Bruno Mondadori_I mestieri dell'arte_Per l'alternanza scuola-lavoro

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I mestieri dell’arte

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Allestitore 9 Archeologo 10 Architetto 11 Curatore di mostre 12 Direttore di museo 13 Editore di libri d’arte 14 Educatore museale 15 Gallerista 16 Giornalista critico d’arte 17 Grafico designer 18 Guida 19 Restauratore 20 Soprintendente 21 Ufficio stampa 22

Tre proposte per l’Alternanza scuola-lavoro 1 Uno stage in un sito archeologico 24 2 Uno stage in un museo 26 3 Uno stage in una mostra 29 Verso l’Esame di Stato 32


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n genere, siamo abituati a pensare all’opera d’arte come al frutto dell’ingegno e della creatività umane e ad apprezzarne il valore estetico e culturale. Lo studio della storia dell’arte ci permette di conoscere alcuni dei soggetti coinvolti nell’ideazione e nella realizzazione dell’opera: in primo luogo l’artista, ossia il protagonista del processo creativo, e il committente, alle cui finalità (e al cui finanziamento) spesso si deve l’avvio dell’attività artistica. Ma c’è anche il pubblico, ossia l’insieme delle persone cui l’opera era in origine destinata e di tutte quelle che ancora oggi continuano ad ammirarla. Artista, committente e pubblico sono però solo alcuni nodi della rete di relazioni in cui l’opera d’arte è inserita, rete che viene solitamente chiamata “sistema dell’arte”. L’opera, in quanto bene culturale, ha infatti anche un valore sociale ed economico. Tale valore si fonda sulla possibilità che essa venga conosciuta, ammirata, capita, comunicata, e dunque che ci sia qualcuno – persona o istituzione – che svolga una funzione di mediazione fra essa e il suo destinatario: pensiamo a musei e mostre. Ma c’è anche bisogno che l’opera d’arte venga conservata e tutelata, e quando necessario restaurata. Da un punto di vista strettamente economico, poi, essa ha un mercato, viene cioè venduta e comprata, operazioni che coinvolgono galleristi e collezionisti.

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Considerare l’opera d’arte come parte di un “sistema” che ha anche una dimensione materiale, organizzativa ed economica non implica affatto sminuirne il valore estetico, culturale e spirituale. Il fatto che l’opera d’arte sia anche una “merce”, non significa che sia una merce come le altre. O meglio, come ogni merce dotata di elevato valore intrinseco, essa necessita di essere trattata con competenza e specializzazione. Il “sistema dell’arte” comprende quindi attività di natura molto diversa fra loro, tutte di alto contenuto professionale, ma al contempo accessibili dietro adeguata formazione e preparazione. Non occorre per forza incarnare la figura del “genio” artistico per dedicare all’arte la propria vita professionale: con la passione e con lo studio tutti possono entrare a fare parte del “sistema dell’arte”.

Un patrimonio da valorizzare

La prospettiva di operare nel settore dei beni culturali e della storia dell’arte raccoglie sempre un grande successo tra gli studenti che amano le materie umanistiche. L’Italia detiene il primato mondiale per il più ampio patrimonio artistico: custodisce quasi 3.500 musei, oltre 2.000 aree e parchi archeologici e 53 siti inseriti dall’Unesco nella lista del Patrimonio dell’Umanità, la World Heritage List. Nonostante questo dato, la capacità italiana di valorizzare la sua più prezio-

1. L’artista Francis Bacon (1909-92) nel suo studio. 2. La collezionista Peggy Guggenheim (1898-1979) accanto a una scultura creata per lei da Alexander Calder. 3. La presentazione alla stampa di una mostra su Vincent van Gogh a Vicenza. 4. Un’opera di Andy Wharol venduta durante un’asta di Sotheby. 5. Alcuni lavori dello street artist Banksy esposti presso la casa d’aste Sotheby.


Le nostre enormi potenzialità di crescita sono al centro di un dibattito attuale, che coinvolge anche il settore turistico. Insomma, il nostro patrimonio artistico ha un grande bisogno di investimenti (ed è questo compito della politica), ma anche di energie e competenze professionali. Investire nella cura, nella promozione e nella valorizzazione del patrimonio artistico darebbe avvio a un processo virtuoso con ricadute positive sul mondo del lavoro, che potrebbe aprirsi a nuovi ambiti di specializzazione e alla nascita di inedite figure professionali.

Mestieri vecchi e nuovi

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sa e antica risorsa è inferiore a quella di molti altri paesi che, pur possedendo un patrimonio artistico nettamente inferiore, hanno saputo mettere in atto misure di promozione, investimento e ritorno economico più efficaci. Si pensi al caso degli Stati Uniti, che con meno della metà dei siti rispetto all’Italia hanno un ritorno commerciale pari a sedici volte

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quello italiano. Francia e Regno Unito, invece, vantano un ritorno economico pari, rispettivamente, a quattro e a sette volte il nostro. Inoltre, i ricavi complessivi dei bookshop dei musei statali italiani sono pari al 38% degli introiti incassati annualmente dal Metropolitan Museum di New York e superiori di poco a quelli del Louvre di Parigi.

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Analizzando le prospettive che si offrono ai laureandi, emerge chiaro un punto: occuparsi di arte non significa solo lavorare all’interno dei musei, che pure sono una destinazione importante e qualificata. Si può essere economisti esperti nel settore del management culturale, direttori o funzionari di fondazioni e società di servizi, operatori del campo turistico, direttori di istituti culturali e accademie, docenti, giornalisti, antiquari e molto altro ancora. Si tratta di un panorama vastissimo, fatto di mestieri tradizionali ma anche di attività nuove o in fase di sviluppo, spesso connesse all’impiego delle moderne tecnologie. Esistono professioni magari sconosciute ai più, ma sorprendenti per stimoli e versatilità. Per esempio, nella lunga catena di mediazione che collega l’artista al pubblico – il produttore al fruitore – si innestano figure con mansioni diverse l’una dall’altra. Eccone alcune.

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Il curatore di un fondo documentario studia e classifica tutti i materiali di un archivio storico. L’addetto stampa cura la comunicazione di mostre o eventi artistici, lavorando spesso come freelance per il mondo delle gallerie. Il curatore, capace di destreggiarsi tra problemi burocratici, frequenta gli uffici delle soprintendenze per agevolare i prestiti e tirare le fila di ogni mostra. C’è poi il restauratore, che può intervenire direttamente sulle opere oppure limitarsi a verificare lo stato di conservazione dei pezzi custoditi nei depositi. Il perito redige expertises (pareri esperti) e stime per le case d’asta. L’assistente dell’artista contemporaneo si occupa di organizzare il lavoro del maestro e gestire i suoi impegni, come una sorta di segretario qualificato, un alter ego informatissimo sulla vita e la produzione del suo titolare. Ci sono poi il fotografo o il film maker competenti in riprese di opere d’arte, che realizzano documentari o video da proiettare all’interno delle mostre. Non bisogna dimenticare il trasportatore specializzato nell’imballaggio di lavori delicati, che vanno quindi protetti da urti e variazioni climatiche, e l’assicuratore, che conosce le polizze per la tutela dei capolavori, passibili di danni o deperimenti.

Un ventaglio di possibilità

Già da questo primo esempio, possiamo notare come l’elenco delle professioni all’interno del “sistema dell’arte” sia lungo e in grado di adattarsi alle diverse propensioni indi-

6. Una guida illustra gli affreschi realizzati da Raffaello Sanzio nelle Stanze Vaticane. 7. Un restauratore all’opera presso la Pinacoteca di Brera a Milano. 8. L’allestimento di una mostra su Canaletto presso la Galleria di Buckingham Palace a Londra. 9. Alcune opere conservate nel deposito della Pinacoteca di Brera a Milano. 10. Due trasportatori specializzati nell’imballaggio di opere d’arte alle prese con una scultura di Auguste Rodin. 11. Una lezione di disegno presso una Scuola d’Arte.

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viduali. Chi ha maggiore inclinazione per la dimensione “sociale” potrebbe, per esempio, occuparsi di comunicazione e didattica. Una bella penna, agile e chiara, può condurre fino alle redazioni dei giornali e alle pagine di cultura delle riviste. Esistono anche blogger concentrati sul sistema dell’arte, oppure giovani intraprendenti e creativi pronti a investire in un’atti-

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vità in proprio, come servizi di guida, uffici stampa, atelier per mostre temporanee, case editrici specializzate in e-book di argomento artistico, personal shopper per accompagnare collezionisti stranieri presso i mercanti italiani. Ma si aprono anche prospettive inaspettate. Accanto alle aziende che commissionano opere d’arte per arredare i

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carico: relazioni con i visitatori, monitoraggio dei depositi, addetti ai prestiti o addetti alla sicurezza, catalogatori, direttori dei bookshop, conservatori di materiali audiovisivi, grafici che disegnano campagne di comunicazione, inviti e didascalie.

Dove si può imparare

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propri uffici, spiccano società di consulenza che confezionano progetti di investimento per le aziende stesse. Nelle fiere si incontrano esperti di pubbliche relazioni, art promoter che suggeriscono acquisti agli investitori, talent scout in caccia di nuovi artisti emergenti da lanciare. Intorno al mondo dei musei, infine, si muove un personale con ogni tipo di in-

A questo punto, va fatta una riflessione: nel mondo dell’arte – per il valore sia culturale sia economico che esso riveste – non ci si può improvvisare. Qualunque incarico richiede una competenza specifica e un percorso di formazione dedicato. Un primo àmbito in cui è possibile intraprendere tale percorso sono le facoltà umanistiche. Le lauree in Storia dell’arte, in Scienze del turismo, in Beni culturali, in Progettazione e gestione del turismo culturale proposte da molte università italiane offrono sbocchi come la curatela di mostre, sezioni museali, archivi e biblioteche oppure lo studio e la ricerca finalizzata a pubblicazioni, esposizioni e iniziative di valorizzazione del patrimonio artistico. I corsi di laurea in Architettura o in Design sono imprescindibili per chi vuole dedicarsi alla progettazione di allestimenti permanenti e temporanei, o se si sogna di intraprendere la carriera del grafico designer. Ci sono poi scuole che insegnano lo storytelling, cioè la capacità di narrare e comunicare, necessaria, accanto alla preparazione storico-critica,

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per essere bravi divulgatori e critici giornalisti. Per lavorare alla direzione di siti, musei o fondazioni – sulla scia del concetto anglo-americano che considera ogni impresa culturale alla stregua di una vera e propria azienda – sono nati negli anni indirizzi specializzati all’interno di facoltà di Economia. Qui gli studenti possono sviluppare il profilo professionale, manageriale e imprenditoriale necessario per affrontare la gestione di un budget e l’analisi di un bilancio, operazioni di fundraising (raccolta fondi), investimento e marketing declinate in vari settori: dai musei ai teatri, dalle case d’asta all’editoria, nel ramo musicale, della moda, del design e della comunicazione. Insomma, ovunque sia necessario misurarsi con una forma di cultura che lavora per un mercato e produce un reddito. Non vanno infine trascurate le professioni più tecniche. Gli allestitori escono spesso dai corsi di scenografia delle accademie, mentre i restauratori seguono percorsi altamente qualificati presso scuole come l’Istituto superiore per la conservazione ed il restauro di Roma (nato nel 1939 su progetto di Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi) e la Scuola di alta formazione e di studio attiva presso il celebre Opificio delle Pietre Dure di Firenze (creato nel 1978); oppure i corsi di restauro dell’Accademia di Brera a Milano, della Scuola di Botticino (in provincia di Brescia) e dell’Accademia di Belle Arti “Aldo Galli” di Como.

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all’archeologo all’allestitore, dal restauratore al soprintendente, dall’educatore museale al gallerista. In questa sezione proponiamo quattordici interviste a professionisti che operano nel sistema dell’arte, al fine di scoprire i percorsi formativi e professionali utili per lavorare in questo settore.

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Allestitore CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE  L’allestitore è una figura versatile: una persona creativa ma anche tecnicamente efficiente, in grado di collaborare nella realizzazione concreta di mostre o altri eventi. Il suo lavoro richiede buone idee per soluzioni estetiche, per esempio nella scelta di colori e materiali oppure nella disposizione di oggetti e opere d’arte, ma prevede anche attività di tipo artigianale, come montaggi, piccoli interventi di falegnameria, lavori di tappezzeria e ritocco murario. NOME  Patrizia e Daniela Novello ANNO DI NASCITA 1978 FORMAZIONE  Liceo artistico e Accademia di Belle Arti COMMITTENTI  Musei e case di moda

llestire una mostra è un lavoro di squadra: serve sintonia fra i curatori, gli architetti e chi si occupa in modo attivo di disporre le opere nello spazio e di trovare soluzioni a problemi scenografici e tecnici. Daniela e Patrizia Novello sono due sorelle gemelle milanesi, cresciute insieme fra i banchi del liceo artistico, poi dell’Accademia di Belle Arti di Brera, seguendo, oltre ai corsi tradizionali, anche quelli di restauro dell’arte contemporanea. Nella vita si dividono fra i loro studi d’artista e le location di esposizioni ed eventi, dove coordinano in tandem le operazioni di cantiere.

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Il vostro primo lavoro fuori dall’Accademia? Abbiamo trascorso tre mesi in cima all’Arco della Pace di Milano, a 25 metri d’altezza, durante l’inverno, con temperature sotto zero. Salivamo 107 scalini ogni giorno, cariche di attrezzi per restaurare le patine del bronzo dei cavalli. Era uno stage non retribuito, ma fu una buona esperienza. Che cosa vi ha portato a occuparvi di allestimento? Fare gli artisti non è facile e il percorso è lungo. Meglio integrare l’attività con impegni che siano coerenti, creativi, ma anche remunerativi. Così abbiamo imparato a misurarci con questioni pratiche, come movimentare le opere degli altri, interpretare i progetti degli architetti e tradurli nella realtà, maneggiare strumenti e materiali diversi, dal chiodo al carrello elevatore, dallo stucco alle resine poliestere.

