Dante terenzi

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LA SOCIETA’ MEDIEVALE La società medievale è divisa in tre ordini in italia:  CLERO  NOBILI  CONTADINI Ogni ordine ha leggi, società, i nobili combattono per difenderla e i contadini lavorano per nutrirla. Dopo l’anno Mille, nelle città rinate si forma un nuovo gruppo sociale che si dedica a produrre e a commerciare e diventa ricco e potente. Ne fanno parte i borghesi: mercanti, banchieri, giudici, notai, avvocati, medici, artigiani.

BORGHESIA La parola deriva da borghi, cioè i quartieri sorti all'esterno delle mura che poi venivano inglobati con il successivo allargamento cittadino, poiché magari la borghesia a causa della non elevatissima disponibilità finanziaria non poteva permettersi di abitare nel centro città dove abitavano i nobili, ed in periferia, in questo caso fuori dalle mura cioè nei quartieri chiamati appunto borghi.


DANTE ALIGHIERI Dante Alighieri, o Alighiero, battezzato Durante di Alighiero degli Alighieri e anche noto con il solo nome dante, della famiglia Alighieri (Firenze tra il 22 maggio e il 13 giugno 1265 - Ravenna, 14 settembre 1321), è stato un poeta, scrittore e politico italiano. Secondo riferimenti indiretti è possibile poi risalire alla data di nascita di Dante nel periodo compreso tra il 14 maggio e il 13 giugno del 1265. Tuttavia, se sconosciuto è il giorno della sua nascita, certo invece è quello del battesimo: il 26 marzo 1266 . Quel giorno vennero portati al sacro fonte tutti i nati dell'anno per una solenne cerimonia collettiva. Dante venne battezzato con il nome di Durante, poi sincopato in Dante, in ricordo di un parente ghibellino. Quando Dante aveva dodici anni, nel 1277, fu concordato il suo matrimonio con Gemma, figlia di Messer Manetto Donati, che successivamente sposò all'età di vent'anni.

Contrarre matrimoni in età così precoce era abbastanza comune a quell'epoca; lo si faceva con una cerimonia importante, che richiedeva atti formali sottoscritti davanti ad un notaio. La famiglia a cui Gemma apparteneva i Donati era una delle più importanti nella Firenze tardo-medievale e in seguito divenne il punto di riferimento per lo schieramento politico opposto a quello del poeta, i guelfi neri. A Firenze ebbe una carriera politica di discreta importanza: dopo l'entrata in vigore dei regolamenti di Giano della Bella, che escludevano l'antica nobiltà dalla politica permettendo ai ceti intermedi di ottenere ruoli nella Repubblica, purché iscritti a un'Arte, Dante si immatricolò all'Arte dei Medici e Speziali. L'esilio di Dante inizia con la condanna del


1302. I primi ad accoglierlo, nell'aprile del 1306, furono i marchesi Malaspina di Villafranca in Lunigiana, che governavano i castelli di Malnido e di Virgoletta insieme a Moroello Malaspina di Giovagallo. Quest'ultimo, zio di Corrado che il poeta incontra nel Purgatorio – era protettore anche di Cino da Pistoia. Sempre nel 1306 soggiornò pure nel Castello di Fosdinovo, dove troviamo ancora una stanza chiamata Cameretta di Dante e dove a fine '800 Gaetano Bianchi dipinse vari affreschi nel salone principale che ritraggono Dante. Dante fu ospite di diverse corti e famiglie della Romagna, fra cui gli Ordelaffi, signori ghibellini di Forlì, dove probabilmente si trovava quando l'imperatore Enrico VII di Lussemburgo entrò in Italia. Qui è possibile che abbia conosciuto le opere del famoso pensatore ebreo Hillel ben Samuel da Verona, che era da poco morto, dopo aver trascorso a Forlì gli ultimi anni della sua vita. Dante tornò a Forlì nel 1310-1311 e ancora nel 1316 (data incerta, quest'ultima). Dante terminò le sue peregrinazioni a Ravenna, dove trovò asilo presso la corte di Guido Novello da Polenta, signore della città,tuttavia i rapporti con Verona non cessarono, come testimoniato dalla sua presenza nella città veneta il 20 gennaio 1320, per discutere la Quaestio de a qua et terra, ultima sua opera latina. Morì a Ravenna il 14 settembre 1321 di ritorno da un'ambasceria a Venezia.

