Lezione 2 L’economia europea prima dell’industrializzazione
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1
unità
5
lezione
La formazione del mondo moderno
21 La frammentazione politica dell’Europa. Monarchie e guerre
contenuti DIGITALi INTEGRATIVi
per l’egemonia in Italia
000
1 Il quadro geopolitico europeo nel Cinquecento
000
000
Il quadro territoriale europeo all’inizio del XVI secolo Fonte attiva Guicciardini, L’ingresso di Carlo VIII a Firenze Fonte attiva Machiavelli, Il problema del consenso popolare Carta attiva I possedimenti di Carlo V e di Francesco I
dell’assolutismo
000
PPT
1 Lo stato moderno e il carattere assoluto della sovranità
000
Carta
L’Europa nel Cinquecento
2 L’Italia terra di conquista delle potenze straniere
000
Il supplizio di Savonarola Carta I mutamenti dinastici e territoriali in Italia fra 1494 e 1516 Fonti visive
3 Verso l’Impero di Carlo V Verifica lezione
22 Sovrani e sudditi. Lo stato moderno e il programma
000
Stato – Sovranità Fonti Bodin, La sovranità e il potere assoluto del re Storia per immagini La rivoluzione militare Parole che restano
2 La nascita della burocrazia
000
3 Le resistenze al programma dell’assolutismo
000
Verifica lezione
La nascita dello stato moderno Video Olmi, Il mestiere delle armi Slideshow L’arte della guerra nel XVI secolo Slideshow La nascita della diplomazia
000
23 Gli “imperi della polvere da sparo”. L’Asia nel XVI secolo
000
1 Gli imperi dell’Estremo oriente: Cina e Giappone
000
2 Gli imperi islamici: Savafidi e Moghul
000
Carta
Carta attiva
Mikkeli, La minaccia turca come fattore di coesione europea
Storiografia
Gli imperi asiatici nel Cinquecento
3 Gli imperi islamici: la grande espansione ottomana nel Cinquecento
000
I persiani e l’islam: le miniature Carta L’impero ottomano alla fine del XVI secolo Storia per immagini
Verifica lezione
24
000
geografie e interdipendenze La nascita di un mercato mondiale. Demografia, economia, commerci internazionali nel Cinquecento
000
1 Crescita demografica e crescita economica in Europa
000
Popolazione e urbanizzazione nel Cinquecento Carta Materie prime e industria nel XVI secolo Infografica
2 Lo sviluppo dei commerci oceanici Carta Il
Parole che restano
» questioni
000 Perché l’inflazione fu un effetto dell’interdipendenza economica?
sintesi e mappe concettuali delle lezioni 21, 22, 23, 24 discorso pubblico
dell’umanesimo
VI
000 000
Sintesi audio
000
PPT
delle lezioni
Dignità dell’uomo. Motivi e argomenti
1 La riscoperta dei classici e l’affermazione della dignità umana Carta
000
Borsa
Verifica
25
000
viaggio dell’argento
3 I commerci mediterranei e lo sviluppo della finanza
lezione
Georg Agricola, La tecnica mineraria Carta attiva I porti europei tra Cinquecento e Seicento Fonte visiva
I centri di produzione culturale nell’Europa rinascimentale
000
Il Rinascimento Huizinga, Burckhardt e il Rinascimento
Fonti
indice
2 Dalla città alla corte: destinatari e argomenti del discorso umanista 000 3 L’umanesimo filosofico e la posizione dell’uomo nel cosmo Fonti
Verifica
» questioni lezione
26
000 è ancora attuale il messaggio dell’umanesimo?
000
Teoria e esperienza. Arte, scienza, tecnologia nel Rinascimento
000
1 La rivalutazione dei saperi pratici nella cultura rinascimentale
000
economia, lavoro e tecnologia
Chi erano?
I protagonisti del Rinascimento
2 L’invenzione della stampa e la nascita dell’industria editoriale Fonti visive
»
Verifica questioni
di Masaccio L’invenzione della stampa
Video
000 000
L’esperienza pratica e il lavoro hanno un valore formativo?
27 Una nuova visione del cristianesimo. La Riforma protestante
000 000
Sintesi audio
000
PPT
1 Il contesto e le premesse della Riforma: la questione delle indulgenze 000 Parole che restano
Riforma
2 Le dottrine di Lutero e la condanna della Chiesa di Roma Fonti
Fonte visiva La trinità
T. Galle, J. Stradanus, Una tipografia rinascimentale
sintesi e mappe concettuali delle lezioni 25 e 26
lezione
000
Pico della Mirandola, Libertà e dignità dell’uomo
Firenze rinascimentale Slideshow La corte di Lorenzo il Magnifico Slideshow
000
M. Lutero, Il servo arbitrio e la giustificazione per sola fede
3 Le posizioni politiche di Lutero Parole che restano
000
delle lezioni
La Riforma protestante La Riforma protestante Fonte attiva Lutero, Le Tesi sulle indulgenze Video Till, Luther. Genio, ribelle, liberatore Timeline
Individuo
4 La diffusione della Riforma: il calvinismo e la chiesa anglicana
000
I protagonisti della Riforma Carta le religione in Europa alla metà del Cinquecento Chi erano?
Verifica lezione
000
28 Tra reazione e rinnovamento. La chiesa della Controriforma 1 La Controriforma e la nascita di nuovi ordini religiosi Parole che restano
000
Cattolico
2 Obiettivi e risultati del Concilio di Trento Fonti
000
000
I decreti del concilio su giustificazione ed eucarestia
3 La Chiesa dopo il concilio: repressione e ricerca del consenso Storia per immagini
000
Arte e consenso
Verifica
La Controriforma e le guerre di religione Timeline La Controriforma e le guerre di religione Fonte attiva Chiesa riformata e chiesa cattolica a confronto Slideshow Carlo Borromeo Video L’inquisizione e la repressione dell’eresia PPT
000
sintesi e mappe concettuali delle lezioni 27 e 28
000
Laboratorio delle discussioni Quanto conta il merito?
000
Sintesi audio
delle lezioni
1. C. Beccaria, La pena di morte è illegittima e dannosa | 2. J-J. Rousseau, La pena di morte è necessaria per la difesa dello Stato | Guida alla discussione
Laboratorio delle interpretazioni Storiografia
000
1. P. Malanima, La rivoluzione agricola in Inghilterra | 2. M. Aymard, Famiglia contadina e proto-industria | 3. F. Morelli, I commerci atlantici | Confronto e argomentazione
Laboratorio delle competenze
000
didattica interattiva
Classe capovolta Titolo titolo titolo | Verso l’esame di stato Titolo titolo titolo titolo titolo
VII
Unità 1 Il Novecento,
la Grande guerra, la rivoluzione russa
I
l centro tematico di questa unità è rappresentato dalla Prima guerra mondiale (1914-18) nella quale lo storico Hobsbawm individua il “vero” inizio del XX secolo. → lezioni 3, 4, 5 è una tesi discussa, poiché altri storici propongono periodizzazioni diverse. Tuttavia, essa ha il merito di sottolineare l’enorme portata che questo conflitto ebbe per la storia del Novecento. La guerra, infatti, esplosa come risultato delle tensioni fra le grandi potenze che covavano dietro la facciata dorata della belle époque → lezione 1 , assunse il significato di uno spartiacque storico, tale da aprire una fase completamente nuova. Basti considerare due fenomeni strettamente connessi alla guerra: da un lato, una ridefinizione delle gerarchie mondiali, con la perdita da parte dell’Europa di una secolare centralità economico-politica; dall’altro, il fatto che proprio nel contesto della guerra maturò in Russia la rivoluzione bolscevica, che segnò la nascita di uno dei grandi protagonisti del nuovo secolo, l’Unione sovietica → lezione 6 . Questo carattere di svolta vale anche per l’Italia, dove la guerra chiuse l’età giolittiana → lezione 2 aprendo una fase di crisi delle fragili strutture del giovane stato liberale.
1882
▶ Triplice alleanza tra Germania, Impero austroungarico, Italia
1901
1901
▶ Giolitti ministro dell’Interno in Italia
1902
1903
1903
1907
▶ Giolitti primo ministro
1904
▶ Triplice Intesa tra Inghilterra, Francia, Impero russo
1905
1906
1907
1911-12
▶ Conquista italiana della Libia
1908
1909
ETà GIOLITTIANA IN ITALIA
2
1913
1914
▶ Prime elezioni a suffragio universale maschile in Italia
1910
1911
▶ 28 giugno Attentato di Sarajevo: la causa della guerra ▶ 28 luglio-5 agosto Scoppio della guerra
1912
1913
1914
CLASSE CAPOVOLTA A casa AUDIOLIBRO
Preparatevi a costruire uno sguardo d’insieme sull’unità ▶▶utilizzando l’indice e sfogliando le pagine dell’unità, stilate un elenco degli argomenti trattati: servitevi dei titoli delle lezioni, dei titoli dei paragrafi e della tabellina “in questa lezione studierete” all’inizio di ogni lezione ▶▶guardate i video di pag xy, yz e prendete nota degli argomenti che
| La carta d’identità dell’unità realizzate una “carta d’identità” dell’unità che comprenda: ▶▶un elenco dei principali argomenti ▶▶l’arco cronologico, i luoghi e le aree coinvolte ▶▶i temi che vi sembrino interessanti anche per il nostro presente ▶▶le tre “immagini simbolo” dell’unità e il video più rappresentativo, motivando la vostra scelta
affrontano ▶▶annotate anche quali temi sono trattati nelle Questioni e nel Laboratorio delle discussioni ▶▶scegliete le tre immagini che vi sembrano più significative per il contenuto dell’unità stessa e motivate la vostra scelta
A scuola
Divisi in gruppi, secondo le indicazioni dell’insegnante,
▶ Dida doloritibus aut dio mimos este. Enis voluptat que sam et etur se consecuptur aut verfero
1915
▶ 24 maggio L’Italia in guerra a fianco dell’Intesa ▶ Genocidio degli armeni
1915
1916
▶ Battaglie della Somme e Verdun: guerra di trincea
1916
1917
▶ Disfatta italiana a Caporetto ▶ Entrata in guerra degli Stati Uniti ▶ Rivoluzione in Russia
1917
1918
1922
▶ Ritiro della Russia dalla guerra ▶ 3 novembre Armistizio fra Italia e Austria ▶ Resa della Germania
▶ Nascita dell’Unione Sovietica
1918-20
▶ Guerra civile in Russia
1918
1919
1920
1921
1922
PRIMA GUERRA MONDIALE RIVOLUZIONE RUSSA E GUERRA CIVILE 3
unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
Lezione 2 L’economia europea prima dell’industrializzazione Rivoluzione agricola e proto-industria il filo della
storia
sapete già che...
in questa lezione studierete...
▶▶la popolazione europea dal Medioevo in poi aveva visto alternarsi momenti di crescita e di riduzione ▶▶nel Seicento vi fu una sostanziale stagnazione demografica ▶▶in Inghilterra già dal Cinquecento era incominciato il fenomeno delle enclosures ▶▶la produzione di manufatti avveniva nelle botteghe artigiane controllate dalle corporazioni cittadine
▶▶perché nel Settecento iniziò un ciclo demografico espansivo ▶▶come l’agricoltura europea rispose alla sfida demografica ▶▶dove avvenne la “rivoluzione agricola” e quali furono i suoi caratteri principali ▶▶quale fu il ruolo dell’industria a domicilio nella “proto-industrializzazione” europea
1 L’inizio di un ciclo demografico espansivo i concetti chiave
▶▶ l’incremento demografico nell’Europa del Settecento ▶▶ l’aumento della popolazione nelle grandi capitali ▶▶ l’equilibrio tra la disponibilità di risorse e il fabbisogno della popolazione
lessico
La demografia è una disciplina che studia l’andamento e la distribuzione della popolazione.
La crescita della popolazione Il Settecento fu un secolo di rapida e sensibile crescita della popolazione europea, che invertì la tendenza alla stagnazione demografica dominante nel Seicento. Non disponiamo di dati certi, ma si stima che la popolazione del continente sia passata dai 100-120 milioni di inizio Settecento ai 120-140 di metà secolo ai quasi 200 del 1800. In sostanza, che sia quasi raddoppiata, con un vero e proprio balzo nella seconda metà del secolo. Pur con differenze tra le diverse regioni europee, l’incremento demografico interessò tutto il continente. La popolazione europea aveva conosciuto altri momenti di incremento, per esempio fra Trecento e Quattrocento o nel Cinquecento. La differenza è che la crescita settecentesca non fu seguita da fasi di regresso o di stasi, ma rappresentò l’avvio di un ciclo demografico espansivo destinato a durare per tutto l’Ottocento e per buona parte del Novecento. L’urbanizzazione Rilevanti furono anche i cambiamenti nella distribuzione territoriale della popolazione. Se nel Seicento, infatti, la popolazione delle campagne era aumentata rispetto a quella delle città, con il Settecento assistiamo all’inizio di un processo inverso, cioè di intensa urbanizzazione; anche in questo caso, si tratta di un fenomeno di lunga durata 1 . Crebbe la popolazione di tutte le grandi capitali: per fare qualche esempio, Londra passò da 575 000 a quasi un milione di abitanti, Parigi da 450 a 600 000, e San Pietroburgo, fondata nel 1703 dallo zar Pietro il Grande, raggiunse a fine secolo i 220 000 abitanti. A quest’epoca, dodici città europee superavano i 100 000 abitanti, contro le 4 di un secolo prima. L’urbanizzazione, tuttavia, riguardò anche molte piccole e medie città di provincia, e soprattutto i porti inglesi e francesi affacciati sull’Atlantico, protagonisti dello sviluppo dei commerci che, come vedremo, caratterizzò tutto il secolo. Testo finto To deris min et earum, sum volore dolorrum as moluptae cus quo ipsaest autempora placcabor adio di quostia doluptas moluptas
2
Lezione 2 L’economia europea prima dell’industrializzazione 1 Dida doloritibus aut dio mimos este. Enis voluptat que sam et etur se consecuptur aut verfero riaeped quam, ut es mincipsam facepre pudandi onsequatemos serum hillab iur sequatu sandio doluptum quid modis magnimosam re pra sunt laccus ducil mod.
Ipotesi esplicative Le cause della crescita demografica settecentesca sono tuttora oggetto di una vivace discussione storiografica, senza che si sia giunti a una spiegazione unitaria e condivisa. La maggior parte delle ipotesi formulate per spiegare il fenomeno chiama in causa una riduzione della mortalità, che sarebbe stata consentita da diversi fattori: la scomparsa in occidente delle epidemie di peste l’ultima delle quali colpì Marsiglia » tra il 1720 e il 1723 (anche se le cause della fine delle epidemie restano inspiegate); una minore frequenza delle carestie e un arricchimento delle diete alimentari, grazie ai progressi dell’agricoltura; infine, il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie (ma bisogna ricordare che la vaccinazione contro il vaiolo, nuova “peste” dell’epoca, non si diffuse che dalla fine del Settecento). Altri storici hanno invece insistito sull’aumento della natalità, favorito da un abbassamento dell’età matrimoniale: poiché il Settecento vide avviarsi una fase di crescita economica, si sarebbe manifestata la propensione ad anticipare le nozze, dilatando così il periodo “utile” alla procreazione. Ipotesi probabilmente valida per aree a più forte sviluppo, come quella inglese, o per terre di colonizzazione, come l’America settentrionale, ma non generalizzabile all’intero continente. Popolazione e risorse L’andamento della popolazione è dato dal rapporto fra tasso di natalità (nati per mille ogni anno) e tasso di mortalità (morti per mille ogni anno). A sua volta, questo rapporto risulta dall’interazione fra variabili economiche, sociali, ambientali e anche culturali (come i comportamenti riproduttivi o la cura dell’infanzia). Il ciclo demografico tradizionale era caratterizzato da alta natalità e alta mortalità: in sostanza, si facevano molti bambini per rimpiazzare le numerose perdite, anche dovute alla altissima mortalità infantile. Il risultato era una condizione stazionaria nel lungo termine. Nel corso del Settecento questa condizione di equilibrio stazionario si ruppe, e iniziò un ciclo demografico caratterizzato da alta natalità e da mortalità in riduzione. Pur mancando, come abbiamo osservato, una spiegazione univoca del fenomeno, è certo che da quel momento i sistemi economici europei riuscirono a risolvere il problema dello squilibrio fra popolazione e risorse che sempre si era presentato in ogni fase di crescita demografica. In altri termini, riuscirono a fronteggiare la pressione demografica incrementando la quantità di risorse disponibili, come ora vedremo analizzando innanzitutto il settore agricolo.
» Date da ricordare
1720-23
Ultima epidemia di peste in Europa
PER FISSARE I CONCETTI
1. In che cosa la crescita demografica settecentesca differisce dalle precedenti? 2. Quali ipotesi si fanno per spiegare la crescita?
3
unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
2 La nuova agricoltura settecentesca i concetti chiave
lessico
La produzione è un valore assoluto (quantità di beni prodotta); la produttività è un rapporto (produzione per ora lavorata, o per addetto, o per unità di capitale investito)
▶▶ l’aumento della produzione agricola in Europa ▶▶ la “rivoluzione agricola” sul modello inglese: agricoltura estensiva e innovazioni tecniche ▶▶ la rotazione pluriennale delle colture e il sistema delle “recinzioni” (enclosures)
Agricoltura estensiva e agricoltura intensiva La terra era ancora, nell’epoca che stiamo studiando, la base produttiva fondamentale delle economie europee. Dal 70 al 90% della popolazione viveva e lavorava nelle campagne, e analoga era la quota di prodotto nazionale fornita dall’agricoltura 2 . Nel corso del Settecento si verificò un sensibile aumento della produzione agricola, tale da consentire di alimentare un popolazione crescente. Tale risultato fu ottenuto però in modi differenti nelle diverse aree europee, tanto che il paesaggio agrario dell’Europa sei-settecentesca si diversificò ampiamente proprio in ragione delle differenti strade seguite. In generale, un aumento della produzione agricola si può ottenere o per via estensiva, con l’ampliamento delle superfici poste a coltura, o per via intensiva, con un migliore sfruttamento del suolo grazie a tecniche più efficaci, migliori attrezzi, nuove coltivazioni. Nel secondo caso, oltre a un aumento della produzione, avremo anche un aumento della produttività.
↗ La popolazione europea tra il 1700 e il 1800 Il grafico mostra con chiarezza giati re volupient ut et laccull acillab id molorru mquunt voluptatur sequis post maxima volori quide velibus, endigni hilicia pratemost, odi invelis es vendem faccusa nos et illupta tetur, te velignienis eiciention reptat ad ex et voluptas eatem lit ex et istis dolupta tempore, seni aut volo beris quae omnim fugit et eserro
Popolazione (milioni di abitanti)
La “rivoluzione agricola” La via battuta nella maggior parte del continente fu quella estensiva: l’ampliamento delle aree coltivate fu realizzato o intervenendo con opere di bonifica, terrazzamento, disboscamento sulle terre marginali (cioè quelle meno favorite per collocazione o morfologia del terreno) o favorendo la colonizzazione di ampi spazi disabitati, come accadde nelle pianure dell’Europa orientale. La via intensiva fu praticata con decisione solo in aree circoscritte, anche se di grande importanza economica e storica: l’Inghilterra, i Paesi Bassi, alcune aree della Francia, la pianura padana. Qui l’agricoltura fu investita da processi di trasformazione di così ampia portata da indurre gli storici a parlare di una vera e propria “rivoluzione agricola”. Il caso più importante è quello dell’Inghilterra, dove la rivoluzione agricola fu il risultato di due trasformazioni fondamentali: la dissoluzione del sistema dei campi aperti (open field system) e la sostituzione della rotazione triennale a maggese con forme più produttive di avvicendamento pluriennale delle colture. Testo finto To deris min et earum, sum volore dolorrum as moluptae cus quo ipsaest autempora placcabor adio di quostia doluptas moluptas aceatur epediciis
30
1700 1750 1800
28 26 24 22 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 Isole Francia Germania Polonia Austria, Spagna, britanniche Boemia, Portogallo Ungheria
4
Italia
Balcani
Lezione 2 L’economia europea prima dell’industrializzazione
Open fields e recinzioni Come sappiamo dal primo volume di questo corso (vedi...) il sistema dell’open field era caratterizzato da una forte parcellizzazione dei fondi e dalla presenza di terre comuni (common lands), generalmente di proprietà della comunità, dove i contadini esercitavano per tradizione secolare diritti d’uso come pascolare, fare legna, pescare. Questo sistema rifletteva il modello di un’agricoltura comunitaria: il signore del luogo e l’assemblea di villaggio fissavano le regole a cui tutti dovevano attenersi per le colture e l’utilizzo dei terreni. Esso assicurava qualche protezione ai contadini più poveri ma limitava le possibilità di pieno sfruttamento del suolo, perché la parcellizzazione delle proprietà e la presenza di terreni di uso collettivo non incentivavano investimenti e migliorie. Queste deficienze venivano denunciate senza sosta dagli agronomi innovatori: ma fu l’iniziativa dei grandi proprietari a determinare la fine dell’open field, attraverso la diffusione delle recinzioni (enclosures). Sappiamo che già dal Cinquecento erano in atto nelle campagne inglesi accorpamenti e recinzioni di fondi a seguito di trattative private o di usurpazioni. Il fatto nuovo del Settecento è che le enclosures ebbero il sostegno del potere politico, attraverso sempre più frequenti decreti: 110 fra il 1700 e il 1750, oltre 2000 fra il 1750 e il 1800. Tanto che entro i primi due decenni dell’Ottocento il sistema dei campi aperti era scomparso in Inghilterra (anche se non in altre aree britanniche, come l’Irlanda e il Galles).
2 Dida doloritibus aut dio mimos este. Enis voluptat que sam et etur se consecuptur aut verfero riaeped quam, ut es mincipsam facepre pudandi onsequatemos serum hillab iur sequatu sandio doluptum quid modis magnimosam re pra sunt laccus ducil mod.
