Dante nodale

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Dante Alighieri

E-book eseguito da Ludovica Nodale 2E


LA SOCIETA' MEDIEVALE

Per Basso Medioevo si intende il periodo collocato tra il 1000 e la scoperta dell'America, nel 1492. Dopo l'anno Mille, l'Europa cambiò

radicalmente: le città rifiorirono, i commerci si svilupparono grazie alle tecniche agricole e l'economia cambiò notevolmente. Le invasioni barbariche terminarono, però ci furono anche molte epidemie di peste e molte carestie. La nascita di nuove tecniche agricole, permise un lavoro migliore: vennero inventati l'aratro pesante, il collare rigido, ma soprattutto la rotazione triennale, che consisteva nel coltivare due terreni su tre, e lasciare il terzo a maggese, cioè al pascolo degli animali o a riposo.

LA BORGHESIA Il termine borghesia deriva dal termine latino “burgus“, che significa borgo; più avanti, invece, la borghesia diventerà quella classe sociale di cui facevano parte gli artigiani, i medici, i commercianti, gli avvocati e gli artisti. Un borghese era una persona che viveva in una casa e non in un castello ma, non essendo nobile, non poteva portare armi.


IL PASSAGGIO DAL LATINO AL VOLGARE L'italiano che oggi parliamo deriva dal latino, anzi, da una lenta evoluzione del latino parlato. Il latino scritto, invece, non cambiò ma rimase sempre lo stesso. La caduta dell'Impero Romano d'Occidente portò alla nascita delle lingue neolatine, o romanze, come il volgare francese, spagnolo, italiano, tedesco... Le prime opere scritte in volgare furono “L'indovinello veronese“ e “Il placito di Capua“ o carta capuana. I cambiamenti che ci furono passando dal latino al volgare furono meolti, ma i più importanti furono: scomparve il genere neutro e nacque quello maschile, tutti i dittonghi diventarono di una sola vocale, scomparve la forma passiva e diminuirono aggettivi e pronomi dimostrativi. Oltre i documenti prima nominati, ce ne furono altri altrttanto importanti: • la Carta Pisana del 730 d.C ; • il Documento Pisano del 746 d.C ; • il più importante è il Giuramento di Strasburgo dell'842 d.C. È un accordo di pace e alleanza tra i due figli di Carlo Magno, Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico. Infatti i due fratelli, alleati contro il loro

terzo fratello Lotario, giurarono ognuno nella lingua dell'altro davanti ai rispettivi eserciti: Ludovico giurò in francese, mentre Carlo giurò in tedesco. Poi, ognuno dei due girò nella lingua dell'altro per farsi capire dall'esercito: Ludovico giurò in tedesco e Carlo giurò in francese. Sempre in questi anni, nacque la Scuola Siciliana, fondata da Federico II; i suoi massimi esponenti furono Iacopo da Lentini, Pier delle Vigne e Guido delle Colonne. Il tema principale della Scuola Siciliana era la donna e l'amore dell'uomo verso di lei. Nella seconda metà del XIII secolo nacque a Firenze un nuovo modo di fare poesia, il Dolce Stil Novo: si chiama dolce perchè lo stile è piacevole e semplice, mentre si chiama novo perchè era scritto in volgare. I suoi principali esponenti furono: Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti, Dante Alighieri e Cino da Pistoia. Oltre a questi stili c'erano anche: • la poesia religiosa, come il Cantico delle Creature di San Francesco, usato in principalmente in Umbria; • il Novellino e il Milione di Marco Polo.

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LA BIOGRAFIA DI DANTE Dante Alighieri nacque a Firenze nel 1265, in una famiglia schierata, al tempo della lotta tra guelfi bianchi e neri, con i guelfi bianchi. Nel 1274, all'età di nove anni, incontrò per la prima volta Beatrice, una ragazza della quale era sempre stato innamorato. Sebbene il suo matrimonio fosse già stato programmato con Gemma Donati, lui provava per quella ragazza un forte sentimento. All'inzio del 1277 iniziò a scrivere le sue opere e nel 1283, all'età di diciott'anni, incontrò per la seconda volta Beatrice e lei ricambiò il suo saluto. Questo fu un segnale per Dante, che lo avvertì che Beatrice era un po' interessata a lui. Sempre nel 1283, il poeta scrisse "Il fiore" mentre soggiornava in Francia; nel 1290, la precoce morte di Beatrice, portò Dante alla disperazione totale, tanto che decise che non avrebbe più parlato di lei finchè non sarebbe stato pronto a farlo in un'opera degna della sua amata: la Divina Commedia. Tra il 1290 e il 1295, Dante iniziò a scrivere la "Vita nova", prima di essere mandato in esilio e nel 1300, divenne priore a San Gimignano. Nel 1302, Dante venne esiliato da Firenze per

motivi politici: a quel tempo la citta era governata dai guelfi neri e Dante stava dalla parte dei guelfi bianchi, e per questo venne scomunicato. Dal 1302 al 1321, il poeta scrisse la sua opera più celebre in onore di Beatrice "La Divina

