Rivista Senso & Gusto

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sommario Editoriale

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Le storie del cibo

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Il parere dell’esperto

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La ricetta del mese

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Peccati di gola

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L’angolo dei golosi

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Il ristorante del mese

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Pianeta vino

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Magie di notte

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La natura nel piatto

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Il benessere a tavola

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Il mondo delle donne

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Moda e tendenze

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Letto da uno scrittore

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Senso&Gusto - mensile gratuito Autorizzazione del Tribunale di Velletri n. 08/12 del 19/04/12

Editore AC Management di Cristiano Bucciero via dei Ciliegi, 1 - 00040 Pavona (RM) cell. 392 3884281 - c.bucciero@sensoegusto.com www.sensoegusto.com

Direttore responsabile Paolo Caprio paolocaprio@yahoo.it

Collaboratori Antonino Addis, Claudia Araneo, Fabrizio Borni, Valeria Caroselli, Simone Francini, Angelo De Martino, Luigi Jovino, Antonella Lamboglia, Antonella Lorini, Marco Mariani, Paolo Martizi, Gabriele Zanini

Redazione e segreteria Via Latina, 23 - 00041 Albano Laziale (RM) Tel. 392 3884281 - 335 309696 Fax 06 93721865 redazione@sensoegusto.com

Progetto grafico Cristiano Bucciero Cell. 392-3884281 c.bucciero@sensoegusto.com

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ditoriale

Avanzi di cibo nella spazzatura uno spreco da quindici miliardi www.sensoegusto.com

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uindici miliardi nel secchio della spazzatura: una montagna di euro, una cifra incredibile che gli italiani gettano ogni anno nella pattumiera (mai metafora è più calzante) a causa degli sprechi e degli avanzi di cibo, che non vengono riutilizzati. Una cifra impressionante, che corrisponde a mezza Finanziaria o poco meno, denunciata, attraverso un approfondito studio dall'Associazione “Waste Vatchers”, Osservatorio nazionale sugli sprechi, in collaborazione con l'Università di Bologna e “Last minute market” che deve portare tutti noi a riflettere, perché oltre al danno economico, crea danni all'ambiente, aumenta i consumi a livello idrico e di raccolta di rifiuti. Nonostante la crisi, che attanaglia il nostro Paese, non abbiamo perso il vizio di sprecare cibo. Sopratutto per incuranza e superficialità. Non soltanto in casa. Anche nella ristorazione, che delle iniziative in merito sta prendendo e nella grande distribuzione, dove l'eccesso di prodotti in esposizione, molti dei quali non di prima necessità, finisce per andare in scadenza non essendoci un'adeguata richiesta e di conseguenza nei cassonetti. Basta pensare che nel 2011, soltanto nella Regione Lombardia, market, ipermarket, discount, negozi al dettaglio hanno gettato 46mila tonnellate di cibo buono nei compattatori dell'azienda della raccolta dei rifiuti. Dati che non hanno bisogno di essere commentati, ma che comunque ci spingono a fare delle considerazioni, avvalorate dal fatto che questo cibo potrebbe trovare una sua collocazione presso quegli Enti benefici, che distribuiscono cibo ogni giorno agli indigenti, che sono sempre più numerosi. Basta osservare le file davanti alla “Caritas” all'ora dei pasti. Sono sempre più lunghe. Perché nelle famiglie avviene tutto questo spreco? Il motivo principale, a mio giudizio ma non solo, risiede nelle cattive abitudini acquisite nel tempo passato, quando c'era più danaro e sopratutto circolava in maniera più disinvolta. Premetto che questa non è una giustificazione, perché gettare cibo è un'offesa verso chi ne ha poco o addirittura nulla. Ma il benessere, purtroppo, genera cattive abitudini, e, ora, ha generato una situazione difficile, alla quale occorre trovare subito un rimedio. La prima regola che dovrebbe essere osservata con grande attenzione è quella di imparare a gestire con più oculatezza la spesa. Ancora oggi tanta gente acquista, a volte, tanto per acquistare, spinta dalla curiosità e dalla golosità, quando ci troviamo davanti gli scaffali di un market. Prendete il pane, se non è fresco, di giornata, si butta. Poi la pubblicità incalzante, che ti spinge a comprare cose, che il più delle volte, sono destinate in partenza a finire nel secchio della spazzatura, perché le si dimenticano nel frigo, finendo per deteriorarsi o per scadere. Oppure non è piaciuto. Le cifre di questa interessante inchiesta parlano chiaro: scorrendole si rimane esterrefatti. Il 14% degli italiani getta cibo 2-3 volte alla settimana, il 5% più volte, il 60% una volta, il 23% mai. In soldoni significa che il 64% degli italiani buttano cibo per un ammontare di 5 euro alla settimana, il 22% fino a 20 euro, il 3% oltre 20 euro. I più parsimoniosi sono gli anziani, che hanno avuto un'educazione alimentare più attenta. I più spreconi sono i single, che non sanno gestire il frigo, anche perché mangiano spesso fuori.

E poi ci sono i capricci dei bambini, che fanno acquistare ai genitori “schifezze” che a mala pena sboncelleranno. Tutto ciò è dovuto anche ad una cattiva organizzazione domestica, dove il modello di vita casa-lavoro-casa ti porta, quando si va a fare la spesa, di riempire oltremisura il carrello, con la conseguenza che parte di questa, sopratutto il cibo fresco, finisce per rovinarsi e terminare il suo percorso nella pattumiera. Capita agli acquisti conservati troppo a lungo nel frigo (30%), agli avanzi del pranzo e della cena, le cui porzioni sono spesso eccessive (7%), ai timori eccessivi verso un prodotto che si pensa sia andato a male, nonostante non abbia raggiunto la sua scadenza (10%). Ma il record di questa gara tutta in negativo, spetta al cibo che ha superato la data di scadenza (40%). Un dato preoccupante che dimostra come la spesa venga fatta con una certa superficialità. In quanti, al momento di acquistare, controllano la data di scadenza? E quanti la controllano, una volta che quello yogurth o quel latticino viene parcheggiato nel frigo? Questo accade, perché i ritmi frenetici della nostra vita ci hanno portato a fare magazzino nel frigo e nella dispensa. L'ideale sarebbe fare una spesa giornaliera, ma capisco che non è più possibile, anche perché sono praticamente scomparsi i negozi sotto casa, che te lo permettevano. Ma, comunque, non è soltanto questo il problema. Troppo spesso il cibo che avanza a pranzo e a cena viene buttato via. Non si ha la pazienza di riporlo e poi riciclarlo, casomai creandoci una ricetta intorno. Non si può attribuire questa scarsa sensibilità soltanto alla mancanza di tempo o ad una scarsa dimestichezza con i fornelli. E' frutto di un retaggio del passato, che deve essere corretto, sopratutto per le nuove generazioni, che devono imparare che un cibo, che era buono il giorno prima, lo è altrettanto il giorno dopo, se è avanzato. Paolo Caprio © RIPRODUZIONE RISERVATA

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o sapevate che...

Mangiare a suon di musica un matrimonio di piacere www.sensoegusto.com CON PRESERVATIVI AL BA

MIELE IMMORTALE

RO! MIELE, QUANTO LAVO

la passione degli Diciamo la verità: data , era solo americani per il bacon ’azienda Un . questione di tempo rcato dei me l su sso americana ha me n solo: i No . con ba sto gu al preservativi orati in col e anch profilattici sarebbero ,e con ba il modo da ricordare duttori pro i e ch o ell utilizzerebbero qu brificante definiscono un bacon-lu

n si deteriora L'unico alimento che no è stato trovato è il miele. Pensate che 00 anni nelle del miele vecchio di 30 ancora piramidi egiziane ed era e, stibil per via perfettamente comme zione di dell'eccessiva concentra sente zucchero che non con rica. tte ba la proliferazione

di miele, Per realizzare un chilo quattro le api devono visitare iare gg milioni di fiori e via le a per una distanza ugua erenza quattro volte la circonf . della Terra

IL GERANIO IN CUCINA

HIO TE', UN GRANDE VECC

IL VIAGGIO DEL CIBO

parecchie varietà Il geranio odoroso ha quali ha un suo diverse, ciascuna delle ietà‡ con un gradearoma tipico. C'Ë la var lizzato per aromauti a, vole profumo di ros o (basta aggiungetizzare lo zucchero a vel ed asciutta, da re qualche foglia, pulita c'è quella che ); ora togliere dopo qualche adatta ad arota, sca mo ce sa di pinolo e no ne o dolci. Ideale matizzare piatti di car lie che odorano di per le torte anche le fog elle all'aroma di qu e ntr arancio e mela, me olarmente gradementa si rivelano partic voli infuse nel tË

SO PIACERE MUSICA E CIBO, STES uni scienziati di Uno studio fatto da alc che la musica o Motreal ha dimostrat lo umano, gli vel mette in moto, nel cer attivati dal e cer stessi centri del pia one due azi rel cor cibo. Mettere in risultare e bb tre po i mondi così divers hanno t tes l de ati ult anomalo. I ris musica e il però dimostrato che la otivi che rilacibo inducono stati em orendo la sciano dopamina, rinvig i dell’organismo. psiche e alcune sezion

scoperto per Pare che il tè sia stato un imperatore caso nel 2737 a.C. Da ntina cadde pia a un cinese, quando pentolone accidentalmente in un nte. Il primo contenente acqua bolle esta deliziosa europeo che scoprì qu Jesuit bevanda fu il portoghese rodotto int o, fu Jasper nel 1570 e, fredd di po per la prima volta all'Ex 04 Saint Louis nel 19

L'INGANNO DEL FICO anno: il suo vero frutIl fico nasconde un ing all'interno di quello to è, in realtà, contenuto tto e che solitamente che noi chiamiamo fru atti, il ricettacolo di inf è, o mangiamo. Ess di fiori che, una una numerosa quantità o ed acquistano san ros ing volta fecondati, si rendono carnoso e tutte le qualità che lo indi, non Ë altro che qu o, commestibile: il fic a carnosa, piriforme, una grossa infiorescenz ore variabile dal col di ricca di zuccheri, interno della quale all' o, ace iol o-v verde al ner tti, molto piccoli, fru sono racchiusi i veri ìacheniî. ca ani bot in ati chiam

un percorso di Dentro di noi, il cibo fa ndo, dalla bocca circa 10 metri, impiega ondi. Nello all'esofago, circa 10 sec alle 6 ore; nelstomaco, resta dalle 2 a 5 ore. Quel che l’intestino tenue da 3 stino crasso, resta, finisce nell’inte un minimo di 4 dove può rimanere da r questo proore fino a 3-4 giorni. Pe uciamo 2 chili cesso, ogni giorno, prod bile e circa di succhi gastrici, 1 di 25.000 fermenti.