Passando dalle paludose Valli di Comacchio contrasse la malaria.All'età di nove anni Dante si innamorò di Beatrice, la figlia di Folco Portinari. Si è detto che Dante la vide soltanto una volta e mai le parlò . Più interessante però, al di là degli scarni dati biografici che ci sono rimasti, è la Beatrice divinizzata e dunque sublimata della Vita Nova: l'angelo che opera la conversione spirituale di Dante sulla Terra, lo studio


psicologico che compie il poeta sul proprio innamoramento. Quando Beatrice morì nel 1290, Dante cercò di trovare un rifugio nella letteratura latina.

Dal Convivio sappiamo che aveva letto. Egli allora si dedicò agli studi filosofici presso le scuole religiose come quella Domenicana in Santa Maria Novella. Prese parte alle dispute che i due principali ordini religiosi (Francescani e Domenicani) pubblicamente o indirettamente tennero in Firenze, gli uni spiegando la dottrina dei mistici e di San Bonaventura, gli altri presentando le teorie di San Tommaso d'Aquino.

LE OPERE Il fiore e detto d’amore Due opere poetiche in volgare di argomento, lessico e stile affini, collocate in un periodo cronologico che va dal 1283 al 1287, sono state attribuite con una certa sicurezza a Dante dalla critica novecentesca, soprattutto a partire dal lavoro del filologo dantesco Gianfranco Contini: Il Fiore e Detto d'Amore sono due elaborati poemetti inscrivibili nell'opera giovanile del poeta, precedente al soggiorno bolognese del 1287. Le Rime sono una raccolta messa insieme e ordinata da moderni editori, che riunisce il complesso della produzione lirica dantesca dalle prove giovanili a quelle dell'età matura. Le rime giovanili comprendono componimenti che riflettono le varie tendenze della lirica cortese del tempo, quella guittoniana, quella guinizzelliana e


quella cavalcantiana. Tra questo gruppo di testi Dante aveva scelto quelli che dovevano entrare a far parte della Vita Nova.

La Vita Nova può essere considerata il "romanzo" autobiografico di Dante; in essa è il racconto della vita spirituale e della evoluzione poetica del Poeta L'opera è consacrata all'amore per Beatrice e fu composta probabilmente tra il 1292 e il 1293. La composizione delle rime si può far risalire, secondo la cronologia che Dante fornisce, tra il 1283 come risulta dal sonetto e dopo il giugno del 1291, anniversario della morte di Beatrice. Il Convivio (1304-1307), dal latino convivium, ovvero "banchetto" (di sapienza), è la prima delle opere di Dante scritta subito dopo il forzato allontanamento di Firenze. È un prosimetro che si presenta come un'enciclopedia dei saperi più importanti per


coloro che vogliano dedicarsi all'attività pubblica e civile senza aver compiuto gli studi superiori.

De vulgari eloquentia Contemporaneo al Convivio, il De vulgari eloquentia è un trattato in lingua latina scritto da Dante Alighieri tra il 1303 e il 1304. Composto da un primo libro intero e da 14 capitoli del secondo libro, era inizialmente destinato a comprendere quattro libri. de monarchia L'opera venne composta in occasione della discesa in Italia dell'imperatore Enrico VII di Lussemburgo tra il 1310 e il 1313. Si compone di tre libri. La Comedìa titolo originale dell'opera: successivamente Giovanni Boccaccio attribuì l'aggettivo "Divina" al poema dantesco — è il capolavoro del poeta fiorentino ed è considerata la più importante testimonianza letteraria della civiltà medievale nonché una delle più grandi opere della letteratura universale. Viene definita "comedia" in quanto


scritta in stile "comico", ovvero non aulico. Un'altra interpretazione si fonda sul fatto che il poema inizia da situazioni piene di dolore e paura e finisce con la pace e la sublimità della visione di Dio. Dante iniziò a lavorare all'opera intorno al 1300 (anno giubilare, tanto che egli data al 7 aprile di quell'anno il suo viaggio nella selva oscura) e la continuò nel resto della vita, pubblicando le cantiche man mano che le completava


