antico del contemporaneo

sport SURF IN SALENTO 134. Ius Maris, l’integrazione cavalca le onde

pubbliredazionali

12. BTM Territorio

24. PUGLIAPROMOZIONE Territorio

34. FONDAZIONE LENE THUN ONLUS Solidarietà

42. ACAYA GOLF RESORT & SPA Strutture ricettive

52. CAMERA DI COMMERCIO Territorio

74. ASS. DIFFONDIAMO IDEE DI VALORE Territorio

84. TENNENT'S GRILL Ristorazione

92. ROAD 66 Ristorazione

124. COMUNE DI GALLIPOLI Territorio

132. COMUNE DI MELENDUGNO Territorio


LECCE • PIAZZA S. ORONZO, 7 • TEL. E FAX 0832.243811 www.orestetroso.it • info@orestetroso.it


EDITORIALE

GABRIELE DE GIORGI

Dei cambiamenti non bisogna aver paura anche se la tendenza innata in ciascuno di noi è quella di pensare di vivere in un eterno presente, in una dimensione di comfort psicologico che ci possa isolare dagli strappi, dai cortocircuiti. Lo facciamo per difesa, ma è una mera illusione. In ogni secondo della nostra vita le condizioni non sono più le stesse e qualsiasi variabile, anche la più insignificante, può cambiare radicalmente il corso delle cose o determinarne uno sviluppo diverso da quello che abbiamo in testa pensando di essere totalmente padroni della situazione. Allo stesso modo nell’andamento dei flussi turistici nel periodo estivo ci sono stati segnali di una distonia rispetto al recente passato, fatto di avanzamenti costanti. Non credo sia stata una regressione, ma solo un rimescolamento di alcuni fattori, come accaduto a Gallipoli quando a luglio è stato lanciato l’allarme sul calo delle presenze. Appare chiaro che la bolla del “divertimentificio” è scoppiata, per vari motivi. Altrettanto evidente è l’appeal del Salento e della Puglia tutta su target sempre più consistenti di visitatori stranieri. Si tocca con mano l’esigenza di una riqualificazione dell’offerta turistica media su standard più elevati. Questo riposizionamento viene da lontano: sin dagli esordi questa rivista ha spinto nella direzione della programmazione a lunga scadenza, del riconoscimento delle competenze, della centralità del turista in quanto persona e del lavoratore come promotore del territorio, più che di strumento. I semi gettati anche in cinque edizioni di Business Tourism Management hanno prodotto una necessaria fase di riflessione e riorganizzazione che, dal 28 febbraio al 2 marzo, troverà a Lecce un momento necessario per ulteriori approfondimenti presso il Castello di Carlo V.

You do not have to be afraid of changes, even if the innate tendency in each of us is to think of living in an everlasting present, in a dimension of psychological comfort able to isolate us from tears, from short circuits. We do it for defence, but it is a mere illusion. In every second of our life, conditions are no longer the same and any variable – even the most insignificant – can radically change the course of things or determine a development other than that we have in our mind, thinking we are totally masters of the situation. Similarly, the trend of tourist flows in summer showed signs of dystonia compared to the recent past, made of steady progress. I do not think there was a regression, but only a reshuffle of some factors, as happened in Gallipoli in July when an alarm on the reduction of attendance was raised. It seems clear that the bubble of the “entertainment mill” has burst, for various reasons. The appeal of Salento and of the whole Apulia on ever-increasing targets of foreign visitors is equally evident. The need for an upgrading of the average tourist supply to higher standards is tangible. This repositioning comes from afar. Since the beginning, this magazine has been pushing towards a long-term planning, towards the recognition of expertise, and towards the centrality of the tourist as a person and of the worker as a promoter of the territory – more than an instrument. The seeds also sowed over the five Business Tourism Management events have produced a necessary phase of reflection and reorganisation that will find the time necessary for further deepening at Castello Carlo V from 28th February to 2nd March.

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TERRITORIO

LECCE

MURA URBICHE E PARCO ARCHEOLOGICO: L’IMPONENTE EREDITÀ DEL CINQUECENTO

Nel secolo in cui venne ristrutturato il castello Carlo V, Lecce conobbe uno sviluppo notevole delle fortificazioni militari. E negli scavi non sono mancate le sorprese Che la bellezza di Lecce vada oltre le sue chiese di forte matrice barocca è una consapevolezza ancora troppo poco diffusa. L’apertura del Parco archeologico delle Mura Urbiche, che segue il recupero delle imponenti fortificazioni che lo sovrastano, è dunque una buo-

na occasione per ribadire la ricchezza della stratificazione storica attraverso i secoli. La struttura difensiva militare, progettata e realizzata nel XVI secolo da Giangiacomo dell’Acaya su input di don Ferrante Loffredo, governatore di Terra d’Otranto, per conto di Pietro di Toledo,

viceré del Regno di Napoli, è strettamente collegata al castello Carlo V. Proprio nel 1553, quando morì don Pietro, si ritiene fosse già conclusa la ristrutturazione del maniero condotta sul precedente impianto medievale, risalente all’epoca normanna. Si tratta della fortificazione più grande


di gabriele de giorgi/ foto massimo centonze

DI FATTO, DUNQUE, UN PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE DELLA CINTA MURARIA È DIVENTATO UN PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE URBANA

di tutta la Puglia a testimonianza della strategicità di Lecce e del suo territorio nelle concezioni difensive dell’impero: l’eccidio compiuto dai Turchi a Otranto nel 1480 aveva suscitato molta preoccupazione rispetto ad un attacco che potesse spingersi oltre il litorale. Come spesso accade durante interventi di recupero, sono state numerose le sorprese che hanno da una parte complicato il lavoro, ma dall’altro lo hanno impreziosito: nella fase degli scavi per il recupero dei fossati, infatti, è stata scoperta una

strada di epoca romana, probabilmente risalente al periodo compreso tra il III e il II secolo avanti Cristo e utilizzata fino al Cinquecento. Un tracciato di circa 140 metri di cui si ignorava completamente la presenza. Sorprendente è stato anche il ritrovamento di un fossato minore che lascia intravedere una precedente cinta muraria, probabilmente di età federiciana. Ecco dunque che il parco delle Mura Urbiche è un viaggio attraverso la storia, aperto inevitabilmente ad ulteriori valorizzazioni di epoche “sacrificate” dall’imponenza del Barocco. Il recupero dell’area è stato oggetto di un lavoro di squadra proceduto per lotti – il primo affidato alla ditta Capriello Vincenzo srl di Napoli, il secondo alla Mello srl di Lecce e alla Soteco di San Pietro Vernotico – a partire dal 2012. Un ruolo centrale in tutte le fasi, ovviamente, ha avuto la Soprintendenza per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio, diretta da Maria Piccarreta, nella persona dall’architetto Giovanna

Cacudi. I protagonisti quotidiani di questa avventura sono stati l’architetto Patrizia Erroi, direttrice dei lavori e responsabile dell’ufficio Centro Storico del Comune di Lecce, il docente universitario Paul Arthur che ha coordinato gli scavi archeologici, il progettista della parte impiantistica, l’architetto Andrea Ingrosso e Gianluca Tramutola, che si è occupato della parte a verde. La Soteco, su progetto dell’ingegnere Giuseppe Picciolo, ha realizzato un ponte di 32 metri, in acciaio corten. Con alcune economie reperite dall’attuale amministrazione comunale è stato installato un impianto di illuminazione, inizialmente non previsto, adeguato alla valorizzazione del parco e delle mura secondo i più recenti standard, anche di sicurezza per la fruizione. Si è trattato quindi di un percorso per step, per il quale determinante è stato il coordinamento dell’architetto Patrizia Erroi: «Per me è una emozione grandissima perché passare dalla progettazione 6 7


TERRITORIO

LECCE

alla realizzazione dell’opera è stato un processo stimolante e ricco di sorprese. Lo dico perché quando si interviene su aree di tale valenza dal punto di vista ambientale ed archeologico, c’è naturalmente la componente storica del luogo e la qualità figurativa del sistema architettonico che devono prevalere su qualsiasi altro intendimento progettuale. Tramite il progetto voluto dall’amministrazione, finalizzato a recuperare un tratto di cinta muraria

che era in stato di degrado, le mura sono diventate un elemento di connessione con pezzi di storia della città, portando a colloquiare tra loro diversi monumenti: le mura, dopo il restauro, accolgono un intrigante percorso turistico-culturale, lungo il quale si innestano i giardini di Palazzo Giaconia e l’area archeologica antistante il fossato. Di fatto, dunque, il progetto di recupero della cinta muraria è diventato un progetto di riqualificazione urbana che contiene in sé

elementi molteplici di attrazione turistica ed apre a visuali inedite gli spazi delle Mura, percorrendo i quali il visitatore viene condotto con spirito di ricerca verso molteplici punti di interesse». L’architetto Erroi, però, non si accontenta del gran lavoro fatto e indica il percorso che resta ancora da fare: «Naturalmente – dice – è un intervento completo, ma non completato: ciò che abbiamo fatto suggerisce ciò che ancora bisogna fare e cioè prosegui-


re nell’azione di recupero, dando continuità a questa volontà di intercettare altri scrigni di storia che si trovano nell’area limitrofa, come avvenuto per l’ex convento degli Agostiniani che, insieme al suo giardino, fa già parte integrante di questo nuovo paesaggio urbano all’ingresso nord della città. Le Mura Urbiche restaurate, infatti, hanno proiettato la città storica all’esterno e prefigurano prospettive di fruizione culturale finora sconosciute. L’emozione è questa, aver fatto il primo passo verso un’operazione ancora più importante e articolata: fare in modo che le Mura diventino un elemento dinamico e vitale, che coinvolge il visitatore in uno scenario urbano pieno di richiami evocativi del passato». L’indicazione è stata colta dall’amministrazione in carica dal giugno del 2017 e in particolare dal vice sindaco Alessandro Delli Noci, che ha anche la delega ai Lavori Pubblici. «Il lavoro svolto sulle Mura Urbiche – ha commentato – ha un valore straordinario, sia perché recupera un bene storico d'eccezione e lo restituisce alla comunità, sia perché attraverso quel recupero si ripensa la riqualificazione di un'intera area. Le Mura Urbiche e i meravigliosi giardini di Palazzo Giaconia, il

UN VIAGGIO ATTRAVERSO L'ARCHITETTURA, GLI EVENTI STORICI, GLI USI E I COSTUMI CHE AFFASCINERÀ DI CERTO I CITTADINI E I TURISTI

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TERRITORIO

LECCE

Convento degli Agostiniani – che ospiterà una delle due biblioteche di Comunità – rappresentano un bigliettino da visita di un certo valore per chi raggiunge la nostra città dall'ingresso nord e un'area di grande attrazione culturale e turistica. Oltre allo straordinario lavoro di recupero, restauro e riqualificazione, abbiamo provato a rendere questo progetto innovativo attraverso un piano di valorizzazione virtuale, un progetto di fruizione dell'area che accompagni il visitatore alla scoperta di questo patrimonio

culturale attraverso l'uso delle nuove tecnologie. Un viaggio attraverso l'architettura, gli eventi storici, gli usi e i costumi che affascinerà di certo i cittadini e i turisti». Il vice sindaco ha anche spiegato le ragioni per le quali l’inaugurazione del parco si è fatta attendere e ha anticipato la naturale prosecuzione dell’intervento di recupero: «Per rendere fruibili e visibili i giardini siamo riusciti a recuperare delle risorse da destinare all'illuminazione dell'intera area e questo ha poi di fatto comportato

THE TOWN WALLS AND THE ARCHAEOLOGICAL PARK: THE IMPRESSIVE INHERITANCE OF THE SIXTEENTH CENTURY IN THE CENTURY IN WHICH THE CASTLE OF CHARLES V WAS RESTORED, LECCE EXPERIENCED A REMARKABLE DEVELOPMENT OF ITS MILITARY FORTIFICATIONS. EXCAVATIONS DID NOT LACK SURPRISES The beauty of Lecce goes beyond its baroque churches. The opening of the Archaeological Park of the Town Walls confirms the wealth of the town historical stratification through the centuries. The sixteenth-century military defensive construction is closely connected to the Castle of Charles V, whose restoration was carried out on the existing medieval fortress. The building represents the largest fortification in Apulia, thus proving the strategic importance of Lecce for the defence of the Empire. The archaeological excavations revealed numerous surprises, including a road belonging to the Roman era, probably dating back between the third and the second century BC. The finding of a smaller moat – probably of Frederick's age – was unexpected, too. The recovery of the area required a teamwork started in 2012.

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lo slittamento dell'apertura. Oggi possiamo finalmente consegnare alla città un bene dal valore inestimabile e siamo già al lavoro per definire modi e tempi di fruizione. Inoltre, al fine di riqualificare totalmente il bene e l'area circostante, stiamo lavorando per intercettare delle risorse adeguate che consentano il restauro di Palazzo Giaconia e la riqualificazione dell'adiacente area del Circolo Tennis. Intanto, siamo soddisfatti del lavoro svolto sinora, un lavoro complesso che di certo lascerà senza fiato i visitatori».

The daily protagonists of this adventure were architect Patrizia Erroi, professor Paul Arthur, architect Andrea Ingrosso and Gianluca Tramutola. The 32-metre-long weathering-steel bridge is the result of the work carried out by the Soteco company. A lighting system enhances the park and its walls. “Thanks to the project, – says Patrizia Erroi – the walls have become the connection with other pieces of the town history, by linking various monuments. This project of urban renewal shows several elements of tourist attraction.” “The intervention needs to be continued, – she adds –, by including the neighbouring area, like the former Augustinian Convent (“ex Convento degli Agostiniani”) and its garden, for example. The Town Walls have created new and unknown values.” According to Deputy Mayor Alessandro Delli Noci, “The restoration of the Town Walls returns an outstanding historical asset to the community, by redeveloping the whole area. The Town Walls, the wonderful gardens of Palazzo Giaconia and the Augustinian Convent are a prestigious visiting card for those who reach the town from its northern entrance. New technologies will allow a virtual journey through the town architecture, its historical events, its customs and traditions.” He adds, "Today we can finally deliver to the city a priceless asset."


Galleria - Art, Food & Drink - è un locale che trova spazio nella storica galleria di an�quariato dalla quale ha ereditato la ricerca este�ca abbinandola al gusto: ampia proposta di vendita di prodo� �pici, degustazione di taglieri, panini e pia� freddi, drink e vendita di complemen� di arredo. Il Galleria si affaccia nella piazza an�stante Palazzo dei Celes�ni e Basilica di Santa Croce.

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TERRITORIO

BTM

Torna BTM, l’evento sul turismo più prestigioso del Sud Italia La V edizione del Business Tourism Management si terrà a Lecce, dal 28 febbraio al 2 marzo 2019


BTM – tel. +39 0832 402381 – info@btmpuglia.it – www.btmpuglia.it –

BTM è uno degli eventi internazionali sul turismo diventato punto di riferimento in tutto il Sud Italia. L’edizione 2019 sarà la quinta e rappresenta per gli organizzatori l’anno della maturità. A Lecce, dal 28 febbraio al 2 marzo 2019, in tre giorni il Business Tourism Management metterà in comunicazione i principali attori del settore turistico buyer e seller, enti, esperti, operatori turistici, gestori di strutture ricettive e di società di servizi che si confronteranno sui temi più innovativi in ambito di comunicazione turistica, formazione, revenue management, digital marketing e social strategy. «Questa sarà la quinta edizione – commenta il presidente di BTM Nevio D’Arpa – per noi rappresenta l’anno della maturità. L’evento è cresciuto costantemente nel tempo ed è diventato un modello di promozione del territorio valido e riconosciuto. Al nostro impegno però è necessario che si aggiunga il sostegno del territorio, degli enti locali, delle istituzioni e degli imprenditori al fine di fare rete tutto l’anno». Il mood della prossima edizione si esprime attraverso il claim “BTM, una buona idea”, che in questo caso si declina in una buona idea di Turismo autentico, esperienziale e sostenibile. Da cinque anni, BTM propone un modello di Turismo che viaggia su due binari: quello del turismo pugliese caratterizzato dall’unicità dei territori, la bellezza paesaggistica e architettonica, il turismo esperienziale e l’estensione della stagione turistica su tutto l’anno; quello del turismo promosso da BTM basato sui principi cardine di professionalità, formazione, alta qualità dei servizi, business, cultura, benessere e valorizzazione del territorio. Insomma un’idea positiva e sempre più qualificata. BTM, nel tempo, è diventato uno dei migliori eventi di settore per innovazione delle tematiche proposte. Insomma un evento internazionale con un marchio riconoscibile e riconosciuto e che per la quinta edizione punta ad alzare l’asticella della qualità. «La prossima edizione sarà ricca di novità – aggiunge la responsabile organizzativa di BTM Mary Roberta Rossi – punto di forza resta la formazione di alto livello con relatori illustri che metteranno 12 13


TERRITORIO

BTM

a disposizione il proprio know how in tema di innovazione nel settore turistico, il B2B, ma non solo. La cultura e gli eventi satellite a BTM saranno la vera chicca del 2019». Ecco alcune novità. Prima tra tutte l’edizione 2019 di BTM tornerà ad essere ospitata nel Castello Carlo V, prestigioso e affascinante gioiello storico della Città di Lecce. Già altre edizioni di BTM si sono svolte al Castello, ma per la prossima gli spazi saranno ripensati e riallestiti in maniera diversa e maggiormente fruibile. La macchina

organizzativa è in piena attività e i punti di forza come di consueto saranno gli eventi formativi di alto livello e l’area espositiva destinata ai partner istituzionali, agli Enti locali e alle migliori aziende di tutti i comparti turistici. Tornerà anche quest’anno la sezione BTM Gusto, dedicata al Turismo enogastronomico. Aziende produttrici e di servizi del settore enogastronomico presenteranno e racconteranno un territorio unico, la Puglia, come destinazione sempre più ambita da turisti stranieri identificati come

foodies. «BTM Gusto non è una semplice vetrina – spiega Paola Puzzovio, responsabile di BTM Gusto – ma è l’unica vera occasione affinché le migliori aziende del settore enogastronomico possano fare rete ed entrare in una dinamica di condivisione e di programmazione nell’ambito del turismo esperienziale in Puglia». Il “Village Teg” di BTM Gusto organizzato in aree di lavoro, proporrà i “salotti del gusto” per chiacchierare, scambiare idee, progetti e accordi aziendali, i “tavolini del gusto” per far degustare e approfondire


la conoscenza dei prodotti e la “Corte”, spazio dedicato alla cultura e all’informazione. Queste aree di lavoro saranno a disposizione di espositori e ospiti per i tre giorni di BTM. Per l’edizione 2019 saranno previste anche le “tavole del gusto”, aperte solo in alcuni orari e riservate agli esperti del settore TEG. Punto di forza sarà ancora una volta il B2B che aprirà la strada all’incontro tra buyer e seller, tra domanda e offerta. E tante altre saranno le novità che il pubblico conoscerà nella V edizione. Si consoliderà il rapporto di collaborazione con il Locomotive Jazz Festival per proseguire il percorso già avviato lo scorso anno di promozione del Turismo culturale legato agli eventi musicali di alto livello. A tal proposito una sezione speciale rappresenta la punta di diamante della V edizione: BTM Enzimi, un progetto integrato di eventi satellite che riunirà le principali espressioni di turismo culturale, creativo e co-partecipato nel suo incontro con le tradizioni e le arti locali. Appuntamenti che invaderanno le piazze, i locali e gli spazi storici di Lecce con momenti di rigenerazione urbana e culturale con funzione di brand awareness, brand engagement e, nel contempo, di promozione territoriale. Appuntamento fisso di BTM per la promozione delle bellezze della Puglia è il Fam Trip, un mini tour che fa tappa in alcune delle località più belle dalla Puglia, realizzato grazie alla stretta collaborazione con l’agenzia JLK di Lucio Perrone e Katja Puretti. Ogni anno, nei giorni che precedono l’evento leccese, un numeroso gruppo di buyer internazionali del settore turistico partecipa al tour appositamente strutturato per far scoprire itinerari ancora poco conosciuti per proporli ai mercati esteri. Infine solo per avere una misura di ciò che BTM è riuscito a fare nella passata edizione, quella del 2018 si è chiusa con un successo entusiasmante. Oltre 9mila presenze di visitatori nei tre giorni dell’evento, 6mila persone registrate, 250 aziende partecipanti al B2B, 150 aziende espositrici, 150 relatori, 55 buyer internazionali, 45 aziende ed Enti partner, 15 14 15


TERRITORIO

BTM

influencer e blogger. Il sito internet www. btmpuglia.it ha registrato 12mila utenti e 60mila visualizzazioni. Su Twitter, 13mila visite sul profilo durante i tre giorni e circa 1 milione di impression con l'hashtag #BTM2018. La pagina Facebook ha registrato un incremento del 40% di

utenti negli ultimi 3 mesi con una media di 10mila utenti unici attivi al giorno nei tre giorni di BTM. In media 25mila impression al giorno sulla pagina. Il profilo Instagram ha ottenuto un incremento del 55% di follower negli ultimi tre mesi. Circa mille stories realizzate su IG con

BTM, THE MOST PRESTIGIOUS TOURISM EVENT IN SOUTHERN ITALY, IS COMING BACK BUSINESS TOURISM MANAGEMENT WILL BE HELD IN LECCE FROM 28TH FEBRUARY TO 2ND MARCH 2019 BTM is one of the international events on tourism that has become a point of reference throughout Southern Italy. BTM will put in contact the main tourism players, who will talk about tourism communication, training, revenue management, digital marketing and social strategy. "The event has become a model of territorial promotion – comments the chairman of BTM, Nevio D'Arpa –. The support of the territory, of local authorities, of institutions and entrepreneurs is necessary to network all the year round." BTM underlying idea is that of ​​authentic, experiential and sustainable tourism, based on the uniqueness of the Apulian territories, on its landscape and architectural beauties, on the extension of the tourist season throughout the year, as well as on professionalism, training, high quality of services, business, culture, well-being and enhancement of the territory. "The strong points remain the high-level training and the B2B, but not only – adds the organizational manager of BTM, Mary Roberta Rossi

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mention BTM e 25mila impression nei tre giorni della manifestazione. Tutte le info utili sono disponibili sul sito www.btmpuglia.it, i canali social seguiranno tutte le fasi organizzative e il racconto live, l’hashtag ufficiale dell’evento sarà #BTM2019.

–. Culture and satellite events at BTM will be the real treat." BTM 2019 will be held at the Castle of Charles V. This year, BTM Gusto will be dedicated to food-and-wine tourism. "BTM Gusto – explains Paola Puzzovio, manager of BTM Gusto – is the only real opportunity for the best food-and-wine companies to network with similar companies." The BTM "Village Teg" will propose the "lounges of taste" where to exchange ideas, projects and company agreements. The "small tables of taste" will let you taste and deepen the knowledge of the products while the "Court" will be a space dedicated to culture and information. In addition, the "tables of taste" will be reserved for the experts of the TEG sector. The B2B will pave the way for the meeting between supply and demand. The collaboration with the Locomotive Jazz Festival will be consolidated. BTM Enzimi will be the cutting edge of BTM 2019, as it will bring together the main expressions of cultural, creative and co-participated tourism. BTM fixed appointment is a Fam Trip among the most beautiful places in Apulia, to let a large group of international buyers discover tourist itineraries still little known. All useful information is available on the website www.btmpuglia.it. The event official hashtag will be #BTM2019.


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TERRITORIO

TRICASE

Il mistero della chiesa costruita dai diavoli Storia e leggenda della chiesa della Madonna di Costantinopoli, luogo di culto sconsacrato da secoli, oggi restituito alla comunità La Chiesa dei Diavoli, per anni avvolta nel mistero, ha una storia e una leggenda che non possono non attirare l’attenzione e la curiosità di chiunque passi da Tricase. È conosciuta con questo nome per via di un'antica leggenda che vede protagonista un malvagio principe che aveva contatti con il diavolo. La firma del progetto, inoltre, è dell’architetto Leonardo Caliato da Lequile, anche lui, secondo la fantasia popolare, collaboratore di 18 19

Belzebù: la chiesa è l’unica opera che gli viene attribuita negli archivi storici. Questo luogo, oggi sconsacrato e in realtà dedicato alla Madonna di Costantinopoli, nasce in zona Borgo Pescatori a Tricase nel lontano 1685, anno in cui il marchese Jacopo Francesco Arborio Gattinara si trovava in paese per il matrimonio della sua figliastra Giovanna con il principe Stefano III Gallone. Dai manoscritti consultati e trascritti dallo

studioso Ercole Morciano, si evince che fu il marchese Gattinara a decidere di costruire la chiesa, detta “Nuova” per la sua particolare forma ottagonale, con la volontà di donare ai contadini del luogo un posto dove pregare senza allontanarsi troppo dalle campagne in cui lavoravano, poco fuori dal centro di Tricase che ospitava le chiese principali. Per i Gallone, feudatari di Tricase dalla fine del Cinquecento e da sempre grandi


di eleonora leila moscara/foto massimo centonze

benefattori del paese, quel matrimonio è stato una tappa fondamentale per l’avanzamento della casata. La famiglia volgeva ormai la sua attenzione all’ingresso nelle élite nobiliari della capitale, obiettivo raggiungibile solo con un apparentamento con uno dei più antichi cognomi della nobiltà di seggio: chi, dunque, meglio della famiglia Colmonero Arborio Gattinara che deteneva immensi patrimoni? Jacopo Francesco, inoltre, aveva un pregevole cursus honorum: oltre ad essere marche-

se di San Martino era anche cavaliere dell’ordine di San Giacomo e generale dell’esercito del Regno di Sicilia. Scelse Tricase, come si evince dall’epigrafe in latino incisa sul portale della chiesa, per onorare la Vergine di Costantinopoli, dalla quale si era sentito protetto nel corso della sua rischiosa vita di uomo dedito alla guerra e, allo stesso tempo, esaudì la volontà dei contadini. Fino al tardo Settecento la Chiesa Nuova svolse il suo ruolo: un sacerdote vi

celebrava la messa quotidiana e un oblato, che abitava nelle stanze annesse, la custodiva e suonava le campane che a metà Ottocento furono spostate nella chiesa di San Michele Arcangelo, di patronato della famiglia Gallone. La Chiesa dei Diavoli possiede una pianta provvista su ogni lato di una finestra centinata. Sul prospetto principale vi è il portale d'ingresso con architrave in cui viene riportata l'epigrafe latina con la dedicazione, il committente e l'anno

SUL PROSPETTO PRINCIPALE VI È IL PORTALE D'INGRESSO CON ARCHITRAVE IN CUI VIENE RIPORTATA L'EPIGRAFE LATINA CON LA DEDICAZIONE, IL COMMITTENTE E L'ANNO DI COSTRUZIONE


TERRITORIO

TRICASE

di costruzione. L'edificio è dotato di un piccolo campanile a vela. L’interno è scandito da paraste angolari con capitelli corinzi e da arcate a tutto sesto. Sulle pareti rimangono i resti degli altari originali, un tempo corredati delle rispettive tele: sull'altare maggiore era raffigurata la Vergine di Costantinopoli, adorata da angeli, santi e dal committente stesso; sugli altri altari i dipinti della Madonna Annunziata, di Sant'Anna, della Vergine del Carmine e di San Liborio. Lo storico Antonio Micetti, nel suo manoscritto di metà Settecento, "Tricase", attesta che si teneva nello spiazzo della chiesa una importante fiera, popolarmente detta “fiera dello Spirito Santo” e

poi “fiera di San Vito”. Questo luogo di culto perse d’importanza quando questa fiera venne trasferita nel centro di Tricase. Da lì, il declino: la chiesa venne trascurata anche per la lontananza dei principi Gallone che, ormai, risiedevano a Napoli. Il completo abbandono, con il conseguente stato di degrado, arrivò con l’interdizione al culto nel 1878: l’edificio venne spogliato, depredato e gravemente danneggiato finché, acquisito nel patrimonio comunale, non venne murato come atto di estrema preservazione. In tutti questi anni, però, anche a causa di questa particolare “sfortuna”, ciò che non ha mai smesso di sopravvivere è la leggenda tramandata dagli abitanti di

Tricase che, grazie ai racconti popolari, hanno sempre tenuto in vita questo luogo meraviglioso, affidandosi al mistero. A Tricase tutti conoscono la leggenda del Principe Vecchio, un uomo malvagio che visse per tanti anni esercitando i diritti dello jus primae noctis, una pratica molto usata dai signori feudali che, in occasione del matrimonio di un proprio servo della gleba, pretendevano di trascorrere la prima notte di nozze con la sposa, pena la decapitazione. Come si evince dallo studio del professor Hervè Cavallera, "Il Principe, il Diavolo, la Chiesa. Una leggenda tricasina", il Principe Vecchio non esitava a far rotolare le teste di chi si opponeva nella botola che si trovava


nella Sala del Trono del Palazzo Gallone in Piazza Pisanelli, che sorge tra le due torri medievali rimaste dell’antica cinta muraria. La leggenda racconta che il principe ordinò al diavolo di costruire la chiesa tramite il “libro del comando” con cui poteva convocarlo a piacimento. Anche in questa versione il principe interpretava le volontà dei contadini che necessitavano di un luogo dove trovare conforto spirituale nelle notti d’estate, quando nei campi si aggirava la “Malombra”, lo spirito maligno che turbava i sonni pesanti di chi aveva lavorato, motivo per cui tutti gli ingressi delle pajare erano stati fatti così bassi, per far sì che gli spiriti vi battessero la fronte e andassero via. Il diavolo accettò di costruire la chiesa anche in maniera veloce e particolare (ecco perché la forma ottagonale), ma in cambio di una ricompensa: il principe avrebbe dovuto dare un’ostia consacrata ad un caprone, simbolo del maligno. Lo spirito del male realizzò la chiesa in una sola notte ma il principe, timoroso di Dio, non mantenne i patti. Il diavolo così mostrò la sua collera e scagliò con forza nel Canale del Rio le campane che ancora oggi si sentono suonare nelle notti tempestose. Una seconda versione della leggenda vede, invece, il principe costretto a promettere la sua anima in cambio della chiesa. Una volta edificata, il diavolo si recò per l’ultima volontà dal principe che gli disse: «Mi devi fare sarcine de rena ‘ttaccate a corde de acqua» (fascine di sabbia legate con corde di acqua). Il diavolo tentò più volte di eseguire il comando, ma non ci riuscì e per la rabbia scaraventò le campane nel Canale del Rio. Oggi questo luogo è stato completamente riqualificato grazie al lavoro dell’Associazione Meditinere e al Sac “Porta d’Oriente” che, in collaborazione con altre associazioni, lo ha reso visitabile e sede di concerti, laboratori ed eventi. Ma questa chiesa così affascinante porta con sé i segni della sua storia travagliata: nel 2001 l’associazione ha buttato giù i muri che la chiudevano e ne è venuto fuori un luogo ferito gravemente da anni di incuria. Completamente depredata

LA LEGGENDA RACCONTA CHE IL PRINCIPE ORDINÒ AL DIAVOLO DI COSTRUIRE LA CHIESA TRAMITE IL “LIBRO DEL COMANDO” CON CUI POTEVA CONVOCARLO A PIACIMENTO 2017, COVATTA. PH: DANIELE METRANGOLO

PH: GIUSEPPE RUTIGLIANO

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TERRITORIO

TRICASE

negli anni precedenti, era stata aperta e richiusa più volte diventando luogo di perdizione, droga e messe nere negli anni ’80. Inoltre molti anziani che vivono nei dintorni, testimoniano la storia della principessa Maria Bianca Gallone che, negli anni ’50, viveva da sola a Tricase, ridotta in miseria. La donna era convinta che sotto la chiesa ci fosse l’acchiatura, ossia il tesoro nascosto dalla sua famiglia:

per anni si mise a scavare così come aveva fatto suo padre prima di lei negli anni ’30. Mai nessuno trovò nulla. Oggi rimangono le tracce degli innumerevoli scavi fatti anche dagli abitanti di Tricase che a lungo hanno cercato questo tesoro, ma resta pure quell’alone di mistero che da sempre avvolge questo luogo che, non appena il sole tramonta, torna a far paura ai più piccoli e forse anche ai grandi.