La rotazione delle colture L’accorpamento dei fondi in grandi proprietà favorì innovazioni e investimenti da parte degli imprenditori agricoli, che iniziarono a impiegare sementi e concimi più abbondanti, macchinari più efficienti (come la seminatrice, che permetteva di depositare i chicchi di grano in modo uniforme, evitando gli sprechi della semina “a spaglio”) e nuove tecniche agronomiche. Fra queste, la più importante riguardò il sistema di rotazione delle colture ↗ . Il sistema tradizionalmente utilizzato era quello a tre campi: una parte del territorio coltivabile veniva seminato a cereali invernali (frumento e segale); una seconda parte a cereali primaverili (orzo o avena); una terza parte veniva lasciata riposare (maggese), in modo da impedire l’esaurimento del terreno. Le coltivazioni venivano poi fatte ruotare, in modo che nell’arco di un triennio ciascun campo completasse il ciclo. Testo finto To deris min et earum, sum volore dolorrum as moluptae cus quo ipsaest autempora placcabor adio di quostia doluptas moluptas aceatur epediciis dempore pelesen ditiis ilignam experspis doluptatia alit am qui dit ut volor reptat lit magnimusam
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
Rotazione pluriennale e allevamento Questo sistema venne progressivamente sostituito da quello dell’”agricoltura alternata”, detto anche sistema di Norfolk dal nome della contea inglese in cui fu per la prima volta praticato su larga scala. Esso consisteva in una rotazione pluriennale (da sei a dodici anni) che sostituiva il maggese con la coltivazione di piante foraggere (erba medica, rape, trifoglio). In questo modo, si ottenevano sia una più completa rigenerazione del suolo (a una coltura che impoveriva il terreno ne seguiva un’altra che lo puliva e arricchiva), sia foraggi per il bestiame. Lo sviluppo dell’allevamento, a sua volta, forniva maggiore energia per i lavori agricoli, carne e latte, più abbondanti concimi: in tal modo, veniva realizzandosi quell’integrazione tra cerealicoltura e allevamento che caratterizza, da allora, ogni agricoltura avanzata.
lessico
La transumanza è il trasferimento stagionale delle greggi dai pascoli montuosi alle pianure, all’inizio della stagione fredda, e viceversa ai primi caldi
↗ Rotazione delle colture a confronto
6
Differenze nel paesaggio agrario europeo Innovazioni analoghe a quelle che abbiamo descritto furono introdotte nei Paesi Bassi, in Danimarca, nelle campagne intorno a Parigi, in alcune zone della Germania settentrionale e della pianura padana, cioè nelle aree della più evoluta agricoltura europea. Nulla del genere si poteva trovare né nelle sconfinate pianure dell’Europa orientale, dominate da estesi latifondi a grano, né nell’Europa mediterranea (Spagna e Italia meridionale), dove solo le colture specializzate arboree (frutteti, vigneti, oliveti) si stagliavano su uno sfondo di latifondi e allevamento transumante; né, infine, nella pur ricca agricoltura francese, caratterizzata dalla compresenza di piccola proprietà contadina e grande proprietà nobiliare, entrambe poco propense all’innovazione e all’investimento. Il caso della Francia è particolarmente utile per capire come l’attività economica sia sempre profondamente condizionata dal contesto sociale e istituzionale in cui si inserisce. Anche in Francia i “catechismi agrari”degli innovatori predicavano il superamento dell’agricoltura comunitaria: ma qui il potere politico fu molto più esitante che in Inghil-
Lezione 2 L’economia europea prima dell’industrializzazione
terra, sia per il timore che le innovazioni diffondessero la miseria e spingessero masse di contadini impoveriti verso le città, sia perché lo stato non aveva la forza di imporre la sua volontà alla rete di diritti che le comunità locali – feudatari, grandi e piccoli proprietari, villaggi – esercitavano sulla terra. L’esordio dell’agricoltura capitalistica In Inghilterra le innovazioni agricole portarono con sé una profonda ristrutturazione economica e sociale, perché determinarono la riduzione e poi la scomparsa della piccola proprietà contadina. Privati delle integrazioni di reddito garantite dalle terre comuni, collocati in una posizione sempre più marginale rispetto alla grande azienda agricola, i piccoli proprietari dovettero progressivamente abbandonare i loro campi. Il destino di queste figure sociali fu quello di trasformarsi in lavoratori salariati agricoli laico e, successivamente, con l’affermarsi della rivoluzione industriale, in operai di fabbrica. Questo processo non poté dirsi compiuto prima del secondo decennio dell’Ottocento: ma già nella seconda metà del XVIII secolo l’Inghilterra mostrava i caratteri fondamentali dell’agricoltura di tipo capitalistico, fondata su grandi aziende gestite da imprenditori privati attraverso l’impiego di manodopera salariata 3 . RIFLEttere per capire Ma quali furono i costi dell’innovazione? L’agricoltura
inglese del Settecento e dell’Ottocento viene portata solitamente ad esempio di razionalità, modernità, efficienza. Ed è certamente così, se si considera quale enorme importanza storica per l’affrancamento delle popolazioni europee dalle carestie abbia avuto la rivoluzione agricola settecentesca. Il sistema dell’open field e dell’agricoltura comunitaria non era di per sé “irrazionale”, dal momento che permetteva la sopravvivenza di intere comunità. Ma l’azienda agraria capitalista inaugurò una forma di gestione della terra molto più efficiente: riduceva i costi di produzione, era aperta alle innovazioni tecnologiche, aveva accesso al credito, per rifornirsi di capitali da investire. Ma insieme all’antico sistema dell’open field, la modernizzazione dell’agricoltura spazzò via anche interi ceti sociali: in particolare, i cottagers, i contadini poveri o senza terra, che videro sparire le terre comuni e non poterono più entrare nei campi dopo i raccolti, né cacciare o pescare. Non meraviglia allora che gli annunci dei decreti di recinzione venissero strappati dalle porte delle chiese o che i commissari governativi giunti per controllarne l’attuazione venissero accolti con forche, bastoni, lanci di pietre. L’agricoltura comunitaria spariva e si preparava il grande shock della rivoluzione industriale, che avrebbe accolto come operai i figli e i nipoti di quelli che le recinzioni non le volevano.
PAROLE CHE RESTANO
3 Dida doloritibus aut dio mimos este. Enis voluptat que sam et etur se consecuptur aut verfero riaeped quam, ut es mincipsam facepre pudandi onsequatemos serum hillab iur sequatu sandio doluptum quid modis magnimosam re pra sunt laccus ducil mod.
laico
▪▪origine e significato comune In greco, laikòs (dalla radice laòs, “genti”) significava “appar tenente al popolo”. In età medievale, laicus (contrapposto a clericus, “chierico”) era invece chi non faceva parte del clero, non avendo ricevuto gli ordini sacerdotali. È questo il signifi cato comune del termine, quando riferito a persone. ▪▪significato politico Riferito a idee, istituzioni o valori, il termine ha assunto il significato, molto più ampio, di “indipendente da questioni di fede o di religione”. In questo senso, per esempio, si parla di pensiero laico o di stato laico per indicare un sistema di governo che non si fonda su valori religiosi ed è separa to e autonomo dalla chiesa, quale essa sia. Al contrario, un governo controllato dal clero e fondato su leggi di matrice religiosa è detto teocrazia.
▪▪laicismo e laicità Si usano molto in Italia, in questi anni, i termini laicismo e laicista per indicare, con accezione negativa, un atteg giamento di tipo antireligioso, cioè di negazione del valore della religione e di contrapposizione alla chiesa. In realtà, il laicismo è l’ideologia o l’atteggiamento di chi sostiene che la cosa pubblica in ogni suo aspetto (leggi, istituzioni, ammini strazione dello stato) debba prescindere da dottrine e valori religiosi. La laicità è la condizione propria dell’essere laico. Si chiama poi laicizzazione (o secolarizzazione) il processo che ha portato, nell’età moderna, all’affermazione di valo ri laici nei costumi, nella morale, nella politica. Laicità non coincide con ateismo: si può benissimo essere laici non solo credendo, ma anche professando una religione.
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
I cereali I cereali – il cui nome deriva da Ceres, antica dea dell’agricoltura – sono pian te erbacee con frutti ricchi di amido, dalla cui macinazione si ricava la farina, utilizzata per lo più nella panificazione. Il pane e gli alimenti a base di cerea li hanno costituito per secoli, insieme all’olio e al vino, uno degli elementi fondamentali della “triade” alimentare mediterranea. I cereali furono probabilmente le prime piante a essere coltivate, a partire dal VII-VI millennio. Il cereale per eccellenza è il frumento (o grano) dalla cui farina si ricavano il pane di migliore qualità, le focacce e la pasta. Ma un ruolo determinante nell’alimentazione, soprattutto dei ceti
poveri, hanno avuto per secoli anche i vari cereali cosiddetti “minori”: la segale, originaria dell’Asia Minore, l’avena, il sorgo, il miglio, l’orzo, il gra no saraceno, proveniente dall’Estremo Oriente (da non confondersi con il gra-
noturco o mais, importato dall’Ameri ca a partire dal Cinquecento). Appar tiene ai cereali anche il riso, alimento fondamentale delle popolazioni dell’A sia meridionale, la cui coltivazione fu introdotta in Europa dagli arabi dal VI
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lessico
La pellagra è una malattia derivante da carenza di vitamina B, presente soprattutto negli alimenti freschi (latte, verdura, cereali).
Nuove colture contro le carestie Se l’agricoltura europea settecentesca poté fornire adeguate risorse alimentari a una popolazione in crescita, fu anche grazie alla diffusione di nuove coltivazioni. Il frumento, il cereale più pregiato perché se ne derivava il pane bianco, era allora riservato ai ricchi: la mensa contadina conosceva solo la segale, che dava il pane nero, o le minestre di orzo, avena, sorgo, buoni anche come foraggio per il bestiame). Molto cambiò con la diffusione del mais, o granoturco, importato dal Nuovo mondo e sempre più largamente coltivato nel Settecento. Il mais, che consentiva rese per ettaro quasi doppie di quelle del frumento, anche se con inferiore qualità nutrizionale, divenne, sotto forma di pane o di polenta, un elemento fondamentale delle diete popolari. Lo stesso si può dire della patata, originaria dell’America meridionale e importata in Europa dagli spagnoli a metà Cinquecento. Fra Settecento e Ottocento la coltivazione della patata si diffuse in tutta Europa. Fu grazie al mais e alla patata che l’agricoltura europea riuscì a vincere lo spettro delle carestie, anche se la dipendenza da questi due alimenti causò veri e propri drammi sociali, come la pellagra nelle campagne padane o la carestia provocata in Irlanda da una malattia della patata nel 1845-49, che fece centinaia di migliaia di vittime. Altri prodotti di importazione Tra i prodotti d’importazione non di prima sussistenza, il cui consumo crebbe nel Settecento, vanno ancora segnalati lo zucchero, il tè, il cacao e il caffè. Lo zucchero, come vedremo nella prossima lezione, fu insieme al cotone uno dei grandi protagonisti dei commerci settecenteschi. Un’importanza anche direttamente produttiva, oltre che sul piano delle abitudini di consumo, ebbe il tabacco, la cui coltivazione si diffuse nei Paesi Bassi, in Germania e in Italia.
PER FISSARE I CONCETTI
Elabora una mappa concettuale collegando tra loro i seguenti concetti: a. rotazione pluriennale delle colture e sistema delle recinzioni b. agricoltura intensiva
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c. integrazione tra agricoltura e allevamento d. rivoluzione agricola (inglese) e. diffusione di nuove coltivazioni f. aumento della produzione agricola g. agricoltura estensiva
Lezione 2 L’economia europea prima dell’industrializzazione
3 Artigianato e protoindustria i concetti chiave
▶▶ la produzione manifatturiera settecentesca come “protoindustria” ▶▶ lo sviluppo dell’artigianato ▶▶ la nascita dell’industria a domicilio
La “protoindustria” L’economia settecentesca registrò progressi significativi anche nel settore manifatturiero o - per usare un termine moderno - industriale 10 . Occorre precisare che l’industrializzazione come comunemente l’intendiamo inizierà solo verso la fine del secolo, con la rivoluzione industriale inglese, che segnerà l’avvento di una nuova epoca (vedi ....). Ma essa potrà svilupparsi proprio grazie al fitto tessuto di attività manifatturiere cresciuto nel corso dell’età moderna: tanto che alcuni storici hanno coniato il termine “protoindustria” per definire la produzione manifatturiera settecentesca. Artigianato e corporazioni La forma di produzione prevalente era l’artigianato, sviluppato nelle botteghe cittadine ove operavano maestri, operai e apprendisti inquadrati in corporazioni ↗ che regolavano ancora tutti gli aspetti fondamentali dell’attività produttiva: durata giornaliera del lavoro, modalità di assunzione e le paghe, standard di qualità dei prodotti, prezzi di vendita. Il fatto più notevole del Settecento è l’attacco cui vennero sottoposti i regolamenti corporativi sia da parte degli economisti innovatori, perché limitavano la libera concorrenza e la mobilità dei lavoratori, per esempio proibendone l’immigrazione, sia da parte dei poteri pubblici, che vedevano nelle corporazioni la sopravvivenza di un potere autonomo da quello dello stato. Assistiamo anche in questo campo allo scontro fra “tradizione” e “innovazione” che abbiamo visto accendersi a proposito dell’agricoltura comunitaria, e anche in questo caso prevalsero le istanze di modernizzazione. Decreti di riduzione dei privilegi corporativi o, addirittura, di abolizione delle corporazioni si susseguirono. -2 r L’industria a domicilio Contribuì alla dissoluzione del sistema corporativo anche lo sviluppo dell’industria a domicilio ↗, o “manifattura dispersa” (putting-out system in inglese; Verlagssystem in tedesco). Nata, come sappiamo, già nel Seicento, nel corso del Settecento l’industria a domicilio conobbe un forte sviluppo, soprattutto nelle lavorazioni di prodotti tessili di cotone, molto richiesti da una popolazione in espansione.
↗ memo Le corporazioni (o Gilde o Arti) erano associazioni di mestiere nate nelle città medievali; detenevano un forte potere sia economico sia politico nei governi cittadini
↗ memo L’industria a domicilio prevedeva un mercanteimprenditore che acquistava materie prime, le affidava in lavorazione a famiglie contadine, fornendo loro gli strumenti di produzione, per poi ritirare e vendere il prodotto finito.
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
4 L’espansione dei commerci e lo spazio atlantico i concetti chiave
▶▶ Lo sviluppo dei commerci internazionali nell’Atlantico ▶▶ Il commercio triangolare tra Europa, Africa e Americhe ▶▶ Il primato commerciale dell’Inghilterra
Lo sviluppo dei commerci Insieme all’aumento della popolazione e della produzione agricola, il Settecento conobbe una grande crescita e dilatazione degli scambi commerciali a lunga distanza 1 . Il valore dei commerci europei con il resto del mondo passò dai 62 milioni di sterline del 1720 ai 137 milioni del 1780. Particolarmente significativo il dato della Gran Bretagna: all’inizio del secolo il commercio estero dell’isola avveniva all’80 per cento con l’Europa. Dopo cento anni, l’import/export fra Gran Bretagna ed Europa era sceso alla metà del totale, mentre era salito al 30% quello con le Americhe e al 20% quello con l’Asia. L’Atlantico, un grande protagonista della storia mondiale L’asse dei commerci internazionale in maggiore e più rapido sviluppo era quello che aveva come teatro l’Atlantico. L’oceano sconfinato che segnava il limite dell’orizzonte umano “oltre le colonne d’Ercole”, nel Settecento era ormai entrato a fare parte dello spazio fisico e mentale europeo. Certamente, i viaggi erano ancora lunghi e pericolosi: 5-7 settimane tra l’Inghilterra e Boston, 8-9 tra l’Inghilterra e le Barbados, 10 tra l’Africa occidentale e i Caraibi. Ma sui ponti dei navigli che facevano ininterrottamente la spola tra le due sponde del grande oceano viaggiava un fenomeno di importanza storica, vale a dire la formazione di quello spazio di interconnessioni e di interdipendenze che chiamiamo “mondo atlantico”. Uno spazio attraversato, come vedremo, da navi e da merci, ma anche da uomini, culture e idee.
↗ memo Proprio in un’isola caraibica delle odierne Bahamas, Hispaniola, Colombo aveva toccato per la prima volta il “Nuovo mondo”
PER FISSARE I CONCETTI
1. In che cosa la crescita demografica settecentesca differisce dalle precedenti? 2. Quali ipotesi si fanno per spiegare la crescita?
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Gli attori sulla scena atlantica Sul lato est di questo mondo troviamo il cuore delle potenze commerciali europee (Inghilterra, Olanda, Francia, Spagna e Portogallo) e l’Africa, che svolgeva all’epoca il ruolo di grande “polmone” di schiavi. Sul lato ovest, tre erano i grandi poli di attrazione. Da nord a sud: gli insediamenti europei nell’America settentrionale, contesi fra inglesi e francesi; l’area caraibica, con le Antille; i già consolidati domini spagnoli e portoghesi dell’America meridionale. La Spagna deteneva all’inizio del Settecento l’impero coloniale più ampio. Possedeva gran parte dell’America meridionale, l’America centrale e il Messico, le principali isole dei Caraibi (compresa Cuba) e, nel Nordamerica, gli ampi territori del “Nuovo Messico” (attuali California, Texas, New Mexico, Arizona) e la Florida. Interesse principale degli spagnoli era l’estrazione di prodotti minerari, in primo luogo oro e argento. Meno estesi erano i domini del Portogallo, limitati in sostanza al solo Brasile. Oltre ai metalli preziosi, la grande risorse brasiliana era la canna da zucchero, che i portoghesi avevano importato qui dall’Africa e che aveva attecchito rigogliosamente. In precedenza considerato bene di lusso e riservato alle minoranze agiate, a partire dal Settecento lo zucchero divenne una delle merci più richieste in Europa. Lo snodo dei Caraibi Uno snodo cruciale era rappresentato dall’area caraibica ↗ e dal suo arcipelago di isole, le Antille, che costituivano una sorta di “ponte” fra le due Americhe aperto verso l’Atlantico. La collocazione strategica dei Caraibi e il crescente valore economico delle loro produzioni di zucchero, cacao e tabacco, spiega perché l’area, oltre a fungere da base per il contrabbando e la pirateria, fu teatro di una violenta e spesso spietata competizione fra le potenze europee per il controllo del territorio, delle risorse e dei commerci. Dopo le prime conquiste spagnole nel Cinquecento (Cuba, Hispaniola e Puerto Rico), le Antille erano state colonizzate da inglesi (Giamaica e Barbados), francesi (Guadalupa, Martinica, Dominica), olandesi e danesi. Alla fine del Seicento i francesi avevano strappato alla Spagna la parte occidentale di Hispaniola, che prese il nome di Santo Domingo.
Lezione 2 L’economia europea prima dell’industrializzazione
Chi erano?
I protagonisti dell’Illuminismo
Di famiglia appartenente alla nobiltà di toga provinciale, Charles Louis Secondat, barone di Montesquieu, nacque nel 1689 nei pressi di Bordeaux. Nel 1716 ereditò la carica di presidente del Parlamento di Bordeaux e il connesso titolo nobiliare. Giurista, filosofo, geografo, affiliato alla Massoneria, Montesquieu visse una vita tra viaggi e studi, mosso da un’instancabile curiosità e da un’acuta intelligenza. Salì alla ribalta della cultura francese con le Lettere persiane del 1721, un romanzo epistolare in cui, sotto la finzione della corrispondenza fra due giovani persiani in viaggio per l’Europa, metteva alla berlina i vizi della società del tempo. Raggiunse però la vera e propria celebrità con Lo spirito delle leggi, opera pubblicata anonima a Ginevra nel 1748.
il trattato Emilio o dell’educazione, nel quale elaborava una pedagogia basata sulla sua concezione ottimistica e positiva della natura umana, che solo la civilizzazione può rovinare. Colpito da un ordine d’arresto per i suoi scritti, Rousseau dovette riparare in Svizzera e in Inghilterra, rientrando infine in Francia, dove morì nel 1778, lo stesso anno di Voltaire.
Montesquieu (1689-1755)
Voltaire (1694-1778)
Rousseau (1712-1778)
François-Marie Arouet, detto Voltaire, nacque nel 1694 da una ricca famiglia della borghesia parigina, studiò presso i gesuiti e fu avviato alla carriera di avvocato, che abbandonò rompendo i rapporti con il padre. Dopo la morte di quest’ultimo poté contare su una cospicua eredità e cominciò a pubblicare scritti polemici, scettici e anticlericali, diventando il capofila dei philosophes nei salotti di Parigi. Voltaire finì presto nel mirino della censura: esiliato dalla capitale (e brevemente detenuto alla Bastiglia) per i suoi versi satirici contro il reggente di Francia, nel 1726 fu costretto a trasferirsi in Inghilterra. Qui conobbe l’empirismo e le idee di John Locke, che lo influenzarono. Scrittore prolifico e arguto polemista, grazie alla sua fama divenne amico e consigliere di Federico II di Prussia; si stabilì a Berlino ma, osteggiato dalla corte, dovette riparare nella sua tenuta francese al confine con la Svizzera. Jean-Jacques Rousseau nacque nel 1712 a Ginevra in un’umile famiglia calvinista di origini francesi, ma in seguito si convertì al cattolicesimo. Dopo una giovinezza errabonda, nel 1745, conobbe a Parigi Marie-Thérèse Levasseur, dalla quale ebbe cinque figli, affidati a orfanotrofi, come racconta nelle Confessioni pubblicate postume. Nella capitale francese Rousseau aderì al gruppo degli enciclopedisti, con i quali però entrò presto in conflitto. Il suo primo saggio, il Discorso sulle scienze e sulle arti (1750), contiene già le sue tipiche critiche alla civiltà e l’elogio della natura. Nello stesso anno del Contratto sociale (1762) Rousseau pubblicò
Diderot (1713-1784)
Beccaria (1738-1794)
Nato nel 1713 da una famiglia borghese (il padre produceva strumenti chirurgici), Denis Diderot crebbe vicino ad ambienti anticonformisti influenzati dal libertinismo. Per un quindicennio fu impegnato come promotore, curatore ed editore (oltre che come autore di molte voci) dell’Encyclopédie. Inizialmente Diderot appoggiò l’assolutismo illuminato e fu in corrispondenza con Caterina II di Russia, la quale acquistò la sua vasta biblioteca, assicurandogli un vitalizio. Negli ultimi anni, deluso dagli scarsi risultati delle riforme, prese posizioni più radicali: ammirava la rivoluzione parlamentarista inglese del 1642, indicò il suo ideale politico in una costituzione repubblicana che abolisse ogni privilegio nobiliare e sostenne la rivoluzione americana. Studioso eclettico, fu tra i primi in Europa ad approfondire buddhismo, taoismo e induismo ed è considerato un pioniere della psicologia. Morì nel 1784. Nato a Milano nel 1738, di famiglia nobile, Cesare Beccaria fu cacciato di casa dal padre per aver sposato la sedicenne Teresa Blasco (la loro figlia Giulia sarà la madre di Alessandro Manzoni). In difficoltà economiche, fu aiutato da Pietro Verri, importante esponente dell’Illuminismo lombardo. Avvicinatosi ai Lumi dopo la lettura delle Lettere persiane di Montesquieu, collaborò alla rivista milanese “Il Caffè”, dei fratelli Pietro e Alessandro Verri, e fu tra gli animatori dell’Accademia dei Pugni, il cui scopo era diffondere i princìpi riformisti. Fu l’amico Pietro Verri a suggerire a Beccaria di scrivere un libro che esponesse le sue idee in materia di giustizia. Pubblicato nel 1764 con il titolo Dei delitti e delle pene, il breve trattato ebbe successo in tutta Europa, ma fu messo all’Indice. Il governo austriaco (la Lombardia, lo ricordiamo, apparteneva all’Impero asburgico) creò per lui, nel 1768, una cattedra universitaria di Economia pubblica e nel 1771 lo nominò membro del Consiglio supremo di economia. Morì nel 1794.
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
1 L’espansione dei commerci e lo spazio atlantico i concetti chiave
▶▶ Lo sviluppo dei commerci internazionali nell’Atlantico ▶▶ Il commercio triangolare tra Europa, Africa e Americhe ▶▶ Il primato commerciale dell’Inghilterra
Lo sviluppo dei commerci Insieme all’aumento della popolazione e della produzione agricola, il Settecento conobbe una grande crescita e dilatazione degli scambi commerciali a lunga distanza 1 . Il valore dei commerci europei con il resto del mondo passò dai 62 milioni di sterline del 1720 ai 137 milioni del 1780. Particolarmente significativo il dato della Gran Bretagna: all’inizio del secolo il commercio estero dell’isola avveniva all’80 per cento con l’Europa. Dopo cento anni, l’import/export fra Gran Bretagna ed Europa era sceso alla metà del totale, mentre era salito al 30% quello con le Americhe e al 20% quello con l’Asia. L’Atlantico, un grande protagonista della storia mondiale L’asse dei commerci internazionale in maggiore e più rapido sviluppo era quello che aveva come teatro l’Atlantico. L’oceano sconfinato che segnava il limite dell’orizzonte umano “oltre le colonne d’Ercole”, nel Settecento era ormai entrato a fare parte dello spazio fisico e mentale europeo. Certamente, i viaggi erano ancora lunghi e pericolosi: 5-7 settimane tra l’Inghilterra e Boston, 8-9 tra l’Inghilterra e le Barbados, 10 tra l’Africa occidentale e i Caraibi. Ma sui ponti dei navigli che facevano ininterrottamente la spola tra le due sponde del grande oceano viaggiava un fenomeno di importanza storica, vale a dire la formazione di quello spazio di interconnessioni e di interdipendenze che chiamiamo “mondo atlantico”. Uno spazio attraversato, come vedremo, da navi e da merci, ma anche da uomini, culture e idee. Gli attori sulla scena atlantica Sul lato est di questo mondo troviamo il cuore delle potenze commerciali europee (Inghilterra, Olanda, Francia, Spagna e Portogallo) e l’Africa, che svolgeva all’epoca il ruolo di grande “polmone” di schiavi. Sul lato ovest, tre erano i grandi poli di attrazione. Da nord a sud: gli insediamenti europei nell’America settentrionale, contesi fra inglesi e francesi; l’area caraibica, con le Antille; i già consolidati domini spagnoli e portoghesi dell’America meridionale. La Spagna deteneva all’inizio del Settecento l’impero coloniale più ampio. Possedeva gran parte dell’America meridionale, l’America centrale e il Messico, le principali isole dei Caraibi (compresa Cuba) e, nel Nordamerica, gli ampi territori del “Nuovo Messico” (attuali California, Texas, New Mexico, Arizona) e la Florida. Interesse principale degli spagnoli era l’estrazione di prodotti minerari, in primo luogo oro e argento. Meno estesi erano i domini del Portogallo, limitati in sostanza al solo Brasile. Oltre ai metalli preziosi, la grande risorse brasiliana era la canna da zucchero, che i portoghesi avevano importato qui dall’Africa e che aveva attecchito rigogliosamente. In precedenza considerato bene di lusso e riservato alle minoranze agiate, a partire dal Settecento lo zucchero divenne una delle merci più richieste in Europa. ↗ memo Proprio in un’isola caraibica delle odierne Bahamas, Hispaniola, Colombo aveva toccato per la prima volta il “Nuovo mondo”
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Lo snodo dei Caraibi Uno snodo cruciale era rappresentato dall’area caraibica ↗ e dal suo arcipelago di isole, le Antille, che costituivano una sorta di “ponte” fra le due Americhe aperto verso l’Atlantico. La collocazione strategica dei Caraibi e il crescente valore economico delle loro produzioni di zucchero, cacao e tabacco, spiega perché l’area, oltre a fungere da base per il contrabbando e la pirateria, fu teatro di una violenta e spesso spietata competizione fra le potenze europee per il controllo del territorio, delle risorse e dei commerci. Dopo le prime conquiste spagnole nel Cinquecento (Cuba, Hispaniola e Puerto Rico), le Antille erano state colonizzate da inglesi (Giamaica e Barbados), francesi (Guadalupa, Martinica, Dominica), olandesi e danesi. Alla fine del Seicento i francesi avevano strappato alla Spagna la parte occidentale di Hispaniola, che prese il nome di Santo Domingo.