GATEAU DI...BANANE ri del CGIAR Un gruppo di ricercato lizzata in ricercia spe e (un'organizzazion zza dello stesso che sul cibo e la sicure le banane (la cui nel mondo) sostiene che 'incredibile un e famiglia comprend potrebbero sto pre ) cie varietà di spe ll'alimentazione sostituire la patata ne Questo perchè le di milioni di persone. a decisamente a tur patate sono una col ano a temperature rischio, perchè si coltiv mentare, sarà fresche. Con il loro au tivare il ile sempre più diffic col so. ces suc con tubero


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e storie del cibo

Invitante e pieno di tentazioni il cibo di strada non è solo per i golosi www.sensoegusto.com

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l “Cibo di strada” è un’inguaribile tentazione che spesso ci assale e ci concupisce. A tutti noi è capitato di addentare per strada un panino, una pizza, delle caldarroste o un cono gelato. Ci sono alimenti che hanno una specie di lasciapassare e possono essere consumati benissimo per strada. Altri, invece, sono interdetti. Si fermano agli stop, imposti dalle convenzioni o dai problemi tecnici, igienici e salutistici. Infatti, mentre risulterà agevole mangiare un panino con la porchetta che, chissà perché per strada assume sapore diverso a seconda se è consumato in estate, in inverno, in riva al mare in montagna o in dolce compagnia, mentre è quasi impossibile addentare per strada un cosciotto di agnello o un’insalatona. In un libro che, scusate l'immodestia, ho avuto il piacere di scrivere e che ha riscosso, scusate ancora l'immodestia, i consensi della critica, ho provato a classificare i “Cibi di strada” che possono essere considerati come “alimenti venduti dalle bancarelle o in negozi, che non garantiscono il consumo in loco”. L’accezione è abbastanza larga ed è stata usata solo per un’esigenza di classificazione, non dimenticando che vere incette di “Cibi di strada” si fanno nelle celebrate sagre o nelle feste di paese. In diverse nazioni del mondo lo “Street food” costituisce una specie di universo della ristorazione. Nei paesi asiatici, in Brasile ed in molti quartieri americani più del 70 per cento delle persone assume il pranzo principale giornaliero proprio per strada, lontano dalle convenzioni e dai concetti sociali della convivialità. Per noi napoletani, poi, il cibo di strada è un vero cult. Ricordo quando ero ragazzo ed andavo a scuola, che la prima sosta la facevo di mattina dall’omino dei bomboloni e delle ciambelle, conservati al caldo, in capienti recipienti di rame. Nell’intervallo scolastico, arrivava il carretto di “zeppole, pasta cresciuta e panzarotti”, preso d’assalto dai noi poveri studenti. Di pomeriggio, non mancava mai la sosta dal

“nocellaro” che in una scatola di legno divisa a sezioni offriva a poche lire ceci secchi, noccioline americane, semi di zucca e filanti caramelle di liquirizia. Una vera delizia erano, poi, il “brodo di polipo”, cucinato in barili di ferro e diffuso in bicchieri dal sapore caldo, vaporoso ed intenso con una piccola “ranfa di polipo” a porzione; il banchetto “d’o pere o musso”, in cui si poteva gustare il muso, la testa, parti dei piedi, il ventre, e la trippa del maiale bollito, condito con olio e tanto sale. Per non parlare poi delle “zuppe di cozze”, distribuite in ristoranti all’aperto, che si animavano durante le festività paesane. Scrivere un libro sui “Cibi di strada” è stata per me una grande emozione. Ho riscoperto le gioie e le sensazioni di un passato, oramai troppo lontano. Anche nel Lazio i “Cibi di strada” hanno una tradizione seria. Nel libro sul Gusto viandante ho classificato i prodotti: quelli della montagna (castagne secche, mosciarelle, castagnaccio, salsiccia al coriandolo di monte San Biagio, la marzolina, ecc.); i prodotti della campagna laziale (porchetta, coppiette, prosciutto di Bassiano, sott'oli e sotto aceti, lumache ecc); i prodotti delle città laziali (in cui ci sono le fusaie (alla romana), il gelato, i maritozzi, i bignè, la grattachecca, bruscolini, pannocchie, ecc); i prodotti di mare (tiella di Gaeta, ostriche, cozze, caniscione, ecc); i prodotti di lago e fiumi (fritture di lattarini, di coregone e di anguilla, ecc). Un capitolo a parte hanno i prodotti da forno, l’universo pizza e la civiltà dei fritti romani (dai supplì ai pezzetti ed ai filetti di baccalà). Immergersi nell’universo di queste produzioni alimentari è stata un’avventura animata da tante storie di uomini e da inimitabili sapori.

Luigi Jovino © RIPRODUZIONE RISERVATA

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l parere dell’esperto

Il cibo sofisticato per bellezza e quello che nasconde la frode www.sensoegusto.com

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ofisticare, nel bene e nel male. Abbellire. Esaltare i pregi. Attenuare i difetti. Mascherare. Far sembrare una cosa migliore di quello che è, per attirare l’attenzione o il desiderio. Magari per vendere di più. Magari per spuntare un prezzo più alto. Beviamo un aperitivo rosso, con piacere; siamo ghiotti della torta fatta in casa, colorata con l’alchermes. Eppure il colorante rosso non insaporisce né l’uno né l’altra. Ma serve per appagare l’occhio. E per suggerirci che il prodotto è buono. Perché rossa è la ciliegia e la fragola, rosso il vino e il radicchio, rossa la carne. Sono i colori naturali degli alimenti: il bianco, l’avorio e il giallo fino al bruno. Anche il verde, purché sia verde caldo. Ma mai fidarsi dell’azzurro, mai soprattutto del celeste o del verde ramato.È così anche per gli odori e i sapori. Gli aromi dei dolci confezionati, il profumo della torta domestica appena sfornata o l’aroma dei sughi di carne, non servono per nutrirci ma per rassicurarci che ciò che mangiamo è buono. Richiamano gli odori che la natura ci offre come segnale per riconoscere la appetibilità e la sicurezza del cibo. E poi, ci piace il piatto ben presentato; l’architettura della pietanza, l’arredo del tavolo, del banco e del locale. E’ il mestiere dei ristoratori, dei barman, delle padrone di casa. In altri termini, abbiamo bisogno di esaltare l’aspetto del cibo e degli ambienti dove lo consumiamo. E’ l’arte del sofisticare per rassicurare, che vede complice sia chi prepara il cibo che chi lo consuma: è la regola del mangiar bene. E’ la regola che rende la cucina italiana prima nel mondo. Ma c’è un sofisticare per ingannare. Arte della frode. Modificare l’aspetto degli alimenti per mascherarne i difetti che, se evidenti, ne svelerebbero la qualità scadente o la pericolosità. In altri tempi era frequente la colorazione del burro o della pasta all’uovo con un punto di giallo, (ora è vietato, oltretutto era un giallo tossico!); qualcuno colora l’olio di oliva vecchio con estratto di foglie, in modo da renderlo verde e amarognolo come fosse di prima spremitura. Si dice

che qualche ristoratore screanzato condisce carne o pesce - non proprio freschi - con abbondanti salse a base di aceto e profumi speziati. La legge è severissima contro le sofisticazioni, prevedendo sanzioni penali con forti ammende o la reclusione, nei casi di pericolo per la salute. Ma poiché non sempre l’abbellimento dei cibi costituisce un inganno configurabile come frode, il legislatore consente che diversi ingredienti estranei alla natura dell’alimento possano essere impiegati per migliorarne l’aspetto, o per renderne più agevole l’utilizzo. Talvolta sono ingredienti che ne migliorano la conservabilità. E’ il caso dei cosiddetti additivi chimici, il cui impiego è consentito e regolamentato caso per caso, prevedendo dosi massime di impiego su specifiche tipologie alimentari. Facciamo un esempio. Nelle preparazioni casalinghe e artigianali si usava il nitrato di potassio (salnitro) come ingrediente nella preparazione dei salumi. Lo scopo era di esaltare e mantenere il colore rosso della carne, che in presenza di salnitro passa dal rosato naturale al rosso. In più, nel corso della maturazione, il salnitro induce la formazione di aromi gradevoli. Insomma, una sofisticazione fatta in casa. Poi si scoprì che il salnitro blocca lo sviluppo del clostridium botulinum, un microrganismo che produce la tossina botulinica, il più potente veleno finora conosciuto. Ora è difficile trovare salumi senza aggiunta di salnitro: nessun produttore, artigianale o industriale, si fiderebbe a non usarlo, a meno di impiegare metodi alternativi che, comunque, darebbero poche garanzie di efficacia contro il botulino.Naturalmente anche il salnitro ha le sue controindicazioni, su cui ora non è il caso di dilungarci. Per questo motivo la legge ne ha fissato le dosi massime di impiego e l’obbligo di dichiarazione in etichetta. I salumi sono gradevoli, buoni e nutrienti. E anche sicuri, grazie a una salutare sofisticazione. Basta non abusarne.

