DANTE ALIGHIERI E LA DIVINA COMMEDIA
EBOOK FATTO DA GIULIA FABRIZI
La società medievale In Europa si era diffusa la convinzione che nell'anno 1000 il mondo avrebbe cessato di esistere. La conseguenza di questa idea fu una scarsa fiducia nel futuro, che portò molte persone a non investire sulla possibilità di migliorare la vita terrena,
LA BORGHESIA
La borghesia è una delle classi sociali nelle quali viene tipicamente suddivisa la società capitalista (colui che possiede un capitale), secondo alcune scuole di pensiero economiche occidentali, in particolare il marxismo. Il termine deriva da borgo, ossia dalle parti costituenti delle città medioevali, e di cui è rimasta ancora oggi traccia nella toponomastica di alcune città.
ma ad affidarsi completamente a Dio in vista di quella ultraterrena. Anche le innovazioni tecnologiche non furono perseguite in questo periodo, sia da parte dei contadini, sia da parte dei nobili.
UN SECOLO DI TRASFORMAZIONI LA STORIA Lo scenario europeo Il Duecento in Europa fu caratterizzato da una maggiore prosperità perché erano cessate le invasioni degli stranieri, le innovazione tecniche avevano portato miglioramenti all’agricoltura e l’aumento della popolazione aveva fatto sì che si coltivassero nuove terre. Grazie a questi cambiamenti le strade divennero più sicure aumentando gli scambi, la città si ripopolarono, nacque una nuova classe sociale, la borghesia, formata da banchieri, mercanti, artigiani e professionisti e sorsero le prime università per una borghesia sempre più colta.
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L’Italia ricca e divisa Nel XIII secolo l’Europa era divisa in Regno di Francia e Sacro Romano Impero che comprendeva Europa centrale ed includeva l’Italia centrosettentrionale. In Italia c’erano città molto ricche con importanti università come Bologna. La nostra penisola era comunque politicamente divisa: - al centro-nord c’erano i liberi Comuni - al centro c’era lo Stato della Chiesa - a sud il Regno di Sicilia. Questa divisione creò grave instabilità; erano soventi gli scontri tra guelfi (sostenitori del Papato) e ghibellini (sostenitori dell’Impero) e tra città diverse per strapparsi il territorio.
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LA LINGUA Dal latino al volgare Alla fine dell’Impero romano d’occidente il latino aveva subito profonde trasformazioni. Il latino scritto era al lingua della cultura e del potere, la massa, che era costituita da analfabeti, si esprimeva in volgare. Il latino parlato si era invece evoluto distinguendosi in: - latino parlato in città - latino parlato in campagna - latino parlato vicino alle frontiere dell’impero (fusione trà latino e dialetti barbari locali). L’italiano che oggi parliamo deriva dal latino come evoluzione del latino parlato (latino volgare). La nostra lingua fa parte delle lingue formatesi in questo periodo dette neolatine ed in particolare il nostro è il volgare italiano.
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I primi documenti in volgare italiano I primi documenti scritti in volgare italiano risalgono al IX – X secolo d.C. Il più antico è l’indovinello veronese composto da uno scrivano veronese nell’ 800 d.C. che è un vero e proprio indovinello contenente un ringraziamento nei due versi finali. Un altro è il Placito di Capua, sentenza giudiziaria scritta in Campania nel 960 d.C.; qui si rivendicano le proprietà di alcune terre ed il giudice raccoglie la deposizione di un testimone a favore dell’abate di Montecassino. La deposizione contiene ancora elementi latini, ma sono prevalenti gli aspetti volgari. Dato che la borghesia aumentava gli affari era necessario tenere dei registri, documenti redatti in volgare per essere compresi da tutti. In questo periodo anche alcuni autori iniziarono ad usare il volgare per le loro opere iniziando l’uso letterario del volgare. A partire dal XII – XIII il volgare italiano si affermò come lingua letteraria autonoma.
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LA LETTERATURA La Scuola Siciliana e il Dolce Stil Novo In Italia apparvero presto i primi scritti di letteratura in volgare. Nella prima metà del 1200, nella corte di Palermo, l’imperatore Federico II amava circondarsi di artisti ed intellettuali di ogni provenienza; fra questi c’erano i trovatori cioè i poeti provenzali che fecero nascere la Scuola Siciliana, dove gli autori avevano come tema principale l’amore per la propria dama. La tecnica era l’uso del volgare siciliano privato di parole di uso più quotidiano.
Dante e Beatrice, Carl Wilhelm Friederich Oesterly
Nella seconda metà del secolo XIII fu la Toscana con a capo Firenze a divenire un importante centro culturale. Alcuni poeti, usando il volgare toscano, diedero vita al Dolce Stil Novo. In questo caso il volgare doveva diventare una lingua raffinata, adatta ad esprimere i sentimenti più puri. Gli stilnovisti cantavano la donna amata che diveniva una creatura angelica che poteva avvicinare l’uomo a Dio.
