Dante taddei

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Istituto Comprensivo A. De Filis, Terni

E-book Dante Alighieri Realizzato da Taddei Massimo


1 La società medievale Nell’alto medioevo la società medievale era suddivisa in diversi gradini:      

MAGNATI, sono persone di origini nobili che vivono delle loro rendite immobiliari; POPOLO GRASSO, non hanno origini nobili ma esercitano la loro professione e si dividono in arti; CLERO, è composto da coloro della gerarchia ecclesiastica e il clero regolare che conduce i monasteri; POPOLO MINUTO, popolo che svolge lavori meno importanti (Arti e Mestieri minori); LAVORATORI, sono esclusi da diritti politici e, pagati da un salario, lavoravano a domicilio o lavorando nelle botteghe; INVISIBILI, coloro che non si notano, non hanno diritti politici né sociali, che vivono di carità.

La borghesia La borghesia La borghesia si formò nel 1300 contemporaneamente nei comuni italiani, nelle Repubbliche marinare, nelle Fiandre (Belgio) e nelle città della Lega Anseatica (Germania); è stata favorita dalla scoperta del Catai (Cina) e dall'esigenza di persone che facessero lunghi viaggi per trasportare la seta. C'erano due tipi di arte e corporazione:  

maggiori; banchieri, mercanti, notai... minori; fabbri, panettieri, contadini...


2 Biografia di Dante Alighieri

Dante Alighieri nacque in una famiglia di piccola nobiltà. I suoi genitori erano Gabriella degli Abati, meglio nota come Donna Bella degli Abati (Firenze, XIII secolo – 1270 circa), era la madre di Dante Alighieri. Alighiero di Bellincione (... – prima del 1283) era il padre di Dante Alighieri. Gli storici non trovano una data precisa sulla sua nascita, infatti variano a seconda dei diversi tipi di testo che leggiamo. L'episodio più rilevante della giovinezza di Dante, fu l'incontro con Beatrice, storicamente identificata con Bice di Folco Portinari, andata in sposa a Simone de' Bardi e morta giovanissima nel 1290; stando alla Vita Nuova, il primo incontro sarebbe avvenuto nel 1274. Lei è vestita di rosso sanguigno (“nobilissimo colore”) e porta una cintura. Tutti noi ricordiamo il secondo incontro tra Dante e Beatrice, perché lei gli rivolge il primo saluto. Visto che a quei tempi l'amore non era fisico, Dante considerava quello sguardo o saluto un gesto che lo avrebbe avvicinato a Dio. La morte di Beatrice Portinari, causa un periodo di smarrimento nella vita di Dante Alighieri, infatti non prova solamente un periodo di angoscia e di solitudine, ma ha voglia di emanare, o di raccontare i propri sentimenti scrivendoli in vari libri. Quando Dante aveva 12 anni, nel 1277, fu concordato il suo matrimonio con Gemma Donati, figlia di Messer Manetto Donati. A quell'epoca era normale fidanzarsi a queste età: lo si faceva con una cerimonia importante, che richiedeva atti formali sottoscritti davanti ad un notaio. Da Gemma, Dante ebbe 3 figli Jacopo, Pietro ed Antonia, forse un possibile quarto: Giovanni. Il primo Giubileo fu indetto nel 1300 da Bonifacio VIII. Ma l’iniziativa fu una richiesta della gente comune. Nella notte di Natale del 1299 si riversarono nella Basilica di San Pietro cittadini di Roma e migliaia di pellegrini a visitare i sepolcri degli apostoli Pietro e Paolo convinti di afferrare così il perdono di tutti i peccati di cui si erano pentiti. Designava l’anno cinquantesimo, in cui la legge mosaica imponeva il riposo della terra. Della vita politica di Dante, sono giunte a noi pochissime tracce.


