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Il turismo enogastronomico
Un (potenziale) buon amico del ristoratore e della sostenibilità
Negli ultimi anni, specie dopo la pandemia, quante volte avrete sentito dire che “l’Italia potrebbe vivere di turismo”? Una convinzione che prima era appannaggio solo di alcuni addetti ai lavori e ora si è diffusa anche nel linguaggio corrente.
Anziché farle eco tento, nelle prossime righe, di analizzarla… e contestarla.
Stiamo davvero dando il meglio?
Vivere di turismo per un Paese significa avere il turismo come elemento di traino, quindi poggiare su un impianto ricettivo solido e porre all’attivo un sistema di relazioni, collaborazioni, infrastrutture, progettualità. Pilastri che in tantissime aree del nostro Paese, purtroppo, ancora mancano. Per di più le aree più carenti sono le medesime in cui il potenziale turistico è elevatissimo, come ci rivelano i numeri relativi al Sud Italia o alla dorsale appenninica.
C’è chi sostiene che il bello dell’Italia sia anche questo, ma ne siamo davvero convinti?
Le domande da porsi sono parecchie. Siamo davvero sicuri che affrontare strade impervie e dissestate per raggiungere un produttore sia sinonimo di piacere per il visitatore? E che non trovare l’insegna di quel produttore, o non disporre di un luogo adatto in cui prolungare la sosta una volta terminata la visita, sia motivo di ritorno?
Ancora: siamo certi che le nostre strutture alberghiere e i nostri ristoranti siano sempre all’altezza dei bisogni dell’ospite? E che i nostri sistemi di ospitalità riescano davvero a veicolare al viaggiatore l’iden- tità di un territorio e di una comunità?
Non è così infrequente sentire ristoratori e albergatori decantare il modo italiano di accogliere, eleggendolo come il migliore al mondo. Anche se fosse (ed è comunque da stabilire, soprattutto a livello manageriale), possiamo permetterci di trascurare l’ammodernamento delle nostre risorse perché ci consideriamo bravi ad accogliere?
Il turista enogastronomico, questo sconosciuto
Uno dei problemi rilevanti nel settore del turismo italiano è l’inconsapevolezza degli attori coinvolti. Prendiamo in esame il comparto che ci tocca da vicino, quello del turismo legato al cibo e al vino. Si sentono molte approssimazioni tra i ristoratori, a cominciare dalla definizione di questa figura per certi versi semi-sconosciuta. Chi è il turista enogastronomico? È colui che sceglie la destinazione di viaggio mettendo al primo posto l’interesse per l’enogastronomia.
Pensate che vantaggio, viene apposta per voi! Ma non è detto che vi conosca…
In alcuni casi il turista esprime un’intenzione precisa di visita, con una meta enogastronomica (un ristorante, una cantina, ma anche una bottega, un’attività produttiva..) definita prima della partenza, con indirizzo alla mano e prenotazione anticipata nella casella di posta. In altre circostanze - quelle del viaggio step by step, approccio molto diffuso per chi si sposta in auto o in camper - la scelta avviene d’istinto o per coincidenza.
Di interesse per il ristoratore dovrebbero essere entrambe le tipologie di ospiti; dovrebbe fasi intercettare puntando congiuntamente su strategie offline e online adeguate.
Capita invece di vederne una trascurata più dell’altra e che non si riesca dunque a massimizzare le potenziali- tà della vostra attività o del territorio in cui vi trovate. L’altro errore in cui incappano ancora molte figure dell’ospitalità è considerare il turista gastronomico con un profilo omologato; con esigenze, propensioni, background sempre uguali. Anche quando si parla di turista enogastronomico bisogna differenziare.
Gourmet, foodie, lifestyle, turista enologico, turista con bisogni speciali (che includono sistemi alimentari, religione di appartenenza…): sono davvero tanti i termini che potrebbero essere utilizzati per categorizzare il turista enogastronomico. E senza questa corretta differenziazione risulta difficile personalizzare l’esperienza dell’ospite, riservargli le dovute attenzioni, elaborare un menu originale e in linea con le sue curiosità, proporre itinerari che possono stupirlo, suggerire altri locali che potrebbe provare nella medesima zona, e via discorrendo. Uno strumento utilissimo per ragionare su tutto ciò è il Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano stilato da Associazione Italiana Turismo Enogastronomico. Si tratta di una copiosa raccolta di definizioni e dati che possono rivoluzionare il vostro modo di concepire l’accoglienza.