THE MYSTERY OF THE CHURCH BUILT BY DEVILS THE HISTORY AND THE LEGEND OF THE CHURCH OF OUR LADY OF CONSTANTINOPLE The Church of Devils owes its name to an ancient legend whose protagonist is an evil prince in contact with the Devil. According to popular belief, the architect himself, Leonardo Caliato from Lequile, was one of Beelzebub's collaborators. Today, this place is deconsecrated and dedicated to Our Lady of Constantinople. The Church was built in Tricase in 1685 when Marquis Jacopo Francesco Arborio Gattinara was in town for the marriage of his stepdaughter Giovanna to Prince Stefano III Gallone. Marquis Gattinara decided to have the church built as he wanted to give local farmers a place where to pray without straying too far from the fields in which they worked. Until the late Eighteenth century, the "New" Church fulfilled its role. This place of worship lost its importance when the big fair held in the church square was moved to the centre of Tricase. Since then, the church was neglected also due to the distance of the princes. The complete abandon and the state of neglect came in 1878 when the church was placed under the ban to worship: the building was robbed, looted and severely damaged until it was walled as an act of extreme preservation. According to legend, the wicked Old Prince exercised the rights of the jus primae noctis in Tricase for many years – and its non-fulfilment was punished by beheading. The Prince ordered the Devil to build the church to give spiritual comfort to the peasants. The Devil agreed but, in return, the Prince should have given the Host to a billy goat, a symbol of the Devil. The Prince did not fulfil his promise. The angry Devil threw the bells into an inlet, known as Canale del Rio, and still today they are heard playing on stormy nights. According to another legend, the Prince promised his soul in exchange for the church. Once built, the Devil went to the Prince to grant his last will but, being unable to carry out the order, out of anger, threw the bells into the inlet. Today, this place has been completely redeveloped and is home to concerts, workshops and events. It carries the signs of its troubled history: open and closed several times, it has become a place of perdition. Nowadays, it contains the traces of the countless excavations made by Princess Maria Bianca Gallone, by his father and by the inhabitants of Tricase in search of a hidden treasure. What remains of the place is that aura of mystery that, as soon as the sun sets, returns to scare the little ones and perhaps even the big ones.

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TERRITORIO

PUGLIAPROMOZIONE

BRINDISI, CENTRO STORICO – PIAZZA DEL DUOMO. PH: PIERPAOLO SCHIAVONE

Il piacere di scoprire la Puglia. Anche d’inverno Mete straordinarie da visitare anche nei mesi più freddi. La storia, la cultura, le tradizioni e la bellezza di questa regione hanno un appeal irripetibile sempre. Non solo d’estate Alla scoperta della Magna Grecia, passando per i borghi più suggestivi della Puglia, senza trascurare la magia del mare, dell’entroterra, dei centri storici e delle prelibatezze enogastronomiche di una regione che, come poche altre, può vantare un ventaglio di offerte turistiche ricco, vario ma soprattutto alla portata di chiunque. La Puglia è “aperta per ferie” tutto l’anno. Con le sue città d’arte, la sua storia e

i suoi monumenti, è perfetta da vivere anche durante i mesi invernali. Non solo mare, dunque, ma anche tradizioni, folklore e miti da rivivere attraverso iniziative ad hoc che si amalgamano con sagre ed eventi enogastronomici, performance teatrali, musicali, laboratori e visite guidate. C’è tanto da vedere, da scoprire e da amare. E in questo viaggio il visitatore non sarà mai solo. Il calendario Puglia

365, che Pugliapromozione ha messo a punto per i mesi invernali, è pieno di suggerimenti ed è alla portata di chiunque, basta visitare il sito www.inpuglia365.it per avere un’idea degli appuntamenti e delle iniziative che ci faranno compagnia nei prossimi mesi. Dall’alto Tavoliere al basso Salento è un susseguirsi di manifestazioni ed eventi pensati proprio per creare un’unica grande vetrina. Tra le numerose iniziative, per


PUGLIAPROMOZIONE direzione Generale Fiera del Levante, PAD. 172, Lungomare Starita, Bari (BA) tel. +39 080 5821411 fax +39 080 5821429 – direzione.generale@viaggiareinpuglia.it – www.inpuglia365.it –

ORECCHIETTE. PH: PIERPAOLO SCHIAVONE

LATERZA, GRAVINE. PH: PIERPAOLO SCHIAVONE

esempio, vi è quella denominata “Appia in Tabula”, una sorta di viaggio lungo l’ultimo tratto dell’Appia antica alla scoperta di oltre duemila anni di storia con visite guidate fra musei, frantoi ipogei e centrici storici in terra brindisina. Da non perdere la “Mesagne sotterranea”. Il 2 dicembre saranno organizzate apposite visite guidate per conoscere da vicino il cuore archeologico della città. Con l’itinerario “Borghi so good - Sapori slow Food”, invece, si apre uno straordinario percorso tra i borghi più belli del Parco Nazionale del Gargano e l’Alto Tavoliere, per scoprire tradizioni autentiche e saperi popolari che il 3 febbraio culmina con il tradizionale “Fuoco di San Biagio”. L'appuntamento, a San Nicandro Garganico, nasce dai riti del fuoco d'inverno. Come da tradizione, verrà riproposta la storia secondo la quale, intorno ai fuochi, si mangiavano granoturco e fave abbrustolite, oltre al classico maiale. Restando in tema di borghi, un’altra interessante iniziativa è “Demetra” che propone un percorso in bicicletta alla scoperta dell’entroterra salentino, dei tesori delle Serre e delle tracce del passato. A diretto contatto con la natura, con i suoi colori ed i suoi profumi. L’itinerario ciclo-turistico sarà completato da una visita al Museo della Radio di Tuglie con una puntatina al Museo del Territorio di Neviano. Salento ancora protagonista con “Suoni e sapori del Mare”, iniziativa nata con l’intento di promuovere la cultura marinaresca di Gallipoli. Tutta la città partecipa ai vari appuntamenti in agenda, tra degustazioni, visite guidate e cooking show. Siete appassionati di scavi e ritrovamenti che testimoniano la cultura del passato? C’è l’itinerario che fa per voi, “Il gusto dell’Archeologia”, che propone un viaggio nel passato, dal Neolitico al Medioevo con passeggiate nell’area archeologica dell’acropoli greca, nei frantoi ipogei e al centro storico di Pulsano, il tutto arricchito dai laboratori didattici per bambini, reading teatrali. “Itinerari Gustosi” è un viaggio alla scoperta dei segreti delle Gravine. Laterza

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TERRITORIO

PUGLIAPROMOZIONE

THE PLEASURE OF DISCOVERING APULIA. EVEN IN WINTER THE HISTORY, THE CULTURE, THE TRADITIONS AND THE BEAUTY OF THIS REGION ALWAYS HAVE A DISTINCTIVE APPEAL. NOT JUST IN SUMMER Apulia is "open for holidays" all year. Just visit the site www.inpuglia365.it to get an idea of ​​the events and of the initiatives in the coming months. Among the numerous initiatives, "Appia in Tabula" is a journey to discover more than two thousand years of history through the museums, the hypogean oil mills and the historic centres in the Brindisi area. On 2nd December, "Mesagne sotterranea" ("Underground Mesagne") lets you take a closer look at the archaeological heart of the city. "Borghi so good – Sapori slow Food" ("So good villages – Slow food flavours") is an extraordinary journey through the most beautiful villages in the Gargano National Park and in the Alto Tavoliere, to discover authentic traditions and popular knowledge. The event reaches its highest point on 3rd February with the traditional "Fuoco di San Biagio" (“Saint Blaise's Bonfire”). "Demetra" suggests a bicycle route to discover the Salento hinterland, the "Museo della Radio" ("Museum of the Radio") in Tuglie and the "Museo del Territorio" ("Museum of the Territory") in Neviano.

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dicembre, dalla Danza delle Luci organizzata in Piazza del Ferrarese a Bari. D’obbligo, infine, un passaggio nella Valle d’Itria e sul Gargano. L'1 ed il 2 dicembre, il centro storico di Monte Sant’Angelo (FG) si trasforma in un grande palcoscenico dove alcuni attori metteranno in scena leggende e narrazioni che hanno trasformato l’antico borgo in terra di pellegrinaggi. Il tutto senza trascurare l’aspetto enogastronomico. Da non perdere, infatti, l’appuntamento con “Jerv – laboratori e peregrinazioni botaniche” alla scoperta delle erbe spontanee e del loro impiego in cucina.

PAPARINE. PH: PIERPAOLO SCHIAVONE

PAPARINE. PH: PIERPAOLO SCHIAVONE

no a Mare (BA), esattamente con sesta edizione de “Il vino possibile”, costola enogastronomica del festival “Il libro possibile”. Un modo per far conoscere le produzioni tipiche pugliesi attraverso un percorso guidato tra le bellezze della nostra terra che con la loro architettura di pregio e la loro storia testimoniano l’origine rurale del territorio. Altra chicca da non perdere è l’antica festa dedicata a Santa Lucia. Dall’11 al 15 dicembre Locorotondo, Alberobello e Castellana Grotte si vestono di luce in omaggio alla protettrice della vista. La manifestazione sarà preceduta, il 2

BOVINO – IL CASTELLO. PH: SOLITO

accoglie i visitatori in un tour che si snoda sia a piedi che in sella ad una bicicletta, tra chiesette rupestri e i sapori di una volta. Orsara di Puglia, Bovino, Foggia, Troia, Manfredonia e Lucera prestano il loro volto all’iniziativa denominata “Puglia per tutti”. 15 e 16 dicembre; 26 e 27 gennaio; 23 e 24 febbraio: questi sono i weekend “senza barriere”, per conoscere la storia e le bellezze dei Monti Dauni, dei suoi borghi e della tradizione locale, in un viaggio accessibile a chiunque. Il mese di dicembre si apre con una manifestazione attesissima a Poligna-

In Gallipoli, “Suoni e sapori del Mare” ("Sounds and flavours of the Sea") offers tastings, guided tours and cooking shows. "Il gusto dell'Archeologia" ("The taste of Archaeology") accompanies you through the archaeological area of ​​the Greek acropolis, the underground oil mills and the historic centre of Pulsano. "Itinerari Gustosi" ("Tasty Itineraries") is a journey to discover the secrets of the Gravine ("Ravines"). Laterza welcomes visitors on foot or by bike, between rock churches and the flavours of the past. Orsara di Puglia, Bovino, Foggia, Troia, Manfredonia and Lucera are the location of the initiative "Puglia per tutti" ("Apulia for everyone"). On 15th and 16th December; on 26th and 27th January; on 23rd and 24th February, the weekends "without barriers" allow you to know the history and the beauties of the Monti Dauni. In December, in Polignano a Mare (BA), "Il vino possibile" ("The possible wine") make you learn about the typical Apulian productions. From 11th to 15th December, the ancient festival dedicated to Saint Lucy is held in Locorotondo, Alberobello and Castellana Grotte. On 2nd December, the "Danza delle Luci" ("Dance of Lights") is held in Bari. On 1st and 2nd December, legends and tales will be staged in Monte Sant'Angelo (FG). "Jerv – laboratori e peregrinazioni botaniche" ("Jerv – laboratories and botanical wanderings") are not to be missed to discover wild herbs.



TERRITORIO

BORGHI DI SAN MAURO

BASILICA DI SAN MAURO. PH: PIERPAOLO SCHIAVONE

La Gallipoli di campagna, un viaggio di scoperta tra i Borghi di San Mauro Per esistere, una destinazione turistica deve far emergere le caratteristiche e le esperienze che raccontano il vissuto delle comunitĂ locali


di luca caputo/foto roberto corvaglia

Dimenticate per un attimo le spiagge affollate, il caos dei parcheggi e il traffico di ritorno dal mare. Ora chiudete gli occhi e immaginate di essere su quel piccolo promontorio che domina la baia gallipolina tra Rivabella e Lido Conchiglie, lì dove l’Abbazia di San Mauro si staglia a testimonianza della presenza della copiosa laboriosità dei monaci basiliani. La vista sulla baia di Gallipoli suscita emozioni pure, mentre si osserva la lunga cascata di macchia mediterranea che si riversa fino alle pendici del promontorio, tra sentieri scoscesi e tracce di passaggio dell’uomo, tra un trekking solitario e

una scampagnata in mountain bike. Da lì in poi, su quella lingua di costa che collega la Montagna Spaccata a Gallipoli Vecchia, è un alternarsi di litorale sabbioso e roccioso, tra lidi attrezzati e spiagge libere, ristoranti e locali della movida, camping e masserie. È qui che siamo arrivati in un giorno di primavera, col sole che si affacciava tiepidamente mentre una meno timida tramontana graffiava le guance e le colorava di un vivido rosso. Ed è proprio qui, dirigendoci a piccoli passi verso quell’Abbazia che racchiude in sé secoli di storia, che si può dire abbia visto la luce il progetto “Borghi di San Mauro

– Gallipoli di Campagna”, il brand turistico nato su iniziativa di Energie a Sud, con l’intento di avviare un percorso di promozione e commercializzazione della destinazione che comprenda le realtà produttive, turistiche e culturali dei Comuni di Gallipoli, Alezio, Tuglie e Sannicola. Un piccolo mondo antico da salvaguardare e proteggere, un paesaggio per lo più incontaminato, uno scrigno di biodiversità che ha nell’ulivo il suo emblema di gloria e, negli ultimi anni, di disperazione per i danni portati dalla Xylella. In quest'ovest a Sud del Salento, l’avvicendarsi delle stagioni regala un ter-

IN QUEST'OVEST A SUD DEL SALENTO, L’AVVICENDARSI DELLE STAGIONI REGALA UN TERRITORIO DALLE MILLE SFACCETTATURE

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BORGHI DI SAN MAURO

ritorio dalle mille sfaccettature, in un susseguirsi di gente che resta ad abitare i luoghi e turisti che sovente si spingono nell’entroterra ingolositi sì dai sapori di questi borghi ma soprattutto dai prezzi di soggiorno più bassi. Così, quasi per caso, scoprono e si innamorano delle storie di cui son pregne le mura di questi luoghi, la Gallipoli di campagna che tanto ha da raccontare della sua intramontabile ruralità. Alle bellezze naturalistiche e all’economia del mare d’agosto, infatti, fanno da contraltare tutto l’anno le storie di mani callose e braccia laboriose di chi lavora i campi, le arti sapienti di chi plasma forme di artigianato, piccole e grandi aziende che sanno innovare la tradizione, da quelle del settore ittico a quelle del settore oleario, passando per l’immancabile produzione di scapece gallipolina, i formaggi di qualità e una pasticceria che regala opere d’arte dolciarie conosciute e riconosciute in tutto il mondo. Le storie semplici e autentiche di queste comunità come chiave di volta per la promozione e la valorizzazione del mondo rurale. Piccoli frammenti di vita millenaria diventano pezzi di un grande storytelling che intende raccontare, soprattutto attraverso portale e social, il patrimonio culturale ed ambientale, materiale e immateriale di questa Gallipoli di campagna. Una modalità innovativa di marketing del territorio che pesca nella metodologia del Marketing di Destinazione (Destination Management) per dare voce ai protagonisti del territorio e alla condivisione delle sue eccellenze per recuperare il rapporto con l'entroterra – vero valore aggiunto all'offerta tipicamente balneare – per infondere più qualità, attraverso un gioco di sponda territoriale, alla destinazione salentina del comprensorio di Gallipoli. In fondo, sono proprio quelle persone che lavorano, vivono e abitano nei luoghi che possono accompagnarci per mano alla scoperta dei segreti, degli scorci, dei sapori e delle esperienze di un territorio. Un racconto per parole, immagini, video 30 31

LE STORIE SEMPLICI E AUTENTICHE DI QUESTE COMUNITÀ COME CHIAVE DI VOLTA PER LA PROMOZIONE E LA VALORIZZAZIONE DEL MONDO RURALE

che vuole valorizzare l’intreccio di natura, storia, cultura legato all’ambiente e più in generale ai concetti di autenticità. Questo nuovo modo di proporre il territorio, d’altronde, trae spunto dalla necessità di andare incontro a quello che è il dogma dei nuovi viaggiatori, convinti che ogni singola componente del viaggio abbia un ruolo fondamentale per l’intera vacanza e più in generale per le loro aspettative. Così, nella scelta del viaggio, si sentono sempre più guidati dall’idea

di fare una esperienza piuttosto che dal semplice fattore prezzo. Questo tipo di domanda, che tradizionalmente aveva vissuto al di fuori del sistema classico del turismo organizzato, rappresenta ora la componente del mercato che cresce ad un ritmo maggiore: è gente di tutte le età, ed è anche difficile riuscire a definirla in base alle variabili di solito usate per la segmentazione turistica. Un numero sempre maggiore di turisti desidera sentirsi parte di un contesto e



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BORGHI DI SAN MAURO

non cellula estranea alla quale indirizzare solo esperienze decontestualizzate o banali souvenir, menu turistici, algidi itinerari standardizzati. La tendenza sembra puntare in maniera decisa sull’attenzione agli incontri, agli eventi e soprattutto alla vita di una comunità: l'attenzione si è spostata più sulle persone, sugli stili di vita, più sui personaggi e le relazioni che, intrecciandosi, rivelano l’anima di un borgo, un territorio, una destinazione. Si tratta di un comportamento decisamente nuovo almeno nelle dimensioni, che manifesta l’esigenza di entrare in contatto direttamente con l’autenticità di un territorio, con la sua economia locale, con gli aspetti e i risvolti sociali che scandiscono la vita di tutti i giorni. Non a caso stanno tornando d’attualità le

località italiane classiche, anche démodé, le località di campagna, i borghi, i soggiorni in strutture che hanno il sapore di una volta e che offrono la cantina, l’aperitivo all’aperto, la degustazione di olio tra gli ulivi e le passeggiate nei siti antichi avvolti da una riscoperta del gusto della lentezza e del ritrovato tempo da dedicare a se stessi. La proposta di diversi “turismi esperienziali” dei Borghi di San Mauro punterà dunque molto sul concetto di ruralità, di getaway destination, un luogo in cui rifugiarsi per un po’ di tempo o dove, perché no, stabilire il proprio buen retiro per sempre. Il progetto punta a coinvolgere un numero maggiore di visitatori attraverso proposte su misura, soprattutto per le richieste di nicchie di viaggiatori con elevata capacità di spesa,

ma anche per consentire uno sviluppo differenziato – tuttavia armonico – delle diverse attività economiche presenti sul territorio. Questo perché la gestione dei flussi turistici, nella volontà dei promotori di “Borghi di San Mauro – Gallipoli di campagna”, sarà l’occasione per creare lavoro, sviluppare l’economia e ridare dignità a tutti i mestieri presenti sul territorio. Per farsi conoscere dai viaggiatori e comunicare l’identità di un territorio, infatti, è fondamentale prima di tutto ricominciare a conoscere se stessi, la propria storia, ciò di cui siamo fatti. Rafforzare l’esistenza di quell’economia che ha reso unici i nostri territori, significa comprendere che innovando la tradizione si può garantire non solo la sopravvivenza dei flussi turistici ma delle stesse comunità locali.

RURAL GALLIPOLI, A DISCOVERY JOURNEY THROUGH THE "BORGHI DI SAN MAURO" TO EXIST, A TOURIST DESTINATION NEEDS TO BRING OUT THE FEATURES TELLING THE PAST EXPERIENCES OF LOCAL COMMUNITIES Close your eyes and imagine being on that small promontory overlooking the Gallipoli bay between two of its hamlets, Rivabella and Lido Conchiglie, right where the Abbey of St. Mauro stands out. The view of the bay arouses pure emotions. That strip of coast linking the so-called Montagna Spaccata to the most ancient part of the town, Gallipoli Vecchia, is an alternation of sandy and rocky coast, equipped and public beaches, restaurants and nightclubs, camping and farms. And it is precisely from here that this project, "Borghi di San Mauro – Gallipoli di Campagna" (literally meaning “The Hamlets of St. Mauro – Rural Gallipoli), takes its origins, with the aim to promote and market the manufacturing, tourist and cultural realities of the Municipalities of Gallipoli, Alezio, Tuglie and Sannicola. A small ancient world to be protected. The season changing gives a multi-faceted territory. Tourists often go into the hinterland allured by cheaper accommodation facilities. Almost by chance, they discover and fall in love with these places full of histories, with this country Gallipoli and its timeless rurality. The arms working hard in the fields, the wise arts of those who mould artisan shapes, small and large companies able to innovate the tradition all year long act as the counterparts of the natural beauties and the economic activities of the sea in August. Small fragments of a thousand-year-old life become pieces of a large storytelling aiming at telling the cultural, environmental, material and immaterial heritage of this rural Gallipoli, especially by means of the internet and of the social networks. The focus is on people, lifestyles, personalities and relationships that reveal the soul of a town, of a region, of a destination. The several kinds of "experiential tourism" suggested by "Borghi di San Mauro" will, therefore, bet on the concept of rurality, of getaway destination – a place where to take shelter for a while or where to establish one's own buen retiro forever. The project aims at involving a greater number of visitors thanks to tailored proposals, also and specially conceived for well-off travellers. This is because the management of tourist flows will offer a chance to create jobs opportunities, to develop the local economy and to restore dignity to all jobs in the area.

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SOLIDARIETÀ

FONDAZIONE LENE THUN ONLUS

La Fondazione Thun e la ceramico-terapia C’è un aspetto dell’Arte che spesso sfugge a molti. Questa dimenticanza è dovuta al fatto che l’Arte è legata al verbo “fare”. Prima ancora di essere venduta, acquistata, contrattata, musealizzata, trasportata, rubata, vista, ascoltata, bandita, distrutta, condivisa, l’Arte è realizzata anzi, meglio, è fatta. Può apparire una sfumatura, forse anche una banalità, ma il “fare Arte” è alla base di tutta quella serie di verbi, espressioni che solo in parte abbiamo qui ricordato. Eppure, davanti a un quadro, una scultura, difficilmente la nostra fantasia si spinge fino al punto in cui compare l’artista – davanti alla tela, alla tavola o davanti al blocco di marmo o argilla, – e fa, agisce, opera con la sua mente attraverso le mani e il corpo.

Questa apparentemente inutile premessa era necessaria per inquadrare la singolare e anche originale attività della Fondazione Lene Thun onlus. Andiamo per gradi come sfogliassimo le pagine di un libro in cui per immagini si racconta la storia di una donna Lene, architetto ma soprattutto appassionata di disegno così come del modellare argilla. Da quella passione, coltivata con il marito Otmar, ne è nato prima un piccolo laboratorio che poi, con il passare del tempo, si è trasformato in una delle aziende più note per la produzione di oggetti d’arte in ceramica. Non vogliamo però parlare dell’azienda Thun, quella che produce i famosi angeli, né del fatto che nella Reggia di Caserta si siano riunite circa 5000 persone – una

piccola parte, in vero, dei moltissimi soci accomunati dal nome e stile Thun – non vogliamo neanche parlare del fatto che per circa 10 minuti una proiezione, opera del videomaker copertinese Hermes Mangialardo, ha animato l’intera facciata posteriore di quella reggia. Vale la pena, però, sottolineare come l’evento casertano è stato organizzato da Nuovo Spazio Group (sedi a Bolzano e Desenzano del Garda) di Paola Modena perché distintasi in questi ultimi venti anni nell’organizzazione di eventi in tutta Italia fra cui anche al Sud, non dimenticando la Puglia, con l’obiettivo di valorizzare territori, figure e competenze. A quest’ultimo proposito, in particolare, una delle sue “scoperte”è stata proprio


FONDAZIONE LENE THUN Via Galvani,29 – Bolzano (BZ) tel. +39 0471 245938 – www.fondazionelenethun.org –

PH: ROBERTO SIBILANO

l’autore del videomapping, Hermes Mangialardo, apprezzato circa quattro anni or sono per un lavoro simile realizzato nel capoluogo salentino. Oltre alle appena ricordate attenzioni dell’organizzazione dell’evento, vi vogliamo raccontare, qualcosa di più, del fatto cioè che il figlio, Peter, di quella donna, Lene Thun, appassionata del plasmare

argilla, ha deciso di costruire attorno all’idea del “fare Arte”, ereditata dalla madre, un’attività ancora più singolare. Da quell’idea, da quel ricordo di un figlio è nata la fondazione che abbiamo qui già ricordato e poi qualcosa di più. Il lavoro artistico, spesso svolto di notte, di Lene è, infatti, stato condiviso e diffuso destinandolo ai laboratori di ceramico-terapia ospitati oggi in 38 sedi in tutta Italia, pensando, in particolare, “ai piccoli malati dei reparti oncoematologici dei più importanti ospedali, donando loro un percorso di terapia ricreativa attraverso la manipolazione dell’argilla”. La singolarità, cui spesso si è accennato, di questa trasposizione nella fondazione dell’attività materna, consente di soffermarci su un altro aspetto del “fare Arte” che qui si è voluto lasciare appositamente per ultimo perché il più importante. L’attività artistica (ma non solo) è caratterizzata

da un momento particolare che è quello di una forma d’isolamento dell’artista e più in generale di chi è concentrato su quell’attività. È quell’allontanarsi dalla realtà che può dilatare il tempo, può far sparire la differenza fra la notte e il giorno, generare quella sensazione di gioia talmente sottile da essere indescrivibile perché allontana dai problemi, dai ricordi tristi e dai dolori. Tutto il resto non è importante, neanche il fatto se quanto stiamo plasmando sia un’opera d’arte; quest’ultimo aspetto compete al Tempo e alla Storia. Proporre la ceramico-terapia a chiunque, e soprattutto ai bambini affetti da patologie particolarmente gravi, pensando anche alle famiglie degli stessi, è quanto di più semplice, grande si potesse decidere di fare. Il significato antico della parola “angelo” è “messaggero” e mai il messaggio di quegli angeli in argilla poté essere più ricco di umanità.

THE THUN FOUNDATION AND CERAMIC THERAPY There is an aspect of Art that often escapes many. Before being sold, bought and museumised, Art is made. It may seem a nuance; yet, in front of a work of art, our imagination hardly pushes to the point where the artist appears. This premise was necessary to frame the unique and original activity of the non-profit Lene Thun Foundation and of Lene herself, an architect with a passion for drawing and clay moulding. From her passion, a small workshop has originated, and later it has become one of the most renowned companies for the production of ceramic art objects. Around the idea of "making Art", Lene's son, Peter, has created a foundation and Lene's artistic work has turned into the ceramic-therapy workshops hosted throughout Italy. In particular, the reference is to the children of the oncohematological wards in some of the most important hospitals, who can enjoy a recreational therapy based on clay manipulation. The artistic activity is characterized by a form of isolation in which the artist's time expands, thus generating a feeling of indescribable joy. To propose the ceramic therapy to anyone, and above all to children suffering from particularly serious pathologies, is the greatest thing one could decide to do. This message is rich in humanity.