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commedia" e dal 1303 al 1305 scrisse "Il de vulgari eloquentia". Nel 1303 divenne ambasciatore dal Papa Bonifacio VIII e nel 1305 iniziò la "Cattività avignonese". Tra il 1304 e il 1307 scrisse "Il convivio", nel 1310 scrisse "Il de monarchia" e Arrigo VII scese in Italia. Nel 1318 si trasferì a Ravenna, dove vi morì la notte del 13-14 settembre 1321, a causa forse della malaria contratta passando per le paludi di Comacchio o per Venezia.

L'italiano che oggi parliamo deriva dal latino, anzi, da una lenta evoluzione del latino parlato. Il latino scritto, invece, non cambiò ma rimase sempre lo stesso. La caduta dell'Impero Romano d'Occidente portò alla nascita delle lingue neolatine, o romanze, come il volgare francese, spagnolo, italiano, tedesco...... Le prime opere scritte in volgare furono “L'indovinello veronese“ e “Il placito di Capua“ o carta capuana.


LA VITA NOVA Tra il 1290 e il 1295, prima di essere mandato in esilio, Dante iniziò a scrivere la “ Vita Nova”. Questo libro fu la prima opera del poeta, scritto in volgare, in prosa e in poesia e all'interno troviamo 31 poesie e 42 capitoli. Lo scrittore, in questo libro, parla della sua vita e del suo rapporto con Beatrice. Il testo più antico risale al 1283, quando Dante aveva diciott'anni, mentre quello più recente risale al 1290, la morte di Beatrice. La trama dell'opera, si può riassumere in tre momenti fondamentali della vita di Dante: il primo in cui

IL FIORE DETTO AMORE Il Fiore è un poema di 232 sonetti e venne scritto tra il 1283 e il 1287 da Dante Alighieri mentre soggiornava in Francia. Si tratta di una specie di parafrasi del romanzo “Il Roman de la Rose”.

Beatrice saluta Dante, segno di salvezza e di bellezza, il secondo in cui Beatrice non lo saluta più, gettandolo nella disperazione totale dato che al suo tempo, la donna si ammirava solo da lontano perché uomini e donne non potevano parlare tra di loro, e anche perché la donna veniva considerata come una divinità, come un angelo. Infine c'è il terzo momento, in cui muore Beatrice, e quindi non c'è più il rapporto tra uomo e donna, ma c'è solo il rapporto tra l'uomo e l'anima della donna amata. Dante racconta inoltre, di aver incontrato per la prima volta Beatrice quando entrambi avevano nove anni e di averla incontrata di nuovo all'età di diciott'anni. Anche il numero nove è un simbolo, perché ricorda la Santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo, proprio perché la donna avvicinava a Dio.


DE VULGARI ELOQUENTIA Tra il 1303 e gli inizi del 1305, Dante scrisse il “De vulgari eloquentia” , ossia l'eloquenza in lingua volgare. Lo scopo di questo libro era motivare l'uso del volgare nella letteratura; era scritto in endecasillabi ed era diviso in 4 libri. In quest'opera Dante mette al centro la ricerca di un volgare che possa assumere i caratteri di lingua letteraria nelle opere scritte dell'epoca. Però, tra tutti i volgari italiani, Dante ne voleva

uno illustre, cardinale, regale e formale: •illustre perché doveva dare importanza a chi lo parlava; •cardinale perché, così come il cardine è il punto fisso attorno al quale gira la porta, allo stesso modo il volgare deve essere la lingua principale al quale tutte le altre lingue possano ruotare; •regale e curiale perché dovrebbe essere degno di essere parlato in una corte e in un tribunale.