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Le altre esperienze letterarie poetiche Mentre la Scuola Siciliana ed il Dolce Stil Novo avevano poeti che si rivolgevano ad un pubblico ristretto ci furono correnti poetiche rivolte ad un pubblico pi첫 vasto, come la poesia religiosa, in particolare quella Umbra, che veniva recitata (lauda-lode) nelle cerimonie religiose. Completamente diversa fu la poesia comico-realistica che trattava temi come gioco, cibo, amore molto terreno e malizioso, e che veniva scritto nel volgare utilizzato dalle classi pi첫 umili.
Le esperienze letterarie in prosa Nel duecento oltre che i poeti cominciarono a farsi vedere anche gli scrittori in prosa. Un libro importante fu il Novellino, che conteneva racconti scritti allo scopo di divertire o insegnare qualcosa di nuovo. Altro libro importantissimo fu Il Milione di Marco Polo che raccontava le esperienze di viaggio in Cina dello stesso.
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Dipinto di Holiday raffigurante l'incontro tra Dante Alighieri e Beatrice Portinari lungo le rive dell'Arno (olio su tela, 1883, Walker Art Gallery).
BIOGRAFIA DI DANTE ALIGHIERI CICCA PER APRIRE LA LINEA DEL TEMPO SULLA VITA DI DANTE
La vita di Dante Alighieri è strettamente legata agli avvenimenti della vita politica fiorentina. Alla sua nascita, Firenze era in procinto di diventare la città più potente dell'Italia centrale. A partire dal 1250, un governo comunale composto da borghesi e artigiani aveva messo fine alla supremazia della nobiltà e due anni più tardi vennero coniati i primi fiorini d'oro che sarebbero diventati i "dollari" dell'Europa mercantile. Il conflitto tra guelfi, fedeli all'autorità temporale dei papi, e ghibellini, difensori del primato politico degli imperatori, divenne sempre più una guerra tra nobili e borghesi simile alle guerre di supremazia tra città vicine o rivali. Alla nascita di Dante, dopo la cacciata dei guelfi, la città era ormai da più di cinque anni nelle mani dei ghibellini. Nel 1266, Firenze ritornò nelle mani dei guelfi e i ghibellini vennero espulsi a loro volta. A questo punto, il partito dei guelfi, si divise in due fazioni: bianchi e neri. Dante Alighieri nasce a Firenze il 29 maggio 1265 da una famiglia della piccola nobiltà. Nel 1274, secondo la Vita Nuova, vede per la prima volta Beatrice (Bice di Folco Portinari) della quale si innamora subito perdutamente. Dante ha circa dieci anni quando muore la madre Gabriella, la «madre bella». Nel 1283 anche suo padre Alighiero di Bellincione, commerciante, muore e Dante a 17 anni diviene il capofamiglia. l giovane Alighieri segue gli insegnamenti filosofici e teologici delle scuole francescana (Santa Croce) e domenicana (Santa Maria Novella). In questo periodo stringe amicizie e inizia una corrispondenza con i giovani poeti che si fanno chiamare «stilnovisti». Nelle Rime si trova l'insieme dell'opera poetica di Dante, dagli anni della gioventù fiorentina, lungo in corso della sua carriera letteraria, che non risultano inseriti in alcun'altra opera. È in questo contesto che possiamo trovare le tracce del distacco consapevole che è seguito alla prima stesura dell’Inferno e del Purgatorio, che avrebbe condotto Dante verso false concezioni filosofiche, tentazioni della carne e piaceri volgari. A 20 anni sposa Gemma Di Manetto Donati, appartenente a un ramo secondario di una grande famiglia nobile, dalla quale avrà quattro figli, Jacopo, Pietro, Giovanni e Antonia. Nel 1292, due anni dopo la morte di Beatrice, comincia a scrivere la "Vita Nuova". Dante si consacra così molto presto completamente alla poesia studiando filosofia e teologia, in particolare Aristotele e San Tommaso. Rimarrà affascinato dalla lotta politica caratteristica 8
di quel periodo e costruirà tutta la sua opera attorno alla figura dell'Imperatore, mito di un'impossibile unità. Tuttavia nel 1293, in seguito a un decreto che escludeva i nobili dalla vita politica fiorentina, il giovane Dante è costretto ad attenersi alla cura dei suoi interessi intellettuali. Nel 1295 un'ordinanza decreta che i nobili riottengano i diritti civici, purché appartenenti ad una corporazione. Dante si iscrive a quella dei medici e dei farmacisti, la stessa dei bibliotecari, con la menzione di «poeta». Quando la lotta tra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri si fa più aspra, Dante si schiera col partito dei Bianchi che cercano di difendere l'indipendenza della città opponendosi alle tendenze egemoniche di Bonifacio VIII Caetani, Papa dal dicembre 