Antonino Addis © RIPRODUZIONE RISERVATA

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evento di ...

Metti una sera a cena con le “magie” di uno chef stellato

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pettacolari sensazioni e festa di sapori al ristorante stellato “The Cesar” de “La Posta Vecchia” di Palo Laziale per festeggiare i primi dieci anni di attività dello chef Michelino Gioia, eccellenza della gastronomia italiana ed europea. Una folla attenta di giornalisti e di ospiti selezionati ha partecipato alla cena di gala nella magica cornice della location, storico locale di proprietà della famiglia Sciò. Michelino Gioia, ha presentato piatti che ripercorrono la sua storia professionale con importanti ed esclusive innovazioni, mandando in estasi i numerosi commensali. Per iniziare sono stati servite delle acciughe farcite di baccalà, lardo e dolci di pomodoro, a seguire delle mazzancolle rosse di Sicilia, foie gras e crema di fichi con semi di cacao, delle splendie capesante e infine una galletta croccante di maiale in salsa di mele e patate affumicate. Dopo queste prime chicche degne di un grande chef, si è proseguito con un risotto ai gamberi rossi, limone candito e timo, e dei tortelli di fegato grasso alla crema di porri e zucca. Straordinari sono stati il branzino con agretti, scorzone nero e salsa d’arancia piccante, al quale

ha fatto seguito il medaglione d’agnello in padella con caprino, uva e coste di bieta. Il dessert è stata una vera fantasmagoria di colori grazie alla deliziosa spuma di limoncello, al crumble alla liquirizia ed al morbido di pistacchio, ribes nero e sorbetto alla tequila. Tutte le portate sono state accompagnate da meravigliosi vini francesi ed italiani e brindisi finale con prestigiosi champagnee

Luigi jovino © RIPRODUZIONE RISERVATA

Nella prima foto da sinistra: Marie Luise Sciò (Architetto), Francesca Stancanelli (Capo Ufficio Stampa della Posta Vecchia) e Olivia Mariotti (Fondatrice dell’Agenzia di Comunicazione REM) Nella seconda foto in basso a sinistra: Un piatto in preparazione di Michelino Gioia Nella foto in basso a destra: Roberto Sciò (Titolare della Posta Vecchia) e lo chef Michelino Gioia Le foto sono di Renato Flenghi


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a ricetta del mese

Torna l’estate a tavola ecco il riso al gusto di peperone www.sensoegusto.com

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onostante il tempo faccia i capricci e il caldo, a volte esagerato, compaia per ora soltanto saltuariamente, a tavola c'è voglia di cibi che sprigionano freschezza, sopratutto di nuovi sapori, quelli che ti regala la primavera e l’estate. Basta broccoletti, spinaci, cicoria, cavolfiori e carciofi. Avanti con le melanzane, le zucchine, i peperoni, i fagiolini, i pomodori. Voi direte “si trovano anche d'inverno”. Si, ma fanno rabbrividire e ...il sapore è un'utopia. Provate a mangiare un pomodoro da insalata d'inverno. E' come bere un bicchiere d'acqua oltre ad essere farinosi in bocca. Io sono per la stagionalità, per cui le mie ricette seguono questa linea. Volete mettere una melanzana alla parmigiana preparata in inverno con quella estiva, quando pomodoro, basilico e le stesse melanzane nascono naturalmente, sotto l'influsso del sole che riscalda la terra. Non è semplice inculcare questo concetto alle persone che fanno la spesa, perché manca una scarsa informazione. Per molti la zucchina o il peperone di gennaio è uguale a quello di luglio. Non riescono a distinguere sapori e profumi, o quantomeno non ci fanno la dovuta attenzione. Posso accettare questo discorso da parte di chi non si applica più di tanto in cucina, che non ha la passione per i fornelli e quindi non riesce a comprendere appieno le differenze. Non mi sta bene, invece, da parte di chi fa il saccente, di che si atteggia a chef. Fatta la morale, parliamo della ricetta di questo mese, che sa di estate, perché di mezzo ci sono i peperoni, che dopo la prima ondata di produzione di stagione, cominciano ad avere il loro vero sapore. Li abbinerò al riso, in modo da fare un primo piatto un po' particolare, delicato e molto elegante. Il riso, del resto, si presta moltissimo ad una cucina estrosa come ad una estremamente minimalista. Quindi, questa sua peculiarità, ti permette di poterlo lavorare in tanti modi, con la carne, con le verdure, con il pesce e anche nella pasticceria. Per non parlare dei supplì e degli arancini. Tornando al mio risotto, per ottenere un risultato soddisfacente, ci sono alcuni accorgimenti da adottare e procedimenti da seguire. A partire dalla tipologia del riso. Diciamo che ce ne sono di tanti tipi e per tutte le ricette. Il Carnaroli è il più utilizzato per i risotti, perché riesce a mantenere inalterata la sua consistenza e tiene perfettamente la cottura. E io ve lo consiglio per questa ricetta. Dunque, pulite i peperoni, togliendo semi, gambo e nervature interne. Tagliatelo in 4-6 pezzi e metteteli ad arrostire al grill finché non anneriscono completamente. Eliminate la pelle, sciacquate e tagliate i peperoni a striscioline. In una casseruola fate imbiondire metà cipolla tritata con l'olio e metà burro, aggiungete i pomodori, i peperoni, l'origano, il sale e il pepe. Lasciate cuocere lentamente finché la salsa non si è asciugata. In una padella grande fate soffriggere nel burro rimasto, la cipolla, aggiungete il riso e mezza tazza di brodo. Girate spesso e continuate a versare

il brodo fino a che il riso non è al dente. A questo punto aggiungete la salsa di peperoni e portate a cottura. Cospargete con il parmigiano, girate ancora e servite, guarnendo il tutto con qualche listarella di peperone crudo Prima di lasciarvi, voglio dirvi che un risotto può essere presentato in due modi : ben asciutto, che vuol dire che ha assorbito tutti i suoi liquidi oppure all'onda, cioè più morbido, più cremoso. In quest'ultimo caso, dovete toglierlo dal fuoco qualche istante prima, quando ancora presenta una leggera liquidità.

Paolo Martizi © RIPRODUZIONE RISERVATA

Ingredienti (per 4 persone) 500 gr. di peperoni di colori diversi 1 cipolla media 1 cucchiaio di olio extravergine d'oliva 60 gr. di burro 350 gr di pomodori freschi 450 gr di riso Carnaroli 1 lt di brodo 30 gr di parmigiano origano, sale e pepe

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eccati di gola

Alla riscoperta della lumaca il cibo preferito dai Romani www.sensoegusto.com

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i sono tanti cibi, che hanno fatto la storia della gastronomia italiana, finiti nel dimenticatoio. Alcuni, perché si è smesso di produrli su grande scala, altri, perché il mercato li ha dimenticati e ha canalizzato l'alimentazione su certi stereotipi, condizionata dagli interessi commerciali delle grandi multinazionali. Per fortuna, grazie anche alle politiche di alcune associazioni del settore (vedi Slow Food), da alcuni anni si è tornati a rivalutare e riproporre in tavola quei cibi contadini, in grado di offrire delle alternative ai menu dei ristoranti e al mangiare di tutti i giorni delle famiglie. In questo contesto, sono riapparsi sulle nostre mense legumi, formaggi, e tipologie di frutti e verdure di una volta. Squisitezze di un mangiare povero ma ricco di sapore. Tra queste, ci sono le lumache, ormai diventate un cibo quasi preistorico, cioè in linea con le sue origini. Gli antichi romani ne erano ghiottissimi, tanto da farne conoscere l'uso commestibile in tutti i Paesi che andavano a conquistare (in Francia, chiamata escargot, è un cibo di grande prestigio). Una tradizione, che è stata tramandata nei secoli, tanto da diventare per Roma e dintorni, fino a qualche decennio fa, un grande appuntamento gastronomico di inizio estate. Nel giorno di S.Giovanni, a Trastevere, si svolgeva una grande sagra dedicata a questo animaletto, conosciuta in tutto il mondo. Qualcosa accade anche ai giorni nostri, ma senza il clamore e la presenza di una volta. Diciamo che passa quasi inosservata. Ma, nonostante sia caduta nel dimenticatoio, ciò non toglie che le lumache restano un cibo gradevole, ricco di sapore, oltre ad avere grandi proprietà nutritive (è ricca di sali minerali e proteine) ed è completamente privo di grassi. Valori che gli permettono di conservare un piccolo spazio sul mercato, anche grazie all'intraprendenza e alla perseveranza di persone come Enzo e Andrea Di Lazzaro, che con il padre Egidio, hanno messo in piedi un allevamento, “ La Lumaca Castellana”, tra Velletri e Lanuvio, nel cuore dei Castelli Romani, che oltre ad avere un fine imprenditoriale, ha l'intento di riportare in auge un alimento della nostra gastronomia.

