Vivere il liberty a Torino

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Vivere il Libert y a Torino Saviolo Edizioni

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REGIONE PIEMONTE CAFFÈ

SAVIOLO EDIZIONI

TORINO

Finito di stampare nel mese di Maggio 2009 © Tutti i diritti sono riservati a Paolo Saviolo © Tutti i diritti degli acquerelli sono di Maria Chiara Orlandini Grafica e impaginazione: Elisabetta Cavagnino - Saviolo Edizioni Collaborazione di Barbara Borini, Antonio Gheller, Mila Leva Pistoi, Rita Torriano Vietata la riproduzione. Nessuna parte del libro può essere riprodotta in alcuna forma di stampa e/o con mezzi digitali e/o elettronici (incluse fotocopie, registrazioni o recupero e immagazzinaggio di informazioni), senza il consenso scritto dell’editore.

Tre generazioni d’acciaio

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A

papĂ ,

che mi ha donato queste mani felici.

Lalla

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REGIONE PIEMONTE Assessorato alla Cultura, Patrimonio linguistico e minoranze linguistiche, Politiche giovanili, Museo Regionale di Scienze naturali

Un nuovo volume di acquarelli che Maria Chiara Orlandini dedica alla sua città: tratti lievi, colori intensi intrecci tra poesia e storia, sogno e realtà. L’attenzione nuova ma soprattutto consapevole che la Regione Piemonte, e con lei gli altri enti pubblici e privati, ha dedicato negli ultimi anni al proprio patrimonio artistico e culturale ha saputo stimolare negli artisti, complice anche il World Design Capital, una rivalutazione anche storica di tali beni e nella popolazione non solo curiosità ma un forte sentimento di orgoglio. “Vivere il Liberty a Torino” è uno degli esempi di tale nuova scoperta da parte di un’artista che negli ultimi anni ha pubblicato una serie di volumi dedicati agli aspetti di rilancio culturale ma anche turistico di un territorio, quale il nostro, capace di essere pioniere nella sperimentazione di nuove idee siano esse artistiche, storiche, politiche o culturali. Il volume sfida il lettore a riconoscere dai florilège di una facciata, dall’intreccio di una cancellata, dal caleidoscopio di una vetrata palazzi e locali sparsi per la città; conferma della propria abilità la si potrà trovare nelle ultime pagine del volume in cui una interessante soluzione propone una cartina della città con l’ubicazione e le notizie più interessanti degli edifici scelti dall’artista. Simpatico e intrigante l’accostamento tra disegno e poesia che sottolinea come tutte le diverse espressioni artistiche siano state influenzate dal gusto di un’epoca che nell’architettura della città ha lasciato esempi notevoli arricchendola di grazia e addolcendo la naturale austerità. Gianni Oliva

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V eVe ilLlib Vivere Vive Vi llibe liberty bberttty PRESENTAZIONE

E’

ivere ill

iberty ibe ibert bberty be ttyy

un messaggio affinchè uno stile tanto originale e così diverso in ogni nazione possa

essere avvicinato ad un pubblico più vasto.

Ecco che in questo stile la struttura portante rimane quasi nascosta da balconi dalla forma di incredibili farfalle o fiori lanceolati, le porte sono illuminate da vetrate cattedrali in pochi colori essenziali ma affascinanti per l’abbinamento cromatico, il disegno fantasioso e le cancellate in ferro battuto sono così estrose che sembrano non risentire della fatica di chi le ha forgiate. Quando si tratta di ville è facile trovare antri curiosi e immagini scultoree fondersi con il giardino stesso formando un “ensemble” davvero irripetibile.

V

orrei poter disegnare elementi particolari, vetrate e oggetti che dal 1910 invasero

anche Torino.

Maria Chiara Orlandini Maria Chiara Orlandini

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cenni storici CENNI EN STORICI

L

o stile che in Italia si chiamò “floreale” o, più diffusamente, “liberty” raggiunge il cul-

mine con l’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative che si tenne a Torino nel 1902.

Il titolo della mostra è significativo, perché questo stile ebbe una particolare influenza sulle arti decorative, sugli arredi, oggettistica e gioielli, creando le forme più bizzarre e flessuo-

se; ebbe tuttavia ampia diffusione anche nelle arti maggiori, dando luogo in architettura a una nuova interpretazione degli spazi, con vistose asimmetrie in pianta e in alzato. Si ispirava liberamente al mondo vegetale e floreale, rappresentato spesso anche in cancellate, ringhiere, inferriate e vetrate a colori. Frequente l’uso di torrette e terrazze a diverse altezze, bovindi e cupole in vetro, grazie anche all’impiego di intelaiature in ferro. Fu lo stile soprattutto della borghesia, espressione del suo ruolo dominante e si manifestò nei luoghi ed edifici che più la rappresentavano: le ville, i palazzi di città, i caffè, i ristoranti, gli alberghi, i negozi, le tombe di famiglia, ma anche in edifici di carattere popolare, come i bagni pubblici.

