8 Giorni in Terra Santa

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ALDO GARELLA

giorni per la

TERRA SANTA

E D I Z I O N I S A V I O L O


Per quanti mai potranno recarsi in Terra Santa, questo libretto servirà ugualmente. L’ho scritto cercando di far conoscere Gesù, Dio fatto uomo, nella Terra in cui visse. Ho privilegiato una narrazione facile, con qualche spunto teologico, sempre appassionata. Spero l’intendiate così. don Aldo



ALDO GARELLA

giorni per la

TERRA SANTA

E D I Z I O N I S A V I O L O



Al mio Angelo Custode piccolo segno di sconfinata gratitudine



Indice

Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Sguardo geografico con flora e fauna . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Breve panorama storico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Programma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 Considerazioni preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Descrizione del Pellegrinaggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 Cronologia da Abramo alla prima Pentecoste cristiana . . . . 95 Goccioline per un sorriso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 Prefazione alla seconda edizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 Ain Karem . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 San Francesco e la Terra della Bibbia . . . . . . . . . . . . . . . . 111 Composizioni musicali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127



Prefazione

Cari amici, vi confesso un rimpianto della mia vita di sacerdote, questo: troppo tardi ho conosciuto la Terra Santa, terra di Gesù. Tuttavia, la buona sorte mi ha concesso di diventare guida di Pellegrinaggi e senza dubbio questo traguardo ha scatenato in me una passione così forte che è gioia di questi miei anni. Le pagine seguenti sono uno stimolo per compiere insieme questo incontro. I giorni sono pochi, però ho cercato di condensare quanto necessario per un ricordo indelebile nell’anima e negli occhi. Ecco alcune cose: durante il Pellegrinaggio i trasferimenti, il vitto e l’alloggio saranno sempre di buon livello, ciò è bene e dico indispensabile. La quota, biada del viaggio, la terremo il più possibile accettabile, (mai apparirà la pur minima ombra di lucro), inoltre, ricordando la nostra infanzia allorquando deponevamo nel salvadanaio pochi spiccioli per grandi sogni, vi invito a tagliare qualche spesa superflua onde favorire tale nostro intento, e se qualcuno vorrà partecipare e come si dice nel nostro dialetto: “Ai la fa nen”, sono sicuro che la voce “solidarietà” affiorirà pronta, silenziosa e operante in mezzo a tutti noi. Can. don Aldo Garella Insegnante di Teologia Dogmatica nel Seminario Vescovile di Biella 16 luglio 2007.

Beata Maria Vergine del Carmelo. 9



Sguardo geografico con flora e fauna

a parte di Terra Santa, di cui ci occupiamo, ha una superficie di circa 30.000 kmq, paragonabile a due volte la nostra Calabria. La lunghezza dal Monte Hermon (2814 mt.) a BĂŠer Sheva nel deserto del Neghev, è di circa 270 km. mentre la larghezza oscilla da 100 a 50 km. A nord confina con l’attuale Libano, a est con la Siria e la Giordania, a sud con la regione del Mar Morto e a ovest con il Mar Mediterraneo. La Terra Santa dunque possiede una striscia costiera, un altopiano centrale con la vasta pianura di Esdrelon e la profonda fossa del Giordano.

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Da questa composizione emergono tre aspetti climatici principali: un clima mediterraneo lungo il mare, un clima temperato nell’altopiano e un clima torrido nella depressione giordanica che si estende sino al Mar Morto, unica realtà al mondo che tocca i 400 metri sotto il livello del mare. In questo ambiente crescono molte varietà di piante e oltre ai sette alberi più nominati della Bibbia (fico, dattero, vite, melograno, olivo, palma e carrubo), troviamo il pomo, il pino, il cipresso, la quercia, l’acacia, il mandorlo, il terebinto, il ginepro e ogni qualità di cereali e ortaggi. Circa gli animali, con quelli menzionati dalla Bibbia (capre, pecore, buoi, asini, cavalli, dromedari), vivono centinaia varietà di uccelli e numerose speci di pesci e non rari sono gli sciacalli, le antilopi e le gazzelle. 12


Breve Panorama Storico

ttorno all’anno 2000 a.C., dalla città di Ur dei Caldei, vicina alla foce del fiume Eufrate sul Golfo Persico, Abramo, di fede politeista, decide di emigrare (certamente Dio non è estraneo a questa scelta), e così, con la bellissima moglie Sara e il suo clan (qualche centinaio di persone con armenti e buoi), si incammina verso terre nuove. Dopo un percorso di 1500 km., a settantacinque anni di età, giunge sui monti di Samaria accolto dalla popolazione locale quale capo di gente dedita alla pastorizia. Forti e laboriosi, in breve tempo ottengono stima e rispetto. A causa di una prolungata siccità, Abramo scende in Egitto e quando rientrerà in Palestina, dalla schiava Agar ha il figlio Ismaele, e dopo, dalla moglie Sara, Isacco. Per questi avvenimenti Abramo sarà costretto ad abbandonare Agar e quando Sara morirà la seppellirà in una caverna a Macpela, difronte a Hebron. Ormai Abramo è l’uomo di Dio soprattutto dopo l’eroico atto di ubbidienza, pronto a sacrificare il figlio Isacco “Tesoro dei suoi tesori”. Verso il 1800 a.C. muore vecchissimo e viene sepolto accanto alla moglie Sara. Nel dopo Abramo, Isacco ha due gemelli, Esaù e Giacobbe. Questi otterrà la benedizione con le promesse e i suoi 12 figli saranno i capostipiti delle 12 tribù di Israele; eccoli: Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Dan, Néftali, Gad, Aser, Issacar, Zabulon, Giuseppe, Beniamino.

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Verso il 1700 a.C., Giacobbe con 11 figli e le loro famiglie, di nuovo, a causa di una grande siccità, scende in Egitto ove rivede il figlio Giuseppe, venduto un giorno dai suoi fratelli a dei carovanieri e adesso potentissimo nella terra dei Faraoni. Trascorrono 400 anni quando sugli Ebrei, prosperosi e invidiati, si abbatte la persecuzione e la schiavitù. E’ l’ora di Mosè il gagliardo liberatore, il quale con abili manovre riuscirà a portare in salvo il suo popolo dando inizio alla sbalorditiva epopea dei 40 anni nel deserto. Questo tempo di preziosa formazione spirituale, tra prove di ogni genere, arrecherà frutti perenni: Israele conosce il suo unico Dio con la sua legge, Dio possiede il suo popolo. Dovunque si fissa l’accampamento al centro si alza la tenda con l’arca dell’alleanza e le tavole della legge, segno di quel tempio che un giorno sorgerà in Gerusalemme. Mosè muore sul monte Nebo, dopo che i suoi occhi pieni di lacrime di gioia, hanno visto la terra della promessa, senza che le sue mani l’abbiamo potuta accarezzare e i suoi piedi attraversarla. A lui succede colui che è il suo braccio destro: “Giosuè“. Siamo attorno al 1230 a.C.. Gli Ebrei si impossessano della città di Gerico porta d’ingresso alla terra sognata. Verso il 1190 a.C. Giosuè muore con i suoi sogni realizzati. A Sichem attorno al pozzo voluto da Giacobbe, segno di vita, le dodici tribù hanno solennemente promesso di servire soltanto Jahvé e di ascoltarne per sempre la voce. Dopo Giosuè, entra in scena il “Consiglio degli Anziani”; sarà l’epoca dei “Giudici” che guideranno la nazione alla monarchia. Il primo re è Saul dal 1020 al 1000 a.C.. Gli succede Davide che con Abramo e Mosè è la terza stella di Israele. Conquistata Gerusalemme la fa sua capitale, trasferendovi l’arca dell’alleanza e sognando una casa per il suo Dio: il grande Tempio. 14


Dal 970 al 930 a.C. regna Salomone e con le sue brillanti doti porta la nazione ebraica al vertice della sua grandezza. Morto Salomone, i suoi figli operano la divisione del regno in due stati: a nord Israele con capitale Sichem, a sud Giuda con capitale Gerusalemme. In questo periodo nasce il profetismo. Sono uomini scelti da Dio, muniti di carismi spirituali, hanno il compito di difendere l’alleanza tra Jahvé e il popolo, additando costantemente la giusta via. Nel 722 a.C. gli Assiri conquistano il regno del nord. Nel 587 a.C., Gerusalemme cade in mano ai Babilonesi che distruggono il Tempio e deportano gli Ebrei in Babilonia. Come già avvenuto in Egitto, in mezzo alle prove e al dolore, la coscienza nazionale si risveglia riscoprendo i valori fondamentali della tradizione: il monoteismo e la voglia di rimanere uniti e nella speranza di rivedere la patria. Ciò avviene nel 538 a.C. con l’editto di Ciro il persiano. Questo forte condottiero nel 537 a.C. aveva conquistato Babilonia, nell’anno successivo concede agli Ebrei di far ritorno a Gerusalemme, dando loro la possibilità di ricostruire il Tempio. Nel 168 a.C., in Palestina per mano dei fratelli “Maccabei”, figli del sacerdote Mattatia, scoppia la rivolta contro il Re di Siria Antioco IV Epifane. La guerra ha fine nel 142 a.C. con la liberazione del paese e l’adesione al genuino culto di Jahvé; ma la Palestina continua a bruciare per troppe lotte intestine e così giunge il momento della potenza Romana. Assoggettata tutta la costa del Mediterraneo, nel 37 a.C. Roma impone Re di Giudea un personaggio brutale, “Erode il Grande”, con piena giurisdizione su tutta la Palestina. Alla sua morte, (Gesù ha circa 4 anni), il paese viene diviso tra i 3 figli: Archelao, Erode Antipa e Filippo. 15


Frattanto Gesù cresce a Nazaret e dopo una trentina di anni inizia il ministero pubblico che durerà per qualche tempo, perchè sarà missionario nei villaggi e contrade tra gli avvenimenti che ben conosciamo. Con la sua morte e risurrezione, Gesù di Nazaret, il Dio fatto uomo irrompe nella storia: 12 uomini sospinti dalla divina grazia danno inizio al cammino del nuovo mondo in una Chiesa alla quale nulla potrà resistere, tanto che 2000 anni di vita già presentano una testimonianza irrefutabile. Nel 67 d.C., ad Akko il generale romano Vespasiano si prepara a domare la prima rivolta giudaica. Eletto nel 69 imperatore, lascia al figlio Tito la presa di Gerusalemme che avviene l’anno seguente, tra indicibili crudeltà e con la distruzione totale del Tempio. Nel 73 cade Masada, la poderosa fortezza già di Erode il Grande, posta sulla riva del Mar Morto. Nel 135, i Romani reprimono la seconda rivolta giudaica istigata da Bar Cohba, deportando tutti i giudei e passando a fil di spada i renitenti. L’imperatore Adriano, rasa al suolo Gerusalemme, la ricostruirà in stile romano-ellenistico, dandole il nome di “Aelia Capitolina” e seppellendo sotto cumuli di macerie gli edifici santi. Con l’imperatore Costantino (274-337) avvengono profondi cambiamenti nell’Impero Romano: sulle rive del Bosforo sorge la nuova Roma; inoltre, il messaggio di Gesù di Nazaret, al vento della libertà, attraversa ogni frontiera. In questo tempo, grande merito ha la Regina Madre, Elena, la quale con l’aiuto del figlio compie appassionate opere di fede quali la costruzione delle Basiliche del S. Sepolcro e della Natività insieme a tanti altri Santuari che ricordano i fatti salienti della vita del Nazareno. 16


Per la Terra Santa sono anni meravigliosi: i pellegrinaggi si moltiplicano e i monasteri, con schiere di santi asceti, sorgono ovunque. Ma nell’anno 614 ecco una nuova bufera: i persiani con Cosroe occupano la Palestina; è il ritorno del ferro e del fuoco e ogni cosa viene nuovamente distrutta. C’è un fatto prodigioso tra tante devastazioni: a Betlemme la Basilica della Natività viene risparmiata. Perchè?, i soldati ammirando sulla facciata il mosaico realizzato dagli artisti bizantini raffigurante la visita dei Magi al bimbo Gesù, vedono i vestiti, le cose e gli strumenti della loro cultura persiana, sono indizi reali della loro terra, è bene lasciarli così. Passa l’onda persiana e, nel 637, il califfo Omar con i suoi beduini si impadronisce di Gerusalemme. E’ giunto l’Islam, la religione di Maometto. Potrebbe apparire strano, ma sotto il potere di Omar e dei suoi successori, i califfi Arabi, la Palestina gode di un tempo favorevole: i cristiani possono svolgere le loro attività e pure la minoranza ebrea agisce libera e tollerata. Nell’800 il sultano d’Egitto AlHakim, seguito poi dai Turchi, rovescia il dominio arabo; l’incantesimo è finito, si ritorna alle barbarie. Nel 900 è data a fuoco la Basilica del Santo Sepolcro, i pellegrinaggi sono vietati, i beni confiscati e i martiri non si contano più. A questa svolta la Cristianità risponderà con l’avventura delle Crociate, sorte per liberare il Santo Sepolcro e la Terra Santa. Dal 1095 al 1270 si succederanno quelle otto spedizioni che in parte conosciamo e che ci condurranno in un labirinto senza fine. Virtù e vizi, eroismi e nefandezze, amore e odio si alterneranno tra i contendenti, lungo la scia di una storia che, senza mai apprendere nulla, continuamente rinnova lacrime e dolori. Infatti, da quando l’uomo è su questa terra, cammina in una valle di lacrime tante volte voluta da se medesimo. 17


Sono certo che il solo raggio di speranza si trovi all’ombra di quella croce ove il Dio fatto uomo muore. Lui solo, unendo alle sue sofferenze quelle dell’umanità, sa trarre anche dalle colpe più torbide il perdono e sa offrire a tutti la grazia che redime. Con la caduta di Akko nel 1291, il mondo mussulmano riprende la Terra Santa che sino al 1519 resterà nelle mani dei Mamelucchi e poi della dinastia Turco-Ottomana, sino alla Prima Guerra Mondiale allorquando, l’11 dicembre 1917, la potenza turca si arrende in Gerusalemme al Generale inglese Allenby. Qui termina questo breve panorama storico. A conclusione, desidero tratteggiare una figura di santo che, al dire di molti, è nella storia della Chiesa sino ad oggi il più simile a nostro Signore Gesù Cristo: Francesco d’Assisi. Francesco nasce ad Assisi nel 1182. La sua famiglia è ricca e così trascorre la giovinezza combinandone di belle con l’esperienza di un anno di carcere durante il conflitto tra Assisi e Perugia. Nel 1203, in preghiera in san Damiano, di fronte al Crocifisso, scopre la vocazione di servire la Chiesa. Con undici seguaci fonda quell’Ordine Religioso che diverrà il più grande in seno alla cattolicità. Da allora Francesco avrà per regola il solo Vangelo e, senza farsi sacerdote o monaco, darà tutto se stesso a Cristo e ai fratelli. Il 24 giugno 1219 s’imbarca ad Ancona per Akko. E’ il tempo della V Crociata e subito si porta in Egitto a Damietta, alla foce del Nilo. Con indomito coraggio scongiura le forze cristiane a sospendere la guerra; inascoltato, i Crociati il 29 agosto subiscono una pesante sconfitta. Infiammato d’amore fraterno e avvolto dalla grazia di Cristo, incontra il sultano Melek-el-Kamel dal quale riceve un permesso esclusivo per sostare, ovunque vorrà, in Terra Santa senza pagare pedaggio alcuno. Tornato a casa, nel 1223 18


subirà la prova di una grave malattia agli occhi e riceverà le sante cinque stimmate. Muore nel 1226 mentre i suoi frati e tutta la gente di Assisi, in processione, lo portano sino in san Damiano, ove santa Chiara e le sorelle monache ammirano per l’ultima volta il “santo Fratello” e “il padre nella grazia del Signore”. Scorgo in Francesco, santo e mistico d’eccezione, tre lampi folgoranti. Il primo, è l’amore vivissimo per il mistero del Verbo incarnato. Nessuno quanto lui ha intuito il dono immenso del Dio che si fa carne, compendio e sommo bene di tutto il creato. Un fatto bellissimo conferma questa sua assoluta convinzione: nel santo Natale del 1223, Francesco inaugurò il primo presepio vivente. Chi potrà mai conoscere il bene sorgivo di quella notte vissuta da umili pastori che vanno incontro, alla luce delle fiaccole, al bimbo Salvatore? Da quell’anno in ogni casa cristiana il presepe avrà un posto privilegiato, scuola basilare della nostra fede. Il secondo lampo originato dal primo è l’amore senza condizioni verso il prossimo e il creato. “Se Cristo mi ha amato sino a dare la vita per me perchè io non devo fare altrettanto per i fratelli?”. Il terzo è l’illuminazione che Francesco riceve nella mente e nel cuore ad accogliere la religione Islamica propria dei discendenti di Ismaele, figlio di Abramo e di Agar. Dal momento che c’è la promessa di Dio fatta ad Abramo, quella che un giorno nel suo nome saranno radunate tutte le genti della terra, possiamo dedurre che l’Islam è un catecumenato idoneo a condurre tutti i suoi proseliti, all’ebreo Gesù figlio di Maria, redentore e unificatore dell’umanità. E infine ecco i frutti della santità di Francesco sbocciati da quei gesti benedetti da lui compiuti in Terra Santa: i suoi frati da secoli hanno la “Custodia” della Terra di Gesù, affermandosi sempre 19


come esempi di vita spirituale, di evangelizzazione ecumenica, di eroismi sino al martirio, imponendosi nella ricerca scientifica con pubblicazioni ineguagliabili. Un grazie vero e un abbraccio per questi santi padri, a coloro che già sono in cielo, a coloro che oggi sono quaggiù e a coloro che verranno. San Francesco sia con noi.

