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Il richiamo della Calabria
Luigi Lepore Ristorante
C’è un nuovo che avanza in Calabria e che vale la pena di conoscere. Porta nomi e cognomi di giovani under 30, diversamente applicati a un cibo che si fa ricordare, decisi a raccontare una Calabria per molti aspetti ancora da scoprire e con un orgoglio tale da superare qualsiasi pregiudizio.
Percorsi non semplici, che presuppongono una marcia in più ma talmente carichi di motivazione da portare a risultati che, a tratti, hanno dell’incredibile.
Pressoché tutti hanno fatto esperienza fuori regione e questo gli ha dato la spinta e il coraggio di volere ripartire dalla propria terra. È il caso di Bob Alchimia a spicchi - di cui abbiamo parlato nel precedente numero – evidenziandone, fra le altre cose, l’impegno civico.
Oggi è la volta di Luigi Lepore, dell’omonimo ristorante fine dining che, come avrete modo di leggere, ci coinvolgerà, non senza emozionarci, nelle scelte compiute con una sempre crescente determinazione, fino alla conclamata affermazione del suo ristorante.
Qui non c’è bisogno di strutturare articoli ma semplicemente di far seguire a domande risposte dirette dell’interessato. Nelle parole e considerazioni di Luigi Lepore c’è una forza comunicativa che va riportata, intonsa.
Luigi, avevi un percorso avviato nell’alta ristorazione con esperienze in corso di tutto rispetto. Cosa ti ha spinto a ritornare in Calabria per aprire una tua attività?
“Mi ha spinto il desiderio, dopo avere viaggiato tanto, di tornare a casa mia, perché sono legato al territorio dal punto di vista gustativo. La cucina che avevo in mente non aveva ragion d’essere se non in Calabria. Anche quando lavoravo in altri ristoranti trovavo che ci fossero piatti che rappresentavano un autentico richiamo alla mia terra. Se penso ad esempio alla cucina di Valeria Piccini in quella bassa Maremma che sento molto vicina alle mie radici, mi emozionava l’utilizzo del finocchietto, del peperone, dell’arancia... Per certi aspetti credo che siano state queste mie reazioni, a volte inconsce, a farmi ritornare”.
Con quale idea sei tornato? Possiamo parlare di atto di coraggio o di cosa?
“Sono rientrato a casa con un’idea chiarissima: volevo fortemente aprire un ristorante fine dining. Su questo non avevo alcun dubbio. A distanza di due o tre anni posso dire che è stata un’azione un po’ incosciente. Pensare a una forma di ristorazione di nicchia e non a Milano o sul lago di Garda, senza una famiglia di ristoratori alle spalle, seppur presente alle mie dinamiche (mio padre è commercialista e mia madre insegnante) e quindi senza una struttura dietro, direi che è stato anche un po’ folle”. A marzo 2019 hai aperto Luigi Lepore Ristorante in quel di Lamezia Terme (CZ). Raccontaci dell’inizio e gli sviluppi, considerando pure l’aggravante, imprevista, della pandemia
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“A fronte di un investimento importante su locale e personale di cucina e sala, nei primi sei mesi mi sono trovato ad affrontare una partenza traumatica: zero, zero, 2, 5...era il numero di clienti che registravo nell’arco di una settimana. Ogni lunedì libero, giorno di riposo in cui facevamo le nostre riunioni, era una continua discussione con mio padre, commercialista, peraltro abituato ad avere fra la clientela una tipologia di ristorazione che fa grandi numeri e quindi cassetto. Di fatto la città, Lamezia Terme, non rispondeva. Questa tipologia di ristorazione è poco praticata in Calabria. Poi è arrivata la prima chiusura per covid e, come tutti, abbiamo fatto valutazioni alternative ma il delivery, di cui mancava la cultura, non mi sono sentito di attivarlo. Quando stavo per riaprire ho detto a me stesso ‘Ho iniziato con il fine dining, ci riprovo... L’intento diventava quello di alzare l’asticella, con tutti gli sforzi possibili. Ne è uscito un menù ancora più elaborato. Quindi abbiamo riaperto e poi richiuso un’altra volta. A questo punto mi sono detto: Se devo morire muoio così. Come posso pensare di stravolgere un ristorante improntato all’eleganza, anche nell’arredo?’ Ho quindi pensato nuovamente ad un menù ancora più articolato, forte della buona squadra che mi sono trovato ad avere con me in quel momento (avevo preso due ragazzi bravi ed era tornato Federico Cari, il mio pasticcere). Quindi abbiamo spinto sull’acceleratore. In quel periodo entravo in cucina alle otto del mattino e tornavo a casa all’una di notte. Per riposare un attimo il cervello staccavo 10 minuti, facendo una piccola sosta di riposo sul pavimento della sala. Federico, figura con cui ho condiviso tutto fin dall’inizio, faceva lo stesso. Anche il lunedì, che è il giorno libero, io e lui ci trovavamo verso le 11 del mattino per fare briefing su carta e poi riprendere con le prove il martedì. A noi si è unita anche mia sorella Stefania, che si è dedicata alla sala. Nella nostra testa volevamo raggiungere un livello altissimo, è stata quasi un’ossessione. Il risultato è che con la seconda riapertura l’asticella, a livello creativo, si era alzata ancora di più. In tutto questo i clienti erano praticamente sempre gli stessi, una ventina a settimana. La situazione non era ancora rosea. Nel secondo anno c’è stato un po’ di miglioramento, però l’asticella l’abbiamo alzata comunque”.