Lezione 2 L’economia europea prima dell’industrializzazione
storia per immagini
Simboli rivoluzionari L’
esercizio del potere – scrive la storica Lynn Hunt – «richiede sempre pratiche simboliche. Non si può compiere l’atto di governare senza storie, segni e simboli che indichino e riaffermino la legittimità di quel governo. La rivoluzione francese mise particolarmente in rilievo il problema del processo di creazione di simboli, perché i rivoluzionari si trovarono in mezzo a una rivoluzione prima di avere modo di riflettere sulla loro situazione. Inventarono simboli e rituali lungo il cammino».
Durante la rivoluzione L a coccarda tricolore
patriottica (il blu e il rosso per i colori di Parigi, il bianco della bandiera dei Borbone), nata nei primi mesi della rivoluzione, divenne obbligatoria per tutti gli uomini dopo il 5 luglio 1792.
anche gli oggetti più normali - come gli ornamenti, i vestiti, le stoviglie, i calendari, le carte da gioco - divennero emblemi politici, mezzi con i quali le persone divenivano consapevoli della propria scelta di campo e la affermavano.
I rivoluzionari vollero abolire ogni distinzione basata sull’abbigliamento, eredità dell’Antico regime. Vennero aboliti gli abiti religiosi; i funzionari erano vestiti come tutti gli altri, salvo una sciarpa tricolore; i militanti di quartiere parigini portavano il berretto frigio rosso (il “berretto della libertà”).
Altri simboli vennero
rielaborati da tradizioni culturali diverse, per esempio la livella massonica per simboleggiare l’uguaglianza, l’alloro romano per la virtù civica, l’occhio egizio per la vigilanza rivoluzionaria.
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
fonti
I diritti signorili alla fine del Settecento
Tipo di fonte testo giuridico Autore xxxxxxxxxxx
il testo e il contesto Il Manuale dei diritti di Essigey (ora Echigey,
località della Costa d’Oro, in Borgogna, nell’est della Francia) mostra come, ancora nel 1780, fosse rilevante l’insieme dei diritti economici e giurisdizionali che spettavano al signore. La persistenza dei diritti signorili nel corso del XVIII secolo è molto più forte in Borgogna – così come in Bretagna – rispetto ad altre zone del paese, per esempio nel Mezzogiorno.
Art. 1: sono dovuti al signore, all’atto di ogni vendita, lodi1 sul prezzo di ogni bene acquistato, su tutti i beni senza eccezione, in ragione della dodicesima parte del prezzo di ogni bene acquistato, fatti salvi i diritti di confisca nel caso non si paghino i lodi entro quaranta giorni. Art. 2: gli abitanti di Essigey devono ognuno una gallina al primo giorno di quaresima e una corvée2 di braccia al tempo della fienagione per chiunque vi è soggetto; la suddetta corvée è sempre stata prestata, ma la gallina non è mai stata riscossa. Art. 3: ognuno, sia coltivatore sia che eserciti altre attività, se in possesso di cavalli o di buoi e di finimenti, deve una volta all’anno una corvée di aratura o di vendemmia, o in tempo di semina. Art. 4: è compito del suddetto signore far riscuotere la decima3 in tutte le terre della signoria in ragione di un covone ogni quattordici [...]. Art. 5: appartiene al suddetto signore l’esercizio dell’alta, media e bassa giustizia in tutta l’estensione del dominio diretto. Art. 6: tutti gli abitanti devono fare la guardia notturna e diurna al castello del suddetto luogo. Art. 7: gli abitanti devono curare la manutenzione del canale che porta l’acqua del fiume nei fossati del suddetto castello. Art. 8: tutti coloro che vendono vino al detto paese di Essigey debbono al signore una pinta di vino, che i venditori sono obbligati a portare nel suo castello un’ora dopo l’apertura della botte, sotto pena di un’ammenda di tre lire e cinque soldi. Art. 9: nessun abitante possiede il diritto di caccia e di pesca nel territorio del suddetto Essigey, sotto pena della confisca delle trappole e degli arnesi e dell’ammenda di lire tre e cinque soldi; lo stesso dicasi degli stagni. Art. 10: in ogni tempo il signore può tenere i propri boschi in bandita4, senza quindi che sia permesso a nessuno raccogliervi legna o mandarvi il bestiame.
Provenienza e datazione Essigey, Francia, 1780
1. lodi: diritti signorili di prelievo sulle attività economiche. 2. corvée: prestazione obbligatoria di lavoro, dovuta ai nobili o allo stato. 3. decima: parte del raccolto da devolvere alla chiesa. 4. in bandita: in possesso esclusivo.
P. Goubert, L’Ancien Régime, Jaca Book, Milano 1974, pp. 116-117
analisi e comprensione
▪▪ I diritti elencati nel documento possono essere divisi in tre categorie: economici (1, 2, 3, 4, 6, 7), giurisdizionali (5), di banno (8, 9, 10). Ricordiamo che i diritti cosiddetti di “banno” – forse dall’antico francese ban, che significa “comando” – o “bannalità”, di origine feudale, consistevano nel monopolio del signore su strumenti di lavoro, attività produttive, strade, canali. ▪▪ Le corvées richieste riguardano sia i lavori agricoli (2, 3) sia il servizio alle proprietà del signore (6, 7). Il raccolto della decima (4), la parte del raccolto destinata al finanziamento del clero e del culto, è esercitato dal signore per conto della chiesa.
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▪▪ Dall’insieme del documento risulta confermato quanto abbiamo affermato nell’introduzione, e cioè che in alcune zone della Francia, come la Borgogna, le comunità contadine erano sottoposte a un soverchiante potere signorile ancora alla fine del Settecento. I diritti del signore, gravosissimi, erano spesso contestati dalle comunità di villaggio.
RAGIONA E RISPONDI
Sottolinea nel testo tutte le categorie di persone e di lavoratori che sono citate nel Manuale.
Lezione 2 L’economia europea prima dell’industrializzazione
Rispetto alla produzione artigianale, quella domestica presentava grandi vantaggi. Il sistema rispondeva sia alle necessità della famiglia rurale, che poteva così integrare i propri redditi occupando il tempo libero dal lavoro dei campi o mettendo all’opera donne e bambini, sia alla convenienza dell’imprenditore, che sfruttava manodopera a costo minore di quella artigianale eludendo il controllo delle corporazioni cittadine. Oltre al vantaggio dei costi di produzione, l’industria a domicilio presentava quello della flessibilità, perché non comportava elevati investimenti: la produzione poteva perciò essere accresciuta o ridotta a seconda delle esigenze del mercato. D’altro canto, essa aveva anche forti limiti: il basso livello tecnologico, la difficoltà a controllare i lavoranti, la dispersione sul territorio. Limiti che, come vedremo, ne decreteranno la scomparsa con la diffusione del più efficiente sistema di fabbrica. Un nuovo mercato del lavoro Il declino del sistema corporativo e lo spostamento della produzione manifatturiera dalle città alle campagne ebbero rilevanti conseguenze sul mercato del lavoro, che divenne più libero ed anche meno tutelato. Il mercante-imprenditore poteva tenere tanto più bassi i salari, quanto più l’incremento demografico rendeva disponibile un’ampia forza-lavoro alla ricerca di fonti di sostentamento. In alcune aree delle campagne inglesi ed europee sorsero veri e propri distretti specializzati, dove si incominciavano a riunire i lavoranti in apposite strutture. Si trattava in prevalenza di donne e bambini, più episodicamente di maschi adulti. La famiglia contadina aveva sempre rappresentato un’unità produttiva, basata sulla cooperazione di tutti i suoi membri; ma solo da questo momento fece la sua comparsa il lavoro salariato femminile e minorile. Erano le prime forme del futuro sistema di fabbrica, che si svilupperà nel tardo Settecento e nell’Ottocento con la rivoluzione industriale.
PER FISSARE I CONCETTI
Elabora una sintesi orale sui principali contenuti del paragrafo, seguendo la scaletta: • cause del superamento del sistema corporativo • caratteristiche dell’industria a domicilio • ambito principale della produzione industriale a domicilio • effetti sul mercato del lavoro.
VERIFICA
▪ SPAZIO
1 Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false, poi motiva la tua scelta. a. L’ultima epidemia di peste colpì la Gran V Bretagna nel 1720-23. b. La crescita della popolazione interessò solo V alcune regioni del continente europeo. c. Il paese con l’agricoltura più avanzata V nel Settecento era la Francia. d. La rivoluzione agricola iniziò in Italia e da lì V si diffuse in tutta Europa.
▪ TEMPO
2 Disponi nel corretto ordine cronologico i seguenti avvenimenti. a.
rimi accorpamenti o recinzioni di fondi nelle P campagne inglesi
b.
Decreti politici sulle enclosures in Inghilterra
c.
Scomparsa degli open field
d.
Creazione di grandi aziende agricole capitalistiche
▪ LESSICO STORICO
3 Associa i termini della colonna di destra con quelli della colonna di sinistra in base all’affinità semantica.
F F F F
▪
a.
tasso di natalità
A. ciclo demografico
b.
agricoltura comunitaria
B. open field
c.
agricoltura estensiva
C. rivoluzione agricola
d.
artigianato
D. corporazioni
e.
manifattura dispersa
E. protoindustria
Verso le competenze
▪ Progettare e collaborare
4 A coppie svolgete l’attività proposta. Preparate una presentazione in PowerPoint dei contenuti della lezione, che dovrà contenere i seguenti argomenti (5 slides): • contesto politico-economico internazionale • il commercio triangolare • i commerci marittimi nell’oceano indiano • la proto-globalizzazione settecentesca • l’economia-mondo. 5 competenza digitale Per ogni slide dovrete scegliere la modalità comunicativa che vi sembra più idonea, per esempio: testo per punti, mappa concettuale, schema, tabella, una o due immagini commentate. In base alle indicazioni dell’insegnante, potrete esporre il vostro lavoro al resto della classe.
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Competenze attivate
LABORATORIO DELLE DISCUSSIONI
c i t ta d
inanza
▶▶Acquisire e interpretare l’informazione ▶▶Leggere e valutare fonti diverse ▶▶Collaborare e partecipare ▶▶Impostare un dibattito critico
È legittima la pena di morte?
Nulligniatur millendio minctur modi vit que laborep ernatiberi doluptatation vel ipistis.
Il tema
Fin dove arriva il diritto di punire? Nello stato moderno solo al potere pubblico, non ai privati cittadini, spetta la prerogativa di far rispettare le leggi e il “diritto di punire”, cioè di amministrare la giustizia e di comminare le pene. Ma fin dove si estende tale diritto? La società ha il diritto di punire con la morte i responsabili di delitti particolarmente gravi? Rispondendo negativamente a questa domanda nell’opuscolo Dei delitti e delle pene, del 1764, il giovane illuminista lombardo Cesare Beccaria aprì una discussione che conserva ancora oggi, a oltre 250 anni di distanza, grande attualità. Il contesto
La giustizia nell’Antico regime Per comprendere il senso di questa discussione dobbiamo in primo luogo storicizzarla, cioè inserirla nel contesto delle modalità di amministrazione della giustizia dell’Antico regime. Intanto, nessuna garanzia era concessa all’imputato, che non poteva conoscere l’andamento dell’indagine; l’istruttoria e il processo erano segreti e spettava esclusivamente al magistrato vagliare le prove e le testimonianze, senza alcun controllo; la tortura era ammessa come mezzo per raggiungere la verità attraverso la confessione (“tortura giudiziale”). La pena di morte era prevista per molti e diversi reati: delitti di sangue; i delitti “religiosi” (come sacrilegio, bestemmia, eresia, pratiche magiche); i delitti “politici (alto tradimento e crimini di lesa maestà); ma lo era anche per alcuni reati come il furto o la falsificazione di monete. Era somministrata in pubblico e accompagnata da sofferenze più o meno atroci a seconda della gravità del delitto compiuto. Un rito infamante, spettacolare (seguìto avidamente da moltissimi spettatori) e insieme esemplare. Come ha mostrato lo
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studioso Michel Foucault nel suo libro Sorvegliare e punire, nella società di Antico regime il supplizio era un rito in cui il potere del sovrano si manifestava, tremendo ma giusto, agli occhi del popolo. Le posizioni
Beccaria e la condanna della pena di morte
Doc
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Contro la pena di morte, Dei delitti e delle pene sviluppa due argomenti: • un argomento di tipo contrattualista: la pena di morte, non è legittima, perché la legge non deriva dall’autorità assoluta del monarca, ma da un patto stretto fra gli uomini per garantire la sicurezza collettiva. La legge limita la libertà personale di ognuno, ma al solo scopo di garantirla meglio. Nessuno può conferire ad altri, neppure allo stato, il diritto di privarlo del suo diritto più importante, quello alla vita; • un argomento di tipo utilitarista: la pena di morte non è utile come deterrente, poiché millenni di pena di morte applicata senza alcuna remora non hanno mai distolto gli uomini dal commettere delitti, ed è anzi dannosa perché diseducativa: lo stato, che è incarnazione della legge, non può divenire esso stesso un assassino per punire un assassinio.
Rousseau e la legittimità della pena di morte
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Se tutti gli illuministi si batterono per una riforma del sistema penale e si espressero contro la tortura giudiziale, non tutti si dichiararono favorevoli all’abolizione della pena di morte. Rousseau, per esempio, ne difese la legittimità sostenendo che il criminale rompe il contratto sociale e mette in pericolo la conservazione della società, per cui lo stato ha il diritto di comportarsi verso di esso come verso il nemico in guerra. Kant, da parte sua, partendo dal presupposto che la pena non ha una funzione preventiva, come pensava Becca-
laboratorio delle discussioni
DOCUMENTO
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Cesare Beccaria
La pena di morte è illegittima e dannosa Beccaria, nell’opera Dei delitti e delle pene, contesta la legittimità della pena di morte sia dal punto di vista del diritto sia da quello dell’utilità.
Q
uesta inutile prodigalità1 di supplizi, che non ha mai reso migliori gli uomini, mi ha spinto a esaminare se la pena di morte sia veramente utile e giusta in un governo bene organizzato. Qual può essere il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili? Non certamente quello da cui risulta la sovranità e le leggi. a Esse non sono che una somma di libere porzioni della privata libertà di ciascuno; esse rappresentano la volontà generale, che è l’aggregato2 delle particolari. Chi è mai colui che abbia voluto lasciare ad altri uomini l’arbitrio di ucciderlo? Come mai nel minimo sacrificio della libertà di ciascuno vi può essere quello del massimo fra tutti i beni, la vita? B Non è dunque la pena di morte un diritto, ma è una guerra della nazione con un cittadino, c perché giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere. Ma se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità [...]. Non è utile la pena di morte per l’esempio di atrocità che dà agli uomini. d Se le passioni o le necessità della guerra hanno insegnato a spargere il sangue umano, le leggi moderatrici della condotta degli uomini non dovrebbero aumentare il fiero3 esempio, tanto più funesto quanto la morte legale è data con istudio e con formalità4. Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio. e
1. prodigalità: abbondanza. 2. aggregato: insieme, unione. 3. fiero: feroce. 4. con istudio e con formalità: deliberatamente e con una cerimonia pubblica e formale.
da C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, Einaudi, Torino 1978 individuazione dei concetti chiave
Associa ciascuno dei concetti elencati alla frase sottolineata nel testo che lo contiene. 1. La pena di morte non può essere legittimata dal diritto. 2. La vita è il bene supremo che non può essere violato. 3. La pena di morte è un atto di guerra dello Stato contro il cittadino. 4. La pena di morte non è utile. 5. I supplizi pubblici sono un cattivo esempio per gli uomini.
DOCUMENTO
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Jean-Jacques Rousseau
La pena di morte è necessaria per la difesa dello Stato Nel Contratto sociale, pubblicato due anni prima del libro di Beccaria, Rousseau dà sulla legittimità della pena di morte un giudizio antitetico rispetto all’illuminista milanese.
I
l trattato1 sociale ha per fine la conservazione dei contraenti. Chi vuole un determinato fine vuole anche i mezzi, e questi mezzi sono inseparabili da qualche rischio, anche da qualche perdita. Chi vuole conservare la sua vita a spese degli altri, deve anche darla per loro quando è necessario. Ora, il cittadino [...] una volta che il principe2 gli abbia detto “Conviene allo stato che tu muoia”, allora deve morire, perché
1. trattato: si riferisce al patto o contratto sociale di cui lo stato è espressione. 2. principe: lo Stato, che nella visione di Rousseau si fonda sulla sovranità popolare.
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
solo a questa condizione è vissuto in sicurezza fino ad allora, e la sua vita non è più soltanto un beneficio3 della natura, ma un dono condizionato4 dello stato. La pena di morte inflitta ai criminali può essere considerata pressappoco dal medesimo punto di vista [...] Ogni malfattore, attaccando il diritto sociale, diviene a causa dei suoi misfatti ribelle e traditore verso la patria, violandone le leggi cessa di esserne membro, e le fa persino guerra. Allora la conservazione dello stato diviene incompatibile con la sua, bisogna che uno dei due perisca, e quando si fa morire il colpevole è meno come cittadino che come nemico5 [...]; allora è applicabile il diritto di guerra che autorizza a uccidere il vinto. [...] Del resto, la frequenza dei supplizi è sempre un segno di debolezza o di pigrizia del governo. Non esiste malvagio che non sia possibile rendere buono in qualcosa. Non si ha diritto di far morire, nemmeno perché funga da esempio, se non colui che non sia possibile tenere in vita senza che costituisca un pericolo.
3. beneficio: un carattere naturale. 4. dono condizionato: sottoscrivendo il contratto sociale, l’individuo perde la sua libertà assoluta in cambio di diritti che sono garantiti dallo Stato. 5. nemico: il criminale non è più un cittadino, ma un nemico.
da J-J. Rousseau, Il contratto sociale, II, 5, trad. R. Carifi, Bruno Mondadori, Milano 1997 individuazione dei concetti chiave
Per ciascun concetto elencato, sottolinea nel testo le frasi che lo contengono. 1. La pena di morte è necessaria per la difesa dello Stato. 2. Il criminale è un nemico verso il quale lo stato ha diritto di comportarsi come in guerra. 3. La vita è un «dono condizionato» dello Stato al cittadino. 4. La frequenza dei supplizi pubblici è un segno di debolezza dello Stato.
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Jean-Jacques Rousseau
La pena di morte è necessaria per la difesa dello Stato Nel Contratto sociale, pubblicato due anni prima del libro di Beccaria, Rousseau dà sulla legittimità della pena di morte un giudizio antitetico rispetto all’illuminista milanese.
I
l trattato1 sociale ha per fine la conservazione dei contraenti. Chi vuole un determinato fine vuole anche i mezzi, e questi mezzi sono inseparabili da qualche rischio, anche da qualche perdita. Chi vuole conservare la sua vita a spese degli altri, deve anche darla per loro quando è necessario. Ora, il cittadino [...] una volta che il principe2 gli abbia detto “Conviene allo stato che tu muoia”, allora deve morire, perché solo a questa condizione è vissuto in sicurezza fino ad allora, e la sua vita non è più soltanto un beneficio3 della natura, ma un dono condizionato4 dello stato. La pena di morte inflitta ai criminali può essere considerata pressappoco dal medesimo punto di vista [...] Ogni malfattore, attaccando il diritto sociale, diviene a causa dei suoi misfatti ribelle e traditore verso la patria, violandone le leggi cessa di esserne membro, e le fa persino guerra. Allora la conservazione dello stato diviene incompatibile con la sua, bisogna che uno dei due perisca, e quando si fa morire il colpevole è meno come cittadino che come nemico5 [...]; allora è applicabile il diritto di guerra che autorizza a uccidere il vinto. [...] Del resto, la frequenza dei supplizi è sempre un segno di debolezza o di pigrizia del governo. Non esiste malvagio che non sia possibile rendere buono in qualcosa. Non si ha diritto di far morire, nemmeno perché funga da esempio, se non colui che non sia possibile tenere in vita senza che costituisca un pericolo. La pena di morte inflitta ai criminali può essere considerata pressappoco dal medesimo punto di vista [...] Ogni malfattore, attaccando il diritto sociale, diviene a causa dei suoi misfatti ribelle e traditore verso la patria, violandone le leggi cessa di
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1. trattato: si riferisce al patto o contratto sociale di cui lo stato è espressione. 2. principe: lo Stato, che nella visione di Rousseau si fonda sulla sovranità popolare. 3. beneficio: un carattere naturale. 4. dono condizionato: sottoscrivendo il contratto sociale, l’individuo perde la sua libertà assoluta in cambio di diritti che sono garantiti dallo Stato. 5. nemico: il criminale non è più un cittadino, ma un nemico.
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esserne membro, e le fa persino guerra. Allora la conservazione dello stato diviene incompatibile con la sua, bisogna che uno dei due perisca, e quando si fa morire il colpevole è meno come cittadino che come nemico5 [...]; allora è applicabile il diritto di guerra che autorizza a uccidere il vinto. [...] Del resto, la frequenza dei supplizi è sempre un segno di debolezza o di pigrizia del governo. Non esiste malvagio che non sia possibile rendere buono in qualcosa. Non si ha diritto di far morire, nemmeno perché funga da esempio, se non colui che non sia possibile tenere in vita senza che costituisca un pericolo. da J-J. Rousseau, Il contratto sociale, II, 5, trad. R. Carifi, Bruno Mondadori, Milano 1997
individuazione dei concetti chiave
Associa ciascuno dei concetti elencati alla frase sottolineata nel testo che lo contiene. 1. La pena di morte non può essere legittimata dal diritto. 2. La vita è il bene supremo che non può essere violato. 3. La pena di morte è un atto di guerra dello Stato contro il cittadino. 4. La pena di morte non è utile. 5. I supplizi pubblici sono un cattivo esempio per gli uomini.
guida alla discussione
▪ FASE 1 • Comprensione e analisi dei testi
1 Sintetizza in non più di cinque punti la parte introduttiva dedicata al Contesto. 2 Analizza i documenti e sintetizza per punti - scrivendo una frase per ciascuno - le argomentazioni di Beccaria e Rousseau. Argomentazioni di Beccaria
Argomentazioni di Rousseau
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▪ FASE 2 • Ricerca delle informazioni
3 Svolgete a coppie la seguente attività. Dalla lettura comparata dei testi potete ricavare la concezione degli autori relativamente ai temi riportati di seguito. Per integrare le informazioni potete approfondire con una breve ricerca in Internet o sul manuale. Formulate una frase per ciascun punto e inseritela nella tabella di confronto. Evidenziate poi, in un breve testo scritto, le differenze e le analogie tra i due autori. Temi comuni
Beccaria
4 competenza digitale Per attualizzare il tema della pena di morte, ricercate in Internet le seguenti informazioni, che avrete cura di sintetizzare per punti in una scheda: • quanti stati prevedono oggi la pena di morte e quanti no • che cosa prevede in materia la Dichiarazione dei diritti umani del 1948 • che cosa prevede la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea • che cosa prevede la Costituzione italiana.