IL PASSAGGIO DAL LATINO AL VOLGARE Contemporaneamente alla crisi iniziano le invasioni barbariche,l'unica organizzazione ferma rimane la Chiesa e il Cristianesimo Barbari si convertono al Cristianesimo cedendo al potere della Chiesa. Il Medioevo Latino è la cultura medievale in latino. La Le invasioni barbariche avvengono da parte di Longobardi & Galli in piccoli gruppi che si insediano in diversi territori; la lingua parlata costituiva una parte del latino essa non fu modificata in modo radicale. La diffusione del latino popolareggiante avviene per due motivi: - il prestigio di Roma viene meno - diffusione del cristianesimo. Il latino viene trasformato internamente, esso perde: DESINENZE - um, - us scrivendo poco il concetto dei casi svanisce nel parlato perciò viene introdotto l'uso dei pronomi, degli articoli e aggettivi determinativi. Nell'anno 1000 c'è una ripresa economica, un aumento dei commerci, un aumento dei contratti di compravendita. La ripresa economica avviene velocemente perché si utilizzano le norme del diritto dettate dai romani. La società si divide in due classi sociali dal pinto di vista linguistico: POPOLO = LINGUA VOLGARECLASSE DI ELITE' = LINGUA LATINA

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STROTTURA DELL’INFERNO

COLLEGHAMENTI PAOLO E FRANCESCA. CERBERO. LUCIFERO. MINOSSE. ULISSE.

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PURGATORIO Secondo la Chiesa Cattolica, nell'ambito del Cristianesimo, il Purgatorio, insieme ad Inferno e Paradiso, è uno dei possibili luoghi o condizioni ai quali vengono destinate le anime dei defunti. Il Purgatorio è considerato un elemento importante della dottrina escatologica della Chiesa cattolica romana. Di carattere temporaneo, il Purgatorio si potrebbe immaginare come una sorta di "anticamera" del Paradiso per la maggior parte di coloro che, pur essendo in stato di grazia, necessariamente devono transitarvi per perfezionare la loro purificazione morale e spirituale prima di accedere al Paradiso e alla comunione perfetta con Dio. Secondo questa concezione, infatti, si suppone che essi, benché oggetto della redenzione operata da Cristo ancora debbano espiare personalmente, in un luogo di sofferenza, parte delle pene meritate dai loro peccati e soddisfare così la giustizia divina. A differenza dall'Inferno però, il Purgatorio non è inteso, dalla dottrina cattolica-romana, come una punizione crudele ma come espressione dell'amore di Dio. Un'anima imperfetta, si dice infatti, non potrebbe stare al cospetto di Dio senza soffrire immensamente per la propria miseria, perciò il Purgatorio viene concepito come uno stato dell'anima, qualcosa di necessario alla beatitudine delle anime peccatrici. Secondo questa stessa concezione, la permanenza delle singole anime in Purgatorio sarebbe abbreviabile mediante l'esecuzione in loro nome, da parte dei viventi, di particolari opere La fondatezza biblica e teologica del Purgatorio, però, è respinta dalla maggior parte delle altre confessioni cristiane.


PARADISO La struttura del Paradiso dantesco riprende la cosmologia geocentrica aristotelica del cosiddetto sistema tolemaico: al centro dell’universo si trova la Terra e intorno ad essa ruotano nove sfere concentriche, i nove cieli del Paradiso (rivelando l’esistenza di una gerarchia di perfezione e di gratitudine verso l’amore di Dio). Il terzo Regno ultraterreno non è un luogo fisico: gli angeli che Dante incontrerà sono un effetto di luce e musica e tutti gli “abitanti” di questo Regno si trovano nell’Empireo, ma in ogni cielo il Pellegrino incontra dei beati per rendere comprensibile alla sua mente mortale l’esperienza del Paradiso, come gli sarà spiegato dalla sua guida Beatrice.