San Francesco d’Assisi (incisione da: Hartmann Schedel «Liber Cronicarum» - Norimberga 1493). 20


STEMMA della CUSTODIA di TERRA SANTA

Dall’alto in basso osserviamo: La corona: segno del regno di Gerusalemme e della nobile missione della Custodia. La colomba: simbolo dello Spirito Santo. L’iscrizione: “S. mons Sion in Jerusalem” il santo monte Sion in Gerusalemme. La croce centrale circondata da quattro croci più piccole: segno delle cinque piaghe di Gesù. Le due palme: segno dei martiri. Le braccia incrociate: segno dell’amore francescano.

CROCE di TERRA SANTA E’ la grande croce circondata da quattro croci più piccole segni delle cinque piaghe di Gesù e distintivo dell’Ordine Equestre dei Cavalieri del S. Sepolcro di Gerusalemme.

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Premessa

tto giorni per la Terra Santa” è la proposta di una straordinaria avventura, grande dono per coloro che almeno una volta la possono vivere. Nella mia semplice esperienza, ho scelto un’impostazione abbastanza diversa dalla tradizionale e cioè: non potendo vedere tutto, raccoglieremo l’essenziale e non ci tufferemo in abbuffate di pratiche. Pregheremo il Signore perchè illumini ciascuno con i suoi doni; il resto ci verrà dalla Terra Santa stessa con i panorami d’incanto, con i luoghi impregnati delle ansie, dei dolori, delle gioie di milioni di persone che l’hanno attraversata e infine, con il suo cielo azzurrissimo unito a tante altre emozioni che amplieranno quella nostalgia di infinito che c’è nel cuore dell’uomo, preludio alla Gerusalemme celeste. Accompagnati dall’invito di due pilastri della teologia, da sant’Agostino che ci sussurra: “ama e più conoscerai” e da san Tommaso d’Aquino che ci sprona: “conosci e più amerai”, cercheremo di possedere la perla preziosa della Terra Santa: “rivivere i segni che Gesù di Nazaret figlio di Maria, Dio fatto uomo, ha compiuto in questo suo luogo di adozione, perchè essi perdurano nello scorrere del tempo, dentro le svariatissime vicissitudini umane e dentro il galoppante progresso, se pur così lo possiamo definire. Le impronte spirituali e fisiche di Gesù da 2000 anni toccano coloro che qui si ritrovano cosicchè, consapevoli o meno, ognuno è avvolto da queste radiazioni divine e seppure rimangono i misteri

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della sofferenza, della morte, della vita, del peccato, della grazia, dei fatti umani belli e brutti a non finire, è in questa Terra Santa che Gesù ha redento con la sua morte ogni uomo e con la sua Resurrezione e Ascensione al cielo ha aperto a tutti le porte del Paradiso. Questo è il nostro scopo, lasciarci inondare dalla Terra di Gesù piccolissimo lembo dell’universo, unico, irrepetibile, divino e umano, miniera inesauribile di bontà e misericordia del nostro Redentore. Se così sarà, gli “Otto giorno per la Terra Santa”, rimarranno tra i più cari della nostra esistenza e rientrando a casa, porteremo nella mano la “lucerna accesa”, guida ai nostri passi nel cammino quotidiano per amare fortemente Gesù Signore e il nostro prossimo con la certezza della vita che verrà nella casa di Dio Trinità Santissima.

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Programma

Domenica: da Milano-Malpensa ore 12,40, volo per Tel Aviv, poi in pullman a Nazaret. Lunedì:

ore 8.00 partenza e sarà così per ogni giorno. Nazaret: - Basilica della Annunciazione - Chiesa di S. Giuseppe - Sefforis - Monte Tabor (pranzo, s. Messa) - Cana Nazaret.

Martedì:

Haifa - Carmelo - Acco (pranzo) - Rosh Haniqra Nazaret.

Mercoledì: Banias - Ein Gev (pranzo) - Cafarnao (in battello) - Tabga, Chiesa primato, Chiesa moltiplicazione dei pani. Monte delle Beatitudini. Nazaret. Giovedì:

Gerico (sicomoro, fontana di Eliseo, monte della Tentazione in teleferica, (pranzo). Tappa nel deserto di Giudea - Monte Sion e Chiesa di San Pietro in Gallicantu. Gerusalemme.

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VenerdĂŹ:

Monte Scopus - Edicola Ascensione - Pater Noster Dominus flevit - Getzemani - Porta dei Magrebini Muro del Pianto - Santo Sepolcro (pranzo) - passaggio a Yad Vashem - Betlemme. Gerusalemme.

Sabato:

Mar Morto - Ein Bokek - Masada - Qumran (pranzo) - Santa Messa prefestiva nel deserto. Gerusalemme.

Domenica: ore 3,30 partenza per Tel Aviv, volo per Milano Malpensa. Ore 11,30 arrivo.

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Considerazioni preliminari

uovendoci per la Terra Santa, non dobbiamo pensare di imbatterci nei paesaggi campestri e pastorali del tempo

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di Gesù. Oggi le costruzioni moderne hanno cambiato il volto a questa terra visitata come nessun’altra. Incontreremo insediamenti recenti modellati sulle colline del deserto, belli e ricchi d’inventiva e numerosissime coltivazioni agricole curate in modo esemplare. Ancora, occorre superare quella voglia scriteriata di far ritorno a ogni costo al passato, (so di qualcuno che ingenuamente indicava reperti sui quali, a suo dire, avevano sostato personaggi biblici). E’ necessario invece, accostarci il più possibile all’anima dei luoghi santi, perchè è la meditazione personale che favorisce le profonde conquiste interiori e ciò avverrà in modo particolare in tre momenti determinanti: PRIMO a Nazaret di Galilea, ove Maria riceve dall’Angelo l’annuncio della divina maternità e dove Gesù risiederà sino all’inizio dell’attività pubblica. SECONDO a Betlemme di Giudea, ove Maria dona al mondo Gesù Salvatore. TERZO a Gerusalemme nella Basilica del Santo Sepolcro, la quale contenendo oggi il Golgota, ove avvenne la Crocifissione e il luogo della Sepoltura e Resurrezione di nostro Signore, è il cuore della redenzione universale. Dunque, con questa passione iniziamo il viaggio mentre invochiamo i santi Angeli a guidarci per mano. 27


Descrizione del Pellegrinaggio

DOMENICA: ore 9,30-10: ritrovo all’aeroporto di Milano-Malpensa. Ci attende la compagnia israeliana “El Al”, ed espletate le operazioni di imbarco serie e minuziose, alle ore 12,40 si decolla. In circa 4 ore raggiungiamo Tel Aviv (Ebr. Collina della Primavera). Siamo in Terra Santa e in pullman proseguiremo per Nazaret. Tel Aviv capitale del nuovo Israele dal 1949 al 1967, quando cede il titolo a Gerusalemme, fu fondata nel 1909 e oggi con oltre un milione di abitanti è il centro più animato del paese. A sud s’innalza Giaffa, il borgo antico, posto su un promontorio caratteristico con sotto il porto che, sino all’avvento di quello voluto da Erode il Grande a Cesarea marittima nel 25 a.C., era il più importante della Palestina. Le vicende dell’A.T. ricordano che all’epoca di Salomone, per la costruzione del primo tempio e pure per la sua ricostruzione dopo la schiavitù babilonese, a Giaffa sbarcavano i tronchi di cedro provenienti dal Libano. In questo posto si imbarcò per Tharsis il profeta Giona, onde eludere la chiamata di Dio a predicare la conversione agli abitanti di Ninive. Buttato a mare dai marinai, quale capo espiatorio per sedare una tremenda tempesta, finì nella bocca di un cetaceo che dopo tre giorni lo vomitò sano e salvo su una spiaggia. Il prodigio è ricordato da una scultura bronzea di balena collocata verso la piazza alta. 28


Il Nuovo Testamento parla di Giaffa per due fatti operati da San Pietro: Il primo: chiamato dalla vicina Lidda ove si trovava (Atti 9,3643), risuscita Tabita (la gazzella), donna di grandi opere buone e di tante elemosine. Il secondo: (Atti 10, 1 e s.), ospite da parecchi giorni di Simone il conciatore, dopo una visione, segue i tre inviati da Dio che lo guidano a Cesarea marittima dal centurione Cornelio, il primo dei pagani convertito alla sequela di Gesù. Seguendo la pianura di Sharon costellata da Kibbutzim, (comunità agricole sorte in gran numero per la fertilità e bellezza dei luoghi), superiamo Hadera (Ebr. la verdeggiante), bonificata dalle paludi a fine 800 e oggi famosa per la coltivazione dei limoni. Sarebbe interessante visitare la vicina Cesarea marittima, città fatta splendida da Erode il Grande in onore dell’imperatore romano Cesare Augusto. In dieci anni di lavori, impiegando migliaia di 29


uomini, la recinse di poderose mura dotandola pure di un anfiteatro e ippodromo. Tre gigantesche statue indicavano l’ingresso al porto artificiale e nella notte un faro di dimensione ciclopiche, alimentato a olio, rischiarava il mare e il naviglio. La città poi primeggiava nell’urbanistica: l’acqua captata alle sorgenti del Carmelo distante una ventina di km. giungeva per mezzo di un acquedotto splendido (se ne scorgono ancora i resti), e il sistema fognario era un capolavoro di ingegneria. E’ sera, giungiamo a Nazaret (Ebr. la fiorita). Situata a 500 mt. sul livello del mare in una grande conca, ci accoglie con l’abbraccio di Maria la madre di Gesù. E’ un momento di paradiso, ogni cosa ci tocca, d’altronde risalendo la pianura l’avevamo intravvista simile a un incantevole presepe, adornata di mille luci che rallegravano le stelle. Ricordo che in Palestina è così ogni sera, all’imbrunire le lampade ovunque si accendono, forse sono segni di quella verità 30


annunciata dall’evangelista Giovanni: “il Verbo è la luce che illumina ogni uomo”. Ormai è l’ora dell’albergo, della cena e del sonno. Un clima di serenità scenderà su di noi questa notte, l’amore della Madre ci veglia.

LUNEDI: E’ mattino, si respira aria di casa e, fatta colazione, alle otto in punto si parte. Nazaret, mai nominata nell’Antico Testamento, è la fiamma splendente del Nuovo. In questo luogo avvengono cose meravigliose: l’Annuncio dell’Angelo Gabriele a Maria della sua maternità (Lc. 1, 26-38); per noi cristiani è l’avvenimento più importante della storia. Il sogno rassicurante per Giuseppe (Mt. 1, 18-27). La residenza della santa famiglia al ritorno dall’Egitto (Mt. 2,19-23), con lo scorrere degli anni della vita di Gesù, sino all’inizio del suo ministero. Con una popolazione di 40.000 abitanti è la città più importante della Galilea; ci sono arabi cristiani, arabi musulmani ed ebrei. Siamo difronte alla Basilica dell’Annunciazione, è affascinante. Consacrata nel 1969, opera dell’architetto italiano Giovanni Muzio, ricopre le costruzioni che l’hanno preceduta in 2000 anni di storia. Infatti negli scavi del 1955 sono apparse le tracce delle grotte naturali del tempo di Gesù, poi i resti di una Sinagoga del II e III secolo d.C., poi le forme della chiesa bizantina e della chiesa crociata con colonne e mosaici. Da ultimo si sono scoperte antichissime iscrizioni sugli intonaci sotto il pavimento della chiesa bizantina. Fra le tante, riporto l’invocazione in lingua greca a Maria Madre di Gesù: “Kaire - Maria” (Ave Maria). Al leggere questo umile saluto proviamo una grandissima gioia perchè, senza 31


dubbio, dice che proprio in questo posto le prime comunità cristiane veneravano la Madre di Dio; noi ci uniamo a loro oggi nello stesso atto di fede che domani altri rinnoveranno. Premesso che non ci basterebbe una settimana intera per contemplare le opere d’arte donate alla Madre di Dio dai più famosi artisti contemporanei, raccogliamo qualcosa. La facciata principale della Basilica si presenta con una nicchia contenente la statua in bronzo del Redentore, alta 3 metri. Sotto vi è raffigurato il momento dell’Annunciazione e in basso appaiono i quattro Evangelisti. 32


Entrando nella Basilica inferiore il silenzio e la penombra ci accolgono. Ci troviamo nella grotta dell’Annuncio, nel cuore del secondo mistero della nostra fede e l’iscrizione sull’altare del 1600 lo richiama e ci immobilizza: “Verbum caro hic factum est”, qui il Verbo si è fatto carne. Siamo immersi nel primo momento importantissimo del nostro Pellegrinaggio. In raccoglimento dobbiamo riflettere sul tempo dell’attesa del Messia. Dopo il peccato dei progenitori, l’umanità smarrita anelava nei meandri dei secoli il giorno della salvezza, ed ecco l’avvenimento sconvolgente: Maria giovane ebrea, con il suo “sì” alla divina Grazia, diviene la Madre del Dio che si fa uomo, cielo e terra s’incontrano e

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l’infinita bontà inonda la storia, è l’inizio della nuova creazione. Noi crediamo ed è il mistero principale della fede, in un solo Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo. Ebbene, la seconda persona della ss. Trinità il Figlio, nel tempo s’incarna in Maria e unico Dio con il Padre e lo Spirito Santo diviene vero uomo. Seguendo l’acutissima contemplazione di Giovanni Duns Scoto, il grande teologo francescano, indico rapidamente le favorevolissime conseguenze per tutta l’umanità. In seno a Dio, Trinità Santissima, regna l’eterna beatitudine, (i teologi definiscono questo stato di perfezione infinito “la vita intima di Dio ossia la vita ad intra”. Fuori di Dio, cioè “ad extra”, esiste come insegna il libro della Sapienza il creato, voluto da Dio liberamente e con bontà infinita). Ora, qual’è la somma realtà di quanto Dio ha tratto all’essere? Certamente l’umanità di Cristo (anima e corpo). Dunque in Gesù di Nazaret, c’è un unico soggetto, che opera in due nature: la divina è in comunione con il Padre e lo Spirito Santo, l’umana è tutta sua essendo vero uomo nato da donna. A questo punto la nostra riconoscenza si fa incontenibile e ancora seguendo Scoto, il teologo di Cristo e di Maria, affermiamo che il nostro Signore Gesù non può essere stato voluto soltanto in seguito al peccato di origine per porne rimedio, (seppur gravissimo è pur sempre frutto di volontà finita) ma, dall’eternità Dio l’ha visto come vertice del creato, capace di renderGli l’amore e la gloria adeguata. E così, in Gesù i puri spiriti, l’uomo e l’intera creazione, trovano la completezza e il fine. Cantiamo: Gesù figlio di Dio fatto uomo per la salvezza dell’Universo, tu solo vinci ogni partita, tutto è nelle tue mani. Due scale a “chiocciola” comode e spaziose, ci portano alla Basilica superiore a tre navate. Immediatamente ci colpisce la bellezza della cupola centrale alta 57 metri e pensata dall’architetto 34


Giovanni Muzio simile a una grande corolla di giglio capovolta come a proteggere il luogo santo dell’incarnazione e a rispecchiare la bellezza della Madre di Dio, il fiore più bello del creato.

Impressionante è il mosaico dell’altare maggiore, opera del nostro Salvatore Fiume. E’ un canto corale alla chiesa una, santa, cattolica, apostolica, protesa verso Cristo. Noi pure facciamo parte di questo popolo in cammino, sentiamoci fieri con la voglia perenne di esserne validi testimoni. Uscendo dalla Basilica a sinistra troviamo il grande Convento dei padri Francescani costruito nel 1930 accanto alla Chiesa di San Giuseppe o della Sacra Famiglia. Qui le prime comunità giudeo cristiane ricordavano l’abitazione di San Giuseppe e gli anni della vita nascosta di Gesù. Successivamente i bizantini eressero la “Chiesa della Nutrizione” che subì nei secoli le più svariate peripezie. 35


Nel 1914 il rifacimento globale delle costruzioni mise in luce alcune grotte dell’antico villaggio nazaretano, delle cisterne per l’acqua e anche una vasca battesimale con sette gradini, chiaro riferimento ai riti di quel tempo. La cripta che si scorge dalla navata centrale racchiude queste care scoperte ed è la “Grotta-Casa”, della sacra famiglia. La nostra meditazione si infervora, perchè sin da bimbi abbiamo imparato a invocare i santi nomi di Gesù Giuseppe e Maria. San Francesco d’Assisi con in braccio Gesù bambino, che abbiamo appena incontrato nella statua del giardino del Convento, ci regali qualcosa del suo amore per queste tre sante persone. Per Gesù Dio fatto uomo e nostro Salvatore, per Maria madre sua e nostra, per Giuseppe il custode che può donarci in ogni momento i suoi favori. Si parte per Sefforis posta a pochi chilometri a nord ovest di Nazaret e mai nominata dalla Bibbia. A noi è cara per due motivi: il primo ci è dato dall’antica tradizione cristiana che la indica luogo nativo di Gioacchino e Anna, i santi genitori della Madonna; il secondo perchè con ragionevole certezza, possiamo affermare che in questa cittadina, la più popolata della Galilea, Gesù figlio di Dio, accompagnando Giuseppe, lavorò durante i lunghi anni della sua vita nascosta. Ecco alcune cose poco conosciute: in ebraico è chiamata “Zippori” che significa “simile a un uccello”. Il nome si fonda forse sulla bellezza del panorama che si gode dalla sommità, come fosse da uno sguardo di uccello in volo. Nel 100 a.C. fortificatissima, resistette all’assalto di Tolomeo III di Egitto. Erode il Grande nel ‘38 a.C. la conquistò durante una tempesta di neve e la fece il fortino delle sue armi. Quando morì, il legato romano di Siria, Varo, la rase al suolo. Toccò poi al figlio di Erode, Erode Antipa, ricostruirla. Ecco il buon motivo per affermare che Giuseppe l’artigiano di Nazaret fu presente. Nella vicina Sefforis in quel tempo ci fu lavoro per 36


tutti tanto che divenne, al dire di Giuseppe Flavio, “l’ornamento della Galilea”. Il nostro pensiero si ferma a Gesù lavoratore: il creatore dell’Universo a Sefforis ha sudato provando la fatica quotidiana, silenziosa offerta alla vocazione della totale donazione sulla croce. Alla svelta ammiriamo il Teatro Romano di 5000 posti e l’edificio vicino con mosaici che descrivono riti religiosi e scene di caccia. Scendendo, colpisce l’acquedotto con le cisterne sotterranee e lasciando il sito, salutiamo la Chiesa Crociata del XII secolo dedicato ai Santi Gioacchino e Anna, i quali giuridicamente nonni materni di Gesù, ravvivino il nostro amore per Maria Madre del Salvatore e nostra.