1294 al 1303. Nel 1300 Dante viene eletto tra i sei «Priori» - custodi del potere esecutivo, i più alti magistrati del governo che componeva la Signoria - che, per attenuare la faziosità della lotta politica, prendono la difficile decisione di fare arrestare i più feroci leader dei due schieramenti. Nel 1301, proprio mentre a Firenze arrivava Charles de Valois e il partito dei Neri prendeva il sopravvento (sostenuto dal papato), Dante viene chiamato a Roma alla corte di Bonifacio VIII. Iniziano i processi politici: Dante, accusato di corruzione, viene sospeso dai pubblici uffici e condannato al pagamento di una pesante ammenda. Poiché Dante non si abbassa, al pari dei suoi amici, a presentarsi davanti ai giudici, Dante viene condannato alla confisca dei beni e «al boia» qualora si fosse fatto trovare sul territorio del Comune di Firenze. E' così costretto a lasciare la sua città con la coscienza di essere stato beffato da Bonifacio VIII, che l'aveva trattenuto a Roma mentre i Neri prendevano il potere a Firenze; Bonifacio VIII si guadagnerà così un posto di rilievo nei gironi dell'"Inferno" della "Divina Commedia". A partire dal 1304 inizia per Dante il lungo esilio. Dalla morte di Beatrice agli anni dell'esilio Dante si dedica allo studio della filosofia (per lui l'insieme delle scienze profane) e compone liriche d'amore dove lo stile della lode così come il ricordo di Beatrice sono assenti. Il centro del discorso non è più Beatrice ma «la donna gentile», descrizione allegorica della filosofia che traccia l'itinerario interiore di Dante verso la saggezza. Redige il Convivio (1304-1307), il trattato incompiuto composto in lingua volgare che diventa una summa enciclopedica di sapere pratico. Quest'opera, è una sintesi di saggi, destinati a coloro che, a causa della loro formazione o della condizione sociale, non hanno direttamente accesso al sapere. Vagherà per città e Corti secondo le opportunità che gli si offriranno e non cesserà di approfondire la sua cultura attraverso le differenti esperienze che vive.
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Nel 1306 intraprende la redazione della "Divina Commedia" alla quale lavorerà per tutta la vita. Quando inizia «a far parte per se stesso», rinunciando ai tentativi di rientrare con la forza a Firenze con i suoi amici, prende coscienza della propria solitudine e si stacca dalla realtà contemporanea che ritiene dominata da vizio, ingiustizia, corruzione e ineguaglianza. Nel 1308 compone un trattato in latino sulla lingua e lo stile: il "De vulgari eloquentia", nel quale passa in revisione i differenti dialetti della lingua italiana e proclama di non aver trovato «l'odorante pantera dei bestiari» del Medioevo che cercava, ivi compresi il fiorentino e le sue imperfezioni. Pensa di aver captato «l'insaziabile belva in quel volgare che in ogni città esala il suo odore e in nessuna trova la sua tana». Fonda la teoria di una lingua volgare che chiama «illustre», che non può essere uno dei dialetti locali italiani ma una lingua frutto del lavoro di pulizia portato avanti collettivamente dagli scrittori italiani. È il primo manifesto per la creazione di una lingua letteraria nazionale italiana. Nel 1310 con l'arrivo in Italia di Enrico VII di Lussemburgo, Imperatore romano, Dante Alighieri spera nella restaurazione del potere imperiale, che gli permetterebbe di rientrare a Firenze, ma Enrico muore. Dante compone "La Monarchia", in latino, dove dichiara che la monarchia universale è essenziale alla felicità terrestre degli uomini e che il potere imperiale non deve essere sottomesso alla Chiesa. Dibatte anche sui rapporti tra Papato e Impero: al Papa il potere spirituale, all'Imperatore quello temporale. Verso il 1315, gli viene offerto di ritornare a Firenze. Il suo orgoglio ritiene le condizioni troppo umilianti: rifiuta con parole che rimangono una testimonianza della sua dignità umana: «Non è questa, padre mio, la via del mio ritorno in patria, ma se prima da voi e poi da altri non se ne trovi un'altra che non deroghi all'onore e alla dignità di Dante, l'accetterò a passi non lenti e se per nessuna siffatta s'entra a Firenze, a Firenze non entrerò mai. Né certo mancherà il pane».
Nel 1319 Dante è invitato a Ravenna da Guido Novello da Polenta, Signore della città; due anni più tardi lo invia a Venezia come ambasciatore. Rientrando da Venezia Dante viene colpito da un attacco di malaria: muore a 56 anni nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 a Ravenna, dove oggi si trova ancora la sua tomba.
