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5 è il numero perfetto del menù
dava considerato nella parte alta o bassa. Meglio avvicinarsi quindi a 5 o a 9? Cosa abbiamo scoperto? Meglio porsi nella parte bassa, non superando le 6 proposte per ogni categoria. Si osserva che su 5/6 proposte, il cliente ne esclude subito 3. Il 50%. Cosa succede all’indice di carico cognitivo a questo punto? Se resta in dubbio tra 2/3 opzioni l’attività elettrica cresce ma è compatibile con una scelta serena. Portare il cliente a scegliere tra più opzioni, accresce il carico cognitivo, generando malessere. Il risultato è che il cliente consuma meno. Vive un’esperienza meno piacevole. Sviluppa un ricordo negativo. Quindi per chi ha menù lunghi il consiglio è di arrivare a 5 proposte per categoria. 5 antipasti, 5 primi, 5 secondi, 5 dolci. Il top per il cervello del cliente! Un consiglio targato NEUROVENDITA: prendere in mano le ‘forbici’ per tagliare le proposte del menù. Il cervello dei vostri clienti ringrazierà!
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Luigi Caricato oleologo
Il paradosso più frequente è che molti ristoranti dediti a una cucina territoriale non sempre accolgono e utilizzano gli oli extra vergini prodotti nel proprio areale. Forse perché molti immaginano l’olio come una sostanza grassa tra le tante, destinata unicamente a svolgere una mera funzione di complemento, e pertanto marginale, seppure di per sé utilissima. Nelle varie preparazioni l’olio ha funzioni antiaderenti, amalgamanti, plastificanti, lubrificanti, e, a crudo, è un semplice condimento che si limita a interagire con i vari ingredienti che costituiscono una pietanza. Apporta profumo e sapore, e rappresenta, insieme a sale, pepe e aceto, l’isola dei condimenti disponibili a tavola per quanti desiderano usufruirne. Si trascura invece il fatto che sia un alimento e proprio per questo l’olio, alla pari di altri condimenti, viene ritenuto un elemento accessorio collaterale, concettualmente trascurabile, per cui un olio vale l’altro: interessa solo averlo, perché svolga le funzioni per le quali è destinato. Olio q.b. Poco importa che sia Dop, Igp o un extra vergine mono olivigno (espressione di un unico genotipo di olivo) o comunque espressione di uno specifico territorio. Ebbene, tutto questo ho pensato partecipando alla inaugurazione ufficiale a Torri del Benaco, alla presenza di sindaco e parroco, dello show room Le Prandine. Da parte mia ho evidenziato l’importanza di un negozio d’olio in centro città, in una prestigiosa e frequentatissima località turistica. Il patron è l’audace produttore Giovanni Morselli, coraggioso nel collocare un punto vendita esterno all’azienda agricola di proprietà. L’olio che produce è quello degli olivi di una sua tenuta nelle campagne di Torri del Benaco. L’olio del territorio nel territorio. Una bella sfida, non facile. L’olio extra vergine di oliva è stato per decenni depotenziato e ridotto a commodity nei supermercati, venduto di frequente in promozione con l’aggravante del sottocosto. È evidente che se la Grande distribuzione lo ha svilito, banalizzandolo, lo stesso atteggiamento lo ha assunto la ristorazione. Il concetto è: purché sia olio. Ci si affida alla sola indicazione merceologica: purché sia extra