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olti furono gli architetti, piemontesi e non, che operarono a Torino in questo

contesto: uno degli esponenti più significativi del “liberty” torinese fu certamente l’ingegner Pietro Fenoglio, da Casa La Fleur a villa Scott ad edifici di carattere pubblico ed industriale, ma non vanno tuttavia dimenticate altre figure notevoli, come Rigotti, Velati Bellini, Vandone, Betta, Bonelli e altri ancora, che ricevettero numerose committenze da una borghesia sempre più in ascesa.

G

li ornamenti ispirati a soggetti floreali o a figure femminili, con abbondante uso di

elementi curvilinei, continuarono a prosperare a Torino anche dopo il venir meno del vero e proprio periodo “liberty”, che si esaurì negli anni della Grande Guerra, quando via via si venne a creare un’architettura più funzionale, più adatta alla costruzione di fabbriche, stile che caratterizzò il periodo tra le due guerre.

Barbara B Bor Bo Borini ori oor rriiini ni

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V

iviamo a Torino, siamo innamorati della nostra città ma non la conosciamo tutta: è tanto grande e anche

la sua storia qualche volta ci sfugge! Sui banchi di scuola abbiamo studiato il barocco e conosciuto l’assetto neoclassico della piazza Vittorio e del ponte napoleonico in pietra dominato dal tempio della Gran Madre di Dio...

P

oi, da grandi, c’erano gli eleganti negozi sotto i portici di via Pietro Micca e certo non ci chiedevamo chi

li avesse costruiti... Invece, adesso sappiamo che, dopo la scomparsa della poderosa cinta fortificata, l’abitato era cresciuto e sulle ariose contrade erano sorti i palazzi progettati dagli architetti eclettici che usavano il cemento armato ma abbellivano le torrette, le logge e i balconi con gli elementi decorativi del passato dal romanico al gotico fino al barocco.

F

u quella libertà creativa a favorire il travolgente sviluppo dell’Art Nouveau che qui a Torino fu chiamato

Liberty come il mercante londinese che, in stretto rapporto coi nostri operatori, ci fece conoscere, oltre alle stampe giapponesi di Utamaro e Hokusai, le magiche incisioni dell’inglese Beardsley, trionfo di sinuosi viluppi di ricami fioriti attorno a mitici personaggi misteriosi e fatati.

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a poi detto che, nella seconda metà dell’800, mentre la strada ferrata annullava le distanze, nell’entu-

siasmo generale si organizzarono le esposizioni internazionali di Londra, Parigi e Chicago mentre l’Art Nouveau ebbe il suo palcoscenico d’onore nella mostra La Libre Esthétique di Bruxelles col trionfo di Victor Horta, architetto della Maison du Peuple. E fu proprio un ingegnere torinese, Pietro Fenoglio, grande viaggiatore, a far conoscere nella nostra città le nuove idee che fiorivano in Francia con Guimard, in Belgio con Horta e in Inghilterra con Mackintosh.

P

oi a Torino, nel 1902, si aprì la Mostra Internazionale di Arti Decorative e Industriali, una vera e propria

piccola città nel Valentino a fregio del Po. Nel manifesto che la annunciava lo scultore Bistolfi disegnò vaghe fanciulle danzanti tra l’ondeggiare dei veli per rappresentare le nazioni partecipanti sorelle e amiche... peccato! dopo soltanto 13 anni, allo scoppio del primo conflitto mondiale, le amiche e sorelle, l’una contro l’altra armate, seminavano morte e distruzione!

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ei padiglioni delle diverse arti e delle nazioni partecipanti si offriva una coordinazione organica di

arredi e oggetti nelle diverse forme espressive della vita, e, dalla architettura, si passava a tutto il contesto sociale coinvolgendo le scritture critiche e la letteratura.

F

u così che, giovandosi della felice congiuntura economica e culturale di Torino, una schiera di ingegneri

e architetti diffuse il nuovo stile negli spazi liberi dell’antico centro ma, soprattutto, nei nuovi quartieri di corso Francia, dei borghi Po e Crimea nonchè nei verdi declivi collinari.

O

ltre a Fenoglio, i più noti operatori furono Gussoni, Velati Bellini, Rigotti, Premoli, Gribodo, Vivarelli,

Ballatore di Rosana, Betta e Benazzo.