STRUTTURA DIVINA COMMEDIA La struttura è tutta fondata sul rapporto dell'uno e del tre, numeri perfetti a somiglianza di Dio, che è uno e trino. Tre sono le cantiche , corrispondenti ai tre regni dell'oltretomba; 33 sono i canti di ciascuna cantica più uno di introduzione generale; ciascun canto è costituito da terzine che, legate l'una all'altra per lo stretto gioco delle rime, si chiudono in un solo verso che risponde alla rima seconda dell'ultima terzina e conchiude così tutta la serie. L'Inferno è diviso i 3 parti: Incontinenza, Violenza, Frode, intervallate da tre zone speciali dove si trovano il Limbo, gli eretici, i Giganti ( custodi e dannati perché ribelli alla divinità). Il Purgatorio ha 3 parti, Antipurgatorio, Purgatorio e Paradiso terrestre e purifica l'amore che ha in tre modi errato: per malo obietto, per poco o per troppo di vigore. Il Paradiso coi suoi nove cieli più uno, l'Empireo, che tutti li comprende, accoglie tre schiere di beati: i saeculares, gli attivi e i contemplativi. Tre guide conducono e illuminano il poeta: Virgilio nell'Inferno e parte del Purgatorio, fino all'Eden; Beatrice, la donna amata dal poeta in gioventù e il cui ricordo lo ha distolto dal traviamento, fino all'Empireo, alla Rosa Celeste; san Bernardo mostra invece a Dante la gloria di Dio. Il viaggio dura circa una settimana ed ha inizio la notte del Venerdì Santo, 8 aprile del 1300.


Peccatori Ignavi e angeli neutrali (né con Dio né con Lucifero)

Colpa In vita non seguirono il bene per vigliaccheria e indecisione

Lussuriosi

Si lasciarono travolgere dalla passione amorosa

Golosi

Nonseppero resistere ai piaceri della gola

Avari e prodighi

Iracondi e accidiosi

Ipocriti

Pena Rincorrono un’insegna senza forma né colore, tormentati da insetti e vermi. Si trovano nel vestibolo dell’inferno, perché neppure Lucifero vuole queste anime paurose Sono trascinati da una bufera impetuosa senza sistemazione

Giacciono nel fango, sotto una pioggia mista di acqua fetida, grandine e neve. Il cane Cerbero li introna con i suoi latrati e con le unghie li graffia e li squarta Furono troppo attratti Due schiere di dal denaro peccatori provenienti da direzioni opposte, spingono enormi macigni; quando si scontrano, si insultano tra di loro, poi si girano e ricominciano daccapo. Gli iracondi erano Gli iracondi sono solidi arrabbiarsi; gli immersi nel fango, si accidiosi, invece, percuotono e si furono pigri, svogliati mordono a vicenda; e non diconoebbero gli accidiosi sono né combatterono il sommersi dal fango e male sul sua superficie ci sono le bolle d’aria dove ai loro sospiri

Nascosero i loro sentimenti malvagi sotto comportamenti giusti solo in apparenza

Procedono lenti appesantiti da cappe di piombo che sembrano mantelli dorati

Contrappasso In vita non ebbero alcun ideale, ora sono costretti a inseguire una bandiera senza mai fermarsi

Come in vita furono travolti dalla passione ora sono travolti dalla bufera Come in vita divennero simili agli animali, cercando e amando solo il cibo, ora sono ridotti a una condizione bestiale.

Come in vita spesero tutte le loro energie per la ricchezza, ora devono affaticarsi spingendo inutilmente dei massi

Come in vita gli iracondi percossero accecati dalla rabbia, ora si picchiano tra di loro; come invita gli accidiosi non agirono né riconobbero il male, ora non possono più vedere niente né muoversi perché sono coperti dal fango Come in vita celarono sentimenti che non provavano, ora portano cappe che sembrano d’oro e


Ladri

Consiglieri di inganni

Si appropriarono di beni alcuni

Corrono nudi tra covi di serpi con le mani legate dietro la schiena Con i loro Sono avvolti in lingue suggerimenti maliziosi di fuoco provocarono liti, ostilità, guerre

Seminatori di Con le loro parole e discordie, di scismi, di azioni provocarono scandali discordie e divisioni

