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Io sono Friuli Venezia Giulia
La storia di un marchio efficace
Sostenibilità delle imprese regionali e origine delle produzioni agroalimentare; questi sono, in estrema sintesi, gli obiettivi che si propone il marchio Io sono Friuli Venezia Giulia. Un’iniziativa partita nel 2020, l’anno in cui il mondo si era fermato ma le idee buone hanno avuto tutto il tempo per essere pensate e realizzate. E questa è una di quelle idee buone di cui parliamo con Claudio Filippuzzi. Lui ama definirsi contadino ma, oltre ad essere questo, è una delle menti più brillanti che il Friuli Venezia Giulia può vantare nell’ambito della promozione territoriale.
Claudio, come e quando è nata l’idea di un marchio che comunica in modo così chiaro cosa significa essere parte attiva di un territorio?
“Occorre fare un minimo di cronistoria per capire come siamo arrivati qui. Noi nasciamo pochi anni fa come Parco Agroalimentare di San Daniele, era un’agenzia di sviluppo dei distretti agroindustriali. Nel 2015 andai dall’allora assessore e dissi che una struttura come quella, in un’area così piccola come San Daniele (sette comuni, 25.000 abitanti), non aveva senso di esistere. O lo chiudi o lo fai diventare qualcos’altro. La scelta cadde su questa seconda ipotesi, trasformando il Parco Agroalimentare in un clu- ster con una compagine sociale che aveva la camera di Commercio e altre aziende private, ma anche questo non riusciva ad avere la forza dell’inclusività. Ritornai sul tema e nacque una Fondazione partecipata dalla Regione ma in mano ai privati; nel 2020 si diede vita alla Fondazione Agrifood & Bioeconomy, con Regione e tutti gli istituti di credito, università, scuole di formazione, enti pubblici, fondazioni, associazioni di categoria e aziende. Il compito della Fondazione era ed è quello dello sviluppo dell’agroalimentare e della bioeconomia del Friuli Venezia Giulia”.
La Fondazione Agrifood & Bioeconomy è titolare del marchio? Quando è nato?
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“Esatto, il marchio risale al 2020, nel periodo in cui tutte le aziende invocavano aiuto. Il primo marchio che nacque era Io compro Friuli Venezia Giulia ma subito dopo pensammo che le aziende in quel caso non avevano un ruolo attivo. Perciò trasformammo il marchio in Io sono Friuli Venezia Giulia. In tal modo si poteva contraddistinguere meglio le aziende. Un marchio nato per le aziende alimentari che poi è diventato un marchio collettivo depositato a livello europeo. Le aziende che oggi hanno il marchio sono: aziende produttrici, ristoranti che utilizzano il prodotto, distributori che lo commercializzano. Il marchio è declinato in due modi: marchio azienda che coinvolge le imprese citate; un altro marchio, di colore blu, dato in uso ad aziende produttrici che abbiano una percentuale di materia prima del Friuli variabile in funzione di quanto se ne produce. Per fare un esempio: il vino deve avere il 100% di uve della regione; i formaggi il 100% di latte della regione; la gubana, invece, composta da diversi ingredienti, deve avere almeno il 50% di questi derivanti dal territorio regionale”.
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Quante aziende hanno aderito ad oggi all’iniziativa?
“Circa 400 aziende produttrici con oltre 800 prodotti marchiati e altrettante aziende utilizzatrici, tra ristoranti, trasformatori di prodotto e distributori che hanno il marchio azienda. In tutto oltre 800 aziende in totale”.
Sul piano della comunicazione e dei risultati finali qual è il livello di penetrazione sul mercato del marchio Io sono Friuli Venezia Giulia?
“Abbiamo fatto una prima indagine che rileva una buona conoscenza del marchio, l’apprezzamento sul progetto perché il consumatore ha capito di cosa si tratta. Per avere il marchio bisogna sottoscrivere un codice morale e di comportamento, oltre a porsi obiettivi di sostenibilità economica, sociale e ambientale. Regole comunicate al mercato che sa che si tratta di aziende friulane che pagano le tasse in regione, che stanno evolvendo per migliorare la loro presenza nella società e questo è davvero molto apprezzato. Rimane ancora, evidentemente, un percorso di misurazione oggettiva dei passi avanti che fanno le aziende ma questo è il prosieguo del progetto per i prossimi anni. Le aziende sono molto contente perché si stanno rendendo conto delle ricadute positive”.