3 Ricostruendo i fatti, Dante aveva partecipato ad un consiglio, in un gruppo chiamato dei Savi. Avendo partecipato al consiglio dei Cento, fu eletto priore di San Gimignano. Dante aveva già al suo attivo diversi incarichi politici ed era uno dei protagonisti della scena istituzionale della sua città. Il nuovo pontefice, che aveva preso il nome di Bonifacio VIII, si oppose alla sua politica molto espansiva, che a Firenze finì per dividere il partito guelfo in due fazioni: i Bianchi, capeggiati dalla famiglia dei Cerchi ed espressione dell'aristocrazia più aperta alle forze popolari, erano contrari a qualsiasi ingerenza da Roma; i Neri, guidati dai Donateschi e rappresentati dalle famiglie locali più ricche, erano per interessi economici strettamente legati al Papa. L'imperatore, Carlo di Valois, lo spedì a Roma per discutere la pace; tutto questo è stato un inganno. Si arrivò così alla sentenza del 10 marzo 1302 che condannava Dante all'esilio. Durante l'esilio, Dante Alighieri peregrinò in diverse città. Morì nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 a Ravenna e le sue spoglie riposano presso il tempio ravennate di San Piermaggiore e da allora non hanno mai lasciato la città romagnola.

San Pietromaggiore, Ravenna


4 Trasformazione dal latino al volgare L’italiano parlato oggi, è il risultato dalla costante evoluzione del latino parlato attraverso i secoli. Il latino, non si conservò perché era legato a modelli letterari più rigidi. Con la fine della politica dell’Impero Romano d’Occidente, ci fu quella linguistica che portò alla nascita delle lingue romanze o neolatine tra cui il volgare italiano. I primi documenti scritti in volgare in Italia, risalgono al IX/X secolo d.C.

Clicca qui per accedere alla presentazione di San Francesco e Marco Polo

Il primo è l’indovinello veronese scritto intorno all’800 ed è conservato tutt’ora a Verona. Il placito di Capua è una sentenza giudiziaria scritta nella località campana nel 960. Due contendenti tra i quali uno di quelli era l’abate di Montecassino, rivendicavano la proprietà di alcune terre. Il giudice Arechisi raccolse la deposizione a favore dell’abate. Questa sentenza, anche se prevale di aspetti volgari, ad es. ko, kelle, terre, parte, possiede alcuni piccoli aspetti in latino es. Sancti Benedicti. Un’altra Carta Pisana dell’816 che riporta la frase “avent in largo pertigas quatordice, in transverso de uno capo pedes dece, de alio nove in traverso...”.

Il Giuramento di Strasburgo dell’842 d.C. I figli di Carlo Magno, Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, successori al trono delle due parti dell’impero Occidentale e Orientale, si promettono reciproca solidarietà contro il fratello Lotario e giurano nelle rispettive lingue volgari.


5 La Scuola Siciliana e il Dolce Stil Novo Federico II amava riunire artisti ed intellettuali nella sua corte di Palermo. Nella prima metà del secolo, vi giunsero anche dei trovatori provenzali, che diffusero la moda della lirica amorosa. Nacque così la Scuola siciliana che indica un gruppo di autori ispirati alle stesse tematiche. Il tema era quello per la propria dama vista come un modello di virtù da adorare a distanza. Nella seconda metà del primo secolo, invece, Firenze stava diventando uno dei centri culturali più importanti.

Alcuni poeti, ispirati alla Scuola siciliana, diedero vita ad un nuovo stile Il Dolce Stil Novo. Nuovo perché il volgare toscano doveva diventare una lingua raffinata e nobile. Dolce perché i suoni prodotti devono essere armoniosi e piacevoli. Gli scrittori divisero le poesie in tre categorie diverse: 

Poesia-religiosa: la poesia religiosa era sviluppata in Umbria, un tipico esempio è quello del “Cantico delle Creature”.  Comico-realistica: è una poesia che parla di amore ma nello stesso tempo di cibo, bevande e tratta di alcune discussioni politiche ed economiche. Il duecento, non fu solamente un anno dove si scriveva solamente poesie, ma anche scritture in prosa: tipico esempio è il Novellino ed il Milione scritti da Marco Polo.


6 De Vulgari Eloquentia

Il De Vulgari Eloquentia è un’opera scritta da Dante tra il 1304 e il 1308. L’opera si apre con una metafora. Il tema centrale o “trama”, parla della illustre eloquenza del volgare all’epoca parlato e diffuso. Successivamente, furono paragonate le due lingue della lingua provenzale la lingua d’oil e la lingua d’oc. Questo trattato ci esamina, verso la fine, le caratteristiche delle lingue ideali: dovrà essere illustre perché illuminata dall’arte e capace di esaltare gli spiriti Cardinale perché è il cardine per altri dialetti linguistici. Aulica perché è colta ed eletta come l’elezione della corte Curiale perché viene usata per amministrare i civili. Il De Vulgari Eloquentia è diviso in 4 canti ma è stato interrotto al secondo.