S

comparsa la magica città effimera del Valentino, anche il Liberty venne via via scomparendo nei difficili

anni del dopoguerra poichè a causa dei suoi aneliti socialisti era osteggiato dal regime fascista ma, soprattutto, lo oscuravano le moderne concezioni funzionaliste del razionalismo cui si deve lo splendido assetto dei due tratti della nuova via Roma dal cuore urbano di piazza Castello a piazza San Carlo e da qui alla stazione di Porta Nuova.

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u solo negli anni Cinquanta che il geniale progettista della Bottega di Erasmo, Roberto Gabetti, troppo

presto scomparso, seppe riportare criticamente alla luce il Liberty e i suoi operatori. Da allora, molto si è scritto di loro e delle loro opere ma, in verità, va detto che il presente album resta una primizia! Infatti, alle immagini architettoniche delle costruzioni, dei loro particolari e degli interni vengono affiancati scritti coevi e così, nel dialettico comporsi di quel tempo lontano, i trepidi fregi fitomorfi trovano risonanza nelle poetiche sequenze letterarie. In questo processo operativo ritorna l’aspetto originale delle strutture che, nel corso del tempo, hanno perso i loro preziosi colori o sono state alterate, a livello strada, dalle aperture di nuovi negozi.

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a tenuto conto che non a tutti gli storici capolavori è toccata la fortuna della palazzina Rossi Galateri

di via Passalacqua di cui un restauro ci ha ridato il fregio della cimasa dove, nelle musicali variazioni di pallido verde ondeggiano flessuosi gli steli delle ortensie abbracciati in alto dalle spalancate corolle in litocemento!

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el resto, i fiori giocano un ruolo determinante nelle immagini dipinte, come dichiara il primo verso

del volume, nel trasformare l’assetto fiorito in magiche onde mentre si compone in più realistica sequenza nell’acquerello con cespi di pere, prugne, limoni e in tema è dunque la parola scritta che recita “non basta il melo, il pesco, il pero, se manca uno, non c’è nessuno” (da “Limpido rivo” di Giovanni Pascoli).

E

sono ancora i fiori nel loro delicato palpito ad animare gli aerei terrazzini del palazzo che Ceppi pro-

gettò in via Pietro Micca in chiara dialettica tra spazio interno e contesto urbano dove “le cime sognanti alteramente tese verso il cielo (da “Di qua dal Paradiso” di F.S.Fitzgerald) innestano da lontano il dialogare con la facciata di Palazzo Madama di Juvarra.

N

el fatale 1902 nacquero, ad opera di Pietro Fenoglio, due capolavori prototipi del Liberty nascente:

casa Rossi Galateri, La Fleur e Villa Scott nel cuore di un verde giardino collinare. Nel loro movimento strutturale suggellato dai fitomorfi rilievi in litocemento, si coniugano le aeree logge e i colorati vetri

dei bovindi poi, abbracciati dalle fasce dipinte, risaltano i ferri battuti dei balconi e delle terrazze... nel contemplare quelle palpitanti meraviglie esplode la fantasia del poeta “ardono i vetri su la casa muta, tutto il giardino è un olezzar di rosa” (da “Liriche” di R.M. Rilke).

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a poi, lasciati i giardini e le fantasie dei ferri battuti, dal pubblico passiamo al privato e, in piazza

Castello entriamo da Mulassano, lo storico caffè che, coi suoi 31 metri quadrati, è uno dei più piccoli della città, anche se la sua esuberanza artistica, al di là delle ampie vetrate, costituisce una importante testimonianza di Art Nouveau riplasmata da quel Vandone famoso per la capacità di comporre apporti diversi alle sue opere come dichiara la facciata della sua casa Maffei in corso Montevecchio, dove la palpitante poesia dei bassorilievi di Alloatti risalta contro i duri viluppi del fabbro ferraio milanese Mazzuccotelli.

I

nfatti, nata come buvette, la mescita di Mulassano colle devantures ottocentesche di tralci di vite e

pampini, grazie alla regia di Vandone, ebbe nei primi anni del 900 le boiseries dello stipettaio Pezza, i marmi rosso di Francia e giallo imperiale dei decoratori Cazzaniga e Catello e lo splendido soffitto a cassettoni con innesti di cuoio di Madera, opera del Petacchi, nonchè la zoccolatura in marmo con fregi in bronzo.

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a poi, a fronte di questo contesto d’arte, ad attirare la nostra ammirazione è la tavola imbandita

con tutte le squisitezze del mondo e così, per forze di cose, veniamo al poeta Guido Gozzano... indubbio che fosse goloso del cioccolato ma, per certo era tanto più “innamorato di tutte le signore che mangiano le paste nelle confetterie” (da “Poesie sparse” di Guido Gozzano).