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Date più importanti della vita di dante alighieri… Dante Alighieri nasce a Firenze nel 1265 1274: PRIMO INCONTRO CON BEATRICE A 9 ANNI 1277: inizia a scrivere opere 1283: SECONDO INCONTRO CON BEATRICE A 18 ANNI E LEI RICAMBIA IL SALUTO 1283: SCRIVE IL FIORE 1290: 8 GIUGNO MUORE BEATRICE A SOLI 26 ANNI 1292: Vita Nova. Dante, a partire dal 1295, entra attivamente e coscientemente nella vita politica della sua città. 1295: si sposa con GEMMA DONATI 1300: DIVENTA PRIORE DI SAN GEMINIANO 1300: è AMBASCIATORE DAL PAPA BONIFACIO VIII 1302 viene esiliato. 1304-1306: De Vulgari Eloquentia. 1304-1307: Convivio. 1307: VA A PARIGI 1310: SCRIVE DE MONARCHIA
1312: VA A VERONA
1318: VA A RAVENNA 1306-1321: Divina Commedia. Muore a Ravenna nel 1321
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LE OPERE MINORI IL CONVIVIO Dante scrive il Convivio nei primi anni dell’esilio, dal 1304-1307, in lingua volgare, facendo apprezzare questa lingua anche per la prosa. Lo scopo era quello di ricordare alle persone che governano, che lo studio della filosofia e il rispetto delle leggi morali sono una condizione necessaria per la convivenza degli uomini
nella società. Il primo trattato introduce l’argomento e le finalità dell’opera; negli altri quattro Dante commenta sue tre canzoni. L’opera fu chiamata “Convivio” perché nell’intenzione di Dante doveva costituire un banchetto di scienza per gli indotti, vale a dire per coloro che non conoscevano il latino e quindi non potevano cibarsi del sapere che è il cibo dell’intelletto.
IL FIORE Il Fiore consiste in una “collana” di 232 sonetti; vi vengono riassunti i quasi 22 mila versi del celebre oman de la ose francese. L’opera in realtà non ha titolo e fu cos chiamata dal sul primo editore 1 per l’importanza del termine che vi figura molte volte quale parola-chiave. D’alba al tramonto si svolge la vicenda della conquista, anche fisica, della donna amata il tema sessuale campeggia dall’inizio alla fine ed esplode in maniera esplicita nel finale. L’arte di amare viene dunque sottratta ad ogni idealizzazione e trasposta su un terreno ben pi concreto, anche cinico e brutalmente sensuale.
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DE VOLGARI ELOQUENTIA Con questo trattato, scritto in latino dal 1304-1306, Dante vuole far conoscere agli scrittori delle regole sull’arte dello scrivere in italiano volgare. In quest’opera, che Dante scrive solo in parte, il poeta apre una questione linguistica molto importante: la lingua volgare può
sostituire il latino? Il tentativo di Dante era di individuare una lingua letteraria, volgare illustre, attraverso cui esprimere un’alta poesia tanto decantata da tutti i lirici. La nuova lingua, derivata dal latino, doveva essere nobilitata nel lessico e nella sintassi in modo da diventare la lingua ufficiale dell’Italia.
DE MONARCHIA
In questo trattato, scritto in latino dal 1310-1313, Dante affronta il tema a lui più caro: quello politico. Per il poeta, l’unica forma di governo che possa assicurare la pace e la sicurezza, è la monarchia, una monarchia universale capace di garantire una stabilità politica, che rifletta nel nostro mondo l’unicità e l’universalità del regno di Dio; l’imperatore doveva garantire la pace sulla terra, la giustizia e la libertà degli uomini come l’universo è retto da Dio, invece la chiesa si doveva interessare solamente delle questioni spirituali. L’impero, quindi, doveva essere indipendente dalla chiesa perché era anteriore a questa e non poteva ricevere da questa la sua autorità.
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Donati e Cecco Angiolieri ; rime petrose Si tratta della raccolta dei componimenti dedicate ad una donna di nome Petra e sono anche dense di sensualit rime poetici che Dante scrive nel corso della filosofiche e dellesilio che contengono le sua vita e che non include nella Vita prime dissertaioni filosofiche e dottrinali Nuova e nel Convivio. I temi di queste in versi e parlano delle dure condiioni poesie sono legati alle varie esperiene di vita del poeta: l’amore cortese, la filosofia, dellesule. Nelle rime si riscontrano i la politica, lo stile poetico, l’esilio .Le rime cambiamenti di stile del poeta sia le sperimentazioni alla ricerca di nuovi possono essere divise in rime giovanili riferite a qualche tenone poetica con orese modelli stilistici da adattare ai temi.
LE RIME
VITA NUOVA La Vita nuova viene fuori dall’amore del giovane Dante per Beatrice ed è una raccolta delle poesie giovanili, collegate da parti in prosa scritte fra il 1293 e il 1295. Si può definire come un’autobiografia spirituale, dove l’amore non è descritto nella sua forma sensibile e terrena, ma come un sentimento che porta a un amore e a un ideale di vita più alti. Beatrice è vista come una donna angelo e quindi diventa un mezzo di elevazione spirituale. Dante cominciò a scrivere la Vita Nuova quando Beatrice era già morta, ma per lungo tempo ella rimase al centro della sua vita sentimentale e culturale. Beatrice morì nel 1290; Dante reagisce e si accorge che, quanto provato per Beatrice, poteva durare idealmente anche dopo la morte di lei.