7 Il Convivio È stato scritto da Dante tra il 1304 e il 1307. È un ‘enciclopedia incompiuta del sapere medievale, è scritto in volgare e strutturata in trattati contenenti temi simili fra di loro, organizzati in forma di commento e testi poetici introduttivi (canzoni). Il “Convivio” è composto da 15 trattati dedicati al commento di 14 canzoni. Dante spiega lo scopo dell’opera e ne giustifica il titolo analizzando la metafora del cibo, parlando di una mensa con la pietanza accompagnata dal pane per una migliore assimilazione. Alla pietanza corrispondono le canzoni, mentre al pane i diversi commenti. Il Convivio è stato scritto da Dante avendo lo scopo di formare un'opera enciclopedica che contenga tutto il sapere umano.


8 Il Fiore Quest’opera è stata scritta tra il 1286 e il 1287 e attribuita a Dante Alighieri soltanto alla fine del secolo scorso, anche se alcuni critici non sono ancora d’accordo sulla paternità dell’opera. Il Fiore è un poemetto scritto in volgare composto da 232 sonetti; non è un’opera originale ma un riassunto rimaneggiato di un romanzo francese, il Roman de le Rose, scritto in lingua d’oil. Nella prima parte di quest’ultimo si parla dell’amore cortese dei trovatori provenzali, mentre nella seconda i temi sono di carattere filosofico e teologico. Nel Fiore si parla di politica e delle angherie commesse dalla borghesia ai danni dei cavalieri. A parte le polemiche politiche, tutto il resto del poemetto è abbastanza volgare a volte osceno e in qualche punto rasenta la bestemmia ed è per questa ragione che molti critici, ancora oggi, non sono convinti che l’opera l’abbia scritta Dante.


9 La Divina Commedia La Divina Commedia è un ampio poema in versi di argomento politico religioso e con funzione didascalico-allegorico. E’ stato composto da Dante al 1306 al 1321, durante gli anni dell’esilio. Si tratta di un’opera straordinaria interesse perché vi confluisce tutto il sapere dell’epoca in cui è scritta affronta temi ed argomenti validi per l’uomo di ogni tempo raggiunge livelli espressivi altissimi, utilizzando esclusivamente il volgare fiorentino. Per questo Dante è considerato il padre della nostra lingua e la Divina Commedia è l’opera della letteratura italiana più importante. Nella Divina Commedia, dante tra racconta in prima persona la storia di un viaggio immaginario nell’oltretomba. Il viaggio inizia il giovedì santo del 100, anno prima del Giubileo. Si conclude una settimana dopo. In questo arco di tempo, Dante visse in tre regni che sono anche le tre cantiche:

Inferno I primi sette canti dell’inferno sono stati scritti prima dell’esilio. Li riprese poi tra il 1304 e il 1307. L'inferno dantesco è un'immensa voragine posta sotto Gerusalemme, formatasi in seguito alla caduta di Lucifero dal paradiso; questa voragine si protrae fino al centro della Terra, dove risiede Lucifero, trasformato da Dio in un mostro con 6 ali di pipistrello e tre facce. L'inferno è formato da 9 cerchi concentrici, digradanti e sempre più stretti, nei quali sono distribuite, a seconda del loro peccato (più si trovano in basso rispetto a Dio, tanto è più grave la loro colpa), le anime dei dannati. I peccatori, sono puniti secondo il criterio del contrappasso. Clicca nell’immagine qui accanto per accedere all’inferno dantesco realizzato con Sketch Up

Paradiso La struttura del Paradiso dantesco riprende la cosmologia geocentrica aristotelica del cosiddetto sistema tolemaico: al centro dell’universo si trova la Terra e intorno ad essa ruotano nove sfere concentriche, i nove cieli del Paradiso (rivelando l’esistenza di una gerarchia di perfezione e di gratitudine verso l’amore di Dio). Il terzo Regno ultraterreno non è un luogo fisico: gli angeli che Dante incontrerà sono un effetto di luce e musica e tutti gli “abitanti” di questo Regno si trovano nell’Empireo, ma in ogni cielo il Pellegrino incontra dei beati per rendere comprensibile alla sua mente mortale l’esperienza del Paradiso, come gli sarà spiegato dalla sua guida Beatrice.


