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Cos’è la dislessia …………………………………….………………... pag

CA P I TO L O P R I M O – CE N N I S U L L A D I S L E S S I A E VO L U T I VA

CHE COS’E’ LA DISLESSIA

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La dislessia viene definita come la difficoltà di apprendere l’abilità della lettura ed è classificata tra i disturbi specifici dell’apprendimento. Ciò che permette di classificare un bambino come soggetto con disturbi di apprendimento è la discrepanza che esiste tra la sua intelligenza, che è nella norma, e le sue capacità nei compiti scolastici. Anche in presenza di buone capacità intellettive infatti il bambino dislessico ha un scarsa capacità di riconoscimento visivo e di analisi fonologica delle parole. Questi soggetti incontrano pertanto notevoli difficoltà ad individuare la corrispondenza tra segni ortografici e suoni ed ugualmente non riescono a ricostruire la parola partendo dai singoli suoni che la compongono. I bambini con dislessia leggono in modo impreciso, lentamente e in maniera poco fluida poiché hanno difficoltà a individuare le singole lettere delle parole. Commettono varie errori come aggiungere, omettere o sostituire le vocali e le consonanti quindi faticano a fondere i suoni e comporre le sillabe per poi pronunciare le parole . Ne deriva pertanto anche la difficoltà a comprendere il testo, cogliendone le relazioni e i passaggi interni e i significati più impliciti, nonostante questi ragazzi presentino un quoziente d’intelligenza normale o superiore alla media. In presenza di questo disturbo si manifestano anche altre difficoltà. Si verifica spesso infatti che il bambino dislessico non abbia un buon orientamento spazio-temporale e tenda a confondere la destra con la sinistra, l’alto con il basso, oppure non riesca a riconoscere le sequenze temporali come il susseguirsi dei giorni della settimana, dei mesi dell’anno. Una difficoltà possibile è anche quella di non riuscire a leggere l’orologio.

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Anche lo sviluppo della coordinazione motoria viene rallentato o compromesso pertanto il soggetto può avere un atteggiamento goffo che lo induce a cadere oppure a urtare oggetti e perfino ad avere difficoltà nella coordinazione fine che il fanciullo rivela nella gestualità della routine quotidiana, come nel gesto di usare il coltello, allacciarsi le scarpe, vestirsi. Si parla in questo caso di disprassia evolutiva. Indubbiamente la dislessia evolutiva è spesso associata anche alla difficoltà di mantenere l’attenzione ed esercitare la memoria. Nei soggetti dislessici si verifica spesso la comorbilità, ovvero la compresenza nella persona di difficoltà caratteristiche degli altri disturbi di apprendimento, attinenti la scrittura, l’ortografia e il fare calcoli, che sono proprie della disgrafia, della disortografia e della discalculia. Lo stato generale di ottundimento e di distrazione che colpisce il bambino dislessico può indurre anche a manifestazioni di irritabilità e perfino aggressività, a causa della frustrazione per non riuscire a svolgere correttamente l’attività scolastica. La capacità o meno di usare un linguaggio articolato e ricco di vocaboli, insieme all’ortografia, possono essere indicatori di dislessia. Pertanto l’osservazione del bambino nella sua realtà quotidiana e non solo scolastica - ovvero come parla, come si muove, come disegna - può indicarci la presenza di una difficoltà, consentendo di poter consigliare la famiglia a consultare il pediatra che potrà indirizzare il bambino dal neuropsichiatra. Ciò potrà permettere una eventuale diagnosi precoce e l’avvio di un percorso riabilitativo anticipato.

La dislessia può raggiungere circa il 2 % tra i bambini di Scuola Primaria per arrivare fino al 4% nei ragazzi di Scuola Secondaria di I° grado. E’ il più diffuso tra i disturbi dell’apprendimento. Tale disturbo interessa prevalentemente i soggetti maschi per i quali i processi fonologici si svolgono nell’ambito della parte inferiore della corteccia frontale di sinistra. Nelle femmine invece i processi fonologici hanno luogo sia nella

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corteccia frontale inferiore di sinistra che in quella di destra, sono cioè bilaterali e possono in tal modo far fronte ad eventuali problemi che derivano da deficit di uno solo dei due emisferi. Ciò spiega perché le ragazze siano molto meno soggette alla dislessia e anche perché le bambine imparano a parlare e a scrivere prima dei maschi. La dislessia evolutiva ha assunto rilevanza con la scolarizzazione di massa poiché questa evoluzione sociale ha consentito di fare emergere i casi di tale disturbo. Gli studi più recenti hanno dimostrato che trattasi di una patologia complessa, dovuta ad un problema di base di tipo strutturale, comprovato da dimostrazioni scientifiche. E’ oramai certo che esistano fattori biologici capaci di influenzare i processi cognitivi necessari per acquisire le competenze di lettura. La risonanza magnetica nucleare funzionale (di seguito RMNF) ha dimostrato che, in caso di tali difficoltà, siamo in presenza della mancata attivazione di 2 aree del telencefalo insieme a problematiche nel tronco cerebrale, in particolare nei gangli della base e nel cervelletto. Il cervelletto raccoglie la metà di tutti i neuroni presenti nel cervello e storicamente è considerato cruciale, principalmente per lo svolgimento di compiti motori. Recentemente è stato dimostrato il suo importante ruolo in compiti cognitivi e linguistici, in particolare nell’apprendimento di procedure o sequenze motorie. A seconda del prevalere o dell’estensione di certe aree cerebrali che non vengono attivate (in particolare i lobi frontali) si avranno delle conseguenze più di tipo visivo, emozionale o pedagogico. Studi di laboratorio hanno dimostrato inoltre l’assenza o il mal funzionamento di 2 geni, comunemente associati alla dislessia il gene DYX1C1 che codifica una proteina che è stata collegata alla migrazione neuronale così come il gene ROBO1 noto per assicurare le connessioni nervose. In altri studi neurobiologici è stato visto che i soggetti con dislessia hanno alterazioni in alcuni neurotrasmettitori come la colina. Si ipotizza inoltre che all’origine della dislessia ci sia uno sbilanciamento dell’eccitabilità neurale e che tale squilibrio sia maggiore nei circuiti cerebrali implicati nei compiti di lettura.

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Certamente il livello attuale di conoscenza e l’esperienza acquisita rispetto a questa disfunzione ci consentono di poter scorgere nella dislessia anche un’opportunità di sviluppo per determinate abilità che il bambino mette in campo per compensare il deficit nella lettura; abilità altrimenti inespresse che possono diventare una ricchezza anche oltre il limite specifico della dislessia. La letteratura specifica riporta infatti che i ragazzi affetti da dislessia hanno un quoziente d’intelligenza nella norma e talvolta perfino superiore alla norma. Il deficit causato dalla dislessia non inficia quindi le altre significative capacità di cui l’individuo dislessico può essere dotato, che possono essere messe sicuramente a frutto. E’ esemplare la storia dell’ingegnere Ronald Davies che nel libro autobiografico “Il dono della dislessia” racconta come il disturbo sia stato per lui uno stimolo ad emanciparsi dalle difficoltà e a progredire, fino a raggiungere traguardi importanti nella sua vita. Le conoscenze sui disturbi specifici dell’apprendimento sono notevolmente ampliate negli anni permettendo quindi anche un notevole sviluppo di apposite tecniche didattiche e modalità riabilitative.

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