▪ FASE 3 •
Dibattito critico 5 Divisi in gruppi, secondo le indicazioni dell’insegnante, compilate una tabella che contenga tutti gli argomenti a favore e tutti gli argomenti contro la pena di morte che vi vengano in mente o che abbiate ricavato dai testi proposti e dalla ricerca. 6 Preparatevi all’interno del gruppo ad argomentare sia a favore sia contro. Nominate, quindi, uno speaker che esponga in una discussione collettiva i punti di vista emersi nel gruppo. Rousseau
Concezione del diritto Concezione dello stato Concezione della pena Concezione della vita Concezione della educazione
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
Lezione 1
Geografie e interdipendenze
La “globalizzazione” settecentesca Spazio atlantico e spazio indo-asiatico il filo della
storia
sapete già che... ▶▶nel Settecento iniziò un ciclo demografico espansivo e si sviluppò la produzione agricola ▶▶si diffusero colture come il mais e la patata provenienti dalle Americhe ▶▶si verificò una diffusione del sistema dell’industria a domicilio ▶▶a partire dal Cinquecento, le potenze europee avevano costituito imperi coloniali nelle Americhe
in questa lezione studierete... ▶▶perché possiamo parlare di “globalizzazione” settecentesca ▶▶quale fu il ruolo dei “commerci triangolari” atlantici ▶▶come si trasformò la presenza commerciale e coloniale europea in Asia ▶▶la formazione dell’“economia-mondo” e la nuova gerarchia delle potenze europee
il passato con gli occhi del presente
Che cos’è una “globalizzazione”? Dagli ultimi decenni del Novecento, il termine “globalizzazione” è entrato nel nostro linguaggio quotidiano a indicare l’integrazione di merci e capitali su scala mondiale che caratterizza la nostra epoca. La globalizzazione odierna non è nata dal nulla: è la forma più sviluppata di un processo di integrazione dei mercati che ebbe inizio nel Cinquecento, con le scoperte geografiche e l’apertura di rotte commerciali per le Americhe e per l’Asia, per conoscere poi una fase di grande accelerazione nel Settecento. Fu con la “proto-globalizzazione” settecentesca, com’è chiamata da alcuni storici, che si posero le basi per un ulteriore sviluppo della integrazione economica mondiale. Studiando questo fenomeno, metteremo a fuoco alcune categorie utili a comprendere meglio anche la globalizzazione in cui siamo oggi immersi.
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Lezione 1 La globalizzazione settecentesca
geografie e interdipendenze
1 L’espansione dei commerci e lo spazio atlantico i concetti chiave
▶▶ Lo sviluppo dei commerci internazionali nell’Atlantico ▶▶ Il commercio triangolare tra Europa, Africa e Americhe ▶▶ Il primato commerciale dell’Inghilterra
Lo sviluppo dei commerci Insieme all’aumento della popolazione e della produzione agricola, il Settecento conobbe una grande crescita e dilatazione degli scambi commerciali a lunga distanza 1 . Il valore dei commerci europei con il resto del mondo passò dai 62 milioni di sterline del 1720 ai 137 milioni del 1780. Particolarmente significativo il dato della Gran Bretagna: all’inizio del secolo il commercio estero dell’isola avveniva all’80 per cento con l’Europa. Dopo cento anni, l’import/export fra Gran Bretagna ed Europa era sceso alla metà del totale, mentre era salito al 30% quello con le Americhe e al 20% quello con l’Asia. L’Atlantico, un grande protagonista della storia mondiale L’asse dei commerci internazionale in maggiore e più rapido sviluppo era quello che aveva come teatro l’Atlantico. L’oceano sconfinato che segnava il limite dell’orizzonte umano “oltre le colonne d’Ercole”, nel Settecento era ormai entrato a fare parte dello spazio fisico e mentale europeo. Certamente, i viaggi erano ancora lunghi e pericolosi: 5-7 settimane tra l’Inghilterra e Boston, 8-9 tra l’Inghilterra e le Barbados, 10 tra l’Africa occidentale e i Caraibi. Ma sui ponti dei navigli che facevano ininterrottamente la spola tra le due sponde del grande oceano viaggiava un fenomeno di importanza storica, vale a dire la formazione di quello spazio di interconnessioni e di interdipendenze che chiamiamo “mondo atlantico”. Uno spazio attraversato, come vedremo, da navi e da merci, ma anche da uomini, culture e idee.
1 Dida doloritibus aut dio mimos este. Enis voluptat que sam et etur se consecuptur aut verfero riaeped quam.
Gli attori sulla scena atlantica Sul lato est di questo mondo troviamo il cuore delle potenze commerciali europee (Inghilterra, Olanda, Francia, Spagna e Portogallo) e l’Africa, che svolgeva all’epoca il ruolo di grande “polmone” di schiavi. Sul lato ovest, tre erano i grandi poli di attrazione. Da nord a sud: gli insediamenti europei nell’America settentrionale, contesi fra inglesi e francesi; l’area caraibica, con le Antille; i già consolidati domini spagnoli e portoghesi dell’America meridionale. La Spagna deteneva all’inizio del Settecento l’impero coloniale più ampio. Possedeva gran parte dell’America meridionale, l’America centrale e il Messico, le principali isole dei Caraibi (compresa Cuba) e, nel Nordamerica, gli ampi territori del “Nuovo Messico” (attuali California, Texas, New Mexico, Arizona) e la Florida. Interesse principale degli spagnoli era l’estrazione di prodotti minerari, in primo luogo oro e argento. Meno estesi erano i domini del Portogallo, limitati in sostanza al solo Brasile. Oltre ai metalli preziosi, la grande risorse brasiliana era la canna da zucchero, che i portoghesi avevano importato qui dall’Africa e che aveva attecchito rigogliosamente. In precedenza considerato bene di lusso e riservato alle minoranze agiate, a partire dal Settecento lo zucchero divenne una delle merci più richieste in Europa. Lo snodo dei Caraibi Uno snodo cruciale era rappresentato dall’area caraibica ↗ e dal suo arcipelago di isole, le Antille, che costituivano una sorta di “ponte” fra le due Americhe aperto verso l’Atlantico. La collocazione strategica dei Caraibi e il crescente valore economico delle loro produzioni di zucchero, cacao e tabacco, spiega perché l’area, oltre a fungere da base per il contrabbando e la pirateria, fu teatro di una violenta e spesso spietata competizione fra le potenze europee per il controllo del territorio, delle risorse e dei commerci. Dopo le prime conquiste spagnole nel Cinquecento (Cuba, Hispaniola e Puerto Rico), le Antille erano state colonizzate da inglesi (Giamaica e Barbados), francesi (Guadalupa, Martinica, Dominica), olandesi e danesi. Alla fine del Seicento i francesi avevano strappato alla Spagna la parte occidentale di Hispaniola, che prese il nome di Santo Domingo.
↗ memo Proprio in un’isola caraibica delle odierne Bahamas, Hispaniola, Colombo aveva toccato per la prima volta il “Nuovo mondo”
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
Il triangolo della ricchezza Le principali rotte commerciali fra est e ovest disegnavano già dal Seicento una sorta di triangolo. Lungo il suo primo lato viaggiavano i mercanti europei che portavano in Africa manufatti da scambiare con schiavi negli scali della costa occidentale africana. Il secondo lato era appunto quello della tratta degli schiavi, che venivano deportati nelle Americhe per lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero, cotone e tabacco. Questi beni – insieme a oro e argento, caffè, cacao, legname, pesce, pellicce, pelli – venivano poi riesportati in Europa (lato superiore del triangolo) per essere venduti ↗ Lo spazio atlantico. Peraltro, lo schema del commercio triangolare non esaurisce la complessità e l’articolazione degli scambi atlantici. Molte erano le aree e regioni che avevano attivato network commerciali. Per esempio, un vivace ruolo di intermediazione era svolto dai mercanti delle colonie inglesi del Nordamerica, sia per il trasporto di schiavi e merci dai Caraibi al continente, sia per la fornitura di pellicce, soprattutto di castoro, richiestissime in Europa. Ma bisogna sottolineare anche il ruolo giocato dagli arcipelaghi di Capo Verde, Sao Tomé e Principe (portoghesi), collocati in posizione strategica fra Africa e America. Queste isole non solo facevano da scalo per i vascelli diretti sia verso l’America sia verso l’Oceano Indiano, doppiando il capo di Buona Speranza Geografie e interdipendenze
Lo spazio atlantico Baia di Hudson
Canada Missouri
Oceano Pacifico
Oceano Atlantico Cuba
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Acapulco
Haiti
Guadalupa
sete, spezie, porcellane
Martinica
Viceregno Gu ian della e Nuova Granada on Rio delle Amazz
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Ragiona e collega
1. Partendo dalla osservazione della carta, prova a dare con parole tue una definizione delle espressioni “spazio atlantico” e “commercio triangolare”. 2. Spiega perché possiamo definire l’area dell’oceano Atlantico uno spazio di interdipendenze.
Impero russo
oro, argento, caffè, cacao
Osserva e localizza
▶ Le rotte del commercio triangolare: dall’Europa all’Africa occidentale, dall’Africa alle Americhe (Brasile, area caraibica, America del nord), dalle Americhe all’Europa. ▶ I prodotti del commercio triangolare e i loro scambi. ▶ Lo spazio atlantico: compreso fra Europa, Americhe e Africa occidentale ▶ Le maggiori potenze commerciali europee: Inghilterra, Olanda, Francia, Spagna e Portogallo ▶ L’area caraibica e la posizione strategica degli arcipelaghi portoghesi ▶ Le principali aree di rifornimento degli schiavi in Africa ▶ Le regioni americane in cui gli schiavi venivano importati
M iss i
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Lezione 1 La globalizzazione settecentesca
Potenze in competizione La competizione fra le potenze europee per il controllo dei traffici internazionali era fortissima; e non si trattava solo di una competizione economico-commerciale, dato che i governi dell’epoca seguivano la dottrina economica del mercantilismo ↗ , fondata sull’idea che lo stato debba favorire in ogni modo, anche con le armi, i propri commerci a scapito delle potenze concorrenti determinò nel corso Settecento una ridefinizione della gerarchia delle potenze economico-commerciali. Si affermarono nuovi dominatori: l’Inghilterra, e in minore misura la Francia, a danno della Spagna e del Portogallo e, a Oriente, dell’Olanda.
↗
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Il mercantilismo in sintesi
▶ la ricchezza di un paese si misura dalla quantità di moneta preziosa che possiede ▶ lo stock della ricchezza globale disponibile è fisso ▶ la concorrenza consiste nell’aumentare la propria quantità di ricchezza a danno dei paesi rivali
Il mercantilismo in sintesi
▶ la ricchezza di un paese si misura dalla quantità di moneta preziosa che possiede ▶ lo stock della ricchezza globale disponibile è fisso
▶ una giusta politica economica deve perciò aumentare le esportazioni e ridurre le importazioni
▶ la concorrenza consiste nell’aumentare la propria quantità di ricchezza a danno dei paesi rivali ▶ una giusta politica economica deve perciò aumentare le esportazioni e ridurre le importazioni ▶ lo stato deve intervenire con barriere doganali, monopoli e azioni militari per il controllo dei traffici e delle colonie
▶ lo stato deve intervenire
Siberia
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Impero russo
Liverpool
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Bristol
Stati europei
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Oceano Pacifico
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Regno Ashanti
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Il Cairo
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Regno del Marocco
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oro, argento, caffè, cacao
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Filippine
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Sultanato dell’Oman Sumatra Seychelles
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Oceano Atlantico
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geografie e interdipendenze
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento 2 Dida doloritibus aut dio mimos este. Enis voluptat que sam et etur se consecuptur aut verfero riaeped quam, ut es mincipsam facepre pudandi onsequatemos serum hillab iur sequatu sandio doluptum quid modis magnimosam re pra sunt laccus ducil mod. Bit endunt dolorepro dita quatet vende pelent ius, offictatur aut quis.
lessico
Con riesportazione si intende l’importazione di merci con il fine non di consumarle, ma di esportarle su nuovi mercati, lucrando sull’intermediazione.
↗ memo Le prime colonie inglesi del Nordamerica erano nate all’inizio del Seicento e si erano popolate in seguito alle migrazioni religiose della prima metà del secolo.
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Il declino commerciale di Spagna e Portogallo Gli imperi coloniali iberici apparivano nel Settecento ancora floridi: ma spagnoli e portoghesi non seppero trasformare in nuova ricchezza le risorse provenienti dalle Americhe. Le enormi quantità di metalli preziosi del “tesoro” americano – prima l’argento peruviano, poi quello messicano, quindi l’oro brasiliano, con la scoperta nel 1698 delle miniere di Minas Gerais – non vennero investite in attività produttive, ma bruciate per coprire le spese dello stato e per pagare le importazioni di manufatti. Al contrario, Inghilterra e Francia seppero utilizzare i prodotti coloniali o come materie prime (esemplare l’impiego del cotone antillano da parte delle manifatture tessili) o come merci di riesportazione commerciate in tutta Europa. Esse riuscirono a erodere il monopolio che la Spagna deteneva sui traffici con le sue colonie americane, sia con il contrabbando sia sfruttando le sconfitte spagnole nelle guerre che avevano luogo sul continente. Così, per esempio, con i trattati di Utrecht e Rastadt (1713-1714), che conclusero la guerra di successione spagnola (vedi lezione xy) l’Inghilterra ottenne l’asiento de negros, che le garantiva il monopolio del commercio di schiavi per le colonie spagnole (la parola spagnola asiento significa “accordo”) 2 . Inglesi e francesi nell’America settentrionale Nella prima metà del Settecento l’America settentrionale era dominata dagli inglesi e dai francesi, con una presenza spagnola nel Nuovo Messico e nella Florida. Soggette alla Corona inglese erano le tredici colonie ↗ della costa orientale, che costituivano una realtà dinamica e in rapida crescita, economica e demografica. I francesi possedevano invece il vasto e pressoché spopolato Canada (che allora si chiamava Nuova Francia) e la Louisiana, com’era stata chiamata, in onore di Luigi XIV, l’ampia fascia di territorio che attraversava da nord a sud il continente, tra i fiumi Mississippi e Missouri. La rivalità fra Gran Bretagna e Francia si fece sempre più accesa. Le colonie inglesi d’America temevano la presenza francese, che in sostanza le circondava, come una minaccia e un freno alla loro espansione verso Ovest. Dal canto loro i francesi consideravano i loro domini, vastissimi ma pressoché disabitati, importanti per ragioni non solo economiche, ma soprattutto strategiche e di prestigio. Avevano cercato di presidiare il territorio erigendo un sistema di fortini difensivi e alleandosi con le nazioni indiane (come gli Irochesi nel Canada), il cui appoggio era necessario sia per gestire il traffico delle pellicce sia per contrastare gli inglesi.
Lezione 1 La globalizzazione settecentesca
geografie e interdipendenze
cronologia Il 1788-1789 estate
17 giugno
convocazione degli Stati generali da parte del re
1788
il Terzo stato si autoproclama Assemblea nazionale
11 luglio
insurrezione a Parigi e formazione della Guardia nazionale
1789 primavera
cahiers de doléances
5 maggio
riunione degli Stati generali a Versailles
20 giugno
giuramento della Pallacorda
7 luglio
l’Assemblea nazionale si autoproclama “costituente”
14 luglio
presa della Bastiglia
La supremazia inglese Lo scontro decisivo fra inglesi e francesi si ebbe con la guerra dei Sette anni » (1756-63). Nata come tradizionale conflitto europeo (ne parleremo nella lezione xy), questa guerra si combatté, oltre che in Europa, anche nel Nordamerica e in India. È questa un’altra novità settecentesca: le colonie assunsero un ruolo strategico nei conflitti di potenza, che iniziò a conferire a questi ultimi una dimensione “globale”, non più circoscritta alla sola Europa. […] La guerra dei Sette anni ha grandissima importanza storica, perché definì una nuova gerarchia degli imperi mondiali e decise il destino di milioni di persone, sia nel Nord America sia, come vedremo, in Asia. La Gran Bretagna uscì da questo conflitto vincitrice e con una posizione di primato sempre più chiara in campo coloniale. Per quanto riguarda il Nordamerica, con la pace di Parigi (1763), che chiuse il conflitto, gli inglesi strapparono ai francesi il Canada e la Louisiana a est del Mississippi, ed ebbero la Florida dagli spagnoli, che si erano alleati con i francesi sconfitti (la Spagna ottenne come contropartita dalla Francia la Louisiana a ovest del Mississippi). In conclusione, dopo il 1763 la presenza francese nelle Americhe si era ridotta ad alcune isole dei Caraibi (che pure restavano importanti per la produzione dello zucchero). Mos dolut latur, enisqui comnient aut ex eum rem iditibus, ommolup ictaquis deris min et earum, sum volore dolorrum as moluptae cus quo ipsaest autempora placcabor adio di quostia doluptas moluptas aceatur epediciis dempore pelesen.
» Date da ricordare
17 giugno 1789
il Terzo stato si autoproclama Assemblea nazionale
20 giugno 1789
“giuramento della Pallacorda”
7 luglio 1789
l’Assemblea nazionale si autoproclama “costituente”
PER FISSARE I CONCETTI
1. Quali erano i principali domini coloniali nelle Americhe? 2. Quali potenze europee declinarono nel Settecento e quali fiorirono? Geografie e interdipendenze
3. Spiega in forma scritta quale ruolo ebbero le colonie americane nella
formazione dello spazio atlantico. (max. 10 righe) 4. Illustra oralmente i vantaggi che le potenze europee potevano ricavare dai commerci triangolari e, in particolare, dalla tratta degli schiavi. (max. 3 min.)
2 Gli europei nell’Oceano Indiano e in Asia i concetti chiave
▶▶ Il controllo europeo dei commerci marittimi nell’oceano Indiano ▶▶ Il primato di Francia e Inghilterra ▶▶ Il colonialismo inglese in India
Commerci a lunga distanza e country trade L’altro polo dell’economia-mondo settecentesca era rappresentato dall’area indo-asiatica, ruotante anch’essa intorno a una grande oceano, l’Oceano indiano, compreso fra le coste occidentali dell’Africa e l’arcipelago indonesiano. I traffici commerciali che legavano da secoli l’Oriente all’Europa attraverso le vie di terra, come la celeberrima via della seta ↗ erano stati rivoluzionati, a partire dal Cinquecento, dall’apertura delle rotte di circumnavigazione dell’Africa,
↗ memo La via della seta non era un’unica strada commerciale, ma un complesso sistema di comunicazioni che collegava l’Oriente con l’Asia minore e il Mediterraneo.
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
molto più rapide ed efficienti delle vie terrestri. Nel corso del Seicento, grazie all’intraprendenza delle loro compagnie commerciali, gli europei iniziarono a dominare i due principali flussi commerciali dell’Oceano Indiano: • quello in direzione dell’Europa (tessuti di cotone, sete, porcellane, spezie, pepe, tè, tinture); • quello interasiatico, il cosiddetto country trade, che collegava le regioni del mar Rosso e del golfo Persico con l’India, l’Indonesia e Canton, l’unico porto della Cina aperto agli occidentali. Mentre le importazioni dirette dall’Oriente all’Europa erano molto onerose, perché pagate con metalli preziosi, il country trade consentiva alle compagnie commerciali europee di comprare e vendere nei diversi porti asiatici merci che poi importavano in Europa. Per esempio, si procuravano il tè cinese 3 , sempre più richiesto, scambiandolo con merci acquistate in India, come i tessuti di cotone e soprattutto l’oppio. 3 Dida doloritibus aut dio mimos este. Enis voluptat que sam et etur se consecuptur aut verfero riaeped quam.
Il declino dell’Olanda Anche nei commerci asiatici si andò definendo nel Settecento una nuova gerarchia tra le potenze europee. Nel secolo precedente gli olandesi, con la loro Compagnia delle Indie orientali, avevano sottratto il controllo dei traffici nell’oceano Indiano ai portoghesi (la cui presenza si ridusse alla sola Goa). Ma ben presto i mercanti olandesi dovettero affrontare la concorrenza di due agguerrite rivali, la East India Company inglese e la Compagnie des Indes francese. Nel corso del Settecento gli olandesi persero rapidamente terreno, sinché la loro presenza si ridusse all’area indonesiana e in particolare all’isola di Giava: qui essi instaurarono un dominio politico accompagnato da un duro sfruttamento della manodopera locale, impiegata nelle lucrose coltivazioni di canna da zucchero e, soprattutto, di caffè. Dopo aver vissuto nel Seicento il suo secolo d’oro, che ne aveva fatto la maggior potenza commerciale del pianeta, l’Olanda iniziò dunque nel Settecento un lento declino. Poco estese e deboli militarmente, le Province Unite non ressero alla competizione con la dinamica Inghilterra e con la Francia. Dai commerci al dominio coloniale Anche l’Asia, come l’America settentrionale, divenne nel Settecento terreno di scontro fra le due maggiori potenze commerciali. Ma questo conflitto va inserito nel quadro di un mutamento più generale della presenza europea in Asia. Tradizionalmente, portoghesi, olandesi, francesi e inglesi si erano limitati a impiantare basi commerciali per i traffici gestiti dalle compagnie di navigazione. Molto
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mappa concettuale
l’agricoltura
l’industria
i commerci
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Lo sviluppo dell’economia europea nel Settecento
è caratterizzata da un
aumento della produzione
per via
è caratterizzata da un
aumento della produzione
nell’ambito
sono caratterizzati da uno
sviluppo degli scambi
estensiva intensiva
grazie a grazie a
dell’artigianato dell’industria a domicilio
tra le
compagnie di navigazione nuove potenze commerciali
nuove coltivazioni (mais, patate) nuove tecniche
Lezione 1 La globalizzazione settecentesca
ridotti erano gli insediamenti o i domini territoriali diretti, salvo casi eccezionali come quello degli spagnoli nelle Filippine. Con il Settecento, invece, il dominio commerciale europeo iniziò a trasformarsi in sovranità coloniale, segnando l’inizio di una nuova stagione di conquiste che avrebbe avuto il suo compimento nel tardo Ottocento. L’espansione inglese in India Epicentro di questa nuova forma di colonialismo fu l’India. Qui, alla morte dell’imperatore Aurangzeb (1707), l’Impero musulmano moghul, che negli ultimi due secoli aveva assicurato una relativa unità politica al subcontinente indiano, precipitò verso una progressiva disgregazione. Approfittando dei conflitti fra principi, regioni periferiche e potere centrale, e dei contrasti religiosi fra musulmani e induisti, le compagnie inglesi e francesi, alleandosi ora all’uno ora all’altro dei contendenti, iniziarono a imporre la propria sovranità su diverse aree dell’India. Un anno di svolta, in questo senso, fu il » 1757, quando il generale Robert Clive sconfisse il principe del Bengala nella battaglia di Plassey, stabilendo il potere inglese in quella regione. L’attivismo inglese non poteva non suscitare l’ostilità dei francesi. Una serie di scontri sfociò in un conflitto che, come nelle Americhe, venne combattuto come appendice coloniale della guerra dei Sette anni (1756-63). Sconfitti, i francesi dovettero rinunciare alle loro ambizioni espansionistiche in India, conservando solo la base di Pondicherry e cinque scali commerciali non fortificati. Decollava invece, ormai incontrastata, la penetrazione inglese in India, gestita per il momento dalla East India Company.
geografie e interdipendenze
PER FISSARE I CONCETTI Geografie e interdipendenze
Elabora una mappa che evidenzi i concetti principali del paragrafo e i loro collegamenti. Puoi partire da questo elenco: • controllo europeo dei commerci asiatici • i due tipi di traffici gestitidadalle Compagnie ricordare » Date commerciali 1757 Battaglia di Plassey: • declino dell’Olanda e dominio inglese sulla regione di Francia del affermazione Bengala e Inghilterra • nuovo colonialismo in Asia • espansione inglese in India.
