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Tre storie di sopravvissuti
from Anderlini News N.110
by Anderlini
Storie
TRE STORIE DI SOPRAVVISSUTI DELLO SPORT DURANTE E DOPO IL COVID
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Lo sport è fatto di personoe, e le persone sono fatte di storie. L’anno appena concluso non sarà solo un aneddoto da raccontare ai nipoti: sarà una pietra miliare nelle vite di tutti. Ai posteri l’ardua sentenza, se saremo diventati davvero migliori e se, in fin dei conti, è andato tutto bene.
Oggi raccontiamo le storie di tre sopravvissuti, tre eroi quotidiani che non hanno smesso di vivere, lottare e sognare in questa pandemia. Si potrebbe addirittura azzardare a dire che proprio la pandemia ha accelerato alcune riflessioni e ha “rimesso le cose nella giusta prospettiva”.
Cosa significa fare sport? Che senso sta avendo la mia esistenza? Come farò le mie scelte in futuro? Tranquilli, niente lezioni di vita qui, solo storie di tre personaggi in cerca di luce dopo un anno di buio: tre sopravvissuti durante e dopo il Covid, come esseri umani e come sportivi.


Federico Bombardi, Cocò per tutti, classe ‘99, tanti centrimetri di altezza, veterano Anderlini.
Che cos’è per te la pallavolo?
Partiamo dal presupposto che nessuna parola potrà mai esprimere ciò che è per me la pallavolo, però ci proverò.
In primis, la pallavolo
è libertà. Ho passato momenti difficili fuori dalla palestra, però ogni volta che mi infilo le scarpe e scendo in campo, per un semplice allenamento o per una partita, magicamente i pensieri e i problemi che fino a poco prima si insidiavano nella mia testa, spariscono, ed è una sensazione veramente strana. La pallavolo è famiglia, la maggior parte delle persone migliori le ho incontrate qui, alcune sono diventate quasi indispensabili per me, altre han fatto parte del mio percorso di crescita come uomo e come atleta per poi uscirne, però sarò sempre grato ad ogni persona incontrata in questo lungo viaggio (che banalmente è ancora all’inizio) perché, in un modo o nell’altro mi han fatto diventare ciò che sono adesso.
La pallavolo per me è
la cabala prepartita, è la presa in giro sotto rete, è il rumore della palla quando la colpisci con tutto te stesso per schiacciare, è l’impatto della palla sulle mani del muro, è l’esultanza dopo un bel punto, è la delusio-


ne dopo una partita persa, è il sudore dopo una lunga azione o dopo un allenamento durissimo...potrei andare avanti per ore.
Se guardi indietro, cos’è successo in questo anno?
Non mi sarei mai immaginato una situazione del genere, sembrava la trama di un film, avete presente quelli che guardi alla sera sul divano e dici “per fortuna certe cose succedono solo nei film” ecco, tipo quelli. Oltre alla pandemia mondiale, sono arrivate le morti di molte persone famose (quella di Kobe Bryant è stata la più tragica e la più dura da digerire per me), il rischio di una terza guerra mondiale, il movimento Black Lives Matter, gli incendi in Australia. Pallavolisticamente parlando è stata una stagione “incompiuta”, i campionati e gli allenamenti si sono bloccati,
Federico Bombardi
un anno da buttare direi, anche se, credo, che finito tutto questo casino, la gente possa aver capito finalmente il valore della vita, un qualcosa di unico, che potrebbe esserci strappato da un momento all’altro, quindi inizieremo tutti a goderci un po’ di più le piccole cose e inizieremo ad apprezzare anche ciò che prima ci poteva risultare insignificante… o almeno spero.
Dai veterani in campo ai veterani alla guida. Davide Zaccherini, classe ‘88, Zack per tutti, tra i tecnici del settore femminile è un tassello fondamentale da qualche anno ormai. Davide è uno di quei pazzi che sta dedicando la vita alla pallavolo.
Perchè hai deciso di dedicare la tua vita a questo sport?
Bella domanda a cui è difficile darne una risposta razionale. Purtroppo in Italia sport come la pallavolo e il basket non vengono riconosciuti a livello professionistico, e i soldi non sono paragonabili a quelli del calcio, quindi ritengo di non aver seguito la ragione, ma il cuore. La mia personale idea è che questo sia tra gli sport di squadra più difficili da giocare in assoluto, quindi il più articolato e specifico da allenare. Si creano cosi continui stimoli personali, essendo il volley in continua evoluzione nel sitema di gioco e metodologia dell’ allenamento. Quando termini l’anno
o il biennio, dove le tue giocatrici sono ormai più alte di te e riescono a compiere gesti tecnici e atletici impossibili per loro solo due anni prima, per me queste sono grandissime soddisfazioni, sperando sempre che le tue ragazze possano poi giocare in squadre di alto livello, prestigiose o convocate magari nelle selezioni, dal provinciale al nazionale! Poi riparti con un nuovo gruppo, magari ancora più giovani e vorresti metterti le mani tra i capelli, si deve ricominciare, ri-
Federico Bombardi