AZIENDA LA LUMACA CASTELLANA FRATELLI DI LAZZARO

INDIRIZZO Via Cinelli, 149 - 00049 velletri (RM) TELEFONO 339.877.74.03 - 331.610.50.20 - 06.962.57.92 SITO WEB www.lalumacacastellana.it

Non è un progetto facile, perché si parla di un cibo che è completamente sconosciuto alle nuove generazioni, cresciute ad hamburger e sofficini. E farglielo apprezzare non sarà semplice, anche per la peculiarità del prodotto che genera qualche difficoltà di accettazione. Per portare avanti, comunque, il loro progetto, i due fratelli hanno creato una struttura modello in grado di allevare un prodotto, ricreandogli l'ambiente naturale, fatto di recinti coltivati a bieta selvatica e trifoglio su un terreno calcareo, privo di diserbanti e veleni. A curarlo più da vicino è Enzo, ex perito elettronico, ex titolare di una bar. Si è documentato a fondo sui sistemi di produzione, andando a perfezionare le sue conoscenze nelle strutture esistenti in Italia. Alla luce delle sue esperienze conoscitive, ha creato dei recinti all'interno dell'azienda, tutti rigorosamente all'aperto d'estate e d'inverno, che producono alcune tonnellate all'anno di lumache. “Le nostre si nutrono soltanto di erba -ci spiega Enzo- da noi non è come in Francia dove usano i mangimi. Inoltre noi mettiamo sul mercato soltanto la lumaca adulta, cioè con la bordura del guscio rialzata e dura”. Un segnale di qualità, che trova riscontro anche nella cura del trattamento che viene praticato prima che il prodotto venga messo in commercio. Dopo la raccolta, viene custodito per dieci giorni dentro dei sacchi forati senza mangiare, in modo che possa spurgarsi completamente e quindi acquisire un gusto gradevole quando verrà cucinato. Ma la lumaca non è soltanto una leccornia da gustare a tavola, la sua bava viene molto usata nella cosmesi perché contiene elicina, una sostanza cicatrizzante, che troviamo nelle creme antirughe, contro l'acne e nella medicina viene utilizzata contro la gastrite. Buona e utile. Di più non si può pretendere. Cristiano Bucciero © RIPRODUZIONE RISERVATA

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angolo dei golosi

Spuma di fragole ghiacciata un dolce che sa di “caldo” www.sensoegusto.com

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ndare per negozi di frutta di questi tempi è qualcosa di entusiasmante. Ti accorgi del cambiamento di stagione, attraverso lo sfavillante gioco di colori dei vari prodotti messi in esposizione sui banchi. Fanno sicuramente più effetto, perché siamo stufi di vedere una valanga di mele e di pere, che ti fanno venire freddo solo a vederli, spezzati soltanto dalla vivacità delle arance. Gli stessi pomodori, che troviamo ormai tutto l'anno, in inverno hanno colori sbiaditi, diciamo innaturali, per via di una produzione esclusivamente fatta in serra riscaldata artificialmente. Per non parlare del sapore che non c'è, così come buona parte dei prodotti coltivati fuori stagione. Ora, invece, è tutta un'altra cosa e fare la spesa ti mette allegria, c'è il giallo della nespola, il violetto delle prime prugne il rosso delle ciliege, poi albicocche e pesche, ci sono le fragole, con il loro colore purpureo, ad attirare le attenzioni. La fragola è sicuramente il frutto della primavera, è quella che annuncia l'arrivo della bella stagione, oltre ad essere un frutto straordinario per profumo e sapore. Specialmente quelle di questo periodo, che hanno conosciuto il calore naturale della stagione, scaldata dalle prime giornate soleggiate e dai primi tepori. Sarà così fino a fine giugno, momento in cui scomparirà di scena, per darci appuntamento all'anno prossimo. Sicuramente la troveremo anche oltre, non dappertutto, nelle frutterie. Ma non sarà un prodotto nazionale, avrà passaporto straniero o sarà un prodotto fuori stagione. La fragola, oltre ad essere buona come frutto, è molto utilizzata in pasticceria ed anche in cucina. Ci sono un'infinità di ricette che la vedono indossare i panni della protagonista. Tutto ciò scaturisce dal fatto che ha un sapore molto particolare, dolce ma con un retrogusto leggermente acidulo, che che le permette di accompagnare molto bene salse per i primi piatti ed anche qualche secondo dal gusto delicato. In pasticceria e nella gelateria è la reginetta assoluta, grazie anche alla possibilità di essere surgelata senza che perda sapore e consistenza, nonostante non abbia una buccia. E’ un frutto abbastanza delicato e ha una resistenza limitata. Quando non è freschissima, diventa di un rosso cupo, ma sopratutto perde quella lucentezza esterna. Proprio perché la ritengo un frutto eccezionale (a me piace tantissimo) e di grande peculiarità, questa volta vi voglio proporre un dessert che la vede grande protagonista. Non è la solita torta, ma qualcosa di più fresco, di più estivo e perché no, anche di più intrigante, nel caso la degustiate in dolce compagnia nel pieno del solleone oppure in un romantico dopocena. Potrebbe spalancarvi qualche porta, prima ermeticamente chiusa. Ma entriamo nel vivo della ricetta. Prima operazione: mettiamo le fragole in un pentolino con lo zucchero e con circa 100 ml d’ acqua. Portiamo ad ebollizione. Quindi, spegniamo il fuoco e frulliamo il tutto, ottenendo una purea. Montiamo la panna fresca. Piccolo inciso: chi non ha gli strumenti adatti per fare questa operazione, può acqui-

stare la panna in gelateria oppure quella spray nel supermercati. Riprendiamo il discorso interrotto. Aggiungiamo la panna alla purea di fragole, usando una spatola, meglio se è da pasticcere, avendo cura di non smontare il composto con movimenti troppo energici. A questo punto montiamo anche gli albumi ed aggiungiamoli al resto degli ingredienti già amalgamati. Trasferiamo il tutto nei bicchieri, che poi trasferiremo in congelatore per circa 2 ore. Trascorso questo tempo, attendiamo circa 15 minuti prima di servire in tavola. Decoriamo a piacere con delle fragole. A mio giudizio è un dolce al cucchiaio di stagione, dal sapore forte, ma allo stesso tempo di consistenza molto leggera e...fresco e quindi ottimo per questo periodo dell’anno.

Gabriele Zanini © RIPRODUZIONE RISERVATA

Ingredienti (per 4 persone) 180 gr di zucchero semolato 300 gr di fragole 200 ml di panna fresca 3 albumi d'uovo

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l ristorante del mese

Tre amici, la “Quercetta” e... quel sapore elegante nel piatto www.sensoegusto.com

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ettete tre amici, Ilaria, Antonio e Manuele, davanti ad una tv, spettatori interessati di un big match del campionato in corso, Juve-Napoli. Amici nella vita, “nemici” nel tifo. Dopo le tensioni dalla partita, ci si rilassa, parlando di tutto e di più. Siccome loro sono giovani, è normale che il discorso scivoli sul futuro, sui loro sogni nel cassetto. Antonio specialmente ne ha uno in particolare: aprire un ristorante. Lui ha già lavorato nella ristorazione, ma come ci ha sottolinea, sempre per gli altri. Manuele, dopo aver fatto alcuni lavori in Italia, un bel giorno è partito per l'Inghilterra, dove ha fatto di tutto. Ilaria, invece, ha diretto un centro estetico. Un sogno nel cassetto, che nel breve volgere di qualche mese è diventato una realtà. Non è stato semplice trovare il locale giusto, quello che racchiudesse in una unica soluzione un mix di rustico ed elegante. Tanti sopralluoghi, nessuno convincente, fino a quando un bel giorno hanno messo piede a “La Quercetta”, locale appena fuori Grottaferrata, in direzione di Roma. Un incrocio di sguardi fra loro, per dirsi che quello era il locale giusto, il loro ristorante. Così il 2 aprile scorso s'è iniziata la grande avventura, fatta di scottadito e fettuccine. Il sogno era diventato una realtà. Bisognava soltanto mettere a freno gli entusiasmi del primo momento e partire con le idee ben chiare. Cosa che hanno avuto fin dal primo momento nella scelta dello chef, chiave di volta per le fortune di un ristorante. La scelta è ricaduta su Massimo Picerno, un master dal “guru” della ristorazione Gualtiero Marchesi e tante esperienze in giro per l'Italia. Massimo ha abbracciato in pieno il loro progetto, cioè del locale rustico ed elegante qual'é “La Quercetta”, sia in sala che in cucina. Che, concretamente, vuol dire cucina con prodotti di territorio, rivisitati senza esagerare in chiave moderna. Così sulla “carta” troviamo proposte che hanno alla base radici locali con contenute variazioni sul tema, che scaturiscono dalla fantasia dello chef, che, al contrario di tanti colleghi pigri, ama lavorare nel suo “regno”, la cucina. Ma la mossa vincente, che non ha allontanato la vecchia clientela, che è diventata poi la nuova clientela, è stata quella di rispettare per grandi linee la linea gastronomica tracciata dalla gestione precedente. Così, dopo un inizio in salita, cosa normale quando avviene un cambio della guardia in un ristorante, s'è incominciato a raccogliere i primi segnali positivi, non soltanto per l'abilità di Massimo davanti ai fornelli, ma anche per il clima gioviale e quasi familiare stabilito da Ilaria, Antonio e Manuele. In sala non sono soltanto i proprietari, ma gli amici aggiunti dei clienti, che, a loro volta, sembrano apprezzare questo tipo di rapporto. Il resto lo