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IL CONVIVIO Il Convivio è un saggio scritto da Dante Alighieri nei primi anni dell'esilio, tra il 1304 e il 1307, in prosa. Il progetto iniziale di Dante era di scrivere un'opera in volgare, divisa in quindici capitoli. Il termine "convivio" deriva dal latino convivium e significa banchetto. L'opera è quindi un banchetto che offre a chi partecipa (ossia a coloro che desiderano

sapere e conoscere) una pietanza , accompagnata dal pane che li aiuterà a comprendere. Le vivande saranno le canzoni, mentre il pane sarà l'insieme dei commenti per spiegare. Il Convivio è simile alla Vita Nova: infatti Dante parla del suo amore per Beatrice, commentando le poesie che scrive per lei. Invece la struttura è diversa.

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DE MONARCHIA Il De Monarchia è un'opera scritta in latino, che ha come tema principale la politica. Con quest'opera il poeta volle dire la sua sul rapporto tra l’autorità dell'imperatore e l’autorità religiosa del papa. Il punto di vista di Dante su questo problema era difendere l'autonomia del Comune di Firenze dalle pretese di papa Bonifacio VIII.

Il de Monarchia fu composto negli anni 1312-13, cioè quando Enrico VII di Lussemburgo scese in Italia; secondo altri, bisognerebbe anticipare almeno al 1308 la data di composizione; altri ancora, infine, posticipano la composizione del trattato al 1318, pochi anni prima della morte dell’autore (1321).

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LA DIVINA COMMEDIA La Divina Commedia è l'opera più famosa di Dante, divisa in 3 cantiche: Inferno, Purgatorio e Paradiso. È scritta in terzine incatenate suddivise in versi endecasillabi, in volgare fiorentino. L'Inferno è composto da 34 canti, mentre il Purgatorio e il Paradiso da 33 ciascuno, per un totale di 100 canti. Quest'opera, essendo molto articolata e complessa, venne scritta in periodi diversi: la prima cantica venne scritta dal 1302 al 1307, la seconda tra il 1313 e il 1316 e l'ultima tra il 1316 e il 1321. Il libro è stato scritto in volgare fiorentino e diviso in versi endecasillabi. I versi sono raggruppati nelle “Terzine dantesche”; lo schema è ABA – BCB – CDC …...

Nei vari luoghi immaginari, Dante venne accompagnato da tre personaggi: nell'Inferno da Virgilio, nel Purgatorio e nel Paradiso da Beatrice e da San Bernardo fino alla contemplazione di Dio. L'inferno di Dante è da lui immaginato come una serie di anelli sempre più stretti ; l'estremità più stretta si trova in corrispondenza di Lucifero, il diavolo che, muovendo le sue enormi ali, produce un vento gelido: il ghiaccio è la massima pena. Nell'Inferno, ad ogni peccato corrisponde un cerchio, ed ogni cerchio è più profondo del precedente e più vicino a Lucifero; più grave è il peccato, più vicino sarà il cerchio a Lucifero.

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IL VIAGGIO IMMAGINARIO DI DANTE La Divina Commedia è un ampio poema in versi, di argomento politico-religioso, scritto da Dante Alighieri tra il 1306 e il 1321. Si tratta di un'opera straordinaria perché: • c'è scritto tutto il sapere dell'epoca; • affronta temi che riguardano l'uomo di ogni tempo, come il peccato e il perdono; • è scritta solo in volgare fiorentino e per questo raggiunge altissimi livelli espressivi. Per questi motivi, Dante è considerato il “padre” della nostra lingua e la Divina Commedia l'opera più importante della letteratura italiana. Nella Divina Commedia Dante racconta in prima persona la storia di un viaggio immaginario

nei regni dell'oltretomba: Inferno, Purgatorio e Paradiso, e in questo viaggio viene accompagnato da tre guide: • Virgilio, l'autore dell'Eneide, che conduce il poeta attraverso l'Inferno e il Purgatorio, rappresenta l'umana ragione; • Beatrice, che accoglie Dante in Paradiso e lo guida fino all'Empireo, rappresenta la fede; • San Bernardo, che conduce il poeta fino alla contemplazione di Dio. Le guide sono necessarie perché Dante, essendo vivo, non potrebbe attraversare l'Oltretomba e non potrebbe neanche parlare con i vari personaggi che incontra lungo il suo cammino.

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LE FASI DEL CAMMINO soffocante perché si sentono le anime dei dannati gemere e soffrire. Così, Dante e la guida scendono verso il centro della terra e, per passare dall'altra parte, si arrampicano sul pelo dell'enorme Lucifero e finalmente riescono a vedere la luce. • Ora Dante e Virgilio si trovano nel Purgatorio, che, a differenza dell'Inferno e del Paradiso, dove le anime stanno per l'eternità, il Purgatorio è un regno di passaggio. Qui, infatti, le anime scontano i loro peccati sia fisicamente, sia moralmente, per ascendere infine al Paradiso. L'atmosfera, salendo, diventa più serena, perché si avvicina la salvezza. Giunti alla vetta della collina, Dante e Virgilio entrano nel Paradiso Terrestre; qui la guida abbandona Dante e al suo posto arriva Beatrice, che lo accompagnerà fino all'Empireo. Giunti nel cielo Empireo, Dante, per intercessione di San Bernardo, ha la forza di sostenere per un istante la vista di Dio.