3 Interdipendenze globali ed economia-mondo i concetti chiave
▶▶ L’interdipendenza tra spazio atlantico e spazio asiatico ▶▶ La centralità dell’Europa nell’economia-mondo ▶▶ Il controllo commerciale e politico delle periferie economiche (Africa, Americhe, Asia)
La strada dell’argento I due grandi spazi commerciali che abbiamo descritto, quello atlantico e quello indo-asiatico, erano fortemente interdipendenti. Per capire che cosa questo significhi, proviamo a seguire il percorso di qualche merce “globale”. Consideriamo innanzitutto l’argento, che partiva dall’America meridionale alla volta della Spagna, e da qui prendeva la via dell’Europa settentrionale, per pagare le importazioni di manufatti che la Spagna non era in grado di produrre (e i banchieri che sostenevano le finanze del governo spagnolo, la sua burocrazia e le sue guerre). Dall’Europa l’argento riprendeva il mare diretto verso l’Asia meridionale e orientale, in particolare verso l’India e la Cina, per pagare le importazioni europee di tessuti di cotone, spezie, sete, porcellane e tè. Oppure l’argento raggiungeva direttamente l’Asia lungo la rotta del Pacifico, che univa Acapulco, in Messico, a Manila, nelle Filippine. Teniamo presente che fino a tutto il Settecento la bilancia commerciale dell’Europa verso l’Asia, cioè il saldo fra importazioni ed esportazioni, rimase in passivo. L’Europa importava merci asiatiche ma non aveva granché da offrire in cambio: salvo, appunto, i metalli preziosi estratti in America. Parte dei beni manufatti importati dall’Asia, in primo luogo i tessuti di cotone, venivano poi impiegati come merce di scambio in Africa per l’acquisto di schiavi da destinare alle piantagioni americane, soprattutto di zucchero. Sappiamo già che lo zucchero veniva poi esportato in Europa (insieme al cacao e al tabacco) per soddisfare un consumo alimentare in costante crescita (l’Asia produceva da sé il suo zucchero e il suo caffè). Il cotone, merce “globale” Un altro esempio di merce utile per capire il grado di interdipendenza raggiunto dai commerci mondiali è il cotone, che avrebbe giocato un ruolo decisivo nella modernizzazione europea. A metà Seicento le compagnie commerciali importavano in Europa dall’Asia circa 300.000 pezze di tessuti di cotone indiani, detti
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
“cotonine” per la loro leggerezza. Cinquant’anni più tardi questa quantità si era quadruplicata. Più economico, confortevole e facilmente lavabile della lana, il cotone incontrava in Europa il favore sia dalle èlite sia dalla gente comune. All’inizio del Settecento, per proteggere le manifatture tessili nazionali, il governo inglese, seguito da altri, proibì l’importazione di cotone lavorato indiano. Questa decisione ebbe conseguenze enormi. In primo luogo perché stimolò la domanda di cotone grezzo americano, inducendo i piantatori d’Oltreoceano ad aumentarne la produzione; obiettivo che richiese a sua volta una maggiore importazione di manodopera schiavile dall’Africa. In secondo luogo perché stimolò la manifattura tessile inglese che sarà, come vedremo, il settore portante della prima rivoluzione industriale.
Questioni → pag. 000 Quali sono le differenze tra la “globalizzazione” settecentesca e quella attuale?
L’economia-mondo L’interdipendenza fra aree commerciali a livello mondiale ha indotto gli storici a parlare, per questa fase storica, di “proto-globalizzazione”, impiegando un concetto che, come abbiamo detto introducendo questa lezione, è oggi divenuto di uso comune. Nella globalizzazione settecentesca non tutti i protagonisti però traevano uguali vantaggi. C’era chi ne traeva maggiore profitto. E’ utile, in proposito, richiamare un altro concetto elaborato dalla storiografia, quello di economia-mondo. Il termine indica uno spazio e un sistema economico nel quale è possibile individuare un “centro” che controlla commercialmente e politicamente, attraverso rapporti di dominio formale o informale, una serie di “semiperiferie” e di “periferie”, poste nella condizione subordinata di fornitrici di materie prime o di prodotti a basso costo (nell’epoca che stiamo analizzando, possiamo considerare “periferie” essenzialmente le Americhe e l’Africa). Sono il “centro” e le sue classi dirigenti che ricavano da questa organizzazione dello spazio economico i
oceano Atlantico
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New York
Mogadiscio CONGO Zanzibar ANGOLA oceano MOZAMBICO Indiano
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AMERICA DEL NORD
MADAGASCAR Città del Capo Principali aree di rifornimento di schiavi Principali aree importatrici di schiavi Rotte del commercio triangolare
Lezione 1 La globalizzazione settecentesca
geografie e interdipendenze
maggiori profitti; il che non esclude, peraltro, che anche nelle “periferie” vi possano essere aree o gruppi sociali che se ne avvantaggiano. Pensiamo, per esempio, ai piantatori di prodotti tropicali americani o ai sovrani africani che organizzavano la vendita degli schiavi, come vedremo nella prossima lezione. Centri e periferie Il Settecento vide definirsi in modo sempre più compiuto un’economia-mondo europea. L’Europa non godeva ancora, all’epoca, dell’assoluta superiorità economica, militare e tecnologica che le sarebbe stata assicurata nell’Ottocento dallo sviluppo industriale. Ma non c’è dubbio che essa era venuta assumendo, sin dall’epoca delle scoperte geografiche, un ruolo centrale nel sistema di interconnessioni e interdipendenze che caratterizzava l’economia mondiale. L’Europa non era ancora il centro economico e politico del pianeta, ma si apprestava a diventarlo 3 . Peraltro, come abbiamo visto, anche nel “centro” europeo andavano formandosi nuove gerarchie; lo sviluppo dei commerci globali transoceanici avvantaggiò l’Europa settentrionale, e in particolare la dinamica Inghilterra, relegando progressivamente l’area mediterranea, che aveva occupato per secoli un ruolo centrale dal punto di vista economico e commerciale, nel rango di “semiperiferia”.Testo finto To deris min et earum, sum volore dolorrum as moluptae cus quo ipsaest autempora placcabor adio di quostia doluptas moluptas aceatur epediciis dempore pelesen ditiis ilignam experspis doluptatia alit am qui dit ut volor reptat lit magnimusam et aut lam eaquam faccae rerchil mo et quam nonsequatem eturem quo qui coriscium ipsame is sequis a quod eum fuga. Mos dolut latur, enisqui comnient aut ex eum rem iditibus, ommolup ictaquis Testo finto To deris min et earum, sum volore dolorrum as moluptae cus quo ipsaest autempora placcabor adio di quostia doluptas moluptas aceatur epediciis dempore pelesen di-
3 Dida doloritibus aut dio mimos este. Enis voluptat que sam et etur se consecuptur aut verfero riaeped quam, ut es mincipsam facepre pudandi onsequatemos serum hillab iur sequatu sandio doluptum quid modis magnimosam re pra sunt laccus ducil mod. Bit endunt dolorepro dita quatet vende pelent ius, offictatur aut quis.
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
“cotonine” per la loro leggerezza. Cinquant’anni più tardi questa quantità si era quadruplicata. Più economico, confortevole e facilmente lavabile della lana, il cotone incontrava in Europa il favore sia dalle èlite sia dalla gente comune. All’inizio del Settecento, per proteggere le manifatture tessili nazionali, il governo inglese, seguito da altri, proibì l’importazione di cotone lavorato indiano. Questa decisione ebbe conseguenze enormi. In primo luogo perché stimolò la domanda di cotone grezzo americano, inducendo i piantatori d’Oltreoceano ad aumentarne la produzione; obiettivo che richiese a sua volta una maggiore importazione di manodopera schiavile dall’Africa. In secondo luogo perché stimolò la manifattura tessile inglese che sarà, come vedremo, il settore portante della prima rivoluzione industriale.
Questioni → pag. 000 Quali sono le differenze tra la “globalizzazione” settecentesca e quella attuale?
L’economia-mondo L’interdipendenza fra aree commerciali a livello mondiale ha indotto gli storici a parlare, per questa fase storica, di “proto-globalizzazione”, impiegando un concetto che, come abbiamo detto introducendo questa lezione, è oggi divenuto di uso comune . Nella globalizzazione settecentesca non tutti i protagonisti però traevano uguali vantaggi. C’era chi ne traeva maggiore profitto. E’ utile, in proposito, richiamare un altro concetto elaborato dalla storiografia, quello di economia-mondo. Il termine indica uno spazio e un sistema economico nel quale è possibile individuare un “centro” che controlla commercialmente e politicamente, attraverso rapporti di dominio formale o informale, una serie di “semiperiferie” e di “periferie”, poste nella condizione subordinata di fornitrici di materie prime o di prodotti a basso costo (nell’epoca che stiamo analizzando, possiamo considerare “periferie” essenzialmente le Americhe e l’Africa). Sono il “centro” e le sue classi dirigenti che ricavano da questa organizzazione dello spazio economico i
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AMERICA DEL NORD
MADAGASCAR Città del Capo Principali aree di rifornimento di schiavi Principali aree importatrici di schiavi Rotte del commercio triangolare
Lezione 1 La globalizzazione settecentesca
geografie e interdipendenze
Geografie e interdipendenze
fonti visive
Un’icona della Libertà
Tipo di fonte dipinto celebrativo
L’immagine e il contesto La libertà che guida il popolo, grande dipinto
Autore Eugène Delacroix (1798-1863)
(2,65 x 3,25 metri) realizzato da Eugène Delacroix nel 1830 per esaltare la rivoluzione parigina di quell’anno, è divenuto una vera e propria icona delle rivoluzioni ottocentesche. La libertà non si può fermare, se il popolo è unito: questo il semplice e didascalico messaggio del quadro. L’apparente caoticità della scena è ordinata da una forte struttura compositiva triangolare: 1 alla base un piano di posa costituito dai cadaveri umani e dalle travi sconnesse delle barricate; 2 il lato sinistro è descritto dalla diagonale disegnata dal fucile imbracciato dal borghese con cilindro, che prosegue nell’asta della bandiera. 3 Il lato destro è formato dalla spalla flessa della Libertà, dalla striscia di cuoio che attraversa il petto del ragazzino e da una delle due pistole che impugna.
2
Provenienza e datazione Parigi, 1830
Sapiente è l’uso della tonalità del colore: opaco, livido e freddo alla base, diviene salendo sempre più caldo, sino a esplodere nel tricolore 4 , la cui gamma è ripresa nella camicia bianca del cadavere seminudo a sinistra 5 , nel calzino blu sul suo piede destro 6 , nella fascia rossa in vita e nella giubba blu della figura genuflessa 7 che guarda con speranza e attesa alla Libertà che avanza.
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Sullo sfondo di una città di fumi e di scoppi, ma nella quale si riconosce benissimo la cattedrale di Notre Dame 8 , tutto il popolo è riunito nella lotta, senza distinzione di classe sociale. Da sinistra: il gendarme della Guardia nazionale; il popolano, con il basco e la rivoltella infilata nella cinta legata in vita; il borghese con la tuba e il cilindro neri e la carabina (forse lo stesso Delacroix); il ragazzo con due pistole. E morti, a terra, il rivoluzionario seminudo 5 e il soldato 9 , rappresentati sul modello della statuaria ellenistica. Come del resto evidenti sono i richiami tra la Libertà e la Venere di Milo: un simbolo dell’arte classica, esposto dal 1821 al Louvre.
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RAGIONA E RISPONDI
L’opera destò grande scandalo, anche perché la libertà non è rappresentata dall’artista come una figura di eroica purezza, secondo la tradizione, bensì come una popolana dai marcati tratti corporei e sessuali, col seno nudo e addirittura i peli sotto le ascelle. Perché secondo te Delacroix fa questa scelta?
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
“cotonine” per la loro leggerezza. Cinquant’anni più tardi questa quantità si era quadruplicata. Più economico, confortevole e facilmente lavabile della lana, il cotone incontrava in Europa il favore sia dalle èlite sia dalla gente comune. All’inizio del Settecento, per proteggere le manifatture tessili nazionali, il governo inglese, seguito da altri, proibì l’importazione di cotone lavorato indiano. Questa decisione ebbe conseguenze enormi. In primo luogo perché stimolò la domanda di cotone grezzo americano, inducendo i piantatori d’Oltreoceano ad aumentarne la produzione; obiettivo che richiese a sua volta una maggiore importazione di manodopera schiavile dall’Africa. In secondo luogo perché stimolò la manifattura tessile inglese che sarà, come vedremo, il settore portante della prima rivoluzione industriale.
Questioni → pag. 000 Quali sono le differenze tra la “globalizzazione” settecentesca e quella attuale?
L’economia-mondo L’interdipendenza fra aree commerciali a livello mondiale ha indotto gli storici a parlare, per questa fase storica, di “proto-globalizzazione”, impiegando un concetto che, come abbiamo detto introducendo questa lezione, è oggi divenuto di uso comune. Nella globalizzazione settecentesca non tutti i protagonisti però traevano uguali vantaggi. C’era chi ne traeva maggiore profitto. E’ utile, in proposito, richiamare un altro concetto elaborato dalla storiografia, quello di economia-mondo. Il termine indica uno spazio e un sistema economico nel quale è possibile individuare un “centro” che controlla commercialmente e politicamente, attraverso rapporti di dominio formale o informale, una serie di “semiperiferie” e di “periferie”, poste nella condizione subordinata di fornitrici di materie prime o di prodotti a basso costo (nell’epoca che stiamo analizzando, possiamo considerare “periferie” essenzialmente le Americhe e l’Africa). Sono il “centro” e le sue classi dirigenti che ricavano da questa organizzazione dello spazio economico i
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Tunisi e n Algeri Tripoli to stoffe, co , chincaglieria, SANTO Il Cairo sa armi DOMINGO las CUBA e m Veracruz AF R I C A schiav GIAMAICA i
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AMERICA DEL NORD
MADAGASCAR Città del Capo Principali aree di rifornimento di schiavi Principali aree importatrici di schiavi Rotte del commercio triangolare
Lezione 2 La globalizzazione settecentesca
discorso pubblico
discorso pubblico
fonti visive
A stelle e strisce
Tipo di fonte bandiera nazionale
L’immagine e il contesto Fu il Congresso continentale del 1777 a decidere
Provenienza e datazione Stati uniti, 1777
che la bandiera americana dovesse prevedere tredici strisce alternate rosse e bianche e tredici stelle bianche in campo blu (Stars and Stripes). Anche la bandiera voleva simboleggiare una novità rivoluzionaria: fino ad allora, le bandiere non rappresentavano popoli e nazioni, ma sovrani e casate, con i loro stemmi. Le nuove bandiere delle rivoluzioni (come quella americana e il tricolore francese) erano invece nazionali ed egualitarie, senza stemmi cui inchinarsi.
Le strisce e le stelle rappresentano le tredici colonie, distinte ma riunite
il blu per vigilanza, perseveranza e giustizia
il rosso la forza e il valore
Il bianco simboleggia purezza e innocenza
RAGIONA E RISPONDI
Mettendo in relazione le informazioni che hai ricavato dalla introduzione e dal commento, scrivi ora una breve didascalia che spieghi il contenuto dell’immagine (10 righe).
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
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PER FISSARE I CONCETTI
1. Sintetizza i contenuti del paragrafo utilizzando i seguenti termini o espressioni (max. 20 righe): interdipendenza economica • proto-globalizzazione • merci globali • centro e periferia • economia-mondo
VERIFICA
▪ Spazio e tempo
1 Due delle seguenti affermazioni sono false: individuale e correggile, motivando la tua scelta. a. La guerra dei Sette anni durò dal 1756 al 1763 ed ebbe come esito il primato inglese V F nell’America settentrionale e in India. b. Nel corso del Settecento l’Olanda divenne la seconda potenza nei commerci asiatici, V F dopo l’Inghilterra. c. Il sistema dei commerci atlantici coinvolgeva V F Europa, Asia e Africa.
▪ Lessico storico
2 Individua nelle seguenti frasi i termini usati in modo errato o impreciso e sostituiscili. a. Le espressioni “proto-globalizzazione” ed “economiamondo” sono sinonimi. b. Nel Settecento l’impero commerciale più ampio era quello spagnolo. c. In Asia gli inglesi iniziarono a trasformare il dominio territoriale in sovranità coloniale. d. Gli storici definiscono “commercio globale” quello compreso fra l’Europa, le Americhe e l’Africa occidentale.
▪ Conoscenza e comprensione
3 Elabora una sintesi orale dei principali contenuti della lezione, seguendo la scaletta (5-8 minuti). • lo sviluppo dei commerci internazionali nell’oceano Atlantico e il commercio triangolare • la competizione fra le potenze europee e il primato commerciale inglese • i commerci marittimi nell’oceano Indiano e il colonialismo in Asia • proto-globalizzazione ed economia-mondo (“centro” e “periferie”).
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▪
Geografie e interdipendenze
2. Illustra in forma orale (3 min.) o scritta (max. 10 righe) le ragioni per cui gli storici parlano di una “proto-globalizzazione” settecentesca.
Verso le competenze
geografie e interdipendenze
▪ Individuare collegamenti e relazioni
4 Sviluppa i seguenti argomenti, in forma orale (max. 3 minuti) o scritta (max. 20 righe), evidenziando le corrette relazioni tra i concetti principali della lezione. a. Lo sviluppo dei commerci internazionali nel Settecento: una prima forma di “globalizzazione”. b. I commerci triangolari e la formazione dello spazio atlantico. c. Spazio atlantico e spazio asiatico, un unico spazio commerciale interconnesso. d. L’Europa al “centro” dell’economia-mondo e il ruolo delle “periferie”. 5 competenza digitale Nella seguente tabella sono elencate le merci del commercio a lunga distanza operante nel Settecento. Per ognuna dovrai scrivere il luogo di origine, la rotta marittima su cui viaggiava, il luogo di destinazione. Puoi partire dalle carte proposte in questa lezione e integrare le informazioni con una ricerca in rete. Merce Cotone Caffè Argento Oro Schiavi Armi da fuoco zucchero
Luogo/luoghi di origine
Rotta marittima
Luogo/luoghi di destinazione
Questioni
discorso pubblico
L’opinione pubblica ha sempre ragione? Una grande novità storica L’opinione pubblica è una dimensione della vita sociale che è per noi familiare, ma la cui nascita è storicamente determinata. Che il “pubblico”, cioè l’insieme dei cittadini, possa avere “un’opinione” e che questa conti nel determinare le scelte del potere, è un’idea che va fatta risalire all’Illuminismo e che si è poi affermata con la modernizzazione sociale e politica legata all’industrializzazione. Si tratta di un’enorme novità storica, che ha rivoluzionato una società in cui solo i potenti e i dotti avevano voce. Ma che pone anche qualche interrogativo.
▪ Enis voluptat que sam et etur se consecu aut verfero riaeped quam, ut es mincipsamfa cepre pudandi onsequatemos serum. Quando un’opinione è “pubblica”? L’aggettivo “pubblico” indica sia ciò che riguarda la cosa pubblica, cioè gli interessi generali di una collettività, sia ciò che si forma nella pubblica discussione fra più soggetti. Dal campo dell’opinione pubblica va dunque escluso quanto è privo di rilievo collettivo – per esempio le preferenze in fatto di cibo o di abbigliamento – e quanto appartiene all’area delle opinioni private, non confrontate con altre né sottoposte a pubblico dibattito. L’altro termine, “opinione”, ci dice subito che non stiamo parlando di verità assolute, ma di convinzioni soggettive, mutevoli, esposte alla critica e al dissenso. Questo però non vuol dire che ogni opinione, anche la più strampalata, per il solo fatto di essere espressa pubblicamente entri a fare parte dell’opinione pubblica. Secondo il politologo Nicola Matteucci, «l’opinione pubblica non coincide con la verità, proprio perché è opinione; ma, in quanto si afferma e si forma nel dibattito, essa esprime un atteggiamento razionale, critico e ben informato».
Competenze attivate
▶▶Individuare collegamenti e relazioni ▶▶Collegare passato e presente ▶▶Agire in modo autonomo e responsabile ▶▶Competenze sociali e civiche
Libertà o manipolazione? Dunque, una “vera” opinione pubblica dev’essere “razionale, critica e bene informata”. E proprio qui sta il punto. Già i liberali dell’Ottocento guardavano con preoccupazione al fatto che l’opinione popolare fosse facilmente influenzabile dai giornali, dai demagoghi, da reazioni emotive sull’onda del momento. Mentre per i socialisti il popolo crede di avere una libera opinione, ma in realtà questa è determinata dalle idee diffuse dalla classe che detiene il potere, la classe dominante. Preoccupazioni di segno politico opposto, ma confermate ed enfatizzate dal successivo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa – dalla radio al cinema, dalla televisione a Internet. L’esperienza storica dell’ultimo secolo, il Novecento, ha visto non solo la vera e propria manipolazione dell’opinione pubblica attuata su larga scala dalle dittature totalitarie, ma anche il sempre più pervasivo condizionamento “mediatico” della società civile nelle democrazie. Che cosa ci garantisce, in altre parole, che l’opinione pubblica sia una forza di libertà “razionale e critica” e non il frutto bacato di una manipolazione resa terribilmente efficace da mezzi di comunicazione sempre più potenti? Due modelli di opinione pubblica Secondo il filosofo tedesco contemporaneo Jürgen Habermas, nella società contemporanea sono presenti due modelli di opinione pubblica: un’opinione pubblica autonoma dal potere politico ed economico, e quindi capace di esercitare un controllo critico sul loro operato, e un’opinione pubblica subalterna e passiva, destinatario e ripetitore acritico dei messaggi propagandistici che riceve attraverso i media. La realtà di una democrazia moderna è una mescolanza di questi due modelli. Poiché non è accettabile l’idea di ridurre o controllare l’informazione per mettersi al riparo da un suo uso distorto, si tratta piuttosto – secondo Habermas - di far prevalere il primo modello sul secondo. Questo si può ottenere fissando e facendo rispettare le giuste regole del gioco giuridiche e politiche (indipendenza dei media,
acquisire un pensiero critico
1. A tuo parere, oggi l’opinione pubblica è libera o condizionata? Argomenta la tua risposta e preparati a portare qualche esempio. 2. In che modo, secondo te, la scuola può contribuire a sviluppare responsabilità e consapevolezza nei cittadini e quindi un’ opinione pubblica autonoma, critica e bene informata?
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PER FISSARE I CONCETTI
1. Sintetizza i contenuti del paragrafo utilizzando i seguenti termini o espressioni (max. 20 righe): interdipendenza economica • proto-globalizzazione • merci globali • centro e periferia • economia-mondo
VERIFICA
▪ Spazio e tempo
1 Due delle seguenti affermazioni sono false: individuale e correggile, motivando la tua scelta. a. La guerra dei Sette anni durò dal 1756 al 1763 ed ebbe come esito il primato inglese V F nell’America settentrionale e in India. b. Nel corso del Settecento l’Olanda divenne la seconda potenza nei commerci asiatici, V F dopo l’Inghilterra. c. Il sistema dei commerci atlantici coinvolgeva V F Europa, Asia e Africa.
▪ Lessico storico
2 Individua nelle seguenti frasi i termini usati in modo errato o impreciso e sostituiscili. a. Le espressioni “proto-globalizzazione” ed “economiamondo” sono sinonimi. b. Nel Settecento l’impero commerciale più ampio era quello spagnolo. c. In Asia gli inglesi iniziarono a trasformare il dominio territoriale in sovranità coloniale. d. Gli storici definiscono “commercio globale” quello compreso fra l’Europa, le Americhe e l’Africa occidentale.