Per chi lavorate? Per il mondo della moda, dove la creatività è essenziale. Ma anche gli aspetti manuali non sono da meno nella realizzazione delle scenografie delle sfilate, che si possono costruire in laboratorio oppure direttamente sulle passerelle. Qualche esempio? Per un celebre marchio di moda abbiamo prodotto un gigantesco mangianastri – come quelli degli anni ottanta – alto 6 metri e largo 9, in cartapesta. Fu usato come set per il défilé. Lo stilista e costumista Antonio Marras ci chiese, invece, cinque finte statue di Giacometti, le sue celebri figure sottili, per presentare una nuova collezione di un famoso marchio di pelletteria. Mostre d’arte? Abbiamo lavorato con architetti e curatori in varie occasioni. Al Castello Sforzesco di Milano ci ingaggiarono

per la mostra “Ultrabody”. Gli oggetti di design dovevano essere posizionati dentro strani baccelli che pendevano dal soffitto. Per la mostra “Essere è tessere” allestita alla Fondazione Stelline, sempre a Milano, dovevamo trovare il modo di appendere fragili abiti cerimoniali africani senza che sembrassero manichini da emporio. Il problema delle mostre d’arte è il valore degli oggetti che si maneggiano. Spesso sono antichi, delicati, costosi. È una responsabilità, ma anche una soddisfazione. Un po’ di divertimento? Per Expo 2017, il Museo dei Bambini alla Rotonda della Besana di Milano ci chiese di realizzare otto grandi tavoli dedicati ciascuno a un paese del mondo e alla sua tradizione culinaria. Ci vollero cinque mesi di lavoro per creare piatti e pietanze, dalla pizza al sushi, dai nachos alle baguette. Tutto in cartapesta e polistirolo scolpiti. Tutto molto pop e allegro. Trattandosi però di laboratori per bambini fu necessario scegliere colori e sostanze non tossiche, valutare nel dettaglio la sicurezza di ogni oggetto. Serve studiare storia dell’arte per questo lavoro? Sapere usare le mani è importante, ma per comprendere i contenuti delle mostre o anche le idee degli stilisti o dei progettisti è fondamentale conoscere i modelli del passato e i linguaggi dei maestri.

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Archeologo CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE L’archeologo non sempre vive avventure come quelle di Indiana Jones; la sua professione è spesso caratterizzata da lunghi tempi di attesa e ricerca. Ha una formazione classica e si confronta con il passato attraverso lo studio di documenti o la catalogazione di reperti. Le operazioni di scavo solitamente si protraggono per giorni e mirano a rinvenire tracce materiali, architetture, manufatti o resti biologici di epoche passate.

di piccoli tasselli da mettere in ordine per ricostruire una vicenda.

NOME  Tatiana Pedrazzi

Come si svolgeva la giornata? Sveglia all’alba e ore sotto il sole, piegati a scandagliare il terreno. La fatica era tanta e le condizioni climatiche pesantissime, ma il contatto con le popolazioni dei piccoli villaggi era appagante. Condividevano con noi la gioia delle scoperte. L’esperienza in Oriente è stata umanamente molto forte.

ANNO DI NASCITA 1973 FORMAZIONE  Liceo classico, laurea in Lettere classiche e Dottorato in Archeologia COMMITTENTI  Università e CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche)

attesa a volte è snervante, ma L’ quando il “tesoro” riemerge, sotto strati di sabbia o zolle di terra compatte, si viene ripagati di ogni fatica. Tatiana Pedrazzi era ancora una studentessa dell’Università La Sapienza di Roma quando partecipò alla sua prima campagna di scavo in Sardegna. Oggi è ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e insegna Archeologia e Storia dell’arte del Vicino Oriente antico all’Università dell’Insubria di Como. Qual è stato in sintesi il suo percorso? Diplomata al liceo classico di Monza, mi sono laureata in Lettere classiche all’Università di Pisa, poi ho conseguito il dottorato di ricerca e la specializzazione in Archeologia orientale presso l’Università La Sapienza di Roma. La sua prima uscita? Andai a lavorare in Sardegna, partecipavo alla missione archeologica nel sito fenicio e punico di Pani Loriga, presso Santadi, nel Sulcis Iglesiente. Fu un’esperienza meravigliosa, ma capii subito che la vita dell’archeologo non è fatta solo di grandi scoperte, ma anche

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Quanto dura una missione? Diversi mesi. Durante il dottorato ho trascorso vari periodi in Siria, come membro della Missione archeologica italiana nel sito di Tell Afis, presso Idlib, a sud di Aleppo, e come membro della Missione archeologica dell’Università americana di Beirut nel sito di Tell Kazel, presso Tartus, lungo la costa.

Il momento più bello? Dopo oltre un mese di noia profonda, arrivammo allo “strato buono” scoprendo le prime tracce di un abitato. Fu un picco di adrenalina. Trovammo indizi di una distruzione violenta, che per un archeologo è, paradossalmente, una fortuna, perché le invasioni implicano incendi e crolli, ma sotto le macerie sopravvivono reperti straordinari. Portammo alla luce un palazzo dell’età del bronzo siriana che custodiva grandi anfore intatte. Scava ancora? Ora insegno e, purtroppo, data la mancanza di fondi per la ricerca, mi

occupo come molti colleghi di reperire finanziamenti da parte di sponsor per pagare altre campagne. Parte del lavoro dell’archeologo oggi si concentra nel fundraising. Altri sbocchi lavorativi? I giovani colleghi si stanno inventando lavori di divulgazione, a contatto con il pubblico: laboratori per i bambini, visite guidate ai luoghi antichi delle città o a piccoli musei vicino ai siti archeologici. La didattica è importante, ha un valore sociale e può essere molto soddisfacente anche per gli studiosi che condividono le loro conoscenze. Che cosa pensa delle recenti distruzioni in Siria? È un pezzo di storia dell’umanità che ci abbandona. La vita umana è certamente più importante, ma la distruzione deliberata e ideologica di una cultura, al fine di cancellarla, è imperdonabile. Senza contare l’aspetto economico della faccenda. Le distruzioni dell’Isis nascondono, infatti, le speculazioni sul mercato clandestino dei reperti che vengono spediti illegalmente in Europa e in America. Disperdere i beni archeologici significa rinunciare a ogni possibilità di ricostruire il nostro passato. Il sito di Ebla, a sud di Aleppo, era una miniera d’oro. Oggi, visto dal satellite, è un gruviera. Studiare archeologia è come leggere il libro della storia alla rovescia, dall’ultima pagina alla prima. Se viene staccato un foglio, si perde gran parte del significato.


Architetto CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE L’architetto progetta edifici e piani urbanistici. Ma non solo. Nel mondo dell’arte la sua presenza è importante per le mostre allestite in spazi istituzionali: gli ambienti dei musei o dei palazzi storici hanno infatti sempre necessità di essere attrezzati per ospitare le opere (quadri, sculture, ma anche installazioni). L’architetto può inventare soluzioni tecniche e scenografiche per trasformare ogni esposizione in un grande racconto, accogliendo ogni elemento di questo racconto in un percorso studiato ad hoc. NOME  Mario Botta ANNO DI NASCITA 1943 FORMAZIONE  Iuav (Istituto universitario di architettura di Venezia) COMMITTENTI  Musei, istituzioni, imprese, enti religiosi, privati

ario Botta è uno dei grandi nomi dell’architettura contemporanea. Nato nel 1943 in Svizzera, ha fondato nel 1996 l’Accademia di architettura della Svizzera italiana a Mendrisio. Ha studiato allo Iuav, l’Istituto universitario di architettura di Venezia, dove ha incontrato Le Corbusier e si è laureato con Carlo Scarpa, uno dei maggiori architetti italiani del XX secolo. Fra i suoi interventi “da manuale”, spiccano il Museo d’arte contemporanea di San Francisco, la Sinagoga Cymbalista di Tel Aviv, il Museo Jean Tinguely di Basilea, il Mart di Trento e Rovereto (tutti visibili sul suo sito ufficiale www.botta.ch). Ha inoltre firmato molti progetti di allestimento per mostre temporanee.

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Quando ha scoperto il piacere di progettare gli allestimenti per le mostre? È un piacere che viene da lontano, da quando ero ragazzo. Studiavo ancora all’università con Carlo Scarpa, che era il massimo in fatto di architettura per i musei. Negli anni cinquanta Scarpa aveva già restaurato e allestito musei come le Gallerie dell’Accademia e il Correr a Venezia, Palazzo Abatellis a Palermo, alcune sale degli Uffizi a Firenze. Qual è il compito dell’architetto in questi casi? Il problema è semplice: portare l’oggetto del desiderio, ovvero l’opera d’arte, all’attenzione del visitatore; presentarlo agli occhi del pubblico nel modo più interessante possibile. Qual è il valore aggiunto di tale operazione? Esporre carte, dipinti o sculture non significa solo mettere i pezzi in vetrina, ma dare nel contempo una chiave di lettura che nasce dalla contemporaneità. Si potrebbero allestire oggi mostre sul

Settecento o l’Ottocento ambientando gli oggetti nella loro epoca, in ambienti del Settecento o dell’Ottocento. Ma più interessante sarebbe attualizzare questa memoria, avvicinarli al nostro vissuto. Perché? Il tempo storico che intercorre fra noi e le opere è pieno di ricordi, battaglie, conquiste, fallimenti. È pieno di vita. Il passato non può restare cristallizzato nel passato, perché – essendo arrivato fino a noi – ha vissuto un lungo periodo di mezzo di cui inevitabilmente porta ancora le tracce. La sfida per l’architetto? L’allestimento è una mediazione fra ieri e oggi. I grandi maestri dell’architettura, Albini, Zanuso, Scarpa, si servivano del sapere artigiano per far parlare al meglio i reperti del passato. Recuperavano tradizioni antiche e le fondevano con nuovi materiali e moderne tecniche costruttive. È uno sforzo che si compie costantemente nel nostro lavoro, quello di dare un’attualità storica a opere che emergono da un’epoca diversa.

Un allestimento recente? La mostra “Legni preziosi” alla Pinacoteca Züst di Rancate, in Canton Ticino. Ho osato un po’. Le sculture lignee, datate dall’anno Mille in avanti, erano collocate a una certa altezza nelle chiese. Con il legno truciolare abbiamo costruito basi che simulassero le loro antiche destinazioni, ma poi – pensando ai colori accesi degli smalti sul legno – le abbiamo colorate con tinte shocking: rosa, viola, turchese. Ne ha dato un’interpretazione personale? Non volevo che le sculture rimanessero sospese a mezz’aria nel buio, in una dimensione astratta. Furono scolpite per entrare a contatto con la vita reale; ho cercato di restituirle allo spazio concreto degli altari. Un suo intervento memorabile? Il progetto per Tiziano a Belluno, la grande mostra allestita nel cinquecentesco Palazzo Crepadona e curata nel 2007 dallo storico dell’arte Lionello Puppi. Creammo un gigantesco nuovo contenitore da inserire nel cortile del palazzo, una specie di padiglione coperto da sfruttare come spazio espositivo aggiunto. In quel caso volevo ottenere un effetto diverso: isolare le opere di Tiziano, staccarle da ogni tempo storico affinché vivessero per sempre. Il ruolo del pubblico in tutto ciò? È sempre protagonista. Ogni opera, ogni allestimento deve parlare con il visitatore. Alla fine dei giochi, tocca al fruitore dare l’interpretazione della storia. I mestieri dell’arte

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Curatore di mostre CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE Il curatore è colui che, destreggiandosi fra le direzioni di musei e gallerie d’arte, fra gli artisti, gli architetti, gli allestitori e i critici, riesce a coordinare l’organizzazione di una mostra dal progetto iniziale fino alla realizzazione effettiva. Studia i contenuti, raccoglie le opere, contatta i prestatori, segue la regia dell’allestimento, scrive i testi critici per i cataloghi e modera la presentazione ufficiale della mostra la sera del vernissage. NOME  Ivan Quaroni ANNO DI NASCITA 1970 FORMAZIONE  Laurea in Lettere moderne, indirizzo in Storia dell’arte contemporanea COMMITTENTI  Musei e gallerie private

a formazione scolastica è importante, ma Ivan Quaroni, curatore specializzato in pittura contemporanea, è convinto che l’esperienza sul campo sia altrettanto significativa. Nel ventaglio amplissimo della curatela, dove si incrociano specialisti di ogni settore e di ogni epoca, lui ha scelto le ricerche più pop e di ultima generazione, con un occhio di riguardo per la cultura americana degli ultimi vent’anni, di cui è stato il primo a occuparsi in Italia.

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Dove ha studiato? Mi sono laureato in Storia dell’arte, specializzandomi nel settore del contemporaneo. Avere una formazione specialistica è fondamentale, ma si diventa davvero curatori frequentando assiduamente il mondo dell’arte contemporanea. I Master per prepararsi come curatori vanno quindi abbinati a una lunga gavetta. Altri corsi consigliati? Quelli di scrittura creativa. Io frequentai le lezioni tenute Giuseppe Pontiggia, uno dei più importanti autori del Novecento italiano, per imparare a scrivere con chiarezza. Saper scrivere nel nostro mestiere è essenziale: serve per trasmettere al pubblico i contenuti di ogni ricerca, traducendoli in un linguaggio comprensivo ed efficace. Un curatore si specializza in un settore di preferenza? Per avere un’identità più forte, ciascuno di noi deve innanzitutto decidere quale capitolo della storia dell’arte ama di più e diventare, poi, una specie di esperto del settore, pubblicando testi critici. Molti miei compagni di università hanno virato, per esempio, verso l’arte moderna, il Novecento. Io ho scelto la pittura contemporanea. Quali tendenze in particolare? Quella legata alle correnti della street art, della cultura punk, del graffitismo. È un amore che nasce fra le pagine della rivista “Juxtapoz”, che ho iniziato a leggere da ragazzo. Documentava le esperienze della costa ovest degli Stati Uniti: per esempio la psichedelia o la cultura del surf e dello skate. Oggi sono diventate tendenze globali. Recuperano la lezione storica del surrealismo, tanto che è nata l’etichetta di “surrealismo pop”.