DIVINA COMMEDIA L'opera è divisa in tre cantiche: "Inferno", "Purgatorio" e "Paradiso", ciascuna delle quali si compone di trentatre canti, scritti in terzine incatenate e versi endecasillabi. Un canto proemiale porta il numero totale dei canti a 100, ma è il numero perfetto e mistico per eccellenza, il 3, ad essere il fondamento di tutta l'opera. Non si conosce la data esatta della sua composizione ma i critici contemporanei concordano sul fatto che l’Inferno fu iniziato dopo l’esilio di Dante avvenuto nel 1302. Il Purgatorio attorno al 1313 mentre il Paradiso tra il 1316 ed il 1321. 14
LA DIVINA COMMEDIA IL VIAGGIO ULTRATERRENO Un’opera fondamentale della letteratura italiana La Divina Commedia è un poema in versi politico-religioso con funzione didascalico-allegorica composta da Dante tra il 1306 e il 1321 durante gli anni dell’esilio. Questa opera è di estremo interesse perché: - vi confluisce tutto il sapere dell’epoca, - affronta argomenti validi per l’uomo di ogni tempo, come bene, male, peccato e perdono, - raggiunge livelli espressivi altissimi utilizzando solo il volgare fiorentino. Per questo Dante è considerato il padre della nostra lingua.
L’argomento Nella Divina Commedia Dante racconta, da protagonista, di un viaggio immaginario nell’oltretomba. Il viaggio dura una settimana ed inizia nel 1300 anno del primo Giubileo. Dante visita tre regni: Inferno, Purgatorio e Paradiso ed è accompagnato da tre guide: Virgilio nell’inferno e nel purgatorio, l’amata Beatrice nel paradiso, conducendolo all’Empireo (dove risiede Dio). Qui è guidato da San Bernardo che conduce il poeta alla contemplazione di Dio. Le guide sono necessarie perché un mortale non potrebbe essere ammesso nell’aldilà, lo confortano e lo esortano a proseguire il difficile viaggio per obbedire alla volontà divina.
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Virgilio simboleggia la ragione, Beatrice la fede e San Bernardo la grazia divina. Lungo il cammino Dante incontra molti personaggi che gli fanno capire il senso del castigo o del premio e rafforzano la sua fede in Dio.
Le fasi del cammino L’inizio del viaggio Dante inizia il suo viaggio in una “selva oscura” dove si è smarrito e dove tre fiere gli impediscono di proseguire. In suo aiuto arriva Virgilio che gli dice che la salvezza verrà raggiunta dopo una prova sovrumana: un viaggio nei regni dell’oltretomba. La voragine infernale Dante e la sua guida entrano nell’Inferno dove sentono i lamenti dei dannati e le urla dei demoni. Scendono verso il centro della terra e scavalcano il corpo di Lucifero per trovarsi poi nell’emisfero opposto dove finalmente all’aria aperta, da cui il verso “e quindi uscimmo a riveder le stelle”. La montagna del purgatorio Dante e Virgilio si trovano ai piedi della collina del purgatorio che è un regno di passaggio; qui i peccatori fanno penitenza espiando i peccati, per poter ascendere poi in Paradiso. Via via che si sale l’atmosfera è più serena e giunti in cima i due poeti entrano nel Paradiso Terrestre ricco di piante e fiori. Qui Virgilio lascia Dante, ma subito appare Beatrice nella sua luce di beata; in questo momento Dante si sente puro. I cieli del Paradiso
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Guidato da Beatrice Dante sale in Paradiso. In Paradiso Dante immedesima la sua anima con quella di Dio; Dio per Dante è l’intelletto. I beati sono avvolti nella luce e sono lontani dalla terra ma non sono staccati da essa. L’oltremondo per Dante non è la negazione del mondo ma la continuazione e la conclusione di questo. Dopo essere stato nel paradiso Dante giunge nell’Empireo, dove per intercessione di San Bernardo riesce a guardare per un istante Dio che è “l’Amor che move il sole e l’altre stelle”.
La struttura metrica: cantiche, canti, strofe, versi, rime La divina Commedia è divisa in tre cantiche: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Ogni cantica comprende 33 canti; l’Inferno ne ha uno in più che è l’introduzione. Il totale dei canti è quindi 100. Ogni canto ha un numero variabile di versi endecasillabi raggruppati in terzine. (l’endecasillabo è un verso formato da 11 sillabe metriche). La terzina è una strofa di tre versi e quella usata da Dante è a rima incatenata (schema ABA BCB CDC…) Questo tipo di strofa è detta “terzina dantesca”.
La rappresentazione dantesca dell’universo L’universo descritto da Dante nella Divina Commedia rispecchia la medievale teoria tolemaica secondo la quale la Terra è una sfera immobile al centro dell’Universo ed è circondata da una sfera d’aria, una sfera di fuoco che produce fulmini, e nove sfere celesti che hanno moto circolare concentrico. Oltre le sfere si trova l’Empireo, un grande involucro che comprende l’universo.