A

nche noi siamo innamorati ma bensì di questo stile unico e tanto originale di cui Torino merita giusta-

mente il ruolo di capitale. Va bene che la sfolgorante primavera dell’Art Nouveau aveva illuminato l’Europa tra la fine dell’800 e i primi anni del nuovo secolo ma là la sua carica aggressiva portava alla negazione di tutto quanto era avvenuto prima!

Q

ui da noi, invece quando, una volta trapiantato, lo stile si chiama Liberty, seppe, in un dialettico

comporsi, legarsi alla cultura locale col romantico cosmopolitismo delle strutture delle architetture mosse da logge, torrette, bovindi in fluide componenti floreali. Ne è indiscutibile testimonianza casa Nizza di via Bertola, che l’abile regia di Velati Bellini seppe coordinare all’esistente con le due fiancate scandite da finestre e balconi, quasi in contrasto con l’affaccio imperioso.

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P

roprio quello straordinario affaccio esalta il movimento strutturale del bovindo coi superbi ornati fito-

morfi in litocemento, le ardite cornici del coronamento e soprattutto del colore scintillante della vetrata centrale e, a questo punto, la fantastica presenza ci pare un inusitato fiore spuntato nel contesto antico della città.

C

osì nella città ora andremo a vivere il Liberty di Torino passo dopo passo per ritrovare i segni gioiosi di quei felici

anni lontani purtroppo fin troppo brevi!

Mila Leva Pistoi

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...

on basta il melo, il pesco, il pero, Se manca uno, non c’è nessuno.

E’, quando in fior è il muro nero,

E’, quando in fior è lo stagno bruno, E’, quando fa le rose il pruno, E’ maggio, quando tutto è in fiore.

Giovanni Pascoli

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E’ ...

là, nell’ombra incerta,

casa, ti vedo startene in vedetta con la finestra illuminata e aperta, come il vigile occhio di chi aspetta.

E dentro vedo, tuttavia deserta, la nostra mensa rilucente e netta; e l’orologio antico è sempre all’erta, e un caro viso che lo guarda, e aspetta ...

Pietro Mastri

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C

...

erto in giardino la ritroveremo

sul caprifoglio che ricopre i muri d’una cortina folta inebriante. Eccola in opra sui corimbi;

guizza da fiore in fiore, come una saetta, sosta, si libra, immobile nell’aria, immerge la proboscide nel calice, e il corpo appare immoto nell’aureola dell’ali rivibranti: spola aerea, prodigio di sveltezza equilibrata! ...

Guido Gozzano

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U

...

n lanternino che ci fa vedere sperduti su la terra, e ci fa

vedere il male e il bene; un lanternino che proietta tutt’intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è l’ombra nera, l’ombra paurosa, che non esisterebbe, se il lanternino non fosse acceso in noi, ma che noi dobbiamo purtroppo credere vera, fintanto ch’esso si mantiene vivo in noi. ...

Luigi Pirandello

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C

...

adeva la nebbia della notte. Calava dalla luna,

si ammassava attorno alle guglie e alle torri

e poi si fermava sotto di esse, lasciando le cime sognanti alteramente tese verso il cielo. ...

Francis Scott Fitzgerald

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I ...

n mezzo alle case oscure e deserte, l’una stretta all’altra;

con stemmi scolpiti che nessuno conosce più, di famiglie scomparse; case a muri con due metri di spessore, a voltoni, le stanze quasi senz’aria.

I ragnateli larghi come stracci e la polvere su le finestre sempre chiuse e i davanzali sporgenti dalle facciate. ...

Federigo Tozzi

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L

...

a sera fumosa d’estate

dall’alta invetriata mesce chiarori nell’ombra e mi lascia nel cuore un suggello ardente. ...

Dino Campana

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P ...

erchè non mi è concesso

(o legge inopportuna!) di farmici dappresso, baciarvi ad una ad una, o belle bocche intatte di giovani signore, baciarvi nel sapore di crema e cioccolatte? Io sono innamorato di tutte le signore che mangiano le paste nelle confetterie.

Guido Gozzano

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B

...

uona è l’uva, addentata a grani dal tralcio, mentre dagli occhi sgocciola il sudore e la palma della mano è stanca della roncola. Ma ancora questo filare, ancora questa vite, ancora questo grappolo! Qua con la brenta! Alloo!

Scipio Slataper

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T

u sei come una giovane, una bianca pollastra.

Le si arruffano al vento le piume, il collo china

per bere, e in terra raspa; ma, nell’andare, ha il lento tuo passo di regina, ed incede sull’erba pettoruta e superba. ...