partire da zero, ricreare quindi un percorso appena portato al termine con un’unica soluzione: lavorare, tanto e con qualità, e quest’ultima non dipende tanto noi, quanto dai giocatori. Tante volte mi sono
chiesto se ne valesse la pena, mi sono fermato a pensare “sto facendo bene? Quanto durerà? È giusto dedicare una buona parte della mia vita ad uno sport?”. Ad oggi sono ancora qui, ma non saprei rispondere a nessuna di queste tre domande. Finchè c’è musica, balliamo!
Una cosa che proprio non ti saresti mai aspettato durante la pandemia riesci a trovarla?
Una cosa che non mi sarei aspettato direi di no, ma riscoperto sì. Abbiamo assaporato
Davide Zaccherini

come potrebbe essere noiosa e monotona la vita in un futuro non troppo lontano, dove si ordinerà la cena tramite un’app, ci si alzerà la mattina e ci si collegherà al computer per seguire le lezioni, passando interminabili ore davanti al telefono, sui social come zombie, o praticando sport dal divano, muovendo con il pollice un calciatore che corre per te. Ma questa non è la felicità, non è la vita reale, concreta e spero che passata questa maledetta pandemia, i bambini, i ragazzi e i miei coetanei, mettano da parte un po’ di questa vita virtuale e si riprenda a fare sport nelle palestre, negli stadi anche più di prima togliendo qualche ora di ozio al telefono.
Dai pazzi per amore ai pazzi per lavoro. Ebbene sì, c’è anche chi ha deciso di fare della pallavolo un vero e proprio lavoro. Luana Serafini, Lua - l’età delle signore non si rivela - vicepresidente della Scuola di Pallavolo Anderlini, allenatrice da sempre, socia e dipendente delle prima ora. Come riassumi il 2020?
Se guardo indietro, quest’anno è capitato proprio di tutto... a marzo il sentimento prevalente era la rabbia perchè nessuno comprendeva a pieno ciò che era capitato, poi abbiamo vissuto la paura perchè la situazione peggiorava continuamente e sembrava irreparabile . Durante l’estate abbiamo visto un po’ di luce in fondo al tunnel e l’emozione di tornare a fare ciò che amavamo è stata grande. Purtroppo però è stata solo una chimera, perché pochi mesi dopo siamo ritornati a fermare tutto di nuovo. In questi mesi ci siamo
accorti, con rammarico, di quanto poco contasse lo sport, soprattutto lo sport di base, e lo sconforto a volte prendeva il sopravvento. Non ci siamo voluti arrendere e ad oggi continuiamo a programmare e riprogrammare, districandoci a fatica tra i complessi regolamenti, col fermo intento di continuare a lottare per questa partita, che certamente è la più difficile mai giocata nella mia vita. Vogliamo essere un punto di riferimento per le nostre famiglie
Luana Serafini

e ripagare la fiducia che loro ci hanno concesso in un periodo davvero molto difficile.
Che cosa sarà di noi dopo la pandemia?
Sembrerà banale, ma penso che la pandemia ci possa insegnare ad essere squadra anche al di fuori del connotato sportivo. In questo periodo sono state tante le volte in cui abbiamo dovuto cambiare le programmazioni, sostituire persone assenti, cambiare e riscrivere comunicazioni verso i nostri ragazzi/famiglie. Nell’emergenza è uscito il senso di responsabilità delle persone e questo mi piacerebbe rimanesse come una nostra normalità. Lo sport ha subito
certamente una bella frenata, ma la lo spirito di iniziativa e la capacità di adeguarci al nuovo sistema ci aiuterà a ripartire.
Luana Serafini