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TERRITORIO

SAN VITO DEI NORMANNI

LE OFFICINE DEL SAPERE: DALLA PASSIONE ALLA PROFESSIONE

Ex Fadda, dove i trentenni trasformano le idee in opportunità Non è soltanto un contenitore. E non è nemmeno soltanto uno spazio di aggregazione. Di sicuro era un bellissimo stabilimento vinicolo, all’ingresso di San Vito dei Normanni (Brindisi), che il lungimirante ammiraglio Renato Fadda donò al Comune con l’obbligo di destinarlo ad attività per i giovani. Il suo motto era: “Il consiglio è dare retta ai giovani”. E così è stato. La sintesi più efficace per definire “Ex Fadda – Le officine del sapere” è, allora, quella di Roberto Covolo, ideatore, fondatore, mente e braccia della struttura, quando gli si chiede se possano essere definite l’evoluzione dei centri sociali. «Le esperienze di 36 37

riferimento delle Ex Fadda sono sicuramente i centri sociali anni Ottanta, ma anche gli oratori, un mix di entrambi». Il progetto nasce nel 2007, quando una cordata di organizzazioni e associazioni locali decide di partecipare al bando di Bollenti spiriti, il programma della Regione Puglia per le Politiche giovanili voluto dall’allora governatore Nichi Vendola. In particolare, la cordata si candidava al recupero dello stabilimento con un progetto di rigenerazione urbana. Arrivarono 350 mila euro, 280 mila dei quali destinati alla sola ristrutturazione del vecchio stabilimento enologico abbandonato.


di francesca mandese/foto massimo centonze

Troppo pochi per ridare dignità a 4 mila metri quadrati coperti e a un ettaro di giardino. Non rimaneva che rimboccarsi le maniche. Letteralmente. Quello che sarebbe diventato un laboratorio urbano aperto alla cittadinanza, nasce, quindi, attraverso un cantiere di autocostruzione partecipato. Lo spazio viene trasformato in un grande e bel contenitore che ospita decine di organizzazioni, prevalentemente giovanili, attive nei campi della musica, dell’arte, dello sport, dell’artigianato, del welfare e molto altro. Il metodo scelto per le attività che vi si svolgono non è altro che il recupero della logica delle botteghe di antica memoria, dove i ragazzi che hanno un’idea da realizzare o vogliono imparare, collaborando a iniziative già attive, trovano spazio e supporto attraverso la condivisione di risorse, relazioni, competenze e anche denaro. In una sola frase, semplice ma efficace, un luogo dove è possibile trasformare la passione in professione. Sono nati così i progetti “World Music Academy” (una scuola di musica), “Xfoto” (un collettivo di fotografi e videomaker), “Exlibris” (la libreria delle Ex Fadda), “Faddanza” (una scuola di danza) e così via. I progetti, realizzati da ragazzi intorno ai 30 anni,

IL METODO SCELTO PER LE ATTIVITÀ CHE VI SI SVOLGONO NON È ALTRO CHE IL RECUPERO DELLA LOGICA DELLE BOTTEGHE DI ANTICA MEMORIA


TERRITORIO

SAN VITO DEI NORMANNI

sono diventati luoghi di apprendimento per i più giovani, appena diplomati e con poche prospettive per il futuro che, proprio seguendo la logica degli apprendisti, hanno cominciato a mettersi a disposizione per dare una mano, provare a fare insieme ad altri, imparare, approcciarsi al mestiere. I soldi arrivano da un mix di risorse pubbliche, sponsorship, vendita di attività, beni e servizi, esperimenti di economia collaborativa. «È uno spazio condiviso da gruppi e associazioni – spiega Roberto Covolo – per la fornitura di servizi culturali, un luogo di sperimentazione come dovrebbero essercene in ogni paese e città. Ovviamente, poniamo molta attenzione alla sostenibilità e al valore sociale del lavoro e oggi ci sono circa 60 ragazzi che traggono il proprio reddito dalle Ex Fadda e una decina che

si occupa dell’azienda agricola». Nell’azienda agricola, un terreno confiscato alla criminalità di 50 ettari, diviso in uliveto (35 ettari) e vigneto (15 ettari), si produce l’olio Manifesto, venduto in loco oppure online a gruppi di spesa solidale. Vi hanno trovato occupazione anche ex detenuti. Inutile negare che i primi anni non siano stati facili. «Nel paese ci guardavano con diffidenza – ricorda Covolo – e ancora oggi se ne avverte qualche strascico. Pian piano, però, le Ex Fadda sono state accettate e sono diventate modello e fonte di ispirazione anche per i comuni limitrofi». In realtà, si è già molto oltre e in tanti hanno colto l’opportunità rappresentata dalla struttura. I cittadini di San Vito hanno aperto le loro case, ospitando a prezzi simbolici gli artisti che sono ar-


NELLA WORLD MUSIC ACADEMY CI SONO 10 CLASSI DI STRUMENTI DIVERSI PER UN TOTALE DI 300 ISCRITTI

rivati in paese per partecipare a eventi e laboratori. Vi si sono trasferiti molti ragazzi, pugliesi e non, che hanno scelto di scommettere sulle Ex Fadda per il loro futuro professionale e che hanno risposto all’appello “Vieni a vivere a San Vito”. Ma il modo più facile per descrivere questo esperimento di successo è sicuramente quello di visitarlo, accompagnati da alcuni degli operatori. Varcando l’ingresso principale, la prima cosa nella quale ci si imbatte è la sartoria, un laboratorio e mercatino dove si tengono anche corsi di cucito. Ci arriviamo all’inizio dell’autunno e le sarte sono impegnate nel classico cambio di stagione. «Mettiamo via le stoffe estive», dicono, scusandosi per il disordine. Scendiamo poi lungo la scalinata che conduce nell’enorme open space sovrastato da una stanza sospesa costruita a forma di goccia, simbolo della struttura. Tutto intorno si aprono le stanze dei vari laboratori. Nella World Music Academy ci sono 10 classi di strumenti diversi per un totale di 300 iscritti. «In questa sala prove – dicono orgogliosi i nostri accompagnatori – hanno suonato Piero Pelù e Manuel Agnelli». Ci sono poi le stanze per la danza e lo yoga, la palestra, la falegnameria dove ci si occupa di restauro e riparazioni, il laboratorio di maglia, la residenza artistica Coreutica 38 39


TERRITORIO

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dedicata alle danze tradizionali, il laboratorio di arte contemporanea Chimera. Gli spazi si animano durante tutto il periodo invernale accogliendo bambini e adulti iscritti ai corsi. Nella stagione calda, invece, ad animarsi è l’ampio spazio esterno dove si tengono concerti, spettacoli, proiezioni di film e perfino esibizioni circensi (ma senza gli animali, tengono a precisare). Adesso, un nuovo spazio sta per aggiungersi agli altri: il teatro. Il progetto si chiama “Da grande sarò un teatro” e dovrebbe arrivare in porto nell’autunno del 2019. Sarà luogo di produzione e realizzazione di spettacoli e performance. Per gli arredi, le Ex Fadda hanno instaurato un rapporto di colla-

borazione con il Teatro Kismet di Bari e con la Fiera del Levante, che forniscono arredi dismessi, ma ancora utilizzabili dopo il sapiente lavoro dei ragazzi di San Vito. Completano la struttura un piccolo ostello con 6 posti letto, un bar e un ristorante dove, tra i dipendenti, ci sono 4 persone con disabilità. Colpisce, al centro della sala, il “tavolo sociale”, una grande tavolata pronta a ospitare gruppi numerosi di commensali. All’esterno del ristorante, i ragazzi ci mostrano il forno a pietra appena realizzato. «Qui si consumano solo prodotti a km zero», spiegano. E mentre Ginevra Enrico, Vincenzo Gagliani, Valentino Ligorio, Francesco Giannini e tutti gli altri continuano a guidarci

THE WORKSHOPS OF KNOWLEDGE: FROM PASSION TO PROFESSION THE FORMER FADDAS, WHERE THE THIRTY-YEAR-OLDS TURN IDEAS INTO OPPORTUNITIES It is not just a venue. It was certainly a wonderful winery given by a far-sighted admiral, Renato Fadda, to the Municipality with the obligation to address it to activities for young people. In 2007, a group of local organizations and associations decided to participate in a call for proposals to seize regional funding opportunities. It was the beginning of an urban workshop open to all citizens, of a large venue hosting dozens of organizations, active in the fields of music, art, sport, crafts, welfare and much more. Here, the young share resources, relationships, skills and money. A place where it is possible to turn passion into a profession. "It is a space shared by groups and associations," – explains Roberto Covolo. – Today about 60 young people earn a living from the Former Faddas and another dozen takes care of the farm." Some of them are former prisoners. The first years were not easy. "Little by little, however, the Former Faddas have become a source of inspiration for the surrounding municipalities." Many young people have moved

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nella visita, trasmettendoci tutto il loro entusiasmo, Roberto Covolo si congeda. I ragazzi sono felici di averlo avuto lì per un po’ di tempo, abituati com’erano, fino a qualche mese fa, alla sua presenza fissa e costante. Covolo, infatti, da luglio scorso è assessore alle Politiche giovanili del Comune di Brindisi e ha affidato la sua creatura nelle mani dei più giovani. Gli chiediamo se questo modello sarà replicato anche a Brindisi. «Ogni territorio deve confezionare i propri spazi come se fossero creazioni sartoriali – risponde –. Posso solo dire che sto lavorando al progetto che si chiama “Riusa Brindisi” ed è un’anagrafe pubblica degli spazi abbandonati da recuperare».

to the town, choosing to bet on the Former Faddas for their professional future. Crossing the main entrance, the first thing you come across is the tailor's shop. Downstairs, a huge open space is dominated by a hanging room built in the shape of a drop. All around, there are many rooms for the various workshops. The World Music Academy holds 10 classes of different instruments. Then there are the rooms for dance and yoga, for traditional dances and contemporary art, the gym, the carpenter's and the knitting workshop. The spaces are animated throughout the winter, welcoming children and adults enrolled in the courses. In summer, it is the large outdoor area that comes to life, with concerts, shows, film projections and even circus performances. Now, a new space is about to be added to the others: the theatre. A small hostel with 6 beds, a coffee bar and a restaurant, where 4 people with disabilities are employed, complete the structure. In the middle of the room, a "social table" hosts large groups of guests. Outside the restaurant, a stone oven is used to cook only zero-mileage products. We ask Covolo if this model will be replicated in Brindisi, too. "Each territory needs to conceive its own spaces as if they were tailor-made," he answers.



STRUTTURE RICETTIVE

ACAYA GOLF RESORT & SPA

PROTAGONISTI DI UNA FAVOLA MODERNA Acaya Golf & Resort Spa ha celebrato gli “HousekeepingDays”, tre giorni dedicati a chi, con professionalità e passione, si dedica all’accoglienza degli ospiti Lenzuola profumate, vetri splendenti, pavimenti lustri, asciugamani morbidi, letti perfetti e quella sensazione di sentirsi a casa propria anche in una camera d’albergo. Sembra tutto così scontato e invece non sempre lo è. Questi angoli, che per alcuni giorni si trasformano in una sorta di nido per gli ospiti, sono il primo impatto con la struttura. Quello fondamentale. Quello che decreta, insieme ad altri tasselli, il successo di un albergo. Dietro a questa perfezione c’è un lavoro quotidiano, non sempre facile, portato avanti da tanti angioletti che, con il piumino in una mano e il battitappeto

nell’altra, rendono gli ambienti puliti, accoglienti e pronti per essere vissuti nel massimo del loro splendore. E non solo le camere, ma anche tutti gli altri spazi che fanno parte dell’edificio: dalla hall agli ascensori, dai corridoi al ristorante. Tutto è sempre perfetto. Del resto, Acaya Golf Resort & Spa è la somma di tante realtà che, unite fra loro, rendono la struttura unica nel suo genere. Anzi, a voler essere precisi, siamo in presenza di un chiaro esempio di “teamwork”. Fare squadra con tutti i colleghi non solo permette di raggiungere risultati sempre più gratificanti a livello aziendale, e ovvia-

mente personale, ma allontana eventuali rivalità e contrasti. E tutto ciò ha ricadute positive tanto sulla vita professionale, quanto su quella familiare degli impiegati. Questo è un concetto molto caro a Giuseppe Campobasso, infaticabile responsabile delle Risorse Umane, il quale da sempre si muove nel solco della coesione e della condivisione fra i vari reparti che compongono l’affiatato gruppo collegato alla catena JSH Hotels & Resorts. Sulla scorta di questo principio anche quest’anno, il quarto per l’esattezza, sono stati organiz zati gli “Acaya HousekeepingDays”, tre giorni dedicati allo staff che quotidianamente si prende


cura degli ospiti, mantenendo pulite e ordinate non solo le camere, ma anche tutte le aree comuni. Prendendo spunto da quanto avviene a livello internazionale per la grandi catene tipo Marriott o Hilton, anche Acaya, a metà settembre, ha dedicato delle giornate particolari a questi collaboratori speciali. Tre giorni per celebrarli, premiarli e soprattutto per ringraziarli per il lavoro svolto. Dai fiori regalati alle “signore dei piani” dai colleghi stessi, all’aperitivo a suon di sax concludendo con una festa in cui non sono mancate le torte in faccia. Tre giorni di sorrisi, allegria, abbracci e goliardia che hanno dato il senso dell’iniziativa

GIUSEPPE CAMPOBASSO E LUCIA SILVESTRI

ACAYA GOLF RESORT & SPA Strada Comunale di Acaya, Km2 – Acaya (LE) tel. +39 0832 861385 – info@acayagolfresort.com – www.acayagolfresort.com –

fortemente voluta da Giuseppe Campobasso che insiste sull’importanza del lavoro di squadra. Sostenuto dal direttore Alessandro Gualtieri, per la realizzazione di tali attività ha potuto contare sulla complicità di altri colleghi animati dal suo stesso entusiasmo: Giusy Ingrosso, Lorenzo Vestito e Pietro Siniscalco. «Io parto da un principio fondamentale – afferma – siamo tutti anelli di un’unica catena e l’obiettivo deve essere comune. Se il team è coeso, complice e motivato, il lavoro sarà affrontato con più entusiasmo. Se si mette passione in ciò che si fa, si lavora meglio. È fondamentale riuscire a coordinarsi con gli altri per affrontare serenamente le sfide quotidiane, sentirsi 42 43


STRUTTURE RICETTIVE

ACAYA GOLF RESORT & SPA

L'housekeeping team è composto da: Lucia Silvestri, governante; Rosaria Fasiello, Chiara Pascali, Eva Pascali, Raffaella Montinaro, Tiziana Gravili, Stefania Albanese, Emanuela Vetrugno, Antonella Cherin, Miriam Greco, Luigi Vestito, Giovanni Quarta, Daniela Martina, Claudio Cannoletta, Danilo De Padovanis, Andrea Bianco come in una grande famiglia e raccogliere risultati sempre più appaganti a livello individuale e anche di squadra». Campobasso sottolinea, inoltre, che la stessa attenzione è rivolta ai dipendenti di tutti i reparti, perché l’ambiente di lavoro diventa inevitabilmente una

seconda casa, i colleghi una seconda famiglia, dunque l’armonia deve essere uno degli ingredienti principali per creare una connessione virtuosa. «Queste tre giornate sono state davvero indimenticabili – aggiunge Lucia Silvestri, dolcissima governante che da 14 anni

PROTAGONISTS OF A MODERN FAIRY TALE ACAYA GOLF & RESORT SPA HAS CELEBRATED THE "HOUSEKEEPINGDAYS" Scented sheets, shiny glasses, polished floors. Everything seems so obvious but it is not. Behind this perfection, there is a daily and not always easy work, carried out by many little angels that make rooms clean, perfumed and ready to be lived in their maximum splendour. We are referring not just to the rooms, but also to the hall and the elevators, to the corridors and the restaurant. We are in the presence of a clear example of "teamwork". This concept is very dear to Giuseppe Campobasso, the tireless Human Resources Manager, who has always moved led by the principles of cohesion and sharing between the various departments. Following this direction, this year, the "Acaya HousekeepingDays"

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vive la realtà di questa struttura – . Per noi è motivo di orgoglio fare parte di questa grande famiglia che – aggiunge – ci regala emozioni ogni giorno. E iniziative come ‘HouseepingDays’ ci fanno sentire apprezzate, amate e ci fanno dimenticare stanchezza e sacrifici».

have been organized for the fourth consecutive year. In midSeptember, Acaya dedicated three unique days to these special collaborators. Three days to celebrate them, to reward them and above all to thank them for their work. "If the team is close-knit and motivated, – says Giuseppe Campobasso – the work will be faced with more enthusiasm. It is essential to feel like in a big family and to gather increasingly satisfying results both individually and as a team." Campobasso also emphasizes that the same attention is paid to the workers of all departments. Harmony is one of the main ingredients to create a virtuous connection. "For us, to be part of this great family is a pride – adds Lucia Silvestri, a very sweet housekeeper-. Initiatives like these make us feel appreciated and make us forget tiredness and sacrifices."



TERRITORIO

TARANTO

Tamburi e la ricerca di una nuova identità per Taranto Nel quartiere che, nato attorno a un acquedotto romano, ha legato le sue sorti all’acciaio La prima cosa che si vede arrivando a Taranto, da lontano, è l’Ilva, la fabbrica, il mostro, in qualsiasi modo si voglia chiamarla. Tamburi, il quartiere che più di tutti ha finito per legare le sue sorti a quelle dell’acciaieria, si chiama così perché la pioggia che batteva sull’acquedotto romano del Triglio faceva lo stesso rumore del rullare di un tamburo. E proprio sull’acquedotto si gioca tuttora uno dei contrasti visivi più eclatanti. Siamo proprio alla fine di via 46 47

Orsini, una delle arterie più importanti del quartiere, verso Statte: il recinto dell’Ilva – talmente imponente da far impallidire il confine tra Messico e Stati Uniti – occupa il lato sinistro della strada, i pochi archi in pietra di epoca medievale – ciò che rimane dell’antico acquedotto romano – resistono timidi sul lato opposto, tra cespugli e alberi dimenticati. Certo, in altri paesi ci avrebbero costruito un museo intorno, qui ci hanno costruito di fronte la più grande

acciaieria d’Europa, magari destinata anch’essa a diventare un enorme polo di archeologia industriale, un giorno. Ma si sa, quelli erano altri tempi, tempi in cui l’Italsider fu accolta come la salvezza, come madre nutrice, non ancora diventata “Matrilva”. Ilva is a killer, questo adesivo oggi lo si trova appiccicato ovunque a Tamburi. Perché nel frattempo qualcosa è cambiato, sostiene Giuseppe, trent’anni, nato e cresciuto a Tamburi. «Negli ultimi


di aurora mastore/

anni sicuramente anche le fasce più popolari, di coloro che vivono o hanno vissuto grazie all’Ilva, hanno imparato a riconoscere il problema. Nonostante tutto, l’accettazione passiva rimane comunque un sentimento diffuso. Poi ci sono i negazionisti, ma con loro è impossibile parlare e avere uno scambio». Ed effettivamente per i Tamburi si percepisce esattamente un sentimento di rassegnazione e anche a tratti di negazione. Come se esistesse una divisione netta tra chi la fabbrica non la vorrebbe e chi invece reagisce con un atteggiamento quasi di difesa e, nello stesso tempo, di autodifesa. È perché in molti hanno parenti che lì ci lavorano. Poi, invece, all’improvviso ecco spuntare striscioni di contestazione fuori dai balconi. C’è di tutto, come sempre. La complessità della realtà sociale non si può ridurre a schemi e contrapposizioni banalizzanti. Oggi Taranto è spesso al centro dell’attenzione per la politica, la cultura e il turismo. Tra uno yacht di lusso ancorato vicino al Castello Aragonese per le riprese di una serie tv, la difesa del bellissimo museo archeologico – il Marta – dalle gaffe di politici poco accorti, fino alle vicende legate alle sorti dell’Ilva. C’è, poi, chi propone come soluzione definitiva alla sua “rinascita” la repentina trasformazione della città in meta turistica (in maniera forse un po’ improvvisata) e abbraccia con favore l’arrivo di navi da crociera. «Diciamo, il mantra è: Taranto è bellissima, ma non è valorizzata. Poi in base alla persona con cui parli, ti senti dire: il nostro mare, le cozze tarantine, il passato della Magna Grecia, gli ori di Taranto, il Marta. Tutte queste cose compongono l’identità di Taranto, ma è come se non fossero organiche. Non c’è un’idea chiara sedimentata nell’anima di ognuno». Questo ci dice Giuseppe a proposito dell’identità tarantina. Camminando per le strade di Tamburi, tre sono le cose che è impossibile non notare: l’odore acre che penetra nelle narici, la polvere accumulata ovunque e un rumore di sottofondo che ricorda quello di una ventola. È sicuramente il segno di riconoscimento, l’avvertimento

GIUSEPPE DA PICCOLO, COME TUTTI I BAMBINI DEL QUARTIERE, GIOCAVA TRANQUILLAMENTE IN MEZZO ALLA STRADA, PERCHÉ ALL’EPOCA ANCORA NON SI CONOSCEVA IL RISCHIO che la fabbrica è viva e lavora a ciclo continuo. Giuseppe ci spiega, poi, che quel rumore in realtà non è costante, lo si sente in lontananza solo in determinate fasi. «Ma, aldilà del rumore, il problema è l’aria. La pesantezza, l’odore. Con determinati venti da nord senti il gas della raffineria, altro mostro di cui non si parla molto. L’aria è pesante in tutti i sensi, io sento la differenza rispetto a quando non sono a Taranto e ci rientro. All’ingresso riconosci l’odore. È impresso nella mente, ecco». Perché a Taranto non c’è solo l’Ilva.

In questa tersa giornata di fine settembre il cielo a Tamburi è limpido e il sole splendente, grazie alla tramontana che soffia fieramente liberando dalle nuvole e disperdendo la polvere. Le case sono quasi tutte tinteggiate con colori vivaci e sgargianti, quasi a contrastare il grigiore e l’inquietudine dell’acciaieria. Lunghi e monotoni palazzoni con i balconi tutti uguali si alternano a case più o meno basse e colorate. Ce ne sono tante di edilizia popolare costruite a partire dalla fine degli anni Cinquanta. Mentre all’inizio di via Orsini, subito dopo il


TERRITORIO

TARANTO ponte di pietra che congiunge Tamburi alla Città Vecchia, si trovano le case più antiche con facciate scrostate e interi piani abbandonati. Tutta la bellezza di Taranto si gioca sui contrasti. Così, i bidoni della spazzatura contornati da oggetti abbandonati si trovano proprio sotto palazzi un tempo bellissimi, ormai ridotti al degrado. Intanto, il nuovo autobus a metano promette di portare “aria nuova in città”, che qui sembra quasi una presa in giro. Sono invece inquietanti i cartelli stradali che, lungo la via per Brindisi, indicano “Taranto Tamburi. Cimitero”. Giuseppe da piccolo, come tutti i bambini del quartiere, giocava tranquillamente in mezzo alla strada, perché all’epoca ancora non si conosceva il rischio. In effetti, mi dice ridendo che: «La parola parco è veramente abusata. Nel senso che se sei dei Tamburi il verde (nell’accezione urbana) non sai neanche cos’è. Oggi i bimbi anche durante i wind day escono ugualmente. I bimbi di strada stanno per strada, le famiglie più attente forse riescono a tenerli dentro casa. È come da qualsiasi altra parte. È come la storia delle cozze contaminate: le hai sempre mangiate e dopo il primo allarme continui a farlo. Io ricordo che quando giocavamo da piccoli per strada, la sera nella doccia l’acqua era sempre così nera. E sicuramente il famoso minerale faceva la sua parte». Tamburi è periferia, ma nello stesso tempo, ormai, fa parte di un unicum con il Borgo e la Città Vecchia. Non c’è soluzione di continuità. Si passa dall’isola a Tamburi all’Ilva in pochi minuti, attraversando piazza Fontana e via Orsini. Settant’anni fa quella zona era nota per la sua aria salubre e per le coltivazioni. Da tutti i tarantini che ancora la ricordano viene descritta come una zona bellissima: vi era il sanatorio, c’erano masserie, agrumeti e oliveti. Tamburi si affaccia sul Mar Piccolo, ma sembra quasi che nessuno lo sappia. La sua identità, oggi, è legata indissolubilmente ad altro. Eppure c’è ancora chi ricorda come un tempo si andava nella zona dell’acquedotto in bicicletta perché


era ancora tutta campagna, proprio là dove oggi passa la Taranto – Brindisi, dove tutto era ancora selvaggio e bellissimo e i bambini imparavano a nuotare nel fiume Galeso, perché il vero mare di Taranto è sempre stato il Mar Piccolo. In realtà, la storia urbana di Tamburi è ben più antica rispetto all’acciaieria. È la storia di un popolamento graduale iniziato prima con la costruzione delle palazzine per le famiglie dei dipendenti ferroviari e poi di quelle degli operai dei Cantieri navali Tosi a partire dal 1914. Perché Taranto ha subito due processi di industrializzazione: il primo a fine Ottocento (con l’arrivo della Marina militare e l’installazione dell’Arsenale nel 1883), proseguito poi con la costruzione dei Cantieri navali, e il secondo negli anni Sessanta del Novecento con il polo siderurgico Italsider, entrato in funzione nel 1965. È Paolo VI il rione nato appositamente per diventare il quartiere siderurgico della città industriale più grande del Mezzogiorno, anch’esso parte di questa grande periferia alla ricerca di un’identità. «A Taranto, ma soprattutto a Tamburi, non c’è una percezione identitaria»: ci

dice Giovanni Guarino, attore, organizzatore culturale e vicepresidente del Crest, il Collettivo di ricerche espressive e teatrali che anima il TaTÀ, acronimo di Taranto auditorium Tamburi, esempio di buona pratica ed esperienza culturale che si pone come una scommessa in questa realtà così complessa, supplendo finora alla carenza di spazi culturali nel quartiere. «È una città divisa da confini fisici e sociali. È una città divisa in cinque città: Salinella – Taranto 2; Italia – Montegranaro; la zona che va dal Borgo ai Tamburi; San Vito – Lama – Talsano e poi Paolo VI. Tutto ciò è il risultato di uno sviluppo urbano incontrollato e di una immigrazione che hanno dato vita ad una assenza di identità. E il frutto di questa immigrazione non solo locale, ma proveniente anche da zone più lontane, sono tre o quattro generazioni di apolidi. È per questo che a Taranto va ricucita l’identità». Identità, dunque, sembra essere la parola chiave. Anche perché ormai Tamburi è un quartiere vittima di uno spopolamento costante. La realtà è che la maggior parte delle nuove generazioni è an-

È PAOLO VI IL RIONE NATO APPOSITAMENTE PER DIVENTARE IL QUARTIERE SIDERURGICO DELLA CITTÀ INDUSTRIALE PIÙ GRANDE DEL MEZZOGIORNO

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TARANTO data via e continua ad andare via. Giuseppe racconta di come tutti i suoi cugini under trentacinque siano fuori regione o all’estero. Anche lui prima è stato a Milano e ora è a Lecce. E in tutta questa rincorsa all’attrattività turistica così di moda ultimamente, ancora un volta il rischio che si corre è di provare a rilanciare l’immagine di una città o di un territorio nello stesso modo in cui si costruiscono edifici sulla sabbia, senza fondamenta. Se non, peggio ancora, di arrivare a proporre “prodotti di mercato” che poco hanno a che vedere con la vera identità dei luoghi. Dunque, come rilanciare senza prima ricucire un’identità?

TAMBURI AND THE SEARCH FOR A NEW IDENTITY FOR TARANTO IN THE NEIGHBOURHOOD THAT HAS LINKED ITS FATE TO STEEL The first thing you see when you arrive in Taranto is Ilva, the factory, the monster. Tamburi is the neighbourhood that most of all has linked its fate to that of the steel plant. Right at the end of the street, via Orsini, the plant is on the opposite side of a small number of medieval stone arches – the remains of an ancient Roman aqueduct. When it was built, Italsider was accepted as salvation. Today, it is considered a killer. Something has changed, according to Giuseppe. "In recent years, even those who have earned their living thanks to Ilva recognize the problem. Nonetheless, passive resignation is still widespread. There are also several negationists. The mantra is: Taranto is wonderful, but not valued. The sea, mussels, Magna Graecia, the gold of Taranto, the Marta museum – they are all things that compose the city identity, but there is not a clear idea" about what this identity is. In Tamburi, a pungent smell penetrates nostrils, dust and noise are everywhere. It means that the factory is alive and works in a continuous cycle. "The real problem is the air. Its oppressiveness, its smell. There is also the gas coming from the refinery in the air." Ilva is not the only monster in Taranto. Here, almost all the houses are painted in bright colours, as if they wanted to contrast the greyness and the concern about the steel

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plant. High and tame tower blocks alternate with coloured houses. At the beginning of via Orsini, there are the most ancient houses with stripped facades and completely abandoned floors. All Taranto's beauty is played on contrasts. Road signs showing the way "Taranto Tamburi. Cemetery" are disquieting. When he was a child, Giuseppe used to play in the street. At that time, the risk was still unknown. He says, "Park is a really abused term. If you come from this neighbourhood, you do not even know what vegetation is. Today, children play in the open air even during the windy days. It is always like this: after the first alarm, people continue to do the same." The 'island', Tamburi and Ilva are very close. Seventy years ago Tamburi was known for its healthy air and crops. Everyone remembers it as a beautiful area. "In Taranto, but above all in Tamburi, there is no identity perception," says Giovanni Guarino, a cultural organizer. "It is a city divided by physical and social boundaries. This is the result of an uncontrolled urban development and of an immigration that have given rise to a lack of identity. It is necessary to heal Taranto's identity." At this point, Tamburi is the victim of constant depopulation. Its new generations continue to leave. And in all this run on tourist attractiveness, the risk is to propose 'market products' that have little to do with the true identity of these places. But how to revive identity without healing it first?



TERRITORIO

CAMERA DI COMMERCIO

Imprese salentine: i numeri della crescita Il trimestre estivo si chiude con un bilancio positivo per le aziende locali. Occhi puntati su start-up innovative e tecnologie digitali. Prete: sosteniamo la crescita anche dal punto di vista qualitativo Il tessuto imprenditoriale salentino è sano, forte e soprattutto in continua evoluzione. In tal senso i dati in possesso della Camera di Commercio di Lecce non lasciano spazio ad alcun dubbio: il bilancio estivo si è chiuso con un incremento di 266 unità. Tra luglio e settembre 2018 l’anagrafe camerale ha registrato oltre mille nuove iscrizioni (1.020 per l’esattezza), controbilanciate da 754 cancellazioni, per un saldo positivo di 266 imprese e un tasso di crescita dello 0,36%, superiore sia alla media nazionale (che si attesta a + 0,20%), sia a quella regionale (+0,31%).

I numeri parlano chiaro: il costante incremento registrato negli ultimi cinque anni ha portato lo stock delle imprese salentine, al 30 settembre 2018, a quota 73.570, per un totale di 87.214 localizzazioni. A livello regionale la provincia di Lecce guadagna il secondo posto, preceduta solo da Taranto, con un trend pari a +0,38%, seguita a ruota da Bari (+0,33); Brindisi (+0,27%) e Foggia (+0,17%). Soddisfatto, e non potrebbe essere diversamente, il presidente dell’Ente camerale leccese, Alfredo Prete, che commenta: «I dati confermano il trend di crescita, dal

punto di vista numerico, della struttura imprenditoriale salentina. L’obiettivo – aggiunge – è sostenere questa crescita anche dal punto di vista qualitativo, aiutando i nostri imprenditori a cavalcare i cambiamenti in atto. Ed è proprio per questo che la Camera di Commercio di Lecce, insieme e a tutto il sistema camerale, è impegnata ad accompagnare le imprese verso l’adozione di nuove tecnologie digitali. In questa direzione è rivolta la nostra azione, con una serie di iniziative tra le quali un recente incontro, molto apprezzato da imprenditori e liberi professionisti, durante il quale si è parlato di fatturazione


CAMERA DI COMMERCIO Viale Gallipoli, 39 – Lecce (LE) tel. +39 0832 684111 – fax +39 0832 684620 – cameradicommercio@le.camcom.it – www.le.camcom.gov.it –

elettronica con annessa illustrazione di tutti gli strumenti digitali che la Camera di Commercio mette a disposizione delle imprese. Sempre in tema di innovazione digitale – prosegue Prete – si è tenuto un interessante seminario territoriale sul nostro progetto Ultranet, promosso da Unioncamere Nazionale e finanziato dal MISE, per lo sviluppo della Banda Ultra Larga che, nell’era digitale, rappresenta un importante strumento al servizio delle imprese salentine». Interessanti anche i dati relativi alle start-up innovative, nate soprattutto per promuovere l’occupazione e l’imprenditoria giovanile indirizzata all’innovazione, appunto, e allo sviluppo tecnologico. A livello nazionale, con oltre 300 aziende di settore registrate (per l’esattezza 379 al 22 ottobre scorso), la Puglia occupa il nono posto. E se la provincia di Bari, in ambito regionale, detiene il maggior numero di start-up con 188 nuove imprese iscritte all’Ente camerale barese, Lecce, con le sue 92 si colloca subito dopo. Un risultato che inevitabilmente impone una riflessione sul futuro del territorio in termini occupazionali. «La creazione di start-up innovative – sottolinea il presidente Alfredo Prete – può dare un forte contributo allo sviluppo economico del nostro territorio. La provincia leccese è seconda in Puglia, dopo Bari, per

numero di start-up innovative, imprese che possono favorire la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico e l’occupazione e, in particolare quella giovanile, essenziale affinché i nostri giovani rimangano nel Salento». Per quanto riguarda i settori di attività delle start-up salentine l’80% (pari a 73 imprese) che opera nel campo, si collo-

ca nei servizi, in particolare nell’ambito della produzione di software e consulenza informatica (39 unità) e nell’ambito della ricerca e sviluppo (17 aziende). Nel settore manifatturiero si collocano 11 aziende, pari al 12%, di cui 3 nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica; 7 start-up hanno avviato l’attività nel commercio, una nel turismo.