Che anno è stato il 2022?
“Nel 2022 hanno iniziato ad arrivare spontaneamente i primi giornalisti (non abbiamo fatto azioni di comunicazione per richiamarli) e siamo stati segnalati in guida. Molti clienti venivano da fuori (Vico, Cosenza...) con un incremento nel periodo estivo. Tutto questo finché, sul finire dell’anno, non ci arriva una telefonata, la telefonata, in cui ci comunicano che abbiamo guadagnato una stella Michelin. Piangiamo come pazzi, mentre scorrono davanti ai nostri occhi le immagini di tutti i sacrifici fatti, annullando tutto per pensare solo a far guadagnare quota al ristorante. Da quel momento aumenta il lavoro, si alza il livello degli incassi e si normalizza l’andamento dell’attività. Non si vive nella bambagia perché, ogni volta che c’è la possibilità, si investe. A partire dal personale: oggi siamo in cinque in cucina e due in sala”.
Parlaci di tua sorella Stefania. Ha abbracciato la causa?
“Mia sorella Stefania la mia cucina la ama proprio, cioè la capisce. Per questo non le è difficile valorizzarla e rappresentarla con eleganza, come è nel suo stile. Ha un forte senso dell’ospitalità e devo dire che riesce bene nel mettere il cliente a proprio agio. Il suo servizio ha le formalità del caso ma è stemperato dal piacere nel relazionarsi con il cliente, a cui si rivolge con naturalezza. Capita che ci rida e ci scherzi anche".
Raccontaci la tua cucina…
“La mia è una cucina fatta di contrasti gustativi, che all’inizio erano molto forti. In questo senso ora è più matura. Parto sempre da gusti, sapori, odori del territorio (il ginepro lo si trova ovunque come il corbezzolo, il gelsomino. Anche l’anice nero è tipico della zona, in riva al mare a Soverato trovo l’eucalipto...). Mi piace da sempre l’elemento balsamico, l’acido, l’amaro. Dico la verità, un percorso tutto rotondo non è nelle mie corde. Stiamo lavorando ad un dolce al gelsomino. La zona costiera di Reggio Calabria bagnata dal mar Jonio è chiamata anche costa dei gelsomini, dove anni addietro si era sviluppata un’economia intorno alla raccolta dei fiori del gelsomino. Erano le donne (chiamate gelsominaie) a dedicarsi alla raccolta dei fiori che venivano mandati in Francia per la preparazione dei profumi”.
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La Calabria ti ha richiamato a casa. C’è in te la volontà di fare qualcosa per la tua regione?
“Direttamente o indirettamente la mia attività dà per forza qualcosa alla regione. Il fatto che sia tornato, che abbia investito, fatto qualcosa di alto, oltre a muovere gente da fuori e quindi stimolare il turismo e di conseguenza far girare l’economia, dà un contributo al miglioramento del settore. Chi viene a lavorare da me acquisisce una forma mentis diversa rispetto a chi lavora presso un’altra tipologia di ristorante. Se, a loro volta questi ragazzi apriranno un’attività, anche un pub, una paninoteca, una pizzeria, gli daranno un’impronta diversa, avendo una certa visione della qualità. Ora prendiamo tutti i ragazzi che stanno crescendo nelle scuderie under 30 di certa ristorazione o mondo pizza evoluto in Calabria e pensiamo a quanta semina è in corso, grazie a tutti noi folli”.
Autore: Luigi Franchi www.visitverolanuova.it