Umberto Saba

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O ...

rdinariamente l’opera d’arte è creata dal libero movimento della

vita interiore che organa le idee e le immagini in una forma armoniosa, di cui tutti gli elementi han corrispondenza tra loro e con l’idea-madre che le coordina.

La riflessione, durante la concezione, come durante l’esecuzione dell’opera d’arte, non resta certamente inattiva: assiste al nascere e al crescere dell’opera, ne segue le fasi progressive e ne gode, raccosta i vari elementi, li coordina, li compara. ...

Luigi Pirandello

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T ...

utte le rose bianche dei giardini

di lass첫 si disfogliano in silenzio. ...

Ada Negri

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E’ ...

l’alba: si chiudono i petali

un poco gualciti; si cova, dentro l’urna molle e segreta, non so che felicità nuova. ...

Giovanni Pascoli

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S ...

e fosse solo un ďŹ ore bello,

grazioso e perfetto, sbocciato all’alba, dondolante al vento di primavera, lo taglierei e, con gentilezza, tra i tuoi capelli neri, lo metterei. ...

Rabindranath Tagore

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O

...

ra parlava di azzurre fronti di montagne nevose, levate al cielo;

parlava di viscidi cetacei che, voluminosi, sul fondo dei mari, con la coda facevan la virgola. ...

Luigi Pirandello

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o d’una villa chiusa e abbandonata

da tempo immemorabile, segreta e chiusa come il cuore d’un poeta che viva in solitudine forzata.

Corrado Govoni

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E ...

con la prima luce ero in piedi.

La mia piccola ďŹ nestra non aveva imposte, aveva solamente i vetri ed era rivolta al sol levante. Ricordo la visione che mi appariva di lassĂš. Era dapprima un grande mareggiare di tetti nerastri e verdini, un occhieggiare di vecchi abbaini, di ďŹ nestrucole, di solai, un luccicare di gronde, un aprirsi di qualche ďŹ nestra simile alla mia. ...

Antonio Beltramelli

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bei frutti

del pesco:

tondi come rosse sfere e vellutati come offerte guance di bimbo.

Ada Negri

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G ...

elsomini e gigli

s’innalzano in cima all’onda luminosa. Spargendo gemme in profusione sopra ogni nuvola, amore mio, la luce si riette in oro. ...

Rabindranath Tagore

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C

ogli questo piccolo ďŹ ore

e prendilo. Non indugiare! Temo che esso appassisca e cada nella polvere.

Non so se potrĂ trovare posto nella tua ghirlanda, ma onoralo con la carezza pietosa della tua mano, e coglilo.

Rabindranath Tagore

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Q ...

uesta terra bruciata dal frumento,

assetata di verde dove il vento corre come un gran lupo di riverbero cercando un refrigerio tra i rasoi di alabardati cardi. ...

Corrado Govoni

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l frutto del melograno

gonfio di maturità

si fendeva subitamente come una bella bocca sforzata dall’impeto di un riso cordiale. ...

Gabriele D’Annunzio

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l ...

’ombra segmentata del parapetto

lavorato della balaustra si staccava in nero come una vegetazione capricciosa;

aveva una tenuità nella delineazione dei minimi particolari che sembrava tradire una coscienza applicata, una soddisfazione d’artista e un tale rilievo, un tale vellutato nella quiete delle sue masse cupe e felici, che in verità i riflessi larghi e fronzuti riposanti su quel lago di sole parevano aver coscienza d’essere dei pegni di calma e di felicità. ...

Marcel Proust

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L

a vendemmia del tramonto dona alla vetrata

l’ultimo ambraceo grappolo crepuscolare; il cielo inaugura il suo palpito stellare come un’immensa geometrica nevicata.

Corrado Govoni

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O ...

gni tanto un cancello di villa,

cancelli chiusi e scuri, contro i quali saltava e rintronava di dentro il cane abbaiante; cancelli spalancati, con un cipresso per parte, come per guardia, e un viale che andava in su, in pendio, fra siepi di mortella e alloro. ...

Giovanni Papini

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...

V

edere ancora due roselline, oggi, a mezzo

dicembre, mi pare un inganno

degli occhi, un prodigio, trovare queste povere due roselline. Con voce di foglie giĂ morte, il rosaio risponde alle scosse del vento; si tien dritto al muro, a sentir se l’intonaco tiepido è ancora...

Francesco Chiesa

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E’

... il roseo pesco oscilla

pieno di morte foglie:

quale s’appende e prilla, quale da lui si toglie con un sibilo, e va.