ENTERPRISES IN SALENTO: THE FIGURES OF GROWTH THE SUMMER QUARTER ENDS WITH A POSITIVE BALANCE FOR LOCAL COMPANIES. FOCUS IS ON INNOVATIVE STARTUPS AND DIGITAL TECHNOLOGIES Salento's entrepreneurial fabric is strong and constantly evolving. According to Lecce Chamber of Commerce, the summer balance has shown an increase of 266 units and a growth rate of 0.36%, higher than both the national average (+0.20%) and the regional one (+0.31%). On 30th September 2018, companies in Salento were 73,570. Chairman of Lecce Chamber of Commerce, Alfredo Prete, is pleased, "Data confirm the growth trend. Our aim is to boost this growth by helping local entrepreneurs to face the ongoing changes. This is the reason for which Lecce Chamber of Commerce is accompanying companies towards the adoption of the new digital technologies." The data related to the innovative start-ups are also interesting, as they have been started to promote employment and youth entrepreneurship aimed at innovation and technological development. With its 379 companies, Apulia occupies the ninth position at the national level. At the regional level, Lecce holds the second position with its 92 new companies. "The creation of innovative start-ups – underlines Alfredo Prete – can give a strong stimulus to the economic development of our territory. In Apulia, the province of Lecce holds the second position with regard to the number of innovative start-ups, which are essential to allow the young to remain in Salento." 80% of the start-ups in Salento deals with software production and IT consulting as well as with R&D; 12% of them works in the manufacturing sector (computers and electronics products); others work in commerce and one in tourism.

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STORIE

OMAGGIO ALL’ENOLOGO

CHE HA CAMBIATO LE SORTI DEL VINO IN PUGLIA Sceso da un treno nel 1957 per una permanenza di pochi giorni, Severino Garofano ha scritto un capitolo memorabile della storia del Salento vitivinicolo

RITRATTO DI SEVERINO GAROFANO

SEVERINO GAROFANO


di jessica niglio/

certe varietà di rose antiche», come da lui stesso scritto, e in quella degustazione nacque l’intuizione, nutrita nel tempo, che portò alla rivalutazione del rosato del Salento, onda che oggi vive la sua massima espressione. A un incrocio con l’auto in panne, un giorno del 1964, incontra una giovane e bellissima insegnante di nome Teresa. La cercherà e la sposerà nel 1966: un amore profondo e onesto, complice e riservato, fondamenta di una famiglia unita e rara, da cui sono nati Stefano prima e Renata poi. Gli anni trascorrono tra le consulenze per alcune delle aziende vitivinicole più note, da Cosimo Taurino a Candido, tra viaggi intorno al mondo e studio senza sosta: sperimentazione, approfondimento, ricerca, costruzione di memoria ed

esperienza perché bisogna esercitare la vista e il gusto «ma soprattutto l’olfatto, perché, come nella vita, anche per il vino occorre avere naso». Si è occupato di legislazione e ha ricoperto numerosi incarichi direzionali con l’Associazione Enotecnici Italiani. Ha raccontato come nessun’altro i vini del Sud nelle sue diverse pubblicazioni e nelle tante interviste ai media. Mentre si trasformavano gli indirizzi economici e commerciali, nascevano i primi disciplinari e le denominazioni, la stampa internazionale mostrava interesse e i consumatori acquisivano consapevolezza. Iniziata nel 1968, la prima disciplina delle denominazioni si conclude nel 1989 con 24 denominazioni di origine controllata in Puglia, tempo che segna il passaggio dei vini pugliesi dal taglio alla bottiglia.

IL SECONDO GIORNO IN PUGLIA, A TAVOLA, ASSAGGIÒ UN VINO «DI UN BEL COLORE CHE RICORDAVA CERTE VARIETÀ DI ROSE ANTICHE»

RITRATTO DI SEVERINO GAROFANO

Era il 9 settembre 1957 e da un treno che arrivava dall’Irpinia scendeva di primo mattino in Puglia, a San Pietro Vernotico, un giovanissimo enologo della Scuola di viticoltura ed enologia di Avellino, per visitare una delle aziende vitivinicole tra le più note della provincia di Brindisi. Una ventiquattro ore il suo unico bagaglio, appena il necessario per due, al massimo tre giorni di permanenza. Rimase, trovò il suo primo impiego nella regione “cantina d’Europa”, la sola che dava spazio ai tecnici del vino. Quel ragazzo di appena ventidue anni, nato a San Potito Ultra (AV), si chiamava Severino Garofano e avrebbe cambiato per sempre le sorti del vino pugliese. «Irpino di nascita, pugliese di adozione, è una delle personalità che hanno determinato il riscatto della vitivinicoltura meridionale creando memorabili bottiglie, quando il Sud era soltanto terra da vino sfuso da taglio»: così recita la motivazione del prestigioso Premio Luigi Veronelli al miglior winemaker alla carriera. Dopo una notte di pioggia, tornando al 1957, toccava una Puglia aspra e dura fatta di muri a secco e campi assolati, ulivi, carrubi, mare a perdita d’occhio e venti di umido scirocco. Era la Puglia delle cantine e dei serbatoi fermi alle stazioni, pronti per accogliere i vini destinati alla partenza per il taglio del Chianti e del Barbera. Un serbatoio maltrattato da cui si attingeva per sanare le imprecisioni di vini celebri. Intanto San Donaci, la destinazione, era nel pieno dello sciopero dei contadini: in migliaia scesero in piazza per protestare per le insufficienti riforme agrarie messe in atto dal governo, per una vendemmia devastata dal cattivo tempo e per il conseguente crollo dei prezzi delle uve che non permetteva nemmeno di pagarsi le spese. L’uva era l’unica risorsa per gli agricoltori che accumulavano debiti per tutto l’anno, in attesa della vendemmia per vendere il frutto di un ettaro o poco più di vigna. Quel 9 settembre, in un duro scontro tra manifestanti e polizia, persero la vita tre giovani contadini. Il secondo giorno in Puglia, a tavola, assaggiò un vino «di un bel colore che ricordava

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STORIE

Il Copertino rosso, il vino del cuore, prodotto dalla cantina sociale del piccolo paese del Leccese, racconta poi cinquant’anni di consulenza ma soprattutto la casa, condivisa al primo piano dello stesso stabile, la crescita della famiglia, i ricordi e tutta la vita che frattanto scorreva in parallelo alla storia del vino. Copertino, terra piana nel centro del Salento, in quella lingua centrale equidistante dai due mari, di terra carsica e clima ventoso, è diventato poi una scommessa quando nel 1995 è il luogo in cui nasce l’azienda che Severino decide di fondare e che oggi è condotta dai suoi due figli. Una cantina in contrada “Li Monaci” è il posto in cui investire sul futuro e sui sogni custoditi nel cassetto e in cui Stefano e

Renata possono sciogliere ciò che hanno respirato fin da quando erano bambini. Oltre alla cantina, ai vigneti e alla struttura produttiva, una masseria che conserva ancora tutte le strutture connesse alle attività agricole del passato: gli alloggi per i contadini e il massaro, il forno, le cisterne per la raccolta delle acque piovane, la colombaia, i granai, gli ambienti per il deposito delle sementi, quelli per la lavorazione del latte e la stagionatura dei formaggi, il palmento, il frantoio. Nel comprensorio si trova anche una cripta dedicata a San Michele Arcangelo, raffigurato secondo l'iconografia bizantina. Non si interrompono le consulenze, viaggiano in parallelo all’attività propria e gestita con la famiglia.

SCRIVERE DI SEVERINO SIGNIFICA SCRIVERE DI NEGROAMARO, IL VITIGNO CHE PIÙ LO HA AFFASCINATO, SUL QUALE HA PUNTATO E CHE HA POI SEGNATO LA SUA VITA E QUELLA DI TUTTO IL SALENTO VITIVINICOLO RITRATTO DI SEVERINO GAROFANO

SEVERINO GAROFANO NELLA VIGNA

SEVERINO GAROFANO


RITRATTO DI SEVERINO GAROFANO SPAZI DI LAVORO DELLA CANTINA GAROFANO A COPERTINO

VISTA DELL’AZIENDA CON LA MASSERIA

Scrivere di Severino significa scrivere di Negroamaro, il vitigno che più lo ha affascinato, sul quale ha puntato e che ha poi segnato la sua vita e quella di tutto il Salento vitivinicolo; quel vitigno che portò alla luce perché desse alla Puglia l’uva che le serviva. Un amore, però, per nulla esclusivo, poiché durante la sua carriera di consulente ha interpretato i tanti vitigni storici locali. Vino pioniere che ha dato spazio a chi vi ha creduto perché resistente e malleabile, che sopporta l’appassimento lasciando inalterati i succhi e l’acidità. Il Negroamaro diventa quindi il simbolo del Salento grazie alla sua vocazione, riconosciuta sapientemente, di dare eleganti rosati ed equilibrati rossi oggi conosciuti in tutto il mondo. A Severino Garofano si deve lo studio e l’audacia che hanno cambiato il volto della

Puglia vitivinicola, a lui si devono i più grandi vini della regione, che ancora oggi celebrano una tavolozza di percezioni e sensazioni di fortissima impronta. Il Graticciaia di Agricole Vallone, il Notarpanaro – il primo vino della cantina a essere imbottigliato – e il Patriglione di Taurino, il Cappello di Prete di Candido tra i nomi più eclatanti e quelli poi prodotti sotto il marchio di famiglia “Garofano Vigneti e Cantine”: il premiatissimo rosato Girofle, i rossi Simpotica, Eloquenzia e il sublime Le Braci. Scrivere di Severino non è stato semplice, tecnicamente perché è difficile tirare le fila di una vita tanto ricca in una manciata di battute, emotivamente perché il mio coinvolgimento è forte da quando il mio compagno di vita è suo figlio Stefano, ma soprattutto da quando sono madre della sua unica nipote, mia figlia Clara.

Ed era impossibile rispettare l’imparzialità che la scrittura esige. La sua scomparsa, lo scorso settembre, ha lasciato sì un vuoto che non potremo colmare, professionalmente e personalmente, ma ha soprattutto lasciato in chiunque abbia sfiorato la sua vita una pienezza difficile da raccontare. Un uomo galante e gentile, d’altri tempi, animato da un’ironia inglese sottile e sferzante; fine oratore e sofisticato scrittore, uno studioso, un uomo dal sorriso spontaneo, di inossidabili valori dei quali la sua famiglia è specchio. Un gigante per quanto ha fatto per la Puglia, un audace e appassionato uomo di cultura e intelligenza, di semplicità e umiltà, che fino all’ultimo dei suoi giorni non ha privato chi lo amava di cura e insegnamenti. Come un uomo saggio e visionario che nella terra, anche la meno fertile, pianta i suoi semi più preziosi. 56 57


STORIE

SEVERINO GAROFANO

RITRATTO DI SEVERINO GAROFANO

I FIGLI STEFANO E RENATA SEVERINO RICEVE IL PREMIO “CANGRANDE” A VERONA

SEVERINO GAROFANO CON ACCANTO LUIGI VERONELLI

HOMAGE TO THE OENOLOGIST WHO HAS CHANGED THE FATE OF THE APULIAN WINE COME HERE IN 1957 FOR A STAY OF FEW DAYS, SEVERINO GAROFANO HAS WRITTEN A MOMENTOUS CHAPTER IN THE HISTORY OF THE SALENTO WINE On 9th September 1957, a very young winemaker arrived from Irpinia. That twenty-two-year-old boy was called Severino Garofano and would have changed the fate of the Apulian wine forever. Born in Irpinia, he became Apulian by adoption. He succeeded in redeeming the southern viniculture by creating memorable bottles at a time when South Italy was considered only a land of cutting wine from the cask. In 1957, Apulia was the region of stationary wine cellars and tanks at the railway stations, ready to store the wines meant to blend Chianti and Barbera wines. On the same day of his arrival, three young farmers who were protesting died in San Donaci. On the following day, Severino tasted a wine "of a beautiful colour that recalled certain varieties of ancient roses". And that tasting kept the intuition that led to the enhancement of the Salento rosé. Copertino is the wine of the heart. It tells about Severino's home, family, memories and life.

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It is a red wine whose name derives from the land in which it is produced – a karstic land with a windy climate and also the place chosen by Severino to found his company in 1995. In addition to the winery, the vineyards and the manufacturing plant, a farm still retains all the structures connected to the past agricultural activities. To write about Severino means to write about the vine on which he bet and that marked his whole life, Negroamaro. It is the same vine he brought to light to give Apulia the grapes it deserved. Today, Negroamaro is a symbol of Salento all over the world thanks to its wisely acknowledged vocation to give fine rosés and balanced reds. We owe to Severino Garofano the courage that has changed the face of the wine-growing Apulia as well as some of the greatest wines in the region. It was not easy to talk about Severino, technically because it is difficult to summarize such a rich life, emotionally because my involvement is strong since my life partner is his son, Stefano, but especially since I am the mother of his only granddaughter, Clara. His loss has left a deep emptiness in our lives, both professionally and personally. He was a kind man, a wise and visionary man who sowed his most valuable seeds even in the least fertile land.


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TERRITORIO

MARTANO

PIÙ DI NOVE SECOLI TRA CULTURA, DISCIPLINA E PREGHIERA

La vita dei Cistercensi a Martano scandita tra la preghiera e il lavoro, nel rispetto della tradizione monastica e con lo sguardo al futuro La locuzione latina ora et labora, “prega e lavora”, in uso nel lontano medioevo per scandire i momenti salienti della giornata di un religioso, qui a Martano, all’interno del monastero di Santa Maria della Consolazione, è quanto mai attuale. L’antico edificio, dalla struttura imponen-

te, immerso nella tranquillità che solo gli ulivi e i pini secolari possono trasmettere, ospita i monaci cistercensi. Cinque in totale i religiosi presenti attualmente nella struttura, gestita dal priore Ilario D’Ancona. Oggi come allora, la loro vita è scandita dai momenti di preghiera e

da quelli in cui si lavora, ogni giorno, indistintamente. L'ordine dei Cistercensi fu fondato in Francia il 21 marzo 1098, proprio nel giorno di San Benedetto, quando un gruppo di 21 monaci, sotto la guida di Roberto di Champagne, abate di Molesme, abban-


di federica sabato/ foto massimo centonze

donò il proprio monastero per realizzare pienamente l'ideale di vita proposto da San Benedetto. Prima del loro arrivo a Martano, il convento di Santa Maria della Consolazione, che si trova sulla strada per Borgagne, ha visto la presenza dei frati alcantarini e dei frati francescani. Nel 1926 i Cistercensi di Casamari, che nel 1922 avevano preso possesso della casa di Santa Maria di Cotrino presso Latiano, accettarono la chiesa e il con-

vento donati loro da due gentiluomini del luogo: il barone Angelo Comi e il cavaliere Cosimo Marcucci. Con i Cistercensi, il monastero di Santa Maria della Consolazione si è radicalmente trasformato, grazie ad opere ed interventi che ne hanno migliorato la dimensione sostanziale e lo spessore spirituale. La struttura è stata “modernizzata” con ampi ambienti di servizio e di studio, indispensabili per migliorare le attività

quotidiane e assicurare l'adempimento della vita monastica, costruendo con criteri razionali il chiostro e i locali di servizio al piano terra e, al piano superiore, le abitazioni dei monaci e la foresteria. In quest’ultima vi sono ben 17 stanze usufruibili da chi abbia voglia di vivere un soggiorno all’insegna della tranquillità e della serenità, secondo lo spirito della regola di San Benedetto, dell'accoglienza e dell'ospitalità. Nel nostro viaggio siamo accompagnati dal priore Ilario e dall’esperta Milena, che si occupa di gestire la parte culturale del monastero. Entrambi ci raccontano del grande valore del luogo, dei cambiamenti ma anche degli elementi costanti, presenti fin dall’arrivo dei Cistercensi. Nel corso degli anni i monaci hanno messo in atto le grandi risorse della loro tradizione fondata sulla produzione di amari, elisir, rosoli, miele, frutta, olio, infusi di erbe, prodotti per la cosmesi, cioccolata purissima e di alto livello, unguenti per il benessere fisico. Le ricette sono top secret: i monaci, per questo, si rivelano ricercatori e profondi conoscitori di erbe officinali. Dal loro studio nascono, ad esempio, l’“Amaro San Bernardo”, realizzato con una ricetta del '700 che prevede la combinazione di ben 20 tipi di erbe, miscelate tra loro senza l'aggiunta di sostanze chimiche, tra cui la china, il ginepro, il rabarbaro, e le “Gocce Imperiali”: un distillato utilizzato soprattutto a scopo 62 63


TERRITORIO

MARTANO

terapeutico, che ha gradazione alcolica di 93 gradi. Anche in questo caso si tratta di una ricetta segretissima che sarebbe stata inventata da frate Eutimio nel 1766. Nel quadriportico è ospitata una mostra permanente di erbe medicinali raccolte in tutto il Salento da Fra Domenico Palombi, ricercatore e profondo conoscitore di erbe officinali, che ha essiccato, catalogato e ordinato per genere, specie, famiglia, annotando nome volgare, nome scientifico e principali virtù terapeutiche di ogni singola erba rinvenuta. I vari esemplari sono disposti in diversi pannelli e vetrine,

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situati nel grande chiostro dove possono essere consultati dai visitatori. Accanto al monastero vi è la chiesa di Santa Maria della Consolazione che risale al 1686, anno in cui fu affidata agli Alcantarini dal Comune di Martano: grazie alla sua bellezza è, fra l'altro, una location gettonatissima per i matrimoni. Per la realizzazione della nuova chiesa, eretta dove sorgeva la cappella della Madonna di Liori, secondo la storia furono riutilizzate le pietre di due vicine chiese eremitiche oramai fatiscenti, quella di San Biagio e di San Giorgio. Al progetto lavorò l’architetto Oronzo Trevisi da

LE RICETTE SONO TOP SECRET: I MONACI, PER QUESTO, SI RIVELANO RICERCATORI E PROFONDI CONOSCITORI DI ERBE OFFICINALI


IL MONASTERO È META DI QUANTI HANNO NECESSITÀ DI EFFETTUARE DEGLI STUDI STORICI E RICERCHE SETTORIALI Campi, la cui formazione avvenne alla scuola di Giuseppe Zimbalo, uno dei grandi artefici del barocco leccese. La facciata, allineata con il prospetto del monastero, è scandita verticalmente in tre parti, di cui la centrale più alta e senza timpano. L'interno della chiesa, a pianta rettangolare coperta con volte a crociera, è diviso in tre navate da due ordini di pilastri paralleli. In ciascuna delle navate laterali si trovano tre altari: quelli della navata sinistra risalgono agli inizi del '900; gli altari della navata destra, dal punto di vista artistico e scultoreo, risalgono alla fine del '600 e sono riferibili allo scalpello di Oronzo Trevisi. Il monastero è meta di quanti hanno necessità di effettuare degli studi storici e ricerche settoriali, perché nel suo interno vi è una libreria che contiene circa 42mila volumi. Il primo nucleo del fondo librario fu formato dalla donazione del Barone di Otranto e poeta, Girolamo Comi. In seguito si è arricchita con lasciti di benefattori e con elargizioni da parte di alcuni studiosi. Le opere presenti sono di varia natura, in prevalenza bibliche,

teologiche, filosofiche, giuridiche, storiche e letterarie. Nel 1990 i monaci cistercensi hanno voluto intitolare il corpus librario alla memoria di Padre Placido Caputo, insigne storiografo e pioniere dell’attuale biblioteca, che amò e si prodigò profondamente per il monastero di Martano e che rinunciò agli importanti incarichi di priore conventuale dell’Abbazia di Casamari, pur di continuare a vivere all’interno di esso. La consistenza attuale del patrimonio librario comprende i libri del monastero e la donazione del giudice Michele Paone, con un cospicuo numero di volumi di letteratura italiana dal '200 fino ai giorni nostri e di letteratura internazionale, grazie alla generosità anche del professore Mario Marti, già rettore dell'Università degli Studi di Lecce. Contribuiscono ad arricchire questo eccezionale patrimonio la pinacoteca e il museo, intitolati al pittore Giulio Pagliano per la presenza di un cospicuo numero di lavori del maestro gallipolino, donati dalla vedova dell'artista, Maria Consiglio, al dottor Michele Paone. La pinacoteca del monastero è l'unica nutrita rassegna


TERRITORIO

MARTANO delle principali opere dell'artista. Accanto ai lavori di Pagliano, custodisce dipinti di altri maestri salentini, pugliesi e napoletani degli ultimi due secoli. Tra questi vi sono Gioacchino Toma, Vincenzo Irolli, Girolamo Lorenzini, Filippo Palizzi, Michele e Mario Palumbo, Lionello Mandorino, Vincenzo Buscicchio e Giovanni Scupola. La sala del museo raccoglie, inoltre, dentro e fuori le 14 bacheche, le collezioni di Michele Paone: una notevole raccolta di

MORE THAN NINE CENTURIES BETWEEN CULTURE, DISCIPLINE AND PRAYER THE LIFE OF THE CISTERCIANS IN MARTANO IS MARKED BY PRAYER AND WORK The Latin phrase ora et labora (literally, "pray and work") is extremely timely here in Martano, inside the monastery of Santa Maria della Consolazione. The ancient building, surrounded by centuries-old olive and pine trees, is home to five Cistercian monks. Their life is marked by moments of prayer and work, every day, without distinction. Before their arrival in Martano, the convent of Santa Maria della Consolazione was inhabited by the Alcantarini and the Franciscan friars. In 1926 the Cistercians of Casamari accepted the church and the convent given to them by two local gentlemen: Baron Angelo Comi and Knight Cosimo Marcucci. The Cistercians have radically changed the monastery. The structure has been "modernized" with large service and study rooms. The cloister has been built on the ground floor, whereas the monks' accommodations and the guest rooms are upstairs. Here, the monks produce bitters, liqueurs, rosolio, honey, fruit, oil, herbal teas, cosmetics, pure chocolate, ointments. Their recipes are top secret. Medicinal plants harvested throughout Salento are classified and displayed in a permanent exhibition, accompanied by

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monete del regno di Napoli (1734-1860), una collezione di medaglie con immagini sacre relative a devozioni e ad avvenimenti regionali, oggetti di uso quotidiano e manufatti preziosi, tra cui bronzi, statue in cartapesta, ceramiche napoletane, abruzzesi e pugliesi, porcellane austriache e tedesche, una raccolta di cristalli di Boemia tagliati e lumeggiati in oro e persino un originale ventaglio d’epoca, appartenuto alla Principessa Sissi.

a note on their main therapeutic virtues. The church of Santa Maria della Consolazione dates back to 1686 and is situated next to the monastery. The stones of two nearby crumbling eremitic churches were probably used for the construction of the new church. Architect Oronzo Trevisi da Campi worked on that project. The façade is vertically divided into three parts. The interior of the church, with a rectangular plan and cross vaults, is divided into three naves. There are three altars in each of the side aisles: those on the left date back to the beginning of the Twentieth century; those on the right date back to the late Seventieth century and are attributable to Oronzo Trevisi. A library inside the monastery contains around forty-two thousand volumes. They are mainly biblical, but also theological, philosophical, juridical, historical and literary works, with a large number of volumes of Italian literature from the Third century up to the present day as well as volumes of international literature. An art gallery and a museum enrich this outstanding heritage. The museum hall also contains a remarkable collection of coins belonging to the Kingdom of Naples (1734-1860), a collection of medals with sacred images, everyday objects and precious artefacts, including bronzes, papier-mâché statues, ceramics, porcelains, Bohemian crystals and even an original vintage fan, which belonged to Princess Sissi.





TERRITORIO

LECCE GEOLOGICA

Le vie dell’acqua sono un patrimonio Tutelare e valorizzare l’idrogeologia per nuovi orizzonti culturali e turistici nel territorio di Lecce Prosegue il viaggio iniziato nello scorso numero, basato sulla scoperta di un nuovo modo di guardare al turismo e alla tutela dell'ambiente a Lecce. Con il titolo generale di “Lecce geologica” sono stati infatti presentati diversi aspetti della geologia del territorio. Non solo la scoperta di nuovi frantoi ipogei (ben 23 rispetto ai soli 3 censiti fino a oggi), ma anche un percorso di consapevolezza, tutela e valorizzazione delle cosiddette “vie dell'acqua”. Anche questi incontri sono stati organizzati dall'Ordine dei Geologi di Puglia con il patrocinio del Comune di Lecce, del Parco di Rauccio, del WWF Salento, degli Ordini degli Architetti e degli Ingegneri della Provincia di Lecce. Il territorio salentino è soggetto a fenomeni di desertificazione che impongono di salvaguardare le risorse naturali attra70 71

verso un adeguato livello di conoscenza che permetta di predisporre interventi sostenibili. Ma questa è anche l'opportunità per guardare a queste risorse fondamentali per valorizzarle dal punto di vista della fruizione turistica e culturale. Le coste vanno salvaguardate dall'erosione, un fenomeno sempre più visibile come conseguenza di decenni di abusivismo edilizio. Le acque sotterranee, che costituiscono la quasi totalità delle acque a uso civile erogata in Italia, rappresentano la più importante risorsa rinnovabile di qualunque territorio e in particolar modo del Salento, laddove, in assenza di una vera e propria idrografia superficiale, costituiscono l’unica risorsa alla quale attingere. «Gli studi effettuati – dice Stefano Margiotta, geologo ed esperto in modellistica

idrostratigrafica – mettono in evidenza come un tempo il territorio leccese fosse particolarmente ricco in acquiferi posti a deboli profondità rispetto al piano campagna e contenuti sia in rocce mioceniche come la pietra leccese che pleistoceniche, come il tufo. Oggi questi acquiferi sono in parte depauperati e questo depauperamento è anche il risultato di una politica portata avanti negli ultimi anni che permetteva la sanatoria dei pozzi senza i controlli sulla corretta esecuzione delle perforazioni o sulle capacità degli acquiferi». Cosa è importante fare a questo punto? «Favorire e diffondere ai vari livelli la cultura idrogeologica, facendo comprendere a tutti, ad esempio, che i rilasci di inquinanti sul suolo e sottosuolo avvelenano la stessa acqua che viene utilizzata per irrigare


di andrea aufieri/

DOLINA A SCODELA

DEL RIUSO DELLE ACQUE PIOVANE I LECCESI ERANO MAESTRI, COME EVIDENZIANO LE ABITAZIONI DI UN TEMPO, QUASI SEMPRE DOTATE DI SISTEMI DI RECUPERO E STOCCAGGIO

IDUME

FIUME GIAMMATTEO

le colture che poi portiamo sulle nostre tavole e, allo stesso tempo, valorizzando risorse come i fiumi Giammatteo e Idume e le stesse falde sotterranee. I fiumi sopra citati si originano per la fuoriuscita a sorgente delle acque della falda profonda che nel caso dell'Idume si miscelano

anche con quelle della falda superficiale. Le acque del Giammatteo sono molto più dolci di quelle dell’Idume, con un'evidente differenza di salinità». Quella idrogeologica è una cultura ben radicata nei leccesi di qualche generazione addietro «perché del riuso delle

MASSERIA CON CISTERNA


TERRITORIO

LECCE GEOLOGICA

acque meteoriche erano maestri, come evidenziano le abitazioni di un tempo, quasi sempre dotate di sistemi di recupero e stoccaggio. Ancora oggi il sottosuolo di Lecce è comunque interessato da numerose falde sotterranee poste a più livelli». Tutela del patrimonio idrico e contrasto all'erosione del suolo vanno di pari passo: «La necessità di ridurre al massimo il consumo di suolo – prosegue Margiot-

ta – impone nuove e più difficili sfide volte alla riqualificazione degli spazi oggi degradati e malamente già occupati recuperandone la bellezza e consentendone la fruizione consapevole. In quest’ottica, lo sviluppo delle marine potrà realizzarsi solo attraverso l'armoniosa integrazione degli elementi naturali e antropici, la corretta gestione delle aree a rischio per la presenza, ad esempio, di doline da

PARTICOLARMENTE SUGGESTIVO E BELLO IL PAESAGGIO CARSICO LECCESE, DEL QUALE LE DOLINE COSTITUISCONO L’ELEMENTO PIÙ SIGNIFICATIVO SINKHOLE CON LAGHETTO

LITORALE FRIGOLE

LITORALE SAN CATALDO

WATERWAYS ARE A HERITAGE PROTECTING AND ENHANCING HYDROGEOLOGY FOR NEW CULTURAL AND TOURIST HORIZONS IN THE TERRITORY OF LECCE The journey to discover a new way of looking at tourism and environmental protection in Lecce continues. And it involves the discovery of new hypogean oil mills (no fewer than 23) as well as the enhancement of the so-called "waterways". The Salento area is subject to desertification phenomena that impose the need for adequate sustainable interventions. This could be an opportunity to enhance these resources from a tourist and cultural point of view. Coasts must be protected from erosion. Groundwater is the most important renewable resource for any territory, and this is particularly true for Salento. "In the past, the territory of Lecce – says geologist Stefano Margiotta – was particularly rich in aquifers. Today, they are partially depleted."

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crollo, e dell’ambiente costiero tutto, oggi soggetto a forte pressione, sia naturale per l’avanzata del mare che antropica per l’elevata occupazione». Allo stesso modo, lo sviluppo dell’area periurbana di Lecce non potrà prescindere dall’incentivazione dei processi di recupero in atto delle cave dismesse, oggi non più luoghi di discariche abusive, anche attraverso la valorizzazione del patrimonio paleontologico di interesse internazionale che in esse è stato ritrovato, in ciò generando nuova economia per la città e allargando l’offerta turistica. Particolarmente suggestivo e bello il paesaggio carsico leccese, del quale le doline costituiscono l’elemento più significativo. Esse sono luoghi di compluvio delle acque meteoriche che in più punti vengono convogliate nel sottosuolo tramite inghiottitoi, andando così ad alimentare le falde sotterranee. Le recenti ricerche hanno inoltre messo in luce la presenza di numerosissime doline da crollo (sinkholes) non individuate sinora, concentrate in aree palustri costiere e ospitanti piccoli laghetti per l’intersezione del fondo della dolina con la falda superficiale, e che costituiscono un unicum paesaggistico che potrà essere valorizzato attraverso la condivisione di questo patrimonio con i turisti e i visitatori in genere, ad esempio, tramite l’installazione di postazioni per il sinkhole watching esattamente come anni fa si procedette all'installazione di quelle per il bird watching.

According to him, it would be necessary "to make everyone understand that releases of pollutants into the soil and the subsoil poison the same water used to irrigate the crops." At the same time, the Giammatteo and the Idume rivers should be enhanced as well as the underground water-bearing layers. Even today, Lecce subsoil shows the presence of numerous underground layers placed at different levels. In Margiotta's opinion, "The degraded spaces need to be upgraded. The development of the seaside resorts will only be achieved through the harmonious integration of natural and anthropic elements, through the correct management of areas at risk of collapse and of the entire coastal environment." Lecce peri-urban area itself cannot disregard the upgrading of abandoned quarries. Recent research has highlighted the presence of numerous sinkholes, hosting small lakes, which constitute a unique landscape that can be enhanced by the installation of sinkhole watching stations.