fa la cucina, con la sua impronta di stampo casalingo. Lo chef è un fanatico del “fai da me”. Dalla pasta tirata a mano tutte le mattine ai dolci, è farina del suo sacco, compresi i secondi, che in questo locale, a livello di carne, non sono soltanto bistecche, filetti e tagliate, come accade nella maggior parte dei locali, colpiti dal virus della monotonia. A “La Quercetta”, la carne e il pesce viene lavorato in tanti modi, come non hai la pazienza e la voglia di preparare a casa. Appena seduti a tavola, lo sguardo cade inesorabilmente sul buffet, dove fanno bella mostra di loro un'infinità di antipasti, che lo chef cambia giornalmente, a seconda di ciò che offre il mercato e il suo estro. Avete mangiato mai le bucce di patate fritte? Un cibo povero da provare. Sul resto ti puoi perdere. Il tuo pranzo o la tua cena potrebbe concludersi facendo razzia delle chicche esposte sul buffet. Ma sarebbe un grave errore, perché, a seguire, non ti puoi permettere di assaggiare i ravioli ripieni di amatriciana con diti con cacio e pepe, oppure ignorare gli strozzapreti fave, scampi e pecorino sarebbe un peccato. Da segnalare anche le tagliatelle al ragù bianco di coniglio, gli gnocchi di patate, taleggio e salsiccia oppure gorgonzola e noci. Anche il pesce ha il suo spazio nella “carta”. Ne cito uno in particolare: spaghetti alle alici piccanti, pomodorini e briciole di pane saporite alle erbe. Proseguiamo con i secondi, che sono di carne e pesce, quest'ultimo sempre freschissimo. Mi soffermo sul galletto cotto su pietra lavica, tanto che viene considerato un punto di forza del menu. Accanto a lui, fanno passerella ossibuchi cremolati, e per dare un tocco di territorialità, lo chef si è inventato un millefoglie di porchetta e verdure, che a mio giudizio, per la freschezza, “sa” di estate. Gran chiusura con i dolci di Massimo, tutti preparati al momento (non spazientitevi se c'è un pochino da attendere): millefoglie ai frutti di bosco crema chantilly e Nutella, tiramisù veramente speciale, tortino con cuore di cioccolato. Ma a mandarmi in estasi è stata una tagliata di frutta di stagione accompagnata da un bicchierino di cioccolato fuso. Per chi ama la pizza, alla consolle c'è Aldo, maestro pizzaiolo di prim'ordine, pronto a farti pizze di tutti i tipi. Per quanto riguarda la cantina, ci sono in prevalenza bottiglie della migliori aziende del Lazio. Non mancano, comunque, per chi vuole spaziare nel mondo del buon calice, belle bottiglie extraregionali. Infine, va sottolineata un' intelligente iniziativa, che aiuta le famiglie a risparmiare: menu speciale per i bambini, preparato personalmente dallo chef, a 6,00 e 9,00 euro. Paolo Caprio © RIPRODUZIONE RISERVATA

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ianeta vino

Le Cantine San Marco sposano l'ambiente: nasce il Frascati “verde” www.sensoegusto.com

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l cambiamento climatico globale è una delle questioni più rilevanti per l’umanità, indicatore del fatto che stiamo vivendo oltre le capacità ecologiche disponibili. Nell’interesse della riduzione dei gas ad effetto serra e in virtù della gestione sostenibile delle risorse ambientali si è mosso da tempo il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Con azioni finalizzate in particolare al calcolo della carbon footprint in conformità con il “Pacchetto Clima-Energia” adottato dal Consiglio dell’Unione Europea nel 2008. Per carbon footprint (o impronta di carbonio) intendiamo l’ammontare delle emissioni di CO2 attribuibili ad un prodotto o a un’organizzazione. Essendo l’impronta di carbonio il 50% di tutta l’impronta ecologica, la sua riduzione è essenziale per porre termine allo sfruttamento eccessivo delle risorse. L’azienda Cantine San Marco di Frascati (info@sanmarcofrascati.it) è stata una delle vincitrici del primo bando sulla carbon footprint. La produzione vinicola è una delle componenti più significative della nostra cultura di gestione e protezione dell’ambiente rurale e del paesaggio. Le Cantine San Marco sono produttori di vino Frascati doc, un’importante realtà nazionale con vocazione all’export in oltre 42 paesi ed è una delle poche aziende a disporre di analizzatori di metallo pesante in grado di analizzare e quantificare ed eliminare la presenza di piombo o metalli dannosi nei campioni di mosto o vino. Le diverse azioni intraprese volontariamente tendono al continuo confronto diretto tra aziende, favorendo la definizione di linee guida di settore verso una produzione e diffusione sul mercato di vini sempre più sostenibili. Il progetto ha consentito di effettuare la valutazione di tutte le emissioni di CO2 emesse per ciascuna unità funzionale (vale a dire per ogni singola bottiglia di vino da 0,75 litri) riconducibili all’impatto che il prodotto ha in termini di ammontare di gas serra (misurati in diossido di carbonio) in ciascuna fase del suo ciclo di vita: dal vigneto, all’azienda, alla distribuzione. Constatando che tra le attività agricole, l’uso di fertilizzanti e fitofarmaci e l’utilizzo di macchine, sono le attività a maggiore emissione, seguite dal packaging e alla distribuzione del prodotto finito, si è giunti ad una soluzione che nel primo anno ridurrà il 4% delle emissioni associate al prodotto. Le emissioni residue potranno essere poi eliminate attraverso ulteriori piani graduali orientati alla carbon neutrality (tramite piantumazione e carbon offset). Nello specifico le misure a cui si attiene Cantine San Marco sono le seguenti: utilizzo di mezzi a basso consumo e atomizzatori con recupero del prodotto nella fase agricola, recupero e ri-uso delle bottiglie, uso di refrigeranti a ridotto impatto ambientale, adeguamento dei materiali da imballaggio, efficientamento energetico nel processo produttivo aziendale, acquisizione di mezzi a metano per la distribuzione locale e regionale, selezione dei fornitori e dei tra-

sportatori sul principio dell’impegno dimostrabile per la riduzione delle emissioni nella fase della distribuzione. Dunque Cantine San Marco ha partecipato nel suo piccolo in modo intelligente e consapevole al raggiungimento della sostenibilità ambientale dell’azienda con la prospettiva di creare un prodotto ad impatto ecologico nullo o fortemente ridotto: iniziativa ambiziosa che dovrebbe interessare tutte le aziende coinvolte nel settore vinicolo. Claudia Araneo © RIPRODUZIONE RISERVATA

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sPeCiale Cresime e Comunioni Aperitivo di benvenuto Antipasto: Tris di salumi,Verdure miste gratinate,Caciottina piccante Primi Piatti (1 a scelta): Lasagna ai 4 formaggi con speck croccante e julienne di zucchine Penne con carciofi salsiccia e pachino, Calamarata funghi porcini e pachino Farfalle mille gusti Secondi Piatti (1 a scelta): Arrosto di maiale al forno in demi-glace, Pollo sgaloppato con prosciutto cremolato agli asparagi, Rollè di pollo con cicoria e scamorza affumicata, Medaglione di maiale al pepe verde,Saltimbocca alla Romana Contorni: Patate al forno Dolce: Torta - Acqua - Vino - Digestivi

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Aperitivo di benvenuto Antipasto: Tris di salumi,Verdure miste gratinate, Caciottina piccante, Frittatina al rosmarino e bruschetta Primi Piatti (2 a scelta): Lasagna ai 4 formaggi con speck croccante e julienne di zucchine Lasagna al ragù, Penne con carciofi salsiccia e pachino, Calamarata funghi porcini e pachino, Fettuccine al ragu’ di cinghiale, Farfalle mille gusti, Paccheri con speck pachino e pesto, Trofie asparagi e guanciale, Risotto con radicchio gorgonzola e noci Secondi Piatti (1 a scelta): Arrosto di maiale al forno in demi-glace, Rollè di vitella con cicoria e scamorza affumicata, Pollo sgaloppato con prosciutto cremolato agli asparagi Medaglione di maiale al pepe verde, Saltimbocca alla Romana, Arrosto di vitella in salsa bruna Contorni: Patate al forno Dolce: Torta, Acqua, Vino, Spumante, Caffe’, Digestivi