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VERSO IL TABOR Questo monte (Ebr. Gebel el-Tor di significato sconosciuto), situato a nord-est della pianura di Esdrelon, alto circa 600 metri sul livello del mare e 100 sulla pianura sottostante, ci appare come un enorme panettone. Miniera di avvenimenti storici e crogiolo di costruzioni di ogni genere, più volte distrutte e rifatte, per noi è importante per il momento della Trasfigurazione di nostro Signore di fronte a Mosè ed Elia e agli Apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni. Salendo in taxi per una strada a tornanti simile a un serpente, in mezzo a lecci, carrubi e pini, si giunge alla Bab el - Hawa (Ar. la porta del vento). Siamo in cima al sacro monte, in cammino su un’ampia spianata di metri 1200x400. A sinistra si intravvede tra ulivi, limoni, aranci e fiori il convento greco-ortodosso di Sant’Elia con la cupola tutta rossa; a destra, c’è l’ospizio francescano che presenta all’ingresso il bronzo del Santo Padre Paolo VI pellegrino

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quassù il 5 gennaio 1964. Entrando, saremo accolti dalle nostre suore italiane e vuoi per la familiarità istintiva, per il pranzo con gli ingredienti della cucina nostra, per il paesaggio che si distende ai nostri occhi dal balcone, questo incontro rimarrà uno dei più cari e simpatici di questi giorni. Siamo difronte alla Basilica della Trasfigurazione, di stile romano-siriaco, è maestosa. Sorta su resti secolari è opera dell’architetto Antonio Barluzzi che la costruì negli anni 1918-1924. Tra i tanti fatti delle cronache del tempo ne ricordo uno curioso: ogni giorno decine di cammelli, dalla pianura portavano in continuazione anfore ripiene di acqua alle maestranze. Si entra passando sotto un arco ancorato a due torri che assieme al tetto della chiesa richiamano le tre tende desiderate da san Pietro. All’ingresso ci sono le 2 cappelle di Mosè e di Elia, al centro della navata centrale la cripta alla quale si accede scendendo dodici gradini e in fondo il grande mosaico della Trasfigurazione con a lato i due altari di Maria Immacolata e di san Francesco. Nella cappella di Mosé, l’affresco dietro all’altare traccia i momenti forti della sua vita: il dono dei comandamenti sul monte Sinai, il roveto ardente ove Jahvé manifesta il suo nome e la sorgente d’acqua che scaturisce dalla roccia in pieno deserto. In quella di Elia è raffigurata l’apocalittica sfida con i sacerdoti di Baal; il profeta è l’icona fulgida dell’orante. Il mosaico della Trasfigurazione ripropone il solennissimo momento. Gesù al centro, innalzato da terra, con le braccia aperte e in vesti candidissime risplende nella gloria divina. Alla destra, sopra una nube, Mosè tiene tra le braccia la tavola dei 10 comandamenti mentre a sinistra Elia porta i rotoli dell’insegnamento profetico. A terra, con i piedi nella boscaglia, Pietro, Giacomo e Giovanni sono rapiti nell’estasi. La cripta, protetta da una vetrata sulla quale 39


spiccano due grossi pavoni, simboli di immortalità, effonde una luce soffice, propizia alla meditazione delle 4 divine realtà della persona del Verbo. Qui le chiamano “le quattro Trasfigurazioni sensibili”, vediamole: Nel primo mosaico, Dio si fa carne, ecco la nascita con il bimbo che viene deposto sulla paglia. Nel secondo, Gesù vero Dio e vero uomo si fa cibo, ecco l’ostia dell’Eucarestia. Nel terzo, l’Agnello innocente è immolato, ecco il Venerdì Santo giorno della Redenzione. Nel quarto, la tomba è vuota, ecco il giorno di Pasqua, giorno di Risurrezione. Uscendo all’aperto, dall’Osservatorio ci parrà di vedere Gesù in cammino per le piane della sua Galilea ad annunciare l’amore del Padre e l’amore verso il prossimo. Nella santa Messa, imploreremo dal Signore qualcosa di quel misterioso giorno della Trasfigurazione, con la beata speranza di contemplarLo al termine del viaggio di quaggiù in cielo, quale Egli è.

BREVE TAPPA A CANA Questa cittadina di 5000 abitanti a 8 km. da Nazaret rievoca, nella pala dell’altare del Santuario della Mediazione di Maria, il primo miracolo della vita pubblica di Gesù, quando mutò l’acqua in vino per l’intercessione della Madre. Fatto caro: il 30 settembre dell’anno 1906, giorno della consacrazione della Chiesa, era presente, segretario del Vescovo di Bergamo, il sacerdote Angelo Roncalli che poi diverrà papa Giovanni XXIII. In fondo alla via principale, bella è la cappella 40


dedicata all’apostolo Bartolomeo che l’evangelista Giovanni chiama Natanaele. Nativo di Cana e quasi compaesano del Signore, è quindi il più vicino a lui sin dall’infanzia. Acquisteremo qualche anforetta di vino molto buono, sarà festa stasera a casa della mamma. E’ ormai notte, è la seconda di Nazaret, portiamo addosso un desiderio solo: non possiamo vivere senza Lei.

MARTEDI: Haifa (Ebr. Hefa, litorale bello?), terza città d’Israele con circa 250.000 abitanti è la prima per l’industria e il commercio con un porto modernissimo tra i più importanti del Mediterraneo. Abbellita da viali e spazi verdi, ospita diversi nuclei musulmani e cristiani. Molto ci sarebbe da ammirare; accenno solamente al silo Dagon, costruito nel 1955 accanto al porto, bello nella sua forma architettonica e capace di ricevere 100.000 q.li di cereali; all’unica metropolitana di Israele la “Carmelit” e alla Eshkol Tower dell’Università, situata in cima al Monte Carmelo, alta 25 piani con una splendida veduta della costa sino ad Akko e al confine libanese e verso la Galilea, sino agli orizzonti del Golan; infine, al caratteristico santuario della religione Bahai, intessuta da una miscellanea di figure profetiche che lungo i secoli invitano gli uomini alla pace, alla fratellanza e all’unità. Il tempio ultimato nel 1953, circondato da un lussureggiante giardino persiano (in memoria del vero fondatore del bahaismo, il persiano Husein Halì Nuri (+1892), appare con la cupola dorata coperta da 12.000 piastrelle smaltate in oro e lavorate in Olanda, e con le pietre di rivestimento e le colonne in granito rosa provenienti da Vicenza e Baveno, onore delle nostre ditte italiane. Salendo per 2 km. via (Derekh) “Stella Maris”, siamo a 275 metri 41


sul mare difronte al convento dei padri Carmelitani. La baia sottostante ci ammalia, ma è lo spirito che riceve una benefica sferzata perchè stiamo respirando una grande tradizione di fede. Infatti il Santuario Basilica “Stella Maris”, costruito nel 1832, incorpora la grotta dove visse il profeta Elia veneratissimo dai cristiani, dagli ebrei e dai musulmani. La roccia scavata, sua casa e giaciglio, ci tocca sino alle ossa suscitando brividi salutari. Salendo alla navata, dietro all’altare troviamo la statua della Madonna del Carmelo con due quadri laterali che richiamano l’uno il dono dello scapolare che Maria fa a Simone Stok, l’altro i Santi Giovanni della Croce e Teresa d’Avila, riformatori dell’ordine carmelitano. Sintesi di questa spiritualità è il pregiato portale in bronzo dell’ingresso; scolpiti appaiono Elia con la spada vittoriosa e Maria che porta tra le braccia il bimbo e lo scapolare. Nei pressi notiamo ancora la piramide commemorativa dei soldati francesi caduti durante la campagna napoleonica.

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Riassumendo: Elia (Ebr. Javhè è Dio), come esprime il suo nome, è il difensore strenuo del Dio di Israele specialmente contro Baal e i suoi seguaci. Lo scontro sovrumano narrato al capitolo XVIII del I° Libro dei Re, avvenne proprio su questo monte. Oggi sulla cima chiamata “El Muhraqah” (Il Sacrificio), accanto al convento carmelitano, c’è l’altare simile a quello della sfida tremenda tra Elia e i 450 sacerdoti di Baal. Qui il fuoco divino, sceso miracolosamente dal cielo, consumò l’olocausto, (il giovenco, la legna, le pietre, l’acqua), strappando ai presenti la solenne acclamazione di fede “Javhè è Dio”. Fu il trionfo del profeta: subito dopo per suo ordine, quegli illusi menzogneri, vennero afferrati uno a uno e sgozzati lungo il torrente Kison. Discendendo al mare ricorderemo i vicini villaggi di Isfija e Dalijat. Abitati da circa 15.000 persone: sono drusi, etnia fedele agli ebrei. Si presentano con tratti gentili e ospitali e nei loro negozi si possono acquistare raffinati e caratteristici manufatti.

AKKO: (36.000 abitanti) antichissima, in posizione favorevole, strategica, a tutt’oggi è una città attraente ma che purtroppo rievoca, insieme a tante altre orrende carneficine, indegni scenari della storia. Visitata dai cosiddetti “Grandi della Terra”, da Faraoni, da Alessandro Magno (333 a.C.), da Giulio Cesare (47 a.C.), da Vespasiano (67 d.C.), da condottieri crociati sino a Napoleone Bonaparte, citata dallo storico Plinio per la produzione della sostanza colorante rossa (la porpora), ricavata da un mollusco, e nominata da Marco Polo nel milione quale passaggio obbligato per l’Oriente, per noi ha grandissima importanza perchè san Francesco d’Assisi insieme ad alcuni suoi frati qui sbarcò nel luglio dell’anno 1219. Durante il breve tempo trascorso in Egitto, Palestina, Siria, la santità straripante dalla sua persona e dalle sue 43


parole invase queste terre testimoniando che gli uomini sono tutti figli di Dio Padre e che in Gesù Cristo tutti sono fratelli. A questo punto sento doveroso un accenno teologico al problema del male. Alcuni astronauti intervistati al rientro sulla terra, hanno rilasciato stupefacenti dichiarazioni delle esperienze vissute lassù. Due di queste mi hanno colpito: la visione della immensa muraglia cinese e la depressione simile a una grande ferita del fiume Giordano sino al Mar Morto, a 400 mt. sotto il livello del mare. Ebbene, questa fenditura nella Terra di Palestina, la Terra di Gesù, unica al mondo, serba tremendi misteri. Perchè proprio qui il Dio fatto carne doveva versare il suo sangue dalla croce? Perchè in questa strisciolina del creato le sorgenti nei secoli hanno visto, per così dire, più sangue che acqua, sino al punto che il Mar Morto, mare senza vita, è la somma e lo specchio di tutte le orrende carneficine? Di fatto, un grande peccato sconvolse gli inizi dell’umanità con conseguenze che perdurano all’avvenuta redenzione di Cristo. La città santa, la Gerusalemme celeste, la possederemo solo in paradiso; finchè resteremo quaggiù, è gioco forza nuotare in un mare di sofferenze. Ma allora nulla può cambiare? Certamente sì, se gli uomini inboccassero la strada del bene comune; un mondo migliore ci verrebbe incontro. Pessimismo assoluto? Relativo? Assolutamente no! In unione ai patimenti di Gesù, ogni prova umana, sopportata con la sua grazia, concorre alla salvezza universale. Nell’“Incantesimo del Venerdì Santo” di Wagner, a un certo punto si respira una mistica atmosfera: come mai quando Dio muore tutto pare un fermento di vita? I colori, i fiori, i cieli della primavera incantano? La risposta c’è: dov’è morte la tua vittoria? Il sepolcro mai potrà trattenere colui che è la Via, la Verità e la Vita. 44


Nel giorno di Pasqua Cristo risorge e con Lui ogni cosa si nutre di speranza e di al di là. Queste sono le verità fondamentali del Cristianesimo vissute ogni giorno dai santi e pure da noi. La vecchia Akko ci riceve con le sue poderose mura e torri costruite nel 1700 sulle preesistenti fondazioni crociate. Infatti, la città conquistata nel 1191 da Riccardo Cuor di Leone, al tempo della IIIª crociata, divenne capitale del Regno Latino al posto di Gerusalemme. Ben fortificata, per 100 anni ebbe rinomanza e splendore senza pari, sia per le potenti e ricche città marinare (Genova, Pisa, Amalfi, Venezia che qui avevano sede), sia per i grandi Ordini Militari Ospedalieri che ad Akko avevano posto la loro residenza, in particolare, l’ordine dei Cavalieri di San Giovanni. Nel 1291, il sultano Melik el-Ashraf, l’assediò con 200 mila uomini e la demolì compiendo una strage pazzesca e totale. Mai si saprà quanti santi cristiani, frati domenicani e francescani perirono. Da quel giorno la chiesa crociata ormai cancellata diede il nome alla città: “San Giovanni d’Acri”. Ciò fa riflettere: nella pienezza del loro potere i crociati mai avrebbero vagheggiato di invocarla così. Sull’area della chiesa crociata e sopra le costruzioni sotterranee oggi c’è la bella “Moschea Bianca”, voluta dal pascià Abmed elGiazzar soprannominato ”il macellaio” e terminata nel 1781. Attraente sarebbe visitare nella cittadella crociata, fatta dai cavalieri di S. Giovanni e sepolta nella conquista del 1291, la sala dei Cavalieri, la sala del Gran Maestro, la cripta, il tunnel che sfocia nel fondo ove si trova l’ospizio dei pellegrini, con i lavori ancora in corso. Purtroppo il tempo fugge inesorabile e ci porta altrove. Lasciando Akko costeggiamo Naharija (32.000 abitanti). Fondata nel 1934 da Ebrei fuggiti dalla Germania nazista è 45


un’attraente località balneare. Il suo museo è ricco di reperti dall’età del bronzo sino all’epoca romana con interessanti statuette di terra cotta e anfore fenicie. Ancora pochi km. a nord tra coltivazioni e piscicolture e raggiungiamo Capo Rosh ha-Niqra (Ebr. Promontorio delle grotte). Due motivi ci hanno condotti. Il primo è di carattere storico: qui termina la parte meridionale della scogliera chiamata “Scala di Tiro” oppure “Scala dei Pellegrini”, passaggio obbligato dalla Fenicia alla Palestina attraverso una lunga gradinata intagliata nella roccia. Fiumane di gente sono transitate quassù, tra cui l’esercito di Alessandro Magno nel 333 a.C. Questi tempi andati con le loro storie e sconvolgimenti ci riempiono la testa e ci fanno sentire piccini, piccini. Il secondo motivo è la scoperta di un ambiente davvero seducente, tra i più belli della Terra Santa.

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Le bianche scogliere calcaree, che spuntano dal mare sotto un cielo di azzurro intensissimo, parlano all’anima, poi, al contrario di casa nostra ove le teleferiche portano verso le cime, qui una funicolare ci farà scendere a pelo d’acqua. Un tunnel ci permetterà di osservare le grotte scavate in continuazione dalle onde, mentre udiremo suoni sconosciuti tra riflessi di luci e colori forse di altri mondi. Si rientra a casa, sarà la terza notte di Nazaret, l’affetto e l’amore per la madre cresce sempre più.