Traditori dei parenti

Sono immersi nel lago ghiacciato di Concito in varie posizioni

Traditori della patria

Sono immersi nel lago ghiacciato di Cocito in varie posizioni Sono immersi nel lago ghiacciato di Cocito in varie posizioni Sono immersi nel lago ghiacciato di Cocito in varie posizioni

Traditori degli amici

Traditori dei benefattori

Sono orrendamente mutilati nel corpo

sono di piombo Mentre in vita furono troppo veloci con le mani, ora non possono più usarle Come in vita la loro lingua seminò contrasti brucianti, ora sono immersi nel fuoco Come in vita provocarono divisioni e lacerazioni i tra le persone, ora anno il corpo dilaniato Come in vita ebbero il cuore duro, freddo e insensibile, tanto da tradire chi si fidava di loro, ora sono condannati a soffrire un freddo terribile per l’eternità


LA SELVA E IL COLLE ( INFERNO CANTO I ) Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita.

quando fu a meta della mia vita, dopo aver perduto la retta via, mi ritrovai in una selva oscura.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura

mi è molto difficile descriverla, poiché era selvaggia e tenebrosa, da farmi tremare al solo pensarci.

Tant'è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.

procurava dolore non meno della morte, ma vi racconterò del bene che trovai, Parlandovi delle altre cose viste.

Io non so ben ridir com'i' v'intrai, tant'era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai.

non so dire esattamente come vi entrai, perché quando persi l’orientamento, Ero come stordito, allucinato.

Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto, là dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto,

so solo che alla fine di quella valle, che m’aveva cosi tanto angosciato, ero giunto ai piedi d’un colle.

guardai in alto, e vidi le sue spalle vestite già de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle.

alzai lo sguardo e vidi, che la parte alta era illuminate, Da benefici raggi di sole.

Allor fu la paura un poco queta che nel lago del cor m'era durata la notte ch'i' passai con tanta pieta.

allora la paura che m’aveva, angosciato tutta la notte, Si affievolì un po’

SELVA OSCURA All'età di 35 anni, ossia a metà della vita umana, Dante, avendo smarrito la strada, si trova in una "selva oscura" incolta e intricata, il cui solo ricordo gli riempie di paura Il cuore; ma per potere rendere manifesto il bene che gli derivò da questo viaggio, egli vuole descrivere tutto ciò che vide. Il poeta non sa esattamente spiegare come si sia trovato; nella selva, tanto era assonnato nel momento in cui lasciò la retta via. Oltrepassata la selva che gli aveva causato tanta angoscia, egli giunge ai piedi di un colle e, vedendolo illuminato dai raggi del sole, si sente incuorare: e come il naufrago che, giunto affranto finalmente a riva, si volge a guardare la distesa di acqua, anche il poeta, con l'animo ancora scosso dalla paura, volge lo sguardo verso la foresta che non lascio mai passare persona viva. Dopo aver riposato un poco il corpo affaticato, inizia la 1, salita del colle.


LA SELVA E IL COLLE ( INFERNO CANTO I ) Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita.

quando fu a meta della mia vita, dopo aver perduto la retta via, mi ritrovai in una selva oscura.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura

mi è molto difficile descriverla, poiché era selvaggia e tenebrosa, da farmi tremare al solo pensarci.

Tant'è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.

procurava dolore non meno della morte, ma vi racconterò del bene che trovai, Parlandovi delle altre cose viste.

Io non so ben ridir com'i' v'intrai, tant'era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai.

non so dire esattamente come vi entrai, perché quando persi l’orientamento, Ero come stordito, allucinato.

Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto, là dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto,

so solo che alla fine di quella valle, che m’aveva cosi tanto angosciato, ero giunto ai piedi d’un colle.

guardai in alto, e vidi le sue spalle vestite già de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle.

alzai lo sguardo e vidi, che la parte alta era illuminate, Da benefici raggi di sole.