Ma quelle foglie morte che il vento, come roccia, spazza, non già di morte parlano ai fiori in boccia, ma sussurrano “Orsù!” ...

Giovanni Pascoli

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O ...

h! Che giĂ il vento volta

e porta via le pioggie! Dentro la quercia folta ruma le foglie roggie che si staccano, e fru... partono; un branco ad ogni sofďŹ o che l’avviluppi. ...

Giovanni Pascoli

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U

...

na squilla si versa su le aiuole,

limpida voce di celesti mondi. Furtiva su le pallide betulle

colme di sussurrii, veggo la Notte che accende lenta nello scialbo azzurro le prime stelle. ...

Rainer Maria Rilke

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E

... «

dì: non lo ricordi

quell’orto chiuso? i rovi con le more? i ginepri tra cui zirlano i tordi? i bussi amari? quel segreto canto misterioso, con quel fiore, fior di...?» ...

Giovanni Pascoli

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C ...

hè si diceva: il fiore ha come un miele

che inebria l’aria; un suo vapor che bagna l’anima d’un oblio dolce e crudele. ...

Giovanni Pascoli

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E

...

dera momentanea, flora parietale e fuggitiva!

la più incolore, la più triste, a parere di molti,

di quante possono rampicare sul muro o decorare il vano d’una finestra; per me, la più cara di tutte dal giorno ch’era apparsa sul nostro balcone, ...

Marcel Proust

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E

... si affacciano

Alberi di gran fronda, dai giardini Nascosti. ...

Ada Negri

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M

...

a già, un cavallo,

anche quando l’abbia davvero,

la libertà, gli è forse dato di farsene un’idea? L’ha, e ne gode senza pensarci. Quando gliela levano, dapprima per istinto si ribella; poi addomesticato, si rassegna e adatta. ...

Luigi Pirandello

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D ...

al pavimento di musaico, snelli

colonnati surgevano a spirale s’attorcevano in forma vegetale li acanti d’oro sotto i capitelli. ...

Guido Gozzano

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S

...

u questo fondo dell’essere egli aveva fatto studi particolari. Lo chiamava “l’antro della bestia”.

E intendeva della bestia originaria acquattata dentro a ciascuno di noi, sotto tutti gli strati di coscienza, che gli si sono a mano a mano sovrapposti con gli anni. ...

Luigi Pirandello

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l ...

e bianche antiche statue

acefale o camuse, di mistero soffuse nelle pupille vacue: ... creature sublimi di marmo, care antiche compagne e sole amiche dei miei dolci anni primi; ...

Guido Gozzano

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C

ol suo giardino incolto, le sale vaste,

i bei balconi secentisti guarniti di verzura, la villa sembra tolta da certi versi miei, sembra la villa-tipo, del Libro di Lettura...

Pensa migliori giorni la villa triste, pensa gaie brigate sotto gli alberi centenari, banchetti illustri nella sala da pranzo immensa, e danze nel salone spoglio da gli antiquari. ...

Guido Gozzano

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C

...

hi veda soltanto una cosa,

facendo astrazione dal mostro a cui essa appartiene, potrà stimarla per sè stessa mostruosa. Bisognerà riattaccarla al mostro; e allora non sembrerà più tale; ma quale dev’essere, appartenendo a quel mostro. “Una coda naturalissima”. ...

Luigi Pirandello

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D’

oro si fanno brune le cupole stupende,

ma sotto il cielo illune il cielo d’oro splende. ...

Guido Gozzano

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A ...

scolta.

La figlia dell’aria è muta, ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell’ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! ...

Gabriele D’Annunzio

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L ...

a mia camera proteggeva tremando

la propria trasparente e fragile frescura contro il sole del pomeriggio, con le persiane quasi chiuse attaverso le quali pure un riesso del giorno aveva trovato il mezzo di far passare una delle sue ali gialle e restava immobile tra il legno e i vetri, in un angolo, come una farfalla posata. ...

Marcel Proust

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G

...

iallo su giallo, e giallo unito a rosso,

fresco azzurrino velato di rossore

luce e colore balza di mondo in mondo, s’inarca e risuona in onde d’amore. ...

Hermann Hesse

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I

l cielo era di smalto

cerulo, nel silenzio intatto come quando non era l’uomo ed il dolore. ...

Guido Gozzano

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A ...

rdono i vetri su la casa muta.

Tutto il giardino è un olezzar di rosa. Alta distende su l’etere fermo, tra i larghi abissi delle nubi bianche, l’ali, la Sera. ...

Rainer Maria Rilke

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F

reschezza azzurra

con l’ali aperte

effusa chiarità

incantato

luce infinita

dorme,

da non so quale

Nè foglia nè fiore

miracolo esplosa.

nel bosco si move.