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Ha lavorato con artisti americani? Sì, molti li ho fatti conoscere in Italia per la prima volta. Il bello di questo lavoro è però la parte del talent scouting. Per cercare e scoprire talenti è importante frequentare le accademie, i luoghi dei giovani artisti, i loro atelier. Io guardo e seleziono, poi li propongo alle gallerie. Si cerca sempre un nuovo nodo di interesse, una personalità da indagare e da proporre al mondo dell’arte. Che tipo di carattere si deve avere? Bisogna essere molto volitivi. Un carattere forte, decisionale. In questo mestiere i risultati dipendono dalla capacità di coordinare un lavoro di squadra, dove gli attori sono i galleristi e gli artisti. Entrambi hanno idee precise, esigenze da soddisfare, ma noi dobbiamo far rispettare le nostre decisioni. Non c’è Master al mondo che lo possa insegnare: è come guidare una truppa con il piglio del generale. Se questo non accade, la mostra rischia di non avere successo. Capita? A volte sì, soprattutto dal punto di vista commerciale. Se il curatore lavora con le gallerie private – che hanno anche lo scopo di vendere – deve tenere conto del potenziale economico delle opere. Altro fattore da non sottovalutare mai. E se si lavora con i musei? La posta è ancora più alta. Il rischio, in quel caso, è la credibilità. Un curatore deve lavorare in modo professionale e scientifico: fare attenzione alla qualità delle opere, alla logica del percorso, alla coerenza delle scelte, all’apparato didattico, agli strumenti di divulgazione e di studio, come i cataloghi. Il curatore firma letteralmente una mostra e se ne assume la responsabilità.


Direttore di museo CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE Il direttore di un museo è come il direttore di una grande azienda. Ha un compito istituzionale ma anche operativo. Si relaziona con i dirigenti di settore (nel caso degli enti pubblici) e con i consigli di amministrazione (nel caso invece degli enti privati). Deve essere preparato dal punto di vista storico-critico, ma possedere anche nozioni di management utili per gestire i budget a disposizione, necessari per definire la programmazione culturale del suo istituto. NOME  Gianfranco Maraniello ANNO DI NASCITA 1971 FORMAZIONE  Laurea in Filosofia COMMITTENTI Musei

ianfranco Maraniello, figlio dell’artista Giuseppe Maraniello, dirige dal 2015 il Mart, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. È uno dei personaggi più influenti nel mondo dell’arte italiana. Il suo museo è considerato uno dei più attivi e vitali in Italia.

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Qual è stato il suo percorso formativo? Studi classici, laurea in Filosofia, ma soprattutto l’incoscienza di praticare il territorio dell’arte senza mai intenderlo come un possibile mestiere, pur prendendo tutto sempre molto sul serio. Essere figlio di un artista mi ha consentito di vivere questo ambiente senza finalità, perché era una condizione esistenziale: l’arte era di casa. La svolta è arrivata a ventidue anni, quando cominciai a frequentare la redazione della rivista “Flash Art”. Senza accorgermene, stavo lavorando quando invece a me interessava solo imparare, ricevere informazioni in un’epoca che non conosceva Internet, sperimentare la traduzione di notizie in prodotti editoriali. Come si diventa direttori? Credo che non ci sia altra possibilità che conoscere i musei dall’interno, comprendendo le funzioni di una struttura e lavorando in armonia con i colleghi, senza pensare di imporre modelli teorici che sottovalutino l’urgenza del reale. Quello del direttore è un ruolo che si deve continuamente plasmare in relazione alla contingenza in cui si opera.

Le sue esperienze precedenti? Critico d’arte, curatore di mostre, autore di saggi. Nello specifico, sono stato alla regia di varie istituzioni: curatore al Palazzo delle Papesse di Siena e al MACRO di Roma, ho assunto la direzione della Galleria d’Arte Moderna di Bologna nel 2005, inaugurando il MAMbo (Museo d’arte moderna di Bologna) nel 2007. Sono stato poi direttore dell’intero sistema museale cittadino. Come ha vissuto il passaggio dal MAMbo al Mart? Mi sono trovato per la prima volta in un museo già ben strutturato. Nelle mie precedenti esperienze c’erano situazioni in cerca di definizione o veri e propri cantieri da seguire. Il Mart, invece, è dotato di una moderna architettura, straordinarie collezioni, importanti risorse finanziarie e personale stabile. Il suo museo-modello? È quello che interpreta la necessaria specificità del proprio contesto e muta con esso. Non voglio eludere la domanda, ma proprio non riesco ad assumere un esempio paradigmatico che costituisca un’idealità di riferimento. Lo riterrei un errore di metodo.

La sua giornata tipo? Non esiste, perché ci sono troppi impegni di natura eterogenea e che richiedono la mia presenza in luoghi diversi: compiti amministrativi e in senso lato “politici”, riunioni tecniche e di progetto, viaggi professionali ed eventi imprevedibili. E poi – non a caso dico “poi” – c’è l’arte, che è sì il presupposto della vita del museo, ma generalmente la ritrovo solo al di là del lavoro quotidiano. In ogni caso cerco di essere presente in sede perché, come sempre dico al mio team, tutto ciò che avevamo programmato non ci darà problemi, ma dobbiamo sempre tenerci pronti a quanto ci è eventualmente sfuggito. Quanto è importante delegare ai collaboratori? Fondamentale, al punto che non parlerei di “delega”, ma di qualcosa che è la definizione stessa del ruolo di direttore, di colui che dirige, ossia che assegna compiti e se ne assume la responsabilità ultima. Un segreto del mestiere? Se è vero che prende il merito del lavoro della squadra, degli artisti, degli investimenti fatti da tanti soggetti, parimenti il direttore non deve mai scaricare la responsabilità sugli altri o sulle cose. E deve essere propositivo, utilizzando le difficoltà come fonte di ispirazione. I mestieri dell’arte

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Editore di libri d’arte CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE L’editore di libri d’arte deve essere creativo e ricettivo. Da una parte, si relaziona quotidianamente con un mondo di specialisti del settore, che gli propongono i propri studi e le proprie ricerche; dall’altra, però, le idee nascono spesso internamente alla casa editrice, che escogita nuovi titoli da lanciare sul mercato. Un buon editore deve avere, inoltre, la capacità di coordinare il suo staff, fatto di redattori, grafici e stampatori. NOME  Marco Jellinek ANNO DI NASCITA 1963 FORMAZIONE  Laurea in Chimica e in Filosofia COMMITTENTI  Musei, istituzioni, fondazioni, privati

arco Jellinek ha una doppia laurea: in Chimica e in Filosofia alla University of Kansas. Ha cominciato a occuparsi di editoria nel 1987, come redattore e responsabile commerciale della Jaca Book di Milano, passando poi a Disney Libri come senior editor, e diventando in seguito direttore marketing di Skira, una delle principali case editrici italiane di libri d’arte. Nel 2006 ha fondato, insieme a Paola Gallerani, Officina Libraria. Il catalogo della casa editrice rispecchia la cultura storico-artistica e la passione per l’arte dei due fondatori.

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Come si diventa editori? Oggi ci sono parecchie scuole che lo insegnano, come il Master della Fondazione Mondadori. Una volta ci si inventava da soli, studiando molto e facendo esperienza sul campo. Io ho seguito studi che non avevano nulla a che vedere con l’editoria. Mi ha aiutato la mia capacità di capire i numeri e saper leggere un bilancio. Oggi sono la mente economica e strategica di Officina Libraria. Quali altre doti servono? Curiosità intellettuale. Avere la voglia di cercare argomenti nuovi. Fare libri che ci piacciono è il nostro motto. Approfondiamo materie che ci interessano e le condividiamo con il pubblico. Per questo è utile essere sempre aggiornati sulle nuove tendenze e cercare di capire cosa manca sul mercato, quali sono le lacune da colmare sugli scaffali. È poi fondamentale trovare gli autori in grado di scrivere quello che noi abbiamo pensato, perché noi non scriviamo. Lo facciamo fare ad altri capaci di tradurre in realtà e in testi le nostre intuizioni.

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Edizioni particolari che avete curato? Quelle per il Museo del Louvre. Ci siamo presentati a Parigi senza conoscere nessuno, abbiamo chiesto un appuntamento alla direttrice delle pubblicazioni e le abbiamo mostrato i nostri prodotti. Lei fu molto lungimirante. Abbiamo iniziato a seguire per loro cataloghi di mostre legate all’arte italiana, Mantegna per esempio. Poi abbiamo pubblicato una guida curiosa, destinata solo ai custodi del Louvre: un piccolo catalogo tascabile delle collezioni che tutti i custodi usano per dare le informazioni ai visitatori. Una mossa intelligente della direzione del museo che coinvolge i propri dipendenti nella vita del museo stesso. Altri volumi importanti? Il catalogo dell’Accademia Carrara di Bergamo o il catalogo ragionato degli avori del Museo nazionale del Bargello. Oltre alle 800 pagine dedicate ai dipinti della collezione Berenson, che contiene opere dei più importanti artisti italiani del Rinascimento.

La parte difficile di questo lavoro? Fare quadrare i conti. Il mondo dell’editoria non è facile, soprattutto in Italia. È necessaria una buona dose di pazienza e il talento nell’orchestrare prodotti di qualità con titoli magari più commerciali o prodotti che rispecchino le attese del pubblico. È utile anche creare triangolazioni fra istituti per progetti condivisi. Per questo viaggio molto e cerco di fare incontrare realtà diverse (musei americani e francesi, per esempio), affinché condividano certe pubblicazioni. In ufficio come si muove? Coordino quotidianamente il lavoro di tutto il team di redattori (gli editor) e, non avendo una tipografia interna, mi relaziono anche con gli stampatori esterni a cui affidiamo i nostri volumi. La catena del libro è lunga e complessa, si passa dalla creazione fino alla produzione industriale. Ogni fase va monitorata. Che cosa pretende dai suoi redattori? Che entrino nel merito degli argomenti, che sappiano di cosa stiamo parlando. Devono essere preparati e curiosi, come me. Anche lei fa redazione ogni tanto? Spesso, perché mi piace e perché sono un lettore instancabile, che è la prerogativa numero uno per essere un buon editore.


Educatore museale CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE L’educatore museale si occupa dei servizi educativi con cui musei e istituti di cultura rendono accessibili a un pubblico vasto ed eterogeneo le proprie collezioni, le mostre e in generale ogni tipo di esposizione a tema. La didattica museale si rivolge sia ai bambini sia agli adulti, tutti chiamati a vivere il museo come un’esperienza formativa, attraverso metodologie didattiche che coinvolgono attivamente lo spettatore. Per saperne di più vai sulla sezione del sito del Miur dedicata alla didattica museale: http://link.pearson.it/AE6CEC5B NOME  Lorena Giuranna ANNO DI NASCITA 1974 FORMAZIONE  Laurea in Storia dell’arte e Scienze della formazione COMMITTENTI  Musei e gallerie d’arte

er diventare un educatore museale si possono frequentare vari indirizzi di studio, legati all’ambito storico-artistico, psicologico e pedagogico. Lorena Giuranna collabora dal 2004 con il Dipartimento educativo del Museo Maga di Gallarate, di cui è coordinatrice dal 2012. Docente di Linguaggi dell’arte contemporanea all’Accademia “Aldo Galli” di Como, è anche direttrice del Museo della Carale di Ivrea, centro espositivo che indaga sul rapporto tra arte e linguaggio.

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Qual è stato il suo percorso di studi? Sono laureata e specializzata in Storia dell’arte. Ma ho seguito anche corsi universitari di Scienze della formazione, su materie di ambito pedagogico in rapporto con le arti. Che cosa reputa indispensabile per lavorare in un dipartimento di didattica museale? La conoscenza della storia dell’arte contemporanea, ma anche una certa preparazione su discipline psicopedagogiche e metodologico-didattiche. Il nostro ruolo è quello di promuovere la creatività e di sviluppare nel pubblico una capacità di osservazione delle opere, indipendentemente dalle nozioni di Storia dell’arte. La scoperta dei linguaggi artistici avviene spesso attraverso un contatto diretto con le fasi di creazione dell’opera.

Come funziona un laboratorio? Si basa su progetti in grado di innescare diverse tipologie di approccio, di lettura e di interpretazione delle immagini. Nelle classi cerchiamo sempre di stimolare le dinamiche collettive del lavoro in gruppo, osservando come i bambini rispondono alle sollecitazioni e sono poi in grado di agire facendo squadra, creando e progettando in modo corale. Per la mostra dedicata a Ottavio e Rosita Missoni, per esempio, abbiamo programmato molti laboratori sul tema dei colori nell’arte. La didattica si rivolge solo ai bambini? Il Maga di Gallarate lavora da vent’anni con le scuole, che sono il suo fiore all’occhiello. Dal 2008 accogliamo esperienze di Alternanza scuola-lavoro con studenti impegnati in progetti che durano in media una settimana. Prepariamo per loro percorsi di lavoro con gli artisti. Qualche esempio? Ad alcuni studenti abbiamo chiesto di coordinare workshop di fotografia. In casi particolari, i ragazzi hanno addirittura prodotto un’opera, avvicinandosi alla riflessione dell’artista che li ha guidati. Crediamo, infatti, nell’idea che l’incontro diretto con gli artisti sia per i giovani il territorio ideale per lo sviluppo di competenze fondamentali alla loro crescita professionale.

Gli artisti contemporanei si prestano a questi laboratori? I progetti hanno spesso come protagonisti autori la cui poetica consente di approfondire la sfera relazionale con il pubblico. Penso per esempio alla performance “All welcome to join in” del ballerino Boris Charmatz, nata dalla riflessione sull’ipotesi di creare un museo della danza. Insieme agli studenti del Liceo Pina Bausch di Busto Arsizio abbiamo curato una rievocazione della storia della danza nel secolo scorso, riproducendo addirittura le coreografie più celebri. La didattica ha un ruolo sociale? Il Maga lavora spesso con i centri per anziani, rivolgendosi anche a persone affette da disturbi cognitivi. È molto bello vedere come in questi gruppi nasca un senso profondo di appartenenza al luogo-museo e al progetto che viene loro affidato. Si affezionano al museo come spazio fisico, accogliente, ai suoi laboratori ricchi di stimoli. Se ne appropriano intimamente. Altri campi in cui operate? I grandi classici: organizzazione di conferenze, performance, approfondimenti, incontri con ospiti speciali. Ma anche iniziative più ricreative come i compleanni al museo. Invitiamo inoltre gli insegnanti per momenti di formazione accanto agli artisti: grazie a noi, i docenti diventano mediatori tra il museo e le classi.