MERCOLEDI: E’ una delle giornate più dense di ricordi e riflessioni perchè visiteremo località carissime a Gesù e ai suoi dodici. Siamo sulle orme di Gesù camminatore nella sua Galilea e vicinanze. Il figlio di Dio annuncia ciò che i secoli attendevano, compiendo ogni sorta di opere buone. Saliamo a Banias a 320 mt. di altitudine: il suo nome si riferisce al Dio greco Pan, protettore dell’agricoltura e degli armenti. E’ situata a Sud della catena del Monte Hermon (2814 mt.), alle sorgenti del fiume Giordano. Nel Nuovo Testamento è “Cesarea di Filippo” in quanto, uno dei figli di Erode il Grande, Filippo appunto, avendola avuta in eredità, la fece capitale dei suoi territori dandole il nome dell’imperatore e aggiungendovi anche il proprio. Tra sorgenti ricche d’acqua e rigogliosa vegetazione, parco protetto abitato da rare specie di uccelli, scorgeremo alcune caverne rupestri, edicole pagane e ruderi di costruzioni, segni dello splendore passato. In alto a sinistra della grotta principale, si scorge la chiesetta di san Giorgio, in arabo “El Khader” (il Verdeggiante), questo è uno degli appellativi dato al profeta Elia molto ricordato e onorato dai musulmani e drusi. Per noi cristiani Cesarea di Filippo ci ha regalato la professione di 47


fede di san Pietro: “Tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente”. Oggi sospinti dall’ardore del primo Papa, la sua professione come non mai è totalmente nostra. Poche sono le parole ma illuminanti perchè danno senso alla nostra appartenenza alla Chiesa. Infatti la salvezza, come dice l’evangelista Giovanni è credere che Gesù è il Cristo, il figlio di Dio cosicché credendo abbiamo la vita nel suo nome. Avviandoci a est verso le alture del Golan, vedremo in alto il castello fortezza di Nimrod, voluto dai crociati nel XII secolo, poi alcuni villaggi drusi e il laghetto di Er-Ram da dove si gode un eccezionale veduta del Monte Hermon sempre innevato. Molto apprezzate e gustose saranno le piccole mele coltivate quassù in grande quantità dai drusi. Seguendo il confine siriano, punteggiato da posti di osservazione, sfioreremo Quneitra, cittadina abbandonata e spettrale. Ed eccoci al Kibbutz di Ein Gev (Ebr. “Sorgente della cisterna”), sulla sponda orientale del lago di Galilea. Il lago, alimentato dal fiume Giordano a 210 metri sotto il livello del mare, lungo 21 km. e largo 11,5 con profondità sino a 50 mt. ha diversi nomi: Lago di Kinneret (Ebr. Simile a un arpa), di Genezaret (dalla pianura di Nord-Ovest), di Tiberiade (dalla città della riva occidentale). Per noi è il lago di Gesù, infatti nessun territorio di tutta la Palestina quanto questo, ha avuto la sorte di essere costantemente visitato e santificato dal Signore. La sua parola, i suoi miracoli, i suoi fatti straordinari, cardini dei 4 Vangeli, hanno riverberato la realtà della sua divinità sulle acque, sui villaggi rivieraschi, sui volti degli apostoli e sulle folle, segni indelebili di ieri, oggi e sempre del Dio vivente. In riva al lago faremo una sosta tonificante. Il Kibbutz è moderno, grandioso, forse è il più frequentato di Israele. La sua gente è laboriosa, organizzatissima e ogni cosa lo dimostra. Attrezzato per l’accoglienza e la ristorazione, dal 1957 un salone 48


auditorium può ospitare sino 5.000 persone per incontri culturali e feste. Gusteremo i filetti del pesce s. Pietro, il “Musht” (Tilapia), che in arabo significa “pesce pettine”, per la pinna del dorso simile a questo strumento universale.

Nel salone del pranzo c’è comunione tra noi, ma i nostri sguardi già corrono sulle onde del lago e sulle sponde che s’intravvedono lontane. La collina ai piedi della montagna del Golan con in cima le rovine di Hippos (Gr. cavallo), o Susita (Ar. cavalla) è alle nostre spalle, navighiamo per Cafarnao. Sul battello il tempo pare fermarsi: come in un filmato rivedremo gli apostoli prima della chiamata di Gesù nel loro lavoro di pescatori, fonte di sostentamento per la gente dei villaggi e le carovane di passaggio; poi, dopo l’adesione al Nazareno, rivivremo le tante traversate in barca a toccare ogni sponda del lago, i momenti prodigiosi della pesca miracolosa, della tempesta sedata, dell’apparizione nella notte quando Gesù tende la mano a 49


Pietro in pericolo di affogare, sino al pranzo sulla riva con pani e pesci arrostiti, con Lui presente, risorto e vivo.

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LA SINAGOGA La costruzione che abbiamo dinnanzi fa effetto e stimola una forte gratitudine ai padri Corbo e Loffreda perchè vediamo i frutti delle loro fatiche. Negli anni 1960 con interventi mirati, misero in luce le antiche fondamenta in basalto, appartenenti alla Iª Sinagoga voluta dal centurione romano e frequentata da Gesù. In questo momento, è salutare ricordare l’impressionante fatto narrato dall’evangelista Marco (1,21-34), quando Gesù, in un giorno di sabato, libera un uomo posseduto da uno spirito immondo per recarsi poi nella casa di Simone poco lontana.

LA CASA DI SAN PIETRO Soltanto in cielo conosceremo i bellissimi momenti degli insegnamenti e dei profondi affetti vissuti da Gesù in questa casa, primo seminario della Chiesa. Situata a sud della Sinagoga accanto al lago, questo luogo fu venerato sin dai primissimi tempi quale “Domus Ecclesia” (Casa Chiesa). Un testo di Pietro diacono risalente al ‘400, riporta quanto scritto dalla pellegrina Egeria (in Terra Santa dal 393 al 396): a Cafarnao la casa del principe degli apostoli è stata trasformata in Chiesa e le pareti sono tutt’oggi intatte. Attorno all’anno 550 i bizantini costruirono una basilica ottagonale che includeva tutto il complesso ma, il terremoto del 665 fece sparire ogni cosa. Frattanto scorrono i secoli; nel 1968 i benemeriti padri Corbo e Loffreda, continuando gli scavi sotto l’antica basilica bizantina iniziati nel 1921 da padre Gaudenzio Orfali, scoprirono i resti dell’abitazione di Pietro, straordinario tesoro per l’intera cristianità. La Custodia di Terra Santa nella gioia di così importante successo, per salvaguardare questi preziosi reperti, il 29 giugno 1990 51


regala alla Chiesa pellegrina quaggiù un tesoro imperituro: “Il Memoriale di San Pietro”. Opera dell’architetto italiano Ildo Avetta di Firenze, quest’edificio commuove e rapisce. Otto colonne sostengono una grande barca capovolta cosicchè e dal piano terra, lungo il perimetro, e dall’alto, attraverso un quadrato, si può ammirare ciò che rimane della sacra abitazione. Mai scorderò la vivissima commozione di un mattino lontano, quando proprio qui, assieme a un centinaio di sacerdoti, celebrai l’Eucarestia. Il discorso sul pane di vita fatto da Gesù nei pressi della casa di Pietro si avverava sull’altare. Chiudo con un fatto toccante: padre Virginio Corbo, eccezionale figlio spirituale di questa terra, è sepolto, per suo volere, alla sinistra del memoriale guardando il lago. Che dire? E’ un vessillo di fedeltà assoluta anche oltre la morte.

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TABGA Dal greco Èptapegon, dall’arabo el-Tabiga, significa “sette fontane” e ciò giustamente, per la presenza di molti sorgenti. Questo lembo di lago assai frequentato da Gesù e amato dalla tradizione cristiana, offre tre splendidi momenti tratti dai Vangeli. I fatti sono narrati sempre in modo chiaro, dalla pellegrina Egeria nel suo diario: non lontano da Cafarnao troviamo una zona rocciosa, luogo ove sostò Gesù …… più sopra c’è un prato con sette fontane ove il Signore saziò il popolo con cinque pani e due pesci …… più in alto ancora vi è una grotta sopra la quale il Signore disse le beatitudini …… Dalla data di questo scritto sono trascorsi secoli e noi, oggi fortunati, riviviamo queste cose nei tre santuari esistenti. Eccoli.

SANTUARIO DELLA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI E DEI PESCI (Gv. 6,1-15). Affidato ai padri Benedettini tedeschi, che nel 1982 inaugurano la chiesa nuova sorta sulle fondamenta primitive e

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sulla Basilica bizantina. Il restauro dei mosaici bizantini, straordinaria composizione di un ignoto artista egiziano, tra i più belli esistenti in Israele, lascia a bocca aperta. Volentieri ascolteremmo la lezioni di un esperto in fauna e flora orientali tante sono le varietà di uccelli, di piante e fiori di questo fantastico capolavoro, mentre viva nella memoria rimarrà la pietra della moltiplicazione dei pani situata sotto l’altare, il cestello con i pani e i pesci collocato di fronte all’altare e le sette bocche d’acqua zampillanti nel caro e sobrio chiostro.

SANTUARIO DEL PRIMATO 200 metri a est dal santuario della moltiplicazione dei pani, attraverso un robusto cancello, si scende in riva al lago dove nel 1933 è stata costruita la nuova chiesa sugli antichi resti in parte emergenti dalle rocce. Qui ci fu la pesca miracolosa all’alba di una

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notte infruttuosa (Gv. 21-1 6), poi il conferimento del primato a Pietro, fatto da Gesù risorto con il triplice comando: “Pasci le mie pecore”. A perenne ricordo di questa circostanza che fonda l’esistenza della chiesa su Pietro e i suoi successori, padre Andrea Martini ofm., dona nel 1983 una significativa opera in bronzo: Gesù stende la mano destra sul capo di Pietro che gli è di fronte confermandolo capo della chiesa, mentre con la sinistra porge il vincastro del pastore. I fiori tutto attorno e l’ambiente incantevole, sembrano innalzare un inno angelico a questa nostra Chiesa, che per la promessa del Signore, giammai smarrirà il cammino.

SANTUARIO DELLE BEATITUDINI 200 metri a nord-ovest del santuario del primato, nel 1935 padre Bellarmino Bagatti scoprì le rovine di una cappella con

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mosaici, situata sotto la grotta già descritta dalla pellegrina Egeria; essa, visibile tutt’oggi, pare essere proprio il luogo dell’annuncio delle beatitudini. Per finire, sulla sommità della collina a 150 mt. di altitudine sul lago, all’inizio del 900, un nostro insigne biellese, il senatore Ernesto Schiapparelli di Occhieppo, acquistati alcuni terreni, si diede ad edificare un ospizio per i pellegrini. L’opera terminata nel 1926, sotto l’egida dell’Associazione Schiapparelli, venne affidata alla suore francescane italiane. Nel 1937 progettato dall’architetto Antonio Barluzzi, poco sotto l’ospizio, sorge il Santuario della beatitudini. Qui, ogni cosa concorre a fare di questo luogo uno dei più belli e penetranti di tutta la Terra Santa. Il grande parco, gli alberi con le radici a fior di terra che paiono comunicare qualcosa di arcano, i fiori e soprattutto lo stupendo panorama sul lago e sulla pianura di Genezaret, accendono anche i più freddi e così siamo coinvolti in diretta dai fatti operati dal Signore Gesù. La chiesa, gemma di rara bellezza, di forma ottagonale, porta incise su ogni lato le beatitudini (Mt. 5,16), mentre le ampie finestre, convogliando fasci di luce, paiono trasfigurarci. Il mosaico del pavimento è una sinfonia alle tre virtù cardinali “Fede, Speranza e Carità” e alle quattro virtù teologali: “Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza”. All’esterno un porticato ad anello invita i fedeli a passi di riflessione per scoprire forse la beatitudine che più si addice al DNA di ciascuno. Rientriamo a Nazaret. E’ l’ultima notte a casa della mamma. L’animo è in mezzo a fuochi d’artificio di ricordi evangelici. Sopporteremo tanta spirituale ebrezza?

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GIOVEDI: Lasciamo Nazaret, la casa della Madre, una delicata nostalgia pare ritmare i nostri respiri. Quando riusciremo a tornare quassù? Oggi in viaggio, faremo il pieno di Terra Santa, particolarmente sotto l’aspetto geografico. Incontreremo paesaggi e vedute indimenticabili (ciascuno riempirà il proprio zainetto), mentre sperimenteremo insieme la discesa lungo la fossa del Giordano sino a 400 mt. sotto il livello del mare. Attraverseremo territori battuti

dai Patriarchi, da gente di ogni razza e da infinite carovane. A Bet Shé an (Ebr. casa della dea dei serpenti), sosteremo per un doveroso ricordo. Questa cittadina di 12.000 abitanti, nell’antichità era importantissima per la sua posizione. Tutmosis III la conquistò nel 1480 a.C. fortificandola perchè passaggio obbligato sulla via dall’Egitto all’Oriente. Nel VII sec. a.C., Tolomeo II la ristrutturò con i canoni dell’architettura greca. Dall’allora prese il nome di Scitopoli. Quale interesse per noi? Era il tempo dei datteri maturi, lasciando la macchina insieme a un caro sacerdote vercellese, ora 57


in Paradiso, lo vidi inginocchiarsi e baciare piangendo questa terra. Fui molto ammirato mentre egli pieno di affetto, con voce accorata, ripeteva che su queste zolle il primo vescovo di Vercelli, il nostro s. Eusebio, aveva vissuto un esilio mortificante e brutale iniziato nel 355 e durato sei anni.

Queste sue sofferenze, sopportate con animo nobile, gli valsero il duplice titolo di santo e martire quando, nel 371, morì nella sua Vercelli. Sant’Eusebio, primo evangelizzatore del Piemonte, è grande nella storia della chiesa per la strenua difesa della dottrina riguardante Gesù Cristo, definita dal Concilio di Nicea nell’anno 325. Ecco la la sostanza: “… crediamo in un solo Signore Gesù Cristo … Dio vero da Dio vero, generato non creato consostanziale al Padre …”. Con questi insegnamenti, Eusebio fu un baluardo al Concilio di Milano del 355, presente l’imperatore ariano Costanzo II e così, per la sua indomita testimonianza, finì in esilio. Ma il suo amore per il Figlio di Dio fatto uomo lo rese altresì gigante nel diffonde58


re il culto di Maria, la madre ebrea del Signore. E proprio per questo a noi biellesi sant’Eusebio è carissimo: la nostra conca d’Oropa con il suo bellissimo Santuario, ne è il dono più fulgido. Da secoli questi monti cantano le lodi alla maternità divina, rugiada, per le nostre terre, di grazie celesti di generazione in generazione. GERICO (Ebr. Yeriho luna? Arab. Ariha giardino?). La cittadina che incontriamo, oasi lussureggiante tra palme e profumi, è posta a sud della Gerico antica (l’insediamento umano risalente a 8000 anni avanti Cristo) e della Gerico dei tempi di Gesù. Se dovessimo seppur brevemente, addentrarci nella sua storia, ci tufferemmo in una ragnatela. Ricordo soltanto che nel 1200 a.C., gli Ebrei entrando nella Terra Santa la conquistarono e Giosuè pose nei suoi pressi, a Galgala lungo il Giordano, il suo insediamento. Eliseo, dopo che Elia fu rapito in cielo, bonificò la sorgente che vedremo. Però Gerico è conosciuta per quanto fece Erode il Grande dopo averla acquistata dalla regina Cleopatra. Per l’abbondanza delle acque, per l’eccezionale fertilità, per la posizione chiave sulle vie di transito, Erode, con eccezionale regia, la fece sua residenza invernale senza pari. Si ammiravano piscine, stupendi giardini, un ippodromo, un anfiteatro, un lago artificiale e tante 59


abitazioni di lusso tra le quali il palazzo d’inverno (casa di cura e di benessere “ante litteram”), ove poi morì. Noi oggi, ci commoviamo rivedendo Gesù che tante volte passò di qui per salire a Gerusalemme sino a quell’ultima, quando essendo giunta “la sua ora”, stenderà le braccia sulla croce per salvarci. Noi oggi desideriamo imitare il cieco Bartimeo, quando ai bordi della strada gridò “Gesù figlio di David abbi pietà di noi”. E Gesù, fermatosi, comandò che glielo conducessero, e quando lo ebbe alla sua presenza, gli domandò: «Che vuoi che ti faccia?». (Il cieco) rispose: «Signore, che io veda». E Gesù gli disse: «Vedi! La tua fede ti ha salvato». E subito vide e seguiva Gesù glorificando Dio. E tutto il popolo, testimone di questo fatto, diede lode a Dio. (Luca 18, 35-43).

L’ALBERO DEL SICOMORO (Luca 19, 1-10). Ricordando l’incontro con Zaccheo il pubblicano, mediteremo un momento di fronte a questo albero e quando pranzeremo, rivivremo la grande gioia di questo pubblico peccatore nell’accogliere in casa sua il Signore Gesù e nuovamente udiremo le parole divine: “Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. 60


LA SORGENTE DI ELISEO Dopo che Elia salì “nel turbine verso il cielo”, Eliseo tornò a Gerico. Gli abitanti gli dissero: «Ecco è bello soggiornare in questa città, come tu stesso puoi constatare, signore, ma l’acqua è cattiva e la terra è sterile». Ed egli disse: «Prendetemi una pentola nuova e mettetevi del sale». Gliela portarono, Eliseo si recò alla sorgente dell’acqua e vi versò il sale, pronunziando queste parole: «Dice il Signore: Rendo sane queste acque; da esse non si diffonderanno più morte e sterilità». Le acque rimasero sane fino ad oggi, secondo la parola pronunziata da Eliseo (2 Re, 2,19-22). La fontana che vediamo è stata restaurata da operai italiani.

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IL MONTE DELLA QUARANTENA Di fronte a Gerico a pochi km. dal centro, si erge maestoso e a picco il monte della quarantena (Arab. Giabal Kuruntul). Secondo la tradizione Gesù si ritirò in preghiera e digiuno per quaranta giorni, subendo pure la tentazione di Satana (Mt. 4,1-10). Il monastero costruito nel 1895 dai monaci greco-ortodossi, ha accanto la grotta trasformata in cappella che ricorda quei giorni di penitenza e quel misterioso episodio. Quassù si giunge arrampicandosi per un ripidissimo sentiero oppure trasportati da una graziosa ovovia.