10 Purgatorio

È una montagna altissima, divisa in 7 piani o gironi, luoghi della anime. Al di sopra del settimo ed ultimo girone, in cima alla montagna si trova il famoso giardino dell'eden. La montagna del Purgatorio si trova in mezzo all'oceano esattamente agli antipodi di Gerusalemme. Le sette cornici o ripiani, corrispondono ai 7 peccati capitali. Qui le anime non sono bloccate come nell'inferno ma salgono verso il cielo, soffermandosi nelle varie cornici per un tempo maggiore o minore a seconda della gravità delle loro pene. Esse hanno come metà il paradiso e la speranza le aiuta e le guida a sopportare le pene che piano piano sono più leggere.

Struttura Divina Commedia     

Nella Divina Commedia ci sono tre cantiche che, a loro volta, sono suddivise in 33 canti ognuno con l’aggiunta di uno in più nell’Inferno. Ogni cantico termina con la parola stelle. Nel sesto punto canto di ogni cantica, si affronta un argomento politico. Si parla di numero 3 perché indica la santissima trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Dante è accompagnato dalle 3 guide: Virgilio lo scrittore dell’Eneide che conduce il poeta attraverso l’inferno e il purgatorio, San Bernardo fondatore dell’ordine cistercense che porta il poeta fino alla contemplazione di Dio attraverso un suo potere, quello di essere Santo e Beatrice la donna amata, che accoglie Dante nel paradiso e lo guida fino all’Empireo, il cielo dove risiede Dio.


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Tabella del contrappasso Peccatori Ignavi e angeli neutrali (né con Dio né con Lucifero)

Colpa In vita non seguirono il bene per vigliaccheria e indecisione

Lussuriosi

Si lasciarono travolgere dalla passione amorosa

Golosi

Non seppero resistere ai piaceri della gola

Avari e prodighi

Furono troppo attratti dal denaro

Iracondi e accidiosi

Gli iracondi erano solidi arrabbiarsi; gli accidiosi, invece, furono pigri, svogliati e non dicono ebbero né combatterono il male

Pena Rincorrono un’insegna senza forma né colore, tormentati da insetti e vermi. Si trovano nel vestibolo dell’inferno, perché neppure Lucifero vuole queste anime paurose Sono trascinati da una bufera impetuosa senza sistemazione Giacciono nel fango, sotto una pioggia mista di acqua fetida, grandine e neve. Il cane Cerbero li introna con i suoi latrati e con le unghie li graffia e li squarta Due schiere di peccatori provenienti da direzioni opposte, spingono enormi macigni; quando si scontrano, si insultano tra di loro, poi si girano e ricominciano daccapo. Gli iracondi sono immersi nel fango, si percuotono e si mordono a vicenda; gli accidiosi sono sommersi dal fango e sul sua superficie ci sono le bolle d’aria dove ai loro sospiri

Contrappasso In vita non ebbero alcun ideale, ora sono costretti a inseguire una bandiera senza mai fermarsi

Come in vita furono travolti dalla passione ora sono travolti dalla bufera Come in vita divennero simili agli animali, cercando e amando solo il cibo, ora sono ridotti a una condizione bestiale.

Come in vita spesero tutte le loro energie per la ricchezza, ora devono affaticarsi spingendo inutilmente dei massi

Come in vita gli iracondi percossero accecati dalla rabbia, ora si picchiano tra di loro; come invita gli accidiosi non agirono né riconobbero il male, ora non possono più vedere niente né muoversi perché sono coperti dal fango


12 Ipocriti

Nascosero i loro sentimenti malvagi sotto comportamenti giusti solo in apparenza

Procedono lenti appesantiti da cappe di piombo che sembrano mantelli dorati

Ladri

Si appropriarono di beni alcuni

Consiglieri di inganni

Con i loro suggerimenti maliziosi provocarono liti, ostilità, guerre

Corrono nudi tra covi di serpi con le mani legate dietro la schiena Sono avvolti in lingue di fuoco