Silenzio

Il pensiero

a pace

segreto rema

si sposa.

verso un come

Un veliero

verso un dove

su le tremule

e nel profondo

acque senz’orme

trema.

Angiolo Silvio Novaro

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L

a quinta stagione, non so perchè, mi fa rivivere e rimpiangere più d’ogni altra i ricordi del remoto passato.

Lungo i sentieri solitari osservo l’intrico arido dell’edera e dei luppoli, simili a funicelle corrose dalle intemperie, le gemme impazienti, una prima violetta, un primo boccio di pesco, che sta per diventare fiore sull’albero ancora nudo. La primavera non è giunta ancora, è la quinta stagione: l’inverno ritinto a verde.

Guido Gozzano

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M

io ďŹ ore, gemello di luce mattutina,

hai vagato seguendo la corrente della vita del mondo ďŹ nchè ti sei arenato sul mio cuore.

Rabindranath Tagore

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I

...

l profumo di glicina dissĂŹpi

l’odor di muffa e ti cotogna.

Sotto la viva luce palpiti il salotto! ... O casa fra l’agreste e il gentilizio, coronata di glicini leggiadre,

o in mezzo ai campi dolce romitaggio! ...

Guido Gozzano

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D ...

avanti alla finestra, il balcone era grigio.

All’improvviso, sulla sua pietra opprimente, non che vedessi un colore meno smorto, ma sentivo uno sforzo verso un colore meno smorto, la pulsazione di un raggio esitante che voleva liberare la propria luce.

Un istante dopo, il balcone era pallido e riflettente come un’acqua mattutina, e mille riflessi delle ferramenta della sua ringhiera erano venuti a posarvisi. ...

Marcel Proust

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...

I

l Comune presentò pella registrazione nel libro delle Armi gentilizie

l’impresa torinese “di uno scudo ovale grande, unico nel suo foglio, ornato e cartocciato a beneplacito, di azzurro ad un Toro saltante d’oro cornato di argento, ornato al di fuori con due gran rami di lauro di sinopia fruttato al naturale con le seguenti parole: Città di Torino”. (...)

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M

a venne il 1884 e

col 1884 un Sindaco di tempra vigorosa, che inforcato il toro lo seppe cosĂŹ opportunatamente aizzare da ridurlo alďŹ ne a quella miglior lezione nella quale oggi simpaticamente apparisce, gagliardamente rampante e munito di tutti indistintamente gli attributi e gli amminicoli caratteristici ed indispensabili che si erano andati man mano trascurando, sĂŹ che stavano per essere dimenticati.

Alberto Viriglio

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I ...

i fiume là innanzi si frangeva contro

i massi in un nembo di schiuma, in un meraviglioso nembo di bianchezza e di freschezza, sotto l’aridità disperata della montagna battuta dal solleone; l’acqua irrompente si apriva mille vie a traverso la pietra, tumultuava contro gli argini, spariva sotto a uno strato d’erbe secche, facendolo palpitare come il ventre di un anfibio sommerso, riappariva gorgogliante fra i giunchi, tumultuava ancora. ...

Gabriele D’Annunzio

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l’ ...

impressione di un sogno,

d’un sogno quasi lontano, ch’io m’ebbi da quel mondo secolare, racchiuso lì, tra le braccia del portico maestoso, nel silenzio che pareva accresciuto dal continuo fragore delle due fontane.

Luigi Pirandello

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M’

accostai ad una di esse, e allora quell’acqua soltanto mi sembrò viva, lì, e tutto il resto quasi spettrale e

profondamente malinconico nella silenziosa, immota solennità. ...

Luigi Pirandello

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Ubicazioni UBICAZIONI

Gli edifici rappresentati nel volume sono raggruppati per zone agli indirizzi sotto indicati: VECCHIO CENTRO: pag.

19

Casa Reda, via San Francesco d’Assisi 15 - (G.A. Reycend 1902)

21

Palazzina Rossi-Galateri, via Passalacqua 14 - (P. Fenoglio 1903)

23

Casa Nizza, via Bertola 20 - (G. Velati Bellini 1902)

25-27

Casa Bellia, via Pietro Micca 4-6-8 - (C. Ceppi 1895)

29

Casa in via Pietro Micca 2H

31

Casa Florio, via Monte di Pietà 26 - (P. Fenoglio 1907)

33-35

Caffè Mulassano, piazza Castello 9 - (A. Vandone 1907)

37

Spilla creata dall’antica gioielleria Musy, via Po 1

BARRIERA DI FRANCIA: pag.