• Il viaggio inizia in una “selva oscura”, dove Dante si è smarrito. Proprio quando gli sembra di avere intravisto la strada, arrivano tre fiere, una

lonza, una lupa e un leone, che gli sbarrano la strada; subito, però, arriva Virgilio che lo salva e insieme proseguono il cammino. • Dante, segue Virgilio attraverso le porte dell'Inferno; lì, l'aria è

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LA STRUTTURA METRICA La Divina Commedia è divisa in tre cantiche che corrispondono ai regni dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso. Ogni cantica comprende 33 canti (34 nell'Inferno), per un totale di 100 canti. Ogni canto ha un numero variabile di versi endecasillabi, raggruppati in terzine. Le terzine sono strofe di tre versi; quelle usate da Dante sono a rime incatenate. Questo tipo di strofa è chiamata “terzina dantesca”. Lo schema è ABA – BCB – CDC …. Dante descrive l'universo rispecchiando le conoscenze medievali, fondate sulla teoria tolemaica; secondo questa teoria la Terra è una sfera immobile al centro

dell'universo, circondata da una sfera d'aria e da una di fuoco e da nove sfere celesti. Oltre alle sfere c'è l'Empireo. La Terra è divisa in due emisferi: • boreale (delle terre emerse) che è abitato; • australe (delle acque) che è disabitato. Al centro si erge la montagna del Purgatorio con in cima il Paradiso terrestre. A Gerusalemme, invece, si trova l'ingresso dell'Inferno, che si restringe a forma di imbuto verso il centro della Terra; lì, nel punto più basso, si trova Lucifero.

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L'INFERNO All'inizio dell'Inferno si trova una grande anticamera, chiamata Vestibolo; poi, superato il fiume Acheronte, si entra nell'Inferno vero e proprio. La voragine dell'Inferno è divisa in nove cerchi per categorie di peccati in ordine crescente di gravità. • Nei primi cinque cerchi sono puniti gli incontinenti che non riuscirono a frenare la loro spinta verso il peccato (non battezzati, lussuriosi, golosi, avari e prodighi, iracondi e accidiosi); • nel sesto cerchio troviamo gli eretici, coloro che non credettero in Dio; • nel settimo cerchio si trovano i violenti (contro il prossimo, contro sé stessi e contro Dio)

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Modello in 3D dell'Inferno dantesco realizzato con Sketchup.

• nell'ottavo cerchio ci sono i peccatori per frode, cioè per imbroglio; • nel nono cerchio si trovano i peccatori fraudolenti più gravi, coloro che tradirono parenti, amici e patria. Al centro della Terra c'è Lucifero che, con le sue tre bocche, sbrana i tre peccatori più terribili per Dante: Giuda, traditore di Gesù; Bruto e Cassio, traditori e assassini di Giulio Cesare. I peccatori sono puniti secondo il criterio del contrappasso, secondo cui la pena che Dio stabilisce per ogni anima, corrisponde, per analogia o per contrasto, al peccato commesso in vita.


IL PURGATORIO La collina del Purgatorio è divisa in nove cornici concentriche, che le anime penitenti devono percorrere, salendo progressivamente, per scontare le pene commesse in vita, per potere alla fine, ascendere al Paradiso: • alla base della montagna si trova l'Antipurgatorio, dove espiano i negligenti; • il Purgatorio vero e proprio è formato da sette cornici, una per ogni

categoria di anime penitenti; • infine, sulla sommità del monte, c'è il Paradiso Terrestre, dove giungono le anime dopo essersi pentite. Qui scorrono due fiumi: il Lete, che fa dimenticare i peccati commessi, e l'Eunoè, che fa ricordare il bene compiuto. Anche alle anime del Purgatorio è applicato il criterio del contrappasso.