Seminatori di discordie, di scismi, di scandali

Con le loro parole e azioni provocarono discordie e divisioni

Traditori dei parenti

Sono immersi nel lago ghiacciato di Concito in varie posizioni

Traditori della patria

Sono immersi nel lago ghiacciato di Cocito in varie posizioni Sono immersi nel lago ghiacciato di Cocito in varie posizioni Sono immersi nel lago ghiacciato di Cocito in varie posizioni

Traditori degli amici

Traditori dei benefattori

Sono orrendamente mutilati nel corpo

Come in vita celarono sentimenti che non provavano, ora portano cappe che sembrano d’oro e sono di piombo Mentre in vita furono troppo veloci con le mani, ora non possono più usarle Come in vita la loro lingua seminò contrasti brucianti, ora sono immersi nel fuoco Come in vita provocarono divisioni e lacerazioni i tra le persone, ora anno il corpo dilaniato Come in vita ebbero il cuore duro, freddo e insensibile, tanto da tradire chi si fidava di loro, ora sono condannati a soffrire un freddo terribile per l’eternità

Ritratto di William-Adolphe Bouguereau, Museo del Louvre


13 Inferno, Canto I (vv 1-21) Testo

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant’è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte. Io non so ben ridir com’i’ v’intrai, tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto, là dove terminava quella valle che m’avea di paura il cor compunto, guardai in alto e vidi le sue spalle vestite già de’ raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. Allor fu la paura un poco queta, che nel lago del cor m’era durata la notte ch’i’ passai con tanta pieta.

Parafrasi

A metà del cammino della nostra vita mi ritrovai in una selva oscura poiché avevo smarrito la via diritta. Ahi quanto è doloroso dire qual era quella selva selvaggia, dura ed insuperabile, che al solo ricordo la paura si rinnova. E' tanto amara che la morte lo è poco di più; ma per trattare del bene che vi ho trovato, dirò delle altre cose che vi ho visto. Io non so ben raccontare come vi entrai, tanto ero pieno di sonno in quel punto in cui abbandonai la via della verità. Ma dopo che giunsi ai piedi di un colle, là dove terminava quella valle che mi aveva riempito il cuore di paura, guardai verso l'alto e vidi la sua sommità rivestita già dei raggi del sole che guida (con la sua luce) gli altri uomini per la via diritta. Allora si calmò un poco quella paura che mi era restata nell'interno del cuore la notte che io trascorsi con tanto affanno. E come colui che con il respiro affannoso, uscito fuori del mare, si volge all'acqua pericolosa e guarda intensamente, così il mio animo, che ancora fuggiva, si volse indietro a riguardare il passaggio che non lasciò giammai vivo nessun individuo.


14 Inferno, Canto I (vv 28-54) Testo

Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, sì che ’l piè fermo era sempre ’l più basso. Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta, una lonza leggiera e presta molto, che di pel macolato era coverta; e non mi si partia dinanzi al volto, anzi ’mpediva tanto il mio cammino, ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto. Temp’era dal principio del mattino, e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle ch’eran con lui quando l’amor divino mosse di prima quelle cose belle; sì ch’a bene sperar m’era cagione di quella fiera a la gaetta pelle l’ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse la vista che m’apparve d’un leone. Questi parea che contra me venisse con la test’alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l’aere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame, questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch’uscia di sua vista, ch’io perdei la speranza de l’altezza.

Parafrasi

Dopo che ebbi riposato un poco il corpo stanco ripresi la via per il pendio deserto, in modo tale che il piede fermo era sempre il più basso. Ed ecco, quasi al cominciare della salita una lonza leggera e molto agile che era coperta di pelo maculato; e non si allontanava dalla mia vista, piuttosto impediva tanto il mio cammino che io fui più volte costretto ad indietreggiare. Era passato del tempo dal principio del mattino ed il sole saliva in alto in congiunzione con quelle stelle che erano con lui quando l'Amore Divino impresse per la prima volta il movimento a quelle cose belle; sì che l'ora mattutina e la dolce stagione primaverile mi erano di buon auspicio per sperare di scampare da quella fiera dalla pelle variegata; ma non abbastanza per non farmi spaventare dalla vista di un leone che mi apparve. Questi sembrava che venisse contro di me, con la testa alta e con fame rabbiosa, in modo tale che sembrava che anche l'aria ne tremasse. Ed una lupa, che nella sua magrezza sembrava carica di ogni desiderio, e aveva fatto vivere miseramente già molte genti, questa mi comunicò tanta angoscia con lo spavento che emanava dalla sua apparizione che io persi la speranza di raggiungere la vetta.


