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La dea: fenice della nostra città

SPORT LA DEA: FENICE DELLA NOSTRA CITTÀ

Nella tradizione di molti popoli esiste un essere mitologico, in grado di controllare il fuoco e vincere la morte, risorgendo dalle proprie ceneri. La fenice, dal greco Φοινιξ, ha origine nella mitologia egizia, e tutt’oggi è usata come simbolo di rinascita, di nuovo inizio. Persino una città dell’Arizona venne nominata Phoenix, dal momento che rappresentava la rinascita di una civiltà tribale. E dunque quando parliamo di città, cosa ne è realmente simbolo di rinascita? Forse la risposta a questa domanda è proprio lo sport. Cosa c’è di più totale dello sport? Nella storia dell’ultimo secolo moltissime volte lo sport è stato volto di un cambiamento, che ha riacceso le speranze di città o di intere Nazioni, dando alle persone qualcosa in cui credere: Leicester, città che fino a qualche anno fa si perdeva nelle zone dell’entroterra britannico, oggi è ritenuto un rispettabilissimo centro urbano apprezzato dal turismo e crocevia quasi fondamentale per i commerci in Inghilterra. E qual è stato il culmine della sua rinascita? Nel 2016 il Leicester City ha vinto la Premier League dopo essere ritornato nel massimo campionato Inglese solo due anni prima (trionfo che tra le altre cose ha fatto particolarmente notizia in Italia dato che è avvenuto sotto la guida tecnica di Mancini, attuale CT della nostra Nazionale). In America una cosa simile è avvenuta con la squadra NBA dei Golden State Warriors, che fino a qualche anno fa giocava a Oakland, città che, nonostante sia ancora considerata come subordinata alla metropoli di San Francisco e a quella di LA, oggi, anche grazie al tifo sportivo per questa squadra che negli ultimi anni ha letteralmente avuto il monopolio sportivo sulla NBA (grazie ai vari Curry, Thompson, Durant e così via), ha una propria realtà, di gran lunga più rilevante che in passato.

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Ma forse tutti questi ci sembrano esempi lontani: chi seriamente può credere che una città risorga così facilmente e che lo sport sia la faccia di questo cambiamento? La risposta in realtà è sotto il nostro naso. Bergamo, la città della Dea, una tra squadre italiane con un ruolo rilevante a livello nazionale ed europeo, che ha raggiunto il suo culmine con la semifinale di Champions sfiorata un paio d’anni fa. In mezzo a questa crescita ci sono stati anche 3 terzi posti in campionato ed una finale di Coppa Italia persa contro la Juventus. Tutti questi successi hanno portato anche all’interessamento di fondi stranieri a investire nel progetto Atalanta, e infatti pochi giorni fa è arrivata l’ufficialità dell’acquisizione delle azioni di maggioranza del club da parte di Stephen Pagliuca, già co-proprietario dei Boston Celtics. Nel frattempo, con l’ascesa dell’Atalanta iniziata nel 2011 quando la squadra è tornata in A, anche Bergamo si è espansa ed ha acquisito potere attraverso le attività economiche. Quella che fino a qualche decennio fa era solo una provincia satellite della metropoli milanese, oggi è una città ben considerata con una realtà propria ed indipendente. Bergamo ora è una meta del turismo europeo, attrae le persone, ed anche i suoi patrimoni artistici e culturali ora hanno acquisito enorme rilevanza (per esempio le mura di Città Alta che nel 2017 sono diventate patrimonio UNESCO). Bergamo adesso è tra gli insediamenti più importanti non solo della Lombardia, ma probabilmente di tutto il Nord Italia, e forse la scoperta di questo miracolo economico è dovuto anche all’Atalanta. Bergamo è una provincia di grandi lavoratori, e in questo l’Atalanta rispecchia alla perfezione la gente; come quando, dopo che Atalanta-Villarreal (un’altra città, tra l’altro, che ha vissuto questa rinascita sportiva) è stata rinviata a causa della neve, il presidente Percassi ha chiesto che la partita non si tenesse in un pomeriggio infrasettimanale perché la gente lavora, e tutti coloro che avevano acquistato i biglietti non sarebbero potuti andare a vedere l’incontro. Ormai noi bergamaschi sappiamo come rinascere, ed anche per questo il periodo di profondissima crisi che abbiamo attraversato a causa del COVID non ci ha abbattuti: siamo ancora quelli di una volta, bruciati ma risorti. Come una fenice.

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