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IL PARADISO Il Paradiso è diviso in nove sfere celesti che ruotano intorno alla Terra, posta al centro dell'Universo secondo la teoria tolemaica o copernicana: • ognuno dei primi sette cieli contiene un pianeta, che è dedicato ad una virtù; • nell'ottavo cielo si trovano le stelle fisse; • il non cielo viene chiamato Primo Nobile, poichè trasmette il suo movimento

a tutte le sfere inferiori; • oltre i nove cieli c'è l'Empireo, dove risiede Dio. A differenza del Purgatorio e dell'Inferno, dove le anime hanno sedi differenti, i beati risiedono tutti nell'Empireo, insieme a Dio e cantano le sue lodi riuniti in forma di rosa, formata da nove giri di petali. Essi, tuttavia, vanno verso Dante per permettere a lui, ancora vivente, di parlare con loro.

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LA SIMBOLOGIA DEI NUMERI La struttura del poema ripete con evidenza il numero tre e i suoi multipli. Tre sono i regni , tre le guide di Dante, tre le fiere, tre le categorie di peccatori puniti nell'Inferno, nove i cerchi infernali, le partizioni del Purgatorio e i cieli del Paradiso. Tre sono le cantiche, trentatrè i canti di ogni cantica, tre sono i

versi di ogni strofa. L'insistenza sul numero tre si spiega col fatto che gli uomini del Medioevo erano affascinati dai numeri, che secondo loro erano magici e misteriosi. Il numero prescelto è il tre perchè rappresenta la Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo.

LE ALLEGORIE Il contenuto letterale, cioè esplicito ed evidente del poema è il viaggio ultraterreno. La Divina Commedia ha però soprattutto un significato allegorico, nascosto, implicito e simbolico. Essa può essere letta come il percorso che gli uomini devono compiere per salvare la loro anima, seguendo la lunga e difficile via che conduce dal male e dal peccato alla beatitudine. Ad esempio, la selva oscura descritta nel primo canto dell'Inferno, rappresenta lo

smarrimento della giusta via da parte dell'uomo, mentre le tre fiere rappresentano: • la lonza, la lussuria, cioè l'abbandono al piacere del corpo; • la lupa, l'avidità; • il leone, la superbia.

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LA TABELLA DEL CONTRAPPASSO Peccatori

Colpa

Pena

Contrappasso

Ignavi e angeli neutrali (che non si schierarono né con Dio né con Lucifero)

In vita non seguirono il bene per viltà e indecisione e non presero mai una posizione.

Lussuriosi

Si lasciarono travolgere dalla passione amorosa

Mentre in vita non ebbero alcun ideale, ora sono costretti a inseguire una bandiera senza poter mai riposare. Come in vita furono travolti

Golosi

Non seppero resistere ai piaceri della gola

Rincorrono un’insegna senza forma né colore, tormentati da insetti e vermi. Si trovano nel vestibolo dell’Inferno, perché neppure Lucifero vuole queste anime vili. Sono trascinati senza posa dalla bufera impetuosa Giacciono nel fango, sotto una pioggia mista di acqua fetida, grandine e neve. Il cane Cerbero li introna con i suoi latrati e con le unghie li graffia e li squarta

Avari e prodighi

Furono troppo attratti dal denaro, o per accumularlo o per sperperarlo.

Due schiere di peccatori, provenienti da direzioni opposte, spingono enormi macigni; quando poi si scontrano, si insultano tra loro, poi si girano e ricominciano a spingere fino a scontrarsi di nuovo.

Iracondi e accidiosi

Gli iracondi si abbandonarono ad attacchi di rabbia cieca; gli accidiosi, invece, furono pigri, svogliati, incapaci di riconoscere e combattere il male.

Gli iracondi sono immersi nel fango, intenti a percuotersi e a mordersi a vicenda; gli accidiosi sono completamente sommersi dal fango, sulla cui superficie arrivano le bolle d’aria dovute ai loro sospiri.

Ipocriti

Celarono i loro sentimenti malvagi sotto comportamenti solo in apparenza giusti.

Procedono lenti, appesantiti da cappe di piombo che sembrano mantelli dotati.

Come in vita divennero simili agli animali, cercando e amando solo il cibo, ora sono ridotti a condizioni bestiali. Come in vita spesero tutte le loro energie per una cosa vana come la ricchezza, ora devono affaticarsi spingendo inutilmente dei massi. Come in vita gli iracondi percossero gli altri in preda ad attacchi di rabbia, ora si picchiano tra loro. Come in vita gli accidiosi non seppero agire e riconoscere il male, ora non possono più vedere nulla né muoversi, perché sono invischiati nel fango. Come in vita finsero sentimenti che non provavano,


Ladri

Si appropriarono dei beni altrui.

Corrono nudi tra covi di serpi con le mani legate dietro la schiena.