15 Le tre fiere La lonza

La lonza è la prima fiera che incontra Dante durante il tragitto verso la luce (diritta via). Essa rappresenta la lussuria cioè il benessere del corpo eccessivo. Questo animale ha il pelo maculato e lungo molto fitto, simbolo della goduria fisica e mentale. Alcuni commentatori e scrittori hanno interpretato la lonza come eccesso nel peccato e come simbolo d’invidia ma che oggi non sono considerati nella critica moderna.

Incisione di Gustave Dorè

Il leone

Il leone è la seconda fiera che Dante incontra nel Canto I dell’Inferno e rappresenta la superbia. Lui viene perfettamente interpretato da quest’ultimo peccato perché si piazza davanti a Dante e, con aria di vanto e con sguardo minaccioso, sembrava lo volesse bloccare. Il superbo, nella vita reale, è colui che si crede superiore agli altri non dimostrandolo oppure mettendosi davanti al prossimo con aria da sufficienza e magari minacciandolo senza parlare. Questo, in realtà, è un debole che “indossa la maschera del peccato” sentendosi così più grande. Quello che mi dispiace è superbia in per sé perché può essere trasmessa da persona in persona come un virus infatti, all’inizio c’è il capo che in teoria sarebbe il pastore e tutti coloro che lo seguono (amici o deboli di cuori che, per non essere presi in giro o a calci e pugni) le povere pecorelle nere che al momento si credono anche loro grandi ma che alla fine verranno puniti.

Incisione di Gustave Dorè


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La lupa

La lupa ovvero, l’ultima bestia feroce delle tre che Dante incontrerà nel Canto I dell’Inferno, rappresenta avarizia e avidità. Il testo appunto che descrive questa bestia ci dice che questi blocca il sommo e lo guarda con un occhio non solo feroce, come tutti dicono, ma anche con il desiderio di mangiare o meglio di sbranare Dante. Il testo descrive la lonza come una bestia feroce magra e ossuta che vuole tutto pur di mangiare e quindi a saziarsi. L’avido, nella vita reale, è colui che vuole soprattutto roba da ricchi cioè soldi e ricchezze che non li sfrutta per comprarsi cose che gli interessano o per bisogni a loro utili da svolgere ma, per tenerli tutti da parte senza farci niente. Io considero l’avidità come una malattia che possiamo avere dalla nascita o che può svilupparsi nella vita frequentando compagnie sbagliate.

Incisione di Gustave Dorè

Rappresentazione generale del Canto I dell’Inferno di William Blake


17 La selva oscura La selva oscura è il luogo principale dove Dante parte il suo viaggio verso Dio e rappresenta simbolicamente il periodo oscuro e intrecciato, sfinente della parte di vita centrale del sommo poeta. Esso la descrive come una foresta intrecciata perché è colma di vegetazione e allegoricamente significa una vita appunto difficile da superare come questa. È anche aspra perché mette tristezza ma soprattutto timore solo a guardarla e quindi mette al poeta talmente tanto disagio mentale che lo costringe a nascondersi e ad andare avanti sempre più indeciso. Alla fine dice che la selva è talmente aspra e forte che la morte lo è poco di più. Al termine della descrizione della selva e all’incontro del monte del Purgatorio lui narra la sua stanchezza non solo fisica ma anche mentale, data dalle troppe sensazioni suscitate dalla selva oscura e intricante. E’ un periodo dove Dante riconosce una perdita spirituale.

I commentatori vorrebbero collocare la selva oscura in una precisa posizione (le due finora votate di più sono Firenze e Gerusalemme). Dante si smarrisce in una notte di plenilunio, tra giovedì e venerdì santo.