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Gallerista CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE Il gallerista ospita nei propri spazi espositivi mostre di singoli artisti oppure collettive. Il suo lavoro è determinato dal mercato: deve quindi confrontarsi quotidianamente con gli andamenti economici del settore, fra picchi e svalutazioni. Il suo compito è “vendere” arte come un prodotto di lusso, ma anche come un “bene rifugio”, nel caso di opere considerate come un investimento da parte di collezionisti lungimiranti. NOME  Giovanni Bonelli ANNO DI NASCITA 1973 FORMAZIONE  Laurea in Giurisprudenza COMMITTENTI  Collezionisti e appassionati d’arte

iovanni Bonelli è figlio d’arte: suo padre Evaristo gli ha trasmesso la passione per il mondo dell’arte contemporanea e per il suo mercato. Titolare di diversi spazi, ne ha inaugurato uno nel quartiere Isola a Milano, una delle are più cool della città. Si tratta di un open space, bianco e algido, come nella tradizione delle migliori gallerie di Londra o New York.

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Com’è nata la passione? Seguendo mio padre fin da piccolo: lo guardavo muoversi in galleria, dialogare con la gente, allestire le mostre, trattare con gli artisti. Mi sembrava un mondo affascinante. L’interesse è cresciuto gradualmente e, dopo aver studiato Legge, alla fine ho deciso di seguire la sua strada. Qual è il ruolo di un gallerista all’interno del sistema dell’arte? Agiamo fondamentalmente da mediatori fra l’attività di un artista e i fruitori finali delle sue opere: collezionisti, appassionati, anche semplici visitatori che decidono di acquistare un pezzo perché ne sono rimasti colpiti. Il valore dell’opera è tutto, ma il nostro impegno nel presentarla e nell’esporla permette al pubblico di scoprirla. Serve studiare? Serve conoscere il contesto in cui hanno studiato e studiano ancora i nostri artisti. Per i nomi del passato bisogna apprendere fino in fondo il panorama storico-critico in cui si sono mossi. Per i nomi dell’arte contemporanea è invece necessario avvicinarsi alle ultime tendenze, sapere che cosa condiziona oggi le ricerche espressive dei giovani artisti. Una panoramica generale, dunque, che si impara sui libri ma anche sul campo, frequentando regolarmente mostre, musei, fiere e gallerie, leggendo riviste di settore e critiche correnti. Non ci si improvvisa galleristi, prima di agire bisogna acquisire consapevolezza di tutto ciò. Una dote essenziale? L’intuito. Davanti al lavoro di un autore il bravo gallerista sa comprenderne il futuro commerciale. Conoscendo i gusti e le dinamiche del mercato, presagisce la risposta che potrebbe avere un’opera una volta messa in vendita.

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Parliamo sia di opere del passato che contemporanee? L’intuito non cambia; cambiano le operazioni del gallerista. Per i giovani emergenti, si tratta di fare talent scouting. Per i maestri del passato ci si imbatte a volte in personalità che hanno lasciato un segno, ma che la storia ha paradossalmente cancellato. A quel punto ci sentiamo investiti di una certa responsabilità: restituire i loro nomi alle pagine dei manuali e, allo stesso tempo, favorire un aumento delle loro quotazioni. C’è sempre un investimento economico? È il nostro mestiere. Operiamo nella vendita, ma investiamo credendoci. A volte si tratta di costruire progetti complessi: ingaggiare studiosi, allestire mostre, pubblicare libri, proporsi alle fiere estere. La figura del gallerista è diversa da quella del mercante per questi aspetti: non si limita a vendere, ma attribuisce il valore economico corretto ad artisti di qualità. È una professione soddisfacente? Sapere che anche il nostro contributo è importante per aggiungere un tassello alla storia dell’arte è gratificante. Qualche esempio? In galleria ho allestito un’antologica dei lavori dell’artista e architetto Gianni Pettena, dedicata alla sua attività fra il Sessantotto e gli anni ottanta, decennio cruciale della sperimentazione artistica e sociale in Italia. Ho selezionato le opere e scelto insieme al curatore il taglio tematico per dare massimo risalto alla natura etica ed estetica della ricerca radicale di Pettena, che è stato, non a caso, valorizzato contemporaneamente da diversi istituti pubblici italiani. Questo significa che ho contribuito anch’io alla riscoperta dell’opera di uno dei più importanti artisti italiani contemporanei.


Giornalista critico d’arte CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE Il giornalista critico d’arte ha una doppia professionalità. Si occupa di cronaca e, insieme, di storia dell’arte. Deve saper scrivere articoli redatti secondo le regole della grande comunicazione, ma allo stesso tempo ricchi di contenuti scientifici. A volte lavora direttamente all’interno delle redazioni, altre volte è un freelance, gestisce cioè autonomamente il suo tempo e il suo lavoro, offrendo le proprie competenze alle pagine dei giornali che richiedono commenti o recensioni a mostre. NOME  Francesca Bonazzoli ANNO DI NASCITA 1962 FORMAZIONE  Laurea in Letteratura inglese e in Lettere moderne con indirizzo in Iconologia, praticantato nelle redazioni COMMITTENTI  Quotidiani e riviste d’arte, design e architettura

ggi sono molte le scuole di giornalismo in Italia e per entrare nelle redazioni è necessario passare da diplomi specialistici. Ma il critico d’arte spesso segue una strada diversa: prima approfondisce e coltiva le proprie passioni, poi si allena a scriverne con taglio giornalistico, cercando quindi di farne un mestiere. Francesca Bonazzoli è una delle migliori firme della critica, attiva da anni sulle pagine culturali del “Corriere della Sera”.

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Da dove è partita? Dall’indirizzo in Iconologia all’università. Poi mi sono buttata subito nel praticantato: giravo per le redazioni, offrendo recensioni alle mostre che avevo visto. Ho cominciato a collaborare in modo regolare con la rivista di design “Interni”, poi ho lavorato per vari mensili prima di approdare al “Corriere della Sera” e ai suoi inserti. Quali sono i segreti del mestiere? È importante frequentare mostre, gallerie, i famosi riti dell’art-system, i vernissage, le conferenze stampa. In questo modo si possono conoscere tutti i protagonisti del mondo dell’arte, avere accesso a notizie dietro le quinte. Parlare con i direttore dei musei, con gli artisti negli atelier, con i curatori delle esposizioni, inoltre, aiuta a captare le tendenze e anticipare le notizie.

Lei lo ha fatto? Ho fatto l’esatto contrario. Mi piaceva più l’idea di essere un critico indipendente, libero dai meccanismi del sistema. Frequentavo le mostre senza presentarmi, all’inglese, per poter dire la mia opinione senza accettare compromessi. È diventata famosa per le sue critiche negative. Il mondo dell’arte è piccolo e per questo vive di favoritismi. Stessa cosa accade nella sfera della musica, del cinema, del teatro; sono ambienti di nicchia dove è molto difficile esercitare un giudizio autonomo senza scontrarsi con qualcuno che si conosce bene e che potrebbe metterti i bastoni fra le ruote. Ma lei ha sempre difeso la sua autonomia. Una volta i giornali pagavano bene i pezzi di critica, per cui non ho mai avuto bisogno di cercare altri lavori o favori. Ho potuto esprimermi senza paura di ritorsioni. Alcuni colleghi non possono farlo perché lavorano con i musei o con le gallerie. Io non ho mai curato mostre e ho sempre fatto solo il critico giornalista. Che cosa critica un critico? Nel caso delle mostre d’arte antica, si criticano le scelte espositive, gli allestimenti, le attribuzioni più o meno dubbie, i cataloghi che oggi sono sempre meno scientifici. Con l’arte contemporanea tutto è più opinabile. Il criterio è essere aperti alle novità:

quando nacque la videoarte, per esempio, molta critica la snobbò pensando fosse una fiammata. Il critico deve comprendere il valore profetico delle innovazioni, deve essere lungimirante. Come si impara a esserlo? Frequentando costantemente questo mondo e sviluppando un senso estetico, un vero e proprio fiuto che viene dall’esperienza. Quanto è importante saper scrivere? Saper tradurre in parole ciò che si è visto è indispensabile per comunicare i contenuti a un pubblico generico. È come per le trame dei film: si racconta la storia e si aggiunge una nota personale al pezzo, che diventa la tua firma, un marchio di qualità sempre riconoscibile. La cosa difficile è fare tutto questo nell’arco delle tre ore che un quotidiano concede per scrivere un articolo in giornata e mandarlo in stampa. Per chi si scrive? Per un pubblico che magari ignora l’argomento. Si scrive per tutti: per questo è d’obbligo essere chiari, precisi, non dare nulla per scontato. Un consiglio? Esercitarsi facendo riassunti. Ho scritto riassunti per anni, ogni giorno. Era come andare in palestra: trenta righe di testo per sintetizzare qualsiasi cosa mi fosse capitato di vedere. Ha funzionato. I mestieri dell’arte

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Grafico designer CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE Il grafico designer è un professionista che si occupa di comunicazione visiva. Con un’unica finalità: trasferire al pubblico un messaggio chiaro ed efficace, senza dimenticare il valore estetico. Per questo motivo, il grafico designer deve creare i perfetti rapporti tra testo e illustrazione. Le sue competenze spesso si aprono al mondo della fotografia, della tipografia, oggi anche del web design. NOME  Italo Lupi ANNO DI NASCITA 1934 FORMAZIONE  Laurea in Architettura COMMITTENTI  Agenzie pubblicitarie, redazioni di giornali o riviste, case editrici e aziende

talo Lupi è un’icona nell’universo della grafica italiana e del design. Ha scritto un capitolo lungo e importantissimo di storia della comunicazione visiva dalla seconda metà del Novecento a oggi. Laureato in Architettura al Politecnico di Milano, è stato consulente della Rinascente, di IBM Italia, della Triennale di Milano, poi art director di “Domus” e di “Abitare” (di quest’ultima anche direttore), le più celebri riviste di architettura e design riconosciute a livello internazionale. Vincitore di due Compassi d’Oro, prestigioso premio dedicato al design italiano, Lupi ha progettato la grafica per musei e grandi mostre. Con gli architetti Migliore e Servetto ha firmato il Look of the City di Torino per le Olimpiadi 2006 e per le Celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

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Come si diventa designer nella grafica? Io vengo da una generazione che ha prodotto i migliori grafici italiani, usciti tutti dalla facoltà di Architettura. Milano all’epoca poteva tranquillamente competere con le scuole svizzera,

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olandese e inglese. Oggi ci sono centri specializzati, come la sede del Politecnico di Milano in Bovisa, ma esistono scuole di buon livello anche sul resto del territorio italiano. È sufficiente la scuola? No, servono curiosità ed esperienza sul campo. Ai miei tempi si andava in tipografia a osservare da vicino i processi di stampa. Una gavetta che consiglio tuttora, anche se con il computer le tecniche sono cambiate. Una volta i caratteri per la stampa erano pochi, ma tutti dotati di un equilibrio unico; oggi se ne contano forse 800, ma alla fine l’eleganza del disegno appartiene solo a una manciata di essi. Un esercizio quotidiano? La migliore prassi giornaliera resta quella di aprire i libri. Non solo per leggerli, ma per vedere come sono fatti, cosa c’è di straordinario in ciascuno di essi: la carta, i caratteri, le lettere, i margini. È bello scoprire quali dettagli rendono gli oggetti migliori, più fruibili e meno faticosi. Che cosa intende per fatica? Il nostro talento sta nel comunicare; non possiamo costringere chi legge a sforzi di interpretazione per comprendere un messaggio. Dobbiamo fare come i gessisti, quando tirano le pareti più lisce possibile: dobbiamo eliminare ogni ostacolo alla comprensione, per raggiungere un pubblico ampio e dalla formazione eterogenea, per riuscire a colpirlo e interessarlo. Quanto conta lo stile personale? Ognuno ha il suo, come accade nell’arte o nella letteratura. Io, per esempio, nutro un grande amore per la cultura inglese. Sono cresciuto leggendo Dickens e osservando le illustrazioni dei suoi libri, che avevano un senso di libertà nel segno, un tratto morbido, un istinto grafico non soggetto a regole d’impostazione. I manifesti inglesi sono ricchi di invenzione anche adesso. La grafica italiana è fatta, invece, di ragazze e bei sorrisi. Io cerco di più. Cioè? L’enigma intrigante. Quel velo di mistero tipico anche della famosa scuola di

grafica svizzera, con la sua grazia estrema e la sua secchezza pittorica. Quali sono stati i suoi maestri? La lezione dei maestri è fondamentale. Bisogna guardare al passato, studiare quello che è stato e quello che i grandi artisti ci hanno insegnato. Io devo molto a due figure. Una è Achille Castiglioni, con cui ho lavorato a lungo, un maestro del disegno industriale e del design. I suoi oggetti sono nei più grandi musei del mondo. L’altra è Saul Steinberg, un genio del disegno, per me insuperabile, le cui illustrazioni e vignette sono state pubblicate su importanti riviste e quotidiani internazionali. Il libro perfetto? Quello completo di tutti gli indici, le note, i regesti, le didascalie, le immagini. Oggi la questione dei diritti d’autore sulle immagini è un supplizio. Rende il lavoro complicato e frena la creatività nel giocare con le fotografie, che spesso non si possono manipolare, anche quando si tratta di immagini che appartengono all’umanità. La mostra perfetta? Quella dove la grafica facilita la lettura del percorso. Aggiunge una nota al racconto e accompagna il visitatore per mano. Non apprezzo, per esempio, le didascalie piccole e illeggibili come vanno di moda oggi. Quale errore evitare in questo mestiere? Pensare che la grafica possa soverchiare i contenuti. La grafica è un “commento”, utile e necessario, ma è importante avere l’intelligenza di non oscurare il resto.