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TERRITORIO

ASS. DIFFONDIAMO IDEE DI VALORE

La cultura rende Lecce bella tutto l’anno

Il Festival Conversazioni sul Futuro in quattro giorni ha ospitato 250 relatori e 10mila presenze di pubblico «Libertà di scegliere cosa essere, cosa fare, da che parte stare. Scegliere: è tutto qui il segreto della vita». Queste parole della giornalista Federica Angeli pronunciate da Gabriella Morelli, ideatrice e coordinatrice artistica del Festival Conversazioni sul Futuro, possono essere senza ombra di dubbio il prologo e l’epilogo della manifestazione giunta alla sesta edizione, che si è tenuta a Lecce dal 25 al 28 ottobre scorso. Quattro giorni di incontri, cento appuntamenti e 250 relatori che hanno dialogato su temi importanti della società attuale: diritti umani, comunicazione politica, giornalismo, scienza, arte, cinema, food. Una girandola di riflessioni alla quale quest’anno ha partecipato un pubblico di circa 10mila persone suddivise nei vari

dibattiti e in 25 location diverse che hanno visto Lecce sotto ai riflettori. Il Festival non si può semplicemente raccontare, va vissuto per capirne a fondo l’entità dello sforzo organizzativo e delle domande sulle quali si interroga provando a fornire la lettura con pluralità di linguaggi di un ampio spaccato della contemporaneità attraverso il punto di vista di prestigiosi intellettuali, giornalisti, imprenditori, blogger, ricercatori, musicisti, docenti universitari, scrittori, registi, artisti e amministratori. Uno degli aspetti legati all’attività del Festival tocca un tema molto caro a Salento Review e ai progetti che ruotano intorno a 365giorninpuglia e BTM: il turismo culturale. Il Festival infatti è stato una grande occasione di promozione turistica di Lecce

e del Salento con oltre 300 pernottamenti, per i soli relatori, dislocati in una ventina di strutture ricettive convenzionate e 500 pasti suddivisi tra pranzo, allestito nella sede del Dajs/Città del Gusto in collaborazione con Passalorto, Coldiretti, Campagna Amica Lecce e Slow Food Lecce e grazie al supporto di numerose aziende del settore agroalimentare, e cene in tanti ristoranti e pub del centro storico. Grande successo ha riscosso anche l’intera sezione tematica dedicata al Food a cura di Nick Nicola Difino. Un “movimento” diciamo “fuori stagione” che raggiunge di certo l’obiettivo di rendere il territorio interessante in un periodo diverso da quello estivo. E proprio di turismo si è parlato in particolare in un evento satel-


ASSOCIAZIONE DIFFONDIAMO IDEE DI VALORE – Lecce (LE) cell. +39 339 4313397 – info@conversazionisulfuturo.it – www.conversazionisulfuturo.it –

lite del Festival, con la prima tappa del roadshow Piccole Medie Digitali a cura di Registro .it, l’anagrafe dei nomi a dominio “.it”. Un eccellente momento di confronto nel quale Domenico Laforenza, direttore ILARIA CUCCHI – DB D'ESSAI. PH: FRANCESCO SCIOLTI

IIT CNR e responsabile Registro .it, ha introdotto il tema della digitalizzazione nelle imprese del settore accoglienza a livello nazionale e locale. Occasione nella quale l’esperienza di BTM è stata ben PICCOLE MEDIE DIGITALI. PH: REGISTRO.IT

rappresentata nell’intervento in qualità di ospite di Mary Roberta Rossi, responsabile organizzazione di BTM, la quale ha anche lanciato i temi principali della prossima edizione del Business Tourism Management in programma a Lecce il 28 febbraio e 1 e 2 marzo 2019. Conversazioni sul futuro è organizzato dall’associazione Diffondiamo Idee di Valore – con il coordinamento artistico di Gabriella Morelli, Laura Casciotti e Pierpaolo Lala e organizzativo di Annalisa Gaudino e Valentina Attanasio, tante poi le collaborazioni a partire da quella con il Comune di Lecce e molti altri partner. Già fissato l'appuntamento per la settima edizione: dal 24 al 27 ottobre 2019 Conversazioni sul Futuro vi aspetta a Lecce.

CULTURE MAKES LECCE BEAUTIFUL ALL YEAR ROUND “CONVERSAZIONI SUL FUTURO” HAS HOSTED 250 SPEAKERS AND 10 THOUSAND ATTENDANTS “Conversazioni sul Futuro” (literally, “Talks about the Future”) is a festival held in Lecce from 25th to 28th October 2018. It hosted 250 speakers and 10 thousand attendants. "Freedom to choose what to be, what to do, which way to stay. Choice: that is the secret of life." These words by journalist Federica Angeli were uttered by Gabriella Morelli, the author and artistic coordinator of the Festival. Four days, one hundred meetings and 250 speakers who talked about important topics for the current society: human rights, political communication, journalism, science, art, cinema, food, from the point of view of prestigious intellectuals, journalists, entrepreneurs, bloggers, researchers, musicians, professors, writers, filmmakers, artists and administrators. One of the aspects related to the activity of the Festival focused on a theme very dear to Salento Review: cultural tourism. The Festival was a great opportunity to promote tourism in Lecce and in Salento. An "off-season" movement that has certainly achieved the objective of making the territory interesting in a period different from summer. For the occasion, the experience of Business Tourism Management was well represented by Mary Roberta Rossi, who is responsible for the organization of the event, who launched the main themes of the next BTM scheduled in Lecce from 28th February to 2nd March 2019. “Conversazioni sul Futuro” is organized by “Diffondiamo Idee di Valore”, in collaboration with the Municipality of Lecce and many other partners. The seventh BTM will be held in Lecce from 24th to 27th October 2019.

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STORIE

MEMORIA

Archivio di Stato, prezioso scrigno di fragili tesori Un edificio dall’aspetto austero custodisce nove secoli di documenti Via Sozy Carafa, quartiere San Pio, una domenica pomeriggio. Le auto posteggiate in fila fanno pensare al consueto passeggio in centro che nei festivi non manca di attirare a Lecce chi abita in provincia, con la conseguente corsa al parcheggio che invade i quartieri d'intorno. La sorpresa arriva una volta varcata la soglia e raggiunta la saletta dedicata alle consultazioni. Stretti l'uno all'altro, con fare adagio per non urtare i fragili documenti posati sui tavoli, una quarantina di visitatori intenti a curiosare tra mappe, patenti di sanità, diplomi, atti di nascita e altre testimonianze del passato. Siamo all'Archivio di Stato di Lecce, che in questa domenica di metà ottobre è aperto in via straordinaria per la manifestazione "Domenica di Carta" promossa dal Mibact.


di giorgia salicandro/foto massimo centonze

Ci aspettavamo qualche “topo di biblioteca”, invece ci ritroviamo davanti una concentrazione eterogenea di curiosi che hanno scelto di trascorrere il pomeriggio festivo a spulciare nelle vite dei salentini di un tempo. A fine giornata saranno quasi quattrocento. Un'immagine che da sola basta a racchiudere l'essenza di questo luogo, una sorta di “deposito” per i profani – e, diciamolo, l'austerità dell'ingresso non aiuta l'immaginazione – ma in realtà uno spazio di fruizione, molto più vivo di quanto si possa credere. Certo, bisogna partire dal suo patrimonio

per comprendere l'importanza del luogo: 156.271 pezzi cartacei, 1080 pergamene, un documento membranaceo, divisi tra atti notarili, atti di stato civile, documenti amministrativi, oltre a 1756 mappe e documenti cartografici (secondo i dati del 2009, gli ultimi disponibili sul sito dell'Archivio). A disporre i faldoni l'uno accanto all'altro si otterrebbe una pista di ben quattordici chilometri diretta verso un enorme “stargate” salentino. Dei leccesi e non solo: fino agli anni Venti del Novecento, infatti, la Provincia di Terra d'Otranto comprendeva anche Brindisi

A DISPORRE I FALDONI L'UNO ACCANTO ALL'ALTRO SI OTTERREBBE UNA PISTA DI BEN QUATTORDICI CHILOMETRI DIRETTA VERSO UN ENORME “STARGATE” SALENTINO

e Taranto e per questo qui si trovano conservati atti di tutto il Sud del Tacco. Ogni giorno, dal lunedì al sabato, la saletta è frequentata da studenti e ricercatori universitari, studiosi di storia locale, ma anche tecnici e professionisti che qui vengono soprattutto a consultare i più antichi dati catastali degli immobili. Ma sono sempre più frequenti gli appuntamenti che aprono le porte dell'Archivio anche ai non addetti ai lavori. Gli studenti di scuola, ad esempio. «A volte hanno tracce da seguire, altre siamo noi a suggerire le ricerche, come è stato per la Grande Guerra – spiega Maria Rosaria Tamblè, responsabile della valorizzazione del patrimonio –, un'occasione per gli studenti di prendere coscienza della morte che la guerra ha prodotto anche nei nostri paesini, analizzando fonti come i registri di stato civile o l'Albo d'oro dei Caduti. E non è mancata la commozione tra i ragazzi, alla scoperta di documenti che riguardano i loro bisnonni, addirittura il loro aspetto fisico oltre alle campagne svolte e ai loro spostamenti, se sapevano leggere e scrivere». Le mostre, insieme alla produzione di cataloghi e altre pubblicazioni, sono un altro aspetto della mission dell'archivio di aprirsi alla comunità. Il materiale di certo non manca e spazia tra epoche e contesti diversissimi tra loro. Tra le mostre più recenti, la diaspora di greci e albanesi nel Salento medievale e moderno e le bande da giro di Terra d'Otranto nel diciannovesimo secolo. Unica nota dolens, le dimensioni ridotte della saletta che limitano le possibilità di fruizione. La parte più grande dell'Archivio è infatti inaccessibile al pubblico, ed è quella dove “riposano”, severamente custoditi, i documenti – di cui il più antico risalente al 1140 – e che non smette di restituire sorprese. Come, ad esempio, un diploma di laurea del 1648 “spuntato” per caso. Confezionato a Napoli, di pregevole fattura, apparteneva ad Andrea Gigante, il figlio di un orafo leccese laureatosi presso il Collegio medico salernitano. «È accaduto pochi anni fa – racconta Tamblè – quando abbiamo aperto un protocollo notarile e ci siamo accorti che la foderina utilizzata 76 77


STORIE

MEMORIA

TRA POCO SARÀ INTERAMENTE ONLINE LO STATO CIVILE DAL 1809, ANNO DELLA SUA ISTITUZIONE AD OPERA DEL REGIME NAPOLEONICO per proteggerlo era stranamente decorata. L'abbiamo inviata al laboratorio di restauro che l'ha smontata, ricostituita e reintegrata nelle sue parti mancanti, dopodiché sono stati condotti degli studi per comprendere la genesi del documento. Alla fine, è stato ricostruito un pezzo di storia». Il problema, oggi, è però gestire in maniera più efficace la fruizione del materiale, oltre che preservarne l'integrità, messa sempre più in pericolo dall'usura del tempo. Per questo, il lavoro più recente dell'Archivio è orientato alla digitalizzazione dei documenti: tra poco, ad esempio, sarà interamente online lo stato civile dal 1809, anno della sua istituzione ad opera del regime napoleonico.

In questa domenica di metà ottobre, intanto, i protagonisti sono loro, i documenti “in carne e ossa” – si fa per dire – aperti sui tavoli come finestre sul passato. Il più prezioso è il Codice del 1473 firmato da Maria d'Enghien, un esemplare unico che contiene disposizioni statutarie sulla “florentissima Civitas Licii”. In molti si soffermano a misurarne i dettagli. Altri invece sono affascinati da pagine ben più recenti: l'atto di nascita di Tito Schipa e il ruolo matricolare di Rodolfo Guglielmi, in arte Rodolfo Valentino. Una coppia di Perugia indugia sulle mappe disegnate a mano che comprendono tra le altre il litorale di Ugento, le Cesine, la Palude del Conte, il Bosco dei Paduli: «Sono un

STATE ARCHIVE, A TREASURE CHEST AN AUSTERE-LOOKING BUILDING HOLDS NINE CENTURIES OF DOCUMENTS A Sunday afternoon. The amount of cars parked suggests that people have gone to the city centre for their usual walk. The surprise arrives once you have crossed the threshold and reached the room dedicated to consultations. Close to each other, about forty visitors are browsing through the testimonies of the past at the State Archive of Lecce. A heterogeneous concentration of curious people are carefully examining the lives of old-time Salento inhabitants. This place is a space of usage much more lively than one could believe. It houses 156,271 pieces of paper, 1,080 parchments, a membranaceous document, maps and other cartographic documents. A huge “stargate” where to find documents of the whole South of the “Heel”. Every day, insiders and not attend this little room. “Sometimes they have trails to follow, others we suggest them what to research, as for the Great War,” explains Maria Rosaria Tamblè,

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topografo – spiega lui – mi interessano per forza di cose. Queste qui che risalgono al diciannovesimo secolo, ad esempio, hanno passi e palmi come unità di misura, una caratteristica dell'epoca». «Io di solito vengo qui per lavoro, faccio ricerche patrimoniali sul catasto murattiano – dice un'altra visitatrice – e, cerca oggi, cerca domani, mi sono appassionata a questi documenti». Ma c'è anche chi ci è arrivato per puro interesse: «Il passato mi affascina molto – commenta una signora, marito e amici al seguito, tutti coinvolti da lei –, lo cerco in ogni città in cui mi ritrovo. Soprattutto amo gli archivi, che sono custodi della vita delle persone».

responsible for the enhancement of the heritage. The exhibitions are part of the archive mission to open up to the community. The necessary material does not lack and ranges between very different eras. The small size of the room is the only limit to the possibility of usage. The largest part of the archive is inaccessible to the public, and it is also the place where documents "rest" – the most ancient of whom dates back to 1140 AD – and which does not cease to return surprises. Today, the biggest problem is to understand how to manage the consultation of documents in a more efficient way, as well as how to preserve their integrity. For this reason, the most recent work is inclined towards digitizing documents. In the meanwhile, on this Sunday, documents are the real protagonists, as windows open onto the past. The most valuable of them is the code signed in 1473 by Maria D'Enghien. But there also more recent pages, like Tito Schipa's birth certificate and documents related to Rodolfo Valentino's military service, for example. A couple is lingering on hand-drawn maps. But there are also those who have come here for pure interest, fascinated by the past.


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NATURA

ANIMALI

VIAGGIO NEL MONDO ANIMALE DELLA COOPERATIVA NATURARIA Dalla cura delle specie alla sensibilizzazione del territorio, l’attività del centro faunistico di Calimera prosegue all’insegna della biodiversità La tutela delle specie animali protette poggia sul duro lavoro e la passione grondante di persone altrettanto rare, forse uniche. Gente come Simona Potenza, faunista per vocazione e responsabile del Centro Recupero Fauna Omeoterma (uccelli e mammiferi) per la Cooperativa Naturaria di Calimera, l’ente gestore del Museo di Storia Naturale del Salento presieduto dal professore Antonio Durante. Un lembo di terra nuda intervallata da macchia mediterranea, su cui si ergono rigogliosi gli alberi di leccio che circondano una struttura di 2400 metri quadri. Il paradiso naturalistico a cielo aperto custodisce la sua gemma: il Mesocosmo, 80 81

la riproduzione a media scala della foresta pluviale come ambiente ideale in cui animali e piante raggiungono il massimo grado di biodiversità. L’attività meritoria procede a ritmi forsennati. Negli ultimi anni i ricoveri si sono quintuplicati passando da duecento a mille degenze all’anno. Dopo il taglio netto dei fondi pubblici e la consequenziale chiusura di diversi centri in Puglia e in Italia, nell’ultimo triennio la cooperativa salentina è diventata il punto di riferimento per buona parte del territorio regionale. Le competenze dell’equipe e i risultati eccellenti di lavoratori diventati volontari per amore del genere animale hanno indotto la Regione Puglia a riconoscere una

convenzione di centomila euro all’anno al Centro di Recupero Fauna Omeoterma gestito da Simona Potenza, neretina e laureanda in Tutela e Gestione della Fauna Selvatica all’Università di Firenze. Un sostegno di capitale importanza giunto nel momento più critico di una realtà impegnata quotidianamente ad arricchire l’offerta educativa e culturale, a reddito zero, e tenuta in piedi per tre anni dagli enormi sacrifici di un progetto volto a valorizzare il patrimonio artistico e naturalistico per le generazioni di oggi e di domani. I risultati si sono ampiamente visti in occasione dell’inaugurazione della “Butterfly House” più grande d’Italia, il 4 settembre scorso. La nuova area dell’Eco


di paolo conte/foto massimo centonze

NEGLI ULTIMI ANNI I RICOVERI SI SONO QUINTUPLICATI PASSANDO DA DUECENTO A MILLE DEGENZE OGNUNO

Museo, che ospita insetti tropicali e svariati esemplari di farfalle, rappresenta il fiore all’occhiello della Cooperativa Naturaria. A Simona Potenza abbiamo rivolto alcune domande. Da quanti esperti è composta la cooperativa? Sono responsabile per il Centro Recupero Fauna Omeoterma Uccelli e Mammiferi, mentre il direttore del Centro Faunistico è Sandro Panzera. Il veterinario e direttore sanitario è il dottor Gianluca Nocco. Piero Carlino gestisce il Centro Recupero Fauna Eteroterma e Tartarughe Marine. Io e Piero Carlino gestiamo insieme il Centro Recupero Fauna Esotica e poi c’è il professor Antonio Durante che dirige il Museo di Storia Naturale del Salento. Perché è cresciuto così tanto il numero dei ricoveri?

Negli ultimi anni i ricoveri sono aumentati perché, oltre ad occuparci del recupero e dell’immissione in natura dell’animale, ci siamo impegnati a sensibilizzare il territorio. Perché, se la gente non è al corrente di come operiamo in un centro di recupero, non sarà mai motivata a portarci gli animali trovati per strada. La

rete funziona meglio da noi rispetto ad altre parti d’Italia. Con la chiusura delle Province i fondi sono stati tagliati. Noi, essendo una cooperativa, ci siamo licenziati e il nostro lavoro è diventato volontariato. In questi tre anni siamo andati avanti con grossi sacrifici, sino al riconoscimento della sovvenzione da parte della Regione. Per il


NATURA

ANIMALI Recupero Lunga Degenza, mentre prima eravamo solo un Centro Primo Soccorso.

SE LA GENTE NON È AL CORRENTE DI COME OPERIAMO IN UN CENTRO DI RECUPERO, NON SARÀ MAI MOTIVATA A PORTARCI GLI ANIMALI TROVATI PER STRADA pagamento della corrente elettrica, quasi la metà dei centomila euro di cui usufruiamo dobbiamo renderla al Comune di Calimera. Siamo eclettici e preparati ad affrontare emergenze riguardanti diverse specie animali. Da Leuca sino a Bitetto, siamo l’unico centro indipendente. Un’area geografica

molto vasta che ci consente di soccorrere animali provenienti da gran parte della Puglia. E spesso ospitiamo sequestri della Forestale di animali ritrovati su mercati illegali come tartarughe, pappagalli e rettili. L’anno scorso siamo stati riconosciuti dal ministero dell’Ambiente come Centro

A JOURNEY INTO THE ANIMAL WORLD OF NATURARIA COOPERATIVE THE ACTIVITY OF CALIMERA'S WILDLIFE CENTRE CONTINUES IN THE NAME OF BIODIVERSITY The conservation of protected animal species is based on the hard work on and the passion of rare people. Like Simona Potenza, who is in charge of the Homoeotherm Wildlife Rescue Centre for Naturaria Cooperative, the managing body of the Natural History Museum of Salento. This nature paradise preserves the Mesocosm, a reproduction of the rainforest, in which animals and plants reach their highest degree of biodiversity. The cutting of public funding has led to the closure of several centres. As a consequence, the cooperative has become the reference point for most of the regional territory. We have put some questions to Simona Potenza. How many experts are there in the cooperative? I am responsible for the Wildlife Rescue Centre – birds and mammals. Sandro Panzera is the Wildlife Centre director. Dr. Gianluca Nocco

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Il sostegno della Regione Puglia può bastare a fare fronte alle spese di gestione della vostra attività? Siamo grati alla Regione di questo importante aiuto perché sono stati premiati i nostri sforzi, ma siamo alla continua ricerca di risorse per sopperire ad una serie di difficoltà oggettive. La mole di lavoro aumenta e abbiamo bisogno di coprire le spese del Centro Recupero Fauna Eteroterma e del Centro Recupero Fauna Esotica. Fatta eccezione per i mammiferi e gli uccelli che rappresentano l’80 per cento del lavoro e per i quali riusciamo a coprire le spese in virtù del finanziamento della Regione Puglia, per quanto concerne gli altri centri andiamo avanti con le donazioni, il 5 per mille e i proventi dei biglietti per far visitare al pubblico il parco faunistico e l’Eco Museo. Inoltre, necessitiamo di cibo fresco e costoso per alcune specie. E non possiamo pretendere di chiedere la busta della spesa ai nostri donatori.

is the veterinarian and chief medical officer. Piero Carlino manages the Rescue Centre of the Heterotherm Wildlife and Sea Turtles. Piero Carlino and I manage the Exotic Wildlife Rescue Centre and Professor Antonio Durante heads the Natural History Museum of Salento. Why has the number of hospitalisations increased so much? In recent years, our commitment has raised the awareness of the territory. We are prepared to face emergencies concerning different animal species. We rescue animals coming from the greatest part of Apulia. And we often give shelter to those which have been rescued by the Forestry Corps from illegal trade. Last year we were recognized as a Long-Term Rescue Centre by the Ministry of the Environment, whereas before we were only a First-Aid Centre. Is the Apulia Region funding enough to meet the costs of running your business? We are thankful for this important financial help, but we are constantly looking for resources. We need fresh and expensive food for some species.


Palazzo De Mori Bastione dei Pelasgi (centro storico) OTRANTO (Lecce) Tel: (+39) 0836 801088 - Tel/Fax: (+39) 0836 802931 Mobile (+39) 320 2121310 Web: www.palazzodemori.it Email: info@palazzodemori.it


RISTORAZIONE

TENNENT'S GRILL

TENNENT'S GRILL. PH: MASSIMO CENTONZE

Il pub gourmet per intenditori Atmosfera accogliente ed elegante, il Tennent’s Grill è il locale perfetto per mangiare bene, bere meglio e vivere serate all’insegna del piacere e del relax Ottimo cibo, birra eccellente e, non da meno, un ambiente caldo e accogliente, perfetto per ogni circostanza. Il Tennent’s Grill ha mille volti ma una sola anima, fatta di passione, professionalità e cortesia, la stessa che da oltre dieci anni si incontra varcando l’ingresso di questo tempio della qualità.

Un pub fuori dal coro. Originale nella sua semplicità ma al tempo stesso ricco di sfumature da cogliere con tutti i sensi. L’arredamento tipicamente Irish, che rende l’atmosfera intima e piacevole, fa il paio con le prelibatezze del menu. E qui si potrebbe aprire un capitolo a parte. Non è facile imbattersi in locali con una

così vasta scelta di piatti: grigliate di carne, insalate, pizze, frittini, bruschette, panini, taglieri, maxi toast, hamburger, hot dog e tanto altro ancora. Che si opti per un semplice aperitivo o per una cena completa, la qualità è servita, con carni certificate, tracciabili, eccellenti, così come è eccellente tutta la materia prima utilizzata.


TENNENT'S GRILL Via Taranto, 175 – Lecce (LE) tel. +39 0832 279475 – mobile +39 331 4108405 – info@tennentsgrill.it – www.tennentsgrill.it –

Ovviamente la sezione “galletteria” si conferma regina del menu (del resto, non per niente il galletto è il simbolo che rende riconoscibile il locale). C’è l’imbarazzo della scelta anche per i piatti a base di pollo: bocconcini, sovraccosce, tagliate, grigliate e via dicendo. «È un menu ricco, assortito e stuzzicante – afferma Marco Goffredo – e, visto che siamo sempre alla ricerca di cose nuove da offrire ai nostri clienti, abbiamo ampliato la tipologia di cottura, proponendo quella a bassa temperatura, combinata con il sottovuoto, che sicuramente esalta il sapore degli alimenti mantenendone intatte le qualità nutritive».

Marco è uno dei padroni di casa, insieme a Ugo e Marika Favatano e a Danilo Stendardo. Il Tennent’s è un locale a “marchio Road” e come tale si distingue anche per la vasta scelta di birre su cui spicca la Eggenberg, marchio prestigioso nel panorama europeo. A novembre il pub di Via Taranto soffia sulla sua undicesima candelina. Undici anni nel corso dei quali ha saputo ritagliarsi un posto di rilievo nel panorama dei locali leccesi, diventando un polo esclusivo di ricercatezza e qualità in una zona della città che brilla grazie alla sua presenza. Fuori dal circuito della solita “movida”, il Tennent’s Grill ha ridisegnato il profilo della periferia di Lecce, scandendo il ritmo

DA SINISTRA: UGO FAVATANO, DANILO STENDARDO, MARIKA FAVATANO, MARCO GOFFREDO. PH: UGO BUCCARELLA

delle stagioni fra Via Taranto e Viale della Repubblica. Il resto lo fanno loro, i quattro soci che, tra sorrisi e professionalità, hanno trasformato questo mestiere in uno stile di vita. Il segreto del loro successo sta nella capacità di rinnovare quotidianamente il lavoro di squadra. Ognuno ha un ruolo fondamentale e complementare, e la capacità di interagire con tutto lo staff di collaboratori diventa uno strumento di successo. Un successo decretato ogni giorno. Tutto l’anno. Il locale è sempre pieno e le recensioni sono sempre ottime, a dimostrazione del fatto che quando si lavora bene si raccolgono solo i frutti migliori.

TENNENT'S GRILL. PH: MASSIMO CENTONZE

THE GOURMET PUB FOR CONNOISSEURS OF GOOD FOOD THE TENNENT'S GRILL IS THE PERFECT PLACE TO EAT WELL, DRINK BETTER AND LIVE EVENINGS OF PLEASURE AND RELAXATION Excellent food, excellent beer, a warm and welcoming atmosphere, perfect for any occasion. Its typical Irish decor makes the atmosphere familiar and pleasant and is a fine pair with the delicacies on the menu. It is not easy to stumble across places with such a wide choice of dishes. The "cockerel" section is confirmed as the queen of the menu. You are spoilt for choice even for chicken dishes. "It is a rich, assorted and appetizing menu, – says Marco Goffredo –. We have expanded the types of cooking, by including the low temperature combined with the vacuum, which enhances the flavour of the food while keeping intact its nutritional qualities." The Tennent's also stands out for its wide selection of beers, especially the Eggenberg, a prestigious brand in the European scene. Throughout its eleven years of activity, the pub has been able to carve out a prominent place in the panorama of pubs in Lecce. Outside the usual "movida" circuit, the Tennent's Grill has redesigned the profile of Lecce's outskirts. The rest is made by the four business partners, who have transformed this profession into a lifestyle between smiles and professionalism. The secret of their success lies in their ability to renew teamwork daily. A success confirmed every day. All year round. The place is always crammed with people and reviews are always excellent, proving that when you work well you gather only the best fruits.

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CUCINA

PANE E DINTORNI

PUCCIA, PIZZI & FRIENDS: TRA PASSATO E PRESENTE Alla riscoperta della panificazione tradizionale salentina e pugliese, tra storie, tradizioni e street food contemporaneo Se si digita sul motore di ricerca Google la parola “puccia”, il menù a tendina mostra una serie di suggerimenti: puccia salentina, puccia brindisina, puccia tarantina, oltre, naturalmente, ad una serie di alimenti associati per categoria: 86 87

l’immancabile pasticciotto leccese, le “pettole”, il panzerotto. La tecnologia informatica conosce bene la golosità dell’utente, la asseconda e la incita: non si vorrà mica indagare il pane tipico di un territorio senza farsi incuriosire anche dal resto?


di fiorella perrone/foto massimo centonze

Ma anche solo restando sulla puccia, un mare magnum si spalanca, nel quale vale la pena mettere un po’ di ordine (operazione a dire il vero niente affatto scontata neppure per un salentino doc). Cliccando su “puccia salentina” e oltrepassando un gran numero di “ricette originali”, la prima definizione che si incontra è quella di Wikipedia: le pucce sono forme di pane aventi diametro di circa 20-30 centimetri facenti parte

della tradizione culinaria della Puglia centromeridionale. In particolare tale tradizione è molto diffusa nel Salento e nel Tarantino. Nel Foggiano si chiama "papòsc" ed è fatta con lo stesso impasto della pizza. Qui bisogna operare il primo distinguo: la puccia cui si fa riferimento, ottenuta con l’impasto della pizza e cotta su pietra in forno a legna, è una tradizione culinaria piuttosto recente,

PATRIA DELLA PISCIALETTA È SURBO, BORGO ALLE PORTE DEL CAPOLUOGO SALENTINO CHE OGNI ESTATE LA CELEBRA CON UNA SAGRA


CUCINA

PANE E DINTORNI

sebbene sia entrata a far parte dei cibi di strada più diffusi e identitari non solo del Salento, ma dell’intera regione. Questo pane, gonfio e cavo all’interno, quindi particolarmente adatto ad essere farcito, nasce negli anni ’70 ad opera del pizzaiolo di Trepuzzi – paese che dista pochi chilometri da Lecce –, Giovanni Caccetta. La genesi, secondo il racconto popolare confermato dalla nipote Federica, fu fortuita (come spesso accade in cucina): il pizzaiolo attendeva ospiti a cena e, non avendo pane, pensò di mettere a cuocere in forno delle palline di impasto per pizza. Il risultato fu sorprendentemente gustoso, gli ospiti entusiasti tanto da scatenare lo spirito imprenditoriale dell’inventore che ha trasformato quell’esperimento in una catena di fast food, giunta oggi alla terza generazione, e la puccia in uno degli 88 89


L’IMPASTO DI OLIO, SEMOLA E ACQUA RESTAVA MORBIDO PER GIORNI E, ARRICCHITO DALLE OLIVE, CONSENTIVA AI CONTADINI DI SFAMARSI REGOLARMENTE street food maggiormente richiesti dai turisti e replicato in mille varianti, da quelle farcite nel solco della tradizione con ortaggi stufati, verdure di campo, formaggio, alle contemporanee pucce “gourmet”, con crostacei e stracciatella o salse fusion e carni pregiate. Non molto diversa l’origine della “piscialetta”, ottenuta con gli avanzi del pane anziché della pizza. Patria della piscialetta è Surbo, borgo alle porte del capoluogo salentino che ogni estate la celebra con una sagra. Conosciuta come “il pane dei poveri”, la piscialetta è una piccola focaccina che le donne d'un tempo impastavano dopo aver raccolto i

resti del pane appena lievitato. Il nome probabilmente viene dall'usanza di condirla in alcuni paesi con il tarassaco, un'erba che in dialetto viene chiamata proprio "piscialetto" (il colore dell'infiorescenza è giallo paglierino). Condita con olio, pomodoro, capperi e peperoncino, ci introduce nel variegato orizzonte di pucce, pizzi, ‘mpille, sceblasti, nomi che raccontano tradizioni linguistiche e culinarie uguali e diverse, storie di un passato agricolo e riti religiosi che attraversano i secoli, ingredienti poveri e ricchi di gusto che ancora appagano quotidianamente il palato di salentini e viaggiatori.