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Ha un costo questo marchio?
“Per il momento no, per le aziende costo zero. La promozione è stata sostenuta interamente dalla Regione. Questo vada bene ma nel momento in cui il marchio diventa un valore importante per le aziende, è un’idea mia, credo che debbano sostenerlo anche con una quota parte sugli investimenti promozionali”.
Quanto tempo occorre a un’azienda per accedere all’utilizzo del marchio?
“L’iter è molto semplice. Per avere il marchio azienda ci vuole un mese di tempo. Abbiamo deciso che la domanda va fatta online; una volta ricevuta ci alcune verifiche fatte dal comitato tecnico costituito da funzionari pubblici che, avendo la possibilità di accedere a determinate banche dati, sono in grado di dirci se le dichiarazioni dell’azienda sono veritiere oppure no. Ogni mese si riunisce il comitato per deliberare ma, in ogni caso, facciamo poi una visita alle aziende per verificare quelli che sono le dichiarazioni relative alle problematiche relative alla sostenibilità”.
L’adesione online viene sollecitata o avviene perché il marchio è già conosciuto?
“Finora non abbiamo mai sollecitato, l’azienda si avvicina perché il marchio è conosciuto. Abbiamo cercato di mettere in piedi un sistema non invasivo per le aziende. Un sistema di stampo anglosassone, ovvero tu mi dici quello che fai, io ti credo, se però non è vero ti faccio un c… Abbiamo anche creato una diversa forma di valore per le aziende: le mettiamo in contatto per scambi di informazioni e di natura commerciale”.
Come vi ponete di fronte ad altre iniziative di promozione territoriale?
“Il marchio Io sono Friuli Venezia Giulia sta diventando anche un claim voluto dalla Regione anche per altre attività, quali il turismo. Infatti la promozione del marchio è in carico a PromoturismoFVG, con cui noi concordiamo un programma. In questo modo emerge l’affidabilità complessiva di questa regione, dei suoi abitanti, delle sue aziende. E non c’è nessuna conflittualità con altre situazioni. Io sono Friuli Venezia Giulia vuole affiancare altri marchi senza sostituire nulla e nessuno”.
Autrice: Marina Caccialanza
House Pizza e Grill, squadra coesa vince
Nel cuore del Salento, a Copertino, c’è un locale che in pochi anni ha vissuto un’evoluzione interessante grazie all’impegno e alla tenacia del suo fondatore, Francesco De Paolis, e oggi vanta una presenza sul territorio ben consolidata e in espansione. House Pizza e Grill nasce nel 2011 come pizzeria d’asporto. Francesco De Paolis ha imparato il mestiere fin da giovanissimo, ha fatto esperienza in diverse strutture e decide di mettere a frutto le sue capacità con un’attività in proprio. Può sembrare una storia come tante ma rivela il carattere e l’intraprendenza del suo protagonista che, in pochi anni, costruisce il suo successo, passo dopo passo, fino alla realtà attuale, un ristorante pizzeria con braceria in una masseria ristrutturata con diverse sale e un pergolato ben allestito e con una capienza in grado di accogliere oltre 500 persone tra interno ed esterno, uno staff di 11 persone, giovani intraprendenti come lui, e una visione ben chiara: creare un format e ampliare il cerchio d’azione; è già in progetto una nuova apertura, vicino al mare.
“Ho iniziato l’attività dalle basi – racconta De Paolis – con una piccola pizzeria d’asporto e pizze classiche, un ambiente familiare. L’idea di allargare il locale si è presentata due anni dopo con l’occasione di comprare la masseria adiacente e la conseguente apertura di una prima sala, e così via fino alla sistemazione attuale. Tre anni fa, con l’apertura dell’ultima grande sala ho deciso di introdurre la braceria e focalizzare il locale su pizza e carne alla grigia, due tipologie di cucina di tendenza in crescita, e ci siamo specializzati in questi due filoni. Offriamo una ristorazione-pizzeria di qualità, curata nelle materie prime e nell’esecuzione e, con un locale così ampio e spazioso siamo in grado di organizzare eventi di ogni genere, dalla festa di compleanno alla comunione fino al matrimonio. Il locale e il suo stile si abbinano perfettamente a riunioni conviviali e stiamo lavorando molto bene”.