Guida CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE La guida che lavora nel mondo dell’arte ha una preparazione specifica. Non è la classica guida turistica dalla formazione eclettica. Deve conoscere bene la storia degli artisti di ogni epoca, dei movimenti, dei luoghi. Può essere specializzata in argomenti particolari – archeologia, Medioevo, Rinascimento, arte moderna –, ma deve possedere allo stesso tempo una visione d’insieme sulle grandi questioni storicocritiche. La sua abilità sta nel racconto, nel saper trasmettere al pubblico nozioni di base, ricostruendo episodi con il talento di un divulgatore. NOME  Antonella Fuga e Giacomo Zavatteri ANNO DI NASCITA  1971, 1976 FORMAZIONE  Laurea in Storia dell’arte e dottorato in Conservazione dei beni culturali COMMITTENTI  Privati e aziende

ntonella Fuga e Giacomo A Zavatteri si sono inventati un lavoro. Laureati in Storia dell’arte, con varie esperienze nell’editoria e nel settore dei musei, hanno deciso di fondare insieme una società strutturata per offrire servizi altamente specializzati a clienti italiani e stranieri. Organizzano visite personalizzate, corsi e laboratori. La loro web agency si chiama www.milanoarte.net e, a differenza di molte agenzie che forniscono guide turistiche, vantano la collaborazione di esperti di ogni settore. Tutti rigorosamente storici e critici dell’arte.

le loro esigenze, i loro desideri e noi creiamo percorsi personalizzati, privilegiando itinerari originali e tappe inconsuete.

Come è nata l’idea della vostra agenzia? Dopo aver fatto entrambi esperienze diverse, anche a contatto con le sovrintendenze, con il FAI [Fondo Ambiente Italiano ndr] o con i grandi editori d’arte, ci siamo resi conto che l’offerta didattica per il grande pubblico – nell’àmbito per esempio delle visite guidate alle mostre – era raramente specializzata. Le esperienze professionali che avevamo maturato ci hanno convinto dell’importanza di creare servizi turistici di alta qualità.

Perché solo Milano? Perché la qualità è maggiore se le forze si concentrano su un territorio. Ma organizziamo spesso anche viaggi nelle città d’arte, oppure escursioni sui laghi e sulle Alpi, come nel caso della gita fino ai 2.323 metri a bordo del famoso treno Bernina Express.

Che cosa offrite esattamente? Il modello è quello del personal shopper. I clienti – che possono essere singoli o gruppi, ospiti di aziende oppure compagnie in vacanza – ci spiegano

Per esempio? Luoghi generalmente chiusi al pubblico. A Milano, visitare il Cenacolo di Leonardo è fin troppo facile. Salire sulle merlate del Castello Sforzesco è meno scontato. Una volta, proprio lì abbiamo allestito un aperitivo al tramonto per un tour aziendale. In altre occasioni abbiamo avuto l’accesso (generalmente vietato) al piano panoramico della Torre Unicredit. Stesso discorso per il Bosco Verticale o per altri posti meno battuti: la cripta di San Sepolcro, la passerella sulla cupola della Galleria Vittorio Emanuele, la Milano sotterranea nel Foro Romano.

Esigenze particolari che avete soddisfatto? La Disney, per esempio, ci ha commissionato un corso di storia dell’arte contemporanea per i suoi disegnatori; lo abbiamo organizzato insieme ai docenti dell’Università Cattolica. Oppure, a bordo del tram storico numero 1 abbiamo allestito un percorso allo scoperta della Milano anni venti. Oltre a gruppi di americani, russi, indiani e cinesi accompagnati in giro per mostre, anche fuori dai consueti orari di visita. Con le lingue come fate? Selezioniamo ogni volta le migliori guide madrelingua per ogni tour. Siamo scrupolosi nella scelta: la competenza linguistica è al primo posto. Insieme alla preparazione storico-artistica, ovviamente. Altri aspetti da non sottovalutare? La presenza sul web e sui social. Noi li usiamo per incrementare la nostra visibilità on line: twittiamo e postiamo su Instagram le tappe e i momenti più significativi di ogni tour.

Come vi dividete i compiti? Antonella in ufficio, sempre al telefono. Giacomo sul campo con i clienti. Il nostro motto è “per il tour perfetto serve amore per l’arte e precisione nell’organizzazione”. Passiamo parecchio tempo a colloquio con i turisti per capire le loro aspettative e assecondarle. Parole d’ordine sono “disponibilità” e “gentilezza”. In fondo, siamo anche venditori. I mestieri dell’arte

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Restauratore CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE Il restauratore è colui che si prende cura degli oggetti d’arte dal punto di vista della conservazione e del recupero di danni dovuti al tempo o alla negligenza. Deve conoscere, prima di intervenire, lo stile degli autori, i lori linguaggi e le loro tecniche. Ma deve anche avere una preparazione tecnica e scientifica per identificare, per esempio, la tipologia dei materiali, le reazioni chimiche, i meccanismi di invecchiamento, i processi ossidativi, le composizione dei pigmenti e la presenza di collanti o impurità metalliche. Esistono varie specializzazioni, tante quanti sono i settori dell’arte. NOME  Camilla Mazzola ANNO DI NASCITA 1969 FORMAZIONE  Liceo artistico e diploma specialistico in restauro COMMITTENTI  Musei, fondazioni, collezioni private e galleristi

estaurare un’opera d’arte, ma anche un oggetto di antiquariato, una fotografia o un mobile di design, richiede molta pazienza e un lungo percorso formativo. Oggi, nelle accademie e nelle università esistono diversi indirizzi riservati al restauro, ma per Camilla Mazzola la vera formazione avviene in bottega, come si faceva nel Quattrocento. Imparare sul campo resta la scuola migliore per scoprire tutti i piccoli segreti del mestiere. Camilla Mazzola insegna Problematiche del restauro contemporaneo all’Accademia di Brera di Milano e all’Accademia “Aldo Galli” di Como.

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Com’è nata la passione per questo lavoro? Già da ragazza mi attraeva molto. Dopo il liceo artistico, i miei genitori mi iscrissero ad Architettura, ma io passavo le giornate a curiosare negli studi di restauro. Riuscii a cambiare indirizzo. Trasferita da Milano a Firenze, frequentai un corso specialistico e feci tirocinio nella bottega di un bravo restauratore che mi insegnò tutto. Oggi quale scuole si frequentano? Nelle accademie i corsi sono molto pratici, spesso mancano le nozioni storico-critiche. Nelle facoltà universitarie di Lettere o di Architettura è il contrario: le lezioni sono troppo teoriche. La vecchia generazione imparava in laboratorio e io consiglio ai miei studenti di non perdere questa abitudine. Che cosa insegna? Problematiche del restauro contemporaneo. Si tratta di capire come misurarsi con materiali d’ultima generazione. È più complesso del restauro di opere antiche? Sui quadri del Settecento gli interventi seguono procedure e metodi noti e consolidati. I nuovi materiali – parliamo di plastiche, resine, luci, sostanze organiche – non si sa come possano reagire ai trattamenti. Un esempio? Sto cercando proprio ora di fissare una matassa di cotone che Maria Lai attaccò a un manifesto della Biennale del 1978 (vedi foto). Il proprietario vorrebbe appenderlo a un muro, ma la matassa è pesante e rischia di strappare la carta. Devo studiare i pesi e inventare una soluzione.

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Altri casi difficili? Un soffitto di Lucio Fontana dentro un appartamento privato. Gli architetti incaricati della ristrutturazione volevano demolirlo. Una tragedia. Per salvarlo ho preparato una gettata di cemento e, dopo aver staccato l’opera dal plafone, l’ho riattaccata su questa nuova superficie da me creata. È la parte eccitante del lavoro: è come una sfida. Se non fossi intervenuta, lo avrebbero distrutto. Mi sono assunta un rischio e ce l’ho fatta. Episodi più classici? In una tavola di Procaccini ho dovuto rinforzare il supporto originale con una nuova fodera. Spesso, in queste circostanze accade di riscontrare altri restauri precedenti. A quel punto bisogna sempre scegliere se mantenere i ripristini già fatti oppure eliminarli e ricominciare da capo. Doti richieste per questo lavoro? La prudenza, la capacità di fare un passo indietro e non agire d’istinto. Come un bravo medico, un restauratore opera solo se non esistono altre possibilità. Per chi lavora? Musei o collezionisti privati, non con i mercanti. Uno di loro, agli inizi della mia attività, mi chiese di truccare il ritratto di una dama neoclassica troppo pallida, ritenendo che in quel modo l’opera sarebbe stata venduta più facilmente. Le aggiunsi due belle gote rosate, ma mi sembrò una violenza. Un sogno nel cassetto? Confrontarmi con qualcosa di monumentale, come il Cretto di Burri a Gibellina [in provincia di Trapani ndr]. Feci un preventivo per restaurarlo, ma un collega mi passò davanti. Altra cosa da imparare: la concorrenza feroce.


Soprintendente CARTA DI IDENTITÀ PROFESSIONE Il soprintendente dipende dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT). La conoscenza approfondita del Codice dei beni culturali e del paesaggio lo guida nel suo compito principale: tutelare il patrimonio di uno specifico territorio che è stato affidato al suo controllo. Il soprintendente deve, dunque, monitorare lo stato di conservazione di luoghi storici e opere d’arte, pubbliche o ecclesiastiche, valutando e approvando eventuali interventi di restauro o spostamenti. NOME  Emanuela Daffra ANNO DI NASCITA 1960 FORMAZIONE  Laurea e specializzazione in Storia dell’arte COMMITTENTI  Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

pprodata giovanissima alla Soprintendenza per i beni artistici e storici della Lombardia occidentale nel 1990, Emanuela Daffra è passata dalla vigilanza di luoghi impervi, come le pievi di montagna nelle valli bergamasche, alla vice-direzione della Pinacoteca di Brera e poi alla Soprintendenza della città di Milano. È diventata famosa nel mondo dell’arte come direttore dell’Ufficio esportazioni della Soprintendenza di Brera. Non si è mai mosso quadro che lei non abbia voluto: per ogni singola mostra, tutti i direttori di musei, gli studiosi e i curatori hanno dovuto fare i conti con il suo parere prima di spostare capolavori tutelati.

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Qual è in ruolo di una soprintendenza? In Italia la legge di tutela risale agli anni trenta del Novecento. Tutti gli oggetti o i luoghi che possano avere un interesse storico-artistico e che abbiano più di 50 anni (fra poco l’età sarà alzata a 70) devono essere sottoposti alla sorveglianza di un corpo specifico dello stato: la soprintendenza. Noi

monitoriamo tutto: restauri, traslochi, ammodernamenti, ridipinture. La soprintendenza garantisce che il patrimonio di tutti venga trattato in modo eccellente. Quanto si deve studiare per questo lavoro? Molto. Ai miei tempi servivano la laurea e la specializzazione in Storia dell’arte. Oggi è necessaria la laurea magistrale in Scienze dei beni culturali e una specializzazione in materia. Poi, si deve studiare per i concorsi pubblici indetti dalla soprintendenza, che vengono però banditi di rado, circa ogni dieci anni. L’esperienza la fece sul campo? Il contatto con i colleghi più anziani e più esperti è stato fondamentale per imparare il mestiere. Quando ci si misura con un territorio ampio, e non con un singolo museo, è importante acquisire le coordinate. Ero giovane e imparai in fretta. Sono contenta che i dirigenti di allora mi diedero fiducia. E lei dà fiducia ai giovani oggi? Investo tanto su di loro. I giovani che approdano nei nostri uffici hanno energie fresche e una maggiore vicinanza ai nuovi metodi. Hanno un modo di vedere il patrimonio libero da rigide posizioni conservative.

ma restituire anche piccoli tasselli alla storia dell’arte è gratificante. Si scoprono oggetti mai visti sui libri di scuola. È emozionante anche quello. Come si svolge un sopralluogo? Io ho sempre operato a tappeto: per ogni zona da monitorare fissavo un tour che non escludeva nulla. È un lavoro faticoso ma bellissimo. Solo passando in rassegna ogni chiesa, ogni dipinto, ogni oggetto si crea una rete di relazioni virtuose, un tessuto di informazioni che restituiscono l’identità di un luogo. Il “suo” Michelangelo? In Val Seriana [in provincia di Bergamo ndr] trovai un polittico di Cima da Conegliano con una cornice originale del Quattrocento che non era mai stata smontata. Sono stata la prima a metterci mano. Esperienze indimenticabili? Il restauro della Madonnina del Duomo di Milano (vedi foto). Salii in quota insieme a un restauratore, con caschetto e imbragatura. Fu un intervento emozionante.

Quali altre caratteristiche contano? L’elasticità, la versatilità e la diplomazia. L’attività spesso si concentra intorno al mondo del restauro. Si deve imparare a guardare le opere da vicino, a inquadrare i problemi e a trattare con gli interlocutori. Spesso si tratta di piccole realtà, dove è possibile incontrare opposizioni da parte delle amministrazioni locali o delle diocesi. In quel caso bisogna convincere il nostro interlocutore della necessità dell’intervento. Ma con savoir-faire. Alcuni miei colleghi incutono timore, io invece preferisco la mediazione. Com’è confrontarsi con realtà minori? Dopo i primi sopralluoghi nelle valli più sperdute, ricordo che un collega mi disse disperato: “Voglio trovare un Michelangelo”. Questo è il sogno di tutti, I mestieri dell’arte

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Ufficio stampa CARTA DI IDENTITÀ Dove? Sempre chiusi in ufficio, attaccati al telefono. Chiamiamo critici e redattori, prepariamo e spediamo le “cartelle stampa”, cioè l’insieme di tutti i materiali informativi utili ai giornalisti: comunicati stampa, fotografie, schede tecniche, qualsiasi cosa sia utile per dare informazioni complete sui nostri prodotti. Mio figlio, quando era piccolo, alla domanda “quale lavoro fa tua madre?” rispondeva: “aiuta i giornalisti”. Mi sembra una sintesi azzeccata.

PROFESSIONE L’ufficio stampa vende un prodotto. Il prodotto può essere una mostra o un artista, una conferenza o un intero museo. Gli addetti stampa che si specializzano nel settore artistico agiscono da intermediari fra i luoghi o i protagonisti del sistema dell’arte e il mondo dei giornali. Preparano i materiali informativi per la diffusione delle notizie e si relazionano con i giornalisti per la pubblicazione di articoli sugli eventi che loro promuovono. NOME  Lucia Crespi

Chi scrive i comunicati? In genere il responsabile dell’ufficio stampa – in questo caso io – perché devono essere scritti in modo perfetto. È un mestiere che si acquisisce nel tempo. E ci vogliono doti di scrittura. Bisogna essere chiari, lineari, senza arzigogoli.