La puccia, nella sua versione più antica, è strettamente legata alla festività religiosa dell’Immacolata. Questo pane di semola dall’impasto morbido e spugnoso, ricco di mollica al contrario dell’omonimo di più recente invenzione e rotolato nella farina bianca per ricordare la purezza della Madonna, veniva sfornato il 7 dicembre, vigilia dell’Immacolata, giorno in cui si rispettava il digiuno (anche per consentire alle donne, libere dagli impegni casalinghi, di adempiere ai riti religiosi). La puccia oggi si sforna tutto l’anno, ma la tradizione del digiuno resta viva, anche perché più che a un digiuno somiglia ad una festa


CUCINA

PANE E DINTORNI

conviviale attorno alla tavola che ogni anno riunisce le famiglie. La puccia viene mangiata col tonno sott’olio, alici sotto sale, pesciolini fritti all’aceto e capitone arrostito con l’alloro, capperi, tutti piatti poverissimi e piuttosto salati. Solitamente non ci si siede ma vengono disposti sulla tavola tutti gli ingredienti ancora nei contenitori o vasi di terracotta da “conserva”, ognuno mette nella propria puccia un po’ di companatico. Nella versione “uliata”, cioè con olive nere, la puccia riporta al lavoro nei campi ed al suo etimo: il termine pare derivi infatti dal latino buccellatum, “pane da trasformare in buccelli, piccoli

tozzi, bocconi”. L’impasto di olio, semola e acqua restava morbido per giorni e, arricchito dalle olive, consentiva ai contadini di sfamarsi regolarmente. A questa versione “povera” – non dissimile dalla puccia “caddhipulina” (di Gallipoli), condita con acciughe sotto sale e capperi – si aggiungono i più articolati “pizzi”, conditi con olive nere, cipolle, pomodori; o la scèblasti – parola sdrucciola, l’accento è sulla e, in dialetto griko – di Zollino, paese della Grecìa Salentina, nella quale a cipolle e pomodori si aggiungono peperoncino, zucchine e zucca gialla. Il nome significa “senza forma”.

PUCCIA, PIZZI & FRIENDS: BETWEEN THE PAST AND THE PRESENT THE REDISCOVERY OF TRADITIONAL BREAD MAKING IN SALENTO AND IN APULIA, BETWEEN TRADITIONS AND STREET FOOD If you type the word "puccia" on Google's search engine, the vast sea opens up. The puccia to which we are referring, which is obtained from the pizza dough and cooked on stone in a firewood oven, is a fairly recent culinary tradition. This kind of bread – swollen and hollow inside, particularly suitable to be stuffed – was created in the '70s by a pizza chef, Giovanni Caccetta. Some guests were about to arrive for dinner and he had no bread for them, thus he decided to bake some pizza dough balls in the oven. The result was surprisingly tasty so that today the outcome is a chain of fast-food restaurants and about a thousand variations of the original recipe. The origin of piscialetta is not very different, as it is obtained by bread leftovers. Surbo is its birthplace. Filled with olive oil, tomatoes, capers and chilli pepper, it introduces us to the varied

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Nelle numer ose r icette reper ibili oggi, per le pucce come per i pizzi, tra gli ingredienti vengono indicate le olive denocciolate. Giusta precauzione, ma la realtà è assai più insidiosa. Le olive, in questi pani antichi e contemporanei, sono intere, cioè con il nocciolo. Facciano attenzione i neofiti! In alternativa, le versioni attuali della puccia offrono infinite possibilità di gusto: alle cime di rapa, con pancetta, con cicorielle selvatiche, persino alla curcuma. D’altronde la sua origine si fa datare alla Magna Grecia, dunque siano benvenute le contaminazioni.

horizon of pucce, pizzi and scèblasti. Their names tell us about culinary traditions, stories of a rural past and centuries-old religious rituals, about poor but tasty ingredients. In its most ancient version, puccia is closely related to the holy day of the Immaculate Conception. Every year, this soft bread was baked on 7th December, the on the eve of the Immaculate Conception Feast Day, when devotees observed the fast. Today, fasting is very different and resembles a convivial party. Puccia is eaten with tuna in oil, anchovies in salt, little fish fried in vinegar. Usually, all the ingredients are placed on the table still in their own containers and everyone puts a little of sandwich filling in their own puccia. In the version with black olives, puccia brings back the work in the fields. In the past, its soft dough allowed peasants to feed themselves regularly. This "poor" version is accompanied by the more complex pizzi, prepared with black olives, onions, tomatoes, or by Zollino's scèblasti, with onions, tomatoes, chilli pepper, courgettes and yellow pumpkin. The current versions of puccia offer endless possibilities for taste. After all, its origin dates back to Magna Graecia, therefore contaminations are welcome.


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RISTORAZIONE

ROAD 66

ROAD 66. PH: MASSIMO CENTONZE

Il caldo inverno del Road 66 Archiviata con successo la stagione estiva, lo storico pub della movida leccese è pronto a vestire abiti invernali. Tra novità e conferme ecco cosa, Danilo e soci, hanno in serbo per i clienti Musica dal vivo, dj set, “festa della birra” e tanto altro ancora. Non mancano le novità al Road 66 che si appresta a vivere un inverno pieno di energia, calore e svago, per offrire agli ospiti la qualità di sempre tra nuovi appuntamenti che vanno ad intrecciarsi con quelli di sempre. L’idea è quella di mettere insieme il piacere della tavola con quello del divertimento, creando situazioni in cui i clienti possano sentirsi sempre a proprio agio, fra un sorso di birra, un ottimo piatto da gustare in compagnia, con la musica giusta di sottofondo o seguendo la partita di calcio della squadra preferita. Il “Road 66” è un salotto familiare in cui ci si può ritagliare lo spazio perfetto fra un boccone ed una chiacchiera in compagnia. La bellezza sta tutta qui, nel sentirsi

come a casa già solo entrando in questo locale che, come tutti sanno, ha segnato la storia della movida leccese. Il calendario della serate “live” sta per essere ultimato. Ovviamente per conoscere tutti i dettagli sarà sufficiente dare uno sguardo alla pagina Facebook, valido e prezioso vademecum per scoprire i piatti nuovi, gli appuntamenti settimanali e tutto ciò che ruota attorno al re dei pub leccesi. La filosofia di Danilo & Co. è quella di creare sempre nuove energie, nuovi stimoli per far sì che la tradizione si tinga di novità. Sarà un inverno lungo ma niente paura, con le coccole di Danilo, Simona, Vanessa e Roberto sarà facile affrontarlo col sorriso sulle labbra. «Non mancheranno le novità anche per quanto riguarda il menu che comunque

è già ricco di suo – annuncia Danilo Stendardo, anima e cuore del Road 66 –. Siamo pronti ad introdurre un piatto eccezionale come il pulled pork, secondo l’autentica ricetta americana e le costolette di maiale fatte alla maniera nostra, con 36 ore di cottura, anche a bassa temperatura». Ne parla con trasporto e passione ed è comprensibile perché già solo Il fatto di affrontare nuove sfide rende tutto più elettrizzante, e l’entusiasmo che si respira in questo locale diventa contagioso, alla portata di tutti. Quasi un terapia per l’anima. Anche sul fronte beverage ci sono interessanti novità: boccali ghiacciati di ottima birra artigianale (locale) che andranno a completare la già assortita pagina dedicata alle bionde, alle rosse e alle ambrate più famose.


ROAD 66 Via Dei Perroni, 8 – Lecce (LE) tel. +39 0832 246568 – pubroad66@libero.it – www.road66.lecce.it –

«Per noi – conclude Danilo – è importante creare delle situazioni che possano offrire spunti interessanti ai clienti di sempre, a quelli nuovi e che siano soprattutto uno strumento per accendere i fari sul centro storico che, durante il periodo invernale, assume un ritmo decisamente diverso rispetto a quello estivo». Sarà un inverno da gustare, allora, tra un nota musicale e l’altra, in uno spazio suggestivo come questo pub che con il suo legno vissuto e le pareti cariche di ricordi, ci proietta in una dimensione senza tempo.

DA SINISTRA: DANILO STENDARDO, VANESSA STENDARDO, SIMONA GRECO, ROBERTO PORTALURI. PH: MASSIMO CENTONZE

ROAD 66. PH: MASSIMO CENTONZE

ROAD 66. PH: MASSIMO CENTONZE

THE WARM WINTER OF THE ROAD 66 SUMMER HAS BEEN SUCCESSFULLY SET ASIDE AND THIS HISTORIC PUB IN LECCE IS READY TO WEAR WINTER CLOTHES Live music, DJ sets, a "beer party" and much more. There is no lack of novelties at the Road 66, which is about to experience a winter full of energy. The idea is to put together the pleasures of the table with those of fun, between a sip of beer, a great dish, the right background music or watching the match of your favourite football team on TV. Beauty is everywhere here and you feel right at home. The calendar of "live" evenings is about to be completed. To know all the details, just take a look at the Facebook page. "There will be novelties on the menu, too – announces Danilo Stendardo –. We are ready to introduce an exceptional dish, the pulled pork, made according to the authentic American recipe, and the pork chops, made according to our own way, with 36 hours of cooking, also at low temperature." The enthusiasm that you breathe in this place becomes contagious, a therapy for the soul. Interesting novelties include the beverage front: iced jugs of excellent local craft beer will complete the already assorted proposal of beers. "For us – concludes Danilo –, it is important to offer interesting ideas to our lifelong customers as well as to the new ones, and to bring the historical centre to the fore." It will be a winter to be enjoyed, between a musical note and the other, in a space that projects us into a timeless dimension.

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STORIE

ENZO DELLA PESCHERIA

“Pescato” di gioventù, il cuore blu di Enzo Sessant’anni dietro al banco del pesce, tra avventure, fatica e ricordi gentili 94 95


di sierva maria/foto valerio politano

PAPÀ ERA UN TIPO PARTICOLARE, UN GRAN LAVORATORE. CUORE GRANDE SE C’ERA DA AIUTARE QUALCUNO E CAZZIMMA GALLIPOLINA, DIFFICILE STARGLI DIETRO

ENZO E IL FRATELLO FRANCO IN PESCHERIA

Caffè prima dell'alba e Rosso Antico dopo pranzo, al bar Natale, ingresso di Nardò. La fame e il vigore degli anni '60 c'erano tutti. Un mucchio di chilometri per raggiungere Gallipoli a bordo di una Austin Innocenti, 2mila lire di benzina e via verso il mercato a caricare casse di pesce. Tredici a botta almeno, di legno. Auto piccola, una scatoletta. Ma il carico c'entrava tutto. Due viaggi al giorno, ritorno a Salice Salentino. Destinazione mercato coperto. All'epoca c'era la tettoia, non il tetto. Come formiche al miele, le genti uscivano di casa all’improvviso e s'ammucchiavano. Per primi giungevano guardia, daziere, sanitario e assessore alla “Chiazza”. E puntuale dopo le 8 arrivava Co', il gallipolino. Con i suoi compari su una vecchia Wolkswagen senza sportelli. Si tenevano forte, per non cadere. Portavano altre casse: o le compravi arricchendo il banco o ti rovinavano la festa. Che i gallipolini stessero per arrivare in paese si capiva quando passava quella bici in piazza: «Pesce, pesce di Gallipoli!». Tanti di quei caratteri oggi non ci sono più, ma lui, Enzo Pacella, classe ’49 da Gallipoli, li tiene in vita riannodando e innaffiando i fili dei ricordi. In quel mercato coperto, dove ancora oggi si muove come una scheggia da un angolo all’altro del banco del pesce, testimonianza viva di un pezzo di storia bella assai, s’incontrano vite e memorie. Ogni giorno. E s’incontra Ciricchina, la gatta nata tra quei banchi, che fa le fusa e ha occhi solo per lui. «Enzo, come sono le cozze oggi?». «Nere con la retina verde, signora». E che fai, non ridi? I suoi clienti, che in fondo sono pezzi di una grande famiglia multicolore, gli sono affezionati anche per quello, l’ingrediente segreto aggiunto alla spesa: battute, sorrisi e, se gira bene, un viaggio di sola andata sulla macchina del tempo. In cui ritrovare nonni, genitori, se stessi bambini e scorci di un paese piccolo come oggi, ma più intenso e vivo. Pare riecheggiare, in quei cammini onirici, la voce di “Mangrazio”, il banditore.


STORIE

ENZO DELLA PESCHERIA

«A mezzogiorno – ricorda Enzo, voce rauca di chi non si separa dalle Marlboro rosse –, quando rimaneva qualcosa sul banco, i prezzi calavano. Pancrazio, a piedi o in bici, girava per Salice e a squarciagola invitava la gente all’affare». Il crocevia è sempre lo stesso, il mercato di via Nicotera. Nel mezzo, tra quel ragazzo cresciuto in fretta e il signore con la battuta pronta prossimo ai 70, son passate avventure a iosa, come quella straordinaria nella pescheria di via Maria Cristina di Savoia. La vasca con le anguille vive, il banco zeppo nei giorni della fiera quando c’era la visita di sindaco e capo delle guardie, i disegni del mare alle pareti, eseguiti dal grande maestro Duilio Natale da Novoli. Lì Enzo, il fratello Franco e papà, 'Ntunucciu Pacella, altro pezzo da novanta di una famiglia di origine gallipolina, hanno trascorso anni. Ada,

la sorella mezzana, dietro al banco no. Non era lavoro da donne. 'Ntunucciu ripiegò su Salice, perché paese d’origine della moglie, Antonietta. «Papà era un tipo particolare, un gran lavoratore. Cuore grande se c’era da aiutare qualcuno e cazzimma gallipolina, difficile stargli dietro. Ma ha lasciato il segno», dice Vincenzo, senza rendersi conto di aver preso il testimone ed essere lui, oggi, un pezzo di storia della comunità. Stiloso Antonio, mani nel pesce e vestito elegante firmato Mancini, sarto storico della Città Bella, una scia di colonia d’antan e un Borsalino. Lo porta pure lui, come suo padre, quel cappello. Oggi gli somiglia da spezzare il cuore. Dietro al banco e negli altri momenti della giornata, Timberland, Borsalino e profumo francese, per don Vincenzo. Indossati con semplicità disarmante strizzando l’occhio a nonna

ENZO E TITINA

UN COLTELLO PER LE COZZE, LA VASCHETTA BLU, UNA FORZA DA TITANI E LA LICENZA DA AMBULANTE PER RITORNARE AL MERCATO COPERTO, IN VIA DEFINITIVA E DA SOLO


Lisa Sanapo, nobile d’origine, maritata con Chicchi il pescivendolo. E poi, un caffè pagato al bar per tutti e uno sempre lasciato sospeso per lui, Enzo della pescheria, da qualcuno che gli vuol bene. E sono tanti. Si ferma, pensa, guarda indietro. Era bravo a scuola. «Mi diedero la possibilità di studiare ma poi il destino cambiò le carte in tavola». Quella mattina lui e mamma Antonietta andarono a Campi Salentina, direzione Calasanzio, per procedere all’iscrizione alle medie. Era chiuso, rientrarono. E la vita prese un altro corso. Era un ragazzetto senza patente quando «raggiungevo i mercati a bordo del furgone di famiglia, un Simca con il telone, accompagnato da un autista. Compare Gino

“Minnuta” Cagnazzo mi portava ovunque, a caricare. Erano gli anni in cui a Salice arrivava il pesce dalla Sicilia e da Viareggio, gestivamo pure l’ingrosso per altri colleghi. Ricordo ancora il ‘professore’, di Tuturano, lo chiamavano così perché somigliava a De Gasperi». E poi c’era mesciu Ninu Fulame, «un maestro di vita – il guascone tradito dagli occhi lucidi –, papà me lo mise accanto per seguirmi al lavoro. Ero giovane e lui mi voleva bene come un figlio. La figlia Natalina ancora viene a far la spesa da me». S’arresta la loquela, Enzo ingoia e prova a sorridere. E pensa a Vita, la Titina, sua moglie. «La vetrina del suo emporio era dirimpetto alla porta della pescheria ma non fu così che la conobbi». «Ero una gran mangiatrice di pesce – gli

fa eco lei – ma un giorno lo scorfano aveva un sapore di umido e mi lamentai. Mio padre, Toriceddru, chiamò il giovane pescivendolo per avere lumi. Lui un po’ imbarazzato mi disse che forse la cassetta di legno bagnato aveva intaccato il pescato, lo guardai inviperita e da lì mi si sono inguaiata» e scoppia a ridere. A 45 anni Enzo lasciò la pescheria, avrebbe continuato la sua strada da solo. Ma prima, chiese conferma a moglie e figlia: «Se siete con me sono pronto a ricominciare, altrimenti ditemelo prima». Un coltello per le cozze, la vaschetta blu, una forza da titani e la licenza da ambulante per ritornare al mercato coperto, in via definitiva e da solo. Una delle scommesse più dure della sua vita. Vinta. 96 97


STORIE

ENZO DELLA PESCHERIA ENZO TITINA NTUNUCCIU ANTONIETTA TORICEDDRU

Oggi, a oltre mezzo secolo dall’inizio della sua avventura “blu” quel gentiluomo trasversale alle generazioni e alle mode è lì, con le mani nel ghiaccio, la risata inconfondibile e la sua gente. «Siate uomini liberi – dice spesso, lui che ancora crede fermo nella stretta di mano –, non vi sporcate l’anima. Se qualcuno vi chiede aiuto, non vi risparmiate. La vita vi ripagherà. Ma soprattutto ridete forte e lasciate la valigia dei problemi fuori dalla porta di casa». La ricetta per la felicità? Famiglia, caffè espresso, buon cibo di tradizione, qualche gita fuoriporta e un mucchio di facezie su cui ridere di gusto. Mescolare con cura e lasciar fare alla vita. Oggi come allora, Enzo della pescheria non teme rivali e non ce n’è per nessuno. Perché prima del pesce fresco viene il cuore. In ogni cosa. E quello arriva alla gente prima e più del profumo di mare.

THE "CATCH" OF YOUTH, ENZO'S BLUE HEART SIXTY YEARS BEHIND THE FISH COUNTER, BETWEEN ADVENTURES, EFFORTS AND KIND MEMORIES A coffee before dawn and a shot glass of Rosso Antico after lunch. The hunger and the strength of the 60s. A lot of kilometres to reach Gallipoli, towards the market to load fish crates. The car was small but big enough to load everything they needed. Two round trips a day. Destination: the market hall. People came out of their house suddenly and huddled together. Many of those characters are gone today, but he, Enzo Pacella from Gallipoli, keeps them alive. In that market hall, where even today he moves like a bat out of hell, from one corner of the fish counter to the other, it is possible to meet lives and memories. Every day. Jokes, smiles and, probably, even a one-way trip by the time machine. His customers are fond of him for this reason, too. Between that boy grown up fast and the man who is almost 70 years old, there are stories galore, such as the extraordinary adventure in the fish market in via Maria Cristina di Savoia. Enzo, his brother Franco and his dad 'Ntunucciu have spent in that place many years. "My dad was a hard worker. Big heart and the cunning typical of Gallipoli's people. He has left his mark," says Vincenzo. He resembles his father so much that it breaks your heart. He is wearing a pair of Timberland boots, a Borsalino hat and a French perfume with disarming simplicity. There is always a coffee paid for everyone and another paid for him by someone who loves him. He was good at school, but fate changed his cards on the table. His mum Antonietta and he went to Campi Salentina to enrol him in a middle school. It was closed, they returned. And life took another course. Enzo thinks of Vita, his wife. "I was a big fish eater, – she says – but one day the red scorpionfish tasted damp and I complained. And from there I got myself into trouble," she laughs. At the age of 45, Enzo left the fish shop to continue on his own. A mussel knife, a titanic strength and a street vendor license to return to the market hall. One of the toughest bets of his life. Won. Many years later, this gentleman is still there, with his hands in the ice, his unmistakable laughter and his people. "Be free – he often says –. If someone asks you for help, do not spare yourself. But above all, laugh loud and leave your bag of problems outside the front door of your home." Today as then, Enzo does not fear rivals. Because his heart comes before fresh fish. And it comes to people first and better than the scent of the sea.

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STORIE

PUGLIESI ALL'ESTERO

MIKE AMIGORENA NEL TOUR PUGLIESE ORGANIZZATO DA RAIZ ITALIANA. PH: NATALIO BATTAGLIA

La nuova frontiera del “turismo delle radici” Raíz Italiana è una associazione pugliese che aiuta i discendenti degli italiani in Argentina a ritrovare la storia delle proprie famiglie L'aroma del sugo cotto sin dall'alba, la domenica mattina, non è solo la “madelaine proustiana” della loro infanzia. Mike, Sol e Fernando, Jesica e Fermin e tanti altri lo ricordano bene, mescolato dalle mamme e dalle nonne che tra un giro e l'altro preparavano la pasta tirandola ai ferri. Pranzi di famiglia diversi, lo stesso rito. L'abbaglio della memoria li riporta verso un comune percorso a ritroso.

Il pranzo della domenica, il suono dei dialetti, così magica e divertente quella lingua di cui riuscivano a intercettare le parole, ma che non avrebbero saputo riprodurre, i racconti di avventure epiche che però, veniva assicurato ai bambini, erano storie vere. Sono quelle storie che ancora risuonano in frammenti nelle loro orecchie, ad allungare il percorso della memoria oltre l'orizzonte visibile

della loro infanzia: più in là, oltre la soglia del mare attraversato dai nonni, in cucine simili di paesi dai nomi diversi, dall'altra parte del mondo. Così, l'odore di quelle domeniche non appartiene solo ai bambini che furono ma alle loro origini familiari e, infine, all'identità delle persone che sono oggi. Recuperare quel “primo tempo” della loro storia diventa, così, un modo per


di giorgia salicandro/

capirne l'intero svolgimento. Il Salento è il luogo da cui salperà il viaggio a ritroso verso le loro radici italiane: “Raíz Italiana” è il nome dell'associazione di base a Oria, in provincia di Brindisi, e a Guagnano, in quella di Lecce, che lavora per aiutare i discendenti degli italiani in Argentina (ma non solo) a ritrovare il filo delle loro famiglie spezzato dal viaggio oltreoceano degli antenati, spesso partiti e mai più tornati. Il progetto, finanziato dal bando Pin della Regione Puglia “Pugliesi innovativi”, è frutto dell'incontro fra tre brillanti trentenni legati per ragioni diverse all'Argentina: Marina Gabrieli, un dottorato in Beni culturali e del territorio con una tesi sul turismo delle radici, Attilio

Ardito, che per alcuni anni ha vissuto a Buenos Aires fondando “Aperitano”, l'aperitivo-evento dedicato alla comunità italiana, e Mariana Bobadilla, architetta argentina di origini marchigiane. Ciò che appariva evidente era l'eredità di un legame vivido trasmessa da chi era partito a figli, nipoti e pronipoti che, pur avendo perso la padronanza della lingua nel passaggio generazionale, continuavano tuttavia a traghettare una inestinguibile “nostalgia” verso l'Italia e un enorme desiderio di conoscerla in prima persona. Rappresentanti eccellenti della vasta platea degli “italici”, secondo la definizione del sociologo Piero Bassetti: italiani in Italia e fuori d'Italia, discendenti degli italiani e in generale

MIKE AMIGORENA NEL TOUR PUGLIESE ORGANIZZATO DA RAIZ ITALIANA. PH: NATALIO BATTAGLIA

QUESTA ESTATE L'ASSOCIAZIONE HA PORTATO IN PUGLIA MIKE AMIGORENA, STAR ARGENTINA DEL CINEMA E DELLA TELEVISIONE

tutti coloro che si riconoscono nei valori dell'italianità. L'Argentina è, peraltro, il primo Paese al mondo per numero di italiani, con oltre ottocentomila iscritti all'Aire (senza contare i loro discendenti senza cittadinanza) come richiamato nel “Rapporto italiani nel mondo 2017”. La proposta di Raíz Italiana si rivolge a chi di loro – e sono tanti – desidera recuperare le proprie radici, offrendo la possibilità di compiere a ritroso il viaggio dei nonni sino a tornare sui luoghi più intimi del passato familiare: il paese, la casa di famiglia, la parrocchia, persino il cimitero, senza escludere i centri turistici “classici”, in un itinerario costruito su misura con la collaborazione di diversi professionisti, dalla guida turistica allo studioso di genealogia. Inoltre, l'associazione supporta chi intende richiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana sulla base di un legame di discendenza, come previsto dalla Circolare K28 del ministero degli Affari esteri. Poiché una delle modalità per avviare l'iter procedurale è stabilire la residenza in un Comune italiano, l'associazione aiuta i candidati a “raccapezzarsi” tra casa, trasporti e pratiche burocratiche negli uffici dell’anagrafe e, inoltre, li inserisce in un percorso di “cittadinanza attiva” attraverso attività di volontariato che permettano loro di conoscere e integrarsi realmente nel territorio che li ospita. In circa un anno di vita, Raíz Italiana è riuscita a convincere il ministero degli Affari esteri che ha invitato l'associazione a collaborare alla scrittura di un documento strategico sul turismo di ritorno, presentato lo scorso 29 maggio alla Farnesina insieme a un video che racconta le attività del gruppo, finanziato dallo stesso dicastero. Questa estate l'associazione ha portato in Puglia Mike Amigorena, star argentina del cinema e della televisione, con un educational tour realizzato in collaborazione con l'Ente nazionale italiano del turismo in Argentina e finanziato da PugliaPromozione, Grazie a ricerche d'archivio, Amigorena ha potuto spingersi sino alla soglia della casa dei suoi bisnonni, a Bisceglie, visitando poi Polignano, Alberobello, Galatina, 100 101


STORIE

ALCUNI MOMENTI DEL VIDEO PROMO REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DEL MAECI. PH: IMAGINAPULIA

PUGLIESI ALL'ESTERO

e il “paese del Negroamaro”, Guagnano, dato il legame dell'attore con la cultura del vino che viene dal nonno bottaio. «In Italia ero stato in Sicilia, però non ero mai passato dalla terra dei miei avi – questo il suo racconto –; ricordo ancora le storie del mio bisnonno: si metteva alla porta di casa, tirava fuori una sedia e iniziava a sbucciare le fave per preparare un purè, che si mangia molto lì. Andare nella terra dei miei antenati, dopo quasi cent'anni, 102 103

è stato un grande orgoglio e un'emozione incontenibile». Al momento i tre soci lavorano per consolidare i loro rapporti con l'Argentina, ma anche per allargare le loro attività ad altri Paesi. Nella settimana tra fine settembre e i primi di ottobre, Raíz Italiana ha partecipato alla “Fiera internacional de turismo de Buenos Aires”, ospite di diverse iniziative promosse dal ministero e da Enit. «Il turismo delle radici è un

segmento importante per l'offerta italiana – spiega Marina Gabrieli –: parliamo di turisti responsabili, che vogliono sentirsi parte integrante della comunità. Consumano prodotti locali che ricordano loro la cucina dei nonni, sono grandi promotori del nostro Paese all'estero. Eppure solo di recente sta fiorendo un autentico interesse intorno a questo tipo di target». Un segmento dalle grandi potenzialità anche in Puglia, regione nella quale


ALCUNI MOMENTI DEL VIDEO PROMO REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DEL MAECI. PH: IMAGINAPULIA

A SCEGLIERE LA PUGLIA NON SONO SOLO I DISCENDENTI DI PUGLIESI MA, SPESSO, ANCHE CHI INTENDE RECUPERARE LA CITTADINANZA ITALIANA ALCUNI MOMENTI DEL VIDEO PROMO REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DEL MAECI. PH: IMAGINAPULIA


STORIE

PUGLIESI ALL'ESTERO

MIKE AMIGORENA NEL TOUR PUGLIESE ORGANIZZATO DA RAIZ ITALIANA. PH: NATALIO BATTAGLIA

IL CONFERIMENTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA DA PARTE DEL SINDACO DI GALATINA MARCELLO AMANTE A SOL VERA CASTAGNO E FERANDO MASI. PH: VALENTINA CHITTANO

DA SINISTRA MARIANA BOBADILLA, MARINA GABRIELI E ATTILIO ARDITO DI RAIZ ITALIANA

potrebbe contribuire alla tanto invocata destagionalizzazione dell'offerta turistica. A scegliere la Puglia, infatti, non sono solo i discendenti di pugliesi ma, spesso, anche chi intende recuperare la cittadinanza italiana e per farlo preferisce stare al sole

THE NEW FRONTIER OF "ROOT TOURISM" RAÍZ ITALIANA HELPS THE DESCENDANTS OF ITALIANS IN ARGENTINA TO REDISCOVER THE HISTORY OF THEIR FAMILIES The aroma of the tomato sauce cooked from dawn on Sunday mornings. Many people remember it well. A common journey backwards. Sunday lunch, and that language so magical and funny of which they could recognize the words, but not reproduce them. Recovering that "first half" of their history becomes a way to understand the whole process. Raíz Italiana helps the descendants of Italians in Argentina (but not only there) to find the thread of their families broken by their ancestors' journey overseas. The project is the result of the encounter between three bright thirtyyear-olds: Marina Gabrieli, Attilio Ardito and Mariana Bobadilla. Although they have lost the command of the Italian language, many descendants show a clear bond with their country of origin – an unceasing "homesickness" towards Italy and the wish to come here for the first time. Raíz Italiana offers those who wish to recover their roots the possibility of retracing their grandparents' journey back to the most intimate places of their family past, without excluding the "classic" tourist centres. The association also supports those who aim to

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del Sud Est. Sol Vera Castagno e Fernando Masi, di origini rispettivamente piemontesi e lucane, sono due tra i molti argentini che danno un volto concreto a questa platea. Da alcuni mesi hanno stabilito la loro residenza a Galatina e dalla base salentina stanno sbrigando le pratiche burocratiche necessarie al riconoscimento. Lui chef, lei traduttrice, hanno lasciato i rispettivi lavori per tuffarsi a capofitto in quest'avventura. «Io ho perso mia madre, l'ultima persona che teneva legato un filo con l'Italia – racconta Sol –, allora ho sentito che era necessario compiere questo viaggio, riappropriarmi di quel vuoto. Non è stato tutto semplice, non ci siamo sentiti accolti da tutti, però ci ha salvato la buona gente in cui ho ritrovato il buon cuore degli italiani d'Argentina». «È stato incredibile, una volta arrivato qui, scoprire perché sono così: perché gesticolo, perché parlo ad alta voce, perché la domenica per me è sacra – sorride Fernando –, tutte cose tipiche della mia famiglia, che ci distinguevano dagli altri». Passato e futuro. L'Italia, per questi due giovani argentini che vogliono diventare italiani, è anche questo: «Probabilmente resteremo qui – dice Sol – cercheremo un lavoro, un posto in cui sentirci a nostro agio, il nostro posto nel mondo».

request the recognition of their Italian citizenship. Last summer, Argentinian star Mike Amigorena came to Apulia thanks to the association. Amigorena was able to reach the threshold of his great-grandparents' home, in Bisceglie, and then to visit Polignano, Alberobello, Galatina, and the "town of Negroamaro", Guagnano. “I had never been to the land of my ancestors, – he says – but I can still remember my greatgrandfather's stories. It was an uncontrollable emotion.” At the moment, the three partners are working to consolidate their relations with Argentina, but also to expand their activities to other countries. “Root tourism is an important market segment for the Italian supply, – Marina explains –. We are referring to responsible tourists, who want to feel an integral part of the local community. They buy local products and are great promoters of our country abroad. Yet only recently a genuine interest in this type of target is rising.” Apulian descendants are not the only ones who choose Apulia. This region is often chosen even by those who want to recover Italian citizenship and prefer to stay in the sun of the south-east of Italy. “It was incredible, once I get here, to find out why I usually wave my hands, speak aloud and Sundays are sacrosanct for me,” Fernando smiles. The past and the future. “We will probably stay here, – says Sol –. We will look for a job and for our place in the world.”