Villa Petriolo, esempio di
riuscita integrazione enogastronomica
Diventa inoltre interessante indagare l’esperienza di una struttura che ha fatto, dall’apertura avvenuta nel 2019 ad oggi, dell’attenzione all’ospite un elemento fondamentale in tutti fasti dell’accoglienza, e delle sinergie enogastronomiche un aspetto attrattivo determinante. Villa Petriolo sulle colline di Cerreto Guidi (FI) è diventata a inizio 2023 il primo agriturismo in Europa a ottenere la certificazione di Turismo Sostenibile Iso 21401 Ad attribuirle tale riconoscimento è stata Valoritalia, società leader nella certificazione agroalimentare in Italia; un traguardo che si aggiunge a quello già acquisito di massima sostenibilità ambientale (best sustainable place) emesso da Save the Planet. Questa villa, adornata di arredi cinquecenteschi appartenuti alla famiglia Albizzi-Alessandri, ristrutturata dall’imprenditore messicano Ector Quadra, è in realtà un ampio podere circondato da cipressi, uliveti, campi di cereali coltivati con agricoltura rigenerativa; siti di apicoltura; spazi per gli animali che qui pascolano allo stato semi brado. Una delle particolarità - assieme alle bellissime suite, al paesaggio rilassante, alle scelte per ridurre l’impatto ambientale - è la centralità delle produzioni del podere all’interno dell’offerta ristorativa della struttura. La ristorazione di Villa Petriolo è guidata dallo chef Stefano Pinciaroli che conduce il ristorante gastronomico PS Ristorante e l’osteria Golpaja, comprese le prime colazioni. Miele, salumi, farine, olio: la maggior parte delle materie prime impiegate vengono autoprodotte e gli ospiti possono toccare con mano il luogo in cui nascono, vedere con i propri occhi chi si reca nei dintorni per coltivare o governare gli animali.
Ci racconta Stefano Pinciaroli: “In Villa Petriolo non abbiamo mai voluto stravolgere l’identità del territorio che ci circonda ma al contrario valorizzarlo entrandoci in simbiosi. Non sono solo le macro-scelte, come la produzione biologica, l’attenzione al non spreco e al recupero, a connotare l’attività, ma anche i tanti dettagli di cui ci prendiamo cura. A colazione non serviamo i croissant, per esempio, ma le torte fatte in casa, le nostre marmellate, il salato. Non è semplice quando hai una clientela che ancora non ti conosce ed è abituata a trovare sempre certi prodotti durante un soggiorno tradizionale. Questo è solo un esempio, ma potrei riportavene tanti altri. Abbiamo eliminato, anche dal ristorante gastronomico, i cibi di lusso, come il foie gras, per preferire ingredienti a chilometro zero. Quasi tutto ciò che viene prodotto viene consumato internamente e questo viene apprezzato moltissimo. Sull’esperienza di Villa Petriolo posso dire che il turista enogastronomico ha molta più cultura alimentare del turista tradizionale. Tanti ristoratori ignorano questo aspetto che risulta essere invece un elemento chiave se si vuole elaborare una proposta specifica. Tutto il nostro staff si impegna a creare delle esperienze apposite per avvicinare anche chi non ci conosce, o consolidare chi ha già pernottato da noi. Abbiamo la fortuna di avere una clientela che viene appositamente, a maggior ragione deve rimanere soddisfatta. Con il turista enogastronomico le opportunità sono tante, basta saperle cogliere e applicare un sistema di lavoro quotidiano, non occasionale”.
Il valore della sostenibilità
Consultando i dati della sopra citata guida alla sostenibilità, pubblicata poco più di un anno fa, emergono due notizie non poco rilevanti per chi si occupa di accoglienza e ristorazione.
La prima: il turista enogastronomico è più sensibile ai temi ambientali e alla sostenibilità rispetto a un turista tradizionale. L’altra è che la sostenibilità si sta affermando, anche tra gli italiani, come driver di viaggio. Perché sono evidenze così interessanti?
L’Italia è uno dei Paesi al mondo più apprezzati per la sua biodiversità gastronomica ed enologica, e dispone di luoghi che potrebbero implementare notevolmente la propria sostenibilità, aumentando l’appeal verso turisti italiani e stranieri.
Da qui in avanti sarà sempre più necessario ragionare su destinazioni di interesse eno gastronomico che siano anche sostenibili.
Significa sicuramente allinearsi al piano europeo Green Deal; attuare una gestione corretta dei rifiuti, delle fonti energetiche, favorire mobilità sostenibili; proteggere il patrimonio culturale, sostenere le comunità locali, promuovere attività all’aria aperta, le esperienze con i produttori; attuare progetti di Farm to Table, proporre bike tour e trasferimenti a basso impatto ambientale, concentrarsi su menu stagionali realizzati con prodotti locali… Puntare insomma a una sostenibilità che non includa solo la dimensione ambientale, ma anche sociale, culturale, energetica...
Termini indispensabili per il nostro futuro e per un Paese che potrebbe vivere di turismo.
Autore: Luigi Franchi