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39

Casa La Fleur, via Principi d’Acaja 11 - (P. Fenoglio 1902)

41-43

Villino Raby, corso Francia 8 - (P. Fenoglio 1901)

45

Casa in via Goffredo Casalis 27

47

Casa in via Goffredo Casalis 34

49-51

Casa Tasca. via Beaumont 3 - (G.B. Benazzo 1902/03)

53

Casa in via Beaumont 4

55

Casa in via Piffetti 10 - (G. Griboldo 1908)

57

Casa in via Piffetti 12

59

Casa in via Piffetti 40

63

Casa in via Palmieri 36

65

Palazzo in via Duchessa Jolanda 19 - (A. Vandone 1912)

67

Palazzo in via Duchessa Jolanda 21 - (A. Vandone 1912)

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Ubicazioni

LA CROCETTA: pag.

69

Casa Gamma, corso Galileo Ferraris 78 - (M. Frapolli 1905)

71

Casa/Studio Quadri, corso Galileo Ferraris 86 - (P. Fenoglio 1905)

73-75

Casa in via Colli 18

77

Casa in via Colli 16

79

Casa in corso Duca degli Abruzzi 14

81

Palazzo in corso Montevecchio 58

83-85-87

Palazzo Maffei, corso Montevecchio 50 - (A. Vandone 1909)

BORGO SAN SALVARIO - NIZZA: pag.

89

Palazzo Priotti (ora Cinema Ambrosio), corso Vittorio Emanuele II 52 - (C. Ceppi 1900)

91

Casa in via BelďŹ ore 50

93-95

Casa in via Madama Cristina 80

97

Bagni e lavatoi pubblici, via Oddino Morgari 41 - (C. Dolza 1905)

99

Palazzina Menzio (ora Hotel Eden), via Donizetti 22 - (A. Premoli 1900)

101

Casa in corso Dante 118

BORGO PO - CRIMEA: pag.

105-107

Palazzina Scott, corso Giovanni Lanza 57 - (p. Fenoglio 1902)

109

Villino Foa-Levi, via Bezzecca 11 - (G. Velati-Bellini 1904)

111

Casa Pasquetti, via Bezzecca 12 - (Q. Grupallo 1905)

113

Villino Giuliano, via Gatti 17 - (G. Gribodo 1900)

BORGO VANCHIGLIA - MADONNA DEL PILONE: pag.

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117

Bagni e lavatoi pubblici, via Vanchiglia 45 - (C. Dolza 1908)

119

Casa (portone interno) in corso Regina Margherita 96

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Bibliografia BIBLIO BIBLIOGRAFIA

I testi sono tratti da: Beltramelli Antonio Campana Dino Chiesa Francesco

Novelle di Romagna Canti orfici

La stellata sera

D’Annunzio Gabriele

Alcyone, Terra Vergine, L’allegoria dell’autunno

Fitzgerald Francis Scott

Di qua dal paradiso

Govoni Corrado

Le fiale

Gozzano Guido

Le farfalle, Poesie sparse, I colloqui, La via del rifugio

Hesse Hermann

Poesie del Pittore

Mastri Pietro

Arcobaleno

Negri Ada

Vespertina, Il dono, Neve

Novaro Angiolo Silvio

Tempietto

Papini Giovanni

Un uomo finito

Pascoli Giovanni

Limpido rivo, Primi poemetti, I canti di Castelvecchio

Pirandello Luigi

Il fu Mattia Pascal, L’umorismo, Novelle per un anno

Proust Marcel

Dalla parte di Swann

Rilke Rainer Maria

Liriche

Saba Umberto

Canzoniere

Slataper Scipio

Il mio Carso

Tagore Rabindranath

Gitanjali, La barca d’oro

Tozzi Federigo

Con gli occhi chiusi

Viriglio Alberto

Torino e i torinesi

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A

l termine termin ne del lungo lavoro di ricerca, dipingendo

“en plein air” col naso n in sù, ho scoperto che per il turista o il passante sono molti moltti ancora anco i motivi curiosi, estrosi e incantevoli da ammirare. La persona sensibi sensibile ile al bbello si può facilmente innamorare di tali palazzi ricchi d spunti originali che illuminano e impreziodi spun siscono la Torino d degli aanni ‘20.

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M

aria Chiara Orlandini pittrice e scenografa,

laureata all’Accademia Albertina di Torino, dove vive e lavora, porta avanti da anni il progetto di rivalutare attraverso mostre e pubblicazioni dei suoi acquerelli, le risorse delle varie realtà storiche italiane.

Ha pubblicato: l’inserto grafico Le Masserie, Il taccuino del viaggiatore, Immagini collinari, Torino capitale delle Alpi, I colori delle Residenze Sabaude.

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