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agie di notte

Ramos Gin Fizz, la riscoperta di un grande, vecchio cocktail www.sensoegusto.com

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n un mondo dove ristoranti e bar sono popolati da bottiglie di birra a buon mercato, vodka e Red Bull e qualsiasi cosa miscelata con CocaCola , sembrerebbe che il Ramos Gin Fizz sia destinato all'estinzione. Ed è stato cosi fino alla fine del secolo passato. Oggi, il barman sta diventando sempre più "professionista", studia, ricerca e fa del suo lavoro una passione, trasformando le ricette classiche, aggiungendo il tocco personale, quello che in cucina definiremmo il "tocco dello chef". Si tende a dare al drink qualcosa di personale. Concetti che gli hanno permesso, attraverso i loro viaggi e i loro studi, di imparare a decorare, accessoriare i propri cocktail. La ricerca di ingredienti esotici, misteriosi, tipici di un determinato luogo, addirittura stravaganti (vedi infusioni di scorpioni, teste di coccodrillo, ma questa è un'altra storia). Ingrediente e/o una combinazione di più ingredienti che evochino situazioni, emozioni e momenti passati del barman da "passare" al cliente. Il barman è sempre più attento allo studio delle bevande: dalla provenienza alle caratteristiche organolettiche. Ma soprattutto studia montagne di libri che parlano di bar, di cucina e non solo in modo da poter utilizzare idee per il proprio lavoro. Ricettari e "memorandum" di barman del passato, che hanno fatto la storia del bere miscelato, vengono letti, analizzati, concettualizzati ed attualizzati, cosa che ha portato a rilanciare la tradizione del bere miscelato. Il Ramos Gin Fizz è uno di quei cocktail, tornati alla ribalta dopo essere stato dimenticato, per dar spazio a cocktail colorati di blu, energizzanti, legati da una forte e pessima concentrazione d'alcool o da "premix alcoolici", venduti addirittura già imbottigliati in modo di dover soltanto aprire la bottiglia e versare nel bicchiere con ghiaccio. Quasi a sminuire il lavoro del barman, che deve velocizzare, standardizzare, risparmiare e vendere vendere vendere, spendendo il meno possibile, utilizzando a volte, prodotti scadenti. Ed è questo, secondo me uno dei motivi per cui il "Ramos" in Italia è sparito dalla circolazione, e si fa quasi fatica a credere che nei bar di New Orleans si addestravano squadre di barman (a volte composte anche da piu di 15 Shaker Boys) che anche per più di 12 minuti shakeravano a staffetta lo stesso cocktail. Un lavoro duro, estremo, complicato da gestire, dove, per via delle esigenze di mercato del momento, risultava essere uno spreco in termini di tempo. Ma facciamo un passo indietro, parlando di questo drink che ha una lunga storia e ci riporta in un luogo (per chi mi segue già citato per la nascita di un altro cocktail) New Orleans, patria oggi del Museo dell’ American Cocktail. Uno dei pochissimi baristi ad aver dato il proprio nome a un cocktail, famoso sia durante la sua vita che dopo la morte, fu Henry Charles "Carl" Ramos nato a Vincennes, Indiana, da genitori di origine tedesca, il 7 agosto 1856. La sua famiglia si trasferì nella sua casa adottiva di New Orleans, quando era un bambino. Nel 1887, con suo fratello acquistarono un salone, il “The Imperial Cabinet” a New Orleans e nel 1888 il locale diventa famoso per la produzione di una miscela a base di gin, succo di limone, succo di lime, albume d'uovo, zucchero, panna, acqua di fiori d’arancia e soda servita in bicchiere alto e stretto senza ghiaccio. Il New Orleans Fizz e l’Imperial Cabinet cominciarono a farsi strada nella storia dei drink di New Orleans. La ricetta è rimasta un segreto gelosamente custodita e, trainata dal successo della sua creazione, nel 1907, Henry decise di aprire il suo bar, “The Stag”. Nel libro “The Famous New Orleans Drinks How to Mix'Em”, Stanley Clisby Arthur scrive che il “The Stag ", era uno dei luoghi d'interesse della città duran-

te il Carnevale, e nel martedì grasso del 1915, 35 shaker boys scossero le braccia, per tutto il giorno. Con l'inizio del proibizionismo, nel 1920 Henry Ramos fu costretto a chiudere il suo bar e morì nel 1928, credendo che la sua bevanda non sarebbe stata mai più servita in un bar americano. La ricetta dell'ormai leggendario Ramos Gin Fizz è rimasta un segreto, fino a quando suo fratello onorò la memoria di Henry con la pubblicazione della ricetta in una pubblicità a piena pagina. Una trovata anche un po’ provocatoria, in quanto era appunto in atto il Volstead Act, che vietava la somministrazione e la vendita di acool in America. Ha pubblicato la sua ricetta come un atto di disobbedienza civile, nel tentativo di sovvertire la legge Volstead, sperando che le masse di curiosi avrebbero cercato di eludere la legge, al fine di creare questa bevanda leggendaria per se stessi in casa proprio illegalmente. Nel 1935, il Sazerac bar del Roosevelt Hotel di New Orleans (ora denominato The Fairmont), che si trova a pochi isolati di distanza dal punto in cui Henry ha creato la bevanda, ha acquistato i diritti del Ramos Gin Fizz dal figlio di Henry e il marchio di fabbrica del cocktail. Uno dei grandi promotori della bevanda, che hanno aiutato il Ramos ad arrivare ai giorni nostri, è stato il governatore della Louisiana Huey P. Long. Tanto è vero, che nel luglio del 1935, ha preso un barista di nome Sam Guarino dal Roosevelt Hotel per il New Yorker Hotel a New York City, per addestrare il personale su come preparare la bevanda, in modo da poter servirla nella “Grande Mela”. La ricetta originale prevede l'uso di un bianco d'uovo crudo, ma in Italia non è possibile usarlo, ma solo quelle pastorizzate o in polvere che si possono trovare in qualsiasi supermercato. Io, al BBQ Lounge Bar personalizzo questo cocktail, usando uno zucchero aromatizzato alla lavanda e alla camomilla ed aromatizzando anche il gin con la camomilla. La miscela assume un profumo floreale e agrumato, dando una sensazione di freschezza scaturita dalle bollicine della soda Simone Francini © RIPRODUZIONE RISERVATA

Ingredienti 2 oz gin (Old Tom) 1 oz panna 1 bianco d’uovo 1/2 oz succo di limone 1/2 oz succo di lime 2 cucchiai di zucchero 3 gocce d’acqua di fiori d’arancia Soda a colmare

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a natura nel piatto

I giardini di primavera hanno il profumo delle rose www.sensoegusto.com el progettare diversi giardini che ho potuto realizzare in contesti meravigliosi, sono arrivato alla conclusione che in uno che si rispetti non può mancare la rosa, regina incontrastata fin dall'antica Roma. I Romani le intrecciavano in ghirlande, il popolo arabo le ha consacrate a custodire i segreti di Allah. E’ stata dedicata alla bellezza di Venere e, via via nei secoli, è stata protagonista indiscussa della scena romantica, ispirando e affascinando pittori e poeti. Nei parchi e giardini che realizzo, propongo spesso delle rose di grande effetto scenico: prediligo “le rose liana”, un gruppo di varietà rampicanti a fiori piccoli, generalmente bianchi o rosati; rappresentano una splendida risorsa per abbellire i giardini, in quanto avviluppano tralci carichi di fiori. I rami si arrampicano e formano splendide ghirlande su arcate, pergole, ringhiere. La loro fioritura è letteralmente esplosiva, dura solo due o tre settimane, ma quale spettacolo! E nei mesi d'autunno e inverno, al posto dei fiori, ci saranno bacche rosse o aranciate. Per un giardino di rose, propongo delle varietà specifiche alla funzione dell'uso che se ne vuole fare, e non viceversa. Ad esempio prediligo le sarmentose, spesso rifiorenti a fiore piccolo, hanno rami flessibili, che fioriscono sia in verticale sia in orizzontale. Le si potrà pertanto utilizzare per rivestire archi, tettoie, pergole: in breve tempo queste strutture saranno ricoperte da una lussureggiante vegetazione, fittissima di fiori. Ci sono delle rose invece che non si prestano a rivestire archi, mentre vanno bene su muri o treillages. Per farle fiorire al meglio, dovrete perciò fissare i loro rami piegati e guidati sui tralicci in orizzontale, dalle gemme si svilupperanno numerosi rametti laterali che si riempiranno di fiori. Le rose sono fiori dalla romantica bellezza, dalle corolle, con proporzioni e forme svariatissime ( a rosetta, a coppa, a pompon…), con colori che vanno dai toni delicati e cipriati a quelli più intensi e vellutati, con il profumo che sprigiona sentori frut-

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tati di mirra o di tè, di mela verde, di muschio o d'incenso. Non tutti sanno che i petali sono commestibili e sono ottimi nell’insalata, che a primavera diventa variopinta, da usare solo a condizione che si tratti di rose coltivate biologicamente. Ruolo importante hanno avuto i rosaisti e ibridatori inglesi e francesi, che negli ultimi due secoli hanno creato varietà davvero molto belle. E' ad un reverendo inglese, illuminato ibridatore, che dobbiamo le rose morbide e aggraziate come le varietà antiche, ma rifiorenti e molto, molto profumate. All'interno di questa piuttosto nutrita famiglia "orticolo ecclesiastica", la figura del reverendo Joseph Pemberton è senz'altro la più importante. Presidente della National Rose Society (oggi Royal National Rose Society) dal 1911 al 1913, sentì infatti fortissimo il richiamo per una seconda vocazione: quella dell'ibridazione. Quelle che cercava erano rose capaci di fiorire fino alle soglie dell'autunno, ma con la grazia e la morbidezza delle vecchie varietà. Scelse come linea genetica iniziale, una rosa semi rampicante, che produceva piccoli fiori semplici, giallo crema. Una curiosità è la rosa moschata che ha l'inconsueta caratteristica di fiorire in estate, da luglio in poi. I fiori hanno un intenso profumo che a qualcuno ricorda il muschio, ad altri i chiodi di garofano. La varieta' rosa moschata umbrella ha grandi corimbi di fiori semplici, la varietà rosa moschata autumnalis ha fiori semidoppi. Marco Mariani © RIPRODUZIONE RISERVATA

Gelatina di petali di rosa Ingredienti per 4 persone 500 cl di acqua 4 cucchiai di acqua di rose 5 gr di semi di anice stellato 1 limone 400 gr di petali di rosa 600 gr di zucchero

Procedimento Prendete le rose sbocciate ma non sfiorite. Una volta tolti i petali, metteteli nel mortaio con i semi di anice stellato e pestate il tutto. Sistemate il composto nel frullatore insieme a 300 grammi di zucchero. Ponete la crema ottenuta in una pentola, aggiungendo il restante zucchero, il succo di un limone, l'acqua di rose, l'acqua e portate ad ebollizione. Cuocete a fuoco lento per 25-30 minuti (schiumate se necessario). Per capire se avete raggiunto la consistenza giusta, versate una goccia nel piatto, se resta compatta è pronta. Infine, versate la gelatina ancora bollente nei barattoli con chiusura ermetica e conservateli in un luogo fresco ed asciutto.