ANNO DI NASCITA 1957 FORMAZIONE  Laurea in Lettere moderne con indirizzo in Storia dell’arte COMMITTENTI  Musei e case editrici

ucia Crespi è conosciuta nel sistema dell’arte italiano come una delle più agguerrite addette stampa. La chiamano “il bulldozer” perché non si arrende mai e sostiene le mostre che le vengono affidate con grande professionalità e caparbietà. Gestisce una società in proprio che lavora per grandi musei e case editrici. Ha una squadra di collaboratori famosa per l’efficienza.

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L’ultima mostra che ha seguito? Quella su Caravaggio al Palazzo Reale di Milano, promossa e prodotta dal Comune e da MondoMostre Skira: ottantamila prenotazioni e venti capolavori in arrivo da ogni parte del mondo. Un evento immenso, che ha richiesto l’impegno di un anno. Che cosa si fa in un anno? Prima di tutto si studia. Io ho una formazione storico-artistica: mi sono laureata in Storia dell’arte con Rossana Bossaglia. Ma questo non basta per seguire una mostra. Ogni argomento deve essere studiato in funzione dell’evento che si dovrà lanciare. Per Caravaggio ho letto tutti i testi critici del catalogo, ho intervistato i curatori, ho cercato di entrare dentro l’organizzazione della mostra per capirne ogni aspetto. Devo conoscere perfettamente il “prodotto da vendere”.

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I MESTIERI DELL’ARTE

Perché parla di vendita? Il mio compito è convincere i giornalisti che la mostra o la manifestazione che sto promuovendo merita di essere segnalata. Devo conquistare gli spazi più ampi possibili sulle pagine dei giornali, alla radio, alla tv o sul web. Questo significa “vendere” la qualità del prodotto culturale che mi viene affidato. Esiste una scuola che insegni come fare? No, dovrei aprirla io. Me lo dicono tutti. E allora? Si impara sul campo. E vorrei sfatare l’equivoco per cui il nostro lavoro viene confuso con quello delle Pr, le Public relations. Loro organizzano eventi e seguono l’immagine di certe aziende. Frequentano il mondo della comunicazione e le grandi occasioni sociali, ma non parlano con i giornali. L’ufficio stampa, invece, fa un lavoro meno mondano.

Bisogna conoscere i tempi dei giornali? Sì, tutte le loro uscite. I quotidiani vengono contattati una settimana prima; i settimanali con un mese d’anticipo; i mensili con almeno tre mesi d’anticipo. È d’obbligo sapere il funzionamento interno delle redazioni: chi si occupa di vedere le mostre, chi mette in pagina i “pezzi”, chi decide gli spazi. È necessario inoltre conoscere i dettagli tecnici delle pagine stesse: quante immagini servono, la risoluzione delle immagini, le didascalie. Noi dobbiamo fornire le informazioni esatte per completare tutte queste parti. Difficile? Servono metodo e rigore. E anche una buona dose di perseveranza. Molti giornalisti mi riattaccano il telefono in faccia, non ne vogliono sapere, ma io persisto. Senza esagerare, ovviamente: una miscela misurata di gentilezza e petulanza. Ma, attenzione, non insisto mai quando neppure io sono convinta del prodotto. Preferisco essere sincera e denunciare i punti deboli della cosa. Per questo motivo sono attendibile e mi sono creata una buona reputazione: non vendo “pacchi”. I giornalisti me lo riconoscono e si fidano di me.


Tre proposte per l’Alternanza scuola-lavoro

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i propongono qui alcuni compiti di realtà da svolgersi nel corso del progetto di Alternanza scuola-lavoro, sia durante lo svolgimento dello stage, sia a scuola, prima e dopo lo stage. Si tratta di proposte di attività quali si affrontano in tre realtà professionali legate ai beni culturali e al patrimonio artistico: un sito archeologico, un museo, una mostra. Tali attività offrono l’occasione di esaminare i problemi da diverse prospettive teoriche e pratiche, e si prestano a molteplici interpretazioni e soluzioni. Gli studenti possono operare scelte diverse, applicando regole e procedure date oppure optando per soluzioni originali e creative, trasferendo in un contesto diverso da quello familiare e consueto le conoscenze e le abilità già in possesso. I compiti di realtà, per ognuna delle tre esperienze di stage simulate, seguono un criterio di gradualità – dai più semplici ai più complessi – e sono da svolgere con modalità operative individuali o cooperative. Tutti si concludono con la realizzazione di uno o più prodotti (testo, manufatto, evento), il cui utilizzo o la cui fruizione sono contestualizzati nell’ambiente in cui si è svolto lo stage.

Tre proposte per l’Alternanza scuola-lavoro

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2 DESCRIZIONE DI UN REPERTO ARCHEOLOGICO Modalità di lavoro: individuale Prodotto: testo scritto Livello di difficoltà: 1 Esempio: Una scheda di catalogazione

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ESEMPIO

Uno stage in un sito archeologico

Le fasi del lavoro sono le seguenti. • Scegli uno dei reperti del sito in cui svolgi lo stage, tra quelli già catalogati oppure tra quelli recuperati durante lo stage stesso. • Compila una scheda del reperto con i seguenti elementi: – tipo di oggetto; – materiale; – dimensioni; – eventuali decorazioni (tecnica e contenuto); – presumibile utilizzo; – datazione. • Infine ricerca, in fonti a tua scelta o suggerite da insegnanti e tutor, oggetti analoghi conservati in musei e metti in evidenza affinità e differenze. 3 UN’AUDIOGUIDA TURISTICA PER LA VISITA DEL SITO Modalità di lavoro: cooperativa Prodotto: testo scritto, registrazione audio Livello di difficoltà: 2

A te e ad altri tuoi compagni è affidato il compito di confezionare un’audioguida a carattere informativo per i turisti che visiteranno il sito in cui state effettuando o effettuerete lo stage. Le fasi del lavoro sono le seguenti. • Concordate, con insegnanti e archeologi, il contenuto: per esempio il sito nel suo complesso oppure la focalizzazione su un aspetto particolare (una nuova scoperta, una sezione della mostra dei reperti ecc.); definite anche la durata che dovrà avere (per esempio 1-2 minuti).

1 LA STORIA DEL SITO ARCHEOLOGICO Modalità di lavoro: individuale Prodotto: testo scritto, orale, audiovisivo Livello di difficoltà: 1 Esempio: Il sito archeologico di Paestum ESEMPIO

Il progetto consiste nel narrare la storia del sito archeologico in cui stai svolgendo il tuo stage o di un sito della tua zona in cui potresti svolgerlo: quando è stato scoperto, a quale epoca (o epoche) risale, quali reperti vi sono stati rinvenuti e quali si ipotizza che ancora vi si trovino, quali prospettive di attività si aprono per il futuro, chi vi ha operato in passato e chi vi opera attualmente, sotto quali organismi dirigenti. Le fasi del lavoro sono le seguenti: • scrivi un testo di massimo 2000 battute; • arricchisci il testo di immagini; • pubblicalo sul giornalino o sul blog della scuola e/o del sito; • trasformalo quindi in forma orale in un video da pubblicare sul blog o sui social del sito.

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I MESTIERI DELL’ARTE

• Suddividetevi i compiti, che in parte eseguirete separatamente, in parte collettivamente, sia durante lo stage sia a scuola: – definizione della scaletta; – stesura del testo, tenendo conto dei limiti temporali imposti, della destinazione orale (sono da considerare perciò le differenze tra linguaggio scritto e linguaggio orale), degli utenti a cui è destinato (pubblico misto per provenienza sociale e livello culturale); – versione in una o più lingue straniere; – registrazione audio della versione in italiano e di quelle in lingue straniere, da affidare a chi di voi abbia buona dizione (attenzione al ritmo e alla scansione delle parole, alla corretta pronuncia ecc.), con eventuale inserimento di brevissimi commenti e stacchi musicali per rendere più piacevole l’ascolto.


4 IL DIARIO DELLO SCAVO ARCHEOLOGICO Modalità di lavoro: individuale Prodotto: testo scritto Livello di difficoltà: 2

Durante le operazioni di scavo, tieni un diario in cui annoterai scrupolosamente le operazioni compiute e le osservazioni tue e dell’archeologo che opera con te. Ti proponiamo una scaletta dei principali contenuti: – descrizione dell’area di scavo all’interno della quale operi, con eventuali foto e disegni; – descrizione dell’area dal punto di vista geologico; – elenco degli strumenti utilizzati e descrizione dell’abbigliamento usato (per esempio scarpe antinfortunistiche); – identificazione delle unità stratigrafiche, a partire dalla prima; – ripulitura del terreno; – operazioni di scavo progressivo delle unità stratigrafiche; – raccolta dei materiali via via rinvenuti; – conservazione dei materiali in appositi contenitori dotati di cartellini (meglio se di legno), con le informazioni relative a luogo, data, unità stratigrafica; – lavaggio dei reperti in apposite bacinelle con acqua pulita e spazzolini; particolari cautele da adottare per le ossa (molto fragili); – classificazione dei reperti, secondo criteri stabiliti (per esempio tipo di reperti: ceramiche, ossa, monete ecc.); – esecuzione del rilievo archeologico; – analisi dei reperti in laboratorio; – formulazione di ipotesi circa datazione, funzione del sito, utilizzo dei reperti ecc. e verifica in base ai risultati ottenuti dallo scavo.

5 ARCHEO DIGITAL STORYTELLING Modalità di lavoro: cooperativa Prodotto: prodotto di comunicazione digitale Livello di difficoltà: 3

Il progetto consiste nella produzione di un video di promozione del sito in cui stai effettuando (o effettuerai) lo stage, realizzato con la tecnica del digital storytelling (“narrazione digitale”), cioè quel modo di raccontare una storia, attualmente molto diffuso nell’ambito del video-giornalismo e del marketing pubblicitario, che fa ricorso alle potenzialità espressive del supporto digitale, creando storie brevi e suggestive capaci di coinvolgere emotivamente il destinatario. Ecco qualche consiglio per la sua realizzazione, come frutto di un lavoro cooperativo. • Per prima cosa scegliete insieme il tipo di messaggio (informativo o pubblicitario, ma anche valoriale, espressivo ecc.) che intendete lanciare per la promozione del sito. • Progettate, sempre attraverso la discussione collettiva, uno storyboard cioè uno schema di sceneggiatura, avendo deciso quale storia narrare. I soggetti possono essere i più svariati: – la vostra esperienza di stage, dal primo giorno all’ultimo; – una giornata qualsiasi oppure una particolare, nella quale, per esempio, avete fatto una scoperta importante; – la storia del sito e il suo legame con il territorio. • Scrivete la sceneggiatura, utilizzando le tipiche tecniche della narratologia e decidendo: – il percorso temporale, se in ordinata successione cronologica oppure con ellissi, flashback ecc.; – le sequenze narrative attraverso cui la vicenda si sviluppa, da un esordio a una conclusione; “drammatizzate” la struttura della narrazione, creando situazioni che possano sorprendere, che siano non banali (dramatic questions); inserite contenuti emotivi e coinvolgenti. • Scegliete il tipo di narrazione: – affidata a una voce narrante al di fuori della storia; – oppure affidata a un personaggio interno alla storia; – oppure che emerga dall’interazione tra due o più personaggi (per esempio stagisti e archeologi). • Scegliete le immagini (fisse o in movimento) da utilizzare: – registrazioni con videocamera o smartphone; – slides (tipo PowerPoint® ) con scritte e figure; – foto recuperate da Internet (controllando che siano libere da copyright). • Operate il montaggio delle scene, alternando immagini in movimento a immagini fisse, inserendo la narrazione e il commento vocale e dando un ritmo adeguato (più o meno incalzante) al succedersi della narrazione. • Utilizzate una colonna sonora che faccia da sfondo generale e da commento ai momenti clou della narrazione. • Ripulite il video da tutti gli elementi sovrabbondanti e condensatelo in pochi minuti: da un minimo di 2-6 (preferibili) a un massimo di 20-30. • Decidete dove pubblicarlo: su YouTube, su un social network, sul blog del museo ecc. Tre proposte per l’Alternanza scuola-lavoro

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Uno stage in un museo

Per la parte tecnica adotta la sequenza convenzionale: autore, titolo dell’opera, anno di esecuzione, tecnica, dimensioni, luogo di collocazione nella forma “città, nome del museo”. Per il commento: • rispetta la lunghezza del testo che avrai deciso tu oppure che ti è stata prescritta dall’insegnante; • in base allo spazio a disposizione, scegli gli elementi, più o meno dettagliati, del suo contenuto: informazioni sull’autore, sulla committenza, sulla storia dell’opera; • scrivi una breve descrizione dell’opera mettendone a fuoco gli elementi più significativi; • valuta se focalizzare poi la tua attenzione su un dettaglio o un aspetto particolare, orientando in tal senso lo sguardo del destinatario; • scegli il registro linguistico, che può variare dallo standard al colto, al brillante (di stile giornalistico), e il lessico, più o meno specialistico, a seconda del destinatario, del contesto e dei tuoi personali intenti. 2 LA PAGINA FACEBOOK DEL MUSEO Modalità di lavoro: individuale Prodotto: prodotto di comunicazione sociale Livello di difficoltà: 2 Esempio: Pagina Facebook delle Gallerie dell’Accademia di Venezia

ESEMPIO

Ti è affidato il compito di aprire una pagina Facebook

1 PRESENTAZIONE DI UN’OPERA Modalità di lavoro: individuale Prodotto: testo scritto Livello di difficoltà: 1

Il progetto consiste nel descrivere un’opera d’arte del museo in cui stai svolgendo il tuo stage o di un museo della tua zona in cui potresti svolgerlo. Dopo aver individuato l’opera, svolgi una ricerca in Internet o sul manuale di Storia dell’arte e raccogli le informazioni fondamentali che ti consentano di poterne scrivere la didascalia. Oltre ai dati relativi all’opera ricostruisci: • la committenza dell’opera, il contesto in cui è stata prodotta, i suoi scopi; • una breve biografia dell’autore; • il linguaggio dell’opera (dipinto, disegno ecc.), la tecnica (pittura a olio, disegno a carboncino ecc.), lo stile; • il soggetto e gli elementi usati dall’autore per esprimerlo. Con le informazioni reperite scrivi la didascalia, composta da una parte tecnica, in cui indicare i dati materiali dell’opera, e da un breve commento. 26

I MESTIERI DELL’ARTE

dedicata al museo in cui stai effettuando lo stage oppure, se il museo l’ha già, di gestirla per tutta la durata dello stage. Esegui le seguenti operazioni: • scegli le fotografie del profilo (per sostituire eventualmente quelle esistenti) e spiega in un breve testo scritto, che posterai, le motivazioni di tali scelte e quale immagine del museo intendi fornire attraverso esse ai visitatori; • pubblica, se mancano, oppure aggiorna, le informazioni essenziali (contatti, mappa ecc.) e controlla l’elenco degli “amici”; • ogni giorno rispondi alla domanda “A cosa stai pensando?”; • analizza i “mi piace” e i commenti che verranno pubblicati dagli “amici” ed eventualmente rispondi; • almeno una volta al giorno posta una foto del museo, la cui scelta deve rispondere a un criterio da te definito in collaborazione con il personale (per esempio una sezione particolare del museo che sia stata di recente rinnovata; le attività culturali e ricreative in programma; l’edificio in cui il museo è ospitato; le novità del bookshop), e inserisci un tuo sintetico commento all’immagine; • posta dei video (registrati da te o da altri con lo smartphone o altro strumento) che mostrino episodi, anche minimi, avvenuti nel museo (per esempio l’arrivo di una scolaresca o le reazioni di un visitatore davanti a un quadro); • rimanda ad altre pagine e siti, a foto e video di amici, e aggiungi sempre i tuoi commenti e le risposte ai commenti altrui; • non superare per ogni post i 400 caratteri;


• usa un linguaggio informale, senza scadere nella sciatteria espositiva e in errori; sii conciso, ma evita le strategie di abbreviazione tipiche della messaggistica istantanea; allo stesso tempo sii creativo e brillante; • al termine dello stage riassumi, in un post di commiato, il thread (il testo continuo che si è composto con gli interventi dei vari utenti della pagina) che si è formato.