▪ Conoscenza e comprensione
3 Elabora una sintesi orale dei principali contenuti della lezione, seguendo la scaletta (5-8 minuti). • lo sviluppo dei commerci internazionali nell’oceano Atlantico e il commercio triangolare • la competizione fra le potenze europee e il primato commerciale inglese • i commerci marittimi nell’oceano Indiano e il colonialismo in Asia • proto-globalizzazione ed economia-mondo (“centro” e “periferie”).
32
▪
Geografie e interdipendenze
2. Illustra in forma orale (3 min.) o scritta (max. 10 righe) le ragioni per cui gli storici parlano di una “proto-globalizzazione” settecentesca.
Verso le competenze
geografie e interdipendenze
▪ Individuare collegamenti e relazioni
4 Sviluppa i seguenti argomenti, in forma orale (max. 3 minuti) o scritta (max. 20 righe), evidenziando le corrette relazioni tra i concetti principali della lezione. a. Lo sviluppo dei commerci internazionali nel Settecento: una prima forma di “globalizzazione”. b. I commerci triangolari e la formazione dello spazio atlantico. c. Spazio atlantico e spazio asiatico, un unico spazio commerciale interconnesso. d. L’Europa al “centro” dell’economia-mondo e il ruolo delle “periferie”. 5 competenza digitale Nella seguente tabella sono elencate le merci del commercio a lunga distanza operante nel Settecento. Per ognuna dovrai scrivere il luogo di origine, la rotta marittima su cui viaggiava, il luogo di destinazione. Puoi partire dalle carte proposte in questa lezione e integrare le informazioni con una ricerca in rete. Merce Cotone Caffè Argento Oro Schiavi Armi da fuoco zucchero
Luogo/luoghi di origine
Rotta marittima
Luogo/luoghi di destinazione
m
Co
Geografie e interdipendenze
Quali sono le differenze tra la “globalizzazione” settecentesca e quella attuale? Le condizioni della globalizzazione Abbiamo definito la globalizzazione come un processo di integrazione dei mercati su scala mondiale e abbiamo detto che la “globalizzazione settecentesca” rappresentò una fase importante di questo processo. Occorre tuttavia precisare che la globalizzazione contemporanea e quella di oltre due secoli fa non sono uguali, e non solo per la scala del fenomeno, oggi enormemente maggiore, ma anche per le sue caratteristiche. A partire dal fatto che quella settecentesca era essenzialmente una globalizzazione commerciale, relativa cioè allo scambio di beni, mentre quella odierna coinvolge anche la sfera produttiva, attraverso imprese, dette “transnazionali”, localizzate in diverse aree del mondo. Sintetizzando, possiamo individuare quattro condizioni che sono oggi fondamentali per la “globalizzazione”: 1) la libertà di commercio, cioè la riduzione o addirittura la cancellazione di dazi e dogane; 2) la disponibilità di capitali, derivante dalle “liberalizzazioni” che hanno consentito di spostare denaro in ogni parte del mondo; 3) la tecnologia, che permette, grazie allo sviluppo dei trasporti e alla rete internet, una veloce circolazioni di merci, persone, capitali e informazioni; 4) lo sviluppo dei consumi, per cui un grandissimo numero di persone ha la volontà e la disponibilità di acquistare in grande quantità merci prodotte in diverse parti del mondo (basti pensare ai telefoni cellulari). Il ruolo dei capitali Quali di queste condizioni erano operanti anche nel Settecento? Non la 1, perché anzi gli stati applicavano politiche mercantilistiche, dunque il commercio poteva svolgersi solo all’interno delle rispettive zone di influenza (l’impero spagnolo, il sistema coloniale inglese). Neppure la 3, perché anche se vi furono progressi nella capienza e velocità delle navi, un vero e proprio salto di qualità tecnologico nei trasporti non sarebbe avvenuto prima della fine dell’Ottocento. Diverso è il discorso per le condizioni 2 e 4. Quanto ai capitali, lo sviluppo dei commerci settecenteschi fu certamente favorito da quello delle istituzioni finanziarie. Finanzieri e banchieri assicuravano ai mercanti i capitali necessari, lucrando sui prestiti. Anche i governi europei iniziarono a occuparsi del finanziamento delle attività imprenditoriali e commerciali, attraverso apposite banche statali incaricate di favorire la circolazione di moneta. Già nel 1694 fu fondata la Banca d’Inghilterra, privata ma controllata dallo stato, ed altre la seguirono.
p e t e nz
c i t ta d
e
Questioni
inanza
Notevole sviluppo ebbero anche le Borse delle principali piazze finanziarie d’Europa: Londra, Francoforte, Amburgo, Ginevra.
I mutamenti nei consumi Per quanto riguarda i consumi, essi certamente aumentarono e cambiarono nel corso del Settecento. I consumi di massa, beninteso, erano ancora ben lontani, e così pure i fast food. Ma Oltre al cotone, della cui importanza abbiamo già parlato, pensiamo allo zucchero, al tè, al caffè, al cacao, e anche al tabacco. La diffusione di questi prodotti para-alimentari di origine esotica o tropicale segnalava un mutamento negli stili di consumo europei. Essi andarono ad arricchire le abitudini alimentari delle classi dirigenti e divennero un simbolo di prestigio sociale. oltre che, soprattutto nel caso del caffè, protagonisti di nuove forme di vita associativa. Non a caso lo storico Cristopher Bayly ha efficacemente parlato di “invenzione della prima colazione”, immaginando tavole delle famiglie benestanti apparecchiate con tessuti di lino fabbricati in India, dove caffè, tè e cioccolata, provenienti dalle Americhe, venivano serviti in raffinate porcellane cinesi.
▪ Enis voluptat que sam et etur se consecu aut verfero riaeped quam, ut es mincipsamfa cepre pudandi onsequatemos serum. Collegare passato e presente
1. Quali sono le principali differenze tra la globalizzazione settecentesca e quella attuale? 2. Abbiamo detto che il cotone e lo zucchero erano due merci-simbolo della globalizzazione settecentesca: quali sono le merci-simbolo della globalizzazione attuale? Indicane almeno 5.
33
unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
sintesi delle lezioni 7 • 8 • 9 discorso pubblico
L7
Cambiare il comune modo di pensare: il discorso illuminista
▪ L’Illuminismo fu un grande movimento culturale il cui
programma era quello di “rischiarare” l’opinione pubblica (concetto formulato dagli stessi illuministi) grazie alla ragione e alla sua capacità di sottoporre a critica ogni cre denza e autorità di cui non fosse possibile dare una giu stificazione razionale. Simbolo della cultura illuminista fu l’Encyclopédie, grande opera a dispense in cui trovarono spazio sia i saperi tradizionali, sia la scienza, la tecnica e l’economia. Il successo dell’opera dimostrò quanto fosse ampio ormai il pubblico dei lettori, che per gli intellet tuali illuministi costituiva un’ideale repubblica delle lette re, aperta, cosmopolita, ispirata ai valori della conoscenza e della tolleranza.
▪ L’Illuminismo affermò una concezione laica della vita improntata ai valori dell’uguaglianza e della libertà e una visione della storia centrata sull’idea di progresso come continuo perfezionamento della società umana attraverso il sapere scientifico, derivante dall’esperienza e dotato di finalità pratiche. Fortemente critico nei confronti di ogni fanatismo religioso, l’Illuminismo propose una religione naturale, fondata sulla ragione, come alternativa alle di verse confessioni religiose, combatté per la tolleranza, cioè per la possibilità di poter professare qualsivoglia fede religiosa.
L8
Individuo, stato e mercato. Politica ed economia nell’Illuminismo
▪ L’Illuminismo fornì un grande contributo all’elaborazio
ne del pensiero politico occidentale moderno: se Montesquieu operò nel solco di Locke, sottolineando i valori di libertà, antidispotismo e separazione dei poteri tipici del la dottrina liberale, e Voltaire immaginò che si potesse indirizzare l’opera dei sovrani assoluti a fini di riforma e modernizzazione sociale, Rousseau pose le basi del pen siero democratico e repubblicano con le sue dottrine della sovranità popolare e del contratto sociale.
▪ Nel Settecento nacquero anche le scienze sociali, e in
particolare l’economia politica, che ebbe nell’Illumini smo dei fisiocratici e di Adam Smith i suoi primi inter preti. Sia i fisiocratici sia Smith teorizzavano il liberismo, cioè una politica economica basata sulla libera circolazione delle merci. Ma mentre i primi credevano che solo la terra potesse accrescere il prodotto netto, Smith riteneva che la crescita economica potesse derivare anche dalle attività industriali, grazie agli investimenti di capitale e al lavoro.
L9
“Parla da filosofo e si comporta da re”. L’assolutismo illuminato
▪ Le battaglie ideali dell’Illuminismo, ma più ancora le
pressanti esigenze economiche e politiche ispirarono la politica di riforme promossa dalle monarchie assolute europee nella seconda metà del Settecento (e nota perciò come “assolutismo illuminato”). Queste riforme riuscirono a razionalizzare e a modernizzare parzialmente la società e lo stato di Antico regime, limitando i privilegi, ma si scontrarono con un limite invalicabile: l’impossibilità per i monarchi europei di intaccare a fondo il primato nobiliare su cui essi stessi fondavano il proprio potere.
▪ Grandezza e limiti dell’assolutismo illuminato emersero
con chiarezza nell’Impero asburgico, dove Maria Teresa ridusse i privilegi fiscali, avviò il catasto delle proprietà terriere, rinnovò l’istruzione per formare una burocrazia capace ed efficiente. Il figlio Giuseppe II condusse una dura politica giurisdizionalista (mirante ad affermare il potere dello stato sulla chiesa) ma non riuscì a mettere in discussione la servitù della gleba, per la strenua opposizione della nobiltà. Intensa fu l’opera riformatrice anche nella Prussia degli Hohenzollern, con Federico II “il Grande” (istruzione ele mentare pubblica, tolleranza religiosa, riforma della giusti zia), mentre molto modesti furono i risultati ottenuti dalla zarina di Russia Caterina II, nonostante le grandi speranze suscitate dall’esordio del suo regno e dai suoi intensi rap porti con gli illuministi francesi.
cronologia Il 1788-1789 estate
17 giugno
convocazione degli Stati generali da parte del re
1788
11 luglio
insurrezione a Parigi e formazione della Guardia nazionale
26 agosto
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
1789 primavera
cahiers de doléances
36
il Terzo stato si autoproclama Assemblea nazionale
5 maggio
riunione degli Stati generali a Versailles
20 giugno
giuramento della Pallacorda
7 luglio
l’Assemblea nazionale si autoproclama “costituente”
14 luglio
presa della Bastiglia
20 luglio
inizio della rivolta contadina
4-11 agosto
abolizione della feudalità
mappe concettuali La società nell’antico regime clero
divisione in ordini, cui si appartiene per nascita
società
si basa su
ovvero
che detiene
immunità, cioè esenzioni dall’autorità dello stato
nobiltà
suddivisa in
• di spada (proviene dalla nascita) • di toga (con acquisto delle cariche)
Terzo stato
in particolare
borghesia: in parte vuole nobilitarsi, in parte chiede maggior peso politico
assenza di uguaglianza giuridica, cioè di uguaglianza di fronte alla legge
si traduce in
privilegi per individui e comunità
pluralità di giurisdizioni (codici, tribunali, leggi)
cui consegue
caoticità e frammentarietà del diritto
L’economia nell’antico regime per via estensiva (ampliamento coltivazioni) agricoltura
economia
si divide in
industria
si sviluppa
si sviluppa
si sviluppa
per via intensiva (rinnovamento tecniche di coltura)
in alcune aree
rivoluzione agricola, soprattutto in Inghilterra
industria a domicilio, gestita da mercanti-imprenditori
che presenta
• basso costo del lavoro • assenza di vincoli corporativi
commerci triangolari (Europa, Africa, Americhe)
in particolare
tratta degli schiavi prelevati dall’Africa
nuove gerarchie economiche, con declino delle potenze iberiche
in particolare
primato della Gran Bretagna, dopo la guerra dei Sette anni
commercio determina
37
storiografia
unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
LABORATORIO DELLE interpretazioni
Competenze attivate
▶▶Acquisire e interpretare informazioni ▶▶Leggere e valutare diverse fonti ▶▶Confrontare tesi interpretative
I temi e i testi
La società di Antico regime fu una realtà complessa, nella quale, soprattutto a partire dal Settecento, elementi di continuità e di conservazione si intrecciarono con forti spinte al cambiamento, che portarono, alla fine di quel secolo, ai grandi mutamenti storici delle rivoluzioni politiche e della rivoluzione industriale. I testi storiografici proposti in questo Laboratorio approfondiscono alcuni aspetti di questa complessità. Alle trasformazioni in campo economico sono dedicati il testo 1, sulla rivoluzione agricola inglese, e il testo 2, sul rapporto fra piccola proprietà contadina e proto-industria.
testo
1
La comparsa di nuove forme di organizzazione dei commerci nel mondo atlantico è messa a fuoco nel testo 3, mentre il testo 4 insiste sull’importanza della guerra dei Sette anni nella definizione dei nuovi rapporti di potenza a livello mondiale. L’ultimo gruppo di testi è dedicato alla discussione storiografica sull’Illuminismo e soprattutto sul significato che esso conserva per noi oggi. Dal testo 5 vengono messi a fuoco il rapporto dell’Illuminismo con la grande tradizione umanistica, dal testo 6, l’attualità dei suoi valori per i nostri sistemi politici, dal testo 7, il significato della lezione
Paolo Malanima
La rivoluzione agricola in Inghilterra Il contesto Ci fu veramente una “rivoluzione agricola”, o agraria, nell’Inghilterra del XVIII secolo? Alcuni storici danno una risposta affermativa, sostenendo che la stessa rivoluzione industriale fu resa possibile dalle trasformazioni dell’agricoltura. Altri hanno una posizione più sfumata, sottolineando che l’aumento della produzione agricola dell’epoca fu il risultato di processi già in atto da tempo. Il testo Lo storico economico Paolo Malanima mostra come il rinnovamento delle campagne inglesi risultò dalla combinazione di diverse componenti di ordine tecnico, organizzativo e giuridico, mettendo in luce in particolare il nesso fra l’introduzione della rotazione pluriennale delle colture e la nascita di un’agricoltura che univa cerealicoltura e allevamento; è questo che ci permette di parlare di “rivoluzione” per l’agricoltura inglese del Settecento.
D
alla seconda metà del Seicento nacque o si rafforzò /in Inghilterra/ quella che è stata chiamata l’agricoltura mista (mixed farming). In realtà tutta l’agricoltura europea è un’agricoltura mista, nel senso che ovunque nel continente si è sempre avuta la presenza sugli stessi fondi di cerealicoltura e bestiame. Quel che s’intende quando si parla di mixed farming a proposito del caso inglese è un’integrazione ancora più stretta di allevamento e coltivazione del grano. /.../ Per far questo i proprietari inglesi adottarono un sistema di coltura già noto nelle Fiandre e in zone ristrette della Lombardia sin dal tardo Medioevo. Si trattava, comunque, a ben guardare, di conoscenze agronomiche non nuove, che già erano presenti negli agronomi latini. Questo nuovo sistema si basava sulla coltivazione di foraggi sulla parte del terreno destinata a maggese1. I foraggi impoverivano il suolo meno dei grani e, allo stesso tempo, potevano servire per l’allevamento del bestiame. Al posto della tradizionale rotazione triennale veniva introdotta, in questo modo, una rotazione continua. Fu quanto accadde nelle pianure del Norfolk e in altre zone dell’Inghilterra (soprattutto meridionale e orientale) quando la rapa cominciò a uscire dagli orti, ad affermarsi nei campi e a essere usata come mangime, e quando si cominciarono a coltivare su larga scala l’erba medica, il trifoglio, la lupinella e il loglio. Il cosiddetto “sistema di Norfolk” prevedeva, nel Settecento, una rotazione quadriennale con grano, rape, orzo, trifoglio in successione. L’ampliamento dell’irrigazione si associò di solito con la diffusione di queste colture. 1 1. maggese la parte dei campi lasciata incolta ogni anno per far riposare il terreno
38
1 L’autore fa notare che la rotazione pluriennale, con la sostituzione del maggese con foraggi, era nota sin dall’antichità; nel caso inglese, il fattore differenziale fu che essa venne utilizzata su larga scala per dare luogo a una forma di mixed farming.
storiografia Laboratorio delle interpretazioni
Le conseguenze positive per l’agricoltura furono di varia natura. Innanzi tutto il terreno veniva sfruttato più intensivamente ruotando di continuo le coltivazioni: ogni campo produceva ogni anno. Le bestie, che ora non disponevano solo di magri pascoli, ma di un’alimentazione abbondante, venivano nutrite dentro le stalle in numero superiore a prima e fornivano una quantità maggiore di concime: per ogni capo il concime poteva aumentare da meno di 5000 chili all’anno a circa 10000. Ciò significava che molti pascoli, divenuti inutili, potevano essere convertiti all’arativo o ai foraggi. Più concime voleva dire inoltre maggiore fertilità del terreno e maggiori rese. Per secoli e secoli bestiame e cerealicoltura erano stati antagonisti: allargare le terre a frumento significava ridurre il bestiame e aumentare il bestiame significava ridurre la coltivazione dei cereali. Ora non più. Il circolo vizioso si trasformava in una spirale espansiva. 2 Perciò si è detto spesso che questa agricoltura mista avrebbe dato origine in Inghilterra a una vera e propria rivoluzione agraria e che questa avrebbe preparato la strada per la rivoluzione industriale. Com’è facile immaginare, e come è stato verificato in più occasioni dagli storici, queste novità furono introdotte quasi soltanto in quelle regioni inglesi dove le recinzioni e l’individualismo agrario avevano progredito più rapidamente. Così accadde dal 1660 in poi nel Leicestershire, dove l’allevamento su ampia scala fece enormi progressi. La recinzione era, dunque, favorevole all’innovazione, anche se l’innovazione poteva, talora, essere introdotta senza enclosures. Recinzioni, grande proprietà, grande affitto, rotazione continua: sono questi gli ingredienti della “rivoluzione agraria” inglese. 3
2 La grande novità fu quella di creare un rapporto positivo fra due elementi tradizionalmente in conflitto, come l’agricoltura e l’allevamento, il campo coltivato e il pascolo. 3 Questo modello di successo fu applicato nelle aree dove era più avanzato il processo di privatizzazione della proprietà e di nascita di grandi aziende agricole capitalistiche; dunque la “rivoluzione agraria” non fu conseguenza di un unico fattore, ma di un insieme di condizioni tecniche, organizzative e giuridiche, cioè relative alle forme della proprietà terriera.
da P. Malanima, Economia preindustriale, Bruno Mondadori, Milano 1995 COMPRENSIONE E ANALISI
1. Che cosa si intende per “agricoltura mista”? 2. Quali vantaggi ebbe la rotazione continua delle colture? 3. Perché fu vantaggiosa l’integrazione fra agricoltura e allevamento?
testo
2
PENSIERO CRITICO
4. Sintetizza con parole tue la tesi sostenuta dall’autore: perché possiamo parlare di “rivoluzione agraria” nell’Inghilterra del Settecento?
Maurice Aymard
Famiglia contadina e proto-industria Il contesto La rivoluzione agricola inglese è generalmente associata alla scomparsa della piccola proprietà contadina, che sarebbe stata spazzata via dalla grande azienda capitalistica. Questo avrebbe provocato un esodo dei contadini dalle campagne, procurando alle nascenti industrie una manodopera abbondante e a buon mercato. Altri storici sottolineano però come nelle campagne fosse operante un fitto tessuto di attività protoindustriali legate all’industria a domicilio. Il testo Lo storico francese Maurice Aymard invita a considerare la lunga persistenza nelle campagne europee della piccola proprietà contadina, accanto e in alternativa alla grande proprietà agraria, tecnologicamente avanzata, tipica del modello inglese. Fu proprio la piccola proprietà a consentire lo sviluppo di forme di proto-industrializzazione.
I
l modello dell’Inghilterra delle enclosures e della «Rivoluzione agraria» ha portato per lungo tempo storici ed economisti a conferire particolare importanza alle forme di espropriazione dei contadini e di costruzione delle aziende agricole maggiori, ritenute le uniche in grado di introdurre le innovazioni tecniche atte a diversificare la produzione e aumentare la produttività, come se il progresso economico dovesse passare necessariamente per lo sloggiamento dei contadini. Oggigiorno i punti di vista sono assai più sfumati. La piccola e media azienda agricola appare infatti dotata, oltre che della notevole capacità di resistere e adattarsi ai tempi, anche di quella di progredire in numerosi paesi tra XVIII e XX secolo /.../.
39
unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
Peraltro, l’importanza del modello inglese è stata ridimensionata, a partire dall’inizio degli anni Settanta, dalla individuazione di un modello alternativo di proletarizzazione1 contadina, collegato alla partecipazione crescente, tra XVI e XVIII secolo, delle popolazioni di numerose aree rurali dell’Europa occidentale alle attività manifatturiere. /.../ 1 Partecipazione che si colloca in una triplice prospettiva. Quella, determinata da evidenti motivazioni tecnologiche, della localizzazione della produzione dei metalli nelle vicinanze di miniere e di fonti di energia da utilizzarsi per la loro trasformazione (legname e acqua). Quella dello stabilimento in campagna, sin dall’origine, di certe fasi, almeno, del processo di trasformazione di fibre tessili quali lana (per la filatura, affidata a manodopera femminile) e lino. Quella, infine, della rilocalizzazione2 in «aperta campagna», avviata già nel XVI secolo ma intensificatasi progressivamente nel corso del XVII e XVIII, di attività delle quali le città avevano sino ad allora cercato di conservare gelosamente il monopolio a favore dei propri artigiani: in particolare, tessitura dei panni di lana e delle telerie di lino e cotone, ma anche, in alcuni casi, filatura e torcitura della seta. Questa rilocalizzazione si spiega, a sua volta, in base a numerosi fattori: ricerca di manodopera più abbondante e meno costosa; domanda crescente di prodotti di standard medio o basso destinati al consumo locale e all’esportazione (in particolare verso l’America coloniale); progressi nell’utilizzazione dell’energia idraulica come forza motrice. 2 -8r
1 Secondo Aymard, il “modello inglese” della grande azienda agraria non va esteso a tutta l’Europa, dove anzi la piccola proprietà contadina conservò a lungo grande vitalità. 2 La partecipazione dei contadini alle attività protoindustriali fu determinata da fattori ambientali (presenza nelle campagne di legname e acqua), dal fatto che il lavoro tessile contadino aveva una lunga tradizione, ma anche dalla esigenza di trasferire la produzione dalle città alle campagne per trovare manodopera più abbondante e a costo minore che nelle città.
da M. Aymard, L’Europa e i suoi contadini, in AA.VV., Storia d’ Europa, vol. IV, L’età moderna, Einaudi, Torino 1995
1. proletarizzazione trasformazione dei contadini in proletari, cioè in lavoratori salariati 2. rilocalizzazione trasferimento COMPRENSIONE E ANALISI
1. Perché non possiamo parlare, secondo Aymard, di scomparsa della piccola proprietà contadina? 2. Quali furono le ragioni della vitalità della piccola proprietà contadina?
PENSIERO CRITICO
3. Secondo Aymard, la partecipazione dei contadini all’industria a domicilio ebbe tre aspetti. Sottolineali nel testo e poi completa: a. b. c.
testo
3
4. Spiega, servendoti anche delle informazioni contenute nel profilo (lezione 1) che cosa si intende con “proto-industria” e perché parte delle produzioni tradizionalmente svolte dagli artigiani nelle città vennero trasferite nelle campagne.
Federica Morelli
I commerci atlantici Il contesto Da alcuni decenni si è sviluppato un settore della ricerca storiografica dedicato alla “storia atlantica”, che studia il mondo atlantico, in una prospettiva non eurocentrica, come un insieme di connessioni e di interdipendenze che ebbero come protagonisti non solo gli europei, ma anche gli americani – autoctoni, migranti e conquistatori – e gli africani. Il testo In un’opera di sintesi sul mondo atlantico nell’età moderna, la storica Federica Morelli mette in luce i fattori che portarono prima all’integrazione, poi alla disgregazione della “comunità atlantica”. Tra i fattori di integrazione ebbero un ruolo di primo piano i commerci, la cui gestione però si modificò radicalmente nel corso del XVIII secolo.