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L’Inferno La struttura dell’inferno segue criteri precisi. All’inizio c’è un vestibolo poi, superato il fiume Acheronte si entra nell’Inferno vero e proprio. La voragine è divisa in nove cerchi per categorie di peccati in ordine crescente di gravità. - nei primi cinque cerchi ci sono gli Incontinenti che, naturalmente, vanno verso il peccato; - nel sesto cerchio ci sono gli eretici che non hanno fede in Dio; - nel settimo (diviso in tre gironi) ci sono i violenti; - nell’ottavo (diviso in dieci Malebolge) ci sono gli imbroglioni o peccatori di frode; - nel nono (diviso in quattro zone) ci sono i fraudolenti gravi, cioè i traditori. Al centro della Terra si trova Lucifero che con le sue tre bocche sbrana i più terribili peccatori: Giuda, Bruto e Cassio. I peccatori sono puniti secondo il criterio del contrappasso con una pena corrispondente al peccato commesso in vita. Ad esempio i ladri corrono nudi tra covi di serpi con le mani legate dietro la schiena, i golosi giacciono nel fango sotto una pioggia mista di acqua fetida, grandine e neve ed i traditori sono immersi nel lago ghiacciato di Cocito in varie posizioni.
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Il purgatorio La collina del purgatorio è divisa in nove cornici concentriche, che le anime devono percorrere per scontare i peccati ed andare verso il Paradiso: - alla base della montagna si trova l’Antipurgatorio, dove espiano i negligenti; -Il Purgatorio vero e proprio è formato da sette cornici per ogni categoria di penitenti; - sulla sommità c’è il Paradiso terrestre dove giungono le anime alla fine del percorso. Qui le anime si bagnano su due fiumi il Lete che fa dimenticare i peccati commessi e l’Eunonè che fa ricordare il bene compiuto; dopo le anime sono pronte per il Paradiso. Anche alle anime del purgatorio è applicato il criterio del contrappasso.
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l paradiso Il Paradiso è diviso in nove sfere celesti che ruotano intorno alla terra che, secondo la teoria tolemaica, si trova al centro dell’universo; - ognuno dei primi sette cieli contiene un pianeta ed è dedicato a una virtù; - nell’ottavo cielo si trovano le stelle fisse; - il nono cielo viene chiamato Primo Mobile perché trasmette il movimento alle sfere inferiori; - oltre i nove cieli c’è l’Empireo. I beati si trovano tutti nell’Empireo insieme a Dio cantando lodi riuniti in forma di una candida rosa formata da nove giri di petali. Essi scendono nei cieli a cui si addicono per permettere a Dante (ancora mortale) di parlare con loro.
Il titolo Dante intitolò la sua opera semplicemente Commedia per due motivi: - perché, come le commedie, aveva un inizio drammatico e un finale lieto. - perché era scritta in lingua volgare con stile intermedio tra quello alto delle tragedie e quello umile delle commedie. L’aggettivo “divina” venne aggiunto successivamente da Giovanni Boccaccio e dal letterato Ludovico Dolce (1555) Il “divina” indicava sia l’argomento del poema, sia la sua eccezionalità.
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La simbologia dei numeri Il sono al centro del poema. Tre sono i regni ultraterreni, le guide i Dante, le fiere, le categorie dei peccatori all’inferno. Nove sono i cerchi infernali, le partizioni del Purgatorio e i cieli del Paradiso. Tre sono le cantiche, i canti ed i versi di ogni strofa. L’insistenza del numero tre ci fa vedere quanto nel Medioevo si pensasse che i numeri avessero significati magici e misteriosi. Il Tre era considerato il simbolo della Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo).
Le allegorie Il contenuto esplicito del poema è il viaggio ultraterreno, dalla selva oscura alla visione di Dio. La Divina Commedia ha soprattutto un significato allegorico, cioè nascosto e simbolico. Questo può essere interpretato come il percorso che l’uomo deve fare per salvare la propria anima passando per il peccato ed arrivando alla beatitudine. I personaggi, i luoghi e le situazioni vanno dunque interpretati anche come significato allegorico: - Dante, ad esempio, rappresenta l’umanità che vive nel peccato e, attraverso la virtù e la fede raggiunge la salvezza eterna; - Virgilio è la ragione umana, la filosofia e la giustizia;
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- Beatrice è la teologia che porta l’uomo alla beatitudine spirituale; - San Bernardo è lo slancio appassionato verso Dio; - La selva oscura è la condizione di smarrimento che vivono i peccatori; - Le tre fiere sono i peccati capitali cioè la cupidigia, la lussuria e la superbia che impediscono all’uomo di camminare verso la fede.