Allor fu la paura un poco queta che nel lago del cor m'era durata la notte ch'i' passai con tanta pieta.

allora la paura che m’aveva, angosciato tutta la notte, Si affievolì un po’

SELVA OSCURA All'età di 35 anni, ossia a metà della vita umana, Dante, avendo smarrito la strada, si trova in una "selva oscura" incolta e intricata, il cui solo ricordo gli riempie di paura Il cuore; ma per potere rendere manifesto il bene che gli derivò da questo viaggio, egli vuole descrivere tutto ciò che vide. Il poeta non sa esattamente spiegare come si sia trovato; nella selva, tanto era assonnato nel momento in cui lasciò la retta via. Oltrepassata la selva che gli aveva causato tanta angoscia, egli giunge ai piedi di un colle e, vedendolo illuminato dai raggi del sole, si sente incuorare: e come il naufrago che, giunto affranto finalmente a riva, si volge a guardare la distesa di acqua, anche il poeta, con l'animo ancora scosso dalla paura, volge lo sguardo verso la foresta che non lascio mai passare persona viva. Dopo aver riposato un poco il corpo affaticato, inizia la 1, salita del colle.


LE TRE BELVE ( INFERNO CANTO I ) Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso.

dopo essermi un po’ riposato, iniziai a salire quel colle deserto, Lentamente,passo dopo passo.

Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel macolato era coverta

ma prima che iniziassi la rapita salita, mi si mise davanti un agile felino, dal manto maculato.

e non mi si partia dinanzi al volto, anzi 'mpediva tanto il mio cammino, ch'i' fui per ritornar più volte vòlto.

e non voleva andarsene, anzi m’impediva di proseguire, Tanto che pensai di tornare indietro.

Temp'era dal principio del mattino, e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle ch'eran con lui quando l'amor divino

vidi però che s’era fatto mattino, e il sole s’alzava con quelle stele, ch’erano con lui quando l’amore divino

mosse di prima quelle cose belle; sì ch'a bene sperar m'era cagione di quella fiera a la gaetta pelle

generò tutte le cose belle; sicché cominciai a sperare, che quella fiera se ne sarebbe andata.

l'ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse la vista che m'apparve d'un leone.

al sopraggiungere della primavera, ma fu per poco,poiché la paura, Mi riprese alla vista d’un leone.

Questi parea che contra me venisse con la test'alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l'aere ne tremesse.

a testa alta con rabbiosa fame, sembrava venisse verso di me, Incutendo terrore persino all’aria.

Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame,

quando poi vidi una lupa, carica di ogni brama nella sua magrezza, e che già rese dolenti molti popoli.

questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch'uscia di sua vista, ch'io perdei la speranza de l'altezza.

ne rimasi cosi sconvolto, che persi definitivamente la speranza, di raggiungere la cima.

LE TRE FIERE Ma ecco che, dopo pochi passi, gli si para davanti una lonza snella e agile, con il manto screziato, che gli impe disce di proseguire il cammino al punto che il poeta è più volte tentato di ritornare indietro. È mattino, il sole si trova nella costellazione dell'Ariete, cosicche sia l'ora mattutina che la stagione mite di primavera, gli fanno ben sperare della lonza dalla pelle screziata; quando all'improvviso ecco apparire un leone che gli si fa incontro con la testa alta e in modo minaccioso e dopo il leone ecco una lupa che, nella sua magrezza, sembra carie di tutte le brame e che ha già reso infelici molte persone. Ed è proprio la lupa che incute nell'animo di Dante un tale paura da fargli perdere la speranza di poter raggiungere la vetta; e come l'avaro che accumula volentieri le ricchezze, ma piange e si dispera se perde i suoi averi, così il poeta è costretto a retrocedere poco a poco verso la selva a causa della lupa implacabile.


LINCE = LUSSURIA SIGN. = IL PIACERE FISICO ( dell’ amore ) LEONE = SUPERBIA SIGN. = ESSERE SUPERIORI AGLI ALTRI LUPA = AVIDITA SIGN. = VOLERE SEMPRE DI PIU LONZA : La lonza, dal pelo macchiato e dal corpo flessuoso, è il simbolo della lussuria, il primo peccato di incontinenza, causata dal sopraffarsi del desiderio alla ragione ( difatti l’Inferno vero e proprio inizia con il girone dei lussuriosi, nel canto V);

LEONE :

il leone è l’allegoria della superbia, peccato che non si trova nell’ordinamento morale dell’Inferno: la superbia insieme all’invidia sono ritenute da Dante il principio di ogni male, sono peccati naturali e preliminari a tutti gli altri e quindi già “incorporati” nell’animo degli uomini dopo il Peccato Originale;

LUPA :

la lupa, simbolo della cupidigia e dell’insaziabile avidità degli uomini verso gli onori e i beni materiali: un peccato che non corrode solo l’anima degli esseri umani in quanto individui ma anche in quanto rappresentanti delle istituzioni civili ed ecclesiastiche.