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L’ambiente, accogliente e spazioso, è elegante e luminoso; Francesco l’ha voluto ben allestito, informale ma curato in ogni dettaglio, con classe, perché il cliente deve sentirsi a suo agio e coccolato, deve aver voglia di tornare. Non basta una cucina all’altezza delle aspettative, ci vuole ospitalità nel significato più completo del temine.
La cucina è certamente un punto di forza, la pizza è il cuore del locale col suo impasto classico secondo lo stile leccese per una pizza bassa, leggera e soffice. “Pratichiamo la lievitazione lunga, da 48 a 72 ore – spiega
Francesco – e facciamo un mix di farine 5 Stagioni, da sempre per noi sinonimo di affidabilità perché garantiscono una resa costante e ottime performance. Componiamo un mix di farine Rossa, Blu e Semola con cui otteniamo il risultato più adatto al nostro stile: una pizza digeribile, leggera e gustosa. Facciamo anche un impasto con sesamo e grano arso, lievitato 72 ore, una specialità che offre maggiore digeribilità e fragranza, molto apprezzato. È il top”.
Una trentina di pizze in menu sono il risultato dello studio approfondito che questo team coeso - Francesco
De Paolis insieme allo chef Alessio Paglialunga e al pizzaiolo Massimo Rosafio – portano avanti, insieme, per offrire una proposta interessante, gustosa e di alta qualità perché basata su materie prime eccellenti, soprattutto del territorio salentino così ricco di specialità, su salse preparate in casa, impasti da maestro e uno stile raffinato e nostrano al tempo stesso, un felice connubio tra classicità ed estro. Come la pizza che in questa stagione sta spopolando tra i clienti: la Fuego, e solo il nome la dice lunga. “Abbiamo voluto dare un tocco di vivacità anche alla presentazione e per questa pizza, dove l’ingrediente impattante è il peperoncino della n’duja, offriamo un servizio flambé al tavolo, molto scenografico, dall’aria un po’ rétro forse ma di grande impatto visivo che anticipa quello che sarà l’impatto gustativo, un vero fuego insomma”.
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Sono molti, dunque, gli “ingredienti” che, uniti, determinano il successo di House Pizza e Grill, non solo pizzeria ma ristorante strutturato secondo una visione ben precisa: intanto, materie prime di qualità, e del resto, non potrebbe essere altrimenti in una regione come la Puglia dove l’agricoltura e la gastronomia offrono il meglio; poi un ambiente accogliente; ma, soprattutto, la voglia di crescere e migliorare di tutti i componenti lo staff con Francesco alla guida, la competenza di un team di specialisti affiatati che lavorano insieme per realizzare un progetto di ristorazione concreto.
Francesco De Paolis è determinato a dare sempre maggiore sostegno all’impegno dei suoi collaboratori perché sa che solo con l’evoluzione delle idee e la competenza si possono affrontare le sfide del mercato. Molto tempo, infatti, lo dedica alla formazione, non solo in campo culinario ma per essere sempre aggiornato sulla gestione delle risorse umane, sulle mansioni che fanno la differenza tra un pizzaiolo e un imprenditore: “Nasciamo pizzaioli – afferma – ma poi apriamo la pizzeria e ci accorgiamo che non basta: bisogna diventare imprenditori per restare sulla piazza e per questo non resta che studiare, aprire la mente, imparare sempre di più e ampliare le proprie conoscenze per supportare in maniera adeguata quello che la creatività e la passione ci ispirano”.
House Pizza & Grill
È facile dire PESTO … non è facile gustare quello “ vero” dal colore verde tenero, dal profumo delicato, dal gusto intenso ottenuto da un equilibrio di 7 ingredienti importanti:
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Basilico Genovese DOP, Olio extravergine d’oliva e - nel nostro casoOlio extravergine d’Oliva DOP della Riviera Ligure, proprio perché ci teniamo che il nostro pesto parli della nostra terra!
E poi Parmigiano Reggiano DOP, Pecorino Romano DOP, aglio italiano e sale marino miscelati ed amalgamati in base a dosi e tempi ben precisi, che derivano dal rispetto della sequenza che si usava quando si inserivano gli ingredienti nel mortaio…perché … si fa presto a dire PESTO…
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Autore: Guido Parri