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PICCOLA COMPAGNIA IMPERTINENTE – ATTENTATO AL PICCOLO PRINCIPE

ARTE

«Il teatro è il nostro atto di resistenza» Da Foggia a Taranto, da Crispiano a Tricase e a Lecce, in scena gli attori di una rivolta culturale necessaria Questo è un viaggio tra compagnie e teatri radicati. Tra esperienze di resistenza culturale scovate in giro per la Puglia, da Foggia a Taranto, arrivando a Tricase per poi tornare a Lecce. Conoscerete professionisti di lungo corso con la libertà del teatro off. Sono le storie di chi mettendo in scena il sogno narra la vita. Piccola compagnia impertinente – Foggia Un tempo c’era una tipografia, al civico 49 di via Castiglione. Poi dieci anni fa un gruppo di giovani attori ha dipinto le pareti di nero, tirato su le quinte e così il piano terra di un condominio è diventato una scatola misteriosa nella quale 106 107

chiudere gli occhi e andare liberi con la fantasia. Il teatro della Piccola Compagnia Impertinente di Foggia è cresciuto insieme al suo pubblico in un quartiere urbano. La compagnia oggi parla ad un pubblico giovane, parla di loro con loro mettendo in gioco l’emozione di vivere la storia più interessante: lasciare una traccia, una domanda sulla quale interrogarsi. «In un teatro piccolo come il nostro vivi a contatto con l’attore, con le voci, con i silenzi, con il buio che nei grandi teatri ormai non c’è più – racconta Pierluigi Bevilacqua, attore, regista e fondatore della compagnia –. L’unicità di quell’esperienza crea comunità. In una città molto complessa come Foggia, la cui


di annachiara pennetta/

mafia è la quarta d’Italia e i riflettori si accendono spesso solo per fatti di cronaca, fare teatro in questo modo per noi è un atto di resistenza. L’atto di resistenza che quasi mi commuove è quando i ragazzi la sera passano in teatro, qui trovano un punto di riferimento sociale, sentirgli dire: “Ci vediamo in teatro” è un grande orgoglio per noi. Per tanto tempo il teatro si è dimenticato di loro». Guardando al futuro, la nuova stagione, da novembre 2018 ad aprile 2019, si caratterizzerà per una nuova linea stilistica: per la prima volta da quando è nata, la compagnia affronterà alcuni classici. A modo suo, ovviamente. «Impertinenti nella forma e nella sostanza. Per noi è un passo importante – conclude Pierluigi – capace di stabilire uno spartiacque tra la nostra poetica e ciò che in teatro da sempre rappresenta un punto fermo. Il più stimolante sarà la rilettura di Mia famiglia di Eduardo De Filippo, ma anche scomporre e ricomporre Il malato immaginario di Molière. In più le compagnie ospitate avranno elementi che riportano a temi classici, soprattutto Tiziana Vaccaro che porterà in scena Terra di rosa, la vita di Rosa Balestrieri». Cooperativa Crest – Taranto Clarice, Aglaura, Moriana, Zemrude, Tecla. Sono cinque tra Le città invisibili di Calvino, cinque storie che sembrano scritte per la Città Vecchia di Taranto, come in un racconto incompleto in cui, guardando ciò che si ha, ci si scontra con ciò che manca. Mentre andiamo in stampa, il Crest mette in scena Città sospese e Skiuma, la sposa sirena, due narrazioni di Giovanni Guarino liberamente ispirate ai racconti di Calvino. Parte da qui la stagione autunnale della Cooperativa Teatrale Crest, acronimo di Collettivo di Ricerche Espressive e Sperimentazione Teatrale. E parte da qui la storia del teatro TaTà. Incastonato nella parte più degradata del quartiere Tamburi di Taranto, che ospita il più grande stabilimento siderurgico d’Europa, il TaTà è uno spazio polifunzionale dinamico e dal 2009 è una residenza teatrale che ha accolto nel corso delle stagioni più di 200mila spettatori. È gestito dal Crest e oggi è una leva culturale che sostiene

PICCOLA COMPAGNIA IMPERTINENTE – ATTENTATO AL PICCOLO PRINCIPE PICCOLA COMPAGNIA IMPERTINENTE – I DON’T CARE

L’ATTO DI RESISTENZA CHE QUASI MI COMMUOVE È QUANDO I RAGAZZI LA SERA PASSANO IN TEATRO, QUI TROVANO UN PUNTO DI RIFERIMENTO SOCIALE TEATRO TATÀ CREST


ARTE

TEATRO

IN PERIFERIA C’È QUASI SEMPRE UNA CHIESA. NEL NOSTRO QUARTIERE C’È UNA CHIESA E UN TEATRO TEATRO TATÀ CREST

CIRCO NOMADE

bambini, ragazzi e famiglie. «Abbiamo avuto sempre la peculiarità di radicarci in territori che presentavano delle difficoltà di carattere sociale e culturale – racconta Giovanni Guarino, vicepresidente della cooperativa Crest e responsabile del settore progettazione e animazione del territorio –. Venire ai Tamburi non è stata una scelta casuale, è stato come pagare un pegno a questo quartiere che si è immolato per niente e che per molti rappresenta la periferia delle periferie. Il TaTà voleva essere uno stimolo e in parte ci siamo riusciti, piano piano la gente ha iniziato a riconoscere lo spazio teatrale». Favole e tamburi, Periferie, Heros sono alcune delle rassegne diventate il fulcro della narrazione del TaTà e lo saranno anche per la prossima stagione. Si aggiungono tutte le attività nelle scuole, i laboratori e il racconto teatralizzato della ricchissima storia di Taranto nei suoi luoghi simbolo come la Città Vecchia, il Parco archeologico e il borgo. Nella stagione 2019 prenderà vita anche il progetto di animazione culturale e sociale Ketos, in collaborazione con la Jonian Dolphin Conservation, un'associazione di ricerca scientifica riconosciuta a livello internazionale finalizzata allo studio e alla protezione dei cetacei nel Golfo di Taranto. CIRCO NOMADE

Circo LaboratorioNomade – Crispiano Il teatro non è solo recitazione. È contaminazione di tecniche e ispirazioni. Lo sanno bene gli artisti del Circo LaboratorioNomade di Crispiano. Lavorano stabilmente nella cittadina in provincia di Taranto e da alcuni anni collaborano con il Crest. Si è appena chiuso il Festival Paisiello nella Città Vecchia di Taranto e nel 2019 proseguiranno le attività di teatro circense con un progetto di contaminazione artistica insieme al Crest e alla regista Delia De Marco. Integrato in una provincia problematica ma che si dà da fare, il laboratorio è diventato un punto di riferimento nella formazione sulle arti circensi. «A febbraio 2019 la compagnia compirà dieci anni di attività – sottolinea la responsabile della Scuola di circo, Monia Pavone – festeggeremo con una rassegna di circo teatro al Comunale di Crispiano. Collaborare con il Crest è un’esperienza di forte coesione, sociale e artistica, con loro mescoliamo le arti espressive per entrare nella realtà delle tecniche del teatro contemporaneo. Per noi resta fondamentale la formazione di bambini e ragazzi, essere per loro un punto di riferimento».


COMPAGNIA ALIBI

Alibi, Artisti Liberi Indipendenti – Tricase È tutto nel nome. Alibi – Artisti Liberi Indipendenti ed Essenza Teatro sono due identità della stessa anima. Tricase, sede delle attività principali della compagnia Alibi, si trova nella punta più estrema della Puglia. È periferia geografica dalla quale si diramano radici forti al pari di città in cui le influenze culturali di solito arrivano prima. La scuola di teatro di Alibi si chiama “Maldestro” e anche quest’anno porterà in scena, tra gli altri, un testo originale scritto dal regista e drammaturgo Walter Prete. «This Age riflette sulla necessità delle rivoluzioni – anticipa Walter –. L’ho scritto in concomitanza con il cinquantesimo dei moti del '68 ma è ambientato nella contemporaneità, in un corso

di disobbedienza etica. La riflessione alla quale siamo giunti è che nel '68 si usciva da una guerra, l’economia si stava ricostruendo completamente sul progresso industriale, la spinta propulsiva che avevano i trentenni nel '68, a differenza di oggi, era dovuta al fatto che non c’erano preoccupazioni per quanto riguardava lavoro e salute, a loro sembravano dei serbatoi infiniti. Oggi invece sono i due punti deboli della società. Da qui la disobbedienza etica, la necessità di un nuovo moto rivoluzionario. Il nostro teatro è necessariamente un teatro politico, sociale, di denuncia». Cantieri teatrali Koreja – Lecce «In periferia c’è quasi sempre una chiesa. Nel nostro quartiere ci sono una chiesa e un teatro». I Cantieri Teatrali Koreja sono teatro stabile a Lecce, a Borgo

Pace, dal 1998. Il progetto artistico fatto di opere, di azioni e di storie nasce ad Aradeo nel 1985, nel sud del Sud. Oggi i Koreja sono una realtà internazionale consolidata con tournée e collaborazioni in Serbia, Croazia, Russia, Europa. Fino all’Albania, dove l’estate scorsa – con lo spettacolo Katër I Radës. Il naufragio, memoria della tragedia della piccola motovedetta albanese, sovraccarica di uomini, donne e bambini, affondata nel marzo del 1997 davanti alle coste italiane – è stata intitolata una piazza di Tirana ad Alessandro Leogrande, giornalista e scrittore prematuramente scomparso, librettista dello spettacolo. Il fondatore e direttore dei Koreja, Salvatore Tramacere, nel ricordare quest’ultima tappa del viaggio continuo della compagnia, parla di “luoghi altro”: 108 109


ARTE

TEATRO

COMPAGNIA ALIBI

«Il nostro lavoro guarda molto al mondo e non al localismo. Lecce vive di centralismo geografico, chi non sta a Lecce è in periferia. Proprio a partire dalla periferia sviluppiamo, tutto intorno a questo concetto, le nostre rassegne Teatro dei luoghi e Strade Maestre, che provano a far diventare i luoghi altro rispetto a ciò che sono. L’altro ci ha sempre interessato e lo andiamo a cercare anche fuori dal Salento. Lo facciamo da trent’anni ma lo sentiamo ancora più necessario oggi per

come l’Italia si pone di fronte a certi temi. Ritornare a pensieri più audaci, a fare politica che non significa dire con chi stai, ma da che parte stai». La stagione 2019 di Strade Maestre si ispira al pensiero di Camus, “Mi rivolto dunque siamo”, estratto dalla sua raccolta di articoli, scritti politici e interventi. «Manifesta le ragioni di una rivolta necessaria, la volontà di un teatro che prende posizione – conclude Tramacere – attraverso il suo fare e proporre cultura».

CANTIERI KOREJA, FRAME. PH: ALESSANDRO SERRA

CANTIERI KOREJA, BIENNALE DI VENEZIA. PH: AKIKO MIYAKE’ CANTIERI KOREJA, FRAME. PH: ALESSANDRO SERRA

"THEATRE IS OUR ACT OF RESISTANCE" FROM FOGGIA TO TRICASE, ON STAGE THE ACTORS OF A NECESSARY CULTURAL UPRISING This is a journey through well-established theatres and companies. Through experiences of cultural resistance wandering around Apulia. Professionals who tell life by staging dreams. Piccola compagnia impertinente – Foggia Once upon a time, there was a printing house. Then, ten years ago, a group of young actors raised the wings of a theatre. Today, the Piccola Compagnia Impertinente talks to the young, every time leaving them a question. "To be on the stage in this way – says Pierluigi Bevilacqua, the company founder – is an act of resistance for us. The awareness that we are a social point of reference for them is a great pride for us." Cooperativa Crest – Taranto The TaTà Theatre, set in one of the most degraded neighbourhoods in Taranto, is a multifunctional space managed by the Crest as well as a cultural leverage that supports children, young people and families. "We have always put down our roots in territories with social and cultural difficulties, – says Giovanni Guarino, the cooperative vice president.- Coming here was like paying a pledge to this neighbourhood that many people consider the suburb of all suburbs."

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Circo LaboratorioNomade – Crispiano Integrated into a problematic province, the laboratory has become a point of reference for training on circus arts. "To collaborate with the Crest – underlines the head of the Circus School, Monia Pavone – is an experience of strong social and artistic cohesion. Training children and young people remains essential for us. " Alibi, Artisti Liberi Indipendenti – Tricase Tricase is a geographic periphery from which strong cultural roots spread. The text staged this year, written by Walter Prete, "This Age meditates on the need for ethical disobedience, – discloses Walter –. In 1968, just a few years after the end of the war, the country's economy was being reconstructed on industrial development, there were no worries about health. On the contrary, today it is one of the weak points in society. Our theatre is necessarily political and social, a theatre of denunciation." Cantieri teatrali Koreja – Lecce They have steadily been in Lecce since 1998. Today, they work together with other companies in Serbia, Croatia, Russia, Albania. "For thirty years we have looked for "the other" even outside Salento – says the Koreja founder, Salvatore Tramacere – but we feel it is even more necessary today due to the way Italy is facing certain issues." The 2019 season "explains the reasons for which an uprising is necessary, showing the will of a theatre taking up position," – concludes Tramacere.


CASTELLO ACQUAVIVA D’ARAGONA (MUNICIPIO), NARDÒ

COMUNE DI NARDÒ ASSESSORATO ALLE POLITICHE CULTURALI E TURISMO

Salento.

OGNI GIORNO UNA SCOPERTA


ARTE

TRA I GENERI

Un artista salentino: Giuseppe Zilli Originario di San Donato di Lecce, negli anni Settanta avvia la sua attività espositiva e interpreta, rielabora e approfondisce, mediante un lavoro autonomo e solitario. Siamo in un generale clima di ritorno all’ordine in Italia – ma anche altrove – , gli artisti si confrontano con la superficie del “quadro”, sulle aspirazioni delle Avanguardie storiche e su più fronti si delineano i percorsi che poi entreranno nella storia dell’arte contemporanea: dalla Pittura colta ai Nuovi Nuovi, RECONDITE ARMONIE

Quando sul finire degli anni Settanta Giuseppe Zilli (San Donato di Lecce, 1956) avvia la sua attività espositiva, il suo esordiente percorso nell’arte è legato alla pittura e all’immagine. I dipinti “superstiti” di quel periodo rivelano una doppia predilezione, da un lato verso l’immagine – e quindi la narrazione – e dall’altro verso il Cubismo. Erano trascorsi circa sei decenni dalle esperienze picassiane, che Zilli da giovanissimo conosce, riconosce


PORTAGIOIE CUTI 7

di lorenzo madaro/

LA BIDIMENSIONALITÀ DEL QUADRO GLI STA STRETTA, SCAVA NELL’ANCESTRALE SIMBOLOGIA DELLA SUA TERRA E SCOPRE LA CARTAPESTA ARANCIO 1

per giungere alla più fortunata stagione della Transavanguardia, con Enzo Cucchi, Francesco Clemente, Sandro Chia, Nicola De Maria e Mimmo Paladino. Si teorizzava – intuizione che si deve al critico Achille Bonito Oliva – una necessità di confrontarsi con il genius loci, ma anche con i mezzi della tradizione, che gli artisti concettuali e poveristi avevano messo da parte a favore di dinamiche e linguaggi sfaccettati. Zilli all’epoca non conosce affatto queste istanze, ma in qualche modo sono le medesime che persegue in quegli anni. Perché riprende temi classici, “Silenzioso si ritira a dipingere un quadro” – per parafrasare uno storico lavoro pittorico di Paladino – e non perde di vista la rappresentazione e il riferimento alla storia dell’arte. Non dimentichiamo che viveva in un piccolo centro come San Donato e la stessa Lecce, a prescindere da alcune singole personalità all’epoca dinamiche e aperte, viveva in uno stato sonnacchioso e “sbarocco”, con poche gallerie e istituzioni praticamente assenti, anche sul fronte della formazione universitaria e accademica. Nature morte, composizioni, ritratti: anche i generi a cui guarda Zilli all’epoca sono legati alla storia delle immagini, che egli interpreta con un approccio ancora acerbo. La bidimensionalità del quadro gli sta

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TRA I GENERI LA GRANDINE

ARTE

stretta, scava nell’ancestrale simbologia della sua terra e scopre la cartapesta. Naturalmente la dispone in relazione alle sue necessità, la considera una pelle su cui tracciare segni e immagini, recuperando un’iconografia plurale che appartiene a quell’area di Puglia. I volti tracciati con la pittura si muovono su un doppio strato di riferimenti: da un lato c’è quella devozionale e rupestre, immagini che si declinano sulle pareti delle grotte e delle piccole cappelle, intervallando credenza popolare a una pittura ancestrale; dall’altro 114 115

c’è il presente, ciò che avviene in altre latitudini a quel tempo sul fronte della pittura. Penso al già citato Paladino, ad A. R. Penck e al Neoespressionismo di lingua tedesca. Zilli esce così dai confini canonici del quadro, dai condizionamenti di una superficie immobile, sfonda la parete e inizia a muoversi, insieme al suo gesto, nello spazio vivo non solo della rappresentazione ma della fruizione. C’è così uno scarto, che si evidenzia proprio in questi fatidici anni Ottanta. Oggi, osservando i quarant’anni di operati-

vità nell’arte di Zilli, ci si rende conto che una delle costanti della sua indagine sia proprio la ricerca del segno – del tempo, della storia, dell’esistenza medesima – e dello spazio, ovvero della relazione dialettica con esso, della volontà di esercitare un flusso energetico di materia, palpabile e non, sull’ambiente in cui l’opera agisce ed esiste. Dalla sua ricerca emerge anche una predilezione costante, ovvero il ricorso alle materie naturali, modificate e ripensate di volta in volta. La sua è una scultura


APPESI A S'È STESSI

LE SCULTURE DI ZILLI SONO ARCHITETTURE COMPOSTE DA SOVRAPPOSIZIONI E CONVIVENZE IMPROVVISE DI SENSO

Il ricorso a differenti linguaggi è sintomo di una sperimentazione costante, di una volontà di indagare temi e argomenti con letture trasversali: accade ciò anche con la fotografia, che egli adotta per fotografare – con il platino d’argento – i materiali che sono alla base del suo medesimo lavoro installativo. Zilli è quindi un archeologo, scava la pietra, scopre la materia ancestrale, ma la rielabora, associandola ad altri materiali, prende in prestito oggetti dal reale per associarli a pigmenti e terre, utilizza l’acqua e il fuoco, vive lo spazio attivo della simbologia, cerca connessioni tra uomo e terra, tra tradizione e presente di ognuno di noi. Lo fa anche quando torna apparentemente alla pittura, associando dei sacchi di iuta a tele dello stesso materiale, dipinte con colori monocromi simbolici. All’interno dei recipienti, presi in prestito dal mondo contadino, troviamo sabbie e sali, che si ricongiungono idealmente alla bidimensionalità del quadro, creando però profili tridimensionali che sfociano nella scultura a muro. In anni più recenti – siamo già nei Duemila – la scultura assume un’ulteriore importanza, Zilli recupera il marmo rosa del Portogallo, la pietra di Apricena, travertino rosso e tanti altri brandelli di materia, che lavora, sbozza e affianca per creare delle piccole sculture che vivono la precarietà VERSO- FIORI

sua accezione più articolata e plurale – è da anni al centro della sua pratica, che oramai da tempo predilige i linguaggi aniconici. Anche la carta è uno dei punti cardinali del lavoro di Giuseppe Zilli, è un materiale alla base di numerose opere, basti pensare a questo grande ciclo che l’ha impegnato in anni recenti con un lavoro installativo poi andato in scena nel castello di Acaya, in Salento.

FAVI

che impiega materiali e stratificazioni di elementi eterogenei, come il caffè – che nel suo concept rivela energia – e la calce, che disinfetta. È un’arte che vuole generare pensiero, confrontandosi sui grandi temi che appartengono a questa pratica da sempre: basti pensare alla grande spirale in legno che custodisce i quaderni di piccolo formato dedicati all’Apocalisse. La Religione – nella


TRA I GENERI sofisticato scultore pugliese prematuramente scomparso, ma rivela anche tangenze con Arp, Brancusi e Moore. D’altronde Zilli ha uno sguardo nomade e il suo lavoro evidenzia famigliarità con ricerche e questioni che hanno interessato l’arte del Novecento, fino all’era Post moderna. Sicuramente un principio basilare del suo fare è connesso all’Arte Povera: non a un maestro specifico del movimento, ma a un sentire comune nei confronti della madre terra e della materia, dello spazio e del tempo in cui si sviluppa, in relazione all’uomo e al suo

INSTALLAZIONE

di un equilibrio sommario eppure per questo seducente. Le sculture di Zilli sono architetture composte da sovrapposizioni e convivenze improvvise di senso, che rivelano la loro energia totemica a contatto con la luce, quando le superfici levigate acquisiscono ulteriori consistenze. A volte entrano in campo anche le corde ad assecondare queste pacifiche convivenze tra materie provenienti da diverse parti del mondo, connettendo così – tra precarietà e persistenza – porzioni differenti di realtà. Ha una parentela formale con Nino Rollo,

PECCATI CELATI

ARTE

prefigurarsi non più come osservatore ma come partecipatore attivo dell’opera stessa. Anche la carta, quando è utilizzata nella sua essenza primigenia, è scultura, perché Zilli la incide, la utilizza come se fosse un supporto metallico da scavare, facendo così emergere porosità, screziature, finalizzate a tracciare un percorso, un segno, che è insieme labile e persistente, morbido ed eterno, come il valore dell’arte, che si rinnova, vive di antinomie e tangenze, cambia strada e poi ritorna a rappresentare l’uomo e la sua essenza, il suo habitat e la sua costante voglia di relazione con tutto ciò che è tangibile e reale. Si intervalla così un percorso plurale, con inciampi, proposizioni e sguardi. In attesa di nuovi lavori, nuovi sguardi su quel mondo ancestrale su cui Zilli punta lo sguardo da quarant’anni e oltre.

AN ARTIST FROM SALENTO: GIUSEPPE ZILLI COMING FROM SAN DONATO DI LECCE, IN THE SEVENTIES HE STARTS HIS EXHIBITION ACTIVITY Zilli's debut is linked to painting and image. The paintings of that period reveal a double preference: for the image and for Cubism. In Italy, artists address themselves to the surface of the "painting". They theorise the need for a return to the genius loci, but also to the means of tradition. Zilli does not know these requests, but in some way they are the same he pursues in those years. The genres at which Zilli looks at the time are linked to the history of images. The two-dimensionality of the painting restrains him; he digs into the ancestral symbology of his land and discovers papiermâché. Zilli draws signs and images, recovering a plural iconography that belongs to that area of Apulia. On the one hand, there is the devotional and rock painting; on the other, there is the present, what happens in other latitudes at that time. He thus emerges from the canonical boundaries of the painting and begins to move in the living space of utilization. Today, forty years later, we realize that one of the constants of his research is precisely the search for the sign – of time, of history, of the existence itself – and of space, of the dialectic connection to it. There is a constant fondness for natural materials and for the stratification of heterogeneous elements, such as coffee and lime. His art aims at generating thought, talking over the great issues. Religion has been the focus of his activity for years. Paper is another key point of Giuseppe Zilli's work. The use of different languages is a symptom of constant experimentation, of the willingness to investigate topics with crosscutting readings: this also happens with photography, which he adopts to take a picture of the materials at the bottom of his own work. Zilli combines stone with other materials, uses water and fire, looks for connections between man and earth, between tradition and the present. His sculptures reveal their totemic energy when they meet light. The materials he uses come from different parts of the world, thus connecting different portions of reality. Zilli's work highlights his familiarity with the Twentieth-century art. The way he works is connected to minimal art, to a common feeling towards the earth mother and the material, towards people and their being active participants in the work itself. Even paper becomes a sculpture, as Zilli engraves it, bringing out porosities and colours, aimed at tracing a path, which is ephemeral and persistent at the same time. It denotes a plural path, waiting for new looks on that ancestral world at which Zilli has been looking for forty years or more.

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CULTURA E SOCIETÀ

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di angelo maria monaco/

Una rete di esposizioni tra l’Accademia e il territorio salentino Si tratta del “Progetto Incipit”, iniziativa museografica dinamica tra Lecce, Nardò, Galatina “La formazione, se non accompagnata da occasioni di riscontro e di apertura con il pubblico, rischia di implodere ed è pertanto necessario offrire agli studenti delle Accademie la possibilità di mostrare il proprio lavoro all’esterno dell’ambiente protetto delle aule e dei laboratori, secondo una programmazione partecipata e strutturata, senza improvvisazioni”. Così ha esordito Fernando De Filippi, attuale presidente dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, durante il lancio del progetto Incipit nel 2017. Un’osservazione interessante, a commento di un progetto trasversale che interessa tutto il territorio salentino in un’ottica di promozione e di crescita culturali. Giunto alla seconda edizione, di seguito il progetto è presentato sotto

l’agile forma del dialogo, dove gli interlocutori sono l’Accademia in sé e un ipotetico cittadino desideroso di conoscere come l’istituzione possa interagire con il territorio. Ma allora cos’è Incipit? Incipit è un’iniziativa museografica “dinamica” volta a valorizzare la produzione artistica degli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Lecce e a stabilire, attraverso forme di partecipazione relazionali, connessioni sul Territorio, sia con chi si occupa di divulgazione di attività culturali in particolare nell’ambito dell’arte contemporanea, sia con la Comunità dei non addetti ai lavori, quindi con la Città in senso lato.

Chi lo ha pensato? Incipit è un progetto museografico scaturito dall’esperienza maturata da Fernando De Filippi, – esponente di spicco dell’arte concettuale contemporanea, – nell’ambito della conduzione di importanti istituzioni di formazione artistica come ad esempio l’Accademia di Belle Arti di Brera, nonché in virtù dell’esperienza personale maturata come artista. Chi lo ha realizzato? L’idea di creare le condizioni per far maturare agli allievi un’esperienza strutturata nel mondo dell’arte contemporanea, lanciata da De Filippi, subito accolta dal direttore dell’Istituto Andrea Rollo, è stata condivisa con entusiasmo dal corpo docente e soprattutto dagli allievi che hanno avviato tutti i dispositivi necessari per la realizzazione del progetto, anche attraverso forme di collaborazione inedite rispetto allo scenario consueto della formazione e della didattica in Accademia. Com’è stato realizzato? La prima edizione del progetto è consistita in una rassegna di esposizioni allestite presso sei gallerie salentine, tra maggio e settembre 2017, pubblicizzate e promosse con un costante inserimento partecipato di contenuti sulle piattaforme dei social media più frequentati dal “popolo della rete”. Sei galleristi sono stati invitati a interagire con i giovani talenti che studiano nelle Scuole di Pittura, Scultura, Scenografia, Decorazione e Grafica dell’istituto di alta formazione artistica leccese, selezionando una serie di opere da esporre in galleria.


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CULTURA E SOCIETÀ

L’IDEA DI CREARE LE CONDIZIONI PER FAR MATURARE AGLI ALLIEVI UN’ESPERIENZA STRUTTURATA NEL MONDO DELL’ARTE CONTEMPORANEA L’intenzionale assenza di un tema su cui lavorare ha favorito la presentazione di una molteplice varietà di soluzioni creative, tutte però accomunate dall’essere espressione di percorsi di formazione e di ricerca artistica fondati su solide basi di competenza tecnica, acquisite con lo studio.

cerche in corso dei 58 allievi che hanno partecipato; infatti, oltre alle riproduzioni fotografiche di tutte le opere esposte, ci sono i profili critico-biografici di costoro, in modo tale da farti comprendere quanto siano molteplici le ricerche artistiche che conducono.

Cosa resta della prima edizione? Resta un catalogo a cura di due docenti dell’Accademia (Angelo Maria Monaco, storico dell’arte, Ester M. V. Annunziata, architetto), edito presso Edifir di Firenze lo scorso marzo, che documenta le attività del progetto contestualizzandole nello scenario critico e curatoriale salentino. Il catalogo si compone di sei sezioni critiche, precedute da un saggio sul tema della curatela, della ricezione dell’arte contemporanea nel territorio, inserito come presupposto metodologico e critico.

E le sezioni critiche del catalogo di cosa parlano? Le sei sezioni critiche che precedono le riproduzioni delle opere sono l’esito di un confronto tra i docenti che hanno curato l’iniziativa (oltre ai due già menzionati, hanno collaborato le docenti Patrizia Dal Maso e Patrizia Staffiero) e i galleristi che hanno preso parte al progetto, ancora una volta su temi concernenti l’ambito del contemporaneo: mercato dell’arte, ricezione, sensibilizzazione e divulgazione dei nuovi linguaggi, resistenze e luoghi comuni.

Allora è noioso? No, per nulla. È uno strumento scientifico e di divulgazione che consente di mettere in luce soprattutto le personalità e le ri-

Quindi in Salento come siamo messi con l’arte contemporanea? Dai testi emerge un quadro complesso che dimostra da un lato quanto sia necessario


avviare pratiche virtuose di divulgazione non estemporanee o preconfezionate, che non restino scollate dal contesto territoriale, dall’altro manifesta la curiosità della collettività dei non addetti ai lavori, abitanti di un territorio fortemente connotato in senso storico artistico da un fagocitante barocco, rispetto ai linguaggi meno legati alla tradizione. Che prospettive ha il progetto? Incipit è diventato un progetto a cadenza annuale, che mira tanto all’incremento dell’offerta formativa dell’Accademia, quanto all’ampliamento di una rete di relazioni tra istituzione, territorio, gallerie, musei e cittadini. Anche l’edizione di quest’anno ha visto la partecipazione entusiasta di allievi, docenti e galleristi, confluita nell’allestimento di ben undici esposizioni tra Lecce, Nardò e Galatina, con grande successo di pubblico. E l’amministrazione comunale in tutto ciò ha manifestato interesse? Assolutamente. Del resto, quando gli amministratori sono uomini di cultura, è inevitabile che siano incuriositi dalle iniziative volte alla valorizzazione di qualcosa di autentico come la creatività di giovani studenti, per la cui realizzazione non è stato nemmeno fatto ricorso a finanziamenti pubblici se non a risorse interne all’istituto. Riconosciuto di particolare valore scientifico, culturale e sociale, il nostro progetto è inserito nell’agenda dell’assessorato alla Cultura della Città di Lecce e, al fine di ampliare la rete di contatti con la comunità cittadina, prevede come ultimo appuntamento espositivo l’allestimento di una mostra dal 9 al 23 novembre, al MUST, il Museo della Città di Lecce, che è un luogo, stando alle dichiarazioni dell’Assessore alla Cultura Antonella Agnoli, destinato a diventare un punto di riferimento per l’aggregazione culturale sul territorio. Interessante in proposito è stato proprio l’intervento dell’Assessore, tenuto nella conferenza stampa di lancio di Incipit II, lo scorso aprile in Accademia, con cui ha messo in evidenza come sia necessario dotare la città di luoghi in comune dedicati all’arte,

ANCHE L’EDIZIONE DI QUEST’ANNO HA VISTO LA PARTECIPAZIONE ENTUSIASTA DI ALLIEVI, DOCENTI E GALLERISTI, CONFLUITA NELL’ALLESTIMENTO DI BEN UNDICI ESPOSIZIONI

che non restino esclusivo appannaggio di una élite colta ma che siano veri e propri centri di aggregazione, anche per coloro che non hanno potuto sviluppare, per varie ragioni sociali, economiche o di educazione, una sensibilità nei confronti della cultura. Cosa resterà della seconda edizione? Anche la seconda edizione del progetto si fonda su risorse interne all’Accademia, ed è gestita con gli strumenti di divulgazione più efficaci, quali i social media. Concluso il calendario di esposizioni, Incipit II sarà documentato in un catalogo a più mani,

incentrato tanto sulla valorizzazione delle opere esposte, quanto sulla ricaduta attiva e positiva delle esposizioni che si sono tenute a partire dalla fine del mese di giugno di quest’anno, in un’ottica di scambio reciproco, di connessione e di crescita relazionale del tessuto culturale urbano e dei cittadini. Se fossimo su fb ti metterei un bel like! Puoi farlo, è sufficiente che tu vada sulla pagina profilo del progetto dove potrai scaricare l’agenda e seguire tutte le iniziative. Fb: “Progetto Incipit II. Rete di esposizioni”. 120 121


ARTE

CULTURA E SOCIETĂ€

A NETWORK OF EXHIBITIONS BETWEEN THE ACADEMY AND THE SALENTO AREA

curatorship and the reception of contemporary art in the area.