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Publio Virgilio Marone Nacque ad Andes (alle porte di Mantova) nel 70 d.C. Studiò prima a Cremona e Milano, poi a Roma. Nella capitale portò a termine la propria formazione retorica (studiando fra l'altro medicina e matematica) e conobbe importanti esponenti della politica e della letteratura come Cornelio Gallo, Alfeno Varo e Asinio Pollione. Messa da parte la carriera giudiziaria si recò a Napoli, dove divenne, insieme a Filodemo di Gadara, discepolo del filosofo epicureo Sirone (di cui fu anche amante). Qui per la sua grande bontà e semplicità nei costumi fu soprannominato dal popolo Parthenias (vergine). Il poeta possedeva anche delle tenute terriere nei pressi di Avella sul Montevergine. Conobbe Mecenate ed entrò a far parte del suo circolo, che raccoglieva molti letterati famosi dell'epoca. Ebbe parecchi contatti con Augusto e collaborò alla diffusione della sua ideologia politica. Fu considerato il maggiore poeta di Roma e dell'Impero.

Morì a Brindisi nel il 21 settembre del 19 a.C., di ritorno da un viaggio dalla Grecia, secondo i biografi, per un colpo di sole ardentissimo. Fu cremato, e i suoi resti furono trasportati e custoditi fino al XII sec. a Napoli in un sepolcro nel Parco della tomba di Virgilio, ma in seguito (durante la dominazione normanna) furono spostati per motivi di sicurezza in una cella segreta nei sotterranei di Castel dell'Ovo, per espresso ordine delle autorità napoletane dell'epoca.

Castel dell’Ovo

Virgilio è stato inserito da Dante nella Divina Commedia perché è considerato da Alighieri un suo maestro saggio e sapiente. Lo scrittore latino dell’Eneide è stato posizionato da Dante nel limbo infatti è nato prima di Cristo e non è stato battezzato. Allegoricamente, Virgilio rappresenta la ragione umana e la sapienza.


19 Paolo e Francesca Sono i protagonisti del Canto V dell'Inferno, posti fra i lussuriosi. Sono due giovani che Dante incontra nel suo viaggio ultraterreno. Appena giunge nel girone dei lussuriosi (la quale regola del contrappasso stabilisce che come in vita furono travolti dalla passione del corpo e del fisico, ora saranno travolti dalla tempesta) vede le due povere anime di Paolo e Francesca che giravano come foglie sospinte da un uragano. La amata del giovane comincia a raccontare che lei era sposata con Giangiotto, il figlio del signore di Rimini e c’era Paolo che era fratello di quest’ultimo. Si amavano l’uno con l’altro. Mentre stavano leggendo un libro che parlava di Lancillotto e Ginevra (quindi c’era pure una certa uguaglianza) si sono baciati. Quando lo venne a sapere Giangiotto li uccise ed andò quindi, nel girone dei traditori dei familiari detto anche dei caini (come Caino uccise Abele essendo fratelli).

Piccolo significato implicito nel brano… Una cosa che noi lettori non ci accorgiamo in questo brano è sempre il 3, quel numero rappresentante la santissima Trinità, che è situato nel dialogo Francesca-Dante; Paolo e la sua amata si paragonano in un certo senso a Lancillotto e Ginevra ma, a sua volta, Dante si paragona alla sua coppia con Beatrice a i due caduti nei lussuriosi creando una sorta di triangolo composto da tre vertici. Il sommo poeta è talmente eccitato al paragone che sviene. Supposto ritratto di Francesca da Polenta, di Giovanni Baronzio e Pietro da Rimini (non più esistente, già nella chiesa di S. Maria in Porto Fuori a Ravenna)


20 Minosse Nel quinto canto dell'Inferno troviamo Dante e Virgilio giunti al secondo cerchio, controllato e gestito da Minosse. Figlio di Zeus e Europa è il re di Creta, fratello di Radamanto e padre di Arianna. Fu un saggio legislatore, anche perché come consigliere aveva nientemeno che Zeus. Avendo ricevuto da Poseidone un bellissimo toro da sacrificare, decise di tenerselo scatenando le ire del Dio che fece in modo che dall'unione tra l'animale e la sposa di Minosse, Pasifae, nascesse il famoso Minotauro, un mostro col corpo umano e la testa di toro. Minosse rinchiuse la bestia nel labirinto e la nutriva con carne umana. In seguito alla vittoria riportata dai cretesi contro Atene, fu imposto alla città di sacrificare, ogni nove anni, 7 fanciulle e 7 fanciulli per saziare la fame del Minotauro. Minosse ha il compito, con Eaco e Radamanto, di giudicare i morti prima che compaiano al cospetto di Ade. Le caratterizzazioni mostruose e diaboliche del personaggio non appartengono all'epoca greca ma a rivisitazioni successive. Stando a Dante, quando Minosse morì e scese negli Inferi, la fama di uomo esperto di legge gli permise di ottenere l'incarico di giudicare i morti, assistito da Eaco e dallo stesso Radamanto. Nell'Inferno dantesco Minosse è un diavolo che ruota la lunga coda in tanti giri quanti sono i livelli che il dannato dovrà scendere per scontare la pena.