Dall’alto ci attendono panorami da brivido e panorami celesti. Salutiamo Gerico, Gerusalemme ci attende. Percorreremo una strada asfaltata molto bella e sommando i 400 metri sotto il livello del mare con gli 800 metri di altitudine della Città Santa, proveremo un dislivello di 1200 metri (niente male). A sinistra si scorgerà il punto in cui il fiume Giordano si immette nel mar Morto regalando alle acque salmastre una scia di acqua dolce, salendo incontre62


remo il punto zero a livello mare e pi첫 in alto il Khan el-Hatruri detto il caravanserraglio del buon samaritano, teatro della parabola narrata da Luca (10, 25-37) tra terre e rocce rosse.

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Ma ora importantissima è la tappa nel deserto di Giudea. Questa fermata ci colpirà, oserei dire, come un’apparizione sovrannaturale. Le colline, le dune del deserto che si estendono verso l’alto quasi a toccare il cielo, il Wadi el-Qelt, torrente che scorre in mezzo a pareti scoscese sotto i nostri occhi, il monastero di s. Giorgio di Koziba, intarsiato nel fianco della montagna, scrigno di fede, santità e preghiera, metteranno a nudo tutta la nostra pochezza. Qualcosa di misterioso e struggente ci invaderà, saremo scossi da una voce tonante che colpirà l’anima, sarà: il silenzio, il silenzio, il silenzio.

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GERUSALEMME (Ebr.: Yerushalajim: città della pace, Ar.: Al-Quds: la santa). E’ la città certamente più amata dalle tre religioni monoteiste del mondo. Per gli ebrei è la città di Davide o dell’antico patto. Per noi cristiani è la città ove Gesù Cristo è morto e risorto, donandoci l’eucarestia e la chiesa. Per i musulmani è la città dalla quale Maometto salì al cielo. Gerusalemme, nei sogni, città della pace, della speranza e richiamo al cielo, da secoli galleggia nell’odio, nel dolore e nelle violenze, documentate da un centinaio di assedi e distruzioni. Per conoscerla un poco partiamo dalla roccaforte gebusea conquistata da Re Davide intorno all’anno 1000 a.C.; porta il nome di monte Sion o città di Davide. E’ il punto più alto, e siamo accanto alla basilica della Dormizione di Maria, consacrata nel 1910 e affidata ai monaci benedettini tedeschi. Al tempo dei crociati, una grande chiesa da loro voluta includeva il Cenacolo, che ora è alle spalle della basilica. Questo luogo non spazioso, intricatissimo di vicende storiche è fatto di sale inferiori e di sale superiori. Le prime, a piano cortile, custodiscono i rotoli della Torah e la tomba del profeta Davide. Le seconde al piano 65


elevato ricordano i seguenti avvenimenti tanto cari a noi cristiani: la lavanda dei piedi (Gv. 13,4-17). L’Istituzione dell’Eucarestia (Mc. 14, 22-25). Le apparizioni di Gesù Risorto (Gv. 20,19-23). La discesa dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste (Atti, 2, 1-12). Dunque il cenacolo è la prima dimora della chiesa e segna il “BigBang” del dono di Cristo vero Dio e vero uomo: la sua presenza nell’Eucarestia per tutti i secoli. Se stasera comprendessimo qualcosa, in un baleno la Terra Santa ci svelerebbe che quel Gesù che andiamo scoprendo nella sua terra, l’abbiamo stabilmente con noi. Per miracolo divino è presente e vivo nell’ostia consacrata. Questo infinito dono, mistero profondo, sembra avere poca risposta in noi, in cammino tra tante sciocchezze. Eppure, convinti e insieme uniti, affidandoci a Lui potremmo scombinare il mondo. Vicino a questo Cenacolo evangelico, nella speranza che un giorno possa tornare alla cristianità, i padri francescani nel 1936 inaugurarono un piccolo convento con la chiesa intitolata “Ad Coenaculum”, “Nuovo Cenacolo o Cenacolino”, segno di grandissimo attaccamento al santo luogo ove Gesù istituì l’Eucarestia e il Sacerdozio. Negli anni ‘80 questo soave ambiente è stato ulteriormente abbellito da tre artisti francescani, dall’architetto padre Podromo, dallo scultore padre Martini e dal maestro vetraio padre Farina. Ed ecco la porta di Sion, la mappa topografica ci orienta facilmente. Le mura della città vecchia, fatte erigere da Solimano il magnifico negli anni 1550, offrono oggi sette porte d’accesso, le scopriamo seguendo il corso delle lancette dell’orologio: porta di Sion, porta di Giaffa, porta Nuova, porta di Damasco, porta di Erode, porta di s. Stefano, porta dei Magrebini; al di fuori delle mura questa medesima mappa segnala le località narrate dai Vangeli. Scendendo sulla destra, incontriamo la chiesa di s. Pietro in 66


“Gallicantu”, (al canto del gallo), edificata dei padri assunzionisti francesi ai primi del ‘900, su resti bizantini. Questa civiltà operante in Terra Santa negli anni 313-638 d.C., ebbe il pregio di salvare molte costruzioni sacre con interventi conservativi arricchiti da mosaici e quant’altro. Questo modo di agire divenne segno di forte veridicità nel tramandare la memoria dei siti più cari. Ecco perchè siamo abbastanza certi che proprio nella grotta sottostante questa chiesa, s. Pietro si sia rifugiato per piangere amaramente. Chiediamo a Lui il dono di qualche sua lacrima, ognuno di noi conosce quando sarà ora di offrirle al Signore. E’ la prima notte a Gerusalemme. Non so quali cose stiano bollendo nelle teste di ciascuno. Siamo assai lontani dai ritmi di casa nostra. Nell’albergo, qualcuno spalancherà le finestre forse per ammirare le stelle, forse per udire voci o suoni, forse per cogliere qualche profumo, forse per un non si sa…… Il fatto sconvolgente è che 2000 anni or sono, il Figlio di Dio qui respirava, qui camminava, qui amava ogni uomo. Perchè siamo così lontani dall’Infinito? 67


VENERDI: Ci troviamo sul monte Scopus (Gr. Veduta), a 830 mt. di altitudine. E’ uno dei belvedere più belli su Gerusalemme mentre scorgiamo sulla sinistra snodarsi il deserto di Giuda, al centro la dorsale del Monte degli Ulivi e a destra in basso, la valle del Cedron. Qui sostarono tutti gli eserciti che nei secoli la vollero conquistare. Il generale Tito che purtroppo nel 70 d.C. la raderà al suolo, giungendo quassù con le sue legioni, restò a bocca aperta al vederla inaspettatamente così meravigliosa e quasi imprendibile nelle sue mura. Sulla sommità, spiccano l’università ebraica e l’ospedale Hadessa. Del nostro pellegrinaggio, questo è il giorno della scacchiera dei ricordi e certamente il più impegnativo e incisivo, e, seppure ci mancherà l’ordine cronologico dei fatti, accoglieremo nell’anima la sostanza dei gesti umano-divini di Nostro Signore.

EDICOLA DELL’ASCENSIONE E’ il luogo della partenza verso il cielo di Gesù difronte ai suoi apostoli (Atti 1,4-13). L’edicola che ci sta dinnanzi risale al tempo dei crociati e fu costruita al posto della prima dell’anno 376 chiamata Imbomon (sulla vetta), distrutta poi dai persiani nel 614. Nel 1200 i musulmani, come cappello, le misero la cupoletta attuale perdendo così il caldo significato dell’ascesa al cielo senza l’ostacolo del soffitto. La pietra del pavimento, secondo un’antichissima tradizione, mostrerebbe il segno delle orme di Cristo, (piede sinistro?). Una cosa è certa: questo momento se da un lato ricorda l’infinita tristezza dei discepoli nell’addio, dall’altro l’Ascensione di Gesù è la vera speranza di tutti gli uomini (anche per coloro che lo ignorano); un giorno l'incontreremo lassù.

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CHIESA DEL PATER Pare questo il luogo ove Gesù insegnò la preghiera del Padre Nostro (Lc. 11,14). Il Santuario con il convento di clausura delle suore Carmelitane risale al 1875. Il chiostro irraggiante mistiche sensazioni protegge i resti dell’antica grotta e della basilica dell’Eleona (nell’uliveto), voluto dalla regina Elena in ricordo delle rivelazioni sulla passione, fatte da Gesù ai suoi Apostoli. E’ ornato da 36 grandi cornici in maiolica che portano incise in varie lingue, la sublime preghiera. Quale proposito? Ogni giorno sarà nostra.

CHIESA DEL DOMINUS FLEVIT (Il Signore pianse) (Lc. 19,41-44). Scendendo dalla chiesa del Pater il percorso offre una visione della città di una bellezza indicibile, la definerei: una foto per l’anima. Proprio da queste parti il Signore Gesù pianse su Gerusalemme profetizzandone l’abbattimento totale “… non lasceranno in te pietra su pietra …”. La chiesa odierna, simile a una tenda, è del 1955, opera di Antonio Barluzzi. 70


IL GETSEMANI (Ebr. Gat - shemanin, frantoio per l’olio). Per noi cristiani è uno dei luoghi più toccanti perchè è da qui che hanno inizio le ore decisive della nostra salvezza. Non ci fermeremo in minute descrizioni, ci presentiamo con tre atteggiamenti personali: con la voglia di scolpire negli occhi ciò che vediamo, con la voglia di ascoltare il silenzio, con la voglia di commuoverci nell’anima.

Il Getsemani ci fà conoscere tre ambienti: la grotta, l’orto degli ulivi, la Basilica dell’Agonia. La grotta di forma irregolare ha le seguenti dimensioni: 17 mt. di lunghezza, 9 di larghezza e 3,5 di altezza e sin dal 1392 è custodita dai padri Francescani. Nel 1955 un alluvione la riempì di melma rovinando il sobrio arredamento. Nel 1956 i padri, durante il restauro, misero in luce le prime fondamenta, quelle del tempo di Gesù, dove avvenne il tradimento di Giuda e la cattura del Signore: “come contro un brigante con spade e bastoni siete venuti a prendermi” (Marco 14, 43-52). Accanto, riparata da una cancellata in ferro battuto, c’è l’orto 71


con otto ulivi secolari. Siccome queste piante hanno lunghissima vita, forse sono le uniche che potrebbero raccontare la terribile paura di Gesù di fronte alla morte nello strazio del totale abbandono. Segue la Basilica dell’Agonia, costruita negli anni 1920 sugli antichi resti bizantini e su progetto di Antonio Barluzzi. Di fronte all’altare emerge la roccia dell’Agonia ove Gesù soffrì l’impossibile “…… in preda all’agonia, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra ……“ (Lc. 22, 39-46). Questa basilica inoltre, essendo stata eretta con il contributo di genti diverse, porta anche il nome riconoscente di “Basilica delle Nazioni”. Per gli ebrei il Muro (Ha-Kotel). Per gli altri il muro del pianto. E’ il cuore dei veri praticanti ebrei perchè ricorda il monte Moriah. Era l’altura sulla quale Abramo, in segno di assoluta obbedienza, fu pronto a sacrificare il figlio Isacco e dove Re Davide trasportò l’arca dell’Alleanza che verrà poi accolta nel primo Tempio, quello di Salomone. Il muraglione è di Erode il Grande, quando ristrutturando il Tempio lo fece uno delle sette

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meraviglie del mondo. Dal 1967 questo sacro spazio è diventato di fatto una Sinagoga all’aperto, ospitando donne e uomini. Dinnanzi a questo muro, “Il Pio Ebreo” offre esempio di ardente preghiera. L’ambiente suscita profondo rispetto. Non si fuma. In alto sei grandi stelle di Davide fiammeggianti ricordano i sei milioni di ebrei sterminati dal nazismo. Quando tutte le sofferenze umane raggruppate insieme nutriranno la pace? Dietro al muro si estende la grande spianata a forma di trapezio definita: “il nobile recinto sacro”, “Al-Haram ash-Sharif”, con due moschee, gloria del mondo islamico, dopo la Mecca e Medina.

LA CUPOLA DELLA ROCCIA (Ar. Qubbet as-Sakhra). E’ il più antico edificio musulmano di Palestina e fu costruito negli anni 665-671 sotto il califfato di “Abd el-Malik”. E’ una moschea molto bella per le linee architettoniche, ricchissima di marmi, ori, mosaici, ceramiche, tappeti. La cupola alta 21 metri dal tamburo, è rivestita da lastre ed alluminio ricoperto di oro massiccio. La spianata ottagonale ha gli ingressi nei quattro punti cardinali e sull’alto della cupola sovrasta la mezzaluna. Al di là di questa sintesi, è importante soffermarci su ciò che la moschea contiene: la roccia santa del monte Moriah (mt. 18x13). Qui la tradizione ebraica indicò il punto dove Abramo intendeva sacrificare il figlio Isacco (Genesi 22, 1-19). Il terreno acquistato in seguito da Re Davide dal gebuseo Ornam, diverrà il sito dell’altare degli olocausti, del tempio di Salomone. Vicina e in direzione sud, s’innalza solida la moschea di El-Aqsa (significa: la lontanissima dalla Mecca). Ha una cupola che raggiunge 18 mt. di altezza, è riccamente decorata, è avvolta di luce e spaziosa, sino a poter ospitare di volta in volta 5000 persone per i momenti della preghiera, è la più frequentata dai musulmani. 73


BASILICA DEL SANTO SEPOLCRO (Gli orientali la chiamano Basilica dell’Anàstasis = Risurrezione). E’ il luogo della morte e della vita, il più drammatico, il più gioioso dell’universo, perchè qui il Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, muore e risorge. Il racconto dei Vangeli ci travolge, ci distrugge, poi, ci conduce al Vivente. Ecco le ore sublimi e immortali nei secoli, crocevia della storia, ago di bilancia per tutte le creature.

• Gesù è condannato alla Crocifissione (Gv. 19,4-16). • Gesù è crocifisso (Gv. 19,17-20). • Gesù muore in croce (Mc. 15,33-39). • Gesù è deposto dalla croce e sepolto (Gv. 19,31-42). • Gesù è risorto (Mc. 16,1-7).

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Se sommassimo la pianta attuale della basilica con la pianta archeologica, credo che non basterebbero cento tesi di laurea per dipanare i fatti accaduti in questa zona, oserei dire “vulcanica”, nello scorrere dei secoli sino a oggi, tra costruzioni, distruzioni, rifacimenti, modifiche …… Ci limitiamo all’essenziale: dai Vangeli sappiamo che Gesù muore sulla croce in un luogo detto in aramaico “Golgota” e in greco “Cranio”, con accanto due ladroni. Nei pressi, si trova un podere rurale di Giuseppe di Arimatea con la sua tomba di famiglia. Nel 44 d.C., Erode Agrippa, con la costruzione del terzo muro attorno a Gerusalemme, ingloba il tutto rendendelo edificabile. Con certezza conosciamo che questo luogo santissimo, venerato e protetto dalle prime comunità cristiane come nessun altro, scampò alle distruzioni delle legioni di Tito del marzo-aprile 70, ma come accennato nel breve panorama storico, nel 135 domata la rivolta di Bar Cohba, l’imperatore Adriano azzerò i luoghi santi ricoprendoli di macerie, e, sul calvario fece sorgere il grande terrazzo del Campidoglio ponendovi la statua di Giove insieme ad altre divinità pagane. Nel suo furore fanatico, non comprese che un giorno il santo luogo, ripulito dalle macerie, sarebbe ritornato come era all’inizio. E così avvenne: iniziati gli scavi nel 326, nel 335, il grande zelo dell’imperatore Costantino restituisce il massimo rispetto e dignità a queste zolle bagnate dal sangue di Dio, alba di redenzione. Brevissimamente: - 614 i vari edifici vennero seriamente danneggiati dall’esercito persiano di Cosroe. - 1009 il Santo Sepolcro viene demolito per ordine del sultano Hakim. 75


- 1048 l’imperatore bizantino Costantino II Monomaco, ottiene il permesso di restaurarlo. - 15 luglio 1099 i crociati entrano in Gerusalemme. Ricostruiranno la rotonda e l’edicola del Santo Sepolcro aggiungendovi la chiesa romanica con tre cappelle. Possiamo dire che queste costruzioni crociate pur in mezzo a tante vicissitudini e con diversi adattamenti sono giunte fino a noi. Oggi, il complesso sacro è officiato da tre comunità religiose: dai padri minori Francescani, dai monaci greci, e dai monaci armeni. E ora, una premessa, prima di entrare in Basilica: qui ho vissuto esperienze liturgiche e sacri riti molto forti, in particolare concelebrazioni e vie crucis indimenticabili, tuttavia desidero confidare questo: ogni qualvolta ritorno, cerco di isolarmi almeno per una mezz’ora (sarà così anche per noi), e nella penombra seduto da qualche parte, osservo i volti dei pellegrini che giungono da tutto il mondo. Si ricevono così vivi esempi di fede che ti ripuliscono l’anima, lasciando la voglia di perseguire, almeno per un poco, la santità, in comunione con tanti fratelli che la vivono.

IL CALVARIO A destra una ripida scala ci conduce a 5 mt. di altezza in un locale (mt. 11,50x9), diviso in due cappelle. La Cappella della Crocifissione Un grande mosaico rappresenta il momento della Crocifissione: Gesù è disteso a terra sulla croce. Dinnanzi, l’altare in bronzo, pare accogliere la vittima divina, l’agnello che salva.