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l benessere a tavola

Diete equilibrate, niente digiuni per superare la prova costume www.sensoegusto.com

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ari lettori, l'estate si avvicina e la voglia di rimettersi in forma torna prepotentemente nei nostri desideri. Dopo una stagione invernale passata senza troppo dar peso alla nostra alimentazione, trascurando la nostra linea coperta dai vestiti invernali, siamo disposti poi, in nome di dimagrimenti fenomenali e senza sacrifici a sottoporci a diete e farmaci quanto mai deleteri. Non pensiate che esista la pillola magica che ci fa scendere 10-15 kg in un mese, mangiando quello che vogliamo. Ovvero, la pillola esiste, ma le conseguenze "post" sono disastrose. E diffidate di queste pillole.Vediamo, invece, come evitare degli errori alimentari. La correzione vi aiuterà a mantenere un peso nella norma senza tanti sacrifici. Diete restrittive e con meno di 1000 calorie Vuoi perdere quei chiletti di troppo e ti affidi ad una dieta drastica. Forse questa prevede pompelmo e zuppa di cavolo, minestrone o yogurt ogni giorno. In questo modo portate le calorie giornaliere a meno di 1.000. Ma quando si mangiano così poche calorie, si allena il metabolismo a rallentare. Una volta che la dieta è finita, hai un corpo che brucia le calorie più lentamente...e di solito recuperate tutto il peso perso Fare una ricca prima colazione Saltare la colazione sembra un modo semplice per tagliare le calorie e mangiare di meno, ma il risultato può essere la fame insaziabile per il resto della giornata. Questo può portare a spuntini non pianificati in ufficio e mangiare una porzione di super-dimensioni a pranzo. Ma una colazione ad alto contenuto di proteine e di fibre può ridurre la fame durante la giornata. Molti studi dimostrano che le persone che ogni mattina fanno colazione a base di cereali integrali, proteine e frutta, hanno più probabilità di mantenere un peso controllato. Non perdere di vista i vostri spuntini Forse si riescono a tenere sotto controllo le calorie ad ogni pasto, ma che dire di tutti quei bocconcini in mezzo? C'è il sacchetto di salatini o cracker sulla scrivania, la piccola fetta di torta del collega, il gusto del cono di gelato di tuo figlio. Tutto questo sgranocchiamento insensato e involontario ci potrebbe far saltare una dieta ben pianificata Spuntini intelligenti Le persone che mangiano molti piccoli pasti e spuntini al giorno sono più propensi a controllare la fame e perdere peso. Gli spuntini aiutano a mantenere il metabolismo attivo, in marcia alta, soprattutto se gli snack sono ricchi di proteine. Le noci, come le mandorle, ad esempio, sono una buona scelta; hanno un buon contenuto proteico, sono ricchi di sali minerali e le mandorle aiutano a tenere sotto controllo glicemia e colesterolo. I dati delle ricerche suggeriscono che le persone che usano noci e mandorle come snack spezza fame, tendono ad essere più magre rispetto a quelli che non lo fanno. Prodotti a basso contenuto di grassi I prodotti a basso contenuto di grassi possono svolgere un ruolo importante nella vostra dieta. Basta ricordare che il basso contenuto di grassi di un cibo non significa basso contenuto calorico e non è una licenza per prendere una seconda e terza porzione. A volte un cibo a basso contenuto di grassi, ha un alto contenuto di zucchero. Il modo migliore per sapere quanti grassi, zuccheri e calorie si assumono, è quello di controllare l'etichetta nutrizionale.

Bere molta acqua Questo è uno dei più semplici errori nutrizionali da risolvere. L'acqua è essenziale per bruciare calorie. La ricerca suggerisce che adulti che bevono otto o più bicchieri di acqua al giorno bruciano più calorie di quelle che ne bevono di meno. Quindi, provate ad aggiungere un bicchiere d'acqua in più ad ogni pasto e spuntino. Minimo 2-3 litri di acqua al giorno. Tutto l'anno. Latte e latticini Il latte intero, il formaggio e il gelato sono un tabù per molte persone a dieta, ma togliere del tutto i latticini può essere controproducente. Alcune ricerche suggeriscono che il corpo brucia più grasso quando si assume abbastanza calcio e produce più grasso quando si tratta di diete povere di calcio. I supplementi di calcio non sembrano produrre gli stessi benefici. Lo yogurt è una ottima fonte di calcio. Per quanto riguarda il latte, personalmente sono contrario alla sua assunzione, ed in un prossimo numero vi spiegherò perché. Vita sedentaria Se non si fa un minimo di esercizio fisico, l'intero onere della perdita di peso grava sulla vostra dieta. Se diventi più attivo, puoi mangiare di più delle cose che ti piacciono e perdere peso. La chiave è trovare una attività fisica che ti piace e che puoi seguire costantemente. Se il tapis roulant sembra noioso, prova il nuoto, la danza, il ciclismo, il tennis da tavolo o, almeno, cammina a passo veloce per almeno trenta minuti il giorno. Dormire di più Dormire un'ora in più ogni notte potrebbe aiutare a bruciare calorie, secondo un ricercatore dell'Università del Michigan. Non mangiate carboidrati ad alto indice glicemico la sera, e preferite un pasto a base proteica. Mangiare più verdure Servire tre verdure diverse con la cena di stasera, invece di una sola. Variare spesso e mangiare più frutta e verdura è un ottimo modo per perdere peso. L'alto contenuto di fibre e di acqua ci dà un senso di sazietà maggiore. Cuocere senza grassi aggiunti, ovviamente. Condite con succo di limone ed erbe aromatiche, piuttosto che affogare la loro bontà in salse ricche di grassi o condimenti. Un piatto di zuppa Aggiungi una zuppa a base di brodo durante un pasto. Un buon piatto di minestrone è particolarmente utile all'inizio di un pasto perché rallenta la fame e frena l'appetito. Attenzione ai minestroni già preparati. Possono contenere verdure ad alto indice glicemico. Mangia Integrale I cereali integrali come il riso integrale, orzo, avena, grano saraceno, ci aiutano nella perdita di peso. Aiutano a riempire con meno calorie e possono aiutare a diminuire il colesterolo. Usa farine integrali per i tuoi dolcetti. E soprattutto attenzione allo zucchero, anche nei cibi. E' un alimento subdolo. a volte aggiunto in maniera sconsiderata.

Angelo De Martino Dietologo, Nutrizionista, Naturopata, Biochimico, Biologo © RIPRODUZIONE RISERVATA

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l mondo delle donne

Vuoi essere in forma? Fai sport in ufficio dietro la scrivania www.sensoegusto.com

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'estate è ormai alle porte e per noi donne è come risvegliarsi dopo il lungo letargo invernale. Ci sentiamo tutte più frizzanti, e perché no, più frivole. Abbiamo una gran voglia di essere in gran forma e di essere più attraenti. Sarà perché abbiamo messo sotto naftalina piumini e maglioncini di lana, rispolverando magliettine, vestitini svolazzanti e minigonne. Così tutte facciamo una puntatina nelle profumerie a cercare creme “miracolose” o ad inseguire l'ultimo ritrovato della scienza e della tecnica, che ci levighi il pancino o che restituisca un viso giovane, come quello di un pupo appena svezzato. Ma, se invece di tutti questi accorgimenti dell'ultima ora, iniziassimo a pensare di più al nostro corpo, non soltanto nei mesi estivi, quando dobbiamo “esibirci” nella prova costume, ma anche per tutto il resto dell'anno, praticando sport e seguendo un'alimentazione sana ed equilibrata, non sarebbe tutto più semplice? Sicuramente si, ma se proprio non siamo riuscite ad essere così diligenti in inverno, proviamo almeno a farlo in questa stagione, dove tutto, grazie al caldo e al pensiero delle vacanze estive sempre più vicine, sembra più facile e rilassante. Le giornate che si allungano ti consentono di utilizzare il tempo libero che hai a disposizione, di fare almeno qualche bella camminata. Se poi, neanche il tepore primaverile riesce a scrollarti la pigrizia che è insita in te, puoi trovare la soluzione ai tuoi problemi, facendo lavorare il tuo corpo dietro la tua cara vecchia scrivania. Bastano pochi ma efficaci movimenti per fare sport mentre lavori. Per esempio, sollevando spesso le gambe da terra, cercando di mantenere la schiena ferma ed eretta, attivando in questo modo sia i muscoli addominali che l'intera circolazione. Vi raccomando di accompagnare questi movimenti con un'ampia apertura del petto e completate il tutto allungando le braccia dietro la schiena, fino a far congiungere le vostre mani. Altro semplice esercizio, che vi può far bene a livello psichico e fisico, sta nel portare le mani con il palmo rivolto verso l'esterno dietro la parte bassa della vostra schiena, controllando la respirazione con inspirazioni e espirazione molto lente, andando così a agire sulle cause dello stress accumulato nel corso della giornata lavorativa. Ultimo consiglio per le solite pigre: meno ascensori e scale mobili, più scale a piedi. Non è molto, ma è già qualcosa, anche perché, a questo punto, non ci sono più scuse che tengano. Naturalmente occhio all'alimentazione. La tavola e le buone abitudini alimentari, poi, ci aiuteranno ad essere più belle e più in forma, seguendo soltanto delle piccole e semplici regole. Come tutti gli esperti consigliano, se si vuole preparare la pelle alla tanto bramata tintarella, oltre alle creme con fattore di protezione

adatto all'incarnato, sarà opportuno integrare la nostra consueta alimentazione con cibi a base di carotene, cioè tutti quei tipi di frutta e di verdura di colore giallo arancio o verde intenso, come, per esempio, carote, pomodori, pesche, albicocche e spinaci. E' consigliabile anche elevare il consumo di frutta, integrandola anche nella colazione del mattino, casomai mangiandola frullata con il latte, che contribuisce ad idratare la pelle, apportando anche un'elevata dose di zuccheri necessari, che

aiutano a sopportare meglio il caldo estivo. Cosa importante: non saltate i pasti. Rischiano di alterare il senso della fame e della sazietà e perdere così il controllo alimentare. Non dimenticatevi di bere tanta acqua, anche se non dedicherete il vostro tempo libero a fare un po' di esercizio fisico. Gli esperti del settore parlano di due litri al giorno. Sono tanti, però dovete avvicinarvi il più possibile per riequilibrare i liquidi e i sali persi con la maggiore sudorazione. Se proprio non ce la fate, aumentate il consumo di verdura cotta e cruda, ricche entrambe di acqua. Alla base di tutto, comunque, c'è la buona volontà di fare le cose. La bella stagione ci offre una palestra a cielo aperto e ci permette di utilizzare il tempo libro che abbiamo per fare un po' di attività motoria e sport, per chi vuole, anche divertendoci. Non fatevi scappare l'occasione!