VIRGILIO Virgilio, il poeta latino autore del grande poema l’ “Eneide”, viene presentato da Dante nel canto I dell’Inferno, in un momento di paura e sconforto per il poeta Fiorentino, come colui che è stato scelto dalle “tre donne benedette” (la Vergine, S.Lucia e Beatrice) per salvare Dante dalla selva oscura e accompagnarlo nel difficile cammino nel Regno del peccato e nel Purgatorio. Tra i maggiori poeti latini la prima guida di Dante nacque nel 70 a.C. vicino Mantova: ritenuto il cantore dell’Impero universale per il diffondersi della pace sotto l’impero di Augusto. Virgilio rappresenta il mezzo con cui la Provvidenza si rivela a Dante, e nello stesso tempo è l’apice per il modello di autore di poemi epici, il poetaideale indicato come esempio supremo di alta poesia. La scelta di Virgilio come guida non è stata fatta solo per la venerazione artistica verso il poeta latino, ma anche per la fama che aveva Virgilio nell’epoca di Dante: nel Medioevo egli veniva identificato come profeta della venuta di Cristo, poiché nella quarta “Egloga” delle “Bucoliche” infatti preannuncia l’avvento di una nuova età dell’oro, e in questa profezia gli uomini medievali leggevano l’allegoria della nascita di Cristo. Virgilio nella “Commedia” ha un ruolo specifico avvalendosi di un’essenza simbolica, come viene affidata anche all’amata Beatrice: l’antico poeta rappresenta la soggezione della ragione umana nei confronti della Teologia, con la funzione propedeutica di preparare il pellegrino Dante all’avvento e alla visione di Beatrice, simbolo della Verità rivelata, raggiungibile solo con il dono della Fede. Nella “Commedia” Virgilio, insieme alla schiera degli altri poeti antichi, si trova nel Limbo: un luogo dove si trovano le anime di coloro che sono vissuti prima del cristianesimo e non sono stati illuminati dalla luce della Grazia divina. Virgilio ricorderà spesso la sua condizione di peccatore durante il viaggio, riconoscendo la propria colpa di non aver riconosciuto i limiti della ragione umana, rendendolo per l’eternità privo della visione beatifica di Dio.


LE TRA BELVE ( INFERNO CANTO I ) Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso.

dopo essermi un po’ riposato, iniziai a salire quel colle deserto, Lentamente,passo dopo passo.

Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel macolato era coverta

ma prima che iniziassi la rapita salita, mi si mise davanti un agile felino, dal manto maculato.

e non mi si partia dinanzi al volto, anzi 'mpediva tanto il mio cammino, ch'i' fui per ritornar più volte vòlto.

e non voleva andarsene, anzi m’impediva di proseguire, Tanto che pensai di tornare indietro.

Temp'era dal principio del mattino, e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle ch'eran con lui quando l'amor divino

vidi però che s’era fatto mattino, e il sole s’alzava con quelle stele, ch’erano con lui quando l’amore divino

mosse di prima quelle cose belle; sì ch'a bene sperar m'era cagione di quella fiera a la gaetta pelle

generò tutte le cose belle; sicché cominciai a sperare, che quella fiera se ne sarebbe andata.

l'ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse la vista che m'apparve d'un leone.

al sopraggiungere della primavera, ma fu per poco,poiché la paura, Mi riprese alla vista d’un leone.

Questi parea che contra me venisse con la test'alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l'aere ne tremesse.

a testa alta con rabbiosa fame, sembrava venisse verso di me, Incutendo terrore persino all’aria.

Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame,

quando poi vidi una lupa, carica di ogni brama nella sua magrezza, e che già rese dolenti molti popoli.

questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch'uscia di sua vista, ch'io perdei la speranza de l'altezza.

ne rimasi cosi sconvolto, che persi definitivamente la speranza, di raggiungere la cima.