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LA COLPA, LA PENA E IL CONTRAPPASSO… PECCATORI Ignavi e angeli neutrali. (non si schierano né con Dio né con lucifero Lussuriosi Golosi
COLPA In vita non seguirono il bene per viltà e indecisione e non presero mai una decisione. Si lasciarono travolgere dalla passione amorosa. Non seppero resistere ai piaceri della gola.
PENA Rincorrono un’insegna senza forma né colore, tormentati da insetti e vermi. Sono trascinati senza posa da una bufera impetuosa. Giacciono nel fango, sotto una pioggia di acqua fetida. Il cane Cerbero li introna con i suoi latrati e con le unghie li graffia e li squarta. I peccatori spingono dei grandi macigni, quando si incontrano si insultano, poi si girano e ricominciano. Iracondi: sono immersi nel fango. Accidiosi: sono sommersi nel fango.
Avari e prodighi
Furono troppo attratti dal denaro.
Iracondi e accidiosi
Iracondi: si abbandonano ad attacchi di rabbia Accidiosi: furono pigri e svogliati.
Ipocriti
Celarono i loro comportamenti malvagi facendo finta che fossero giusti. Si appropriarono dei beni altrui.
Procedono lenti, appesantiti da cappe di piombo che sembrano mantelli dorati. Corrono nudi tra covi di serpi con le mani legate.
Con i loro consigli maliziosi
Sono avvolti in lingue di fuoco.
Ladri
Consiglieri di inganni
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CONTRAPPASSO Mentre in vita non ebbero alcun ideale, ora sono costretti a inseguire una bandiera, senza poter mai riposare Come in vita vennero travolti dalla passione ora sono travolti dalla bufera. Come in vita divennero animali, cercando e amando il cibo, ora sono ridotti a una condizione bestiale. Come in vita spesero le loro energie per il denaro, ora spingono dei massi inutilmente.
Iracondi: come in vita percossero le persone per gli attacchi di rabbia ora si picchiano tra loro Accidiosi: come in vita furono molto pigri ora non possono più vedere nulla né muoversi. Come in vita finsero sentimenti che non provavano, ora portano cappe che sembrano d’oro ma sono di piombo. Mentre in vita furono troppo abili con le mani, ora non possono più usarle. Come in vita la loro lingua seminò discussioni
Seminatori di discordie, di scismi e di scandali Traditori dei parenti Traditori della patria Traditori degli amici Traditori dei benefattori
provocarono liti, ostilitĂ e guerre. Con le loro parole creano discordie e discussioni.
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Sono orrendamente mutilati nel corpo. Sono immersi nel lago ghiacciato di Cocito in varie posizioni.
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brucianti. Ora sono immersi nel fuoco. Come in vita fecero nascere delle divisioni tra le persone ora hanno il corpo squartato. Come in vita ebbero il cuore di ghiaccio, tanto da tradire chi si fidava di loro, ora sono condannati a patire un freddo terribile per l’eternità .
APPROFONDIMENTO I° CANTO LA SELVA E IL COLLE 1Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. 4Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! 7 Tant'
è amara che poco è più morte;
TUTTE LE RAPPRESENTAZIONI IN BIANCO E NERO SDONO DI GUSTAVE DORE’.
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte. 10Io non so ben ridir com' i' v'intrai,
tant' era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. 13Ma
poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto,
là dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto,
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16guardai in alto e vidi le sue spalle
vestite già de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. 19Allor fu la paura un poco queta,
che nel lago del cor m'era durata la notte ch'i' passai con tanta pieta.
PARAFRASI A metà del cammino della nostra vita m ritrovai un una selva oscura poiché avevo smarrito la giusta via. Ahi com’è difficile dire com’era, questa selva oscura ed insuperabile, che al solo ricordo la paura si rinnova. E’ tanto spaventosa che la morte che la morte lo è poco di più, ma per raccontare del bene che vi ho trovato, dirò delle altre cose che io vi ho visto. Io non so ben raccontare come vi entrai, tanto ero pieno di sonno in quel punto, in cui abbandonai la via della verità.
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Ma dopo che giunsi ai piedi di un colle, La dove terminava quella valle che mi aveva riempito il cuore i paura. Guardai verso l’alto e la sua sommità, illuminata dai raggi del sole, che guida correttamente gli uomini da qualsiasi parte. Allora si calmò un poco quella paura che mi era restata nel cuore, durante la notte che io trascorsi con tanto affanno.