Valeria Caroselli © RIPRODUZIONE RISERVATA

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ode e tendenze

Le folli case postmoderne

di architetti “fuori di testa” www.sensoegusto.com a pubblicità è l'anima del commercio e questo si sa, ma arrivare a costruire la propria azienda in base a ciò che si produce è il massimo! Un massimo davvero strepitoso. Di seguito capirete il perché. Avete presente quelle case strane che si vedono nei cartoni animati, che ovviamente si associano a scienziati pazzi, extraterrestri o maghi? Cari amici, abitazioni di questo tipo esistono e non sto scherzan-

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do. Esistono davvero! Ci sono case fiabesche, ispirate ad oggetti o case ecologiche ispirate alla natura, o ancora quelle strutture dal folle design ideati da architetti "fuori di testa". Al chè pensandoci mi sono chiesta: come potrà essere la sede di una azienda che produce cesti? Ebbene questa esiste. La struttura pressoché fantastica, si trova a Newark in Ohio, i manici sono stati costruiti in modo tale da potersi riscaldare, così da evitare che neve e gelo li appesantiscono con conseguente crollo. Se le inventano tutte eh...Ma dove

potrebbe abitare il presidente della " World Toilet Association" l'associazione mondiale dei produttori di toilette? Che magnifica domanda, amici, in una casa a forma di water. Questa imponente dimora si trova vicino Seoul ed è l'orgoglio del suo proprietario, un certo Sim Jae Duck. La mia curiosità è stata così grande che ho cominciato a controllare la hit parade delle case più pazze del mondo. Così ho trovato la “Cubic House” ideata dall'architetto Piet Blom, nata nel 1984, ed è stata costruita nel centro della città. Ciascun cubo, dei 32 che la compongono, è un vero e proprio modulo abitativo con tanto di primo, secondo e terzo piano. Pare che sia la rappresentazione di una foresta. Spostiamoci in

Cina. Cosa mai hanno potuto costruire per stare al passo con gli altri paesi? Una Casa-Pianoforte, a mio avviso stupenda, costruita nel 2007 vicino Shangai. Pensate un po' , che per salire nella casa si prende "il violino". Nel 2004, invece è stata inaugurata una biblioteca, con un disegn unico, a Kansas City e i 22 titoli delle opere che danno forma a tutta la facciata, sono stati scelti dalla popolazione. L'investimento per la splendida struttura ha avuto un costo di ben oltre 50 milioni di dollari.Ci vuole molta inventiva per poter pensare a tutto ciò, evidentemente abbiamo a che fare con cervelli pressoché geniali. Da bambina ho sempre sognato di avere un posto strano tutto mio per poter giocare, ma mai avrei pensato ad una casa "sottosopra" . Antonella Lamboglia © RIPRODUZIONE RISERVATA

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etto da uno scrittore

Viaggio all’interno del Brasile dove si possiede solo la povertà www.sensoegusto.com Fabrizio Borni è nato 47 anni fà a Roma a due passi dal Colosseo. Da questo numero inizia la collaborazione con Senso&Gusto per guidarci alla lettura di quelle opere letterarie meno sofisticate, ma capaci di coinvolgerti. Imprenditore nel settore della Comunicazione e degli Eventi, ha sviluppato nel tempo la sua passione di scrittore, pubblicando i libri “Il settimo angelo” (Ed.Croce); “Oltre l’arcobaleno: non puoi smettere di essere quello che sei” (Ed. Seneca) e l’ultimo “Un’altra vita - storia di Alessandro Patramone” (Ed.Seneca).

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e ne sto seduto qui sotto il pergolato in legno che tra poche settimane si riempirà, come ogni anno, di grosse foglie e grappoli d’uva. I merli mi fanno compagnia, ma sono ipocriti. Fanno finta di essere miei amici ma in realtà vogliono solo rubare le piccole prugne appena germogliate grandi poco più di un chicco di riso. Sembra, però, che il rimedio del vecchio contadino funzioni e le strisce di carta argentata legate sui rami tengono a bada i ladruncoli dal becco giallo. L’aria è fresca e quel poco di brezza porta sollievo anche ai miei cani che riposano vigili sdraiati sulle pietre del pavimento. La cenere del sigaro arde costante ed io, in questa pace di casa mia, chiudo ora l’ultima pagina di questo splendido piccolo libro, grande come una cartolina, che ancora porta stampato il prezzo in lire sulla quarta di copertina. I libri quelli belli e non perché scritti bene, ma perché ti assorbono nelle loro pagine, sono una straordinaria opportunità di riflessione. “Pioggia, fango, merda sole e blues…” me lo consigliò un caro amico durante una delle nostre passeggiate in spiaggia, quando l’inverno ce la fa sembrare solo nostra. E passeggiando sulla sabbia umida ma dura parliamo di storie di libri, di autori e ne condividiamo l’esperienza dopo averli letti. Poi ci consigliamo nuove letture e immaginiamo di scriverne di nostre, raccontando la vita come la viviamo o di come ci piacerebbe viverla. “Pioggia, fango, merda sole e blues…” è una storia vera, piena di umanità, ambientata in una provincia povera del Brasile più isolato, li dove esiste quell’immenso angolo di verde che da respiro al mondo e che si chiama Amazzonia. Un posto dove non esiste niente che possa, per noi, giustificare il sorriso vero e semplice di un bambino che non ha nulla, se non la povertà. Chi ha scritto questo libro partì volontario per aiutare, come infermiere, le comunità che vivevano a ridosso di una missione nello stato dell’Acre; un lembo di terra al confine tra Perù e Bolivia che credo pochi o nessuno sino ad ora hanno mai sentito menzionare. L’altruismo di Massimo Rossi, l’autore, si manifesta tutto già nelle prime righe, nella sua dedica in cui egli stesso scrive: “A chi avrebbe dovuto essere là con me e a chi, leggendo queste pagine, farà esistere persone che non fanno notizia nel loro silenzio quotidiano”. Tutto accade nel 1998 e questa è la cronaca, un diario quotidiano, di quel mese e

poco più vissuto dall’autore tra quella gente. “Lì ho incontrato tante persone: donne tenaci come Maria e Angela, uomini indecisi come Luis, allegri come Elder o duri e aperti come Gabriele, da quindici anni impegnato a lottare per riempire quel niente, combattendo anche contro le proprie disillusioni. E molta altra gente. Arresa. E poi tanti, tanti bambini, persi, stracciati. Già vecchi. Ho incrociato per breve tempo le loro vite, condiviso lo stupore e l’indignazione, lo stesso cibo e lo stesso cielo, lo stesso sole spietato, la stessa rabbia. Non la rassegnazione, perché non puoi condividerla o capirla davvero quando hai già in tasca il biglietto di ritorno. Nelle lunghe serate equatoriali e nelle chiacchiere non ancora “martoriate” dalla televisione, ho ascoltato la profonda e contagiosa tristezza che da questo inesorabile vivere scaturisce e l’anima di questa gente che, - come un canto blues – ha ancora un sotteso di vivacità e di apparente allegria. Ora accorgimenti per sopravvivere, domani spero prodromi di una ribellione. Ho voluto testimoniare con il mio diario come ho sentito tutto questo e come il nostro mondo ed il loro fossero – nella mia percezione – lo stesso, perché li ho riconosciuti come qualcosa che potevano essere anche noi, o che forse siamo, solo che loro sono infinitamente più ingenui, più soli, più stanchi”. Ci scrive nell’introduzione l’autore. Nello stesso anno io tornavo dal Centro America, dove rimasi per quattro anni e quell’umanità di cui parla Rossi la conosco bene perché quando l’hai conosciuta, la porterai sempre con te. Come il ricordo di ogni viso. Come gli occhi di ogni bambino troppo spesso già uomo, ma con la dolcezza di un cucciolo che può, col solo sguardo, farti sorridere fuori e piangere dentro. Il fatto è che a volte la nostra quotidianità ci sovrasta e la crisi, questa nostra crisi, pare sia una catastrofe dai toni irrimediabilmente grigi. E allora dovremmo riposarci un po’ e leggere un libro come questo per capire che la vera fine non esiste se il nostro cuore sa dare amore. Il problema è che pensiamo troppo di testa e di pancia e col cuore parliamo di rado per la paura di apparire deboli. Non c’è documentario televisivo o reportage di immagini che possa farci comprendere quello che ci fa comprendere ogni pagina delle 125 pagine di questo diario. Il titolo di questo libro è devastante, crudo, invadente e contemporaneamente pieno di poesia, perché pieno di verità e oggi, come non mai, è proprio una bella lettura…un bel viaggio al quale nessuno dovrebbe rinunciare.

Fabrizio Borni © RIPRODUZIONE RISERVATA

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