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La Cappella della morte di Gesù Sulla parte dello sperone di roccia dove Gesù fu innalzato in croce, l’altare porta al centro un disco di argento con una fenditura nel mezzo. Qui le mani dei fedeli possono toccare il santissimo luogo del supplizio. Chi mai saprà quante piissime carezze hanno levigato questa roccia in segno di immensa riconoscenza? Nella croce il peccato è stato distrutto ed è sbocciata la vita. La Pietra dell’unzione Si trova all’ingresso, è rossastra e misura mt. 2,70x1,30x0,30. Ricorda il rito dell’unzione di Giuseppe di Arimatea e Nicodemo. “…… lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, come è usanza seppellire per i giudei” (Gv. 19,40). Subito dopo avvenne la deposizione nella tomba. Di fronte a questa pietra benedetta vegliano otto lampade e nella parete un grande mosaico moderno riproduce la scena evangelica”.

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LA ROTONDA E IL SEPOLCRO DI GESÙ La grande rotonda chiamata in greco “anàstasis” (della Risurrezione), opera dell’imperatore Costantino, fu consacrata nell’anno 335. Come già detto, gli edifici pur tra tante vicende rimangono nello scorrere del tempo pressochè uguali. Nel 1868, la cupola viene rifatta come oggi la vediamo, poggiante su dodici colonne e quattro pilastri. Al centro c’è il Sepolcro di Gesù, è un rettangolo di mt. 8,30x5,90x5,90. In marmo massiccio, ornato da pilastrini, colonne, lampade pendenti tra globi d’argento, al primo colpo d’occhio appare sin troppo carico e pesante. Molto significativi invece sono i tre quadri della Risurrezione di Gesù appesi sulla porta d’ingresso, appartenenti l’uno ai padri francescani e gli altri due ai padri greci e ai padri armeni. Le tre piccole lampade sempre accese annunciano che la Risurrezione di Cristo è la sola luce che dipana le tenebre e le angosce perchè ha sconfitto la morte. La Cappella dell’Angelo (mt. 3,40x3,90) ricorda il messaggio a Maria di Magdala, a Maria di Giacomo e Salome. “Entrando nel sepolcro (le donne), videro un giovane, seduto sulla destra, vestito di una veste bianca, ed ebbero paura ma egli disse loro: “non abbiate paura! voi cercate Gesù Nazareno, il Crocifisso. E’ risorto, non è qui” (Mc. 15, 5-6)”. La Tomba di Gesù. Dalla cappella dell’Angelo una piccola porta (mt. 1,33x0,95) introduce nel Santo Sepolcro (mt. 2,07x1,93), ove il corpo di Gesù posto sulla pietra, rimase dalla sera del Venerdì Santo sino all’alba di Pasqua. Ecco gli eventi che contano sul serio e che noi riviviamo proprio dove sono accaduti. Il Figlio di Dio che muore e risorge è la vera rivoluzione dell’Universo. Purtroppo rimaniamo ciechi, e, anche se il male lavora nel mondo provocando invidie, rancori, violenze, 78


morte, non dimentichiamo che non sono le filosofie, le ideologie, le chiacchere, i “summit” degli uomini a risolvere i problemi dell’uomo, bensì, sono i granelli della pace e del bene che crescono nel cuore dei veri “puri”, uniti all’infinita forza del sommo redentore, Gesù il Nazareno.

YAD-VASHEM “Io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un posto e un nome” (Is. 56,5). HAR HAZIKARON (la collina del ricordo). Lo scopo: con chiarezza il testo del parlamento ebraico del 15 agosto 1953 dice: “è istituita la fondazione Yad-Vashem per ricordare i sei milioni di ebrei sterminati dal nazismo e dai suoi complici”. Durante il percorso le lacrime ci accompagneranno e il cuore parrà frantumarsi a ogni istante. Ecco ciò che non scorderò mai: il viale dei Giusti: è il gesto riconoscente degli Ebrei in favore di quegli uomini liberi che hanno rischiato la vita per loro. Le piccole targhe fissate in terra ricordano i nomi, mentre l’albero di carrube piantato accanto, significa che dalla solidarietà sempre nasce la vita. 79


La sala del ricordo: è il luogo più sacro e gli uomini entrano con il capo coperto. La sala con muri fatti di grossi ciotoli, nel

mezzo presenta una coppa di bronzo a pezzi. La sua fiamma illumina i ventidue più dannati campi di sterminio, e i nomi di queste costruzioni infernali sono incisi sul pavimento. Il memoriale ai bambini ebrei: un medaglione, con il volto di un bambino trucidato ad Auschwiz, ci accoglie. E’ l’immagine di un milione e mezzo di suoi coetanei sterminati dalla pazzia nazista. Lungo il corridoio, colonne spezzate sono simboli delle giovani vite perdute. Nella stanza, al buio, specchi di luce riproducono in un cielo lontano moltissime tremule fiammelle, e, 80


in un silenzio irreale, una voce che fa rabbrividire, scandisce i nomi, l’età e la nazionalità dei piccoli morti. Ci avviamo verso Betlemme, portiamo dentro l’inesprimibile amarezza per aver visto quello che sa fare l’uomo al fratello. Ma, come sacerdote e forse con sangue ebreo nelle vene per qualche mia antenata, voglio gridare a ogni uomo che sarebbe ora di abbandonare le follie per ricercare ardentemente la pace. Il male c’è nel mondo perchè opera pure la banda del demonio. Ma chi è costui di fronte a nostro Signore? Seppure grande nell’azione maligna, è pur sempre una creatura finita, dunque la forza del Risorto lo può imprigionare. E i nostri Santi Angeli? Anche loro, con la grazia dall’alto, possono fare altrettanto. Ed ecco i mali che vorrei buttare attorno alla Croce di Gesù perchè scomparissero: Sono tutti gli aborti procurati. Sono tutte le violenze sessuali sui minori. Sono tutti i rapimenti per depredare organi vitali. Sono tutti i vigliacchi attentati che fanno perire gente ignara, inconsapevole e innocente. Utopie? Parole al vento? Sarà! Ma, non dimentichiamo che, seppure ogni uomo è chiamato alla Casa del Padre, severissime pene attenderanno coloro che avranno calpestato i fratelli, macchiandosi di questi delitti orrendi or ora descritti.

BETLEMME (Ebr. Bet-Lehem, casa del pane; Ar. Beit-Lahm, casa della carne). E’ una cittadina a 800 metri sul mare con 35.000 abitanti in maggioranza cristiani e musulmani. Oggi sulle alture non si vedono più le estese coltivazioni di un tempo fatte di vigne, frutta e olivi, e, così pure a est e a sud, i campi d’orzo e di grano. 81


Il moderno ha cancellato parecchio dell’atmosfera pastorale, tuttavia si vive di agricoltura e fiorente è l’artigianato degli oggetti in legno e madreperla, (quest’ultima introdotta dai padri francescani nel 1700), e, in tutto il mondo sono noti i presepi in legno di ulivo. Le fonti bibliche più antiche dicono che Rachele, la moglie di Giacobbe, alla sua morte, fu sepolta sulla strada verso Betlemme. Qui nacque Davide, gloria dell’Antico Testamento, e, dalla sua stirpe sorgerà Gesù il Cristo, centro della storia e dell’universo (Lc. 2,6-7). Il figlio di Dio nasce in una grotta, che diviene senza dubbio luogo di venerazione sin dall’inizio del cristianesimo. Prova convincente, seppure sacrilega, è l’azione dell’imperatore Adriano che volle far scomparire questo primo santuario naturale, coprendolo con un bosco, dedicato a divinità pagane. Ma nel 325 la meravigliosa Basilica voluta da Costantino e da s. Elena diviene il faro di Betlemme che per sempre attirerà gli uomini al Dio fatto uomo. La seguente riflessione è bella: l’umile grotta della Natività, lungo i secoli resisterà più di qualsiasi fortezza. Nel 614 quando Cosroe devasterà la Giudea, la basilica, per il mosaico dei Re Magi, rimarrà incolume. Nel 1099 all’arrivo dei crociati mentre i musulmani devastarono la città, la basilica fu salva. In seguito arabi e turchi non arrecheranno distruzioni, ma Betlemme poco alla volta diverrà un piccolo villaggio sino al 1600. Segue il periodo delle contestazioni tra padri francescani e greci ortodossi per il possesso del Santuario con complicate e alterne vicende. Oggi la situazione è la seguente. I greci hanno il possesso della basilica tranne la parte nord che appartiene agli armeni. Nella grotta l’altare della Natività è dei greci, l’altare della mangiatoia (grotta dei Magi) è dei latini. Nel 1881 i padri francescani sulla sinistra della basilica costruiscono la chiesa di S. Caterina. E’ il centro delle loro funzioni religiose. 82


BASILICA DELLA NATIVITA’

Il cortile lastricato della basilica ha sulla destra le robuste mura del convento greco. Dopo la piccola porta d’ingresso la basilica ci appare solenne, lunga 54 mt. x 26 di larghezza, è divisa in cinque navate da quattro ordini di colonne di pietra rossa (in totale sono 40). Il tetto è a travi e sulla parete si vedono tracce di mosaici anneriti, mentre sotto il pavimento attuale affiorano resti di quello antico costantiniano. 83


Al fondo, dal grande coro della basilica due scale laterali scendono alla grotta della Natività, un rettangolo di mt. 12,30x3,50. La cripta con il pavimento in lastre di marmo e le pareti tappezzate di amianto è illuminata da poche lampadine elettriche e da 53 lampade a olio e ci presenta due altari: l’altare della Natività e il piccolo altare dei Magi con la mangiatoia vicina. Siamo nuovamente immersi nel mistero di Cristo. E’ il secondo della nostra fede. In ginocchio dinnanzi alla grande stella d’argento infissa sul pavimento leggiamo: “Hic de Virgine Maria Jesus Christus natus est”, “Qui dalla Vergine Maria è nato Gesù Cristo”. La stella ha 14 raggi ed è segno che il Figlio di Dio fatto uomo è venuto a cercare l’umanità in ogni direzione del cosmo, perchè Dio vuole che tutte le creature siano salve. Sentite quale fortuna mi toccò, una volta per tutte: in un mattino d’inverno, mi trovai in questa cripta, c’era un solo pellegrino, un russo; inginocchiato pregava così ardentemente che mi parve di incontrare un santo in estasi. E in quel momento, vidi passare i pastori mandati dagli angeli ad adorare per primi Gesù, Dio fatto uomo nato da Maria.

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Poi ancora, vidi giungere i Magi venuti da lontano, con i loro doni, l’oro, l’incenso e la mirra (Mt. 2,11). Cosa ti porto oggi o mio Signore, nato bimbo anche per me? Una mente? Un cuore? Tanti propositi? Tante mancanze? Accettami come sono, quel poco che ho di buono addosso è frutto della tua grazia. Ti voglio bene! Sul fondo della grotta, attraverso un corridoio si possono ammirare altre piccole grotte, restaurate dai padri B. Bagatti e A. Farina negli anni 1962-64. L’ultima cella è quella di s. Girolamo sacerdote e dottore della chiesa (340-420). Proprio qui terminò la sua straordinaria fatica di tradurre in latino l’Antico e il Nuovo Testamento. Con il titolo di “Volgata”, per secoli divenne la Bibbia ufficiale del cristianesimo. CHIESA DI S. CATERINA Fu eretta nel 1882 dai padri francescani al posto di quella medievale assai piccola. Il chiostro, restaurato dall’architetto A. Barluzzi nel 1948-49, è raccolto e bellissimo; al centro su una colonna c’è la statua austera del grande s. Girolamo.

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Ogni giorno i padri francescani, da questa chiesa che è pure la parrocchia latina di Betlemme, in processione scendono alla grotta della Natività tra canti e preghiere del luogo, è una celebrazione sempre commovente; e così pure, al termine della s. Messa di mezzanotte di ogni S. Natale, il patriarca di Gerusalemme porta in processione solenne la statua del Bambino che si trova nella chiesa sotto l’altare dell’Immacolata (è conosciuta in tutto il mondo), adagiandola dapprima sulla stella d’argento e dopo sull’altare dei Magi.

BEIT-SAHUR (campo dei pastori?) (campo dei guardiani?). E’ il villaggio a tre km. da Betlemme nelle vicinanze del quale si trova il ”campo dei pastori”. E’ il luogo che sin da piccoli abbiamo sognato perchè qui accadde ciò che racconta Luca, 2,8-20: il ruolo unico e primario dei pastori, alla nascita di Gesù, “C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro

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gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annuncio una grande gioia che sarà per tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”.

SANTUARIO DEL GLORIA IN EXCELSIS Sorge su antichi resti di monasteri, costruito negli anni 195354 su progetto di A. Barluzzi, a forma di tenda dei pastori beduini. La luce scendendo dall’alto della cupola suscita un’ambiente suggestivo. Le cappelle, affrescate dall’architetto U. Noni, si ispirano all’evangelista Luca e descrivono: l’annuncio dell’angelo ai pastori; la visita senza indugio dei pastori a Maria, a Giuseppe e al Bambino; il ritorno dei pastori pieni di gioia. Nei dintorni alcune grotte, ben rinnovate dai padri francescani, servono da cappelle e in una si rivive il santo insegnamento del presepe, intuito e voluto da s. Francesco. Si fa ritorno a Gerusalemme. La notte sarà troppo breve per coordinare quanto abbiamo conosciuto. Domani, ne parleremo insieme. 87


SABATO: E’ l’ultimo giorno del nostro pellegrinaggio e forse sarà quello che colpirà maggiormente la nostra fantasia per quanto sperimenteremo. Scendiamo al mar Morto lungo la via che già abbiamo percorso, in salita, giungendo da Gerico a Gerusalemme. Al mare, svolteremo a destra verso il termine della sponda occidentale. Di fronte abbiamo l’altopiano Giordano di Moab con il monte Nebo vivo nel ricordo di Mosè. MAR MORTO (Ebr. Yam ha-Melah, mare del sale; ar. Bahr Lût, mare di Lot; grec. Asfaltide, mare di asfalto).

Ha la lunghezza di 76 km., la larghezza di 16 ed è a 400 mt. sotto il livello del mare. La profondità tocca i 400 mt. e la salinità, dieci volte superiore a quella dei nostri mari, non permette alcuna forma di vita. Proprio per questa ragione è detto “Mar Morto”, in contrasto con l’intensissimo azzurro delle sue acque che parreb88


bero offrire soltanto vita e benessere. Il corpo umano galleggia come una barchetta, e, se qualcuno vorrà tentare una nuotatina, subito dopo cercherà l’acqua dolce più di un assettato. Oggi, il livello delle acque è in continua diminuzione sia per la modesta portata dei maggiori affluenti (fiumi Giordano e Arnon), sia per la rilevante produzione industriale di potassa, bromo, cloruro di magnesio. Prova di tutto ciò è che la parte sud del mare già si è ritirata di 25 km., e per ovviare a questi inconvenienti, studi recenti ipotizzano il prelievo dell’acqua da Eliat, sul mar Rosso. Ein Boqeq E’ una bella cittadina termale sede di una fortezza romanabizantina che proteggeva le sorgenti conosciute sin dall’antichità, per la cura di varie malattie (psoriasi, artriti, problemi respiratori). Segue a 3 km. l’importante e moderna struttura turistica-curativa di Newe Zohar, attrezzatissima e tale da competere con le migliori delle nostre, in Europa.

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Da qui scenderemo verso l’estremità del mar Morto vicino alla località biblica di Sodoma, capoluogo della Pentapoli. Qui ricorderemo il fatto narrato da Genesi 19, 23-26. “Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zohar, quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sodoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti della città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale”. Questa terribile punizione del vizio contro natura, giunge a noi come un eco lontano e drammatico. Forse che oggi non dovremmo arrossire più dall’ora? Masada (Ebr. Matzudà, fortezza). E’ una montagna che s’innalza sul mar Morto e i lavori faraonici di Erode il Grande, iniziati nel 36 a.C., la fecero la sua roccaforte inespugnabile. (Per ironia della sorte, mai l’abitò).