Consiglieri di inganni

Con i loro suggerimenti maliziosi suscitarono liti ostilità e guerre.

Sono avvolti in lingue di fuoco.

Seminatori di discordie, di scismi e scandali

Con le loro parole e azioni provocarono discordie e divisioni.

Sono orrendamente mutilati nel corpo.

Traditori dei parenti Traditori della patria Traditori degli amici

Sono immersi nel lago ghiacciato di Cocito in varie posizioni.

Traditori dei benefattori

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ora portano cappe che sembrano d’oro ma sono di piombo. Mentre in vita furono troppo abili con le mani, ora non possono più usarle. Come in vita la loro lingua seminò discordie brucianti, ora sono immersi nel fuoco. Come in vita fecero nascere divisioni e lacerazioni tra le persone, ora hanno il corpo squartato. Come in vita ebbero il cuore duro, freddo

e insensibile, tanto da tradire chi si fidava di loro, ora sono condannati a patire un freddo terribile per l’eternitá.


PRIMO CANTO DELL'INFERNO DANTESCO: LA SELVA OSCURA Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. 3 Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! 6 Tant’è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte. Io non so ben ridir com’i’ v’intrai, tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai.

A metà del cammino della nostra vita mi ritrovai in una selva oscura perchè avevo smarrito la via del bene. È duro raccontare com'era questa selva tenebrosa e buia che solo a pensarci mi fa venire i brividi.

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È spaventosa quasi quanto la morte; ma voglio raccontarvi anche delle cose belle, che io ho visto là.

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Io non so dire come entrai nella selva, perchè ero tanto assonnato quando lasciai la via del bene.

Ma quando arrivai alle pendici di un colle, Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto, dove terminava il bosco là dove terminava quella valle che m’avea di paura il cor compunto, 15 che mi aveva trafitto il cuore di paura, guardai in alto e vidi i pendii del colle, guardai in alto e vidi le sue spalle illuminati dal sole vestite già de’ raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. 18 che conduce gli uomini in ogni direzione. Allor fu la paura un poco queta, che nel lago del cor m’era durata la notte ch’i’ passai con tanta pieta.

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Allora si placò un po' la mia paura che aveva invaso il mio cuore durante tutta la notte che avevo passato nel terrore.


LA SELVA OSCURA Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Questi sono i primi versi pronunciati da Dante all'inizio del suo viaggio immaginario nei regni dell'Oltretomba, mentre si trova nella Selva Oscura. La selva rappresenta nella Divina Commedia un'allegoria cioè un simbolo che ha un significato nascosto e implicito. Rappresenta, infatti, lo smarrimento della via del bene da parte dell'uomo, ossia di Dio, ed indica quando l'umanità prende la via del male, che è quello dei peccati e di Lucifero. La selva si trova nei pressi di Gerusalmme, considerata la città dei peccati e dei peccatori, dove Dante, pieno di sonno, si smarrisce. Lui la descrive come selvaggia, aspra, forte, buia, piena di pericoli e intricata;

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infatti, ad un certo punto, vi incontra tre fiere, dalle quali viene salvato dal poeta Virgilio. Quindi, questa selva, indica qualcosa di negativo che distrae l'uomo dal suo percorso e cammino verso Dio; infatti dice che è talmente tanto amara e paurosa che la morte lo è poco di più. Però Dante, ci vuole raccontare anche delle cose belle che vi incontrò lì dentro, perchè all'inizio dice che la diritta via era "smarrita" e non perduta. Quindi, c'è sempre un pizzico di speranza in lui di riuscire ad uscire da quella "trappola"; infatti si chiama "Divina Commedia" perchè anche se inizia drammaticamente, finisce con un lieto fine, con il raggiungimento del Paradiso.


SECONDO CANTO DELL'INFERNO DANTESCO: LE TRE FIERE Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, sì che ’l piè fermo era sempre ’l più basso.

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Dopo essermi un po' riposato, ripresi a camminare in modo che i piedi fossero stabili.

Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta, una lonza leggiera e presta molto, che di pel macolato era coverta; 33

Ed ecco, mentre iniziava la salita, che una lonza magra e agile, con il pelo maculato;

e non mi si partia dinanzi al volto, anzi ’mpediva tanto il mio cammino, ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto.

mi si mette davanti e non se ne va, anzi, mi impedisce di proseguire il cammino, Tanto che pensai più volte di tornare indietro

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Temp’era dal principio del mattino, e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle ch’eran con lui quando l’amor divino

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mosse di prima quelle cose belle; sì ch’a bene sperar m’era cagione di quella fiera a la gaetta pelle 42 l’ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse la vista che m’apparve d’un leone.