4 PROGETTO MULTIDISCIPLINARE SU UN’OPERA DI SOGGETTO MITOLOGICO O BIBLICO

3 L’AUDIOGUIDA DEL MUSEO

Immaginate di dover scrivere un breve saggio sui rapporti fra l’arte figurativa e altre forme espressive per il catalogo del museo in cui state facendo lo stage e di doverlo poi presentare a un pubblico di studiosi. Individuate sulla base delle indicazioni del vostro docente di Storia dell’arte un’opera di soggetto mitologico oppure biblico fra quelle illustrate nel vostro manuale oppure presenti in musei o chiese della vostra città. Dovrete trovare un’opera d’arte il cui soggetto sia trattato in poesia, o nella narrativa, nel teatro, nel cinema, in musica ecc. Ecco le attività da eseguire suddividendovi i compiti: • reperite le informazioni essenziali sull’opera d’arte scelta (autore, data di esecuzione, materiale, dimensioni, città, museo); • reperite le informazioni essenziali sul mito o sull’episodio biblico rappresentato; • analizzate dettagliatamente l’opera d’arte; • inserite l’opera nel contesto storico-culturale; • confrontate il trattamento del mito o dell’episodio biblico nell’opera d’arte scelta con una sua versione in un altro linguaggio espressivo; per esempio: – soggetto mitologico: il gruppo scultoreo Apollo e Dafne di Gian Lorenzo Bernini a confronto con il testo del poeta latino Ovidio, Metamorfosi, I, vv. 452-567; – soggetto biblico: il Mosè di Michelangelo a confronto con la rappresentazione del personaggio biblico nello sceneggiato Mosè del 1974, con protagonista Burt Lancaster. Quindi, sempre suddividendovi i compiti, producete: • un saggio di lunghezza concordata, per esempio 6000 battute; il testo dovrà avere un taglio scientifico e un linguaggio adeguato alla sua destinazione; • una presentazione orale di massimo 15 minuti, da esporre davanti a un pubblico di studiosi, con ausilio di PowerPoint® ; • la medesima presentazione in una lingua straniera; • la registrazione di tali presentazioni in forma di video.

Modalità di lavoro: cooperativa Prodotto: testo scritto, registrazione audio Livello di difficoltà: 2 Esempio: Audioguida del British Museum di Londra

ESEMPIO

A te e ai tuoi compagni è affidato il compito di realizzare un’audioguida per il museo in cui state effettuando o in cui potreste effettuare lo stage. Concordate il contenuto con gli insegnanti e il personale del museo: può essere l’introduzione a una mostra temporanea o la descrizione di una sala di esposizione permanente o la presentazione di una singola opera. Definite anche la sua durata in minuti. Suddividetevi i seguenti compiti, che in parte eseguirete singolarmente, in parte collettivamente, sia a scuola prima dello stage, sia durante il suo svolgimento: • reperimento delle informazioni da varie fonti (il manuale d’Arte, altri testi suggeriti dall’insegnante o dal manuale, cataloghi presenti nel museo, siti Internet affidabili); • scrittura materiale del testo, che tenga conto dei limiti temporali connessi all’oggetto da realizzare, della natura orale e non scritta del testo finale, della destinazione a un pubblico misto per provenienza sociale e livello culturale; il testo deve essere sintetico ed esauriente; per vivacizzarlo potete alternare all’esposizione brevi inserti di altra tipologia testuale (stralci da lettere, testimonianze ecc.); • creazione di una versione in una o più lingue straniere; • registrazione audio della versione in italiano e di quelle in lingue straniere, da affidare a chi di voi abbia buona dizione (attenzione al ritmo e alla scansione delle parole, alla corretta pronuncia ecc.); potete inserite brevissimi commenti e stacchi musicali per rendere più piacevole l’ascolto.

Modalità di lavoro: cooperativa Prodotto: testi scritti, orali, visuali Livello di difficoltà: 3 Esempio: Il mito di Apollo e Dafne ESEMPIO

5 STUDENTI CICERONI AL MUSEO Modalità di lavoro: cooperativa Prodotto: conduzione di visite guidate Livello di difficoltà: 3

Il progetto consiste nella definizione di percorsi guidati all’interno del museo, ideati, in fase di progettazione, dal personale del museo insieme a studenti, insegnanti e tutor, e che, in fase di svolgimento dello stage, saranno condotti dagli stagisti stessi in veste di “ciceroni”, cioè di guide con una conoscenza approfondita dell’argomento trattato. Tre proposte per l’Alternanza scuola-lavoro

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Queste sono le fasi e le attività inerenti al progetto: • scegliete i percorsi: per esempio le opere più significative (“emergenze”) del museo, la struttura museale nel suo complesso, le collezioni delle diverse sale, la lettura di singole opere; • scegliete, eventualmente, percorsi “personalizzati”: per esempio per bambini o per gruppi con specifiche caratteristiche o esigenze; • assegnate i percorsi (a singoli o a piccoli gruppi), sulla base di una discussione collettiva dalla quale emergano preferenze e attitudini; • studiate i contenuti storico-artistici necessari alla preparazione dei percorsi: notizie su autori e opere e loro contestualizzazione; analisi stilistica e interpretazioni critiche delle opere ecc.; • stendete per ciascun percorso una scaletta con le informazioni da fornire ai visitatori; • stendete le scalette anche in una o più lingue straniere; • predisponete o raccogliete materiali informativi – schede, fotografie con didascalie, dépliant ecc. – da distribuire ai visitatori; • organizzate attività “extra”: per esempio giochi con i bambini, laboratori di pittura per classi in visita, reading con lettura di testimonianze e di testi letterari collegati ai contenuti del percorso ecc.; • organizzate l’accoglienza dei visitatori e la gestione della visita guidata; • eventualmente riprendete in video le visite, per successive attività.

6 IL MUSEO PER I NON VEDENTI Modalità di lavoro: cooperativa Prodotto: prodotto di comunicazione non visiva Livello di difficoltà: 3

Si propone un progetto di comunicazione non visiva riferita a opere d’arte conservate nel museo e finalizzata a favorirne l’accessibilità a visitatori non vedenti. Queste sono le principali fasi e attività da svolgere: • incontrate persone ipovedenti o non vedenti, ospiti o utenti di strutture sanitarie e sociali specializzate, per presentare e discutere il progetto, nonché con esperti di tali problematiche per acquisire specifiche informazioni e competenze; • visitate le sale del museo, per scegliere opere d’arte che consentano un confronto con opere letterarie o musicali o con tecniche artistiche tattili; • studiate e approfondite tali opere sotto la guida degli insegnanti e del personale del museo, al fine di acquisire le competenze necessarie alla loro lettura e comunicazione; • ideate i percorsi di visita destinati a un pubblico di ipovedenti e non vedenti, ma anche di vedenti per l’occasione bendati, e realizzateli durante lo stage. Si propongono i seguenti percorsi di visita basati su differenti contesti comunicativi, tutti di tipo non visivo. 28

I MESTIERI DELL’ARTE

Tipo di percorso: narrazione

Coinvolge opere d’arte i cui soggetti hanno avuto una trattazione letteraria (miti e personaggi mitologici – per esempio quadri rinascimentali e neoclassici a confronto con le opere di Virgilio e Ovidio – e vicende e personaggi storici – per esempio i ritratti di Napoleone di David e di Ingres a confronto con l’ode Il cinque maggio di Manzoni). Gli studenti: – lavorano sulle fonti letterarie e storiche relative ai soggetti in esame e realizzano scelte antologiche; – creano testi ispirati alle fonti e alle opere artistiche in esame; – presentano tali testi direttamente in performance recitative dal vivo oppure attraverso una registrazione sonora. Tipo di percorso: ambiente sonoro

Coinvolge opere d’arte i cui soggetti: – hanno avuto anche una trattazione musicale (per esempio Orfeo ed Euridice di Canova a confronto con l’omonima opera teatrale di Gluck); – possono suggerire un confronto con musiche anche di diverso soggetto (esempi: quadri di paesaggi a confronto con le Quattro stagioni di Vivaldi, oppure notturni in pittura a confronto con i Notturni di Chopin); – possono ispirare agli studenti la creazione di originali commenti musicali. Gli studenti : – ricercano brani musicali (da melodrammi, opere sinfoniche ecc.) ispirati ai soggetti in esame; – raccolgono suoni e musiche che risultino in sintonia con le opere d’arte; – compongono ex novo commenti musicali; – organizzano l’ascolto delle musiche scelte nelle sale di esposizione, eventualmente eseguendole loro stessi. Tipo di percorso: percorsi tattili

Coinvolge opere d’arte che si prestano a rielaborazioni con altri materiali che possano essere conosciuti dai visitatori non vedenti attraverso il tatto. Gli studenti: – realizzano copie e modellini dei contenuti delle opere d’arte in esame, in forma tridimensionale, con materiali quali cartoncino, plastilina ecc.; – organizzano la visita “tattile” di queste opere da parte dei visitatori. 7 “LA NOTTE DEI MUSEI” Modalità di lavoro: cooperativa Prodotto: produzione e gestione di un evento pubblico Livello di difficoltà: 3

Il progetto consiste nell’organizzazione della “Notte dei Musei”, iniziativa promossa annualmente a livello europeo dall’Icom (International Council of Museums), con il patrocinio del Consiglio d’Europa e dell’Unesco, a cui in Italia aderiscono i principali musei, monumenti e siti archeologici del MiBACT (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo),


i quali osservano un’apertura straordinaria di tre ore oltre il consueto orario, a un prezzo d’ingresso simbolico, per favorire l’afflusso del pubblico, sensibilizzare la cittadinanza al valore del patrimonio artistico, allargarne la conoscenza e potenziarne la fruizione culturale e ricreativa. Il ruolo degli studenti in un progetto di così vasto respiro potrà tradursi in vari compiti, dal culturale al creativo, al tecnicopratico. Proponiamo un elenco di possibili attività distinguendo la fase di preparazione e quella di gestione dell’evento. in fase di preparazione

durante lo svolgimento

• predisposizione di materiale documentario

visite guidate all’interno del museo in lingua italiana e in lingue straniere

• attività di scrittura creativa ispirata agli artisti e alle opere del museo

reading e attività teatrali

• scelta di brani musicali adeguati ad accompagnare la fruizione artistica

esecuzione o riproduzione di brani musicali

• produzione di video di presentazione del museo

proiezione di video

• produzione di materiali didattici in formato cartaceo ed elettronico

laboratori didattici

• organizzazione di animazione di giochi per bambini (per esempio caccia al tesoro)

animazione di giochi per bambini

• produzione di oggettistica e altri materiali destinati a diverse tipologie di pubblico

messa in vendita di oggettistica e altri materiali come forma di finanziamento del museo

• contatti con gli organi di stampa e digitali

stesura di comunicati stampa e di articoli giornalistici cartacei e digitali

• predisposizione di un sito web dedicato

gestione del sito web

• servizi di segreteria (telefonate, mail ecc.) per organizzare le diverse fasi dell’evento

servizi di segreteria (telefonate, mail ecc.) durante l’evento

• collaborazione al montaggio di un palco o di altre strutture necessarie

collaborazione alla gestione del palco o di altre strutture

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Uno stage in una mostra

1 DIARIO DI BORDO Modalità di lavoro: individuale Prodotto: testo scritto Livello di difficoltà: 1

Durante lo stage, compila un “diario di bordo” in cui indicherai quotidianamente le mansioni richieste dal tutor o dai dirigenti della sede ospitante, gli incarichi svolti, i rapporti con i “colleghi”, i problemi risolti e quelli non risolti, i successi e gli insuccessi. Aggiungi anche considerazioni e riflessioni personali. Puoi seguire la seguente scaletta: • attività svolte nello stage; • eventuali attività esterne; • strumenti utilizzati; • competenze possedute, utili alle mansioni richieste; • competenze nuove acquisite; • rapporti con gli altri lavoratori; • problemi risolti e problemi non risolti; • differenze o somiglianze con la consueta vita quotidiana (orari, età delle persone che frequenti, incombenze); Tre proposte per l’Alternanza scuola-lavoro

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• competenze acquisite a scuola, in particolare nello studio di Storia dell’arte, messe a frutto; • abilità relazionali e tecnico-pratiche, eventualmente acquisite in altri contesti (con gli amici, in famiglia ecc.), risultate utili; • difficoltà incontrate e loro motivazioni; • punti di forza; • sintesi del giorno (impressioni sintetizzate in una breve frase). 2 COMUNICATO STAMPA SU MOSTRA D’ARTE Modalità di lavoro: individuale Prodotto: testo scritto Livello di difficoltà: 1 Esempio: Burri a Città di Castello ESEMPIO

Chiedi al curatore della mostra presso cui svolgerai lo stage le informazioni fondamentali necessarie a compilare un comunicato stampa da inviare alle testate giornalistiche sia cartacee sia on line, indirizzandolo specificamente ai giornalisti che si occupano di cultura, e da pubblicare in Internet sul sito della sede espositiva (museo o altro), dell’ente organizzatore o su altro sito interessato. Il comunicato stampa deve contenere informazioni sui seguenti elementi: • sede di esposizione, data di inaugurazione e durata della mostra; • artista/i le cui opere sono esposte; • titolo della mostra, ente organizzatore e curatore; • notizie sull’artista, sull’eventuale corrente di appartenenza, sul suo percorso creativo, su sue recenti mostre ecc.; • caratteristiche della mostra: scelte ideologiche ed estetiche del curatore; • informazione sul catalogo e su eventuale bookshop. Aggiungi in testa il titolo del comunicato, non limitandoti a ripetere il titolo della mostra, ma rendendolo “accattivante”, in stile giornalistico, e inserisci una foto di una sala della mostra oppure di un’opera esposta con sintetica didascalia.