L
o sviluppo del commercio a lunga distanza, che richiese innovazioni tecnologiche e organizzative, la trasformazione delle istituzioni e nuovi metodi di gestione delle transazioni commerciali, fu probabilmente il fattore più importante nel processo di creazione e integrazione di una comunità atlantica /.../ Mentre in una prima fase si privilegiarono sistemi commerciali controllati dallo stato attraverso il monopolio1, la protezione, le licenze, la restrizione e la regolamenta-
40
storiografia Laboratorio delle interpretazioni
zione, in una seconda fase, e in particolar modo dall’inizio del Settecento, si imposero approcci che privilegiavano il ruolo di agenti indipendenti. /.../ Col tempo l’idea di un controllo statale sul commercio entrò in crisi e i commercianti d’oltremare cominciarono a sfidare i monopoli degli stati e delle compagnie2, formando associazioni di mercanti, proprietari e famiglie impegnate nel commercio atlantico. A partire dall’inizio del XVIII secolo l’iniziativa privata si impose e il commercio atlantico cominciò a essere dominato da individui, ossia da agenti indipendenti che controllavano tutto il processo decisionale e disponevano di capitale sufficiente. Questi potevano anche formare piccole società familiari o partecipare a imprese di privati più ampie. /.../ 1 Riassumendo il percorso e l’evoluzione del commercio atlantico, possiamo affermare che il modello imperiale spagnolo, basato sul monopolio ed estremamente controllato e regolarizzato, entrò in crisi quando il fulcro dell’economia si spostò dall’estrazione di metalli preziosi o coloranti alla coltivazione di materie prime: zucchero, tabacco, riso, farina, pellicce e pesce costituirono il pilastro del commercio. La produttività americana cominciò a crescere in modo considerevole e il rapporto tra valore e volume dei prodotti scese. Il modello spagnolo si era sviluppato in risposta alle condizioni del XVI secolo, quando il commercio si basava su prodotti ad alto valore di capitale (metalli preziosi e coloranti). che richiedevano protezione e sicurezza. 2 -5r
1 Secondo l’autrice, fra Sei e Settecento si verificò il passaggio da una gestione dei commerci centralizzata, organizzata e protetta dallo stato, a forme di impresa commerciali private e indipendenti.
2 La tesi di Morelli è che ciò dipese dal fatto che si passò da merci di alto valore intrinseco, come l’oro e l’argento, a prodotti agricoli di inferiore valore unitario; ciò rese meno necessario l’intervento dello stato e diede spazio all’iniziativa privata.
da F. Morelli, Il mondo atlantico. Una storia senza confini, Carocci, Roma 2013, pp. 146, 152-4
1. monopolio in questo caso, possesso esclusivo da parte di uno stato dei diritti di commercio 2. compagnie le compagnie commerciali, che agivano su licenza degli stati COMPRENSIONE E ANALISI
1. Che cosa si intende per “agricoltura mista”? 2. Quali vantaggi ebbe la rotazione continua delle colture? 3. Perché fu vantaggiosa l’integrazione fra agricoltura e allevamento?
PENSIERO CRITICO
4. Sintetizza con parole tue la tesi sostenuta dall’autore: perché possiamo parlare di “rivoluzione agraria” nell’Inghilterra del Settecento?
confronto e argomentazione
▪ CONFRONTARE TESI INTERPRETATIVE
1 Sia il testo 1 sia il testo 2 affrontano il tema del passaggio dalla piccola proprietà agricola alla grande azienda agricola: le loro tesi sono simili o divergenti? Rispondi citando il testo. 2 Compila una tabella come la seguente, riassumendo in una frase, con parole tue, il concetto principale di ciascun testo. autore
concetto principale
Ferrone Viola Todorov
Istituisci quindi un confronto fra le tesi esposte, indicando: • in quale ambito si collocano le riflessioni degli autori: culturale, politico, economico… • le principali analogie e differenze.
▪ ARGOMENTARE
3 Nel testo 3, Morelli afferma che si passò nel Settecento da una gestione statale dei commerci a una centrata sulla iniziativa privata. Argomenta la tesi della storica servendoti eventualmente di brevi citazioni tratte dal testo, in forma orale (3 minuti) o scritta (20 righe). 4 competenza digitale Per attualizzare il tema della pena di morte, ricercate in Internet le seguenti informazioni, che avrete cura di sintetizzare per punti in una scheda.
▪ COLLABORARE E PARTECIPARE – PENSIERO
CRITICO 5 Lavorando a coppie, provate a rispondere a questa domanda: che cosa possono rappresentare ancora oggi per noi – per la cultura, la politica e la società contemporanee – le idee degli illuministi? Dovrete esprimere un parere personale e sostenerlo sulla base delle vostre conoscenze oppure appoggiandovi alle tesi sostenute dagli autori dei testi 5, 6 e 7. Confrontate poi in classe la vostra opinione con quella dei compagni.
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
“cotonine” per la loro leggerezza. Cinquant’anni più tardi questa quantità si era quadruplicata. Più economico, confortevole e facilmente lavabile della lana, il cotone incontrava in Europa il favore sia dalle èlite sia dalla gente comune. All’inizio del Settecento, per proteggere le manifatture tessili nazionali, il governo inglese, seguito da altri, proibì l’importazione di cotone lavorato indiano. Questa decisione ebbe conseguenze enormi. In primo luogo perché stimolò la domanda di cotone grezzo americano, inducendo i piantatori d’Oltreoceano ad aumentarne la produzione; obiettivo che richiese a sua volta una maggiore importazione di manodopera schiavile dall’Africa. In secondo luogo perché stimolò la manifattura tessile inglese che sarà, come vedremo, il settore portante della prima rivoluzione industriale. PER FISSARE I CONCETTI
1. Sintetizza i contenuti del paragrafo utilizzando i seguenti termini o espressioni (max. 20 righe): interdipendenza economica • protoglobalizzazione • merci globali • centro e periferia • economia-mondo Geografie e interdipendenze
2. Illustra in forma orale (3 min.) o scritta (max. 10 righe) le ragioni per cui gli storici parlano di una “proto-globalizzazione” settecentesca.
Chi erano? Voltaire (1694-1778)
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L’economia-mondo L’interdipendenza fra aree commerciali a livello mondiale ha indotto gli storici a parlare, per questa fase storica, di “proto-globalizzazione”, impiegando un concetto che, come abbiamo detto introducendo questa lezione, è oggi divenuto di uso comune. Nella globalizzazione settecentesca non tutti i protagonisti però traevano uguali vantaggi. C’era chi ne traeva maggiore profitto. E’ utile, in proposito, richiamare un altro concetto elaborato dalla storiografia, quello di economia-mondo. Il termine indica uno spazio e un sistema economico nel quale è possibile individuare un “centro” che controlla commercialmente e politicamente, attraverso rapporti di dominio formale o informale, una serie di “semiperiferie” e di “periferie”, poste nella condizione subordinata di fornitrici di materie prime o di prodotti a basso costo (nell’epoca che stiamo analizzando, possiamo considerare “periferie” essenzialmente le Americhe e l’Africa). Sono il “centro” e le sue classi dirigenti che ricavano da questa organizzazione dello spazio economico i maggiori profitti; il che non esclude, peraltro, che anche nelle “periferie” vi possano essere aree o gruppi sociali che se ne avvantaggiano. Pensiamo, per esempio, ai piantatori di prodotti tropicali americani o ai sovrani africani che organizzavano la vendita degli schiavi, come vedremo nella prossima lezione.
I protagonisti dell’Illuminismo
François-Marie Arouet, detto Voltaire, nacque nel 1694 da una ricca famiglia della borghesia parigina, studiò presso i gesuiti e fu avviato alla carriera di avvocato, che abbandonò rompendo i rapporti con il padre. Dopo la morte di quest’ultimo poté contare su una cospicua eredità e cominciò a pubblicare scritti polemici, scettici e anticlericali, diventando il capofila dei philosophes nei salotti di Parigi. Voltaire finì presto nel mirino della censura: esiliato dalla capitale (e brevemente detenuto alla Bastiglia) per i suoi versi satirici contro il reggente di Francia, nel 1726 fu costretto a trasferirsi in Inghilterra. Qui conobbe l’empirismo e le idee di John Locke, che lo influenzarono. Scrittore prolifico e arguto polemista, grazie alla sua fama divenne amico e consigliere di Federico II di Prussia; si stabilì a Berlino ma, osteggiato dalla corte, dovette riparare nella sua tenuta francese al confine con la Svizzera.
Rousseau (1712-1778)
Jean-Jacques Rousseau nacque nel 1712 a Ginevra in un’umile famiglia calvinista di origini francesi, ma in seguito si convertì al cattolicesimo. Dopo una giovinezza errabonda, nel 1745, conobbe a Parigi Marie-Thérèse Levasseur, dalla quale ebbe cinque figli, affidati a orfanotrofi, come racconta nelle Confessioni pubblicate postume. Nella capitale francese Rousseau aderì al gruppo degli enciclopedisti, con i quali però entrò presto in conflitto. Il suo primo saggio, il Discorso sulle scienze e sulle arti (1750), contiene già le sue tipiche critiche alla civiltà e l’elogio della natura. Nello stesso anno del Contratto sociale (1762) Rousseau pubblicò il trattato Emilio o dell’educazione, nel quale elaborava una pedagogia basata sulla sua concezione ottimistica e positiva della natura umana, che solo la civilizzazione può rovinare. Colpito da un ordine d’arresto per i suoi scritti, Rousseau dovette riparare in Svizzera e in Inghilterra, rientrando infine in Francia, dove morì nel 1778, lo stesso anno di Voltaire.
Lezione 2 L’economia europea prima dell’industrializzazione
3 Artigianato e protoindustria i concetti chiave
▶▶ la produzione manifatturiera settecentesca come “protoindustria” ▶▶ lo sviluppo dell’artigianato ▶▶ la nascita dell’industria a domicilio
La “protoindustria” L’economia settecentesca registrò progressi significativi anche nel settore manifatturiero o - per usare un termine moderno - industriale. Occorre precisare che l’industrializzazione come comunemente l’intendiamo inizierà solo verso la fine del secolo, con la rivoluzione industriale inglese, che segnerà l’avvento di una nuova epoca (vedi ....). Ma essa potrà svilupparsi proprio grazie al fitto tessuto di attività manifatturiere cresciuto nel corso dell’età moderna: tanto che alcuni storici hanno coniato il termine “protoindustria” per definire la produzione manifatturiera settecentesca. Artigianato e corporazioni La forma di produzione prevalente era l’artigianato, sviluppato nelle botteghe cittadine ove operavano maestri, operai e apprendisti inquadrati in corporazioni ⇗ che regolavano ancora tutti gli aspetti fondamentali dell’attività produttiva: durata giornaliera del lavoro, modalità di assunzione e le paghe, standard di qualità dei prodotti, prezzi di vendita. Il fatto più notevole del Settecento è l’attacco cui vennero sottoposti i regolamenti corporativi sia da parte degli economisti innovatori, perché limitavano la libera concorrenza e la mobilità dei lavoratori, per esempio proibendone l’immigrazione, sia da parte dei poteri pubblici, che vedevano nelle corporazioni la sopravvivenza di un potere autonomo da quello dello stato. Assistiamo anche in questo campo allo scontro fra “tradizione” e “innovazione” che abbiamo visto accendersi a proposito dell’agricoltura comunitaria, e anche in questo caso prevalsero le istanze di modernizzazione.
Diderot (1713-1784)
Nato nel 1713 da una famiglia borghese (il padre produceva strumenti chirurgici), Denis Diderot crebbe vicino ad ambienti anticonformisti influenzati dal libertinismo. Per un quindicennio fu impegnato come promotore, curatore ed editore (oltre che come autore di molte voci) dell’Encyclopédie. Inizialmente Diderot appoggiò l’assolutismo illuminato e fu in corrispondenza con Caterina II di Russia, la quale acquistò la sua vasta biblioteca, assicurandogli un vitalizio. Negli ultimi anni, deluso dagli scarsi risultati delle riforme, prese posizioni più radicali: ammirava la rivoluzione parlamentarista inglese del 1642, indicò il suo ideale politico in una costituzione repubblicana che abolisse ogni privilegio nobiliare e sostenne la rivoluzione americana. Studioso eclettico, fu tra i primi in Europa ad approfondire buddhismo, taoismo e induismo ed è considerato un pioniere della psicologia. Morì nel 1784.
Beccaria (1738-1794)
⇗ memo Le corporazioni (o Gilde o Arti) erano associazioni di mestiere nate nelle città medievali; detenevano un forte potere sia economico sia politico nei governi cittadini
Nato a Milano nel 1738, di famiglia nobile, Cesare Beccaria fu cacciato di casa dal padre per aver sposato la sedicenne Teresa Blasco (la loro figlia Giulia sarà la madre di Alessandro Manzoni). In difficoltà economiche, fu aiutato da Pietro Verri, importante esponente dell’Illuminismo lombardo. Avvicinatosi ai Lumi dopo la lettura delle Lettere persiane di Montesquieu, collaborò alla rivista milanese “Il Caffè”, dei fratelli Pietro e Alessandro Verri, e fu tra gli animatori dell’Accademia dei Pugni, il cui scopo era diffondere i princìpi riformisti. Fu l’amico Pietro Verri a suggerire a Beccaria di scrivere un libro che esponesse le sue idee in materia di giustizia. Pubblicato nel 1764 con il titolo Dei delitti e delle pene, il breve trattato ebbe successo in tutta Europa, ma fu messo all’Indice. Il governo austriaco (la Lombardia, lo ricordiamo, apparteneva all’Impero asburgico) creò per lui, nel 1768, una cattedra universitaria di Economia pubblica e nel 1771 lo nominò membro del Consiglio supremo di economia. Morì nel 1794.
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
I cereali I cereali – il cui nome deriva da Ceres, antica dea dell’agricoltura – sono pian te erbacee con frutti ricchi di amido, dalla cui macinazione si ricava la farina, utilizzata per lo più nella panificazione. Il pane e gli alimenti a base di cerea li hanno costituito per secoli, insieme all’olio e al vino, uno degli elementi fondamentali della “triade” alimentare mediterranea. I cereali furono probabilmente le prime piante a essere coltivate, a partire dal VII-VI millennio. Il cereale per eccellenza è il frumento
(o grano) dalla cui farina si ricavano il pane di migliore qualità, le focacce e la pasta. Ma un ruolo determinante nell’alimentazione, soprattutto dei ceti poveri, hanno avuto per secoli anche i vari cereali cosiddetti “minori”: la segale, originaria dell’Asia Minore, l’avena, il sorgo, il miglio, l’orzo, il gra no saraceno, proveniente dall’Estremo Oriente (da non confondersi con il granoturco o mais, importato dall’Ameri ca a partire dal Cinquecento). Appar tiene ai cereali anche il riso, alimento
▪ Enis voluptat que sam et eturseconse cuaut verfero riaeped quam, ut esminci psamfa cepre pudandi fondamentale delle popolazioni dell’A sia meridionale, la cui coltivazione fu introdotta in Europa dagli arabi dal VI
Nuove colture contro le carestie Se l’agricoltura europea settecentesca poté fornire adeguate risorse alimentari a una popolazione in crescita, fu anche grazie alla diffusione di nuove coltivazioni. Il frumento, il cereale più pregiato perché se ne derivava il pane bianco, era allora riservato ai ricchi: la mensa contadina conosceva solo la segale, che dava il pane nero, o le minestre di orzo, avena, sorgo, buoni anche come foraggio per il bestiame). Molto cambiò con la diffusione del mais, o granoturco, importato dal Nuovo mondo e sempre più largamente coltivato nel Settecento. Il mais, che consentiva rese per ettaro quasi doppie di quelle del frumento, anche se con inferiore qualità nutrizionale, divenne, sotto forma di pane o di polenta, un elemento fondamentale delle diete popolari. Lo stesso si può dire della patata, originaria dell’America meridionale e importata in Europa dagli spagnoli a metà Cinquecento.
PER FISSARE I CONCETTI
Elabora una mappa concettuale collegando tra loro i seguenti concetti: a. rotazione pluriennale delle colture e sistema delle recinzioni b. agricoltura intensiva
c. integrazione tra agricoltura e allevamento d. rivoluzione agricola (inglese) e. diffusione di nuove coltivazioni f. aumento della produzione agricola g. agricoltura estensiva
I cereali Le basi della alimentazione umana I cereali – il cui nome deriva da Ceres, antica dea dell’agricol tura – sono piante erbacee con frutti ricchi di amido, dalla cui macinazione si ricava la farina, utilizzata per lo più nella panificazione. Il pane e gli alimenti a base di cereali hanno co stituito per secoli, insieme all’olio e al vino, uno degli elementi fondamentali della “triade” alimentare mediterranea. I ce reali furono probabilmente le prime piante a essere coltivate, a partire dal VII-VI millennio a.C. Diversi tipi di cereali Il cereale per eccellenza è il frumento (o grano) dalla cui fari na si ricavano il pane di migliore qualità, le focacce e la pasta. Ma un ruolo determinante nell’alimentazione, soprattutto dei ceti poveri, hanno avuto per secoli anche i vari cereali co siddetti “minori”: la segale, originaria dell’Asia Minore, l’a
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vena, il sorgo, il miglio, l’orzo, il grano saraceno, proveniente dall’Estremo Oriente (da non confondersi con il granoturco o mais, importato dall’America a partire dal Cinquecento). Appartiene ai cereali anche il riso, alimento fondamentale delle popolazioni dell’Asia meridionale, la cui coltivazione fu introdotta in Europa dagli arabi dal VI secolo. Dal XVI secolo, il riso fu coltivato soprattutto in Spagna, nei Paesi Bassi e nel la pianura padana. Le basi della alimentazione umana I cereali – il cui nome deriva da Ceres, antica dea dell’agricol tura – sono piante erbacee con frutti ricchi di amido, dalla cui macinazione si ricava la farina, utilizzata per lo più nella panificazione. Il pane e gli alimenti a base di cereali hanno co stituito per secoli, insieme all’olio e al vino, uno degli elementi fondamentali della “triade” alimentare mediterranea.
Lezione 2 L’economia europea prima dell’industrializzazione
3 Artigianato e protoindustria i concetti chiave
▶▶ la produzione manifatturiera settecentesca come “protoindustria” ▶▶ lo sviluppo dell’artigianato ▶▶ la nascita dell’industria a domicilio
La “protoindustria” L’economia settecentesca registrò progressi significativi anche nel settore manifatturiero o - per usare un termine moderno - industriale 10 . Occorre precisare che l’industrializzazione come comunemente l’intendiamo inizierà solo verso la fine del secolo, con la rivoluzione industriale inglese, che segnerà l’avvento di una nuova epoca (vedi ....). Ma essa potrà svilupparsi proprio grazie al fitto tessuto di attività manifatturiere cresciuto nel corso dell’età moderna: tanto che alcuni storici hanno coniato il termine “protoindustria” per definire la produzione manifatturiera settecentesca. Artigianato e corporazioni La forma di produzione prevalente era l’artigianato, sviluppato nelle botteghe cittadine ove operavano maestri, operai e apprendisti inquadrati in corporazioni ⇗ che regolavano ancora tutti gli aspetti fondamentali dell’attività produttiva: durata giornaliera del lavoro, modalità di assunzione e le paghe, standard di qualità dei prodotti, prezzi di vendita. Il fatto più notevole del Settecento è l’attacco cui vennero sottoposti i regolamenti corporativi sia da parte degli economisti innovatori, perché limitavano la libera concorrenza e la mobilità dei lavoratori, per esempio proibendone l’immigrazione, sia da parte dei poteri pubblici, che vedevano nelle corporazioni la sopravvivenza di un potere autonomo da quello dello stato. Assistiamo anche in questo campo allo scontro fra “tradizione” e “innovazione” che abbiamo visto accendersi a proposito dell’agricoltura comunitaria, e anche in questo caso prevalsero le istanze di modernizzazione. Decreti di riduzione dei privilegi corporativi o, addirittura, di abolizione delle corporazioni si susseguirono. -2 r L’industria a domicilio Contribuì alla dissoluzione del sistema corporativo anche lo sviluppo dell’industria a domicilio ↗, o “manifattura dispersa” (putting-out system in inglese; Verlagssystem in tedesco). Nata, come sappiamo, già nel Seicento, nel corso del Settecento l’industria a domicilio conobbe un forte sviluppo, soprattutto nelle lavorazioni di prodotti tessili di cotone, molto richiesti da una popolazione in espansione.
↗
Il mercantilismo in sintesi
▶ la ricchezza di un paese si misura dalla quantità di moneta preziosa che possiede ▶ lo stock della ricchezza globale disponibile è fisso ▶ la concorrenza consiste nell’aumentare la propria quantità di ricchezza a danno dei paesi rivali ▶ una giusta politica economica deve perciò aumentare le esportazioni e ridurre le importazioni
↗ memo L’industria a domicilio prevedeva un mercanteimprenditore che acquistava materie prime, le affidava in lavorazione a famiglie contadine, fornendo loro gli strumenti di produzione, per poi ritirare e vendere il prodotto finito.
I cereali furono probabilmente le prime piante a essere colti vate, a partire dal VII-VI millennio a.C., sia attorno ai grandi fiumi dell’Egitto, della Mesopotamia, dell’India e della Cina, sia nell’America precolombiana. Diversi tipi di cereali Il cereale per eccellenza è il frumento (o grano) dalla cui fari na si ricavano il pane di migliore qualità, le focacce e la pasta. Ma un ruolo determinante nell’alimentazione, soprattutto dei ceti poveri, hanno avuto per secoli anche i vari cereali co siddetti “minori”: la segale, originaria dell’Asia Minore, l’a vena, il sorgo, il miglio, l’orzo, il grano saraceno, proveniente dall’Estremo Oriente (da non confondersi con il granoturco o mais, importato dall’America a partire dal Cinquecento). XVI secolo, il riso fu coltivato soprattutto in Spagna, nei Paesi Bassi e nella pianura padana.
▪ Enis voluptat que sam et etur se consecu aut verfero riaeped quam, ut es mincipsamfa cepre pudandi onsequatemos serum. 45
storia per immagini
Simboli rivoluzionari L’
esercizio del potere – scrive la storica Lynn Hunt – «richiede sempre pratiche simboliche. Non si può compiere l’atto di governare senza storie, segni e simboli che indichino e riaffermino la legittimità di quel governo. La rivoluzione francese mise particolarmente in rilievo il problema del processo di creazione di simboli, perché i rivoluzionari si trovarono in mezzo a una rivoluzione prima di avere modo di riflettere sulla loro situazione. Inventarono simboli e rituali lungo il cammino».
Durante la rivoluzione La coccarda tricolore
patriottica (il blu e il rosso per i colori di Parigi, il bianco della bandiera dei Borbone), nata nei primi mesi della rivoluzione, divenne obbligatoria per tutti gli uomini dopo il 5 luglio 1792.
anche gli oggetti più normali - come gli ornamenti, i vestiti, le stoviglie, i calendari, le carte da gioco - divennero emblemi politici, mezzi con i quali le persone divenivano consapevoli della propria scelta di campo e la affermavano.
Sovente questi alberi
venivano piantati nel corso delle feste rivoluzionarie, grandi cerimonie popolari fatte per celebrare e rinsaldare la fratellanza rivoluzionaria, nel corso delle quali i pubblici ufficiali dovevano pronunciare il giuramento rivoluzionario.
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Lezione 2 L’economia europea prima dell’industrializzazione
I rivoluzionari vollero abolire ogni distinzione basata sull’abbigliamento, eredità dell’Antico regime. Vennero aboliti gli abiti religiosi; i funzionari erano vestiti come tutti gli altri, salvo una sciarpa tricolore; i militanti di quartiere parigini portavano il berretto frigio rosso (il “berretto della libertà”).
Altri simboli vennero rielaborati
da tradizioni culturali diverse, per esempio la livella massonica per simboleggiare l’uguaglianza, l’alloro romano per la virtù civica, l’occhio egizio per la vigilanza rivoluzionaria.