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In cima la spianata di mt. 600x200, ricavata con mostruose fatiche, permise la costruzione di edifici tra cui il palazzo reale, nido d’aquila a tre piani. Enormi cisterne d’acqua, magazzini di viveri, piccoli orti, le assicuravano una resistenza a oltranza. Caduta nel 70 Gerusalemme, Masada divenne l’ultimo rifugio per i 967 zeloti ed esseni. Nell’autunno del 72, il governatore romano Flavio Silla con 15.000 uomini della X legione, l’assediò ponendo otto accampamenti. Avendo capito subito che mai l’avrebbe potuta conquistare, ricorse a questo stratagemma: reclutati migliaia di schiavi, fece costruire un terrapieno per colmare la valletta a monte affinché le macchine da guerra potessero salire. A questo punto i 967 eroi, vista la fine, decisero di morire. Dieci uomini tirati a sorte compirono il cruento sacrificio, mentre assai prima per segnalare che non sarebbe stata la fame a farli capitolare, avevano ammassato al centro della fortezza le vettovaglie. Si salvarono solo due donne e cinque bambini. Il loro racconto divenne la voce della libertà e fu l’inno più glorioso ai martiri di Masada. La fortezza scomparve e solo negli anni 1963-65 un gruppo di archeologi dell’università di Gerusalemme ricompose le rovine richiamandola in vita. Per Israele Masada è il simbolo dell’eroismo più genuino verso la patria. Tutti i giovani salgono quassù e le reclute nel momento solenne del giuramento, con voce ferma e forte proclamano: “Masada non cadrà mai più”. Una modernissima teleferica ci condurrà in alto sulla spianata. Ammirati scorgeremo i resti dei magazzini, delle terme, del palazzo reale, della chiesa bizantina e del terrapieno d’assalto. In ogni direzione il paesaggio susciterà insolite sensazioni e davvero ci lascerà un segno nell’anima. 91


Qumran (Ar. Khirbet Qumran, rovine di Qumran). Una strada asfaltata ci porta su una terrazza ove si trovano le rovine di questo luogo mai nominato dalla Bibbia e situato tra imponenti pareti rocciose e grotte. Nel 1947 un pastore beduino di dodici anni, cercando una sua capra dispersa, lanciò un sasso dentro una grotta che procurò strani rumori; impaurito fuggì. Il giorno seguente con un cugino ritornò sul posto e raccolse dei rotoli polverosi. E’ la più importante scoperta biblica del secolo scorso. In dieci anni furono esplorati a fondo più di trenta grotte, in undici delle quali furono recuperati manoscritti e frammenti di straordinario valore. Grande merito in queste ricerche l’ebbero il professore Harding, direttore delle antichità della Giordania e il padre francescano Roland de Vaux dell’istituto biblico di Gerusalemme. Oggi i più preziosi documenti sono conservati nel santuario del libro, edificio che si trova di fronte alla Knesset (il parlamento) di Israele. Questi ritrovamenti inoltre fecero conoscere a tutto il mondo la comunità degli Esseni (dal sostantivo aramaico hasen = silenzioso). Osservantissimi della Legge e delle Tradizioni, dal 150 a.C. al 70 d.C. vissero a Qumran, zona desertica e separata. Ecco i loro tre ideali perseguiti: Amore verso Dio: osservanza strettissima e senza eccezioni della legge. Amore verso il prossimo: rispetto nell’uguaglianza di tutti gli appartenenti e dedizione totale ai vecchi e agli ammalati. 92


Amore verso la virtù: vita ascetica durissima nella povertà, ubbidienza e castità. Il noviziato della durata di un anno, si svolgeva tra severe prove e al termine il candidato ammesso riceveva la veste candida. La vita comunitaria era scandita dal lavoro e dalla preghiera. Il sabato era il giorno dell’assoluto riposo dedicato alla lettura, allo studio e al colloquio con Dio. Come si vede: grande ascetica! Credo tuttavia che nessuno di noi desideri essere chiamato a una simile avventura. Santa Messa nel deserto

Avremo il Vivente con noi. Ricevere il Signore Gesù, nell’ostia consacrata, proprio nella sua terra che lo vide in cammino, che lo vide morire e risorgere sarà un’esperienza unica, e, tutti esprimeremo il nostro ringraziamento senza confini. E’ notte a Gerusalemme. Forse non prenderemo sonno. Nelle primissime ore della domenica torneremo a casa. Addio Città Santa preludio di Paradiso, un giorno, ti rivedremo. 93



Cronologia da Abramo alla prima Pentecoste cristiana

1850 a.C. Abramo (Ebr. = padre di una moltitudine), discendente di Sem figlio di Noè, verso il 1850 (prima di Cristo), con il padre Terech, la sua gente (circa trecento persone) e il bestiame, lascia la città di Ur in prossimità del Golfo Persico e per mille chilometri risale il fiume Eufrate stabilendosi a Carran, centro carovaniero. Morto il padre, scende nella terra dei Cananei (Ebr. = mercanti), dove, a Sichem (Ebr. = dosso di monte), costruisce un altare al Dio che l’aveva chiamato con la promessa di farne un grande popolo. 1750

Giuseppe (Ebr. = Aggiunga Dio un altro figlio), figlio di Giacobbe, venduto dai fratelli, diviene Vicerè d’Egitto. Invita il padre e il clan a scendere da lui offrendo loro la terra del delta del fiume Nilo, ricca di acque e pascoli.

1250

Dopo 400 anni di permanenza in terra straniera, Mosè (Ebr. = salvato dall’acqua), libera il popolo di Israele e lo guida verso la terra promessa. E’ l’epopea dell’Esodo durante la quale sul monte Sinai riceve i dieci Comandamenti.

1200

Giosuè (Ebr. = Dio salva), passa il fiume Giordano ed entra nella terra di Canaan. Tra le 12 tribù che fanno capo ai 12 figli di Giacobbe vengono spartiti i territori conquistati, a eccezione della tribù di Levi alla quale vengono affidate alcune città. 95


{1140 1130

Tempo dei Giudici. Il popolo di Dio viene governato da capi carismatici, tra questi emergono: Debora, Gedeone, Sansone e Samuele.

{1020 930

Tempo della Monarchia. Saul è il primo Re di Israele consacrato dall’ultimo dei Giudici, “Samuele”. A lui succede nell’anno 1000 Davide che elegge Gerusalemme capitale. Nel 970 sale al trono il figlio suo Salomone che guida il regno al massimo fulgore sia per l’ampiezza del territorio, sia per la costruzione del primo Tempio.

{930 721

Tempo dei due Regni nella divisione politica e religiosa. A Nord, il regno di Israele con capitale Samaria. A Sud, il regno di Giuda con capitale Gerusalemme.

721

Gli Assiri di Sargon II occupano il regno del Nord e deportano la popolazione a Ninive. In questo periodo operano i profeti Elia ed Eliseo.

586

Nabucodonosor, Re di Babilonia, conquista Gerusalemme, distrugge il Tempio di Salomone e deporta la gente. In questo periodo operano i profeti Geremia, Ezechiele, Daniele.

539

Il Re persiano Ciro espugna Babilonia e con il suo celebre editto del 538, permette il ritorno degli Ebrei in Giudea. Alcuni rimarranno colà dando inizio, in questo modo, alla prima diaspora (dispersione), della storia ebraica.

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515

Sotto la direzione del Governatore Zorobabele, è ultimata la costruzione del secondo Tempio. In questo periodo operano i profeti Aggeo, Zaccaria, Malachia.

332

Alessandro Magno, il Macedone, conquista la Palestina che alla sua morte passerà sotto l’influsso dei Seleucidi. (Dinastia macedone).

{169 167

Antioco IV Epifane, seleucide, saccheggia il Tempio di Zorobabele e lo dedica al dio Giove (Zeus).

{165 164

I Maccabei (Ebr. = martelli) figli di Mattatia (Ebr. = dono di Dio), riconquistano l’indipendenza e la libertà religiosa, e Giuda, il terzo fratello, fa purificare il Tempio ripristinando il culto al vero Dio. (E’ la festa di Hanukkah=consacrazione). Gneo Pompeo entra in Gerusalemme e la Giudea è sotto l’Impero Romano. C’è un particolare che fa riflettere: Pompeo, conquistata la città, ebbe l’ardire di profanare la parte più sacra del Tempio (il Santo dei Santi = il Debir), entrando a cavallo e lamentandosi più tardi di averlo trovato vuoto. Ebbene, dopo le storiche vicende con Cesare, mentre tentava la fuga in Egitto, venne assassinato al Monte Casio sulla costa del Sinai. Pare che lo seguisse, con un sussurro enigmatico, la voce lontana del salmo: “L’empio che profana il Tempio dell’Eterno, trova la morte”.

64

31

Erode il Grande dopo alterni e sorprendenti momenti politici con Roma, è confermato da Ottaviano, (vittorioso ad Azio su Antonio), Re della Giudea con la Galilea, la Samaria e alcune città ellenistiche.

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Il Verbo, Figlio eterno di Dio, si fa carne assumendo la natura umana per mezzo di una donna ebrea, Maria di Nazaret. Finalmente è giunto il tempo di Gesù il Cristo

7-6 a.C.

Nascita di Gesù. Che cosa sappiamo?

1

Gesù nasce durante il regno dell’imperatore romano Cesare Augusto mentre in Giudea c’è Re Erode (Mt. 2,1; Lc. 1,5).

2

Erode il Grande muore per grave malattia a Gerico, poco prima della Pasqua, nella primavera dell’anno 750 dalla Fondazione di Roma (ab Urbe condita). Vedi: “Antichità giudaiche” di Flavio Giuseppe. Da qui: riflettendo sul fatto che Gesù scampò alla strage degli Innocenti, (uccisione di tutti i bambini di Betlemme e dei dintorni, dai due anni in giù), ordinata dal tiranno Erode prima della sua orribile fine, possiamo affermare che Gesù contava allora circa tre anni d’età.

3

Trasferendoci con un gran balzo a Roma, nel 500 d.C., incontriamo il monaco Scita Dionigi il Piccolo, (Cassiodoro, amico suo, afferma che questo appellativo gli fu dato per la sua grande umiltà), il quale proponendo una nuova datazione universale, non intese più fare riferimento a quella classica “Dalla fondazione di Roma, (ab Urbe condita), bensì dalla nascita di Gesù di Nazaret che stabilisce essere avvenuta il 25 Dicembre dell’anno 754 di Roma. 98


Eccolo qui l’errore: Erode il Grande era già morto da 4 anni (750 dalla Fondazione di Roma) allorquando Gesù ne compiva circa tre, dunque, occorre collocare la nascita di Gesù negli anni 749-748-747 di Roma, e cioè, circa 6-7 anni prima della data calcolata da Dionigi il Piccolo. Così, per queste circostanze, oltre che a non conoscere con esattezza l’anno in cui nasce il Dio fatto uomo e Re del creato, con un pizzico di umorismo dovremmo portare avanti i nostri almanacchi e ritrovarci oggi nel 2013 o 2014 dopo Cristo. 30 d.C.

Morte e risurrezione di Gesù Cristo. Che cosa sappiamo?

1

Gesù viene crocifisso sotto Ponzio Pilato procuratore della Giudea, (26-36 d.C.).

2

Una frase del Talmud (Ebr. = studio, dottrina) di Babilonia, del V Secolo, dice: la vigilia della Pasqua è stato crocifisso Gesù.

3

Seguendo la cronologia dell’evangelista Giovanni, diversa da quella dei Sinottici Matteo, Marco, Luca, (non possiamo approfondire ulteriormente la questione), il 13 del mese di Nisan (vigilia della Pasqua), nell’anno 33 d.C. cadde il Venerdì 3 Aprile, mentre nell’anno 30 d.C. cadde il Venerdì 7 Aprile. Scartando la data del 33 d.C. che allungherebbe di troppo la vita pubblica di Gesù, optiamo per il Venerdì 7 Aprile dell’anno 30 d.C.: questo dunque è il giorno più verosimile della morte del Redentore; di conseguenza Gesù Cristo Figlio di Dio risorge il terzo giorno, all’alba cioè del giorno dopo la Pasqua, per noi Cristiani la Domenica 9 Aprile. Quì esplode il canto della gioia: “il sepolcro non può trattenere l’Autore della vita e che fanno i guardiani dinnanzi alla tomba vuota? 99


La Pentecoste Cinquanta giorni dopo la Pasqua, gli Ebrei celebravano “Shavuot”, la Festa delle Settimane, per noi la “Pentecoste”, il cinquantesimo giorno. In quella prima Pentecoste cristiana, lo Spirito Santo discende sugli Apostoli e dà inizio al cammino della Chiesa. Il tuono come “un colpo di vento gagliardo”, e “le lingue di fuoco”, sono il via di Dio a quel manipolo di uomini che inonderanno il mondo di Cristo Figlio di Dio morto e risorto, con la forza inarrestabile del mosto nuovo in effervescenza, secondo la bellissima descrizione degli Atti degli Apostoli al capitolo secondo versetti 1-13.

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Goccioline per un sorriso

EBRAICO Salve - Ciao Buon giorno Buona sera Buona notte Tante grazie Alla salute Arrivederci Buon appetito Buono Cattivo Bello Brutto Grande Piccolo Piccante - Forte Si No Tutto va bene Come è bello Servizi per uomini Servizi per donne

Scíalòm Bókher tòv Érev tòv Láila tòv Todà rabà Léchaìm Lehítraòt Letéavòn Tòv Rà Iáfè Méchóàr Gádòl Kátàn Az - Chárìf Kèn Lo Há-kòl bésedèr Esze dévàr Iáfè Lígvarìm Lénascìm 101


ARABO Salve - Ciao Buon giorno Buona sera Buona notte Tante grazie Buon appetito Arrivederci Buono Cattivo Bello Brutto Grande Piccolo Piccante - Forte Si No Tutto va bene Come è bello Servizi

Táhìa Sábàah el kèr Mesé el kèr Tissbàh alà kèr Sciúcràn katirèn Sciáia taìba Il álle cà Queìs Scírrìr Jámìl Kábìh Kábìr Sághèr Hár - Giddàn Naàm La Kullù quéìs Kàm huà jámìl Mérheèd

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Prefazione alla seconda edizione

Lieto per la favorevole accoglienza della prima edizione di “8 giorni per la Terra Santa”, pubblichiamo questa seconda con l’aggiunta di due nuovi capitoli. Il primo riguarda “Ain Karem”. Il secondo, è un gesto sincero e riconoscente da parte mia per Francesco d’Assisi e i suoi frati, figure insostituibili nell’ambiente della Terra di Gesù. Regalino a noi qualcosa della loro Fede e volontà di Pace. Le “Fonti Francescane” nell’ultima stesura del 2004, saranno la miniera ove attingere fatti ed esempi che fisseranno nel nostro spirito momenti salutari di autentico cristianesimo. Al termine del libro, troverete alcune mie composizioni musicali. Vogliono essere un piccolo dono a: • • • • •

Maria madre del Signore. Al bimbo Messia che ama e salva gli uomini. Un’implorazione ai Santi Angeli che ci proteggono. Un’invocazione a San Pietro roccia della santa Chiesa di Dio. Un’invocazione a San Giuseppe custode di Gesù e Maria, nostro protettore.

8 dicembre 2010.

Beata Maria Vergine Immacolata.

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Ain Karem

rima di descrivere il villaggio di Ain Karem, trovo utile premettere queste considerazioni. Il precursore di Gesù, Giovanni Battista, figlio di Zaccaria e di Elisabetta, è una figura gigantesca tra i due Testamenti. E’ Lui che con un piede nel Vecchio lo chiude, ed è Lui che con un piede nel Nuovo lo dichiara aperto, annunciando il Regno di Dio, quello che Gesù di Nazaret instaura affinchè ogni uomo conosca il Padre che è nei cieli e si salvi. Personaggio precursore del Messia, austero e penitente in vita, predica la conversione e nella prigione di Macheronte diviene martire per il suo Signore Gesù. Ma Ain Karem è villaggio significativo pure per la visita che Maria di Nazaret madre del Signore, compie a Elisabetta, sua cugina. Per decine di chilometri porta in grembo attraverso la Palestina il Figlio di Dio incarnato. La Madre con i suoi passi anticipa quel cammino che attraverso le contrade di Galilea, Samaria e Giudea un giorno sarà percorso da Gesù suo Figlio Verbo incarnato predicatore instancabile, realizzatore di segni prodigiosi e annunciatore di cieli e terre nuove.

P

Ain Karem (Ar. Sorgente, Ebr. Sorgente di Karem), villaggio a ovest di Gerusalemme e distante circa 8 chilometri, conosciuto già in epoca antica, al tempo di Gesù era prevalentemente abitato dalle famiglie sacerdotali che officiavano nel Tempio. Qui si trovava la dimora del sacerdote Zaccaria sposo di Elisabetta, madre di Giovanni il precursore di Gesù. Nei Vangeli non appare il nome di questa località ma ne è indicato il luogo: “Maria andò verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda” (Lc. 1,39-40). 105


Fatti straordinari avvengono in questo lembo di terra: • Il concepimento di Giovanni Battista. (Lc.1, 8-21). • La nascita e la circoncisione del precursore.(Lc. 1, 57-64), • Il Benedictus, canto riconoscente di Zaccaria al Dio di Israele. (Lc. 1, 67-79). • La visita di Maria a Elisabetta. (Lc. 5, 39-45). • Il Magnificat lode di Maria al Signore. (Lc. 1, 41-53). Due sono i Santuari che richiamano questi avvenimenti, eccoli: SANTUARIO DI SAN GIOVANNI BATTISTA Costruzione Medioevale, dopo i lavori dei Crociati, cadde in rovina sino all’anno 1621 quando, per la sollecitudine di Padre Tommaso da Novara custode di Terra Santa, venne restaurato e aperto al culto. Attualmente è un edificio a tre navate con cupola. A sinistra per mezzo di una scalinata si scende alla grotta casa di Zaccaria dove nacque Giovanni, una stella di marmo porta l’iscrizione: “Hic praecursor Domini natus est”. All’interno della chiesa si trovano celebri tele di scuola spagnola (Murillo, Zurbaran, un Giovannino della scuola di Caravaggio e una decollazione del Ribalta.) Sul sagrato diversi pannelli di maiolica riproducono in varie lingue il cantico del “Benedictus”. Lasciando il tempio, sulla sinistra, si oltrepassa la fonte della Vergine, (questa costruzione è posta attorno alla sorgente d’acqua luogo dell’incontro di Maria con la cugina Elisabetta e, da qui si sale al: SANTUARIO DELLA VISITAZIONE Edificato al tempo dei Bizantini, venne successivamente ampliato dai Crociati e oggi appare nel bel rifacimento del 1939 per mano dell’architetto italiano Antonio Barluzzi, benemerito artista di tanti lavori in Terra Santa. E’ composto da due costruzioni. Nella 106


parte inferiore si trova la cripta con il pozzo dell’acqua e la grande pietra che la Tradizione dice essere stato il nascondiglio voluto dall’Angelo per proteggere il bimbo Giovanni. Fuori si vedono le ceramiche con il Magnificat in tante lingue. Nella parte superiore un grande portale immette nella chiesa a navata unica. Sulla parete destra appaiono i cinque grandi affreschi mariani che esaltano la grandezza della madre del Signore: 1. Maria è la “Theotokos” cioè la madre di Dio come definito dal Concilio di Efeso (431). 2. Maria è invocata Madre della Chiesa e aiuto dei Cristiani. 3. Maria è l’animatrice alle nozze di Cana. 4. Maria è la vittoriosa nella battaglia di Lepanto(1571). 5. Il teologo e filosofo Francesco Giovanni Duns Scoto, alla Sorbona di Parigi espone di fronte ai dottori la dottrina di Maria Immacolata.