21 Ulisse Ulisse, in greco Odisseo, re di Itaca e figlio di Laerte e di Anticlea, è l'eroe più famoso di tutta l'antichità. La sua leggenda è stata oggetto di rielaborazioni, di aggiunte fin dall'antichità e, più ancora di quella di Achille, si è prestata ad interpretazioni simboliche e mistiche. Nell'Iliade egli è il fedele collaboratore di Agamennone e degli altri eroi, guerriero prode quanto sagace e scaltro. Nell'Odissea, della quale è il protagonista, appare animato da sincera nostalgia della patria e della famiglia, a escogitare vie di scampo per sé e i suoi, protetto e guidato dalla dea Atena nelle avventure che lo portano ad affrontare strani popoli, mostri paurosi e la furia terribile del mare, scatenatogli contro da Poseidone. Ulisse aveva guidato a Troia una flotta di dodici navi, ma tutte le perse durante il lungo viaggio di ritorno ad Itaca, dove giunse finalmente dopo dieci anni su una nave messagli a disposizione dal re dei Feaci, Alcinoo. Nella Divina Commedia lui si trova nei fraudolenti ma Dante lo considera come un eroe ma soprattutto come un uomo coraggioso ed avventuriero, situandolo al centro dell’universo come un uomo dell’Umanesimo che metteva l’umanità al centro di tutto. Clicca la mia immagine…

La frase che di più mi ha colpita è stata quando Ulisse ha convinto la sua compagnia marina dicendo che noi siamo stati fatti non per vivere come animali ma per praticare conoscenze e “virtute” umane. Significava che non siamo fatti per compiere tutte cose che sappiamo fare sicuramente e che ci sono pari alle nostre potenzialità, anzi praticare anche cose più temerarie senza indugiare e soprattutto provare a compiere viaggi (in questo caso di successo), senza temere nulla.


22 Lucifero Secondo una tradizione medievale che interpretava alcuni passi biblici, era uno dei Serafini, l'angelo più bello e luminoso del creato (il nome latino vuol proprio dire "portatore di luce"). Ribellatosi a Dio per superbia e invidia assieme ad altri angeli, fu sconfitto dall'arcangelo Michele e precipitato dal Cielo al centro della Terra, trasformandosi in un orrendo mostro e nel principe dei diavoli. Dante lo descrive direttamente nel Canto XXXIV dell'Inferno, come un'enorme e orrida creatura, pelosa, dotata di tre facce su una sola testa e tre paia d'ali di pipistrello. È una creatura orrenda che Dante, nel suo viaggio immaginario, tocca con le sue mani. Precisamente quando si trovava con Virgilio, agli inizi delle loro avventure insieme; il Poeta descrive l’atmosfera pesante e soffocante dell’Inferno; riesce a superarla reggendosi ai peli luridi e sudati di Lucifero e giunge al passaggio “di speranza” che porta Dante al Purgatorio, rendendolo sempre più sicuro di sé stesso.

Incisione di Gustave Dorè


23 Caronte Personaggio della mitologia classica, figlio dell'Erebo e della notte. Vecchio e canuto, cioè con bianchi capelli e barba, Caronte è il nocchiero delle anime prave, in pratica quelle destinate all'Inferno: fortemente sottolineati nella descrizione di Dante sono gli occhi infuocati, che mettono in evidenza la sua furia trattenuta; egli infatti è un demone severo, ordinato e sistematico. Nel brano Dante narra delle anime più distratte, che se non salivano sulla nave che traghettava Caronte per il tempo dato, sarebbero state malmenate con i remi. Anch'egli si oppone al passaggio di Dante, ma è zittito da Virgilio con una formula identica a quella usata poi con Minosse e analoga a quella usata con Pluto.


E-book realizzato da Taddei Massimo‌ Con il programma Word‌


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