Simbolo universale di adesione alla rivoluzione, l’albero della libertà (che era stato in realtà “inventato” dai rivoluzionari americani) venne eretto in tutta la Francia a decine di migliaia.
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unità 2 Lo sviluppo dell’Occidente medievale
LABORATORIO DELLE competenze
Compito di realtà
Competenze attivate
Il compito di realtà che ti proponiamo è concreto e operativo, ti permette di lavorare in autonomia e, al contempo, di collaborare con i tuoi compagni. In questa Unità hai studiato, tra i vari argomenti, il complesso rapporto fra il mondo arabo/musulmano e l’occidente cristiano. Hai potuto constatare come queste due realtà, nel corso del Medioevo, si incontrino e si scontrino anche sul territorio europeo (Lezione 7). Transitando nei territori europei, compiendo scorrerie e colonizzando alcune terre, gli arabi hanno lasciato le loro tracce in Europa, e in particolar modo in Spagna.
L’ATTIVITÀ Immagina di dover allestire una mostra sulla Spagna araba. Divisi in piccoli gruppi, concordati con l’insegnante, dovete cercare informazioni sulle principali opere architettoniche e artistiche del califfato in Spagna, nonché della cultura diffusa dagli arabi attraverso la produzione letteraria, e costruire pannelli (o una serie di slides) in cui vengano riprodotte le immagini delle opere scelte, didascalie delle opere stesse e brevi informazioni sul contesto storico-geografico in cui furono prodotte. Ogni gruppo lavora su una parte della mostra: potete dividervi a seconda del contesto geografico (qualcuno si occuperà della Alhambra di Granada per esempio, qualcuno della moschea di Cordova…), dell’ambito (arti visive, architettura, letteratura….) o semplicemente delle operazioni di svolgere (chi cerca immagini, chi scrive le didascalie, chi dà forma ai pannelli…), pur motivando la scelta fatta e concordandola con l’insegnante.
fase 1
▶▶Collaborare e partecipare ▶▶Discutere e argomentare ▶▶Agire in modo autonomo e responsabile ▶▶Sviluppare lo spirito di iniziativa e d’imprenditorialità
Divisione in gruppi, assegnazione dei compiti, scelta di un titolo per la mostra 30 minuti
Sviluppo, guida e suggerimenti...... Testo paragrafetto testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo fase 2
Ricerca della documentazione 1 ora
Sviluppo, guida e suggerimenti...... Testo paragrafetto testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo fase 3
Costruzione dei pannelli o slides 1 ora e 30 minuti (più l’eventuale lavoro a casa)
FASI DI SVOLGIMENTO E TEMPI fase 1
Divisione in gruppi, assegnazione dei compiti, scelta di un titolo per la mostra 30 minuti
fase 2
Ricerca della documentazione 1 ora
fase 3
Costruzione dei pannelli o slides 1 ora e 30 minuti (più l’eventuale lavoro a casa)
fase 4
Presentazione all’insegnante 1 ora
fase 5
Autovalutazione e riflessioni conclusive collettive 30 minuti
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Sviluppo, guida e suggerimenti...... Testo paragrafetto testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo fase 4
Presentazione all’insegnante 1 ora
Sviluppo, guida e suggerimenti...... Testo paragrafetto testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo fase 5
Autovalutazione e riflessioni conclusive collettive 30 minuti
Dopo l’esposizione all’insegnante, prova a valutare tu stesso il lavoro che hai compiuto e le modalità per realizzarlo, soffermandoti anche sulle competenze che ti sembra di avere sviluppato e sulle principali difficoltà incontrate. Puoi servirti di una tabella come quella suggerita di seguito ((testo falso)).
LABORATORIO DELLE COMPETENZE
Classe capovolta
Competenze attivate
L’idea-base della classe capovolta (o flipped classroom) è che la lezione su un certo argomento inizi a casa attraverso la visione di video didattici, risorse on-line o la lettura di testi, mentre in classe l’argomento sarà approfondito anche attraverso attività di gruppo. A casa, dunque, dovrai guardare video e analizzare testi attraverso una modalità di “studio attivo”, cioè prendendo appunti e svolgendo brevi attività di comprensione e di autoverifica delle conoscenze acquisite. Successivamente, in classe, svolgerai lavori di gruppo e parteciperai attivamente alla presentazione alla classe del tuo lavoro, assieme ai compagni con cui hai collaborato.
▶▶Collaborare e partecipare ▶▶Discutere e argomentare ▶▶Agire in modo autonomo e responsabile ▶▶Risolvere problemi
ARGOMENTO PROPOSTO
Federico II, stupor mundi: un sovrano capace di costruire un regno caratterizzato da una forte attività legislativa e dall’innovazione artistica e culturale, oppure un re come altri?
fase 1
Lavoro a casa sui materiali di base
fase 2
1 ora e 30 minuti
Guarda i seguenti video e prendi appunti. Poi rispondi alle domande sottostanti. ▶▶ Da Enrico VI a Federico II sito di Treccani scuola: https://www.youtube.com/ watch?v=ZbmjWwoW70A ▶▶ Federico e la Chiesa. Cronaca di un duello sito di RaiStoria: http://www.raistoria.rai.it/articoliprogramma/federico-e-la-chiesa-cronaca-di-unduello/34833/default.aspx ▶▶ Federico II di Svevia, imperatore filosofo sito di RaiScuola: http://www.raiscuola.rai.it/articoliprogramma-puntate/franco-cardini-federico-ii-disvevia-imperatore-filosofo/41034/default.aspx 1 Perché il regno di Federico II è un regno fortemente accentrato ? 2 Perché Federico II è considerato un “vero amante della cultura”? 3 Quale fu l’opinione dei papi che si susseguirono sotto il regno di Federico II sul sovrano? Quali i rapporti fra Federico e la Chiesa? 4 Perché, secondo lo storico Franco Cardini, l’immagine di Federico II come un sovrano straordinario ed eccezionale per la sua epoca è da ridimensionare?
Lavoro in classe su materiali di approfondimento 2 ore
Dividetevi in gruppi e scegliete un tema da approfondire fra quelli proposti. Leggete quindi i documenti sottostanti e preparate una scaletta dei punti da sviluppare e delle problematiche sollevate negli articoli. ▶▶ Federico II e la Scuola siciliana http://www.treccani.it/export/sites/default/scuola/ lezioni/lingua_e_letteratura/SCUOLA_SICILIANA_ lezione_mod.pdf http://www.instoria.it/home/scuola_siciliana.htm ▶▶ Federico II e l’Islam http://www.medievista.it/wp-content/ uploads/2014/05/Federico-II-e-lIslam.pdf http://www.treccani.it/enciclopedia/ lucera_%28Federiciana%29/ ▶▶ Le Costituzioni melfitane http://www.instoria.it/home/federico_II_ costituzioni_melfitane.htm http://www.educational.rai.it/materiali/file_ lezioni/58630_636012643866860019.pdf
fase 3
Presentazione e conclusione 2 ore
Scegliete per ciascun gruppo un portavoce, che presenti al resto della classe i risultati del vostro lavoro di gruppo, seguendo la scaletta elaborata ed esponendo per 10 minuti circa. Se lo desiderate, potete proiettare con la lavagna multimediale le slides che sintetizzino i contenuti principali. Al termine di tutte le esposizioni, cercate di rispondere alla domanda sulla figura di Federico II; ciascuna risposta dovrà essere motivata.
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unità 2 Lo Lo sviluppo dell’Occidente Medievale
Verso il nuovo Esame di Stato Il tema storico: consigli per la stesura
Il tema storico è una delle tipologie attualmente previste per la prima prova dell’Esame di Stato. Per svolgere questa prova sono necessari alcuni prerequisiti, quali: la conoscenza degli eventi e delle questioni storiche indicati nella traccia; saper interpretare adeguatamente le fonti; la capacità di applicare tecniche di argomentazione. Vediamo nel dettaglio questi tre aspetti.
Conoscenza degli eventi e delle questioni storiche
Competenze attivate
▶▶Progettare ▶▶Individuare collegamenti e relazioni ▶▶Collegare passato/presente ▶▶Sviluppare il pensiero critico e consapevole
grifici, carte)) testo testo testotesto testo testo testo testo testo testo testo testo
l tema storico deve riprendere almeno brevemente o parzialmente la narrazione dei fatti a cui il titolo fa riferimento: tale narrazione deve tenere conto della complessità degli eventi e dei fenomeni storici e dei nessi di causa ed effetto tra gli eventi narrati. I dati storici che si intendono analizzare e/o citare devono essere descritti con correttezza, così come i luoghi e i tempi devono essere sempre esplicitati nel modo più preciso possibile. Interpretazione dei documenti È necessario presentare le diverse tipologie di fonti proposte per lo svolgimento del tema, siano esse interpretazioni storiografiche, documenti coevi ai fatti, cronache o anche immagini, grafici e carte geografiche. In particolare è necessario far dialogare fra loro le principali interpretazioni che gli storici hanno prodotto sul tema, riassumendo le loro ipotesi interpretative. Se le posizioni storiografiche sono contrapposte, occorre confrontarle. ((da sistemare: accennare per es. anche alla lettura di imma,
Applicare tecniche di argomentazione Si può proporre il proprio punto di vista, purché esso sia motivato da tesi solidamente argomentate. Le citazioni tratte dalle fonti storiche e dai testi di storiografia che accompagnano la traccia devono essere bene integrate nella narrazione, in modo tale che il testo sia coerente e coeso. fase 1
analisi del titolo
fase 2
lettura e analisi dei documenti forniti
fase 3
preparazione della scaletta
fase 4
stesura del testo
fase 5
revisione
la traccia
L’Europa cristiana e il mondo islamico si incontrano e si scontrano nell’Alto medioevo. Federico II, stupor mundi: un sovrano capace di costruire un regno caratterizzato da una forte attività legislativa e dall’innovazione artistica e culturale, oppure un re come altri? fase 1 analisi del titolo Testo finto Hilla dolorumquis debis cupta natem audam evelent enimporum sit enima conet omnimus apicate denihicium qui cum quis rem nimporectur ant eos et ulparuptate et laut remo omnitassimus aut iunt, et fugitio nsequi bea cum que et, officid moluptatiis serrovit laccus dolupitis quo que des escimol uptatur moluptatus re nos que nus simus modi dolorum doluptaquis sit lant est am, simo eaque custium facidio optiore ptatur? Agnihilliti doloriorrum reheni omni cones demporem asi res seruptas inctiis intisto modi blant aut aspiet prem sequi omnis aut latatem velesequi quis aut aliat la nis iume dendita tempor simpernatum ea nobitia se in re, unt.
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Iquis ea sitae denda consequis dolupta tisquat facesediae cusdame non nimus, quam et od quid quia et odi quibuscia dolorem peratiscil magnia volupta temqui beatiberum quatur ressequide sincid min nime pe niet aligeni enducip sanienienime nonsequosam, il mi, quamus expernam non etur sum eum exerspe rioreperum eicid quae re plignia sitis et veliquiam que volestissit volupitibus, nonsedigenda esti tempor sam dist quam, sum sit et dollenem et dolupta tuscienihit omnimolori blant voloreh enimolo omnis volum nobitatia cusam cus con eaquae di rem quae nobitatio. Neque sapis is sus desernatibus quisciis nonsed undissit eventisquam quatus accusan delenit atatess inventia nonseque none velenihil int.
LABORATORIO DELLE COMPETENZE
documenti
doc 2
M. Montanari, Il mondo in cucina. Storia, identità, scambi, Laterza, Roma-Bari 2006, p. ??
doc 3
FB. Lewis, Culture in conflitto. Cristiani, ebrei e musulmani alle origini del mondo moderno, Donzelli, Roma 1997, p. 18
doc 5
fase 2 lettura e analisi dei documenti forniti Testo finto Hilla dolorumquis debis cupta natem audam evelent enimporum sit enima conet omnimus apicate denihicium qui cum quis rem nimporectur ant eos et ulparuptate et laut remo omnitassimus aut iunt, et fugitio nsequi bea cum que et, officid moluptatiis serrovit laccus dolupitis quo que des escimol uptatur moluptatus re nos que nus simus modi dolorum doluptaquis sit lant est am, simo eaque custium facidio optiore ptatur? Agnihilliti doloriorrum reheni omni cones demporem asi res seruptas inctiis intisto modi blant aut aspiet prem sequi omnis aut latatem velesequi quis aut aliat la nis iume dendita tempor simpernatum ea nobitia se in re, unt. Aperro in exernati qui aspis num volupta tiaspel iduscim iur autatur rem debisciae idustia ndipidi ut apellup tasperum idundento idellibus quo et re dolorum erferitin re, qui ut quassimus estinve litatur, que es maximi, nulluptatur, quo eatet faceptur? Qui cuptaec ulliquias ea ducius eosam quias nobitinus, quam, cus quisto officiatiati a volorrum velita volentur as eos dolupta ne odicipsa imi, que quia consequi veni iliaeped esciae nos vellici duciti omnia dolupti isciam volo venia post, aut quo quiam ipsum quia serem sit quam nosa nus alit unte consequ assitis dolupta veliquo volesti urione denimol oribus.
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
Lezione 2
discorso pubblico
La “globalizzazione” settecentesca Spazio atlantico e spazio indo-asiatico il filo della
storia
sapete già che... ▶▶nel Settecento iniziò un ciclo demografico espansivo e si sviluppò la produzione agricola ▶▶si diffusero colture come il mais e la patata provenienti dalle Americhe ▶▶si verificò una diffusione del sistema dell’industria a domicilio ▶▶a partire dal Cinquecento, le potenze europee avevano costituito imperi coloniali nelle Americhe
in questa lezione studierete... ▶▶perché possiamo parlare di “globalizzazione” settecentesca ▶▶quale fu il ruolo dei “commerci triangolari” atlantici ▶▶come si trasformò la presenza commerciale e coloniale europea in Asia ▶▶la formazione dell’“economia-mondo” e la nuova gerarchia delle potenze europee
◀ Enis voluptat que sam et etur se consecuptur aut verfero riaeped quam.Lit la dolupti ustiorumqui optur sinctur, sume voluptae.
il passato con gli occhi del presente
Che cos’è una “globalizzazione”? Dagli ultimi decenni del Novecento, il termine “globalizzazione” è entrato nel nostro linguaggio quotidiano a indicare l’integrazione di merci e capitali su scala mondiale che caratterizza la nostra epoca. La globalizzazione odierna non è nata dal nulla: è la forma più sviluppata di un processo di integrazione dei mercati che ebbe inizio nel Cinquecento, con le scoperte geografiche e l’apertura di rotte commerciali per le Americhe e per l’Asia, per conoscere poi una fase di grande accelerazione nel Settecento. Fu con la “proto-globalizzazione” settecentesca, com’è chiamata da alcuni storici, che si posero le basi per un ulteriore sviluppo della integrazione economica mondiale. Studiando questo fenomeno, metteremo a fuoco alcune categorie utili a comprendere meglio anche la globalizzazione in cui siamo oggi immersi.
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▼ Nulligniatur millendio minctur modi vit que laborep ernatiberi dolupta tation cum earum vel ipistis.
unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
Lezione 2
politica e diritti
La “globalizzazione” settecentesca Spazio atlantico e spazio indo-asiatico il filo della
storia
sapete già che...
in questa lezione studierete...
▶▶nel Settecento iniziò un ciclo demografico espansivo e si sviluppò la produzione agricola ▶▶si diffusero colture come il mais e la patata provenienti dalle Americhe ▶▶si verificò una diffusione del sistema dell’industria a domicilio ▶▶a partire dal Cinquecento, le potenze europee avevano costituito imperi coloniali nelle Americhe
▶▶perché possiamo parlare di “globalizzazione” settecentesca ▶▶quale fu il ruolo dei “commerci triangolari” atlantici ▶▶come si trasformò la presenza commerciale e coloniale europea in Asia ▶▶la formazione dell’“economia-mondo” e la nuova gerarchia delle potenze europee il passato con gli occhi del presente
Che cos’è una “globalizzazione”? Dagli ultimi decenni del Novecento, il termine “globalizzazione” è entrato nel nostro linguaggio quotidiano a indicare l’integrazione di merci e capitali su scala mondiale che caratterizza la nostra epoca. La globalizzazione odierna non è nata dal nulla: è la forma più sviluppata di un processo di integrazione dei mercati che ebbe inizio nel Cinquecento, con le scoperte geografiche e l’apertura di rotte commerciali per le Americhe e per l’Asia, per conoscere poi una fase di grande accelerazione nel Settecento. Fu con la “proto-globalizzazione” settecentesca, com’è chiamata da alcuni storici, che si posero le basi per un ulteriore sviluppo della integrazione economica mondiale. Studiando questo fenomeno, metteremo a fuoco alcune categorie utili a comprendere meglio anche la globalizzazione in cui siamo oggi immersi.
▲ Enis voluptat que sam et etur se consecuptur aut verfero riaeped quam. Lit la dolupti ustiorumqui optur sinctur, sume voluptae.
▶ Nulligniatur millendio minctur modi vit que laborep ernatiberi dolupta tation cum earum vel ipistis.
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento
Lezione 2
economia, lavoro e tecnologia
La “globalizzazione” settecentesca Spazio atlantico e spazio indo-asiatico il filo della
storia
sapete già che... ▶▶nel Settecento iniziò un ciclo demografico espansivo e si sviluppò la produzione agricola ▶▶si diffusero colture come il mais e la patata provenienti dalle Americhe ▶▶si verificò una diffusione del sistema dell’industria a domicilio ▶▶a partire dal Cinquecento, le potenze europee avevano costituito imperi coloniali nelle Americhe
in questa lezione studierete... ▶▶perché possiamo parlare di “globalizzazione” settecentesca ▶▶quale fu il ruolo dei “commerci triangolari” atlantici ▶▶come si trasformò la presenza commerciale e coloniale europea in Asia ▶▶la formazione dell’“economia-mondo” e la nuova gerarchia delle potenze europee
il passato con gli occhi del presente
Che cos’è una “globalizzazione”? Dagli ultimi decenni del Novecento, il termine “globalizzazione” è entrato nel nostro linguaggio quotidiano a indicare l’integrazione di merci e capitali su scala mondiale che caratterizza la nostra epoca. La globalizzazione odierna non è nata dal nulla: è la forma più sviluppata di un processo di integrazione dei mercati che ebbe inizio nel Cinquecento, con le scoperte geografiche e l’apertura di rotte commerciali per le Americhe e per l’Asia, per conoscere poi una fase di grande accelerazione nel Settecento. Fu con la “proto-globalizzazione” settecentesca, com’è chiamata da alcuni storici, che si posero le basi per un ulteriore sviluppo della integrazione economica mondiale. Studiando questo fenomeno, metteremo a fuoco alcune categorie utili a comprendere meglio anche la globalizzazione in cui siamo oggi immersi.
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▲ Enis voluptat que sam et etur se consecuptur aut verfero riaeped quam. Lit la dolupti ustiorumqui optur sinctur, sume voluptae. ▲ Nulligniatur millendio minctur modi vit que laborep ernatiberi dolupta tation cum earum vel ipistis.
Lezione 1 La globalizzazione settecentesca
geografie e interdipendenze
Lezione 1 La globalizzazione settecentesca
Lezione 1 La globalizzazione settecentesca
Lezione 1 La globalizzazione settecentesca
economia, lavoro e tecnologia
PER FISSARE I CONCETTI
PER FISSARE I CONCETTI
PER FISSARE I CONCETTI
1. Sintetizza i contenuti del paragrafo utilizzando i seguenti termini o espressioni (max. 20 righe): interdipendenza economica • protoglobalizzazione • merci globali • centro e periferia • economia-mondo
1. Sintetizza i contenuti del paragrafo utilizzando i seguenti termini o espressioni (max. 20 righe): interdipendenza economica • protoglobalizzazione • merci globali • centro e periferia • economia-mondo
1. Sintetizza i contenuti del paragrafo utilizzando i seguenti termini o espressioni (max. 20 righe): interdipendenza economica • protoglobalizzazione • merci globali • centro e periferia • economia-mondo
1. Sintetizza i contenuti del paragrafo utilizzando i seguenti termini o espressioni (max. 20 righe): interdipendenza economica • protoglobalizzazione • merci globali • centro e periferia • economia-mondo
politica e diritti
economia, lavoro e tecnologia
2. Illustra in forma orale (3 min.) o scritta (max. 10 righe) le ragioni per cui gli storici parlano di una “proto-globalizzazione” settecentesca.
discorso pubblico
2. Illustra in forma orale (3 min.) o scritta (max. 10 righe) le ragioni per cui gli storici parlano di una “proto-globalizzazione” settecentesca.
Geografie e interdipendenze
↗
Lo spazio atlantico Osserva e localizza
politica e diritti
Lo spazio atlantico Osserva e localizza
▶ Le rotte del commercio triangolare: dall’Europa all’Africa occidentale, dall’Africa alle Americhe (Brasile, area caraibica, America del nord), dalle Americhe all’Europa.
2. Illustra in forma orale (3 min.) o scritta (max. 10 righe) le ragioni per cui gli storici parlano di una “proto-globalizzazione” settecentesca.
2. Illustra in forma orale (3 min.) o scritta (max. 10 righe) le ragioni per cui gli storici parlano di una “proto-globalizzazione” settecentesca.
discorso pubblico
Lo spazio atlantico titolo più lungo
▶ Le rotte del commercio triangolare: dall’Europa all’Africa occidentale, dall’Africa alle Americhe (Brasile, area caraibica, America del nord), dalle Americhe all’Europa.
↗
politica e diritti
PER FISSARE I CONCETTI
Geografie e interdipendenze
↗
discorso pubblico
Osserva e localizza
▶ Le rotte del commercio triangolare: dall’Europa all’Africa occidentale, dall’Africa alle Americhe (Brasile, area caraibica,
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economia, lavoro e tecnologia
Lo spazio atlantico Osserva e localizza
▶ Le rotte del commercio triangolare: dall’Europa all’Africa occidentale, dall’Africa alle Americhe (Brasile, area caraibica, America del nord), dalle Americhe all’Europa.
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unità 1 L’Europa e il mondo nel Settecento Geografie e interdipendenze
fonti visive
discorso pubblico
fonti visive
politica e diritti
fonti visive
economia, lavoro e tecnologia
fonti visive
geografie e interdipendenze
L7
Cambiare il comune modo di pensare: il discorso illuminista
discorso pubblico
L7
Cambiare il comune modo di pensare: il discorso illuminista
▪ L’Illuminismo fu un grande movimento culturale il cui ▪ L’Illuminismo fu un grande movimento culturale il cui programma era quello di “rischiarare” l’opinione pubblica (concetto formulato dagli stessi illuministi) grazie alla ragione e alla sua capacità di sottoporre a critica ogni cre denza e autorità di cui non fosse possibile dare una giusti ficazione politica e diritti
L7
Cambiare il comune modo di pensare: il discorso illuminista
programma era quello di “rischiarare” l’opinione pubblica (concetto formulato dagli stessi illuministi) grazie alla ragione e alla sua capacità di sottoporre a critica ogni cre denza e autorità di cui non fosse possibile dare una giusti ficazione economia , lavoro e tecnologia
L7
Cambiare il comune modo di pensare: il discorso illuminista
▪ L’Illuminismo fu un grande movimento culturale il cui ▪ L’Illuminismo fu un grande movimento culturale il cui programma era quello di “rischiarare” l’opinione pubblica (concetto formulato dagli stessi illuministi) grazie alla
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programma era quello di “rischiarare” l’opinione pubblica (concetto formulato dagli stessi illuministi) grazie alla
Questioni
Geografie e interdipendenze
Questioni
discorso pubblico
Questioni
politica e diritti
Questioni
economia, lavoro e tecnologia
Questioni → pag. 000 Quali sono le differenze tra la “globalizzazione” settecentesca e quella attuale?
Questioni → pag. 000 Quali sono le differenze tra la “globalizzazione” settecentesca e quella attuale?
Questioni → pag. 000 Quali sono le differenze tra la “globalizzazione” settecentesca e quella attuale?
Questioni → pag. 000 Quali sono le differenze tra la “globalizzazione” settecentesca e quella attuale?
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