LE TRE FIERE Ma ecco che, dopo pochi passi, gli si para davanti una lonza snella e agile, con il manto screziato, che gli impe disce di proseguire il cammino al punto che il poeta è più volte tentato di ritornare indietro. È mattino, il sole si trova nella costellazione dell'Ariete, cosicche sia l'ora mattutina che la stagione mite di primavera, gli fanno ben sperare della lonza dalla pelle screziata; quando all'improvviso ecco apparire un leone che gli si fa incontro con la testa alta e in modo minaccioso e dopo il leone ecco una lupa che, nella sua magrezza, sembra carie di tutte le brame e che ha già reso infelici molte persone. Ed è proprio la lupa che incute nell'animo di Dante un tale paura da fargli perdere la speranza di poter raggiungere la vetta; e come l'avaro che accumula volentieri le ricchezze, ma piange e si dispera se perde i suoi averi, così il poeta è costretto a retrocedere poco a poco verso la selva a causa della lupa implacabile.


LONZA : La lonza, dal pelo macchiato e dal corpo flessuoso, è il simbolo della lussuria, il primo peccato di incontinenza, causata dal sopraffarsi del desiderio alla ragione ( difatti l’Inferno vero e proprio inizia con il girone dei lussuriosi, nel canto V);

LEONE :

il leone è l’allegoria della superbia, peccato che non si trova nell’ordinamento morale dell’Inferno: la superbia insieme all’invidia sono ritenute da Dante il principio di ogni male, sono peccati naturali e preliminari a tutti gli altri e quindi già “incorporati” nell’animo degli uomini dopo il Peccato Originale;

LUPA :

la lupa, simbolo della cupidigia e dell’insaziabile avidità degli uomini verso gli onori e i beni materiali: un peccato che non corrode solo l’anima degli esseri umani in quanto individui ma anche in quanto rappresentanti delle istituzioni civili ed ecclesiastiche.


VIRGILIO Virgilio, il poeta latino autore del grande poema l’ “Eneide”, viene presentato da Dante nel canto I dell’Inferno, in un momento di paura e sconforto per il poeta Fiorentino, come colui che è stato scelto dalle “tre donne benedette” (la Vergine, S.Lucia e Beatrice) per salvare Dante dalla selva oscura e accompagnarlo nel difficile cammino nel Regno del peccato e nel Purgatorio. Tra i maggiori poeti latini la prima guida di Dante nacque nel 70 a.C. vicino Mantova: ritenuto il cantore dell’Impero universale per il diffondersi della pace sotto l’impero di Augusto. Virgilio rappresenta il mezzo con cui la Provvidenza si rivela a Dante, e nello stesso tempo è l’apice per il modello di autore di poemi epici, il poetaideale indicato come esempio supremo di alta poesia. La scelta di Virgilio come guida non è stata fatta solo per la venerazione artistica verso il poeta latino, ma anche per la fama che aveva Virgilio nell’epoca di Dante: nel Medioevo egli veniva identificato come profeta della venuta di Cristo, poiché nella quarta “Egloga” delle “Bucoliche” infatti preannuncia l’avvento di una nuova età dell’oro, e in questa profezia gli uomini medievali leggevano l’allegoria della nascita di Cristo. Virgilio nella “Commedia” ha un ruolo specifico avvalendosi di un’essenza simbolica, come viene affidata anche all’amata Beatrice: l’antico poeta rappresenta la soggezione della ragione umana nei confronti della Teologia, con la funzione propedeutica di preparare il pellegrino Dante all’avvento e alla visione di Beatrice, simbolo della Verità rivelata, raggiungibile solo con il dono della Fede. Nella “Commedia” Virgilio, insieme alla schiera degli altri poeti antichi, si trova nel Limbo: un luogo dove si trovano le anime di coloro che sono vissuti prima del cristianesimo e non sono stati illuminati dalla luce della Grazia divina. Virgilio ricorderà spesso la sua condizione di peccatore durante il viaggio, riconoscendo la propria colpa di non aver riconosciuto i limiti della ragione umana, rendendolo per l’eternità privo della visione beatifica di Dio.


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