LE TRE BELEVE 28Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta, sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso. 31Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,
una lonza leggiera e presta molto, che di pel macolato era coverta; 34e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi 'mpediva tanto il mio cammino, ch'i' fui per ritornar più volte vòlto. Mente Dante si ferma, in preda allo spavento, gli si avvicinano prima un leone e poi una lupa, rispettivamente simbolo della superbia e dell’avidità. 27
46Questi parea che contra me venisse
con la test' alta e con rabbiosa fame, sĂŹ che parea che l'aere ne tremesse. 49Ed una lupa, che di tutte
brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fĂŠ giĂ viver grame, 52questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch'uscia di sua vista, ch'io perdei la speranza de l'altezza
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PARAFRASI Dopo che ebbi un po’ riposato il mio corpo stanco, ripresi la strada per quella collina solitaria in modo che il piede stabile fosse più basso dell’altro. Ed ecco, quasi all’inizio della salita, apparve una lonza snella e veloce che era ricoperta di un pelo a macchie; essa non si allontanava da me, anzi bloccava tanto il mio cammino che tante volte fui sul punto di tornare indietro. Anche un leone pareva venire contro di me con la testa alta ed una fame rabbiosa, tanto che pure l’aria sembrava tremare dalla paura. Poi l’apparizione di una lupa che con la sua magrezza sembrava pena di desideri e che aveva già reso infelice molta gente, provocò in me tanta preoccupazione per la paura che mi faceva il suo aspetto che io persi la speranza di arrivare sulla cima della collina.
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LE ALLEGORIE LA SEVA OSCURA…. La Divina commedia comincia con Dante che si trova nei pressi di Gerusalemme “la città del peccato”, lui si perde e si ritrova dentro la selva oscura. Il significato allegorico della selva oscura è lo smarrimento della giusta via, ovvero lo smarrimento della grazia divina. Il bosco è un posto buio, pauroso, dove ci si può perdere molto facilmente, infatti rappresenta il peccato in cui molto spesso gli uomini si perdono. Dante ci spiega quindi ci spiega come gli uomini posso uscire dalla vita peccaminosa e trovare la salvezza. LE TRE FIERE…. Le tre fiere che ostacolano il cammino del poeta Dante rappresentano, come allegoria i vizi che nella vita di ogni uomo portano al peccato e quindi alla rovina dell’anima. Le tre fiere sono: - La lonza, dal pelo macchiato e dal corpo snello è il simbolo della lussuria, il peccato che vince la ragione con il desiderio. - Il leone è l’allegoria della superbia; quest’ultima infatti, insieme all’invidia, sono ritenute da dante il principio di ogni male perché sono già nell’anima degli uomini - La lupa infine è il simbolo della cupidigia e dell’insaziabile avidità degli uomini verso i beni materiali. 30
LA FIGURA DI VIRGILIO…. Virgilio è la figura che guida dante attraverso il suo viaggio nell’Inferno e nel Purgatorio ed è scelto dal poeta perché lo ritiene il suo maestro in quanto padre della letteratura latina. Lo spirito di Virgilio viene collocato da dante all’Inferno perché egli è vissuto prima di Cristo e quindi non può entrare e accompagnarlo in Paradiso. Virgilio ha ricevuto da Beatrice l’ordine di guidare Dante in una parte del suo viaggio; lo proteggerà dai pericoli, indicandogli, con la sua grande saggezza, il giusto cammino da percorrere. La figura di Virgilio è l’allegoria della ragione umana che ha grandissime potenzialità ma è comunque inferiore e sottomessa a Dio. Ragione “Virgilio” guida e protegge Dante “l’uomo” attraverso un mondo di peccati “L’inferno” CLICCA QUI PER APRIRE LINK SU VIRGILIO
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IGNAVI LIMBO LUSSURIOSI IRACONDI ERETICI VIOLENTI FRAUDOLENTI TRADITORI DELLA FAMIGLIA TRADITORI DELLA PATRIA TRADITORI DEI BENEFATTORI
LUCIFERO
GLI APPROFONDIMENTI SULL’INFERNO… Cliccare sulla parola e si aprirà il mio approfondimento. LA STORIA DI PAOLO E FRANCESCA MINOSSE ULISSE CARONTE
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LUCIFERO… Lucifero: l'angelo che, per invidia e superbia, si ribellò al volere di Dio, tanto da essere cacciato dal Paradiso. Rappresenta il male in assoluto ed è dannato per l’eternità. Il forte vento, che costringe Virgilio, annuncia l'avanzare di una gigantesca macchina, prima insegna del re dell'inferno. I due poeti, frattanto, avanzano nella quarta zona del nono cerchio, la Giudecca, dove sono puniti i traditori dei benefattori, completamente coperti dal ghiaccio, che li blocca in posizioni diverse. All'improvviso, dinanzi agli occhi atterriti di Dante, appare l'enorme mole di Lucifero, che "da mezzo 'l petto uscìa fuor de la ghiaccia". La testa di Lucifero ha tre facce di tre colori diversi (la centrale è rossa, la destra giallastra, la sinistra nera). Sotto ogni faccia escono due grandi ali di pipistrello, che sbattendo generano tre venti che ghiacciano la superficie. Dagli occhi escono lacrime che si mescolano al sangue dei tre dannati maciullati in 34
eterno dalle tre bocche. Virgilio spiega che il dannato che pende dalla bocca centrale, e che, oltre ad essere maciullalo, è anche graffiato sulla schiena, è Giuda, mentre gli altri, che pendono con le testa dalle bocche laterali, sono Bruto e Cassio.
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COMPITO DI REALTA’ CLASSE 2^E