"PROGETTO INCIPIT" IS A DYNAMIC MUSEOGRAPHIC INITIATIVE BETWEEN LECCE, NARDĂ’ AND GALATINA

Is it boring? Not at all. It is a tool that allows to highlight the personalities and the research of the 58 students who participated in the project.

"If not accompanied by opportunities for feedback and openness to the public, training risks imploding and it is therefore necessary to offer the Academy students the opportunity to show their work." This is how Fernando De Filippi, the current president of the Academy of Fine Arts in Lecce, began his speech during the launch of the Incipit project in 2017. What is Incipit? Incipit is a museographic initiative aimed at enhancing the artistic production of the students of the Academy of Fine Arts in Lecce. Who conceived it? It started from De Filippi's experience, a leading exponent of the contemporary conceptual art. Who realized it? The idea was immediately welcomed by the director of the Institute, Andrea Rollo, and was enthusiastically shared by the teaching staff and by the students. How was it realized? A series of exhibitions was held in six galleries in Salento, between May and September 2017. Six art gallery owners interacted with young talents who finally presented a multiple variety of creative solutions. What remains of the first edition? There is a catalogue edited by two professors of the Academy which consists of six critical sections, preceded by an essay dealing with

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And what are the critical sections of the catalogue about? They are the result of a debate about the art market, the reception, the awareness and the dissemination of new languages, resistance and platitudes. In Salento, how are we with contemporary art? We need to start non-impromptu virtuous practices of dissemination. On the other, the general public shows curiosity about new languages less tied to the Baroque tradition. What are the project perspectives? Incipit aims to increase the educational offer of the Academy and to expand a network of relations between the institution, the territory, galleries, museums and citizens. Was the local government administration interested in all this? Absolutely. This is why there will be an exhibition at Must from 9th to 23rd November. What will remain of the second edition? Incipit II will be documented by a multi-purpose catalogue, focused both on the valorisation of the exhibited works and on the positive and active fallout of the exhibitions. If we were on FB, I would give you the thumbs up! You can do it. Just visit the page: "Progetto Incipit II. Rete di esposizioni."



TERRITORIO

COMUNE DI GALLIPOLI

UN BRINDISI ALLA CONDIVISIONE Gallipoli e Sutri unite in un gemellaggio ideale nato dall’amicizia fra il vicesindaco della “città bella”, Giuseppe Venneri, ed il sindaco di uno dei borghi più belli d’Italia, Vittorio Sgarbi Sutri chiama, Gallipoli risponde. Nasce così una collaborazione destinata a lasciare il segno, frutto della stima e dell’amicizia fra Vittorio Sgarbi, appassionato sindaco della cittadina laziale, e Giuseppe Venneri, vicesindaco della “città bella”, già protagonisti di un incontro sul turismo organizzato a Gallipoli, il 20 ottobre scorso, dall’Ordine dei Commercialisti. Dopo la manifestazione salentina, Sgarbi ha invitato Venneri a partecipare al primo festival del vino e dell’ebbrezza, denominato “Talenti DiVini” di scena a Sutri il 27 ed il 28 ottobre. Nonostante il maltempo, è stato un weekend all’insegna della condivisione di due identità territoriali che, pur nella loro diversità, hanno tante cose in comune a

partire dalla bellezza del territorio. Sono stati due giorni a base di degustazione di vini nelle cantine della città, accompagnata da prelibatezze enogastronomiche, caldarroste in piazza sotto l’arco, spettacoli musicali, artisti di strada, mostre di pittura e fotografia. I ristoranti che hanno aderito all’iniziativa hanno proposto menu abbinati ad un vino locale ed uno del Salento, egregiamente rappresentato dalla storica Cantina Coppola. «Ho ricevuto l’invito da parte di Vittorio Sgarbi per partecipare al festival e decretare così l’inizio di un percorso congiunto e abbiamo contattato la Cantina Coppola che rappresenta al meglio la cultura vinicola gallipolina. Una volta definiti gli interventi siamo partiti alla volta di Sutri».

Così l’assessore al Turismo del Comune di Gallipoli, Antonella Russo che aggiunge: «Con il vice Sindaco Giuseppe Venneri e l’ufficio turismo abbiamo sposato la causa e, a nostre spese, ci siamo diretti nella cittadina della Tuscia viterbese. Abbiamo partecipato al festival, incontrato le Amministrazioni locali e portato avanti questo scambio fondato sul riconoscimento concreto della bellezza delle due cittadine. Possiamo dire di aver fatto un piccolo investimento per il bene della città: Gallipoli splende ed è giusto portare la sua bellezza in tutta Italia. Tutto ciò è stato possibile grazie al vice sindaco Venneri che, con lungimiranza, ha voluto ospitare da noi Vittorio Sgarbi». Idee ampiamente condivise dagli ammini-


COMUNE DI GALLIPOLI Via Antonietta De Pace, 78 – Gallipoli (LE) tel. +39 0833 266176 – fax +39 0833 260279 – www.comune.gallipoli.le.it –

stratori laziali, primi fra tutti l’assessore al Turismo Claudia Mercuri, promotrice del progetto, ed il vicesindaco Felice Casini. A dare slancio all’iniziativa anche la partecipazione della Pro Loco sutrina. La delegazione salentina è stata accolta calorosamente, a ritmo di pizzica, sulle note del gruppo Aranira. Sicuramente una vetrina insolita ed in-

teressante che darà ulteriore visibilità al territorio gallipolino. «L’iniziativa, che certo non resterà isolata, rappresenta il primo passo di un percorso enogastronomico unico nel suo genere che – afferma Giuseppe Venneri – garantirà una crescita turistica ed economica ad entrambe le città e non solo. In questa occasione Il territorio salentino è sta-

A TOAST TO SHARING GALLIPOLI AND SUTRI UNITED IN AN IDEAL TWINNING ARISEN FROM THE FRIENDSHIP BETWEEN THE DEPUTY MAYOR OF THE “BEAUTIFUL TOWN”, GIUSEPPE VENNERI, AND THE MAYOR OF ONE OF THE MOST CHARMING SMALL VILLAGES IN ITALY, VITTORIO SGARBI A collaboration destined to leave a mark. Vittorio Sgarbi and Giuseppe Venneri were already the protagonists of a meeting on tourism held in Gallipoli on 20th October 2018. After the event in Salento, Sgarbi has invited Venneri to participate in the first festival of wine and euphoria, called “Talenti DiVini”, held in Sutri on 27th and 28th October. They were two days of wine tasting in the wineries of the city, accompanied by food-and-wine delicacies, roast chestnuts, musical performances, street performers,

to egregiamente rappresentato da altre cantine locali, fuori dai confini gallipolini, come Mjere, azienda di Tuglie, Cantina Cupertinum di Copertino, Torre Ospina di Racale e la Canrina Duca Carlo Guarini di Scorrano. È giusto – conclude – avere una visione condivisa, collaborare ed esportare insieme il nostro brand: crescere insieme è sicuramente più proficuo».

exhibitions of painting and photography. The restaurants that joined the initiative proposed menus paired with a local wine and with one from Salento, very well represented by a historical winery, Cantina Coppola. “I was invited by Vittorio Sgarbi to take part in the festival, thus beginning a joint path,” says Councillor for Tourism of the Municipality of Gallipoli, Antonella Russo. Her ideas are widely shared by the Latian administrators. The participation of Sutri's Pro Loco – the association promoting local culture and tourism – gave impetus to the initiative. “The initiative was the first step of a food-and-wine path, unique in its kind, that will guarantee a tourist and economic growth to both towns and not only, – says Giuseppe Venneri –. A shared vision, collaboration and a joint exportation of our brand are certainly profitable.”

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ARTE

PITTURA

ECCE ANCILLA DOMI

L’arte pittorica di Gasparro, il volto antico del contemporaneo Intervista all’artista barese caratterizzato da una capacità tecnica davvero singolare Le sue opere pittoriche sono caratterizzate da un interessante rapporto con il passato e da una capacità tecnica davvero singolare. In un tempo, come quello in cui viviamo, tarato solo su un 126 127

“presentismo”, ovvero sul pensare al mondo come questo fosse disposto su una sola dimensione, l’attività di Giovanni Gasparro invita a fermarsi, riflettere e soprattutto approfondire. In questa

intervista ci addentriamo nella “filosofia” dall’artista 35enne, originario di Bari. La sfera e il tema religioso, intesi come sistema di valori, quanto sono


di fabio antonio grasso/

MOLTI PITTORI D'ARTE SACRA, IN ORIENTE E OCCIDENTE, HANNO PREGATO E PREGANO ANCORA PRIMA E DURANTE LA REALIZZAZIONE DEI PROPRI DIPINTI SAN GASPARE

importanti nella sua attività? Parafrasando Gian Lorenzo Bernini: nel dipingere arte sacra aiuta di più essere un pessimo cattolico o un buon eretico? Essendo prevalentemente un pittore d'arte sacra, per una marcata propensione personale e di fede, direi che le tematiche e le iconografie religiose della cristianità sono fondamentali per la mia ricerca creativa. È incredibile come da soggetti e temi rivisitati milioni di volte in duemila anni, ci sia ancora un potenziale ispiratore così forte e pregnante. Considero molto stimolate ripresentare iconografie stanche e sedimentate nella memoria collettiva, dando loro una lettura differente, seppure nel solco della tradizione occidentale, tanto quanto inventandone d’inedite, sulla vita di santi canonizzati negli ultimi due secoli, perché, di sovente, non hanno goduto di una fortuna iconografica e artistica del medesimo valore. Questo mi è successo, di recente, per la pala d'altare con San Gaspare del Bufalo, per la chiesa romana di Santa Maria in Trivio, alla Fontana di Trevi, dove era necessario inventare dal nulla un'iconografia del fondatore dei Missionari del Preziosissimo Sangue, beatificato da San Pio X e canonizzato da Pio XII, quindi nel XX secolo. La massima attribuita al Bernini è lontana del mio modo di concepire l'arte sacra. Credo fermamente che nel dipingere sia d'ausilio l'essere, al contrario, un buon cattolico e conoscere l'evoluzione iconografica come i testi sacri e la trattatistica che la Chiesa ha fornito ai pittori, come strumento per non errare. Nel "Capo undicesimo" del Della Pittura Sacra del Cardinale Federico Borromeo, si fa esplicito riferimento alla necessità di far maneggiare le pitture sacre ad artisti di comprovata moralità, perché chi ha l'animo contaminato dai vizi, difficilmente potrà innalzarsi verso forme celestiali: «Come l'oratore invano s'affatica di muovere gl'altri se egli se stesso in prima non muove, così io credo che avvenga generalmente dei pittori, che se essi in prima se stessi non cercano di muovere con alcuni divoti pensieri, non potranno nelle loro figure imprimere ciò che non hanno, cioè la divozione e i


ARTE

PITTURA

lodevoli affetti». Molti pittori d'arte sacra, in Oriente e Occidente, hanno pregato e pregano ancora prima e durante la realizzazione dei propri dipinti. Si potrà obiettare che molti geni dei secoli passati, seppur atei, anticlericali e peccatori impenitenti, abbiano prodotto opere d'arte sacra riconosciute unanimemente come di

grande pregio. Nessuno potrà negarlo. In molti di questi manufatti, tuttavia, il valore artistico non è direttamente proporzionale all'afflato devozionale che suscitano. Più in soldoni, non sempre si riesce a pregare dinanzi ad una scultura di Benvenuto Cellini piuttosto che inginocchiati accanto alle opere "sacre" di Giacomo Manzù. Per

LA PITTURA SU SPECCHIO, ANTICA TECNICA DECORATIVA, MI PERMETTE GIOCHI CONCETTUALI IN CUI IL FRUITORE DELL'OPERA ENTRA FISICAMENTE IN ESSA QUUM MEMORANDA

molte delle loro sculture, il valore artistico è svincolato da quello devozionale. Il Beato Angelico possedeva entrambe le componenti e come lui moltissimi altri autori antichi. I pittori che dipingevano per fede si riconoscono chiaramente. Lo stesso Bernini della citazione provocatoria di poc’anzi, in realtà, prima di andare in studio a scolpire, prendeva messa tutte le mattine e si ravvide delle sue intemperanze giovanili, realizzando opere di grandissima suggestione spirituale, aderenti al dettato teologico della Controriforma cattolica. La quasi totalità degli artisti d'arte sacra del passato sono stati aiutati da committenti saggi e scrupolosi che hanno saputo guidarne il genio. Per questo, taluni, non proprio pii, sono riusciti comunque nell'impresa tanto ardita di creare belle forme che suscitassero la devozione dei fedeli. Sicché il dramma odierno consiste proprio nella diffusa incapacità della Chiesa cattolica di commissionare opere d'arte sacra di un qualche valore, perché si demanda all'artista tutto il progetto creativo, senza dare indicazioni teologiche di sorta che ne indirizzino la fattura e le valenze spirituali, o peggio errando anche nella scelta di forme e contenuti da suggerire all'artefice. I sacerdoti usciti dai seminari del post Concilio Vaticano II, difficilmente hanno una formazione storico artistica.


SAN FRANCESCO D'ASSISI RICEVUTO DA PAPA INNOCENZO III

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ARTE

PITTURA

SAN NICOLA PELLEGRINO

Nelle sue opere sembra percepirsi un sottile senso d’ironia, molto contemporaneo, a dispetto di figure che sembrano venire da lontano: quella dell'ironia può essere una chiave di lettura per i dipinti a carattere sacro? In diverse mie opere è sotteso un senso ironico, anche se comprendo che talvolta possa risultare ermeneuticamente difficile coglierlo. In dipinti come "L'illuso", "Vanità" o "Il matto affogato", è evidente un tono mutuato dalla pittura di genere settecentesca, soprattutto da Gaspare Traversi o dalla letteratura coeva. La pittura su specchio, antica tecnica decorativa, mi permette giochi concettuali in cui il fruitore dell'opera entra fisicamente in essa, ribaltando o fondendo i piani d'osservazione del reale e dell'irreale, del dipinto e del riflesso vivente. Si crea un fenomeno di straniamento tipicamente contemporaneo ma anche barocco. Per quel che concerne il sacro, non oserei mai sovrapporre il portato contenutistico spirituale alle divagazioni ironiche. Credo risulterebbe estremamente irriguardoso e fuori luogo. Nella pittura profana può essere consentito dare stilettate argute di ironia, nel sacro no. Si scherza con i fanti e si lascian stare i santi, per dirla alla maniera dei librettisti di Puccini.

GASPARRO'S PICTORIAL ART, THE ANCIENT FACE OF THE CONTEMPORARY INTERVIEW WITH THIS ARTIST FROM BARI CHARACTERIZED BY A TRULY UNIQUE TECHNICAL ABILITY Giovanni Gasparro's invites us to stop, to reflect and above all to examine in depth. How important is the religious sphere in your activity? To rephrase Gian Lorenzo Bernini: to paint sacred art, is it better to be a very bad Catholic or a good heretic? Due to my marked propensity for faith, I would say that the themes and the religious iconographies of Christianity are fundamental for my creative research. I find it very stimulating to represent iconographies exhausted and deep-seated in the collective memory as much as to invent new ones. I firmly believe that to be a good Catholic and to know the iconographic evolution – as provided to painters by the Church through its sacred texts and treatises – are extremely useful while painting. Many painters of sacred art have prayed and still pray before and during the realization of their paintings. Many geniuses of the past centuries, although atheists, anticlericals and unrepentant sinners, have produced works of sacred art of great value. In many cases, however, the artistic value of their work is not directly proportional to the devotional afflatus it arouses. On the other hand, painters who painted by faith can be clearly identified. Bernini himself took mass every morning and created works of great spiritual suggestion. Today's tragedy is exactly the widespread inability of the Catholic Church to commission works of sacred art of any value, as the creative project is completely devolved upon the artists, without giving them any theological indications whatsoever. A subtle sense of irony is perceived by your works. May irony be a key to interpreting sacred paintings? There is an underlying ironic sense in many of my works. Mirror painting allows me to play conceptual games in which the user of the work physically enters it, overturning or merging the observation planes of the real and the unreal. Profane painting allows you to use witty irony, but it is impossible to do the same with the sacred one.

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TERRITORIO

COMUNE DI MELENDUGNO

Imposta di soggiorno: l’esempio virtuoso di Melendugno Manutenzione, fruizione e recupero di beni ambientali e culturali ed una serie di iniziative per fidelizzare il turista come la “MelendugnoToYou Card” Non tutte le imposte vengono per nuocere. In questa frase è racchiuso il senso di un progetto che il Comune di Meledugno sta portando avanti con successo e che abbraccia tanto la vita turistica quanto quella commerciale della città e delle sue marine. In poche parole, l’imposta di soggiorno, modificata su proposta del Presidente del Consiglio Piero Marra, diventa lo strumento privilegiato per far crescere la comunità. Grazie ad una modifica applicata al regolamento, l’imposta non interessa solo le strutture ricettive già note ma anche i cosiddetti affitti “minori” o “brevi”, coinvolgendo i privati che danno in locazione appartamenti, ville o comunque strutture di proprietà a turisti

e visitatori occasionali. In questo modo le casse dell’Ente avranno a disposizione più risorse da destinare ad interventi mirati da realizzare sul territorio. «Questo ampliamento del tributo – afferma Piero Marra – ci permette di migliorare i servizi primari già collaudati, come per esempio i bus navetta nelle marine che quest’anno sono stati operativi fino al 30 settembre (gli altri anni lo erano sino al 31 agosto). Inoltre, possiamo avere un quadro completo delle presenze e quindi coordinare al meglio le azioni fondamentali rivolte al territorio per poi approdare a progetti di più ampio respiro che vanno dalla promozione turistica alla cura del tratto costiero di nostra competenza, da Torre Specchia a Torre Sant’Andrea».

Il nuovo regolamento – approvato lo scorso aprile – oltre a disciplinare l’imposta stabilisce gli interventi in materia di turismo, indica la destinazione dei proventi, tenendo conto di quelle che sono le priorità individuate dagli amministratori: manutenzione e recupero di beni culturali, paesaggistici ed ambientali rilevanti; interventi ad hoc per l’attrazione turistica, perché sia garantita una migliore ed adeguata fruizione; sviluppo e gestione di punti di accoglienza ed informazioni per i turisti; strategie volte alla destagionalizzazione. Ad oggi l’imposta di soggiorno raccolta si aggira attorno ai 530mila euro, anche se per avere i dati definitivi occorre attendere qualche mese. Un importo ragguardevole


COMUNE DI MELENDUGNO Piazza Risorgimento – Melendugno (LE) tel. +39 0832 8321110 – fax. +39 0832 832545 – protocollo@comune.melendugno.le.it – www.comune.melendugno.le.it –

che permetterà all’amministrazione comunale di eseguire interventi migliorativi, nel solco di quanto già fatto in precedenza. Con le somme raccolte lo scorso anno, sono state allestiti nuovi bagni pubblici a San Foca e a Torre dell’Orso e per la prossima estate saranno completate anche le docce. Un servizio in più da offrire ai turisti, e non solo a loro. I prossimi passaggi riguarderanno sempre le marine: dalla viabilità all’arredo urbano passando per la definizione delle piste ciclabili. Tutto in nome della trasparenza. Il regolamento, infatti, prevede un rendicontazione di tutti gli interventi realizzati grazie all’imposta. «La destagionalizzazione non è una chimera – afferma l’assessore al Turismo, Angelica

Petrachi – e lo diciamo con cognizione di causa. A giugno e a settembre abbiamo registrato un aumento delle presenze e questo conferma che ci stiamo muovendo nella direzione giusta. Tutto quello che stiamo facendo, compreso l’ampliamento del portale www.melendugnotoyou.it, è rivolto ai turisti. L’accoglienza per noi ha lo stesso valore in ogni periodo dell’anno, non solo in estate». A tutto questo si aggiunge un’altra novità, presentata a Bari nel corso dell’ultima edizione della Fiera del Levante. Si tratta di un’app pensata appositamente per i turisti, la MelendugnoToYou Card. Il sistema cartaceo, tuttora in vigore, verrà sostituito da quello digitale che sarà a sua volta collegato all’imposta di soggiorno.

TOURIST TAX: MELENDUGNO'S VIRTUOUS EXAMPLE MAINTENANCE, USAGE AND RESTORATION OF THE ENVIRONMENTAL AND CULTURAL HERITAGE AND A SERIES OF INITIATIVES TO RETAIN TOURISTS In the Municipality of Meledugno, the tourist tax is becoming the preferred tool to make the community improve. By extending this tax to the so-called "minor" and "short" rents, the Municipality will take advantage of a greater amount of money for targeted interventions. "The extension of this tax – says President of Municipal Council Piero Marra – will allow us to improve the services of prime importance that have already been tested, such as the shuttle service. Moreover, a full picture of the attendances will give us the chance to plan projects of a wider scope, from the tourist promotion to the care of the coastal stretch falling within our competence." The interventions will concern the maintenance and the restoration of the relevant cultural, landscape and environmental heritage. They will also include interventions for a better and adequate usage, for the development and the management of tourist information points,

I turisti che ne faranno uso avranno una serie di vantaggi. Potranno, per esempio, usufruire gratuitamente del trasporto pubblico estivo e avranno agevolazioni di varia natura con attività commerciali collegate con il DUC (Distretto Urbano del Commercio). La card ha anche un’altra finalità: favorire la destagionalizzazione, e tanto grazie ad una serie di vantaggi studiati appositamente per quanti vorranno muoversi nel periodo di bassa stagione. «Il progetto piace alla Regione Puglia – spiega ancora Marra, che aggiunge – il funzionamento di quest’app è piuttosto semplice. Ovviamente si deve partire dalla connessione fra il cliente e la struttura ricettiva, che eroga agli ospiti dei punti da spendere quotidianamente per i bus elettrici che collegano le marine tra di loro e queste ultime con l’entroterra, parliamo di MareinBus e TerraMare. Infine, si sta studiando la possibilità di ridurre il prezzo del biglietto d’ingresso all’interno dell’area archeologica di Roca, sempre attraverso la “MelendugnoToYou Card”».

as well as strategies to increase the number of off-season incoming tourists. That is additional services for tourists, but not only for them. Next steps will involve Melendugno's seaside resorts once again: from road network and conditions to street furniture and cycle lanes. "We registered an increase in attendance in June and in September – says Tourism Councillor Angelica Petrachi –. This means we are moving in the right direction. Everything we are doing, including the enhancement of our portal – www.melendugnotoyou.it – is aimed at tourists." Another novelty is an app specially conceived for tourists, the "MelendugnoToYou Card". Thanks to it, users will enjoy a number of advantages such as, for example, the free use of summer public transport and several commercial preferential treatments. The card also has another purpose: to favour off-season incoming tourism, thanks to a wide range of advantages specifically designed for those people who will choose this destination during the low season.

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SPORT

SURF IN SALENTO

Ius Maris, l’integrazione cavalca le onde Come è nato il cortometraggio presentato anche alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia Cosa c’entra il surf con lo ius soli e l’accoglienza degli extracomunitari nel Belpaese? Ve lo raccontiamo attraverso questa bellissima esperienza che noi di Surfinsalento abbiamo vissuto grazie all’idea di Vincenzo D’Arpe e Simona Toma, due nostri amici surfisti che hanno deciso di coniugare, almeno per questa volta, passione per il mare e lavoro. L’uno, regista, e l’altra, scrittrice e sceneggiatrice, hanno avuto l’idea di realizzare un cortometraggio che, attraverso la pratica del surf nel Salento, toccasse un tema quanto mai attuale e delicato come quello dell’accoglienza e dell’integrazione. Il mare, lo sappiamo bene, ha le sue leggi, e proprio di fronte ad esso tutti 134 135

noi uomini siamo ugualmente piccoli, ugualmente disarmati di fronte alla sua maestosità e l’unico modo per riuscire a vincere le sue avversità è la cooperazione e la condivisione delle esperienze. Grazie a questa riflessione, il cortometraggio intitolato “Ius Maris” mette in luce gli aspetti positivi dell’integrazione, attraverso lo sport in mare con il surf da onda: Yassine, un ragazzo nato e cresciuto a Lecce da genitori marocchini, vive, come tutte le ragazze e tutti i ragazzi di seconda generazione, a cavallo tra due culture, senza il conforto di una reale integrazione. Durante una giornata di lavoro in uno stabilimento balneare della costa adriatica, Yassine conosce

un gruppetto di surfisti i quali, di lì a poco, lo invitano a provare insieme a loro questa “cosa” nuova chiamata surf. All’inizio dell’avventura Yassine si sente distante da questo sport, anche se affascinato, e non riesce ad integrarsi a pieno nel gruppo di surfisti che, a loro volta, lo vedono come un intralcio al divertimento. Ma, attraverso l’aiuto di un nuovo amico, Emanuele, questo processo di integrazione arriverà a compimento e Yassine diventerà l’animatore di un surf camp, frequentato da gente di tutte le razze e religioni. Il cortometraggio è stato ideato, girato e prodotto interamente nel Salento durante


di carlo morelli/foto danilo calogiuri

il 2018. Diretto dal regista Vincenzo D’Arpe, scritto da Simona Toma, prodotto da Fluid Produzioni di Davide Barletti, con la fotografia di Giorgio Giannoccaro, il montaggio di Mattia Soranzo e la colonna sonora di Tobia Lamare, ha riscosso un grande successo: vincitore del bando MigrArti-Cinema 2018, è stato in concorso per il “Premio MigrArti” nell’ambito della 75a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Il lavoro, con la partnership di Next Generation Italy, Gus – Gruppo Umana Solidarietà – e Surfinsalento, e con il patrocinio dell’Ambasciata del Regno del Marocco, ha meritato anche il contributo dell’Apulia Film Fund 2017. Dopo aver assistito alla prima proiezione pubblica del film, lo scorso settembre, abbiamo fatto qualche domanda al regista, Vincenzo D’Arpe, e all’autrice, Simona Toma. Vincenzo, perché il mare e il surf come elementi fondanti del film? Porre il surf come vettore di socializzazione della storia è stata una scelta fondamentale dettata dal mio grande amore per il mare. Il surf è uno sport che pratico oramai da più di 15 anni, il mare è qualcosa che ha accompagnato tutta la mia vita non solo per il fatto di essere nato e cresciuto a Lecce, ma anche perché ho incominciato ad amare il mare tramite mio padre che, con la sua esperienza di sommozzatore e apneista, è riuscito a trasmettermi la passione, l'amore e il rispetto verso il mare. I luoghi del film sono le location delle mie prime esperienze di avvicinamento al surf, i luoghi della costa adriatica di Vernole e Melendugno sono quelli della mia infanzia e adolescenza nel e con il mare. Mi è sembrato importante poter far rivivere tutto ciò al protagonista del film, come passaggio di testimone dei miei ricordi. Simona, il titolo Ius Maris è una scelta di campo? Il titolo è un chiaro riferimento allo ius soli e alla battaglia che si sta conducendo per riconoscere il diritto di cittadinanza a

DURANTE UNA GIORNATA DI LAVORO IN UNO STABILIMENTO BALNEARE DELLA COSTA ADRIATICA, YASSINE CONOSCE UN GRUPPETTO DI SURFISTI


SPORT

SURF IN SALENTO

chi è nato e cresciuto in Italia, indipendentemente dalla nazionalità dei suoi genitori. Il suolo viene sostituito dal mare, dalle sue onde, e attraverso le tavole da surf si è tutti uniti, tutti uguali, tutti parimenti portatori del diritto di abitare questo mondo. Il mare unisce ciò che il suolo divide.

Una piccola curiosità: Hassan Hamssi, l'attore protagonista, non era mai salito su una tavola da surf prima di girare il film e quindi si è dovuto mettere d’impegno per riuscire a surfare le sue prime onde in davvero poco tempo. Hassan si è realmente innamorato di questo sport

IL SUOLO VIENE SOSTITUITO DAL MARE, DALLE SUE ONDE, E ATTRAVERSO LE TAVOLE DA SURF SI È TUTTI UNITI, TUTTI UGUALI

e ora aspetta di avere un po’ di tempo per riprendere l’attività in mare con noi. «Il film – continua a raccontarci il regista – è stato anche l'occasione per Hassan Hamssi, l'attore protagonista, di conoscere il surf e approcciarsi al mare in maniera diversa. Grazie al Gus abbiamo coinvolto nel film anche giovani ragazzi e ragazze richiedenti asilo che, attraverso questa esperienza e il surf, hanno avuto una nuova e più positiva consapevolezza del mare che per alcuni di loro evoca ancora il ricordo di un duro viaggio verso la speranza».

IUS MARIS, INTEGRATION RIDES THE WAVES THE SHORT PRESENTED AT THE VENICE FILM FESTIVAL What does surfing have to do with the ius soli (“right of the soil”) and with the reception of non-EU citizens in our “Beautiful Country”? We tell you through the wonderful experience that we of Surfinsalento have lived thanks to the idea of Vincenzo D'Arpe and Simona Toma, two of our surfer friends. He is a director and she is a writer and a screenwriter. It was theirs the idea of a short film dealing with surfing in Salento as a means for reception and integration. We are all equally defenceless in front of the sea. The only way to succeed in overcoming its hardships is cooperation. The short, filmed entirely in Salento, has won the Migrarti-Cinema 2018 call. It has also deserved the funding of the Apulia Film Fund 2017. Vincenzo, why are the sea and surfing the founding elements of the film? The choice of surfing as a means to convey the message of socialization was suggested by my great love for the sea. The places of the film are the locations of my first experiences with surfing, the places of my childhood and adolescence in and with the sea. It was like passing the baton of my memories. Simona, is the title Ius Maris a way to take sides? It is a clear reference to the ius soli and to the battle to recognize the birthright citizenship to those who were born and grown in Italy. The soil is replaced by the sea. Through the surfboards, we are all the same, we have the same right to inhabit this world. Hassan Hamssi, the leading actor, had never surfed before the film and has really fallen in love with this sport. "The film – says the director – involved young asylum seekers who, through this experience and surfing, have raised a new and more positive awareness of the sea, that for some of them still evokes the memory of a hard journey towards hope."

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