Duns Scoto alla Sorbona. Tipografia Francescana - Gerusalemme. 107


Pio IX con la Bolla “Ineffabilis Deus” (8 dicembre 1854), definirà solennemente che: “la Santissima Vergine Maria è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, sin dal primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente e in vista dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore dell’umanità”. Sulla facciata si vede l’incontro delle due cugine.

Incontro tra Maria ed Elisabetta, (da A. Bernardo - Nella Terra della Bibbia). 108


Deserto di San Giovanni Spingendoci a occidente di Ain Karem, in un’ora di cammino si raggiunge questa località che la Tradizione addita come luogo di contemplazione e rifugio di Giovanni allorquando per preparare la sua missione si ritirò a vita eremitica. Troviamo la grotta, la cappella, la sorgente d’acqua. Nell’anno 1924, i benemeriti frati minori della Custodia, hanno costruito un piccolo convento dandogli il nome di “Monastero di San Giovanni”. Siamo in un luogo stupendo, il silenzio diffuso, effonde un fascino ammaliante, rapimento sicuro per quanti cercano nel silenzio la contemplazione.

Santuario deserto di S. Giovanni, (da P. B. Rossi - La Terra Santa). 109



San Francesco e la Terra della Bibbia

Origine della custodia di Terra Santa l 5 maggio 1217, al termine del Capitolo generale in Santa Maria degli Angeli in Assisi, viene decisa l’importante missione dei frati minori nel mondo onde portare in tutte le nazioni l’annuncio evangelico. Questa scelta importantissima anticipa di secoli il Concilio Vaticano secondo il quale vigorosamente insegnerà che Dio vuole tutti gli uomini salvi formando nella chiesa di Cristo il nuovo popolo di Dio. A tal fine il mondo intero venne diviso in “Province”, e, in esse i frati si riversarono con ardore missionario. Tra le tante province quella di Terra Santa fu sempre considerata la più preziosa e nel 1219 e nel 1220 venne visitata da Francesco in persona. Con il passare degli anni l’influenza francescana cresce e si accentua la voglia di servire la Terra Santa mentre il 14 novembre 1391, quattro frati del Convento di Monte Sion subiscono per primi il martirio. Sono: Nicolo’ Tavelich croato, Stefano da Cuneo,

I

I primi martiri cristiani, (da P. B. Rossi - La Terra Santa). 111


Deodato da Rodez e Pietro da Narbona. Paolo Sesto il 21 giugno1970 li canonizza. Da allora sino ad oggi la Custodia è in costante sviluppo per la dedizione esemplare dei figli di Francesco persone infaticabili e insostituibili. Basti pensare che a tutt’oggi operano in 95 unità sociali con case di accoglienza, ambulatori, scuole, centri culturali, con l’impegno inoltre di gestire una quarantina di santuari tra principali e secondari. Ora: donde tanta grazia e benedizione di Dio? Perchè così grande sviluppo tra secoli difficili e tremende difficoltà? Dobbiamo assolutamente rifugiarci nella vita santa di Francesco che con la sua fede ha saputo spostare le montagne secondo la toccante immagine evangelica del granello di senape. Per questo cercherò di evidenziare la figura di Francesco Cavando dalle ”Fonti Francescane” la sua ansia, il suo ardore, il suo amore per la terra di Gesù. In tutta la sua vita esploreremo la potenza della grazia di Dio che sola opera meraviglie.

Nazaret, Convento Francescano. S. Francesco tiene in braccio il bambino, (da P. B. Rossi La Terra Santa). 112


IL SOGNO DI FRANCESCO Uno dei desideri più grandi che accompagnarono l’intera vita di Francesco, fu certamente quello di emulare i santi martiri Cristiani e a tal fine cercava di morire per Cristo. Era convinto che questo sogno avrebbe potuto realizzarsi con il viaggio in Terra Santa, terra del Dio fatto uomo, terra di salvezza. San Bonaventura nella sua Leggenda Maggiore (Fonti n.1172) scrive: “Ma l’ardore della carità spingeva il suo spirito al martirio; sicché ancora una terza volta tentò di partire verso i paesi infedeli, per diffondere, con l’effusione del proprio sangue, la fede nella Trinità. A tredici anni dalla sua conversione, partì verso le regioni della Siria, esponendosi indefessamente a molti pericoli, al fine di potersi presentare al cospetto del sultano di Babilonia. Fra i cristiani e i saraceni era in corso una guerra implacabile: i due eserciti si trovavano accampati vicinissimi, l’uno di fronte all’altro, separati da una striscia di terra, che non si poteva attraversare senza pericolo di morte. Il sultano aveva emanato un editto crudele: chiunque portasse la testa di un cristiano, avrebbe ricevuto il comImbarco di frati per la Terra Santa, (da P. B. Rossi - La Terra Santa). 113


penso di un bisante d’oro. Ma Francesco, l’intrepido soldato di Cristo, animato dalla speranza di poter realizzare presto il suo sogno, decise di tentare l’impresa, non atterrito dalla paura della morte ma stimolato dal desiderio di essa. Dopo aver pregato, confortandosi nel Signore, ripeteva fiducioso, cantando, quella parola del profeta: ”Infatti anche se dovessi camminare in mezzo all’ombra di morte, non temerò alcun male, perché tu sei con me”. E così che, Francesco affascinato dal suo ardente proposito dà precise istruzioni, correlate da requisiti indispensabili (Fonti n.43 e 44): i frati poiché vanno tra gli infedeli possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti, ne dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che, quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di tutte le cose, e nel Figlio redentore e salvatore e siano battezzati, e si facciano cristiani, poiché, se uno non

Frati in cammino per la Terra Santa, (da P. B. Rossi - La Terra Santa). 114


sarà rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio. Questa e altre cose, che piaceranno al Signore, possono dire ad essi e ad altri; poiché dice il Signore nel Vangelo: “Chi mi confesserà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli”; e “Chiunque si vergognerà di me e delle mie parole, anche il figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi”. Qui compaiono i due “Modi” luce del comportamento voluto da Francesco per i suoi frati. Sono un capolavoro di intuito, di santità vissuta, di mitezza e amore per tutti gli uomini fratelli, inoltre, sono in perfetta sintonia con il mondo musulmano troppe volte violentato dalle Crociate e da liti senza fine. Dovremmo comprendere una volta per tutte che Ebraismo, Cristianesimo, Islam, hanno in comune il monoteismo derivante dalla Fede Abramitica. Dunque solo su questo terreno può essere recepito e crescere il Mistero Trinitario, il Mistero della Redenzione nel Verbo Incarnato con l’accettazione dei mezzi di salvezza che la Chiesa possiede e dispensa tramite i Sacramenti voluti da Cristo. Sagge prospettive che postulano la realtà di una virtù importantissima: quella dell’obbedienza (Fonti n. 736): “Un’altra volta, parlando dello stesso argomento (ritratto del vero obbediente), chiamò propriamente licenze quelle concesse dietro domanda, sacre obbedienze quelle imposte e non richieste. L’una e l’altra, diceva, sono buone, ma la seconda è più sicura. Però la più perfetta di tutte, con cui non ha nessuna parte la carne e il sangue, riteneva fosse l’obbedienza, per cui si và per divina ispirazione tra gli infedeli, sia per la salvezza del prossimo, sia per desiderio del martirio”. Chiedere questa, la giudicava cosa molto gradita a Dio. A questo punto è bene cogliere il pensiero di Francesco quando giustifica il conflitto dei Cristiani con i Saraceni (Fonti n. 2691). Sono i ricordi di frate Illuminato nel tempo in cui accompagnò 115


Francesco dal sultano di Babilonia. Siamo in pieno colloquio con questo personaggio che dice a Francesco: ”Il vostro Dio nei suoi Vangeli insegnò che voi non dovete rendere male per male, e non dovete salvaguardare la vostra tonaca, ecc. Quanto più dunque i Cristiani non devono invadere la nostre terre, ecc.”. Rispose il beato Francesco: “Mi sembra che voi non abbiate letto il Vangelo di Cristo nostro Signore”. Altrove, infatti, dice: “Se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo lontano da te. E con questo ha voluto insegnarci che nessun uomo è a noi così amico o così parente, fosse pure a noi caro come un occhio della testa, che non dovremmo allontanarlo, strapparlo e del tutto sradicarlo,se tentasse di distoglierci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Proprio

Francesco incontra il Sultano d’Egitto, (da P. B. Rossi - La Terra Santa). 116


per questo i Cristiani giustamente invadono voi e le terre che avete occupato, perchè bestemmiate in nome di Cristo e allontanate dal suo culto quanti più uomini potete. Se invece voi voleste conoscere, confessare e adorare il Creatore e Redentore del mondo, vi amerebbero come sè stessi.”. Tutti gli astanti rimasero ammirati per le risposte di lui. E ora, abbiamo negli occhi l’incontro più folgorante di Francesco in Terra Santa. E’ l’anno 1219, l’esercito crociato assedia Damietta. Francesco accompagnato dal fedelissimo frate Illuminato, viene catturato dai soldati musulmani e dopo aver subito molti maltrattamenti è condotto alla presenza del sultano d’Egitto Melek-el-Kamel. Questa pagina è l’esplosione dell’amore di Francesco per i saraceni fratelli in Cristo e commuoverà tutti a tal punto da ottenere dal sultano il dono della “custodia di Terra Santa” per sé stesso, per i suoi frati e per sempre (Fonti n. 2154). Dopo aver disposto tutto, per quanto era da lui e ben ordinati ormai i frati con parole sante ed esempi, a rispettare e osservare in fedeltà la Regola della perfezione promessa, preso da empito dell’amore serafico che lo accendeva, sublimandolo in Cristo, nel desiderio ardente di offrirsi ostia viva a Dio sul rogo del martirio, per ben tre volte intraprese il viaggio verso le terre degli infedeli: ma per due volte per meglio saggiare la fiamma del suo ardore né fu impedito per disposizione divina. La terza volta, a prezzo di molti vituperi, impedimenti, percosse e fatiche, fu condotto, per volontà di Cristo, davanti al sultano di Babilonia. (E’ da intendere il sultano di Egitto Melek-el-Kamel). Stando alla sua presenza, tutto acceso dalla fiamma dello Spirito Santo, con tale forza, vivacità ed efficacia di parola gli parlò di Cristo Gesù e della sua fede evangelica che il sultano ne restò ammirato e con lui tutti i presenti. Alla forza delle parole che Cristo proferiva per lui, il sultano mosso a mansuetudine, gli prestò ascolto volentieri; contro il prescritto della sua nefanda legge, (un bisante d’oro per ogni testa 117


di cristiano: bisante è la moneta d’oro coniata dagli imperatori bizantini), lo invitò con insistenza a fermarsi nella sua terra e diede ordine che lui ed i suoi frati, liberamente, senza pagare pedaggio potessero accedere al santo Sepolcro. Ed eccoci siamo giunti alla conclusione di questi edificanti avvenimenti. A lungo potremmo continuare nel redigere pagine e pagine, ma forse perderemmo quell’atmosfera del mistero, del sacro, e dei beni insondabili della grazia di Cristo. Francesco non subirà il martirio in Terra Santa ma la sua persona verrà attanagliata da tremendi tormenti: infinita spossatezza a causa delle penitenze eccessive, malattie agli occhi, allo stomaco, alla milza e al fegato. Siamo al termine della sua esistenza, Francesco sperimenterà quaggiù durante le ore e i giorni che gli resteranno la via del Calvario che conduce alla croce, senza lamenti e con la gioia di offrire ogni cosa al suo Signore. Il miracolo della sante Stimmate per lui che le riceve primo santo nella storia del cristianesimo, sono il segno rifulgente di Dio tra gli uomini e sono l’espressione fisica dell’amore interiore di

Frate custode in Terra Santa, (da P. B. Rossi - La Terra Santa). 118


Francesco. Stella polare della Santa Chiesa di Dio pellegrina quaggiù Francesco continui a orientarci e non ci lasci mancare la voglia di amare ciascun uomo figlio dell’unico Dio e quindi fratello. Il demonio menzognero, e autore di tresche perverse non passerà. IL MIRACOLO DELLE STIMMATE (Fonti n. 825). “Francesco ALTER CHRISTUS” ”L’uomo nuovo Francesco si rese famoso per un nuovo stupendo miracolo, quando apparve insignito di un singolare privilegio, mai concesso nei secoli precedenti, quando cioè fu decorato delle sacre Stimmate e reso somigliante in questo corpo mortale al corpo del Crocifisso. Qualunque cosa si possa umanamente dire di lui sarà sempre inferiore alla lode di cui è degno. Non c’è da chiedersi la ragione di tale evento, perchè fu cosa miracolosa, né da ricercare altro esempio, perchè unico. Tutto lo zelo dell’uomo di Dio,sia verso gli altri che nel segreto della sua vita interiore, era centrato intorno alla croce del Signore e, fin dal primo istante in cui cominciò a militare sotto il Crocifisso, diversi misteri della croce risplendettero attorno a lui”. Per altri riferimenti a San Francesco vedi le pagine 18-19-20-21 di questo libro. Qui concludiamo con le ardenti parole di Paolo VI. «Non senza un disegno provvidenziale, le vicende storiche del secolo XIII portarono in Terra Santa l’Ordine dei Frati Minori. I Figli di San Francesco sono, da allora, rimasti nella terra di Gesù – per una serie di anni ininterrotta – per servire la chiesa locale e per custodire, restaurare, proteggere i Luoghi Santi cristiani; la loro fedeltà al desiderio del Fondatore ed al mandato della Santa Sede è stata spesso suggellata da atti di straordinaria virtù e generosità». (Dall’Esortazione Apostolica - Nobis in animo» di Papa Paolo VI). 119


Inoltre: «Siamo lieti di cogliere propizia occasione per elevare riverente pensiero di grata ammirazione a quanti benemeriti figli di San Francesco nel corso dei secoli svolsero con tanta abnegazione prezioso fecondo servizio di fedele apostolato nella terra eletta di Gesù in mirabile irradiazione di fede viva carità ardente zelo sollecito». (Dal telegramma di Papa Paolo VI, di ritorno dal pellegrinaggio in Terra Santa, al Rev.mo Padre Custode) - anno 1964.

Carissima Terra Santa, da Dio hai avuto il singolare privilegio di accogliere il Verbo fatto carne. Tutto era tenebra e il mondo attendeva la luce. Gesù di Nazaret nato da Maria è la luce che illumina ogni cosa. Su alcune zolle della Tua terra benedetta è stata piantata

la Croce salvezza universale di ieri, oggi e domani. Gesù Cristo, il Dio uomo, è morto perchè ogni vivente conosca il Padre che è nei cieli e ami i fratelli quaggiù. A quando l’avverarsi di questo sogno? Grazie Terra Santa, Patria di ogni uomo di buona volontà.

Bassorilievo in terracotta policroma di Cleto Tomba (1976) (da P. B. Rossi - La Terra Santa). 120


Composizioni musicali Parole di S. Efrem il Siro Diacono e Dottore della Chiesa (+373)

Musica Can. Aldo Garella

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Conclusioni

ella premessa al nostro Pellegrinaggio già accennavo al rientro, sognando una “lucerna accesa” nella mani di ciascuno. E’ proprio così? Faccio un invito a ritrovarci insieme tra qualche settimana, per dirci qualcosa. Chiedo scusa per le piccole inevitabili contrarietà e grazie di cuore. P.S.: alcuni hanno chiesto il perchè del pellegrinaggio da domenica a domenica. Eccolo: per molti il lasciare le proprie attività da lunedì a venerdì è sembrato facilitante, infatti, il sabato di per sè non è giorno lavorativo e le due domeniche ben si prestano al viaggio di andata e ritorno.

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Bibliografia essenziale

• P. Berardo Rossi. La Terra Santa. Edizioni Antoniano - Bologna. 1979. • Guida Biblica Turistica della Terra Santa. IPL Milano. 1992. • Guida APA. Israele. Zanfi. Modena. 1995. • Jerone Murphy - O’connor. La Terra Santa. Guida storico Archeologica. EDB. 1996. • Nella Terra della Bibbia. ORP. Plurigraf. Narni. 1998. • Claudio Baratto ofm. Guida di Terra Santa. Colombo, Milano. 1999. • Maurilio Sacchi. Sulle orme di Gesù. Vol. I e II. Velar - Gorle (Bg). 1999. • P. Girolamo Selvatico, ocd Dove il cielo ha toccato la terra. Velar - Gorle (Bg). 2008.

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Stampato nel mese di dicembre 2010 presso la tipografia edizioni Saviolo s.n.c. - Vercelli. Tranne quelle citate le fotografie sono di Aldo Garella. Copyright Š 2010 tipografia edizioni Saviolo s.n.c.



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