Mentre Dante si ferma, in preda allo spavento, gli si avvicinano prima un leone, simbolo della superbia, e poi una lupa, simbolo dell'avidità. 45

Questi parea che contra me venisse con la test’alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l’aere ne tremesse.

Sembrava che il leone venisse contro di me con la testa alta e tanta fame, tanto che sembrava che l'aria tremasse

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E la lupa, essendo magra, sembrava piena di desideri e molte persone aveva reso infelici. Questa situazione mi fece preoccupare e la loro vista mi suscitò talmente tanta paura, che persi la speranza di arrivare in cima al colle

Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame, 51 questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch’uscia di sua vista, ch’io perdei la speranza de l’altezza.

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LE TRE FIERE Ci troviamo a metà del primo canto, e Dante sta camminando nella selva

ai piaceri del corpo, ed è una delle tre disposizioni peccaminose che impediscono a Dante di andare avanti per il cammino. Alcuni, invece, pensano che questo animale rappresenti l'invidia, mentre altri pensano che sia simbolo dei peccati di eccesso. Dante cita nuovamente la lonza nell'Inferno dove, con la corda cinta intorno ai fianchi di Virgilio, la butta giù nel burrone, dove si apre il girone delle Malebolge, richiamando

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oscura senza sapere dove sta andando. Ad un certo punto gli si avvicinano rispettivamente una lonza (lince) simbolo della lussuria, cioè l'abbandono ai piaceri del corpo, un leone, simbolo della superbia o vanità e una lupa, simbolo dell'avidità o avarizia. Le tre fiere incontrate da Dante sono: • la lonza. È il primo animale selvaggio incontrato dal poeta nella selva oscura; lui la descrive con il pelo maculato, snella e molto agile, che gli si mette davanti, non si vuole allontanare e gli impedisce di

Gerione; • il leone. È il secondo animale incontrato da Dante nella selva, e il poeta ci racconta che l'animale andava contro di lui con la "testa alta" e una fame rabbiosa, tanto che sembrava che l'aria tremasse per la paura. Allegoricamente rappresenta la superbia o la vanità; alcuni pensano che rappresenti la violenza. Si può capire che rappresenti la superbia dato che Dante ci dice che avanzava verso di lui con la "testa alta" e quindi si

proseguire il suo cammino. Rappresenta allegoricamente la lussuria, cioè l'abbandono 21


può capire che voleva essere superiore a tutti gli altri; • la lupa è l'ultima fiera incontrata da Dante nella

fatto soffrire, rendendole infelici. Il suo simbolo allegorico è l'avarizia, il peccato più grave fra i tre, perchè rappresenta per Dante il disordine politico, sociale ed economico in cui versava l'Italia delm primo Trecento. Dopo che lo ebbe salvato dalla selva, Virgilio profetizzò a Dante l'avvento di Cangrande della Scala, che avrebbe rimandato la lupa all'Inferno, liberando l'Italia dall'avarizia o avidità e ristabilendo così pace e ordine politico e sociale.

selva; lui la descrive magra e ci dice che molte persone aveva

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VIRGILIO

Publio Virgilio Marone fu il più importante poeta dell'antica Roma, nonchè scrittore della famosissima "Eneide", in cui descrive le avventure e la storia di Enea. Venne considerato da Dante suo maestro e modello, e fu importante anche prima della sua morte perchè scrisse delle cose che in un certo senso riguardavano il Cristianesimo; questo verrà preso in

considerazione da Dante che lo metterà all'Inferno, ma in una zona in cui non c'erano delle pene da subire. Questa zona dell'inferno sarà il Limbo, riservato alle persone nate prima della nascita di Cristo e quindi non battezzate, situato sotto il fiume Acheronte, dove non c'è alcuna punizione o pena da subire. Virgilio rappresenta l'umana ragione, quindi la sapienza e l'intellettualità, ed è grazie a lui che Dante può compiere il suo viaggio nei regni di Purgatorio e Paradiso. Poi però deve lasciare il poeta perchè non può andare oltre, che sarà accompagnato da Beatrice, simbolo della fede e dell'amore. Spesso, quando Dante si rivolge a Virgilio, gli rivolge la parola con l'appellativo "maestro", facendo capire a quest'ultimo che per lui è stato molto importante èd è importante come punto di riferimento anche in quello stesso momento. Virgilio sarà colui che per intercessione di Beatrice, riuscirà a salvare Dante dalle tre fiere nella selva oscura e poi insieme si metteranno in cammino.