Modalità di lavoro: individuale Prodotto: blog Livello di difficoltà: 2 Esempio: The Art Post ESEMPIO

Apri un blog relativo alla tua esperienza di stage in una mostra d’arte e pubblica ogni giorno un post (da 500 a 1500 battute) in cui narri un episodio, un incontro o un’esperienza che ti abbia colpito e che pensi possa interessare ai tuoi potenziali lettori, oppure descrivi una sala della mostra e i visitatori di quel giorno, oppure fai delle riflessioni collegate a qualche elemento di attualità. Esprimiti in prima persona, manifestando i tuoi sentimenti e le tue idee. L’ultimo giorno scrivi un post che riassuma tutti i precedenti. I MESTIERI DELL’ARTE

Modalità di lavoro: cooperativa Prodotto: conduzione di visite guidate Livello di difficoltà: 3

Il compito consiste nella definizione di percorsi guidati nella mostra, concordati in fase di progettazione da studenti, insegnanti e tutor con il curatore e che, in fase di svolgimento dello stage, verranno condotti dagli stagisti stessi in veste di “ciceroni”. Queste le fasi e le attività inerenti al progetto: • scelta dei percorsi: di tutta la mostra, oppure tematici su un particolare contenuto delle opere esposte, oppure focalizzati su specifiche opere o sale, oppure dedicati a particolari gruppi sociali o d’età ecc.; • assegnazione dei percorsi agli stagisti (singoli o in piccoli gruppi), sulla base di una discussione collettiva dalla quale emergano preferenze e attitudini; • studio da parte degli studenti dei contenuti storico-artistici dei percorsi (notizie su autori e opere e loro contestualizzazione, analisi stilistica, interpretazioni critiche ecc.); • stesura per ciascun percorso di una scaletta con le informazioni da fornire ai visitatori; • stesura della scaletta in una o più lingue straniere; • predisposizione o raccolta di materiali informativi (schede, foto con didascalie, dépliant ecc.) da fornire ai visitatori; • organizzazione di attività “extra”, per esempio giochi con i bambini, laboratori di pittura per classi in visita, lettura di testimonianze e di testi letterari collegati ai contenuti del percorso ecc.; • organizzazione dell’accoglienza dei visitatori e gestione della visita guidata; • eventuale ripresa in video delle visite, da utilizzare per successive attività.

5 PROGETTO DI MOSTRA D’ARTE Modalità di lavoro: individuale/cooperativa Prodotto: progetto di cura di una mostra d’arte Livello di difficoltà: 3

3 IL BLOG DELLA MOSTRA

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4 STUDENTI CICERONI ALLA MOSTRA

Elabora, individualmente o insieme ai tuoi compagni, un progetto di mostra, simulando di esserne il curatore. Ecco le operazioni da eseguire. • Decidi il tema della mostra in base alla tesi che intendi dimostrare, traendo ispirazione dal tuo manuale di Storia dell’arte o da altre fonti. • Illustra tale progetto in un testo di circa 1500 battute. • Scegli il percorso espositivo: artista/i, relative opere e loro dislocazione nelle sale della mostra. • Elenca tali opere con indicazioni tecniche e provenienza. • Crea un titolo per ogni sala prevista nel progetto della mostra e spiega sinteticamente i motivi delle tue scelte. • Prepara le didascalie per ciascuna delle opere da esporre.


7 DIGITAL STORYTELLING

• Prepara il testo dell’audioguida che accompagnerà il visitatore nel percorso e nel quale emerga con chiarezza l’interpretazione critica della mostra. • Prepara il manifesto che pubblicizzerà la mostra.

6 GALLERIE D’ARTE APERTE Modalità di lavoro: cooperativa Prodotto: produzione e gestione di un evento pubblico Livello di difficoltà: 3 Esempio: Start 2015 a Genova

ESEMPIO

Il compito consiste nella partecipazione della galleria d’arte nella quale state svolgendo la stage all’evento pubblico “Gallerie d’arte aperte”, simile a quello che si svolge annualmente in alcune città italiane e che consiste nell’apertura al pubblico in orario serale delle home galleries di arte contemporanea e moderna. Ecco alcune attività che gli studenti possono portare a termine prima e durante lo svolgimento dell’evento: • servizi di segreteria (telefonate, mail ecc.) in preparazione dell’evento; • contatti con gli organi di informazione (stesura di comunicati stampa e contatti con i giornalisti); • preparazione e gestione di un sito web; • preparazione di materiale documentario (schede sugli artisti esposti, breve catalogo di foto e didascalie, piantina della mostra); • visite guidate in lingua italiana e in lingue straniere; • scelta di brani musicali, da usare come sottofondo nella home gallery ed eventualmente anche all’esterno, sulla via, come richiamo; • reading di passi letterari ispirati alle opere esposte; • eventuale performance degli artisti; • produzione e proiezione di video di presentazione della mostra o su tematiche collegate; • preparazione di omaggi per i visitatori (una cartolina o un segnalibro con la riproduzione di un’opera d’arte, un magnete, un piccolo oggetto); • buffet (salatini, pasticceria e bevande da offrire ai visitatori).

Modalità di lavoro: cooperativa Prodotto: prodotto di comunicazione digitale Livello di difficoltà: 3

Il compito consiste nella produzione di un video di promozione della mostra realizzato con la tecnica del digital storytelling (“narrazione digitale”), cioè quel modo di raccontare una storia, attualmente molto diffuso nell’ambito del marketing pubblicitario, che ricorrendo alle potenzialità espressive del supporto digitale crea storie brevi e suggestive capaci di coinvolgere emotivamente il destinatario. Ecco qualche consiglio per la sua realizzazione, come frutto di un lavoro cooperativo. • Per prima cosa scegliete collegialmente il messaggio (pubblicitario, ma anche valoriale, espressivo ecc.) che intendete lanciare per la promozione della mostra. • Progettate, sempre attraverso la discussione collettiva, uno storyboard, cioè uno schema di sceneggiatura, avendo deciso quale storia narrare. I soggetti possono essere i più svariati: l’esperienza di stage di uno o più studenti, una giornata (qualsiasi o particolare) di un visitatore della mostra, la storia di un’opera esposta o quella del soggetto rappresentato, la rappresentazione di pensieri ed emozioni di fronte a un’opera ecc. • Scrivete la sceneggiatura, utilizzando le tipiche tecniche della narratologia e decidendo: – il percorso temporale, se in ordinata successione cronologica oppure con ellissi, flashback ecc.; – le sequenze narrative attraverso cui la vicenda si sviluppa, da un esordio a una conclusione con situazioni che possano sorprendere, non banali (dramatic questions) e con contenuti emotivi e coinvolgenti. • Scegliete il tipo di narrazione: – affidata a una voce narrante al di fuori della storia (per esempio il curatore della mostra, oppure uno di voi stagisti); – oppure affidata a un personaggio interno alla storia (uno di voi stagisti, oppure un visitatore); – oppure che emerga dall’interazione tra due o più personaggi, interpretati da “attori”. • Scegliete le immagini (fisse o in movimento) da utilizzare: – registrazioni con videocamera o smartphone; – slides (tipo PowerPoint® ) con scritte e figure; – videoclip o foto recuperati da Internet (controllando che siano libere da copyright). • Operate il montaggio delle scene, alternando immagini in movimento a immagini fisse, inserendo la narrazione e il commento vocale e dando un ritmo adeguato (più o meno incalzante) al succedersi della narrazione. • Utilizzate una colonna sonora che faccia da sottofondo e da commento ai momenti clou della narrazione. • Ripulite il video da tutti gli elementi sovrabbondanti e condensatelo in pochi minuti: da un minimo di 2-6 (preferibile) a un massimo di 20-30. • Decidete dove pubblicarlo: sul blog, sulla pagina Facebook o su un altro social network della mostra. Tre proposte per l’Alternanza scuola-lavoro

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Verso l’Esame di Stato

I

n occasione dell’Esame di Stato, la tua partecipazione al progetto di Alternanza scuola-lavoro sarà oggetto di valutazione insieme ad altri elementi del curriculum. Inoltre, durante il colloquio, sarai chiamato a relazionare sull’esperienza di stage effettuato: tale relazione potrà essere presentata in varie forme – scritta, orale, audiovisiva, digitale – ed essere eventualmente accompagnata dai materiali prodotti durante il progetto. In previsione e in preparazione a ciò, ti consigliamo di svolgere la tua relazione, anche negli anni scolastici precedenti all’ultimo, al termine dello stage e di consegnarla agli insegnanti di classe (come prova di verifica o di esercitazione didattica), oltre che ai tutor, agli organismi dirigenti della scuola (per l’archiviazione e la “patrimonializzazione” dell’esperienza) e alla direzione della struttura ospitante.

LA RELAZIONE SULLO STAGE 1 A conclusione della tua esperienza in stage, prepara una relazione scritta articolandola nelle parti elencate e seguendo le relative indicazioni di stesura. Intestazione e titolo

• Indica il tuo nome, con istituto, classe e anno. • Assegna alla relazione un titolo che riassuma in estrema sintesi le informazioni essenziali sullo stage (sede di svolgimento, mansioni ricoperte, attività svolte), aggiungendo eventualmente un sottotitolo. • Componi con questi elementi la copertina. Introduzione (max 1500 battute)

• Fornisci le notizie essenziali sulla realtà in cui hai svolto lo stage e sul ruolo che sei stato chiamato a ricoprire in essa. • Indica sinteticamente scopi, tempi e luoghi dello stage. • Illustra sinteticamente l’attività didattica preparatoria. Corpo centrale (dalle 4000 alle 6000 battute)

• Utilizza come traccia il “diario di bordo” (o di scavo, nel caso di un sito archeologico) tenuto durante lo stage, riassumendo e sintetizzando le informazioni contenute. • Descrivi dettagliatamente le attività svolte, i materiali e gli strumenti usati. • Elenca i dati significativi raccolti. • Se nel corso dello stage sono stati prodotti materiali (testi scritti, video, foto, manufatti ecc.), illustra le fasi di elaborazione e descrivi il risultato. Allega eventualmente foto. Conclusioni (max 1000 battute)

• Riepiloga gli elementi più significativi dell’esperienza ed esprimi una valutazione, anche indicando eventuali problemi incontrati e le soluzioni adottate e formulando proposte per esperienze future. Prepara anche una versione in pdf da inviare via mail o da pubblicare sul web (blog o sito della scuola o altro). 32

I MESTIERI DELL’ARTE

RACCONTARE L’ESPERIENZA DELLO STAGE 2 Sulla base della relazione scritta, predisponi una scaletta per l’esposizione orale, di una durata massima di 20 minuti, da effettuare come simulazione in classe, in preparazione del colloquio d’esame. Esercitati a pronunciarla, anche davanti allo specchio e registrandoti. Esegui una simulazione in classe attenendoti alle seguenti regole di gestione del discorso pubblico (public speaking): • rivolgiti a chi ti ascolta con un saluto; • non leggere la relazione che hai scritto; consulta ogni tanto la scaletta per seguire il filo logico del discorso, ma non tenere gli occhi fissi su di essa; • regola la velocità delle parole e il volume della voce: evita di alzarlo o abbassarlo inconsapevolmente e alterna toni alti e bassi a seconda dei contenuti del discorso; • scandisci bene e pronuncia correttamente le parole; • se utilizzi come supporto un PowerPoint®, accompagna con le tue parole la successione delle slides e degli indici dinamici mentre vengono proiettati sullo schermo, facendo attenzione a non dare le spalle al pubblico; • accompagna l’esposizione con gesti misurati, per sottolineare particolari passaggi o per indirizzare l’attenzione verso materiali di supporto, evitando un gesticolare scomposto o troppo accentuato; • volgi lo sguardo verso gli insegnanti, senza fissare un’unica direzione, sia per stabilire una relazione sia per cogliere e interpretare le loro reazioni (sorrisi, distrazione, malcontento ecc.) e modificare, eventualmente, alcuni elementi del discorso; • fai frequenti ripetizioni e rimandi, oppure programma stacchi e pause per aiutare chi ti ascolta a seguire il discorso nei vari passaggi; • non superare i limiti di tempo assegnati: se ti accorgi che i minuti a tua disposizione stanno per terminare valuta con attenzione quali contenuti tagliare; • concludi l’esposizione con una frase gratificante per il tuo pubblico; • preparati a sostenere un contraddittorio e a rispondere a eventuali domande; • se ritieni opportuno fornire materiali agli insegnanti, consegnali prima di iniziare a parlare; non consegnare prima, ma dopo la tua esposizione, la stampata di eventuali slides di PowerPoint®. Al termine dell’esposizione, la classe che ha assistito alla simulazione formulerà un giudizio (collettivo o individuale) sulla tua performance, assegnando 0, 1 o 2 punti a ciascuno dei seguenti criteri: – interesse per il contenuto della relazione; – chiarezza e correttezza dell’esposizione; – gestione della situazione, gestualità e comportamento; – dizione; – utilizzo di strumenti, presentazione di materiali.


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