Dante e Virgilio nel Limbo

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LA STORIA DI PAOLO E FRANCESCA Paolo e Francesca erano due giovani ragazzi che, non rendendosene conto, si innamorarono e diventarono amanti. Francesca era figlia di Guido il Vecchio da Polenta, signore di Firenze, che nel 1275 sposò Gianciotto Malatesta. Lui aveva un fratello che si chiamava Paolo. La famiglia dei Malatesta da Rimini e dei Polenta da Ravenna erano le due famiglie più rinomate e importanti della Romagna. Un giorno, i due giovani andarono in giardino per leggere il Galeotto, un libro che parlava della storia d’amore tormentata di Ginevra, moglie di re Artù e amante di Lancillotto. Leggendo questa trama, ad un certo punto, i due si baciarono e così iniziò la loro storia da amanti. Poi, un giorno, mentre si stavano baciando, furono sorpresi da Gianciotto e trucidati. I due giovani amanti vennero messi da Dante nel terzo girone dell’Inferno, cioè nei Lussuriosi, coloro che si lasciarono travolgere dalla passione amorosa. Quando Dante, accompagnato da Virgilio, vide due anime travolte dalla bufera che volavano insieme, le chiamò e

loro andarono da lui. I lussuriosi, come in vita furono travolti dalla

Anselm Feuerbach, 1864, Schach Galerie, Monaco.

passione amorosa, ora sono travolti dalla bufera, trovandosi in varie posizioni. Paolo e Francesca andarono verso Dante e la ragazza gli iniziò a raccontare la loro storia; del loro amore e della terribile morte. L’unica a parlare fu Francesca, mentre Paolo stette lì e pianse tutto il tempo, pensano alle cose che sentiva. Il marito della ragazza, ossia Gianciotto, venne invece posto da Dante nella prima zona della nona bolgia dell’Inferno: la Caina, in cui sono puniti i traditori dei parenti, che prende il nome da Caino, assassino di Abele, il fratello, che si fidava di lui. 24


LA STORIA DI ULISSE Ulisse fu un personaggio della mitologia classica, nonchè protagonista a cui è dedicata la famosissima "Odissea", del poeta Omero. Figlio di Laerte e di Anticlea, venne collocato da Dante nel girone dei consiglieri fraudolenti che, come in vita fecero scoccare la "fiamma" della discordia, ora bruciano in alte lingue di fuoco per l'eternità. Quasi tutto il girone è dedicato alla storia dell'eroe. Quando Dante nota che una fiamma è divisa in due punte, domanda a Virgilio spiegazioni, e lui gli risponde che lì sono puniti Ulisse e Diomede, per l'inganno del cavallo di Troia e per il furto del Palladio. Dante, allora, chiede a Virgilio di poter parlare con l'eroe; lui acconsente, ma a patto che siano i due greci a rivolgere la parola a loro. Il poeta aspetta davanti alla fiamma, finchè "lo maggior corno de la fiamma antica", quindi Ulisse, inizia a parlare. Comincia a raccontare la sua storia e la causa della sua

morte: dice a Dante che, dopo essere scappato da Circe, non aveva voluto tornare a casa, ma

Gustave Boulanger, 1849, Parigi, Ècole Nationale des Beaux-Arts.

aveva voluto dirigersi verso le "Colonne d'Ercole", cioè verso la fine del mondo. Arrivato lì, lui e i suoi compagni avevano avvistato un monte altissimo, la collina del Purgatorio e Dio, non potendo fargliela vedere essendo ancora in vita, ha fatto inabissare la sua nave. "Infin che 'l mar fu sovra noi richiuso"

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LA STORIA DI MINOSSE Minosse fu un personaggio della mitologia classica, figlio di Giove ed Europa e re di Creta. Già in precedenza Omero lo aveva posto come re dell'Ade, ma poi venne collocato nuovamente da Dante nel secondo girone dell'Inferno, cioè nei Lussuriosi, però non come dannato, ma come giudice dei dannati. Infatti dice loro in

che zona devono andare: lo fa ringhiando e attorcigliando su sè stesso la lunga coda tante volte quanti sono i cerchi che il dannato deve percorrere. Quando i due poeti arrivano dinanzi a lui, non li vuole far passare perchè Dante è ancora vivo, ma Virgilio lo zittisce con le stesse parole che aveva usato con Caronte.

Franco Ferraris

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Un ringraziamento alla professoressa Silvia Pellegrini e al professore Michele Di Schino


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